Ricerca per Volume

QUINTA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, V della quinta serle, abbraccia il periodo 24 ottobre 1915-17 giugno 1916, si estende cioè dall'invasione della Serbia da parte degli eserciti bulgari alla sostituzione del secondo gabinetto Salandra (dimessosi il 10 giugno precedente) con quello presieduto dall'on. Boselli.

Il primo avvenimento importante di questo periodo fu la conclusione di lunghe trattative dell'Intesa per attrarre la Bulgaria dalla propria parte, ma la tenacia con cui i Serbi si rifiutarono di cedere parte dei territori conquistati col trattato di Bucarest (10 agosto 1913) all'eventuale futuro alleato, e lo scarso impegno che soprattutto da parte russa fu fatto per raggiungere tale risultato, rese le trattative inutili, e lo Zar dei Bulgari, Ferdinando, non poté avere altra scelta che lo schierarsi con gli Imperi Centrali: infatti per il popolo bulgaro il conflitto rappresentava un'ottima occasione per coronare le sue aspirazioni nazionali, e tutte le accuse di doppiezza che la propaganda del tempo rivolse al Sovrano bulgaro -argomento indispensabile durante il corso della guerra -sono dagli storici di oggi considerate per quello che erano, propaganda e nient'altro. Lo stesso articolo del trattato di Neuilly, in cui lo Stato bulgaro veniva considerato uno dei promotori dell'immane conflitto, non aveva alcun valore, ma era solo una ipocrita codificazione del vae victis. Del resto i contemporanei, che avevano seguito le trattative con lo Zar Ferdinando per entrare in guerra a fianco dell'Intesa, non furono abbagliati dall'apparenza: il ministro degli esteri francese, Delcassé, perdette la poltrona al Quai d'Orsay e l'insuccesso bulgaro ne fu una delle cause; ed in Gran Bretagna il 20 dicembre 1915 ai Comuni Lloyd George commentò negativamente l'azione del Gabinetto inglese, e la posizione del titolare del Foreign Office, Sir Edward Grey, ne uscì scossa. Il nostro ministro degli esteri, Sonnino, in tutta la faccenda aveva avuto una parte secondaria e non potè che seguire la strada degli alleati dell'Intesa.

La data finale della presente raccolta documentaria coincide, come s'è detto, con la caduta del gabinetto Salandra: provocata da lotte interne tra i partiti italiani, ebbe in Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, ed uno dei massimi protagonisti del nostro rn.tervento, un giudice severissimo. È doveroso aggiungere che alle cause politiche si aggiunsero le ripercussioni della Stratexspedition austro-ungarica contro lo schieramento dell'esercito italiano sugli Altipiani, il cui successo iniziale produsse un'impressione profonda nell'opinione pubblica del nostro paese.

Nei sette mesi e mezzo coperti dalla presente raccolta si svolsero altri avvenimenti internazionali e militari assai importanti che produrranno i loro effetti più tardi: il salvataggio dei resti dell'esercito serbo compiuto prevalentemente dalla flotta italiana anche se nel dopoguerra si avrà una odiosa polemica con la Francia su chi avesse avuto maggior merito in quella drammatica ricorrenza; l'occupazione del Montenegro da parte austriaca, gli inizi della campagna macedone, con lo sbarco a Salonicco di forze dell'Intesa, che nei primi tempi non trattenne l'intervento della Bulgaria, ma agì come arma di pressione sulla Grecia il cui governo era riluttante ad abbandonare la neutralità. E ancora le esitazioni del governo rumeno ad entrare in guerra contro l'Austria-Ungheria, il malumore dei nostri alleati verso l'Italia che non dichiarava la guerra alla Germania mettendosi in contrasto con gli impegni del Patto di Londra ecc.: insomma in quei sette mesi entrano in gioco altre forze che allargando il conflitto nello spazio cercheranno di abbreviarlo nel tempo. E si cominciano a sentire anche i primi scricchiolii della Russia Imperiale.

2. -I documenti qui riuniti provengono per la massima parte dai fondi conservati nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, in particolare dall'Archivio della Cifra, da quello unificato del Gabinetto e della Direzione Generale degli Affari Politici -per il cui ordinamento si rimanda al vol. II di questa serie -e da quello dell'ambasciata di Londra. Le lettere di Salandra e di Sonnino provengono dalla Biblioteca Comunale «Ruggero Bonghi » di Lucera (BCL) e dall'Archivio Sonnino di Montespertoli. 3. -Come nei volumi precedenti anche in questo volume alcuni dei documenti pubblicati erano già noti. I riferimenti all'edito sono stati limitati alle sole pubblicazioni fatte direttamente da protagonisti e a quelle contenenti materiale relativo ad essi. Esse sono:

S. SoNNINO, Diario 1914-1916, a cura di P. Pastorelli, Bari, 1972;

S. SoNNINO, Carteggio 1914-1916, a cura di P. Pastorelli, Bari, 1974;

L. ALDROVANDI MARESCOTTI, Nuovi ricordi e frammenti di diario 1914-1919, Milano, 1938;

L. ALBERTINI, Epistolario 1911-1926, Milano, 1968.

4. Nel licenziare il volume ringrazio la dott. Emma Moscati Ghisalberti e il dott. Andrea Edoardo Visone per la collaborazione alle ricerche e la redazione dell'apparato critico; la dott. Antonella Grossi per la compilazione dell'indice dei nomi; la signora Fiorella Giordano e le dott. Luana Micheli e Alessandra Raffa per la correzione delle bozze.

Desidero inoltre ricordare il prezioso aiuto datomi dal compianto avvocato

G. B. Gifuni per le ricerche nelle Carte Salandra conservate nella Biblioteca Comunale di Lucera.

FEDERICO CURATO


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2181/2. Durazzo, 24 ottobre 1915, ore 18,45 (per. ore 21).

Dalle cose dettemi da questo incaricato d'affari di Serbia risulterebbe che da circa sei giorni non sarebbe più pervenuta notizia dal fronte bulgaro al piccolo corpo d'occupazione serbo di Tirana. Egli ha detto che ciò, interpretandolo cattivo segno circa operazioni militari, cagionerebbe una forte depressione morale.

Da ogni lato mi viene riferito pure aumento del sentimento anti-serbo fra gli albanesi, sentimento di cui probabilmente Essad pascià cercherebbe di valersi per far figurare l'Italia sotto la veste di liberatrice ove le nostre truppe sostituissero quelle serbe.

2

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2180/442. Parigi, 24 ottobre 1915, ore 20,35 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1302 (1).

V. E. nel riferirmi il colloquio con Barrère dice che egli parlava come se fosse decisa la spedizione in Albania e come se fosse sicuro o quasi un invio di nostre truppe.

Sul punto primo nulla ho qui inteso dire sino a ieri almeno; circa il secondo punto trovo che Barrère abbia dato al suo Governo assicurazioni che non ha ricevuto da V. E.

Infatti Marger.ie ieri disse a Ruspoli che aveva saputo da Roma che le disposizioni per un intervento italiano nei Balcani andavano prendendo forma concreta. Ruspoli rispose che nulla sapeva.

Ieri anche Campolonghi il quale come corrispondente del Secolo ha delle entrées nei ministeri che non hanno gli altri giornalisti italiani disse ai colleghi che spedizione franco-italiana attraverso l'Abania era decisa e che era fissata d'accordo pel 10 novembre. Stamane poi il Petit Parisien pubblica un articolo dello stesso Campolonghi nel quale oltre la difesa dell'Italia dall'accusa di fare la guerra da sé e non con alleati si contengono seguenti

parole che giornali riproducono in corsivo «Italia non crede di avere coll'offensiva compiuto tutto il suo dovere per il trionfo della causa comune. Appena offensiva italiana sarà terminata Italia sa già su quale tappeto dovrà giuocare la carta dalla quale dipenderà la propria salvezza e quella degli alleati. Però bisogna saper attendere».

I giornalisti stamane osservano che Campolonghi doveva avere attinto al riguardo informazioni dal Governo francese altrimenti non avrebbe lanciato nel pubblico parigino una promessa che non verificandosi porterebbe delusioni e recriminazioni.

Viviani nell'impossibilità di ultimare colloquio che ho avuto con lui, mi ha chiesto se sapevo qualche cosa di nuovo circa intervento italiano. Risposi di no ed egli non ha aggiunto nulla.

Però io non ho mancato di fargli osservare come nostra vigorosa offensiva generale nella quale abbiamo dovuto impiegare tutte le nostre forze costituisce un diversivo utilissimo ai serbi e anche alleati.

(l) Cfr. serie V, vol. IV, n. 961.

3

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7393/769. Pietrogrado, 24 ottobre 1915, ore 22,20 (per. ore 7,40 del 26).

Conte Benckendorff ha trasmesso qui testo dell'indirizzo rivolto al Governo russo da Trumbic a nome serbo-croati-sloveni per protestare con indignazione contro condotta Bulgaria e per formulare auguri di vittoria Russia ed alleati. Indirizzo non esorbita da questo argomento.

4

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7381/765. Pietrogrado, 25 ottobre 1915, ore 1,05 (per. ore 7,25).

Da alcuni giorni la stampa russa esprime cortese, discreta forma voti che Italia intervenga nel conflitto balcanico. Articolo più notevole è quello del critico militare del Birgevia Wiedomosti, il quale spiega formidabili difficoltà che esercito italiano deve superare per impadronirsi delle munite posizioni austriache: dimostra che per forza di cose nostra avanzata deve essere lenta, e, che quindi il nemico non prova alcun urgente bisogno di staccare forze dal fronte serbo per mandarle contro noi e può anzi in qualche modo contribuire al rafforzamento dell'esercito inviato contro Serbia. Sicché aiuto italiano, per essere efficace, dovrebbe verificarsi in via diretta mediante concorso alla spedizione nei Balcani.

5

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2187/171. Atene, 25 ottobre 1915, ore 14,30 (per. ore 18).

Re Costantino ha rimandato maresciallo di Corte a dire al ministro di Serbia che non badasse alle voci sparse ad arte per seminare discordie fra Grecia e Serbia di intenzioni greche di occupare Monastir od altro territorio.

Nei limiti del possibile e della sicurezza dello Stato, Grecia sarebbe stata sempre fedele amica ed alleata della Serbia. Sembra accertato che Re Costantino partirà nella settimana prossima per Salonicco. Vi si è già recato principe ereditario.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 1314. Roma, 25 ottobre 1915, ore 16,20.

Mio telegramma n. 1242 (l).

R. Governo ha ceduto alla Russia, come ultima concessione cui potevamo arrivare, otto milioni di cartucce per fucili « Wetterly » (2).

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI (3)

T. GAB. 1315. Roma, 25 ottobre 1915, ore 18,40.

Barrère mi ha accennato stamane a serii propositi dimostrati dalla Russia di mandare un corpo numeroso di truppe, circa 200 mila uomini, in aiuto alla Serbia. Giers stamane pure gli diceva di ritenere da notizie non utllciali che si trattasse non meno di cinque corpi d'armata, circa 250 mila uomini, ma che tutto dipendeva dalla spedizione dei fucili e delle cartucce, e che converrebbe

che la diplomazia della Quadruplice premesse a Bucarest perché si concedesse ai russi il permesso di transitare attraverso la Romania.

Risposi che per parte nostra avremmo certamente appoggiato qualunque passo simile; ma che temevo molto che tutte queste decisioni di invio di forti contingenti russi si attuassero troppo tardi per riuscire veramente utili. Se veramente la cosa si effettuasse e in proporzioni sufficienti i romeni probabilmente più che lasciar passare i russi si sarebbero uniti a loro.

(l) -Cfr. serie V, vol. IV, n. 925. (2) -Con t. gab. 2203/524 del 26 ottobre, ore 22,50, Imperiali rispose quanto segue: «Nicolson mi ha espresso vivo compiacimento e grato animo per cessione nostre cartucce Wetterly ». (3) -Ed. in SoNNINO, Diario, vol. Il (1914-1916), a cura di P. Pastorelli, Bari, Laterza, 1972, pp. 260-261.
8

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. P. 2197/3. Durazzo, 25 ottobre 1915, ore 18,45 (per. ore 7,10 del 26).

Questo incaricato d'affari di Serbia ha ricevuto oggi dal suo Governo un telegramma col quale è pregato chiedere ad Essad pascià l'allontanamento da Durazzo del personale della legazione austro-ungarica.

Essad venuto a consultarsi con me mi disse che gli austriaci avrebbero organizzato un servizio di comunicazioni segrete mediante viaggiatori via Tepelen-Grecia ma convenne meco non dovesse prendere almeno per ora provvedimento suggerito da Pasic anche per non dare allarme all'Austria ed evitare bombardamenti a mezzo d'areoplani contro la Legazione e stazione radiotelegrafica.

Sembra che miri a soprassedere anche per non svegliare eventualmente sospetti circa possibilità di un nostro sbarco.

In quanto al rappresentante bulgaro di cui non si è parlato converrebbe forse evitare allontanamento per motivi indicati in una mia lettera riservatissima per V. E. partita oggi (l).

Sono in attesa di istruzioni che V. E. credesse se mai impartirmi.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 1316. Roma, 25 ottobre 1915, ore 20.

Vedendo stamane Barrère ho deplorato che da Parigi partissero per mezzo dei corrispondenti più in contatto col Governo francese notizie di spedizioni

italiane già decise per la via d'Albania (1), mentre di tutto ciò non vi era di reale che i discorsi intervenuti tra di noi, dietro le domande rivoltemi da Barrère stesso riguardanti una eventuale spedizione francese e l'appoggio che avremmo potuto darle. Queste notizie propalandosi, creavano non solo illusioni dannose ma anche ostacoli nuovi a qualunque decisione si potesse un giorno dover prendere in questo campo. Del resto non solo nulla era deciso in tal senso, ma nulla poteva decidersi finché non fossero accertati i risultati della vigorosa offensiva che avevamo da qualche giorno iniziata sul fronte austriaco. Ripetei che non si potevano fare spedizioni militari che non presentassero nel momento della loro attuazione serie probabilità di un risultato sufficiente a compensare gli enormi rischi e a giovare veramente alla causa comune.

Barrère disse che egli al pari di me deplorava tutto ciò; che aveva mandate a Parigi le notizie da me fornitegli relativamente ad un eventuale transito di treni militari attraverso l'Italia, ed alle questioni stradali albanesi; e che non aveva saputo altro intorno ai propositi del suo Governo sull'argomento.

(l) -Non rinvenuta. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 260.
10

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2212/515. Bucarest, 25 ottobre 1915, ore 21,35 (per ore 22,35 del 26).

Telegramma V. E. n. 1266 (2). Questo ministro Russia ha ricevuto oggi un telegramma con cui Sazonov lo incarica di fare i passi necessari presso Bratianu pel passaggio di truppe russe attraverso Moldavia. Sazonov annuncia che è incominciato a tal uopo concentramento ad Odessa dei primi reparti e si spera mettere insieme un corpo d'armata. Poklevski replica che non fa subito passo ordinatogli perché deve esservi malinteso. Secondo l'idea ministro delle finanze (come risulta anche dai miei telegrammi) (3) non si tratterebbe ottenere consenso preventivo e tanto meno per una forza relativamente esigua ma presentarsi alla frontiera romena con 2

o 300 mila uomini e non meno ed allora chiedere passaggio ed offrire collaborazione militare.

Una domanda preventiva esporrebbe Russia ad un rifiuto e pregiudicherebbe avvenire.

(l) -Cfr. n. 2. (2) -T. gab. 1266 del 20 ottobre, ore 20, non pubblicato: rltrasmetteva a Parigi, Londra e Bucarest il t. gab. 2113/464, delle ore l, da Pietrogrado circa l'offerta di cooperazione mllltare fatta dalla Russia alla Romania. (3) -Non pubblicati.
11

L'INCARICATO D'AFFARI A CETTIGNE, PATERNO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. S. 2220/75. Scutari, 26 ottobre 1915, ore 4 (per. ore 14,45 del 27).

Persona degna di fede che mi ha informato sempre esattamente mi ha fatto conoscere che ieri sera dopo un lungo consiglio tenuto a Corte fu inviato a Yovanovic Amenas, capo dell'opposizione, un messo che sarebbe stato incaricato di chiedergli che cosa egli ne penserebbe di una pace separata fra Austria e Montenegro. In breve tempo Amenas avrebbe risposto che consigliava al Sovrano di abdicare anziché sottoscrivere una pace che segnerebbe la fine dell'indipendenza del Montenegro. Questo passo corrisponderebbe all'atteggiamento assunto adesso dai personaggi della Corte i quali mostrano un grande scetticismo e fanno spargere la voce che il Montenegro corre oggi il pericolo di essere schiacciato dall'Austria se non addivenga ad una pace separata. Il lavoro in tal senso ,intorno al Re si è intensificato per opera dei soliti austriacanti della Corte e del Governo. Ministro di Serbia mi ha detto che gli sono stati rivolti consigli perché induca il suo Governo a chiedere pace. Egli mi ha fatto intendere che è sua impressione che qui si sia interessati ad evitare che i serbi, una volta scacciati dal loro territorio, invadano il Montenegro cosa che si giudicherebbe da questo Governo pericolosa per gli effetti politici che ne potrebbero derivare nei riguardi dell'unione serbo-montenegrina.

Le notizie sullo scontro di Visegrad confermano che gli austriaci esplicano contro i montenegrini un'azione soltanto dimostrativa, ora si sono arrestati mentre i montenegrini si sarebbero limitati a retrocedere senza prendere parte attiva al combattimento quanto più possibile. Poste anche in relazione con tutto ciò che è stato constatato in passato circa le trattative corse fra il principe reggente Pietro e parlamentari austriaci inducono a temere che si pensi effettivamente di addivenire se non ad una pace pubblica a qualche patto che legherebbe definitivamente il Montenegro all'Austria.

12

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2201/175. Atene, 26 ottobre 1915, ore 14,30 (per. ore 17).

Ieri fu fatto gran parlare delle intese presunte fra Re di Bulgaria e Re di Grecia. Si disse che Sofulis ex governatore Macedonia si era recato a Sofia latore di una lettera di Re Costantino pel Re Ferdinando. Venizelos interpellato dal ministro di Francia smentì partenza di Sofulis suo amico personale. Corrispondente Reuter fece chiedere al Re se desiderava che riservatamente fosse smentita. Il Re fece sdegnosamente rispondere che non voleva più sentir parola di simili oltraggiose insinuazioni.

Perdura però generale impressione che la cosa si avvii naturalmente per quella strada.

Dopo due giorni di ottimismo sulla situazione della Serbia, oggi si riprende a considerarla come gravissima, se non come disperata. Questo addetto militare con suo telegramma ha esposto Stato Maggiore situazione militare in dettaglio. A me basta dire che la presa Uskub e quella stamane annunziata di Prizrend sono considerate qui dover minacciare addirittura la ritirata dell'esercito serbo il quale frattanto viene [incalzato] al nord dagli austro-tedeschi che secondo le notizie pervenute in merito, disporrebbero di grandi riserve in Ungheria. Giungono in territorio greco numerosi profughi da Monastir e da altre parti della Serbia ponendo in grave imbarazzo il Governo allenico già onerato dei profughi ellenici di Turchia e dallo sbarco delle truppe delle potenze alleate a Salonicco.

13

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. S. 2221/519. Bucarest, 26 ottobre 1915, ore 21,20 (per. ore 13,50 del 27).

Ho veduto stamane di nuovo il ministro delle finanze.

Egli ripete e conferma essere inutile chiedere a Bratianu di entrare in azione. Bratianu non si deciderà da sé, e perché è un abulico e perché non vuole correre alcun rischio. Bisogna quindi non chiedergli più nulla, ma che due o trecentomila russi si presentino alla frontiera romena e domandino il passaggio attraverso la Dobrugia offrendo alla Romania di cooperare coll'Intesa.

In tal modo si forzerà la mano al Re ed a Bratianu.

Ministro delle finanze mi ha domandato con viva inquietudine se credevo possibile che i russi mandassero qui le forze da lui chieste. Naturalmente mi sono tenuto sulle generali.

Quanto precede risponde nello stesso tempo al passo russo di cui al mio telegramma di ieri gabinetto segreto n. 515 (l) ed a quanto Lahovary ha detto al R. Ambasciatore a Parigi.

Nessuno può negare gli errori commessi dall'Intesa; ma non si può neppure, dopo tutto quello che è avvenuto, aver fiducia in Bratianu. Questi vuole raddoppiare il territorio e la popolazione della Romania senza correre alcun rischio; vuole entrare azione, quando crederà venuto il momento di farlo, dalla sola ed unica parte della Transilvania; richiede un concorso militare talmente importante da escludere che si possa accordarglielo almeno in breve tempo ed impone altre condizioni (mio telegramma gabinetto n. 497) (2) che sono inconciliabili con un prolungato ritardo dell'entrata azione della Romania.

Ciò posto io non posso se non confermare quanto ho più volte riferito all'E. V. sull'entrata in azione per iniziativa di Bratianu non si può contare;

la condotta della Romania dipende esclusivamente da avvenimenti esteriori ed in questo momento l'avvenimento che potrebbe esercitare un'azione decisiva sarebbe la presenza di due o trecentomila russi alla frontiera romena pronti a passarla per attaccare i bulgari: fra qualche giorno quando i serbi saranno stati schiacciati o gli anglo-francesi avranno dovuto evacuare Gallipoli forse sarà troppo tardi.

In quanto all'Italia, siccome è sempre bene non farsi illusioni, confermo che il nostro momento in Romania è passato.

Oltre che nei miei telegrammi, nella corrispondenza particolare col compianto marchese di San Giuliano ho lungamente dimostrato come all'infuori della Russia o dell'Austria-Ungheria nessun'altra Potenza può lusingarsi di esercitare stabilmente un'azione decisiva su questo Paese.

L'Italia, che per molto tempo aveva assolutamente trascurata la Romania, se ne era andata interessando negli ultimi tempi e non senza profitto. Alcune circostanze favorevoli, dopo gli inizi della guerra e l'avvento del nuovo Sovrano, le avevano dato qui una posizione superiore a quella che le spettava per la sua potenza e per la sua situazione geografica: ora tutto ciò è passato e quanto noi facciamo, malgrado gli eroismi dei nostri soldati e l'abilità dei nostri generali, lascia il pubblico del tutto indifferente.

Non rimane che attendere qualche nuova circostanza propizia; coltivando frattanto, come faccio per quanto ciò mi è consentito, le relazioni con questa Corte e con questo Governo, per trarne allora profitto.

(l) -Cfr. n. 10. (2) -Cfr. serie V, vol. IV, n. 921.
14

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2208/521. Londra, 26 ottobre 1915, ore 22,51 (per. ore 1,15 del 27).

Telegramma di V. E. 1315 (1).

Nicolson mi ha detto oggi elle qui si è contrari a pressioni premature della Quadruplice a Bucarest per ottenere permesso transito corpo di spedizione russo. Tale pressione si potrà fare con speranza di pratico risultato solo quando i russi saranno pronti e concentrati alla frontiera romena. Se nel frattempo Governo russo crede di dover fare qualche previo scandaglio è meglio lo faccia privatamente e per conto proprio.

In tale senso è stato spedito a Pietrogrado un telegramma che sarà ripetuto a Roma e Parigi.

A mio remissivo parere le vedute inglesi sono sagge ed opportune. Dato infatti il contegno tutt'altro che incoraggiante di Bratianu il parlare innanzi tempo darebbe a quell'anfibio personaggio agio di preparare qualche nuova scappatoia e magari di rispondere con un rifiuto categorico che porrebbe Russia e tutti noi in serio imbarazzo.

(l) Cfr. n. 7.

15

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2223/444. Parigi, 27 ottobre 1915, ore 13,40 (per. ore 17).

Telegrammi di V. E. nn. 1312 (1), 1315 (2), 1317 (3).

Stamane sono stato ricevuto da Poincaré che non vedevo da qualche tempo. Ho profittato per parlargli della questione della Romania. Gli ho detto che dopo tanti errori la Russia stava per commettere l'ultimo e forse come conseguenze il più grave di tutti. Il domandare alla Romania il passaggio per 200 mila uomini prima che questi siano concentrati alla frontiera in pieno assetto di guerra è lo stesso che esporsi ad un sicuro rifiuto. Inoltre appena riuniti questi 200 mila uomini (e ciò dovrebbe farsi subito perché attendere i fucili come vorrebbe Sazonov equivarrebbe a lasciar passare il momento opportuno prima che i serbi siano schiacciati dai bulgl;l.ri e gli austro-tedeschi) la domanda che dovrebbe farsi alla Romania non dovrebbe essere esclusivamente quella di lasciar loro il passaggio per attaccare la Bulgaria ma o di !asciarli passare o di metterli a disposizione della Romania per entrare insieme all'esercito romeno in Transilvania e attaccare alle spalle gli austro-tedeschi che operano contro la Serbia.

Questa offerta anche se trovasse freddo Bratianu darebbe una base sicura di azione alla maggioranza dell'esercito e del paese, la quale amerebbe di marciare contro l'Austria-Ungheria, ma in questo momento deve riconoscere con Bratianu che ciò non è possibile perché le sole forze della Romania sarebbero insufficienti.

Poincaré mi ha risposto che era interamente del mio parere e che malgrado sia oggi giornata di soluzione della crisi ministeriale avrebbe parlato a Viviani affinché istruzioni nel senso di quanto io gli avevo esposto fossero inviate subito all'ambasciatore di Francia a Pietrogrado a complemento di quelle già avute. Poincaré naturalmente conta che noi agiremo a Pietrogrado nello stesso senso. Poincaré ha poi aggiunto che mentre l'Italia e la Francia si sono sempre consultate e trovate d'accordo, l'Inghilterra e la Russia hanno voluto in varie occasioni agire per proprio conto indipendentemente dal parere degli altri alleati. Così Grey, contro il parere di tutti, volle fare il passo ad Atene che ebbe l'infelice risultato che tutti prevedevano. Così egli crede che ora Sazonov senza attendere la risposta degli alleati, abbia già fatto fare a Bucarest il passo per il passaggio delle truppe con rischio di pregiudicare tale questione che in questo momento è di capitale e decisiva importanza. Poincaré tuttavia

spera ancora che i nostri sforzi riuniti possano mettere le cose sulla buona via. Poincaré è tornato ieri sera dalla fronte dove insieme a Joffre ha veduto il Re d'Inghilterra ed il Generale French, e tanto lui che Joffre hanno fatto il possibile per persuaderli che il numero delle truppe inglesi in Francia è eccessivo rispetto al fronte che occupano e che quindi invece di sole tre divisioni potrebbero senza alcun inconveniente inviarsene sei dalla Francia a Salonicco. Poincaré spera che insistenze sue e di Joffre non saranno state inutili. Poincaré poi mi ha parlato della nostra offensiva così vigorosamente iniziata e continuata. Mi ha detto comprendeva che durante questa offensiva noi non potevamo distrarre truppe dal nostro fronte. Colonnello de Gondrecourt l'aveva informato di una conversazione avuta da lui con il generale Cadorna nella quale quest'ultimo, senza beninteso assumere alcun impegno, non aveva escluso la possibilità di poter, dopo l'offensiva, consentire all'invio di truppe italiane nei Balcani.

(l) -Ritrasmetteva a Parigi, Londra e Pietrogrado il t. gab. 2182/511 del 22 ottobre da Bucarest, non pubblicato, circa l'attegglament<J di Bratlanu contrarlo all'entrata in azione della Romania a fianco dell'Intesa. (2) -Cfr. n. 7. (3) -Ritrasmetteva a Parigi, Londra e Pietrogrado il t. gab. 2186/513 del 23 ottobre da Bucarest, non pubblicato, circa l tentativi del ministro delle Finanze romeno di indurre il Re e Bratlanu a decidersi alla guerra a fianco dell'Intesa.
16

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 7432/402. Washington, [27] ottobre 1915, ore .. (per. ore 18).

Ambasciatore d'Inghilterra, accompagnato dall'incaricato d'affari inglese a Messico, è venuto oggi a parlarmi della situazione messicana, dietro evidente suggerimento del suo Governo. Mi ha espresso l'avviso che gli alleati dovrebbero procedere d'accordo e agire compatti, e che in presenza poca fiducia che ispira Carranza e del dubbio che riesca dominare la situazione, converrebbe andare a rilento nel riconoscerlo. Gli ho risposto che ignoravo quali fossero le informazioni in materia fornite dal R. Ministro al Messico. Gli ho aggiunto essere mia opinione personale che precipuo interesse degli alleati fosse oggi di non alienare le simpatie degli Stati Uniti e di agire perciò in guisa da non urtare nella suscettibiLità di questo Governo, al quale la nostra eventuale resistenza, in contrasto coll'immancabile acquiescenza di tutti gli stati americani e dei nostri nemici, riescirebbe indubitatamente sgradita; che era forse quindi opportuno di mostrarsi presso questo Governo volenterosi di seguirne l'iniziativa, salvo ad ottenerne le maggiori possibili garanzie [circa] Carranza; che a tale uopo mi sembrava consigliabile attendere il ritorno del signor Arredondo, il quale, dietro suggerimento di questo segretario di Stato, si trova ora presso quest'ultimo per conseguirne una serie di affidamenti; che qualora poi la risposta di Carranza fosse sconfortante, Governo americano non potrebbe non riconoscere esso stesso il fondamento dell'esitazione da parte Governi, i cui interessi nel Messico sono preminenti e si sentirebbe in pari tempo stimolato a premere più fortemente su Carranza. Ho detto da ultimo al mio collega che avrei comunque riferito a V. E. questo colloquio.

lO

17

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI

T. GAB. 1333. Roma, 27 ottobre 1915, ore 20,30.

(Meno Pietrogrado) -Ho telegrafato al R. ambasciatore a Pietrogrado quanto segue:

(Per tutti) -Barrère discorrendo meco rilevava l'importanza che avrebbe per la causa comune l'effettuazione sollecita del disegno russo di soccorrere la Serbia con le truppe che essa sta concentrando in Bessarabia. Gli ho detto che concordavo pienamente, e sopratutto nell'urgenza di questo congiungimento. Invio immediato-di tali truppe è solo mezzo per ottenere in tempo il concorso della Romania.

(Meno Bucarest) -Quanto precede per opportuna norma di linguaggio di V.E.

18

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 1337. Roma, 27 ottobre 1915, ore 21,30.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro in Atene quanto segue:

(Per tutti) -Barrère mi ha chiesto, riferendosi alle note offerte della Tracia, se ero disposto a dare istruzioni a V. S. di fare eventualmente coi suoi colleghi dell'Intesa, un passo che garantisse l'assegnazione di quei territori alla Grecia, quando costà sorgesse l'opportunità di tale passo.

Ho risposto che confermando quanto avevo detto in passato, continuavo a disapprovare queste continue offerte da parte dell'Intesa ai paesi neutrali, e che, per mio conto, non intendevo dare istruzioni a V. S. di associarsi quandochesia a nuove offerte.

Solamente se la Grecia avesse essa mostrato positive intenzioni di uscire dalla neutralità, entrando in azione a fianco nostro, avrei esaminato le richieste di compensi territoriali che essa presentasse in tale eventualità, e mi sarei riservato di dare a V. S. le istruzioni del caso.

19

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2225/525. Londra, 27 ottobre 1915, ore 21,55 (per. ore 2,20 del 28).

Dichiarazioni di Lansdowne hanno praticamente lasciato tempo che hanno trovato. All'infuori di una fosca descrizione sulla situazione della Serbia nulla disse il marchese perché naturalmente nulla poteva dire che valesse ad appagare avidità generale di conoscere decisioni definitive Governo. Di nuovo si ebbe soltanto un accenno di lord Curzon all'esame cui sta procedendo primo ministro sulla possibilità di ridurre dimensioni Gabinetto.

Commenti dei giornali sono anodini.

Attendonsi prossimamente promesse dichiarazioni del primo ministro. Cambon sosteneva stamane aver Lansdowne troppo calcata la mano sulla precaria situazione nei Balcani la quale egli dice potrebbe sensibilmente migliorare se esercito serbo si sentisse appoggiato da un numero relativamente considerevole di franco-inglesi. Secondo Cambon numero truppe austro-tedesche impegnate contro Serbia difficilmente raggiunge 200.000 uomini. Due divisioni francesi, egli mi ha detto, debbono essere in procinto di sbarcare a Salonicco dove sono avviate due divisioni inglesi tolte dal fronte di Fiandra e rimpiazzate da un numero equivalente di truppe francesi le quali ultime, a parere del collega, sarebbero state superflue visto che gli inglesi hanno quivi in riserva non meno di 10 divisioni.

Cambon, come al solito, lamentava e deplorava lentezza ed indecisione di questi ministri e perdita di tempo prezioso che esse cagionano. All'azione militare nostra ha fatto soltanto accenno con una frase di compiacimento [per la] vigorosa offensiva in corso sul nostro fronte. Mi ha espresso pure soddisfazione per cessione cartucce alla Russia manifestando speranza che fucili e cartucce giungano a destinazione al più presto stante pericolo chiusura porto di Arcangelo.

20

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7468/55 GAB. (l) Stoccolma, 28 ottobre 1915, ore 20,45 (per. ore 4,20 del 29).

Mentre sembrava che il Governo svedese fosse disposto lasciar cadere i negoziati coll'Inghilterra (2) in modo amichevole, Hammarskjold, profittando di una breve assenza di questo ministro degli affari esteri, mandò alla legazione britannica una nota molto vivace, di cui la cattiva redazione francese aumenta l'asprezza, in risposta ad una comunicazione, con cui si chiedeva al

12 Governo svedese di formulare le sue obiezioni contro l'ultimo progetto inglese di modus vivendi. Questo ministro d'Inghilterra sta ora trattando per far ritirare la nota svedese ed è anche disposto a ritirare la sua, che vi ha dato occasione. È probabile che la cosa si accomodi, ma situazione non cessa di essere spiacevole. Governo britannico ha in sostanza ragione, ma dopo di essere stato in principio di una arrendevolezza eccessiva ha ora cattivo giuoco, nel prendere un atteggiamento energico e quasi brusco, tanto più dopo aver introdotto nello schema d'accordo, concretato qua dai suoi delegati, sensibili modificazioni formali, alcune delle quali poco gradevoli per l'amor proprio della Svezia. D'altra parte è sempre più evidente che Hammarskjold agisce sotto l'influenza tedesca e che la maggior parte degli altri ministri lo seconda, mentre ministro affari esteri, malgrado la sua autorità personale ed il largo seguito che ha nei partiti democratici non sa o non vuole reagire. Nonostante incertezza che queste diverse circostanze producono è sempre assai remoto, per non dire affatto escluso, il pericolo intervento della Svezia nella guerra, che il paese e gli stessi ministri germanofili non vogliono, e che stagione già avanzata renderebbe praticamente assai dura e difficile. È però sintomatico che questo rincrudimento delle resistenze svedesi coincide coll'aggravarsi della situazione militare dei nemici della Germania nella penisola balcanica.

(l) -Partito come telegramma di gabinetto è stato protocollato in arrivo nella serle ordinaria. (2) -Cfr. serie V, vol. IV, n. 440.
21

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2231/445. Parigi, 28 ottobre 1915, ore 21,10 (per. ore 23,50).

Telegramma di V. E. n. 1337 (1).

In quanto a ciò che Barrère ha detto a V. E. deve esserci un equivoco perché per dichiarazioni esplicite che mi sono state ripetute anche oggi mi risulta che questo Governo divide pienamente punto di vista di V. E.

Infatti è stato inviato un telegramma al ministro di Francia in Atene nel quale si dice qualunque altra offerta di territori alla Grecia non sarebbe altro che una manifestazione di debolezza da parte dell'Intesa e quindi non potrebbe avere altro effetto che quello di vieppiù confermarla nella neutralità. Grecia non può essere tratta a uscire dalla neutralità che da una manifestazione di forza dell'Intesa. Quando in seguito a questa, Grecia si decidesse ad intervenire e chiedesse dei vantaggi territoriali, sarebbe allora il caso di prendere in considerazione le sue domande.

Governo francese otto giorni fa telegrafò al suo ministro in Atene che sarebbe stato utile che gli uomini politici favorevoli all'intervento per l'Intesa conoscessero confidenzialmente che questa è disposta in caso di un intervento ad avvantaggiare territorialmente Grecia, ma appunto tali confidenze presso interventisti della opposizione escludevano nel pensiero del Governo francese qualunque pratica analoga presso Governo greco.

(l) Cfr. n. 18.

22

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2236/527. Londra, 28 ottobre 1915, ore 22,26 (per. ore 4,20 del 29).

Ieri ebbi occasione di discorrere separatamente con due ufficiali superiori di Stato Maggiore uno dei quali fidatissimo collaboratore di Kitchener. Entrambi mi dipinsero situazione serba colle medesime tinte pessimistiche adoperate da Lansdowne ed il giudizio complessivo era molto differente di quello di Cambon.

Entrambi però ripeterono quello che mi aveva detto Grey e cioè di non ritenere qui in base alle informazioni ricevute che austro-tedeschi pensino per il momento a spingersi in Turchia ma si contenteranno invece di assicurarle la libera entrata di armi e munizioni e rifornimenti. Circa invio di truppe britanniche ufficiali furono naturalmente riservati. Ebbi però impressione che circa impiego di dette truppe località di sbarco ecc. non si sia venuti ancora ad una vera conclusione definitiva. Mi parve però dedurre che salvo un parere categorico negativo del generale Monro qui si sia estremamente riluttanti a rinunziare all'impresa dei Dardanelli trasportando altrove truppe ritirate dalla penisola di Gallipoli come vorrebbe Cambon. Tale ritiro mi dicevano sarebbe un errore perché libererebbe truppe turche che potrebbero essere in tal caso avviate in Mesopotamia ed in Egitto. Quivi non mi fu dissimulato che situazione inspira apprensione specie a cagione del contegno del Senussi che di giorno in giorno va diventando più dubbio ed inquietante. Ufficiali ripetevano però sull'andamento generale della guerra sui vari scacchieri e sul risultato finale i soliti giudizi sicuramente ottimistici affermando aver qui rilevato positivamente che tedeschi malgrado tutto si vanno stancando ed esaurendo. Riferisco, ben inteso, a titolo di semplice informazione.

Circa azione militare nostra, morale altissimo truppe, loro valore, sagace comando, non raccolsi che elogi e manifestazione di sincerissimo compiacimento e massima fiducia nel successo. Nessuna allusione fu fatta ad un intervento italiano nei Balcani. Udii soltanto accennare in termini vaghi e superficiali alla convenienza di una qualche eventuale operazione contro Cattaro ed esprimere opinione che da quella parte potrebbe forse ad un dato momento esservi qualche cosa da fare per noi senza che però di siffatto eventuale nostro concorso venisse precisato modo e forma.

A semplice titolo di doverosa informazione aggiungo che da alcune reticenze e mezze parole sfuggite nel corso della conversazione mi parve scorgere che accanto alla caldissima e sincera ammirazione per opera e morale dell'esercito ed alla piena fiducia nel Governo serpeggiasse nell'animo di uno degli ufficiali alquanta esitazione o dubbio sul concorde sentimento della nostra opinione pubblica circa identità degli scopi ed interessi comuni di tutti gli alleati e circa reale disposizione di una parte di essa verso Germania.

23

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7465/1490. Londra, 28 ottobre 1915, ore 22,28 (per. ore 4,45 del 29).

Telegrammi di V. E. 3710 (l) e 3725 (2).

De Bunsen mi ha detto che incaricato d'affari britannico al Messico trovasi attualmente a Washington. Egli ha ricevuto istruzioni di intendersi con quell'ambasciatore per redigere, circa riconoscimento del Governo <<nel;,) Messico di cui è capo Carranza, una nota calcata sulle linee identiche di quella analoga americana. Accogliendo proposta francese, questo Governo ha incaricato ambasciatore di informare di quanto precede colleghi alleati e prenderne l'iniziativa per eventuale passo simultaneo ma superato.

24

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, A TOKIO, GUICCIOLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARÈ

T. 3748. Roma, 28 ottobre 1915, ore 22,45.

Secondo notizie private da Shanghai agenti tedesco-austriaci spingono repubblicani cinesi ad un moto rivoluzionario contro attuale governo per sue tendenze restaurare monarchia. Rivoluzionari cinesi tenteranno impadronirsi con colpi di mano dei depositi armi e munizioni. Scopo austro-tedeschi i quali contano su germanofilismo maggioranza cinesi sarebbe di impaurire capitalisti negozianti cinesi raggiungere sospensione commerci ora quasi totalmente in mani inglesi francesi russi rovinare commerci giapponesi distrarre attività armate giapponesi in Cina.

Prego riferirmi se costì voci risultano fondate (3).

(l) -Cfr. serie v. vol. IV. n. 962. (2) -Ritrasmetteva a Londra e Parigi il t. 7362/69 da Messico e il t. 7363/398 da Washington, entrambi del 23 ottobre, non pubblicati. (3) -Per la risposta di Varè cfr. n. 35. Rispose anche Carlotti con t. 7569!787 del 3 novembre, ore 15,11, quanto segue: «Questo Governo non ha da Shanghai notizie analoghe a quelle dall'E. V. indicate. Anzi i tedeschi della Cina affetterebbero amichevoli disposizioni conservazione attuale regime sostenendo essere il momento pericoloso per mutamento».
25

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2265/524. Bucarest, 29 ottobre 1915, ore 15,30 (per. ore 6 del 31).

Bratianu che aveva chiesto ieri di vedermi è venuto stamane da me. Egli mi ha detto che nel corso della settimana era stato un poco più inquieto perché aveva temuto che lo si volesse porre in presenza di un fatto compiuto, al quale, egli ha aggiunto, non avrebbe in nessun caso consentito sottoporsi giacché, come suo padre vi si era rifiutato nel 1876 cioè quando ancora Romania era piccolo Stato vassallo, anche egli non intende subire alcuna pressione ma discutere in piena calma e libertà proposte che gli venissero fatte.

Bratianu ha però subito osservato che queste sue apprensioni erano del tutto dissipate. Bratianu mi ha detto dell'eventualità che le truppe russe si presentassero alla frontiera romena per forzarla allo scopo di attaccare Bulgaria od altrimenti prestare aiuto alla Serbia.

Approfittai allora per chiedere a Bratianu, come cosa mia, se nel caso in cui vi fossero ad esempio duecentocinquantamila russi in Bessarabia pronti agire insieme truppe romene egli li accetterebbe in deduzione dei 500.000 soldati occidentali da lui chiesti sul fronte serbo (mio telegramma gabinetto n. 497) (l). Al che Bratianu mi ha risposto che egli non si sarebbe rifiutato discutere quella qualsiasi altra proposta che fosse per essergli fatta dall'Intesa in sostituzione delle sue domande purché beninteso vi fosse equivalente di forze. Osservava però che anzitutto sarebbe stato necessario stabilire donde verrebbero tratti i 250.000 russi giacché russi tolti dall'attuale fronte russo-austrogermanico essi non migliorerebbero la situazione della Romania la quale vedrebbe aumentare proprio rischio da una parte nella stessa misura in cui verrebbe rinforzata dall'altra e quindi non avrebbe nessun vantaggio.

D'altro lato egli faceva presente che la proposta inglese comprendeva:

1. -duecentomila anglo-francesi entro due mesi a Salonicco; 2. -cinquantamila russi; 3. -concorso dei greci e cioè altri duecentocinquantamila uomini;

4. -cinquecentomila russi quando inglesi avessero potuto mandare in Russia relativi fucili: in tutto adunque cinquecentomila occidentali da condurre sul fronte serbo oltre ai cinquecentomila russi sull'altro fronte. Difetti di tale proposta erano seguenti:

l. -che per sbarco a Salonicco dei duecentomila anglo-francesi si chiedevano due mesi;

2. --che per condurli sulla fronte serba sarebbe occorso ancora un mese e mezzo; 3. --che egli era sicuro che i greci non sarebbero entrati azione; 4. --che la Romania avrebbe dovuto quindi battersi da sola per almeno tre mesi mentre le Potenze si sarebbero limitate ad una semplice dimostrazione;

5. -che nessuno poteva neppure dargli certezza che alla fine di questi tre mesi e cioè quando avesse esaurito di già le sue munizioni Romania ne avrebbe potuto ricevere delle altre. Chiedendo 500.000 soldati dell'Intesa sul fronte serbo Bratianu sostiene di non aver domandato nulla di più di quello che gli era stato offerto ma di aver solamente mutato una previsione od una promessa in una realtà ed in una certezza ma oltre a questa cifra rimanevano ancora i 500.000 russi promessi per quando fossero giunti a destinazione i fucili che avrebbe fornito Inghilterra e i 250.000 russi di cui si parlerebbe ora non potrebbero sostituire neppure in parte truppe occidentali da lui chieste sul fronte serbo tanto più che esso non farebbe tener testa ai 200.000 turchi di von der Goltz che egli afferma essere stati concentrati in modo da sostituire truppe bulgare nei punti ove è probabile un attacco dell'Intesa e specialmente da parte della Russia.

In ultima analisi però Bratianu ha concluso che egli vedrebbe col massimo piacere arrivo di truppe russe ed ha confermato che è pronto a discutere qualsiasi soluzione che implichi entrata in azione della Romania con seria probabilità di successo e in ogni caso senza comprometterne esistenza.

(l) Cfr. serle V, vol. IV, n. 921.

26

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI (l)

T. GAB. 1346. Roma, 29 ottobre 1915, ore 18.

Questo ministro di Svizzera mi ha detto che il Papa avrebbe fatto sentire al Governo svizzero per mezzo di monsignor Marchetti, suo inviato straordinario a Berna, per le questioni di scambio dei prigionieri, il desiderio di convertire tale missione temporanea in una missione permanente. Il Pianta era incaricato dal suo Governo di sentire confidenzialmente se l'eventuale accoglimento di tale proposta sarebbe riuscito in qualche modo poco gradito al R. Governo nel momento attuale. Non sarebbe questione di far rappresentare la Svizzera a Roma.

Risposi che occorreva distinguere la cosa in sé stessa, della istituzione di una rappresentanza della Santa Sede presso la Svizzera, o viceversa, della Svizzera a Roma, dalle conseguenze che per avventura si volessero poi trarre dal fatto della presenza di un nunzio a Berna nei riguardi di un eventuale congresso per la pace che avesse luogo in detta città. Mentre il R. Governo nulla aveva né poteva avere da obiettare, sotto qualunque riguardo, alla libera rappresentanza della Santa Sede come tale presso qualsiasi stato e viceversa; doveva all'incontro fare ogni riserva intorno agli effetti di carattere tutto politico che se ne volessero trarre riguardo all'intervento di un rappresentante Pontificio nella conferenza per la pace o comunque in relazione con la situazione giuridica internazionale del Pontefice.

Planta mi chiedeva che impressione la cosa poteva fare nell'opinione pubblica.

Risposi che su questo punto non mi azzardavo ad esprimere alcun parere. Presi occasione da questa conversazione per stimmatizzare tutte le calunnie che si erano diffuse anche per opera di una parte della stampa svizzera tedescofila riguardo alla situazione fatta al Papa in Italia durante la guerra o a supposte restrizioni della piena sua libertà di comunicazione con l'estero.

(l) Ed. in SoNNINO, Diario, cit., pp. 262-263.

27

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 2277/525. Bucarest, 29 ottobre 1915, ore 20,50 (per. ore 18,40 del 31).

Nella conversazione che ho riferito nel mio odierno gabinetto n. 524 (l) Bratianu mi ha detto anche quanto segue: (si tratta di una comunicazione strettamente confidenziale di cui desidera non rimanga traccia nelle cancellerie, sicché prego mantenere segreto):

«Mi è stato rimproverato di aver esagerato cifra delle riserve austrotedesche indicandole in 500.000 uomini; ora questa cifra ci è stata confermata dallo stesso ministro di Germania il quale otto giorni fa è venuto a chiedermi se fosse vero che i russi intendessero attraversare con importanti forze t8rritorio romeno aggiungendo che ciò era stato detto da uno dei membri del Gabinetto ad una persona che egli mi ha indicato come pure ha indicato nome del mio collega. Ministro di Germania ha osservato che se ciò fosse vero i due Imperi Centrali avevano pronti 500.000 uomini che mettevano a disposizione della Romania per resistere alla Russia. Ho risposto al ministro di Germania che nessuno mi aveva chiesto il passaggio di truppe estere pel territorio romeno, che non ne era neppure mai stata questione e che lo ringraziavo della sua offerta di cui non abbiamo bisogno. È evidente che tale offerta era nello stesso tempo ed anzi principalmente una minaccia».

Bratianu mi ha chiesto poi se fosse vero che noi mandiamo 250.000 uomini a Salonicco, come hanno pubblicato alcuni giornali e che in compenso ci verrebbe riconosciuto il Dodecanneso e dato Cipro e l'Albania.

Ho risposto che non sapevo niente e che non mi pareva probabile per il momento almeno.

Aggiungo infine a titolo confidenzialissimo che anche il Re di Romania è stato nei giorni scorsi molto allarmato dalle voci di una violazione del territorio romeno da parte di truppe russe ed ha dichiarato che vi si opporrebbe colle armi. Invece considererebbe con favore la collaborazione dell'esercito romeno con un forte contingente russo, pur essendo molto scettico circa possibilità da parte della Russia di disporre nelle attuali circostanze di forze importanti.

(l) Cfr. n. 25.

28

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

1'. GAB. 2238/530. Londra, 29 ottobre 1915, ore 21,45 (per. ore 2 del 30).

Oggi nel pomeriggio è stata resa pubblica l'adesione del Giappone alla dichiarazione del 5 settembre 1914 circa impegno di non concludere pace separata. Relativo scambio di note ha avuto luogo in data 19 corrente.

29

L'AMBASCIATORE A TOKIO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 318/60. Tokio, 29 ottobre 1915 (per. il 13 dicembre).

Accuso ricevuta all'E. V. del dispaccio del 20 agosto u. s. Dir. Gen. degli Affari Politici, Div. 3, Sez. l (1), concernente i rapporti fra la Russia e il Giappone, ora soltanto pervenutomi.

Il discorso tenuto dal signor Sazonov al marchese Carlotti rispecchia fedelmente la situazione e coincide colle informazioni che ricevetti in passato da differenti parti.

È soltanto a guerra finita e secondo i risultati della medesima che le relazioni dei differenti Stati fra di loro, del Giappone principalmente colle grandi potenze di Europa e cogli Stati Uniti, prenderanno stabile assetto. Alcuni concetti di ordine generale che credo abbastanza conformi al vero mi permetto mettere innanzi a questo proposito:

l) Il Giappone avrà sempre interesse di mantenere buoni rapporti colla Russia che è in Asia la sola grande potenza militare, ed ha con esso comuni e importanti interessi territoriali in Cina. Interessi nei quali l'accordo è non solo possibile ma agevole. Malgrado la guerra di or fa un decennio, vere antipatie di razza non ve ne sono. Qualche mescolanza di sangue giallo e certe tendenze asiatiche comuni stabilirono anzi fra i due paesi alcune analogie interessanti a studiare;

2) Il Giappone non vorrà rompere coll'Inghilterra che è una grande potenza marinara, ma certo i legami fra i due paesi si sono andati molto rallentando dopo il principio della guerra, perché è qui sorto il dubbio che l'efficacia militare del potente alleato fosse minore di quello che si supponeva. Si aggiunga una profonda opposizione di interessi nella parte più ricca della Cina ove i commercianti inglesi si mostrano aspri ed intransigenti contro le ingerenze invadenti e le violenze giapponesi;

3) Il Giappone a guerra finita si lusinga o almeno spera farsi perdonare Tsing-Tao dalla Germania. La potenza militare svolta da quest'ultima gli incute un grande rispetto ed altrettanto timore. Mettersi bene, o almeno il meglio possibile, colla Germania sarà uno degli scopi principali della futura politica giapponese;

4) Il Giappone, checché si dica, vuoi mantenere buoni rapporti cogli Stati Uniti e vi riuscirà, perché giganteschi, anzi capitali, interessi commerciali ed industriali lo esigono. Ambedue i paesi lo capiscono. Antipatie di razza forse vi sono, ma ciascuno finge di non accorgersene, e dalle due parti si assiste ad una curiosa commedia di complimenti reciproci. Si aggiunga che una guerra fra i due paesi si ritiene anche tecnicamente impossibile. Certo gli americani hanno più timore dei giapponesi, soprattutto di un colpo di mano sulle Filippine, che questi di quelli. L'attuale contegno del Governo di Washington verso la Germania degno di una timida e mansueta congregazione di quaccheri, fa ritenere al Giappone, forse con ragione, che l'America non sia in grado di assumere l'attitudine energica e dignitosa di una grande nazione;

5) Quanto alla Cina, è certo che il Giappone per ragioni di vanagloria e per contentare l'ingordigia famelica degli affaristi (business-men) che esercitano qui un'influenza predominante sulla cosa pubblica, cercherà sempre suscitare torbidi in Cina, ciò che non è difficile, e pescarvi dentro ogni qualvolta sarà possibile. Su questa via, per attraversare i suoi passi, l'antagonista più potente sarà sempre l'Inghilterra.

Ma, come dissi, l'orizzonte si rischiarerà anche nell'Estremo Oriente, soltanto alla fine della guerra europea, tanto più che ai giapponesi, anche più che agli dei, Victoris causa placet.

(l) Non pubblicato.

30

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2247/486. Pietrogrado, 30 ottobre 1915, ore 2,15 (per. ore 10,30).

Sazonov mi ha detto che informazioni di Trubetzkoy lasciano ben poca speranza sulla possibilità che esercito serbo possa opporre resistenza oltre due

o tre settimane e che forze francesi potranno contenere i bulgari a sud ma di!Iìcilmente soccorrere i serbi.

Egli ha soggiunto che Inghilterra ha bensì convenuto in principio con la Francia per un eventuale invio di altri settantacinquemila uomini per ciascuna oltre ai centocinquantamila inizialmente stabiliti ma finora soltanto ventimila inglesi sono giunti a Salonicco donde non si sono più mossi. Nel Gabinetto di Londra esisterebbero ancora due opposte correnti, una delle quali favorevole all'invio di truppe nei Balcani per pnvenire completo sopravvento germanico che avrebbe ripercussioni funeste in Egitto, Mesopotamia, Persia ed India stessa, mentre l'altra, poco fidando nell'esito delle operazioni nei Balcani, vorrebbe conservare forze disponibili per salvaguardare efficacemente sicurezz:;~. interna c difesa possedimenti.

Dall'altro canto comunicato ufficiale bulgaro annunzia presa di Uskub e continui progressi verso ponente. Addetto militare romeno Kraljevo apina che avanzata bulgara in Macedonia sia dettata da considerazioni politiche per giustificare dinnanzi opinione pubblica movente guerra ma sia militarmente un errore poiché, a suo parere, primo obbiettivo bulgaro dovrebbe essere l'unione con austro-tedeschi. Spingendosi in Macedonia esercito bulgaro permette ai franco-inglesi di attaccarlo di fianco e per lo meno far loro guadagnar tempo.

In queste sfere ufficiali nonostante notizie contraddittorie predomina pessimismo poiché gli stessi possibili successi dei franco-inglesi non sembrano sufficienti a salvare situazione.

Trubetzkoy raccomanda calorosamente rapido approntamento strade Durazzo-Okrida perché ai serbi non resti preclusa ogni comunicazione. A questa diversità di vedute Sazonov attribuisce incertezza dell'azione inglese nei Bal·cani ma confida che essa venga a cessare stante urgente opportunità per lui ovvia di impedire fusione germano-bulgaro-turca e prev~nire le temute conseguenze. Bulgaria non disporrebbe che duecentocinquantamila uomini e di scarse munizioni. Turchia ne difetterebbe ancora di più e si troverebbe anche per altre ragioni nella impossibilità di prender parte alla campagna in appoggio della Bulgaria, ave giusta sue informazioni al primo serio insuccesso potrebbero verificarsi sorprese. Un esercito anglo-francese da due a trecentomila uomini potrebbe a suo avviso migliorare situazione nei Balcani. Mi sono permesso di fare osservare a Sazonov che, nel mentre Intesa consulta e discute, austrotedeschi e bulgari espugnano e avanzano e sono tornato sull'argomento di un diretto e pronto intervento russo atto a trascinare Romania in azione.

Avendo egli risposto, come sempre, che se la Russia disponesse già dei fucili come dispone degli uomini non si farebbe certamente pregare per estendere sue operazioni oltre attuale loro raggio, anche senza concorso romeno, gli ho domandato se trattandosi di provvedere subito non sarebbe possibile persuadere Romania a prestare essa stessa i fucili fino all'arrivo di quelli attesi dall'Italia, dalla Francia e come sperasi dall'Inghilterra. Sazonov ha alquanto esitato nel rispondermi ma poi ha manifestato sua convinzione che giammai Bratianu vi consentirebbe perché effettivamente Romania la quale non sovrabbonda giacenza armi non potrebbe nelle presenti sue circostanze privarsene nella misura richiesta. Quanto al proposito di intervento egli mi ha confermato essere questo deciso ed aver anzi avuto un principio di esecuzione (sebbene egli non abbia precisato suppongo trattisi dell'invio in Bessarabia dei corpi quinto e sedicesimo del Caucaso già segnalato da Marsengo). Ma nessun concreto piano è possibile finché non siano accertate le date di arrivo dei fucili e relative munizioni.

Sazonov avendo accennato in modo vago questa volta alla possibilità di una nostra spedizione nei Balcani ne ho tratto occasione per esporgli diffusamente reale portata nei riguardi della guerra balcanica della nostra meravigliosa offensiva che spiegantesi sopra fronte di vastissima estensione vi impegna e sempre più vi impegnerà forze del nemico riducendo considerevolmente la sua pressione sul fronte serbo e costringendolo alle più difficili alternative.

Sazonov che si mostrava ben edotto delle nostre operazioni e delle difficoltà ~normi che stiamo superando ha pienamente riconosciuto la positiva e potente coefficienza della nostra azione rispetto alla guerra balcanica e nel felicitarsi meco dei nostri continuati e solidi successi ha espresso voti che vengano raggiunti i risultati prefissici e ci sia dato recare anche altrove il nostro prezioso concorso.

31

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7489/850. Parigi, 30 ottobre 1915, ore 15 (per. ore 18,10).

Nuovo ministero è accolto favorevolmente dalla stampa e dalla opinione pubblica. Dobbiamo essere soddisfatti che il portafoglio degli affari esteri sia stato assunto da Briand, e per il valor-3 dell'uomo e per la sua sincera amicizia per l'Italia. Con me è da tempo legato da rapporti particolarmente intimi e cordiali.

Come rappresentanza di partiti quella del nuovo ministero è più completa del precedente. Si commenta favorevolmente che alla marina sia stato scelto un ammiraglio per sostituire un medico. Gallieni nominato alla guerra è molto stimato. A cagione del suo carattere ebbe in passato qualche screzio con Joffre. Però si dice che ora è stato Joffre stesso che ne ha raccomandato la nomina a Poincaré e Briand.

32

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2287/154. Kraljevo, 30 ottobre 1915, ore 23,50 (per. ore 21 del 1° novembre).

Dopo aver assistito in un paese vicino ai funerali del ministro delle finanze, Pasic è venuto ieri sera a Kraljevo in seguito al desiderio espressogli dai colleghi dell'Intesa e da me.

Egli ci ha ricevuto tutti e quattro insieme e ci ha detto che oramai salvezza della Serbia dipende solo dal soccorso delle armi alleate. Se questo non giungerà al più presto possibile e con forze non inferiori a 120.000 uomini, l'esercito serbo dovrà cedere le armi davanti alla preponderanza del numero ed alla superiorità dell'armamento nemico.

I francesi fino ad ora sbarcati sarebbero circa 50 mila. Si teme una catastrofe militare accompagnata da moti d'indole rivoluzionaria contro Governo.

Pasic ci ha poi comunicato che il Ministero si trasferirà qui posdomani e che intende ove le cose vadano male partire all'ultimo momento per il Montenegro. Ci ha promesso provvedere mezzi di trasporto per seguire la medesima via, ma si ha motivo di credere che egli non sarà in grado di mantenere la promessa. Perciò se non potremo procurarci mezzi propri correremo il rischio di essere catturati.

Il personale delle varie legazioni che si trova attualmente a Ciaciak, all'infuori dei capi delle quattro missioni delle Potenze alleate e di un solo segretario per ciascuno, sarebbe trasportato fin da ora ad Ipek nel Montenegro via Metrovitza. Così il numero dei diplomatici che non lasceranno la Serbia e non si staccheranno dal Governo dovunque esso si recherà verrà ridotto al quattro ministri della Quadruplice ed ai nostri rispettivi segretari.

Nessun telegramma di V. E. mi è giunto qui fino a questo momento.

33

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2280/531. Bucarest, 31 ottobre 1915, ore 1,20 (per. ore 9,25 del 1° novembre).

Corrono qui voci sempre più pessimiste circa contegno della Grecia. Ieri sera ad esempio si diceva che il Re Costantino si sarebbe rivolto al Re di Romania per un accordo romeno-greco-bulgaro. Essendo oggi domenica non posso controllare notizia. Debbo tuttavia far presente che l'eventuale passaggio della Grecia dalla parte delle Potenze centrali potrebbe aver qui la più grave ripercussione e le più serie conseguenze per l'Intesa.

Nelle circostanze attuali solamente immediato concentramento in Bessarabia di forze russe quanto più possibilmente numerose ed un'energica e sollecita offensiva contro la Bulgaria potrebbero migliorare la situazione dell'Intesa in Romania (l).

34

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2279/489. Pietrogrado, 31 ottobre 1915, ore 7,50 (per. ore 10,35 del 1° novembre).

Questo ministero affari esteri ha da Berna che un informatissimo confidente di quell'addetto militare di Francia ha assicurato che entro un mese la Romania passerà alla Germania.

Il confidente che abita in una città tedesca aveva annunziato due mesi prima che avvenisse l'intesa bulgaro-germanica.

In altro telegramma da Berna è detto che, al dire di un alto personaggio svizzero, la Germania ha offerto il versamento di un prestito alla Romania e la garanzia che le verrebbero riconosciuti tutti gli acquisti territoriali che fosse per fare in Russia (l) .

(l) Ritrasmesso a Londra, Parigi, Pietrogrado e Atene con t. gab. 1377 del 1° novembre, ore 21.

35

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7523/43. Pechino, 31 ottobre 1915, ore 11,40 (per. ore 17 del 1° novembre).

Telegramma di V. E. n. 3748 (2).

R. console generale Shanghai informa essere indubitato agenti tedeschi molto attivi; ma loro azione non risulta indirizzata nel senso fomentare opposizione contro la restaurazione imperiale. Recentissimi processi rivelato cospirazione diretta, invio armi munizioni Indie scopo insurrezionale. Tali informazioni confermate rapporto questa legazione di Francia, Inghilterra, da Shanghai e da altri centri intrighi tedeschi. Restaurazione monarchica potrebbe giovare tedeschi essendo germanoftle sfere dirigenti cinesi mentre popolo indifferente. Giovedì scorso incaricato d'affari giapponese fece qui passi ufficiosi, cui si associarono rappresentanti inglese, russo per consigliare ritardo restaurazione onde evitare torbidi. Nessun vero timore ispira quel passo comune. Giappone capace [controllare] situazione con poche truppe, e da possibili torbidi saprà trarre profitto.

Credo non pensi invece mostrare propria intenzione interessarsi politica interna cinese ed ottenere compensi se, come è probabile, monarchia venga restaurata prima fine guerra europea.

36

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2269/450. Parigi, 31 ottobre 1915, ore 13,55 (per. ore 17,25).

Faccio seguito al mio telegramma n. 448 (3). Tutti i giornali pubblicano arrivo di Joffre a Londra. Si conferma che egli è andato per ottenere dal Governo inglese quell'im

mediata ed efficace cooperazione nei Balcani che Millerand nella sua gita a Londra non riuscì ad ottenere.

Questo Governo tiene a che i provvedimenti che Joffre potrà concordare a Londra siano annunziati martedì da Asquìth alla Camera dei Comuni e confermati mercoledì alla Camer:;t francese per calmare l'opinione pubblica francese, la quale è irritata per la lentezza e l'indifferenza dell'Inghilterra nella attuale grave situazione.

Si era annunciato giorni fa che le truppe inglesi sbarcate a Salonicco avevano ricevuto l'ordine di proseguire verso la Serbia e ciò mi fu confermato anche da Margerie (mio telegramma n. 438) (1).

Si è poi saputo che ordine dato alle truppe inglesi non era di entrare in Serbia, ma di occupare alcuni villaggi greci presso la frontiera serba che avrebbero dovuto essere sgombrati dalle truppe greche e che per le ditllcoltà giustamente opposte dalla Grecia la cosa non aveva avuto seguito.

Ora è accolto con soddisfazione il comunicato dell'Agenzia Havas che finalmente le truppe inglesi hanno ricevuto l'ordine di entrare in Serbia ed hanno già colà raggiunto le truppe francesi. Si può dire che nella opinione pubblica francese serpeggia del malcontento contro tutti gli alleati, però secondo una graduatoria nella quale noi occupiamo il migliore posto. Infatti il maggior malcontento è contro gli inglesi, poi contro i russi e soltanto in ultimo verso di noi e anche questo è temperato dal buon effetto che producono i nostri quotidiani bollettini che danno ragione della nostra offensiva che prosegue vigorosa e senza interruzione.

(l) -Rltrasmesso a Parigi, Londra e Bucarest con t. gab. 1376 del 1° novembre, ore 21. (3) -Cfr. n. 24. (3) -Con t. gab. 2256/448 del 30 ottobre, ore 20,10 Tltton! aveva comunicato quanto segue: «Corre voce Joffre si sia recato personalmente a Londra per persuadere lord Kitchener per trasportare a Salonicco la maggior parte delle truppe che sono ora ai Dardanelli ».
37

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7509/1495. Londra, 31 ottobre 1915, ore 22 (per. ore 2,15 del 1° novembre).

Soluzione crisi ministeriale francese ha trovato qui favorevole accoglienza. Dimissioni Gabinetto Viviani e specialmente quelle di Millerand e Delcassé avevano al principio inspirato qualche apprensione per sospetto esse fossero da attribuirsi a maneggi ed intrighi facenti capo al detestato Caillaux. Queste impressioni sono state però totalmente dissipate dall'avvento a capo del Governo di Briand ispirante generalmente simpatia e fiducia. Concorde approvazione suscita pure nomina di Cambon. Su di un solo punto mi è sembrato in privati colloqui scorgere ancora qualche dubbio e cioè sulla possibilità di esorbitante ingerenza da parte di Gallieni nelle funzioni del Comando Supremo, e pertanto di eventuali frizioni fra ministro ed il generalissimo. Ma anche siffatte vaghe preoccupazioni sono considerevolmente attenuate dalla notoria fiducia e popolarità di cui Joffre gode nell'esercito e nella grandissima maggioranza opinione pubblica francese.

(l) T. gab. 2150/438 del 22 ottobre, ore 20,30, non pubblicato.

38

L'INCARICATO DELLA PROTEZIONE DEI SUDDITI E DEGLI INTERESSI ITALIANI IN TURCHIA, T ALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 4057/886. Costantinopoli, 31 ottobre 1915 (per. il 25 novembre).

Le difficoltà che intralciano ogni giorno di più la mia corrisponden:.~a con codesto Ministero, mi impediscono di tenere al corrente, come vorrei, l'E. V. circa l'attuale situazione in Turchia e tolgono a queste mie note ogni carattere di attualità.

Ebbi già l'onore di riferire a V. E. come al principio del mese scorso si notava nell'opinione pubblica ed anche forse per la prima volta nelle sfere governative stanchezza e sfiducia, stanchezza e sfiducia dovute al protrarsi uguale e immutato della situazione, alla generale miseria e alla mancanza di risorse. Non ostante gli sforzi meravigliosi dei tedeschi l'armata ottomana si consumava lentamente ma fatalmente e le riserve erano già quasi tutte impegnate. Da fonte bene informata mi si assicurava che il Governo aveva preso in quei giorni, come al secondo bombardamento degli Stretti, le necessarie misure in vista di un eventuale trasferimento della capitale. Ma alla sfiducia succedettero poi l'entusiasmo e la sicurezza; si cominciava a parlare dell'accordo turco-bulgaro in termini meno vaghi, si faceva comprendere che la Bulgaria non si sarebbe limitata alla pura e semplice neutralità e si annunziava prossima l'offensiva austro-tedesca contro la Serbia. Riferii a V. E. con telegramma che avviai per Atene in data dell'8 settembre (l) sulla conclusione dell'accordo tra Turchia e Bulgaria. Avevo ottime ragioni per credere esatta la notizia, quantunque si tenesse qui, intorno alle trattative turco-bulgare, il più assoluto segreto, tanto che questo ministro di Bulgaria fino al giorno della pubblicazione negava sempre recisamente e ostinatamente ai suoi colleghi l'esistenza dell'accordo in parola.

L'annunzio dell'offensiva tedesca contro la Serbia fece rinascere la speranza nella popolazione disillusa e stanca, poiché la stampa tutta, abilmente diretta. faceva vedere in questa mossa la certezza per la Turchia di essere tra breve rifornita, sostenuta, rinforzata. L'entrata in azione della Bulgaria fu accolta con giubilo e con giubilo si apprese che Grecia e Romania rimanevano neutrali. Il momento attuale è dunque caratterizzato da un senso di tranquillità e di sicurezza finora sconosciuto, ma più forse dalla decisa influenza che i tedeschi sono tornati a prendere sugli ottomani. Avevo sentito a più riprese persone bene accolte a questa Ambasciata di Germania lamentarsi della poca arrendevolezza che questi governanti dimostravano alle proposte e ai consigli di Berlino. Si accusavano i tedeschi di trattare la Turchia come un paese di conquista. Ma oggi i tedeschi hanno saputo imporsi di nuovo, prepotentemente stavolta, con la réclame delle loro vittorie, con l'annunziare sopratutto che il congiungimento delle armate austro-tedesche e bulgare è ormai un fatto compiuto e che la via

Berlino-Costantinopoli è aperta. Essi affermano che tra qualche giorno partiranno alla volta di Costantinopoli grosse artiglierie, munizioni, rifornimenti d'ogni sorta e sopratutto fucili per armare nuovi contingenti ottomani. Si fanno già preparativi per accogliere due reggimenti tedeschi che giungerebbero a Costantinopoli per ferrovia. Questa ultima notizia ha fatto però cattiva impressione sulle autorità militari ottomane. Esse vi vedono quasi una presa di possesso e una prossima loro esautorazione. Dubito dell'attendibilità della notizia, ma è certo che l'arrivo nella capitale ottomana di truppe regolari germaniche costituirebbe per questo disgraziato paese la perdita di ogni iniziativa e di ogni libertà e il principio del suo vassallaggio che lo ridurrebbe a un inconscio strumento ben più docile e redditizio che nel passato.

Tutti ormai sono convinti della vittoria tedesca nei Balcani, come sono convinti che mai Grecia e Romania oseranno muoversi. Oggi i turchi vivono nella sicurezza della vittoria. E, come sempre quando si sentono forti, calpestano le leggi e i diritti, requisiscono e confiscano, esagerano fino alla xenofobia il loro spirito nazionalista. Sono giunti a sopprimere su tutte le scritte e su tutti i cartelli ogni annunzio che non fosse redatto in turco. È stata bandita anche la lingua greca che pure è lingua dell'impero, anche la lingua tedesca i cui annunzi non si ammettono che raramente e in piccoli caratteri sotto la redazione in turco.

Persecuzione contro gli armeni. Più che altro caratterizza la sicurezza attuale dei governanti la ripresa feroce della persecuzione contro gli armeni. Da fonte assolutamente sicura apprendo che nell'interno e specialmente nei vilayets di Adana, Angora, Konia, Erzerum continuano quelle persecuzioni sistematiche, mascherate da parvenze di internamento che hanno risultati ben più terribili dei massacri. Degli armeni deportati quasi tutti gli uomini scompaiono strada facendo, le donne giovani e belle vengono divise fra i notabili turchi e le altre sono seviziate e abbandonate, i fanciulli muoiono di fame e di freddo. Viaggiatori che hanno potuto seguire la via già calcata dalle tarme di armeni in esilio hanno incontrato pozzi colmi di cadavèri. Il numero degli armeni scomparsi si può calcolare a circa 400.000. I beni di tutti gli armeni deportati vengono confiscati e passano a restorare l'erario consunto, ma più spesso ad impinguare le fortune private di funzionari ottomani. Tutti i passi fatti da questo ambasciatore d'America perché si ponesse fine alla persecuzione o perché almeno gli si permettesse l'invio di soccorsi sono rimasti senza alcun effetto.

Situazione economica. La situazione economica continua ad essere delle più anormali e pericolose. Il danaro comincia a circolare difflcilmente, l'oro scompare, i prezzi salgono vertiginosamente, la distribuzione del pane che avviene sotto la direzione della polizia subisce ritardi e interruzioni e spesso se ne escludono i sudditi belligeranti. La popolazione soffre e i governanti cercano con ogni mezzo di riaffermare in essa la speranza in un avvenire imminente di liberazione e di benessere. Poiché la grande massa dei poveri attende l'inverno con terrore, il carbone e la legna divengono ogni giorno più rari. Il carbone minerale non è più in commercio e il petrolio e spirito da ardere hanno raggiunto prezzi inverosimili. Si può dire in generale che il costo dei generi di prima necessità è più che quintuplicato. Il malessere economico si fa sentire con sintomi diversi, ma ugualmente pericolosi nelle regioni dell'interno. In esse manca quasi assolutamente il danaro e, data l'impossibilità degli scambi e dell'esportazione, i prezzi si regolano sulla rarità della moneta. Nella Cilicia si può comperare un bue per una lira turca, un capo di pollame per una piastra.

È evidente che l'anormalità della situazione può essere sopportata soltanto in vista dei benefici effetti che si attendono dal collegamento diretto della Germania colla Turchia. Ma, se pure tale collegamento potrà effettuarsi, è evidente che esso non gioverà che ai tedeschi, che già cominciano, in attesa che sia loro possibile inoltrarli in Germania, ad incettare viveri, rame, cotone. I turchi non ne riceveranno in cambio che materiale di guerra.

Come accennai già all'E. V. in altro rapporto, la situazione finanziaria dello Stato non ha basi di sorta. Le spese principali sono sostenute col danaro inviato mensilmente dalla Germania, a fondo perduto, si dice, le altre con le contribuzioni forzate, con le requisizioni, con le confische, con le altissime imposte. Ieri la Camera ha annunziato un prestito di 6 milioni di lire turche contratto dal Governo ottomano con la Germania. Detto prestito sarà garantito da Buoni del Tesoro tedeschi che verranno depositati presso il debito pubblico che, per l'ammontare di essi, emetterà nuova carta moneta.

Stampa. La stampa diretta da ottimi elementi e dall'ex-ministro a Belgrado Gevad bey continua con abilità straordinaria a nascondere ogni mossa degli alleati, a dipingere la situazione di questi come disperata, ad affermare che a Londra, Parigi, Roma e Pietrogrado regna la più grande confusione e la più grande sfiducia. Assicura che la spedizione anglo-francese a Salonicco non raggiungerà i 50.000 uomini e non avrà quindi il minimo effetto sull'azione fulminea degli austro-tedeschi e dei bulgari nei Balcani. Insiste sul concetto che il Governo italiano già scosso dal fallimento della sua offensiva sulle Alpi non si lascierà trascinare mai ad un intervento in Serbia, costoso e pericoloso. In generale è la stampa turca che si occupa dell'Italia in lunghi e particolareggiati articoli. I giornali redatti in francese ed in tedesco non le dedicano che poche righe.

Mutamenti nel Governo. Il nuovo Ministro degli affari esteri Halil bey ha già preso possesso del suo posto e ha ricevuto le prime visite ufficiali dei rappresentanti esteri. Come annunciavo nel mio tel. n. 6 inviato via Atene (1), egli è stato sostituito nella presidenza della Camera da Hadji Adil bey, vali di Adrianopoli, intimo di Talaat, uomo intelligente e senza scrupoli, arricchitosi nelle ultime persecuzioni contro gli armeni. Da mesi si parlava della sostituzione del principe Said Halim al Ministero degli esteri. Ché egli, se pur godeva la stima del comitato al quale aveva sacrificato buona parte del suo patrimonio, era da esso ritenuto uomo di poco acume e soprattutto di poca energia. Infatti durante la sua lunga permanenza alla Porta il Gran Visir non disponeva di nessuna influenza; i rappresentanti esteri, per la trattazione di affari importanti, si rivolgevano contemporaneamente a Talaat bey e ad Enver pascià. Con la nomina di Halil bey si è voluto porre termine a un tale stato di cose.

Si è voluto avere alla Sublime Porta un uomo che avesse la forza di attuare lP proprie iniziative e che potesse risolvere da solo le questioni che sorgono giornalmente tra il Governo ottomano e i Governi neutri e alleati. Tale uomo si è creduto trovare nel presidente della Camera Halil bey. Egli gode la fiducia generale del comitato, ha sempre dato prova del più schietto nazionalismo, è intelligente, colto, ponderato. Si dice abbia già cominciato a rendere indipendente il suo dicastero.

Con la sua nomina il Governo appare più omogeneo e più unito, ché il principe Said Halim era pur sempre separato dai suoi colleghi, dalla nascita, dalla fine educazione, dalla innata signorilità dei modi. Si dice che si pensi a togliergli anche la dignità granvizirale, nominando al suo posto il presidente del senato Rifaat bey.

Situazione militare. L'opinione pubblica comincia a rendersi conto dall'arrivo cotidiano di numerosi feriti che gli anglo-francesi non hanno abbandonato la penisola di Gallipoli come si voleva far credere. Certo i turchi, nella sicurezza che la diversione anglo-francese contro la Bulgaria impedirà nuove offensive, si contentano di rimanere addossati alle loro formidabili difese per poter disporre all'occorrenza di altre forze su altri campi. Qualche giorno dopo l'entrata in campagna della Bulgaria, giunsero qui soldati e ufficiali bulgari, complessivamente due compagnie circa. Si parlò di forze ben più importanti venute per impiegarsi ai Dardanelli. Pare invece che il piccolo contingente bulgaro sia venuto a Costantinopoli soltanto per dirigervi la fabbricazione di bombe da lancio di un modello speciale.

Continua severissimo il reclutamento delle ultime classi che vengono istruite rapidamente e con ottimo modernissimo metodo. Si continuano anche a reclutare senza regola e senza legge tutti gli uomini di età avanzata che siano ancora atti alle armi. Con tale sistema di reclutamento che viene applicato, specialmente nell'interno, col massimo arbitrio la Turchia è una miniera inesauribile di materiale umano. Materiale che potrà costituire temibili nuclei se

i.n seguito potranno essere inviati qui fucili e munizioni. È questo un concetto sul quale credo opportuno attirare l'attenzione della V. E. Son giunti poi nel mese in corso numerosissimi arabi, robusti, già sufficientemente istruiti. Si cerca febbrilmente di radunare il maggior numero di soldati per irrobustire il corpo che al comando di Pertew pascià, che ha fama di essere il migliore dei generali ottomani, attenderà a Demotica per venire eventualmente in aiuto della Bulgaria. Tale corpo, formato intorno al primo nucleo di 30.000 uomini che da mesi era concentrato a Uzum-Kupreu, raggiunge oggi forse i 50.000 fucili, ma le autorità militari si dicono sicure di poterlo portare a 100.000. Né l'attività militare degli ottomani e dei tedeschi si arresta a questi preparativi. Da fonte che si è dimostrata sempre bene informata mi si assicura che è in via d'attuazione il progetto d'inviare al soccorso di Bagdad forze fresche e organizzate. Per questo si fanno concentrazioni ad Aleppo e si lavora febbrilmente alla continuazione della ferrovia Bagdad. La spedizione sarà diretta da von der Goltz pascià che partirà prossimamente e si stabilirà a Mossul col suo stato maggiore. Egli sarà investito di pieni poteri per tutta la regione e il suo compito più che la protezione di Bagdad contro gli inglesi sarà la preparazione accurata di un immenso movimento delle forze turco-tedesche verso le Indie. Ho già segnalato a V. E. il lavorio intenso che i tedeschi hanno iniziato in Persia da parecchi mesi inviandovi periodicamente emissari intelligenti e bene provvisti di denaro. Questo lavorio è in stretta connessione col grande disegno che dovrebbe portare un colpo decisivo alle grandi colonie inglesi, disegno del quale Goltz pascià ha l'incarico di preparare le basi e che dovrebbe svolgersi appena la Germania potesse tranquillamente inviare in Turchia uomini e rifornimenti militari.

Si torna a parlare poi di un altro progetto di spedizione contro l'Egitto, ma vagamente. Ed è appunto a causa delle grandi difficoltà che intralciano un'avanzata delle truppe ottomane attraverso il deserto che si sarebbe pensato alla strada della Persia per giungere a sollevare i musulmani delle Indie.

Per quanto questo disegno possa parere grandioso, temerario e inattuabile, sono certo che i tedeschi vi metteranno tutta la loro energia e tutta la loro scienza di organizzazione (l).

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

39

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2292/535. Londra, 1° novembre 1915, ore 15,30 (per. ore 20,30).

A quanto mi viene riferito in via indiretta visita di Joffre (2) avrebbe avuto per scopo precipuo di affrettare una decisione in relazione al problema balcanico, dissipare alcuni malintesi prodotti da interpretazione troppo larga e conelusiva data prima da Viviani e poi da Millerand alle opinioni raccolte nei colloqui con questi ministri. Sembrerebbe pure che Joffre abbia mediante conferenze dirette con Kitchener desiderato di attutire qualche sua divergenza con Comando Supremo inglese in Francia, molto restio a distrarre dal fronte inglese forze che viceversa appariscono esuberanti al generalissimo francese.

Gli scopi prefissisi da Joffre sarebbero stati conseguiti e la sua visita avrebbe permesso di raggiungere una intesa su vari punti in discussione.

È mia personale impressione, e la riterrei non infondata, che in questi ultimi tempi erasi determinata una atmosfera di risentimento fra Parigi e Londra, dove avrebbero cagionato sorpresa non gradita indizi di mal celata simpatia da parte di alcuni giornali autorevoli francesi per la violentissima campagna condotta in Inghilterra contro il Gabinetto ed in modo speciale contro Asquith ed i suoi più fidi colleghi fra i quali Grey. La nuvola però fu soltanto passeggera e comunque non inquietante.

(l) -Nota a margine: << Bordonaro. Elogiare Taliani ». (2) -Cfr. n. 36.
40

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2297/536. Londra, 1° novembre 1915, ore 22,09 (per. ore 2 del 2).

Stringher prega comunicare a V. E. e a S. E. Carcano quanto segue:

«Avuto oggi conversazione confidenziale con cancelliere dello scacchiere per esporgli pacatamente che alle condizioni contenute nel progetto esaminato nella conferenza di venerdì non mi pareva di poter giungere ad un accordo e che un insuccesso del negoziato avrebbe avuto ripercussione sfavorevole anche politica in Italia. Occorreva quindi riesaminare con spirito equo le basi del negoziato partendo dal concetto che se il Governo italiano aveva domandato per i bisogni creati dalla guerra per i pagamenti all'estero la somma di tre miliardi e tale somma dal Governo britannico era stata ammessa in principio non si poteva circondare la concessione da clausole che in fatto l'avrebbero ridotta.

l. -Mac Kenna con deferente cortesia rispose che era suo pensiero di fare per l'Italia tutto il possibile ma compatibilmente con le forze del Tesoro britannico impegnandosi per quanto era sicuro sin da ora di potere mantenere in qualunque evento. Necessità suprema per i due Paesi la vittoria e per raggiungere questa non domandare al Regno Unito più di quello che le sue forze consentono di dare in base alle presenti condizioni di fatto.

2. --Scendendo a dettagli ho dimostrato la impossibilità di contenere nella somma di venti milioni sterline i pagamenti da concordare per le due Americhe essendo appena sutllcienti per il Nord America; la impossibilità di escludere sia pagamenti che il Governo italiano deve fare in Francia sia quelli che deve fare in Italia per provvedere i cambi ai fornitori di molteplici cose necessarie alla nostra amministrazione militare per guerra e marina. Parmi che le mie affermazioni abbiano avuto qualche effetto, benché Governo di qui parta dal concetto che coi danari attinti alla Banca d'Inghilterra e coi cambi relativi il Governo italiano debba provvedere esclusivamente a pagamenti di provviste per la guerra. 3. --Mac Kenna insistendo che io gli dicessi quanta parte dei tre miliardi richiesti il Governo italiano avrebbe effettivamente lasciata per acquisti in Inghilterra, ed io schermendomi per non compromettere lo scopo finale del negoziato, si è rimasti intesi che egli avrebbe fatto esaminare il bilancio e gli impegni presi cogli altri alleati e mi avrebbe poi fatto conoscere quale somma avrebbe potuto lasciare sinora a piena libertà del Governo italiano per pagamenti da farsi fuori del Regno Unito promettendo di fare tutto ciò che gli era possibile di fare per accontentarci. Ha infine riconosciuto che la forma e talune clausole del progetto comunicatoci giovedì sera dovevano essere emendate per poterl& degnamente presentare al Governo italiano. 4. --Quando avrò questi nuovi elementi ritelegraferò, intanto confermo comunicazione che farà domani costà Conti Rossini ».
41

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 7526/1499. Londra, 1° novembre 1915, ore 22,09 (per. ore 3,30 del 2).

Circa possibile crisi russa, qui non si avevano, fino ad oggi, altre notizie all'infuori di quelle pubblicate dalla Gazzetta della Borsa.

Scorgo però chiari indizi di preoccupazione per la temibile nuova testimonianza di fiducia imperiale nel vecchio, inetto ed impopolare Goremikine. Le apprensioni non sono inspirate da pericoli di pace separata, eventualità che si esclude, quanto dal verosimile maggior aggravamento del già inquietante malessere generale da un pezzo serpeggiante in Russia e di cui, purtroppo, non sembra si renda conto abbastanza l'Imperatore sul quale continuano a prevalere influenze perniciose per gl'interessi del paese ed anche della dinastia. Stando alle notizie qui pervenute non vi sarebbe, malgrado tutto, serio motivo di temere rivoluzione finché dura la guerra.

Una persona, tuttavia, che conosco bene e che ama molto la Russia ed i russi, osservava che quando si discorre della situazione interna di quel vasto Impero conviene andare assai guardinghi nell'avventurarsi in profezie, visto èhe, sovente, è appunto l'impreveduto a verificarsi.

42

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (l)

L. P. Roma, 1° novembre 1915.

Sono già due le navi nostre (Cirene e Scilla) silurate dai sommergibili germanici nel Mediterraneo, dove non può esservi questione di violazione di blocco dichiarato dalla Germania, e non si dà alcuna risposta ai nostri reclami. Nella battaglia dell'altro giorno nell'Alto Cordevole sono stati presi altri undici prigionieri tedeschi, tra cui un ufficiale, che manovravano le mitragliatrici contro i nostri.

Mi pare che oramai, anche per prendere posto per le eventuali maggiori proteste ecc. da farsi nell'avvenire ove le cose peggiorassero, e per non fare una parte troppo mansueta di fronte al contegno poco riguardoso della Germania, ci converrebbe rilevare questi fatti, sia pure con una certa calma, nel rispondere alle richieste germaniche che ci vengono trasmesse per cose economiche o reclami personali dalla legazione svizzera. Ti accludo copia di una nota verbale che potrei mandare a Pianta (2).

Dimmi che cosa ne pensi.

Pel resto nulla di molto nuovo. La Russia riunisce truppe in Bessarabia, ma un po' troppo con fiacca per poter agire in tempo nelle cose balcaniche; e Bratianu seguita a fare la scherma, cercando ora magari di strappare da Sazonov qualche offerta in Bessarabia; senza però lasciarsi per questo spingere mai fino all'azione militare.

I francesi parlano ora di spedizioni di munizioni e rifornimenti ai serbi per la via di San Giovanni di Medua e del Montenegro, e domandano a noi le scorte per l'Adriatico; ma mi pare cosa non preparata sul serio e fatta per fare.

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALLA LEGAZIONE DI SVIZZERA

Roma, 31 ottobre 1915.

La legazione della Confederazione Svizzera, incaricata degli interessi tedeschi in Italia, ha avuto occasione di fare al R. ministero degli Affari Esteri numerose comunicazioni nelle quali viene rilevato, per parte del governo imperiale, che lo stato di guerra non esiste fra Italia e Germania (vedi note verbali del 1°, 26, 28 ottobre) (1).

Il R. ministero degli Affari Esteri fa osservare a codesta legazione che tale asserzione o affermazione di intenti per parte del governo imperiale si concilia male col fatto che due navi mercantili italiane (Cirene e Scilla) sono state recentemente silurate nel Mediterraneo da sommergibili germanici, senza che si sia finora data alcuna risposta ai nostri reclami in proposito, e che ufficiali e soldati germanici combattono contro l'esercito italiano, come risulta provato dalla circostanza che anche recentemente prigionieri appartenenti alle milizie germaniche sono caduti nelle nostre mani in seguito ad operazioni belliche sull'Isonzo.

(l) -Da BCL, Archivio Salandra. Ed. in SONNINO, Carteggio 1914-1916, a cura di P. Pastorelli, Bari, Laterza, 1974, n. 440. (2) -Vedi allegato.
43

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7541/283. Kraljevo, 2 novembre 1915, ore... (2) (per. ore 18,20).

Mio telegramma 281 in data ieri (3).

Colleghi dell'Intesa ed io abbiamo visto ieri sera Pasic il quale ci ha detto che la situazione è peggiorata malgrado valore delle truppe serbe. Senza un potente aiuto degli alleati la partita sarà presto ed irremissibilmente perduta. I serbi sono costretti a ritirarsi su tutti i settori. Il quartiere generale lascia Kruscevaz per trasferirsi in luogo non ancora determinato. Il Governo intende seguire il quartier generale e perciò Pasic ci ha proposto, non essendo più sicuro Kraljevo, di recarci al più presto possibile a Mitrovitza a 14 km. a sud di qui. Partiremo domattina tutti assieme se troveremo mezzi di trasporto. Se no gli austro-tedeschi, che sono a 30 km. di distanza a nord ed avanzano costantemente, ci sorprenderanno a Kraljevo. Pasic ha ben promesso procurarci qualche furgone automobile per il nostro viaggio, ma è dubbio che possa attenersi alla promessa. Speriamo tuttavia di partire.

Da undici giorni non ricevo alcun telegramma di V. E.

(l) -Non pubblicate. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (3) -T. 7537/281 del lo novembre, ore 20, non pubblicato: riferiva che solo quattro capi missione delle potenze alleate avrebbero seguito il governo serbo.
44

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2322/452. Parigi, 2 novembre 1915, ore 20,30 (per. ore 1 del 3).

Telegrammi di V. E. gabinetto n. 1376 e 1377 (l).

Per me non vi ha dubbio alcuno che se, come disgraziatamente non è impossibile, l'esercito serbo e le forze anglo-francesi fossero costretti a ritirarsi in territorio greco Romania trovandosi isolata dovrebbe per necessità di cose volente o nolente venire a patti con la Germania e Austria-Ungheria. Quindi ciò che dice Fasciotti che solo l'immediato concentramento in Bessarabia di grandi forze russe può salvare situazione è di una evidenza palmare. Chi non vede ciò è cieco, ma purtroppo sino a poco fa, due ciechi, Grey e Sazonov, non hanno mai voluto farsi guidare da chi vedeva bene le cose. Io non sono di quelli che attribuiscono una secondaria importanza a quanto ora avviene nel Balcani, ritengo invece che là si deciderà la sorte della guerra, non già nel senso di una vittoria finale completa della Germania in caso d'una sua prevalenza insieme alla Bulgaria, ma di un prolungamento indefinito della guerra stessa che Germania potrà benissimo sopportare quando avrà un mercato di rifornimento che attraverso i Balcani si estenderà all'Asia Minore. Quindi si impone una azione energica a Pietrogrado. Cambon Giulio, col quale ho parlato lungamente stamane mi ha detto che condivideva il mio modo di vedere e che nuove conformi istruzioni sarebbero inviate a Paléologue e che Carlotti parlasse nello stesso senso, dando al suo discorso una intonazione più energica di quella di un semplice consiglio. Anche Lahovary, che è venuto a vedermi stamane e che desidera vivamente che il suo paese intervenga a fianco dell'Intesa, mi ha detto con accento di sincero rammarico che se la Russia non si affretterà a concentrare un importante nerbo di truppe alla frontiera romena la causa dell'Intesa a Bucarest dovrà considerarsi irremissibilmente perduta (2).

45

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2310/453. Parigi, 2 novembre 1915, ore 14,30 (per. ore 23,50).

Cambon Giulio mi ha detto che ha veduto Joffre il quale è soddisfatto della sua visita a Londra avendo finalmente potuto ottenere dal Governo inglese quanto prima Millerand aveva inutilmente richiesto.

Tra le truppe sbarcate a Salonicco e quelle in viaggio e sul punto di partire, contingente inglese ammonta a 90.000 uomini e quello francese a 70.000 e altre truppe saranno inviate in seguito.

Joffre ritiene che esercito serbo potrà riuscire a ritirarsi in buon ordine e operare il suo congiungimento col corpo di spedizione franco-inglese.

Se le cose andassero bene ogni risentimento di questa opinione pubblica contro Governo inglese sparirebbe. In caso diverso rinascerà più vivo perché tutti sanno e ripetono che dubbi e incertezze inglesi hanno ritardato di 15 giorni arrivo a Salonicco di forze sufficienti degli alleati.

(l) -Cfr. n. 34, nota l, p. 24 e n. 33, nota 1. (2) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 54.
46

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2312/455. Parigi, 2 novembre 1915, ore 20,35 (per. ore 0,30 del 3).

Ho veduto oggi Briand che mi ha rinnovato le sue dichiarazioni di amicizia per l'Italia ed espresso desiderio di una intima collaborazione.

Si è poi parlato della Romania e della Grecia.

Quanto alla Romania discorso con Briand non è stato che una conferma di quello che ho avuto stamane con Cambon (mio telegramma n. 453) (1).

Quanto alla Grecia egli non crede che uscirà dalla neutralità né creerà ostacoli al movimento delle truppe alleate a Salonicco avendo troppo interesse a non mettersi in conflitto coll'Intesa che potrebbe bloccare e bombardare i suoi porti e impadronirsi di tutte le isole.

Briand mi ha parlato finalmente delle nostre operazioni militari nei Balcani. Mi ha detto che sapeva non esservi difficoltà di carattere politico avendo noi interesse ad affermarci colà ma che difficoltà erano di ordine militare. All'uopo Joffre si proponeva di mettersi direttamente in rapporto con Cadorna e anzi generale Gouraud che si recherà a Udine a portare a Cadorna il gran cordone legione d'onore, dovrà intrattenersi con lui anche di tale argomento.

47

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2309/538. Londra, 2 novembre 1915, ore 22,22 (per. ore 2,32 del 3).

Torno ora dalla camera dove primo ministro fece preannunziate dichiarazioni delle quali riferirò posteriormente (2). Intanto credo dovere segnalare ad ogni buon fine all'E. V. l'annunzio dato da Asquith della ferma decisione del Governo britannico «d'accordo con alleati russi e francesi» di non permettere l'annientamento della Serbia. I termini adoperati dal primo ministro e l'omissione di qualsiasi menzione dell'Italia si presterebbero, parmi, ad ingenerare

qui ed all'estero l'impressione che noi rimaniamo all'infuori di quest'azione degli alleati disinteressandoci della sorte della Serbia. Telegraferò domattina testo esatto delle parole del primo ministro ed in attesa di eventuali ordini di V. E. mi astengo dal fare qualsiasi rilievo presso Grey (l).

(l) -Cfr. n. 45. (2) -Cfr. n. 60.
48

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

L.P. Verona, 2 novembre 1915.

Rispondo alla tua di ieri (3). Approvo la nota verbale da mandare a Pianta. Hai ragione; non conviene mostrarsi eccessivamente mansueti. Ho corretto soltanto le ultime parole; perché effettivamente i prigionieri tedeschi sono stati presi in Cadore, prima e adesso.

Cadorna mi ha mandato stamattina a mano una lettera di cui ti accludo copia insieme alla copia del telegramma di Joffre alla medesima allegato. Aggiungo una copia della mia risposta a Cadorna (4). Effettivamente sarà bene che tu riesamini tutta la questione con Zupelli e Corsi. Ma io persisto nella impressione che saremo molto probabilmente costretti a fare qualche cosa in Albania e, in tale ipotesi, non è da pensare a Salonicco.

Da queste parti, cioè verso Riva e Rovereto, pare si vada abbastanza bene; ma le artiglierie sono state in gran parte ritirate pel massimo sforzo sull'Isonzo, dal cui risultato in somma tutto dipende. Le notizie di là arrivatemi stanotte sembrano migliori. Cadorna si dice intenzionato a proseguire nell'energica offensiva. Speriamo che questa non fallisca o non si arresti prima di Gorizia; nel qual caso sarà inevitabile un senso di depressione nell'esercito e ·nel paese.

Io conto andare domani sera a Milano restandovi, salvo novità, fino a sabato. Domenica sarò certamente a Roma. A Milano è bene che io mi trattenga qualche giorno perché, in fondo, è la nostra migliore base politica e per parlare un poco di banche (Commerciale ecc.) e d'industrie militari. Vedrò pure Marcora per tutto fissare per la Camera.

Qualunque cosa ti occorra farmi sapere telegrafami in cifra dirigendo, da domani nel pomeriggio, a Milano. Per le comunicazioni per lettera sarà meglio servirti del mio gabinetto, che mi manda ogni sera un plico.

ALLEGATO!.

CADORNA A SALANDRA

..., 1° novembre 1915.

Il tenente colonnello Girard, capo della missione militare francese presso il comando supremo, mi ha rimesso ora l'unita nota consistente in un telegramma, in data 31 ottobre, pervenutogli dal generale Joffre per essere a me consegnato personalmente.

Il telegramma chiede il mio intervento presso il governo italiano acciocché possa essere realizzato il concorso di rilevanti forze del nostro esercito nella penisola balcanica, per agire di concerto con le forze anglo-francesi attualmente ivi giunte e da spedirsi ulteriormente.

Secondo il telegramma, le modalità dell'intervento delle nostre truppe sarebbero queste:

l. -azione per l'Albania, intesa a coprire le comunicazioni dell'esercito serbo verso tale regione;

2. --azione per Salonicco, di concerto con le forze franco-inglesi; 3. -miglioramento delle basi di rifornimento dell'Adriatico e relative vie di accesso; 4. --protezione di queste basi, specie contro l'azione di sottomarini provenienti da Cattaro. Poiché il tenente colonnello Girard desiderava una mia risposta, io gli ho esplicitamente detto:

a) che la questione dell'eventuale intervento di forze italiane nella penisola balcanica è di esclusiva competenza del R. governo e che perciò l'avrei sottoposta all'esame della E.V.;

b) che, qualora il governo avesse creduto di decidere la partecipazione delle nostre forze militari nei Balcani, e fossi stato interpellato in proposito, non avrei saputo consigliare una cooperazione delle nostre forze attraverso l'Albania, e ciò per le ragioni militari già ripetutamente espresse al governo;

c) che l'eventuale nostra compartecipazione avrebbe, sempre dal punto di vista militare, potuto invece avvenire mediante un contingente da sbarcare a Salonicco.

Nel portare a conoscenza della E. V. quanto sopra. aggiungo che circa l'entità del nostro contingente esso potrebbe essere, nelle attuali condizioni, di una divisione (15 mila uomini all'incirca), a costituire la quale dovrebbe concorrere una brigata di fanteria (sei battaglioni) da prelevarsi dalla Tripolitania. Il contingente potrebbe essere gradatamente elevato, durante l'inverno, tìno a raggiungere la costituzione e la forza di un corpo d'armata da mantenersi costantemente a numero.

In quanto alle ragioni militari dell'intervento, io non avrei che a ripetere alla E. v. quanto ho più volte detto al governo; circa la possibilità dell'intervento stesso, nella misura sopra indicata, date le condizioni in cui verrà a trovarsi l'esercito nel prossimo inverno, essa è fuori discussione.

Riguardo al miglioramento delle basi di rifornimento nell'Adriatico ed alla protezione delle basi stesse contro l'azione di sottomarini, non mi pronunzio perché è questione di competenza esclusiva della R. Marina.

Sarò grato alla E. v. se vorrà mettermi in grado di dare al generalissimo Joffre una adeguata risposta, e perciò affido la presente al capitano di Stato Maggiore Cavallero, il quale ha l'incarico di ritirare la risposta stessa, unitamente alla copia del telegramma del generale Joffre.

ALLEGATO II.

GIRARD A CADORNA

..., 1° novembre 1915.

La Mission Militaire Française reçoit du Général Joffre le télégramme suivant avec prière de le remettre à S. E. le Général C adorna:

31 octobre 1915.

l. -J'ai réglé hier à Londres avec les autorités britanniques les conditions de l'intervention franco-anglaise au protìt de l'armée serbe.

2. --L'effectif total des troupes anglo-françaises dirigées sur Salonique sera porté à 150.000 hommes dans le plus bref délai possible. 3. --Le contingent français aura pour m1ss10n initiale d'agir dans la reg10n Véles-Istip pour permettre aux troupes serbes de concentrer leurs efforts dans la région d'Uskub en vue du rétablissement de leurs communications avec Salonique. 4. --Les troupes anglaises tiendront Salonique et assureront la liberté de manoeuvre des troupes françaises en gardant la communication jusqu'à Krivolak. 5. --Une concentration importante de forces russes est en voie de réalisation en Bessarabie. 6. --La constitution de ces deux groupements de forces alliées l'un à Salonique, l'autre sur le Danube, permettra l'action coordonnée de la coalition en vue de faire échouer la manoeuvre allemande dans les Balkans; le succès sera d'autant plus probable que les moyens d'action seront plus puissants et plus rapidement réunis. 7. --La condition essentielle d'exécution favorable de ces plans réside dans la certitude de durée pour l'armée serbe qu'il est indispensable en conséquence de ravitailler au plus tot par l'Adriatique, la communication par Salonique n'étant pas ouverte et pouvant rester précaire mème une fois rétablie. 8. --En raison des disponibilités importantes que vous pouvez réaliser par suite de la suspension forcée de vos opérations pendant l'hiver, je vous demande d'obtenir que le Gouvernement Italien fasse un effort puissant dans les Balkans de concert avec les Alliés. 9. --Les modalités de votre intervention pourraient ètre les suivantes: action par l'Albanie pour couvrir les communications de l'armée serbe dans cette région; action par Salonique avec les forces franco-anglaises;

amélioration des bases de ravitaillement de l'Adriatique et voies d'accès; couverture de ces bases en particulier contre l'action des sousmarins de Cattaro.

ALLEGATO III.

SALANDRA A CADORNA

Verona, 2 novembre 1915.

Dal capitano Cavallero ho ricevuto la nota di V. E. n. 917, relativa alla partecipazione dell'Italia nella penisola balcanica, insieme alla copia del telegramma del generale Joffre a codesto capo della Missione Militare francese in Italia, colonnello Girard. Tale copia restituisco qui acclusa in conformità alla richiesta della E. V.

La questione della partecipazione dell'Italia alla guerra nella penisola balcanica e delle sue forme eventuali, giustamente da V. E. riservata alle decisioni del governo, è di tale primaria importanza ed implica la considerazione di tali elementi di politica internazionale, militare interna e finanziaria, che neanche da me solo può essere risoluta né in alcun modo pregiudicata. Essa deve essere preliminarmente esaminata in mia unione dai ministri degli Esteri, della Guerra, della Marina e del Tesoro, e quindi sottoposta al Consiglio dei ministri. Non posso quindi porre subito V. E. in grado di dare al generale Joffre un'adeguata e definitiva risposta.

Scrivo oggi stesso al ministro degli Esteri affinché esso ne intraprenda il cennato esame preliminare, insieme agli altri cennati membri del governo. Ne conferiremo tutti insieme al mio ritorno a Roma che avrà luogo il 7 o 1'8 corrente. E solo allora potrà essere convocato il Consiglio dei ministri, delle cui deliberazioni mi affretterò ad informare V. E., chiedendole se del caso ulteriori chiarimenti ed elementi dal punto di vista militare, riguardo al quale sarà naturalmente tenuto il massimo conto dell'autorevolissimo parere di V. E.

Vedrà V. E. se sia il caso di comunicare intanto al generale Joffre la presente mia risposta forzatamente dilatoria. Osservo del resto che lo stesso generale Joffre mi pare riconosca che il nostro concorso sia subordinato alla sospensione forzata delle nostre operazioni durante l'inverno e per conseguenza all'esito dell'azione offensiva in corso. Io pure penso che, senza conoscere questo, difficilmente il governo potrà prendere una definitiva deliberazione.

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 53. (2) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in Sonnino, Carteggio, cit., n. 441. (3) -Cfr. n. 42. (4) -Vedi allegati I, II e III.
49

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2320/500. Pietrogrado, 3 novembre 1915, ore 2,20 (per. ore 9,35).

A quanto ministro dell'interno ha detto ai suoi amici proclamazione dello stato d'assedio nel governatorato di Mosca è stata provocata dall'informazione che emissari tedeschi insinuatisi nella turba dei rifugiati giunti a Mosca in numero di circa un milione erano pervenuti ad ottenere collocamento negli stabilimenti industriali ove avevano iniziato propaganda contro la guerra.

Secondo quanto mi è stato riferito però Kovstov si è indotto a quella misura soprattutto perché assai preoccupato dalla ripercussione prodotta nelle sfere aristocratica e borghese di Mosca dalle date dimissioni di Scerbatov e Samarin. Particolarmente l'allontanamento di quest'ultimo che come maresciallo di quella nobiltà e come persona d'alto senso e integerrimo carattere ha colà posizione primaria ha generato malumore contro sfere di Corte, ingerenza delle quali in materia di spettanza del Santo Sinodo venne apertamente stigmatizzata.

Allontanamento di Scerbatov delegato liberale, vigoroso nemico del funzionarismo, ha toccato non solo i suoi amici moscoviti ma anche la così detta associazione... (1), particolarmente i circoli universitari del foro, degli scienziati e degli artisti, le cui aspirazioni alle riforme vennero agitate in sempre più accentuate manifestazioni.

Altra cagione di malcontento è stata rifiuto dell'Imperatore di ricevere delegati del congresso degli Zemstv e del congresso dei municipi che dovevano rassegnare a Sua Maestà noti punti di vista relativi alla continuazione della guerra, alla convocazione della Duma e di nominare alla testa del Governo persona che goda pubblica fiducia.

Goremikin che da tale voto era particolarmente preso di mira, poté infatti dimostrare all'Imperatore che quei congressi avevano esorbitato dal programma per il quale erano stati autorizzati a riunirsi e che quindi non doveva riconoscere legalità di voti estranei a detto programma che era di carattere amministrativo e non politico.

Ricevere i delegati dopo che questi avevano dichiarato scopo della richiesta udienza sarebbe stato a suo avviso un riconoscimento del loro illegale procedere.

Da persona che ha preso parte ai sovra accennati congressi mi è stato riferito anche che in seno ad essi è venuta in evidenza la diffidente antipatia che Mosca e la provincia nutrono verso Pietrogrado centro e fulcro di vieti sistemi di governo, della corruttela amministrativa, dell'arbitrio poliziesco, della segreta germanofilia e di tendenze reazionarie. Si sarebbe notato pure risveglio del tradizionale antagonismo fra l'antica capitale che si qualifica di « cuore del paese >> e Pietrogrado raffigurato come nido parassitario di una torma di funzionarli inaccettabili alla costituzione della Russia nuova.

Questi umori irrequieti trovano terreno prop1z10 alla loro manifestazione nella popolazione malcontenta per il continuo aggravarsi del caro viveri. A quest'ultimo male che è per certo il più pericoloso, sta cercando ed applicando rimedi il ministro dell'interno il quale, a quanto egli stesso mi disse, è determinato a risolvere il problema delle comunicazioni ed a porre un freno non solo alla speculazione ma altresì alla nervosità del pubblico che nella stolta apprensione di carestia fa ressa nei mercati ed incetta smisurate provviste.

È incontestabile che questo stato delle cose e degli animi, di cui Mosca è l'esponente ma che si rileva in numerosi altri centri giustifica i presagi pessimisti che qui si fanno specialmente nei circoli liberali circa interne complicazioni in non remoto avvenire.

Se non che al disopra di ogni aspirazione alle riforme, di ogni risentimento per le insoddisfatte domande, di ogni protesta per la riapparizione dell'assolustismo governativo domina diffuso e profondo nello spirito pubblico l'irremovibile proposito di spingere innanzi tutto la guerra a vittoriosa fine, salvo, come ovunque s'intende dire, a regolare i conti col regime a guerra finita.

Il Governo non è arrivato infatti a sradicare l'opinione che nelle più alte sfere sotto segreta influenza germanica si pensi a trattare comunque la pace e che Governo cerchi persino di provocare agitazione popolare per trovare un pretesto a concludere la pace per fronteggiare la rivoluzione.

Per quanto inverosimile appaia tale sospetto esso esiste e la parola d'ordine passata al popolo dai capi dei gruppi liberali è appunto di pazientare per non fornire siffatto pretesto.

Il movimento dell'opinione pubblica quale attualmente si presenta ha i ~uoi promotori nella classe colta ed ha carattere prevalentemente politico anziché sociale e in ciò si differenzia dalla subitanea e incomposta agitazione che precedette le disorganizzate sommosse del 1905.

Ma non per questo si potrebbe lusingarsi che esso sia per rimanere nei limiti di una evoluzione legale e di ordinata dimostrazione. Per esso abbisogna dell'appoggio delle masse ma sarà poi ditficile il controllarne gli appetiti ed i mezzi d'azione allorché dopo la guerra tante e gravi cause di fermento sociale premeranno sul popolo rurale e urbano di questo paese.

(l) Gruppi indecifrati.

50

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7559/45. Pechino, 3 novembre 1915, ore 12,40 (per. ore 21,55).

Ministro di Francia farà oggi passi analoghi a quelli giapponesi, russi, inglesi di cui al mio telegramma n. 43 (l). Accordi preliminari debbono essere stati presi Europa. Ne seguirà che compensi non saranno limitati solo Giappone. Mi risulta Cina già spontaneamente liquida varie importanti questioni pendenti con quel Governo senza pregiudizio altre eventuali condizioni al ritiro

[truppe]. Con rapporti 21 e 27 ottobre (l) ho trasmesso a V. E. due domande di questo ministro affari esteri: prima, perché in avvenire R. Governo chieda gradimento RR. rappresentanti in Cina; seconda, perché tra l'Italia e Cina si concluda trattato arbitraggio. Probabilmente motivo ottenere apparente successo diplomatico. In vista [di ciò] credo sarebbe opportuno mettere condizione sine qua non almeno liquidazione integrale reclami in corso Yunnan e... (2). Per la questione monarchia credo necessario che R. Governo si metta d'accordo fin d'ora cogli altri, perché riconoscimento sia fatto solidalmente con essi, dopo avere avuto adesione a questa od a altra concessione. Solidarietà dovrebbe essere apparente qui.

(l) Cfr. n. 35.

51

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2329/11. Durazzo, 3 novembre 1915, ore 15 (per. ore 17,45).

In questi giorni sono più che mai incalzanti le pressioni serbe su Essad pascià la cui resistenza è andata scemando.

La situazione va sempre più diventando delicata, causa il convincimento ora nato nel pascià che il nostro sbarco non avverrà, anche in seguito ai nuovi intrighi serbi per evitarlo in modo da permettere loro di tenere occupata l'Albania. Così intesi che i serbi hanno l'intenzione impiantare un ospedale a Durazzo anche per feriti militari e starebbero per ottenere un locale che il pascià pochi giorni fa aveva intenzione di mettere a servizio del nostro Stato Maggiore in caso di occupazione italiana.

Essi si atteggiano più che mai quali padroni futuri del paese.

Il pascià mi ha pure mandato ad avvertire che nonostante la mia domanda di non espellere il personale della legazione d'Austria-Ungheria prima che mi giungano istruzioni da V. E., il rappresentante serbo insiste e minaccerebbe senza voler curarsi né della neutralità albanese né dei privilegi diplomatici, né del parere del Governo italiano.

Essad dice dovrà cedere svelando così la sua intima persuasione che non può più contare su noi. A sua scusa egli adduce promessa col signor Pasic da cui non potrebbe recedere e chiede perciò una nostra risposta d'urgenza facendo credere che ad ogni modo dovrebbe cedere alle pressioni serbe.

Per questi motivi e per evitare inutili attriti colla Serbia od incidenti con Essad urgerebbe farmi sapere il pensiero di V. E. nell'eventuale allontanamento dei diplomatici austro-ungarici e sopratutto differire non tanto una decisione circa la nostra occupazione ( 3).

(l) -Non pubblicati. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta che Sonnino abbia risposto.
52

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 1405. Roma, 3 novembre 1915, ore 21.

Questo ambasciatore di Francia mi ha comunicato che con viaggio di Joffre a Londra si era raggiunta una perfetta intesa sui compiti rispettivi delle truppe inglesi e francesi sbarcate o da sbarcarsi a Salonicco. Raggiungerebbero presto un totale di 150.000 uomini. I francesi avrebbero proceduto ad unirsi ai serbi e fronteggiare i bulgari a Veles e Uskub, mentre gli inglesi avrebbero occupato Ishtip e Krivolak. Chiedeva quindi a me che cosa intendeva di fare l'Italia. Risposi di non potergli dare alcuna risposta in più di quanto gli aveva detto nei nostri recenti colloqui. L'esercito nostro seguitava a fare ogni massimo sforzo nell'offensiva al fronte austriaco, con che cooperava ad alleggerire la pressione delle truppe austro-ungariche contro la Serbia. Finché non si fosse esplicato tutto l'attuale movimento di offensiva intensa nel Tirolo e sovrattutto nel Carso non era possibile prendere qualsiasi altro impegno di spedizioni sia per la via di Salonicco sia per l'Albania. Facevo notare che le condizioni locali di malvolere e di sospetto di fronte a noi tanto in Grecia come in Serbia costituivano un ostacolo speciale per ogni intervento militare di truppe italiane; ostacolo che, se non poteva essere determinante riguardo alle risoluzioni da prendersi escludeva però ogni possibilità di fare utilmente una spedizione che non fosse completa e numerosa; onde una maggiore dilficoltà di organizzazione. Praticamente poi ritenevo che non fosse più possibile arrivare in tempo a dare una mano di soccorso all'esercito serbo dal lato dell'Albania e del Montenegro.

53

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 1408. Roma, 3 novembre 1915, ore 21.

(Per Londra) -Telegramma di V. E. n. 538 (2).

(Meno Londra) -R. ambasciatore a Londra telegrafa: « Torno... » (telegramma n. 538 -Telegramma gabinetto n. 2309).

Ho risposto quanto segue: (Per tutti) -V. E. potrebbe, senza troppo insistervi rilevare a Grey marcato silenzio Asquith circa Italia, quasi che nostra azione offensiva nel Carso non giovasse ad alleggerire pressione austriaca sui serbi, senza contare nostra offerta partecipazione navale al blocco delle coste bulgare (1).

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 263-264. (2) -Cfr. n. 47.
54

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI

T. GAB. 1409. Roma, 3 novembre 1915, ore 21,30.

(Per Parigi) -Telegramma V. E. n. 452 (2). (Meno Parigi) -R. ambasciatore a Parigi telegrafa: «Per me non vi ha

dubbio... » (come nel telegramma n. 2322/452).

Ho risposto a Tittoni quanto segue:

(Per tutti) -Ho confermato mie precedenti istruzioni a Carlotti di parlare a Sazonov dimostrando la urgente necessità della concentrazione russa alla frontiera romena. (Per Pietrogrado) -Prego V. E. agire con ogni maggiore efficacia nel senso suddetto.

55

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2334/540. Londra, 3 novembre 1915, ore 23,15 (per. ore 9,30 del 4) ..

Stringher pregami comunicare a V. E. ed al ministro Carcano quanto segue: «La Tesoreria ci ha consegnato per esame un nuovo disegno di accordo, migliore del precedente ma non ancora conforme ai nostri desideri e ai nostri bisogni.

l. -Fondamento di tale disegno è quello di dividere il credito che ci sarebbe aperto in due parti: l'uno per acquisto in qualsiasi paese fuori dal Regno Unito, e l'altro per acquisti ed altri pagamenti nel Regno Unito. Per gli acquisti fuori dal Regno Unito la somma afferente sarebbe limitata a 4 milioni di sterline al mese, con che noi non potremmo usare sulla somma com

plessiva del prestito fuori dal Regno Unito che per 52 milioni sterline, somma evidentemente sproporzionata ai nostri fini.

2. --Aggiungasi che per i nove mesi, da aprile a dicembre 1916, la somministrazione dei fondi a noi occorrenti per gli Stati Uniti dell'America del Nord sarebbe commisurata alla capacità del Governo britannico di ottenere i mezzi di' pagamenti negli Stati Uniti adeguati a fronteggiare tutte le obbligazioni dei vari Governi alleati per le quali il Governo britannico dovesse provvedere. Una tale condizione, alla quale tiene in modo speciale il cancelliere dello scacchiere per garantirsi da impreveduti eventi cagionanti impossibilità di provvedere a tempo coi mezzi onde potrà disporre dopo prossimo marzo il Regno Unito, porrebbe il Tesoro italiano in condizione di non poter calcolare con sicurezza sulle disponibilità che gli occorrono per l'insieme dei suoi pagamenti all'estero. Per ciò faremo ogni sforzo allo scopo di revocare siffatta disposizione. 3. --Ma, per quanto riguarda la determinazione di un contingente liberamente disponibile fuori dal Regno Unito parmi sarebbe opportuno di fissarne uno per trovare la via alla conclusione dell'accordo. Per esempio accenno a 5 milioni di sterline al mese da dicembre a tutto marzo, ed a 6 milioni di sterline almeno per i nove mesi successivi, con che la somma si eleva complessivamente a 74 milioni di sterline. Si potrebbe anche impegnarci a fare ogni spesa compatibile con la nostra necessaria libertà d'azione per allargare le nostre provviste di merci e altro nel Regno Unito. S'intende che noi insisteremo per non aver limiti battendo con perseveranza questa via, ma se fosse assolutamente necessaria qualche concessione per concludere, dovremmo essere autorizzati a farla al più presto possibile, essendo desiderio del cancelliere dello scacchiere di adunare in settimana una conferenza per decisione risolutiva».
(l) -Imperiali rispose con t. gab. 2353/549, del 5 novembre, quanto segue: «Nel corso della conversazione di ieri con Grey accennai Incidentalmente alle dichiarazioni di Asqulth facendo nota osservazione. Rispose Grey avevamo pienamente ragione, riteneva trattarsi di una semplice svista che egli poteva in modo sicuro affermare non stata «intenzionale» ma provocata forse unicamente dal fatto che Asquith aveva in mente le sole potenze alleate che hanno inviato truppe a Salonicco. Comunque aggiunse avrebbe parlato subito con Asqulth perché tenga presente osservazione in caso di eventuali ulteriori suoi discorsi». (2) -Cfr. n. 44.
56

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2333/544. Londra, 3 novembre 1915, ore 23,15 (per. ore 5 del 4).

Stringher pregami comunicare a V. E. ed al ministro Carcano quanto segue:

« l. -Fatte pervenire alla Tesoreria in via confidenziale le nostre osservazioni circa il nuovo disegno comunicatoci (1).

2. --Conversazione con Hambro molto proficua perché ritengo troveremo alleata Banca d'Inghilterra per fare eliminare la clausola condizionale riferita al numero due del telegramma di stamane. 3. --Credo aver trovato soluzione accettabile circa scadenza della operazione dopo due anni dalla pace. 4. --Restano ora due difficoltà: quella del contingente dei pagamenti da farsi fuori del Regno Unito per cui ho domandato stamane istruzioni; e quel

la di non aver eccessivi vincoli alla libertà di disporre del credito che ci verrà aperto.

5. -Circa le disposizioni allegate in qualche parte ora mitigate sosteniamo la tesi non potere risolvere questione relativa nell'accordo finanziario ~.

(l) Cfr. n. 55.

57

L'AMBASCIATORE A TOKIO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7570/S.N. Tokio, 3 novembre 1915, ore 23,45 (per. ore 13,30 del 4).

Adesione formale Giappone accordo non concludere separatamente pace ha soltanto scopo assicurare posizione importante futuro congresso.

58

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 7567/669. Durazzo, 3 novembre 1915, ore 23,50 (per. ore 3,10 del 4).

Desta grande impressione la notizia comunicata ad Essad pascià da questo incaricato d'affari di Grecia, propalata, poi, nel pubblico, a tenore della quale re di Grecia avrebbe dichiarato ai rappresentanti della Quadruplice che, in caso di ritirata delle truppe anglo-francesi-serbe sul territorio ellenico, queste dovranno essere disarmate come in terra neutrale.

Voci ancora confuse giunte dall'interno fanno ritenere che bande di comitagi bulgari ed albanesi stiano già operando fra Monastir ed Ocrida e lungo la frontiera albanese; si cercherebbe di far insorgere anche la Dibra.

Il movimento anti-serbo cresce senza dubbio in tutta l'Albania e potrebbe da un momento all'altro compromettere anche Essad.

59

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. U. 2346/546. Londra, 4 novembre 1915, ore 21,52 (per. ore 4,45 del 5).

Per Lei solo.

Oggi Nicolson mi ha mostrato tre telegrammi spediti da Roma al Daily N ews, alla Agenzia Central News e al Daily Telegraph. Nel primo corrispondente Mackenzie riferisce che prossimamente forse anche prima apertura parlamento verrà ufficialmente pubblicata adesione Italia al patto di Londra relativo impegno potenze alleate di non concludere pace separata. Negli altri due si riferiscono commenti nostri giornali al discorso di Asquith, fra i quali uno dell'Idea nazionale deplorante che primo ministro non abbia confermato adesione già ufficialmente annunziata dall'Italia al patto di Londra. Nicolson supponeva che commento Idea nazionale era stato permesso dalla nostra censura la quale doveva pure avere autorizzata trasmissione predetti telegrammi. Comunque prima di farli pubblicare chiedeva mio avviso avvertendomi essere possibile che pubblicazione provochi al parlamento interrogazioni imbarazzanti. Avendo io detto che in tali condizioni mi pareva forse preferibile nulla pubblicare, egli ha osservato che in tal caso Foreign Office attirerebbe nuove acerbe critiche da parte della stampa inglese, la quale non cessa di deblaterare contro censura che trattiene notizie di cui Governi esteri hanno autorizzato pubblicazioni nei giornali comparse nei giornali dei rispettivi paesi. Stante questa imbarazzante situazione siamo rimasti d'accordo che io avrei provocato istruzioni di

v. E. ed intanto censura avrebbe omesso pubblicazione passaggi relativi al patto di Londra. Sarò quindi grato a V. E. di volermi d'urgenza significare sue intenzioni perché io possa informarne Foreign Office (1).

60

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7583/1504. Londra, 4 novembre 1915, ore 21,52 (per. ore 4,20 del 5).

Discussione di avant'ieri (2) ha confermato osservazione già da me sottoposta nel senso che Asquith dispone tuttora fiducia larga maggioranza di questa attuale camera. Suo discorso abilissimo, prudente, misurato, gli ha procurato un preveduto successo parlamentare. Franco riconoscimento errore commesso, leale assunzione responsabilità, enfatiche promesse di assistenza alla Serbia, impegno preso per provvedimenti efficaci circa servizio obbligatorio qualora ultimo esperimento di reclutamento volontari ora in corso non desse risultati, finale reciso affidamento fermi propositi di guerra ad oltranza, hanno, salvo negli oppositori più accaniti, trovato in massima consenso anche fuori della camera. Meno chiaro e di più difficile applicazione e minor pratico risultato appare, generalmente, abbozzato schema di costituzione di un consiglio speciale di guerra entro il gabinetto che rimarrebbe per il resto immutato. Su questo punto occorrerà attendere decisione definitiva. Considerevole impressione ha prodotto accenno alla seria situazione finanziaria inspirante generale preoccupazione. Concorde è l'invito al Governo di provveder con ogni mezzo e con

drastiche economie. D'altra parte è indiscutibile che entro e sopratutto fuori della camera, non è sfuggita importanza discorso di Carson e rivelazioni risultanti dalla sua lettera, di indecisione e dissensi del gabinetto, in merito spedizione balcanica e sorte operazioni future Dardanelli sul quale punto si è rilevata coincidenza di vedute fra Carson e Bonar Law, entrambi favorevoli al ritiro. In complesso discorso primo ministro lascia, a mio avviso, situazione interna invariata non avendo esso totalmente dissipato nel paese malcontento e preoccupazioni già segnalate a V. E., né ispirato sentimenti di unanime, cieca fiducia. Probabilità di una crisi ministeriale dovrebbero, per il momento, considerarsi come allontanate, ma esse potrebbero fatalmente ripresentarsi se future azioni Governo nella vigorosa prosecuzione guerra e nella soluzione delle varie, connesse questioni diplomatiche, militari, economiche, non corrisponderanno savi propositi manifestati da Asquith. A mia impressione permangono inoltre in seno al Gabinetto mancanza di vera coesione e germi di dissenso che, in un momento dato, potrebbero improvvisamente provocare complicazioni e crisi malgrado favore maggioranza parlamentare. In altri termini il paese deciso a trionfare ad ogni costo, reclama dal Governo non più parole, ma fatti, e lo attende all'opera.

(l) -Sonnino rispose con t. gab. 1426 del 5 novembre, ore 20, quanto segue: «Ritengo opportuno che censura inglese ometta pubblicazione passaggi relativi patto di Londra, che erroneamente furono lasciati passare da censura italiana. Provveda per debiti richiami a nostra censura». (2) -Cfr. n. 47.
61

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2357/548. Londra, 5 novembre 1915, ore 23,15 (per. ore 4,20 del 6).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1409 (1).

Nel colloquio di ieri dissi a Grey che la necessità e l'urgenza di un concentramento rapido di considerevoli truppe russe in Bessarabia mi appariva di giorno in giorno più evidente.

Dato contegno incerto della Romania osservo che la presenza di quelle truppe avrebbe in ogni modo effetto benefico in quanto esse potranno a seconda delle circostanze servire sia a dare alla Romania la spinta finale ad entrare in campagna al nostro fianco sia ad indurla, qualora abbia cattive intenzioni, a riflettere che invasione eventuale della Bessarabia non riuscirebbe impresa di realizzazione così facile come fu quella della Bulgaria due anni fa. Grey trovò giuste le mie osservazioni e disse essersi strenuamente adoperato a Pietrogrado perché venga il più possibile affrettata nota spedizione russa.

Sul contegno della Romania Grey nutre dubbi ed apprensioni. Egli non

crede che Bratianu avrebbe l'impudenza di passare cinicamente dall'altra parte

rinnegando assunti impegni presi ai quali l'Inghilterra ha esplicitamente subor

dinato l'assistenza finanziaria prestata al Governo romeno. Teme però che se la Romania si decidesse ad andare dall'altra parte non sarebbe diiDcile provocare con una opportuna crisi ministeriale avvento al potere di qualche Carp, Marghiloman, o altro uomo politico ligio agli interessi germanici.

(l) Cfr. n. 54.

62

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 1125/260. Madrid, 5 novembre 1915 (per. il 16).

È stato in questi giorni di passaggio a Madrid il padre Cimino generale dell'ordine dei francescani; scopo del suo viaggio era di presiedere un capitolo dell'ordine in Alcazar. Il suo arrivo fu annunziato da tutti i giornali, alcuni dei quali pubblicarono il suo ritratto ricordando anche i privilegi di cui il generale dei francescani è qui rivestito tra i quali la dignità di grande di Spagna.

Il padre Cimino è venuto a vedermi desiderando, come egli cortesemente mi disse, di salutare il rappresentante d'Italia e d'aver notizie della nostra guerra. Egli mi tenne da buon italiano un linguaggio altamente patriottico, e mi parlò della campagna da lui condotta in difesa dell'eguaglianza dei diritti dei religiosi delle varie nazionalità in Terrasanta, che come l'E. V. sa incontrò viva resistenza da parte del Governo spagnuolo. Il padre Cimino mi disse che appunto in causa di quella campagna e del risentimento che provocò in Spagna egli non si credeva qui ospite molto gradito, aveva visitato il Ministro di Stato e lo aveva trovato molto riservato; era però in dubbio se chiedere o no udienza a Re Alfonso. Dissi come di ragione al padre Cimino che sarei stato a sua disposizione se egli avesse voluto chiedere l'udienza per le vie umciali. Ho poi saputo che egli ebbe l'udienza chiedendola in via privata per mezzo del signor Torres, segretario del Re, che è terziario dell'ordine. Ho saputo anche che il Re nel corso dell'udienza si dolse con una certa vivacità con il padre Cimino che egli avesse iniziato quella campagna e provocato il noto motuproprio di Pio x. A quanto pare Re Alfonso tiene a quei diritti della Corona di Spagna in Terrasanta assai più che non lascerebbe presumere la larghezza d'idee che egli suol portare nelle questioni d'indole religiosa.

La questione dei diritti delle due nazioni in Terrasanta che noi del resto consideriamo chiusa dal motu proprio pontificio, è ora anche di fatto sospesa per la guerra con la Turchia e la partenza di quei religiosi italiani. Sarebbe però opportuno a parer mio in previsione di future contestazioni e visto l'interesse personale che Re Alfonso sembra di portare a questo argomento, di esaminare se e quanto delle prerogative della Corona di Spagna nei Luoghi Santi derivino dalla Corona di Napoli, e possano pertanto ritenersi ora trasferite alla Corona d'Italia.

63

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. 3826. Roma, 6 novembre 1915, ore 16,20.

Notizie da R. legazione Pechino fanno presumere sia intervenuto accordo tra Governi alleati circa atteggiamento da tenere per eventualità restaurazione monarchica in Cina.

Prego V. E. chiedere in proposito notizie e telegrafarmi (1).

64

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2382/552. Londra, 6 novembre 1915, ore 18,50 (per. ore 22).

Stringher pregami telegrafare a V. E. e ministro del Tesoro quanto segue:

«Presente sottosegretario di Stato Tesoro e lord Reading avuta ieri lunga conferenza con cancelliere dello scacchiere. Dovevansi specialmente esaminare i due punti telegrafati a Roma con telegramma di gabinetto n. 540 del 3 corrente (2).

1. --Non ostante mie insistenti argomentazioni contrarie Mac Kenna crede non poter prescindere da una clausola da inserire nell'accordo o da una dichiarazione da farsi per lettera fuori accordo secondo la quale la obbligazione del Governo britannico di fornirci i crediti relativi al periodo da aprile a dicembre 1916 verrebbe annullata se un giorno al Governo stesso venissero a mancare i mezzi adeguati per fronteggiare tutti gli impegni dei Governi alleati verso gli Stati Uniti dell'America del nord, considerando questa ipotesi come un caso di forza maggiore. 2. --Secondo cancelliere dello scacchiere questa ipotesi non si avvererà, ma ritiene necessario affacciarla per lealtà in un momento come questo. Se i debiti verso il Nord America per eccedenza di importazioni sulle esportazioni di merci dall'Europa si moltiplicassero e venissero a mancare i mezzi destinati a coprirli in seguito ad una eventuale resistenza degli Stati Uniti dell'America del Nord a ricevere titoli americani posseduti dalla Gran Bretagna o ad aprire credito all'Europa in misura sumciente, non bastando a tutto l'oro onde potrebbe disporre il Regno Unito coll'aiuto degli alleati, sorgerebbe la impossibilità di fatto di pagare e la Gran Bretagna si vedrebbe costretta a venire meno ai suoi impegni. A ciò bisogna assolutamente guardare. 3. --Qui è enorme la preoccupazione per l'andamento del corso dei cambi verso i paesi neutrali e segnatamente verso il Nord America e si temono le più catastrofiche conseguenze. Finora tutti i suoi ragionamenti si spuntarono contro siffatte preoccupazioni. Lord Reading, meno acceso di Mac Kenna e abile giurista, suggerì di studiare una formula extra trattato che a tutela delle ragioni del R. Governo considerasse il caso di forza maggiore. Io replicai mettendo nuovamente in rilievo che qualunque formula dava incertezza alla piena esecuzione dell'accordo, mentre noi dovevamo calcolare definitivamente sui crediti domandati a cagione di impegni presi già o che necessariamente dovremo prendere per condurre innanzi la guerra. Alla Banca d'Inghilterra confidenzialmente mi hanno dato ragione, ma alla Tesoreria sono fermi ed io non credo di potere superare la dillicoltà. 4. --Né meno grave si presenta la questione della determinazione del contingente da lasciare a nostra libera disposizione per i pagamenti fuori del Regno Unito, sempre per l'argomento fondamentale della provvista dei cambi. Quando dissi a Mac Kenna che dovevamo avere a nostra disposizione per istruzioni del Governo di Roma più di ottanta milioni di sterline, fece un gesto di costernazione dichiarandomi essere impossibile di poterei accontentare, e solo per l'intervento di lord Reading, dopo uno snervante dibattito, il cancelliere dello scacchiere ammise la possibilità di lasciarsi trascinare alla cifra di sessanta milioni, volendo darci la prova della sua buona volontà. Naturalmente non accettai questa cifra, ma non credo che si potrà ottenere un miglioramento superiore a cinque milioni elevando il contingente complessivo per i pagamenti fuori del Regno Unito a sessantacinque milioni, se con sforzi si potrà ottenere, di che non voglio dare sicurezza. 5. --Insomma la situazione, per le stesse condizioni della finanza che destano allarme nell'opinione pubblica e per quelle dei rapporti economici del Regno Unito coll'estero, non è confortante. Oltre argomenti tecnici ho fatto uso di tutte quelle argomentazioni che ml sono inspirate dalla conoscenza delle condizioni del nostro Tesoro e dal patriottismo, misurando le parole con sentimento della nostra dignità che neanche il bisogno deve in nessun modo toccare. Detto ciò prego favorirmi istruzioni le quali consentano di portare a conclusione questo negoziato, dichiarato dillicile dagli stessi rappresentanti del Governo britannico».
(l) -Per le risposte d! Imperlali e Carlott! vedi, rispettivamente, i nn. 75 e 79. Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta che Titton! abbia risposto. (2) -Cfr. n. 55.
65

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2373/458. Parigi, 6 novembre 1915, ore 20,40 (per. ore 23,25).

Facendo seguito al mio telegramma odierno in chiaro nel quale ho riportato quanto pubblicano Echo de Paris e Petit Journal (1).

Anche i ministri Méline e Combes venuti a vedermi mi hanno chiesto insistentemente se potevo dire loro qualche cosa circa partecipazione dell'Italia all'azione nei Balcani. Poiché il lato debole dell'azione militare dell'Intesa nella penisola balcanica è la mancanza o il ritardo dell'intervento russo mediante concentrazione dei 200.000 uomini richiesta alla frontiera romena e poiché, mentre Russia non fa nulla, stampa russa rimprovera a noi nostra inerzia, potrebbe forse non essere inutile come stimolo una nostra dichiarazione confidenziale a Parigi Londra e Pietrogrado nella quale dicessimo che nostro desiderato concorso in Albania o a Salonicco per essere efll.cace dovrebbe essere accompagnato dalla concentrazione di 200.000 russi alla frontiera romena e perciò quando questo avvenisse la questione del nostro intervento sarebbe da noi presa in serio esame.

Ciò naturalmente io dico dal punto di vista politico perché ignoro se e che cosa le nostre condizioni militari e finanziarie ci permettano di fare.

(l) T. 7629/s.n. delle ore 20,40, non pubblicato: riferiva i commenti dei due giornali francesi circa un'eventuale azione militare italiana nei Balcani.

66

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2405/551. Bucarest, 6 novembre 1915, ore 21,30 (per. ore 6,35 dell' 8).

Mio telegramma gabinetto n. 544 (1).

Ministri di Russia e di Inghilterra si sono recati stamane assieme da Bratianu per dilucidare la questione delle truppe russe.

Essi hanno dato lettura della proposta britannica e del telegramma al Foreign Ofll.ce, approvato a suo tempo da Bratianu, in cui si rendeva conto della risposta del presidente del consiglio romeno.

Da tali documenti risultava in modo manifesto:

l. -che la risposta inglese non parlava del concorso di 500.000 russi ma diceva semplicemente che il Governo britannico credeva di poter rimettere alla Russia entro due mesi 500.000 fucili che avrebbero permesso a questi ultimi di armare le nuove truppe;

2. -che Bratianu non aveva allora parlato del concorso di 500.000 russi ma aveva semplicemente fatto riserve che la situazione sul fronte ed a Gallipoli non fosse nel frattempo peggiorata.

Bratianu ha obiettato che il Governo inglese avendo parlato di 500.000 fucili da dare ai russi egli non aveva potuto mettere in dubbio la serietà delle sue parole ed aveva quindi contato sul concorso di 500.000 russi.

I miei due colleghi hanno risposto che se fosse stato vero così, Bratianu non avrebbe mancato di dirlo fino da allora.

Ministro di Russia ha confermato che Bratlanu gli aveva detto il 18 ottobre che i 200 o 250 mila russi sarebbero andati in diminuzione delle forze da lui chieste a Salonicco. Bratianu ha replicato che doveva esservi stato un malinteso ed ha mantenuto fermo il suo punto di vista, pur dicendo di essere pronto a discutere le eventuali nuove proposte che gli venissero fatte.

Ha tuttavia detto che ove la Grecia entrasse in azione a fianco dell'Intesa l'effettivo dell'esercito ellenico andrebbe dedotto dai 500.000 russi da lui chiesti per Salonicco.

Le cose sono rimaste a questo punto e l'Intesa può segnare un nuovo scacco al suo passivo. Se esperienza dovesse giovare a qualche cosa mi sembra che si dovrebbero trarre da quanto precede seguenti conseguenze:

l. -Proposte da fare a Stati neutri dovrebbero essere concordate nella sostanza e nella forma fra tutti i Governi dell'Intesa;

2. -esse non dovrebbero essere presentate senza previo parere favorevole dei Ministri dell'Intesa accreditati nel Paese a cui si fanno proposte.

(l) T. gab. 2385/544 del 5 novembre, non pubblicato: riferiva circa le condizioni richieste da Bratianu per l'entrata in azione della Romania, tra le quali l'invio di cinquecentomila soldati anglo-francesi a Salonicco.

67

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2380/554. Londra, 6 novembre 1915, ore 21,53 (per. ore 1,15 del 7).

Telegramma di V. E. gab. n. 1426 (l). Nicolson mi ha detto oggi che tutto compreso si è ritenuto opportuno sopprimere noto paragrafo. Egli mi ha però ripetuto che stante acerba campagna dei giornalisti contro censura in generale e Foreign omce in particolare riuscirebbe in avvenire molto diiDcile sopprimere o modificare telegrammi passati attraverso nostra censura, e notizie già pubblicate sui nostri giornali.

68

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2391/556. Londra, 6 novembre 1915, ore 21,53 (per. ore 2,50 del 7).

Previa intesa con Stringher, ho ritenuto opportuno avere oggi un colloquio privato personale con Mac Kenna al quale ho manifestato mia seria preoccupazione per le nuove diiDcoltà sorte. Con ogni utile argomento e con massima tenacia ho, senza entrare in particolari tecnici, insistito perché egli si adoperi

a rimuovere e rendere così possibile pronta conclusione di un accordo della imprescindibile necessità del quale credevo aver sotto ogni aspetto già spiegato i motivi.

Cancelliere dello scacchiere premesso che stamane appunto Grey gli aveva rinnovato raccomandazioni in tal senso, mi ha dichiarato ritenere in coscienza di aver fatto quanto stava in lui per darci la maggiore possibile soddisfazione.

Per imperiose ragioni già spiegate a Stringher a lui sembra che con l'avere ieri portato a 61 milioni cioè al 50 per cento della anticipazione totale la disponibilità concessaci per i nostri pagamenti fuori del Regno Unito ha già raggiunto e forse pure oltrepassato i limiti della prudenza; aumentando ancora la cifra egli assumerebbe impegno che sa di non poter mantenere e ciò non sarebbe onesto. «Non è questione -ho detto -di volere ma di potere, occorre tener presente sempre che in definitiva il Governo britannico pur disponendo dei valori necessari, potrebbe trovarsi nell'impossibilità materiale di collocarli qualora il mercato americano non fosse per un motivo o per l'altro in grado di assorbirne totalmente o parzialmente in quel momento una così ingente quantità».

Ha ricordato il cancelliere dello scacchiere che, conoscendo la nostra riluttanza all'esportazione dell'oro, si era contentato del decimo senza chiederci di più, ha però lasciato di passata intendere che se noi insistessimo per vedere accresciuta la cifra di 61 milioni, si renderebbe necessario l'invio di maggiore quantità di oro e non sapeva se ciò ci converrebbe.

Circa la nota clausola redibitoria di cui nell'odierno telegramma di Stringher (mio telegramma gabinetto n. 552) (l) ha detto Mac Kenna essere essa né più né meno che la solita clausola del caso di forza maggiore inserita in qualsiasi contratto privato. Se noi lo desideriamo egli non insisterà perché essa venga introdotta nel nostro accordo, siccome senza alcuna difficoltà e trovandola naturale e giustificata, l'hanno accettata nei rispettivi accordi Ribot e Bark. Si contenterebbe di una semplice nostra lettera in cui noi dichiarassimo che, verificandosi l'unico caso tassativamente specificato dell'impossibilità cioè del Governo britannico di ottenere agli Stati Uniti dell'America del Nord adeguati mezzi di pagamento, per fronteggiare gli impegni assunti, noi riterremmo il Governo stesso blameless ed esonerato, sia pure momentaneamente dall'impegno con noi contratto. Ha ripetuto non ritenere probabile il verificarsi di tale contingenza, ma dovere di lealtà imporgli di prevederla. Del resto, ha soggiunto, in tale caso, né noi né altri potrebbe effettuare pagamento di sorta agli Stati Uniti dell'America del Nord.

Cancelliere dello scacchiere ha da ultimo insistito nell'affermare enfaticamente che condizioni a noi fatte per noti motivi di indole generale sono di gran lunga più favorevole di quelle cui vennero subordinate le anticipazioni alla Francia ed alla Russia, la quale ultima ha accettato senza difficoltà un annesso sensibilmente drastico che egli non ha nemmeno un momento pensato a proporci. A tutte le varie osservazioni e considerazioni di Mac Kenna ha fatto eco lord Reading sopravvenuto.

In definitiva dopo il colloquio odierno, nel quale per ovvii motivi di prudenza all'infuori delle calde insistenze d'indole generale mi sono limitato principalmente ad ascoltare senza nulla concedere, non posso che confermare pienamnte impressione di Stringher e sottoscrivere alle conclusioni cui egli è venuto, sottoponendo a V. E. la mia onesta conclusione, che, tranne qualche modificazione di forma, sarebbe molto difficile ottenere di più e meglio di quanto Stringher con tatto abilità e pazienza ammirevoli è riuscito a strappare, tenuto conto della tutt'altro che facile posizione in cui travasi cancelliere dello scacchiere a cagione dei vastissimi molteplici impegni cui deve far fronte e del sentimento di generale apprensione ora prevalente nel pubblico per la situazione finanziaria britannica.

(l) Cfr. n. 59, nota l, pag. 46.

(l) Cfr. n. 64.

69

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. POSTA RR. 2430/14. Durazzo, 6 novembre 1915 (per. il 10).

Seguito al telegramma gabinetto n. 11 di questa R. legazione (1).

Per meglio intendere sino a qual punto giungevano le pressioni serbe su Essad, avevo fatto dichiarare ad Essad per mezzo dell'interprete Danisca, che l'espulsione della Legazione austro-ungarica costituiva una questione di somma importanza, circa la quale il R. Governo aveva diritto di essere consultato, e che io quindi, finché non fossero giunte istruzioni da V. E. (che avrebbe eventualmente consultato gli altri Governi della Quadruplice), mi credevo in obbligo di oppormi al desiderio del rappresentante serbo, come decano del Corpo Diplomatico e come rappresentante di una grande potenza firmataria degli accordi di Londra.

Essad disse che gliene dispiaceva ma, già impegnato al riguardo verso il signor Pasic e riconoscente verso i serbi per averlo ajutato a vincere i ribelli, avrebbe dovuto cedere ad eventuali nuove istanze del signor Gavrilovic, anche senza aspettare le istruzioni del R. Governo, ma che prima di agire avrebbe chiesto dalla legazione serba una domanda scritta la quale mi sarebbe stata comunicata. Il signor Gavrilovic venne poi a vedermi mostrandosi più conciliante, senza dubbio per aver riflettuto sulla gravità delle sue imposizioni; ma egli non cessa di fare insinuazioni al pascià contro la nostra politica e la nostra guerra che egli qualifica di fiacca, inefficace, e contro la nostra occupapazione di Valona. Così sembra essere stato lui a persuadere il pascià ad inviare gendarmi alla Vojussa circa due mesi fa, facendogli credere che l'Italia aveva deciso la immediata occupazione di Berat. Nonostante la nostra amichevole prudenza, il contegno personale del rappresentante serbo (pare incredibile) anche nelle attuali angosce del suo paese, continua ad essere dei più strani a nostro riguardo.

(l) Cfr. n. 51.

70

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2377/17. Durazzo, 6 novembre 1915, ore 22 (per. ore 1 del 7).

Situazione locale sta diventando gravissima. Essad pur sotto minaccia sovrastante dei serbi dà segni indubbi di essere travolto nella corrente ostile a meno che uno sbarco non venga fatto al più presto. Nel caso in cui per ragioni di politica generale questo sbarco non potesse avvenire ritengo che la mia presenza in Durazzo sia nociva anziché utile. Se V. E. lo approva crederei pure urgente far partire da Durazzo tutti gli italiani che possano avere una posizione delicata, in modo da evitare il ripetersi di incidenti come quelli cui è stato vittima il capitano medico-chirurgo della R. marina per il quale il pascià sotto futili e menzogneri pretesti non vorrebbe dare la dovuta soddisfazione. Si potrebbe in tal caso meglio provvedere alla sorveglianza della costa ed alle misure repressive per la tutela dei nostri interessi. A sua scusa Essad può allegare che la sua situazione attuale divenendo insostenibile egli è obbligato per salvarsi di non compromettersi con noi di fronte agli austro-turchi la cui invasione è minacciata da un giorno all'altro. Egli ha fatto capire maggiormente non essere più ora il caso né di amicizia né di attesa ma di vita o di morte.

Questa situazione del resto è stata già da me prevista e preannunziata nel mio colloquio con V. E. del 18 ottobre u.s. Potrei eventualmente venire Roma con cacciatorpediniere atteso qui martedì prossimo per prendere Negrotto Cambiaso (1).

71

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2392/183. Atene, 7 novembre 1915, ore 14,15 (per. ore 17).

Crisi risoluta con l'accettazione di Skuludis di prendere il posto di Zaimis decisamente dimissionario, nella presidenza del consiglio e nel ministero degli affari esteri. Gli altri conservano loro portafogli compreso ministro della guerra causa dell'incidente che condusse alla crisi.

Sembra nuovo presidente si faccia forte ottenere un voto fiducia col concorso di un'importante frazione di venizelisti evitando così scioglimento della Camera dei deputati. Venizelos si presterebbe a tale combinazione visto che studio della situazione lo avrebbe convinto che nuove elezioni ridurrebbero a pressoché nulla il suo partito. Identificato in modo evidente il venizelismo colla guerra il popolo ellenico presso che interamente voterebbe per la pace.

(l) Sonnino rispose con t. gab. 1443 del 7 novembre, ore 20,50; «Non ritengo consigliabile che V. S. lasci Durazzo in questo momento In cui R. Governo discute progetto di una nostra spedizione in Albania che sbarcherebbe a Durazzo».

72

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. 3840. Roma, 7 novembre 1915, ore 15,30.

Governo abissino avendo consentito esportazione 20.000 fucili per Russia ministro Germania e console generale di Turchia hanno presentato Governo etiopico energica protesta intimando esplicitamente rispondere entro 48 ore verso quale gruppo belligeranti esso intendeva mantenere sua amicizia. Governo abissino ha risposto che fucili erano riesportati perché inservibili da persona che li aveva importati ed ha espresso meraviglia ingiustificata intimazione dichiarando Governo etiopico intende mantenere sua neutralità.

73

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUI'ITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2398/159. Scutari, 7 novembre 1915, ore 20 (per. ore 20,50).

6 novembre (l).

Governo serbo ci fa sapere in questo momento che la situazione militare si è molto aggravata. Nish e Kraljevo stanno per essere prese. Il nemico preme da tutte le parti e l'esercito serbo non è più in grado di resistere. L'aiuto degli alleati è debole. Perciò siamo pregati di lasciare al più presto possibile Mitrovitza e recarci a Monastir. Ma il Governo preparatosi per questo viaggio che sarà da compiere in dodici giorni parte in carrozza, per cento chilometri a cavallo e parte anche a piedi. La via è aspra e ditncile, nulla si trova sul suo percorso e passando per l'Albania non è neanche sicura. Il corpo diplomatico composto di oltre quaranta persone non potrà partire che a comitive di dieci persone alla volta. Mi trovo in grave imbarazzo poiché il mio personale quasi tutto per ragioni di salute è nella impossibilità di intraprendere un simile viaggio.

Ho fatto presente a Pasic l'assoluta necessità di essere messo in grado dal Governo serbo di affrontarlo con mezzi adeguati. Farò appello se necessario anche al principe reggente e al Re.

Ad ogni buon fine ho telegrafato d'urgenza a Galanti in Prizrend di recarsi qui col dragomanno e nostri cavas di quell'utllcio.

La prima comitiva di segretari parte domani mattina.

I miei colleghi della Quadruplice hanno larghi mezzi propri che diminuiscono di molto le ditncoltà della via lunga resa più dura dalla stagione.

(l) In questo e in altri casi analoghi la data posta aiJ'inizio del telegramma è queiia del giorno in cui è stato redatto.

74

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2421/196. Atene, 8 novembre 1915, ore 14 (per. ore 17,55).

Telegramma V. E. gabinetto n. 213 (1).

Questione dell'eventuale internamento dei soldati serbi che sotto la pressione bulgara e austro-tedesca cercassero rifugio in territorio greco è stata più volte fra noi discussa. Salvo ordini in contrario che ci pervengano dai nostri Governi si sarebbe d'avviso di non sollevarla presso il Governo ellenico fino a che di essa non si presenti l'urgenza. Sollevarla ora darebbe luogo ad infinite discussioni anche nella stampa siccome in stretto diritto non è dubbio che la Grecia rimasta neutrale dovrebbe procedere all'internamento ed è sicuro che se preceduta da lunga discussione in via tecnica la questione sarebbe risoluta in tal senso. In presenza invece di un caso concreto e dietro energiche pressioni dei rappresentanti dell'Intesa è probabile che la Grecia non avrà coraggio di internare i soldati della Serbia di cui si considera e si dice tuttora alleata.

Sarò grato a V. E. se vorrà significarmi la sua approvazione a questo punto di vista in cui io mi trovo d'accordo coi miei colleghi dell'Intesa.

Quanto internamento delle truppe franco-inglesi che ricacciate dal suolo serbo dovessero ritornare sul greco, le dichiarazioni ufficiose fatte a questo ministro di Francia e Inghilterra permettono di credere che esso non avrà luogo mai (2).

75

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7688/1509. Londra, 8 novembre 1915, ore 22,59 (per. ore 6 del 9).

A quanto testè Nicolson mi ha detto, rappresentanti britannico, russo e giapponese a Pechino hanno, ciascuno per conto proprio, tenuto linguaggio sostanzialmente identico, nel senso cioè che, pur non intendendo ingerirsi negli affari interni della Cina, i rispettivi Governi consideravano, al momento presente, poco desiderabile mutamento di regime. A questo passo, eseguito giorni fa, Nicolson credeva, senza però essere perfettamente sicuro, siasi associato pure ministro di Francia.

Parigi, Londra e Pietrogrado e rispose a De Bosdari: «Approvo punto di vista da V. S. riferitomi».

(l) -E' il numero di protocollo particolare per Atene del t. gab. 1437 del 6 novembre, non pubblicato: ritrasmissione a Londra, Parigi ed Atene di un telegramma da Pietrogrado relativo all'opportunità di prevenire il Governo greco dell'intenzione delle Potenze di opporsi all'internamento delle truppe serbe. (2) -Con t. gab. 1471 del 9 novembre, ore 21, Sonnino trasmise il presente telegramma a
76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (l)

L. P. Roma, 8 novembre 1915.

Gli avvenimenti precipitano e credo che non dovremo più oltre tardare una decisione sulla spedizione a Durazzo e in Albania, facendola seguire rapidamente dall'azione.

Mentre Joffre e Gouraud vorrebbero spingerei a Salonicco, Briand incalza presso Tittoni perché andiamo in Albania per dare un qualche aiuto ai serbi. Aliotti dice che la situazione si fa molto difficile a Durazzo, e che se si vuoi conservare l'appoggio di Essad bisogna far presto a prevenire l'arrivo dei serbi da un lato e dei movimenti ribelli austro--turchi dall'altro. Credo che oramai non si può più traccheggiare senza rischiare di arrivare troppo tardi, e che dovresti dare istruzioni positive a Zupelli e a Corsi. Cadorna non escludeva in modo assoluto l'invio di truppe in Albania, riconoscendone il lato politico; ma preferiva l'altra spedizione. Tra poche settimane avremo la Camera, e conviene già avere svolta una nostra azione nell'uno e nell'altro senso.

Al paese non recherà nessuna sorpresa che noi tentiamo, sia pure con mezzi modesti, a riparare alla situazione in Albania e nell'Adriatico. L'intervento tempestivo a Durazzo ecc. può anche salvare la situazione nei riguardi del Montenegro, e migliorare internazionalmente i nostri rapporti coi serbi e cogli slavi. E fermata ogni azione veramente efficace sul Carso, sostiene anche le speranze e l'interessamento della pubblica opinione, che si deprimerebbe troppo di fronte ad un periodo di inazione completa mentre bolle tanta roba intorno a noi.

[P.S.] Ti ho mandata la copia che mi hai chiesto della lettera di Joffre a Cadorna (2).

77

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

L. P. Roma, 8 novembre 1915.

Il commissario di P.S. di Borgo mi riferisce quanto risulta dall'appunto, che ti unisco a parte. Tanto ti comunico per tua conoscenza.

ALLEGATO

APPUNTO

Parte prima

In Vaticano sono seccati della campagna pro potere temporale che hanno nuovamente presa a spiegare alcuni giornali tedeschi. Questo zelo dei temporalisti teutonici non è oggi non solo apprezzato, ma neppure veduto di buon occhio in Vaticano, ove si desidera, pel momento, di essere lasciati in pace, avendo la diplomazia della Santa Sede ben altre mire, per cui le occorre anzitutto non inasprire le relazioni con l'Italia e suoi alleati. Invece questo riaffacciarsi della «questione romana» dà pretesto ai giornali anticlericali di prospettare il Vaticano sempre l'irriducibile nemico di una volta, e ciò oggi il Vaticano non vuole.

Ed è sintomatico che questa campagna propotere temporale si riaffacci anche in !spagna, ove il vescovo di Vich ha testé pubblicata una pastorale in cui, con argomenti giuridici-storici-politici, ha riaffermato la necessità di ritornare al Pontefice la perduta potestà territoriale. Questa pubblicazione è stata molto vantata dall'ambasciatore di Spagna conte de la Vifiaza.

Parte seconda

l. -Il governo tedesco (non ha potuto saper bene se per mezzo del nunzio o del ministro di Baviera presso la Santa Sede, ora in Svizzera) ha chiesto al Papa che formulasse il minimo dei suoi desiderata. Benedetto XV è rimasto un po' titubante a questa richiesta, e si sarebbe confidato con una persona, dicendo che non era facile compito dare una concreta risposta, e sembrava molto imbarazzato.

2. --Parlando il Pontefice con questa stessa persona avrebbe accennato al futuro congresso della pace, soggiungendo che da parte del rappresentante pontificio non si sarebbe eventualmente affacciata la questione del potere temporale, ma che se altri rappresentanti lo avessero fatto, non se ne poteva poi rendere responsabile la Santa Sede. 3. --Ieri l'altro è arrivato a Roma il vescovo di Lugano, Peri Morosini Alfredo, accompagnato da monsignor Motta dott. Alberto di Novaggio (parente del presidente della Confederazione svizzera). Sembra alloggeranno in Vaticano alcuni giorni.
(l) -Da BCL, Archivio Salandra. Ed. in SoNNINo, Carteggio, cit., n. 442. (2) -Cfr. n. 48, allegato II. (3) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 443.
78

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, CACCIA DOMINION!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7673/872. Tunisi, 9 novembre 1915, ore 12,45 (per. ore 15,20).

Sono stato ierisera Ferryville visitare 161 superstiti amorevolmente ricoveverati ospedale militare. Sommaria inchiesta risulta mezzogiorno domenica piroscafo settanta miglia costa tunisina ha incontrato sommergibile grosse dimensioni che, innalzata bandiera austro ungarica, diede alt. Ancona avendo tentato fuggire, cinque minuti dopo cominciò duecento metri cannoneggiamento colpendo apparecchi radiotelegrafìci e parte scialuppe pronte lanciarsi. Molti uccisi, feriti a bordo, altri mentre erano già barca, alcuni altri accostati sottomarino vennero respinti con dileggio. Finalmente raccolti da nave da guerra francese Plut, accorsa primo appello radiotelegrafìco. Nessuna notizia comandante del piroscafo, ufficiali, i quali furono visti piccola imbarcazione vela direzione Sicilia.

79

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7695/524 GAB. (1). Pietrogrado, 9 novembre 1915, ore 14,25 (per. ore 23,40).

Telegramma di V. E. n. 3826 (2).

Russia Inghilterra e Francia, ciascuna per conto proprio ma d'accordo fra loro, hanno appoggiato a Pechino punto di vista giapponese che sarà già noto all'E. V. (comunicato del Governo giapponese pubblicato dai giornali il 2 corrente), e che in sostanza mira a persuadere presidente della repubblica cinese a rimandare ad altro tempo, nell'interesse generale, il divisato cambiamento della forma di Governo in Cina allo scopo di evitare disordini ed assicurare pace all'estremo oriente. Altro passo, da quanto io so, non fu concertato fra le tre suddette Potenze.

A quanto si crede in questi circoli diplomatici, Giappone mira ad intervenire in Cina e pensa che cambiamento di regime e lotte intestine che lo accompagnerebbero fornirebbero all'uopo propizio motivo, ma il momento non è stimato opportuno dal Governo giapponese. Russia, del pari, ha interesse a che Giappone non sia obbligato trattenere per sé armi e munizioni di cui gli ha dato ordinazione, e favorisce quindi le pratiche dell'incaricato d'affari del Giappone a Pechino per il rinvio della restaurazione monarchica. Del resto Russia vedrà di buon occhio nell'avvenire attività del Giappone dirigersi verso la Cina e allontanarsi dalle regioni in prossimità nord, ove svolgesi influenza russa. Ed anche in vista di ciò, questo Governo presta appoggio al Giappone nell'occasione presente ed a suo tempo farà valere il reso servizio.

80

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7681/685. Durazzo, 9 novembre 1915, ore 15,40 (per. ore 18,15).

Essad mi ha assicurato che le truppe serbe, rimaste in Albania, avrebbero avuto in questi giorni ordine di rafforzare esercito combattente a Kiscevo, ma ieri avrebbero avuto contrordine. Si suppone che il contrordine sia stato causato, sia da migliori notizie, sia dal timore di una insurrezione albanese. Questa legazione di Serbia non può più comunicare col suo Governo a mezzo linea telegrafica militare Tirana-Dibra: cerca trasmettere dispacci via Scutari-Cettigne.

(l) -Partito come telegramma di gabinetto, è stato protocollato in arrivo nella serie ordinaria. (2) -Cfr. n. 63.
81

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2436/462. Parigi, 10 novembre 1915, ore 12 (per. ore 14,45).

Vari giornali hanno pubblicato telegrammi da Roma riproducenti notizia data da corrispondenze italiane circa imminente spedizione in Albania. Qualcuno nel riprodurla ha aggiunto la notizia potersi ritenere certa poiché il comunicato della corrispondenza italiana era di origine utliclosa.

L'opinione pubblica in generale e specialmente i circoli politici credono alla imminenza spedizione in Albania poiché pensano che senza di essa italiani sarebbero certamente cacciati da Valona ciò che diminuirebbe prestigio italiano all'estero ed avrebbe un effetto deprimente all'interno sull'opinione pubblica italiana (l).

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. 3864. Roma, 10 novembre 1915, ore 15.

Mio tel. 3840 (2).

Colli telegrafa legazione di Germania insoddisfatta per risposta avuta circa fucili insiste per risposta scritta. Vice console tedesco recatosi protestare presso Ligg Jasu. Colli deplora azione Governo russo per fucili cui sarebbesi associato Governo francese perché teme comprometta ministri ,abissini favorevoli Intesa.

83

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2438/565. Londra, 10 novembre 1915, ore 15,06 (per. ore 18).

Assistetti ieri sera al banchetto annuale al Guild Hall.

Primo ministro riparò nota svista (3) nei seguenti termini: «Non v'è una di quelle potenze Francia, Russia, Italia, e noi stessi, che non sia risolutamente determinata, lo dico in nome di tutte loro, ad assicurare alla Serbia l'avvenire che il suo eroismo ed i suoi sacrifici meritano».

In altro passaggio, caldamente applaudito, Asquith rese dovuto omaggio di ammirazione coraggio ed abilità dell'esercito italiano che sotto gli occhi e colla cooperazione del valoroso suo Re spinge passo a passo austriaci e va di settimana in settimana avvicinandosi alla meta.

Asquith riaffermò unità propositi alleati dichiarando che voci di pace separata sono fandonie prive di ogni valore. All'Italia accennò pure dopo aver parlato delle altre alleate e della nota recente adesione giapponese ministro dell'interno nei seguenti termini:

«Un anno fa unione alleati non comprendeva Italia; ma nel frattempo il popolo italiano con la cui storia ed aspirazioni questo paese ha conservato così intensa simpatia si è schierato fra i difensori della libertà».

Intonazione generale piuttosto combattiva discorsi di Asquith e Balfour; recisa deplorazione linguaggio di una « notoria ma trascurabile » parte della stampa, la enfatica motivazione della soppressione del Globe lasciavano impressione che primo ministro è tuttora forte e padrone della situazione.

(l) -Rltrasmesso a Londra e Pietrogrado con t. gab. 1479 del 10 novembre, ore 21. (2) -Cfr. n. 72. (3) -Cfr. n. 47.
84

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, CACCIA DOMINION!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7705/891. Tunisi, 10 novembre 1915, ore 19,50 (per. ore 23,40).

Piroscafo Ancona. Relazione comandante del piroscafo Masuardo oggi qui giunto conferma essenzialmente particolari già forniti (1). Esclude però alcun avviso fermare da parte del sommergibile battente bandiera austriaca il quale annunziò la sua presenza con un colpo di cannone a circa cinque miglia che sfiorò piroscafo. Filando il sottomarino a velocità grandissima, calcolata circa 18 miglia, era impossibile per l'Ancona sfuggire all'inseguimento e perciò si arrestò completamente. Le ultime cannonate e siluri ebbero luogo 300 metri.

85

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2446/198. Atene, 11 novembre 1915, ore 12,45 (per. ore 13,35).

Ieri sera Estia pubblicava articolo in cui veniva detto che la Germania per mezzo del ministro di Grecia a Berlino faceva sapere alla Grecia che la Germania si attendeva che questa in caso di ritirata delle truppe serbe o anglofrancesi in territorio greco applicherebbe strettamente norme della neutralità disarmando ed internando quelle truppe. Poco dopo apparso quell'articolo ho

avuto occasione di vedere Skuludis e gli ho chiesto se notizia data dall'Estia era vera. Presidente del consiglio non ha voluto negare ma neppure mi ha confermato tale notizia lasciandomi peraltro impressione che in og1ù caso dichiarazioni e pressioni tedesche nel senso suddetto non siano mancate. Egli mi ha detto poi in modo positivo che Governo greco avrebbe applicato alle truppe serbe non meno che agli anglo-francesi che fossero venuti su territorio greco le strette norme della convenzione dell'Aja. Tutto al più egli si sarebbe prestato ove avesse trovato disposizioni favorevoli a ciò, a negoziare coi due gruppi belligeranti la determinazione di una zona libera attraverso la Serbia per cui serbi ed anglo-francesi avrebbero potuto ritirarsi senza essere molestati. Questa dichiarazione che negli stessi termini era stata fatta pochi istanti prima anche al ministro di Francia è da questi e dagli ufficiali anglo-francesi addetti a quella legazione considerata come gravissima. Oltre al suo significato materiale essi le attribuiscono un significato morale di ostilità alla spedizione anglo-francese da cui temono conseguenze assai penose. Gli anzidetti ufficiali vanno fino al punto di proporre che si richieda alla Grecia sotto forma di ultimatum colla minaccia delle più fiere rappvesaglie la smobilitazione dell'esercito greco che oramai anziché promettere appoggio all'azione militare dell'Intesa non costituisce .più per essa che una minaccia. Le misure coercitive contro la Grecia nido di insidie e di perfidia furono da me proposte fino dal 12 giugno col mio telegramma n. 51 gabinetto (1). Quindi attuali idee di questa legazione di Francia non sono certamente in contraddizione con quanto io stesso avevo pensato in previsione degli avvenimenti e tempi che poscia si sono prodotti. Al momento attuale e pure dubitando fondato timore che da un tradimento greco ogni pericolo possa derivare a quella sciagurata spedizione anglofrancese nonché ai serbi esiterei tuttora davanti a misure che condurrebbero inevitabilmente ad una rottura coll'ultimo paese del Levante di cui un lembo resta ancora nelle mani della diplomazia dell'Intesa (2).

(l) Cfr. n. 78.

86

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2449/566. Londra, 11 novembre 1915, ore 15,30 (per. ore 18,20).

Nell'annunciare ieri alla Camera provvedimenti presi per rinforzare Stato Maggiore, primo ministro manifestò speranza sua e di Briand di vedere fra breve istituito una specie di consiglio di guerra comune nel quale sederanno i ministri francesi e britannici per dirigere e controllare coll'assistenza dei rispettivi Stati Maggiori operazioni militari e navali comuni.

Aggiunse Asquith che Francia ed Inghilterra sarebbero oltremodo liete se Italia e Russia volessero associarsi per scopi suindicati.

(l) -Cfr. serle V, vol. IV, n. 166. (2) -Ritrasmesso a Parigi, Londra, Pietrogrado e Bucarest con t. gab. 1486 dell'H novembre, ore 21.
87

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2447/569. Londra, 11 novembre 1915, ore 15,30 (per. ore 18).

Telegramma V. E. gabinetto n. 1479 (1).

Anche questi giornali hanno riprodotto notizia segnalata da Tittoni senza però aggiungere commenti. Stamane Daily Telegraph pubblica corrispondenza dott. Dillon, il quale afferma questione forma oggetto esame delle autorità militari italiane. Molto opportunamente Dillon aggiunge essere desiderabile che potenze triplice intesa cerchino di capire lavoro della mentalità italiana, aspirazioni nazionali e valore dell'efficiente contributo militare e navale italiano in questo momento critico.

88

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (2)

T. GAB. 1494. Roma, 12 novembre 1915, ore 21,30.

Questo ambasciatore di Russia mi ha detto stamane che di fronte alle dichiarazioni fatte da Skuludis ai ministri di Russia e di Francia relativamente all'eventuale disarmo delle truppe serbe che si ricoverassero in Grecia (3), Sazonov propone che 1e quattro potenze facciano una formale comunicazione ad Atene per dichiarare di non poter ammettere l'eventuale disarmo dei serbi, che essi considerano come facenti parte del grande esercito degli alleati, e per chiedere al Governo ellenico una dichiarazione per iscritto che non farà nessun tentativo simile. Questo passo delle quattro Potenze dovrebbe essere accompagnato dal blocco generale delle coste greche e da una dimostrazione navale al Pireo.

Risposi che il passo mi pareva assai grave, perché poteva precipitare la situazione, prima ancora che le truppe alleate si trovassero in forze sufficienti sui luoghi per poter far fronte alle conseguenze nel caso di rifiuto da parte della Grecia. Che anche per questa ragione sconsigliavo fortemente ogni misura contemporanea di blocco che apparisse fin da principio come un atto addirittura ostile quale potrebbe soltanto tener dietro ad un rifiuto; mentre la dimostrazione poteva ancora serbare il solo carattere di una pressione; che vedevo con piacere che non si facesse alcun cenno di intimazione di smobilitazione o disarmo.

Comunque non capirei un passo simile senonché a condizione che gli alleati fossero fin da ora disposti a portare sollecitamente ove occorra le loro forze a Salonicco fino a una cifra di circa 400 mila uomini. E poiché non potevo oggi dire nulla intorno alla parte che potrebbe prendere l'Italia nelle conseguenze che derivassero da una mossa siffatta, e credevo anzi di poter quasi escludere la possibilità di mandar truppe per la via di Salonicco, non mi sentivo in condizione di poter dare alla domanda di Sazonov una risposta che oggi apparisse come una spinta alla Francia e all'Inghilterra verso un passo così grave. Che a parte ciò avrei dovuto consultare il presidente del consiglio e i colleghi intorno alla eventuale nostra partecipazione alla comunicazione collettiva e alla dimostrazione navale; ma che personalmente ero favorevole a che vi ci associassimo quando su di essa si riunissero preventivamente tutti i consensi degli alleati.

Barrère che ho veduto nel pomeriggio di oggi mi ha comunicato come, dietro le notizie impressionanti venute da Atene sulle disposizioni poco amichevoli di quel Governo, il Governo francese aveva proposto a quello inglese di mandare altre navi da guerra al Pireo e a Salonicco per fare una dimostrazione di forza, pur preparandosi ad un eventuale blocco generale delle coste e allo stesso tempo di rallentare ogni invio di rifornimenti o di danaro agli elleni, in modo da impressionarli sulle conseguenze che deriverebbero loro da un mutamento di fronte. Preparate le forze si potrebbe quindi procedere ad una intimazione precisa diffidandoli da ogni eventuale disarmo dei serbi o di altre truppe alleate che si ritirassero in Grecia.

Risposi che in massima approvavo questo concetto, che pur procedendo sopra una linea parallela a quella della proposta Sazonov espostami stamane da Giers, curava di raccogliere sui luoghi un maggior cumulo di forze prima di passare alle minacce. Come forze di terra trovarsi ora gli alleati in condizioni di grande inferiorità di fronte anche ai soli greci, e che per quanto potesse non parere probabile che questi in seguito alla diffida si buttassero subito e chiaramente dalla parte avversa, pure doveva prevedersene la possibilità.

Chiesi a Barrère se sapesse della risposta degli inglesi, ma egli mostrò di non averne ancora notizia.

Nell'accennare alla questione del nostro eventuale intervento a Salonicco, Barrère rispondendo alla mia osservazione sulla assoluta insufficienza dell'invio non che di 150 ma anche di 200 o 250 mila uomini a Salonicco per ristabilire oggi le cose nei Balcani, si mostrava convinto che gli alleati avrebbero dovuto aumentare notevolmente i loro contingenti; ed esprimeva la speranza che almeno in questa ipotesi l'Italia avrebbe portato anche lei il suo contributo da quella parte.

Risposi che sulla questione del dove e del come noi potessimo partecipare alla causa generale di soccorso dei serbi, speravo tra pochi giorni poter dare una risposta precisa.

Barrère mi chiese che risposta davamo alla domanda che egli riteneva esserci stata fatta dai serbi come l'avevano fatta alla Francia, di consegnarci i prigionieri austriaci che si trovavano nelle loro mani.

Risposi che non avevo finora ricevuta questa domanda; che se ci venisse, non credevo che in massima avremmo avuto niente da opporre ma che il punto serio della questione stava nel trovare il modo di poterei fare la consegna di tali prigionieri ed effettuarne il trasporto, in quanto ciò già implicava risoluta la questione della spedizione di soccorso sia a traverso la Grecia sia a traverso l'Albania.

(l) -Cfr. n. 81, nota l. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, clt., pp. 268-270. (3) -Cfr. n. 85.
89

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2476/571. Londra, 12 novembre 1915, ore 21,55 (per. ore 3,50 del 13).

Grey mi diceva testè che questione di cui telegrammi V. E. gabinetto

n. 1471 (l) e 1486 (2) formando attualmente oggetto di scambi di vedute fra Londra e Parigi egli non era in grado di manifestarmi il suo pensiero in modo concreto e definitivo. Poteva però dirmi in tesi generale che i due Governi sono in base alla primitiva richiesta di Venizelos ed alle successive dichiarazioni di Zaimis in diritto di aspettarsi a che truppe franco-inglesi abbiano piena libertà di ingresso ed egresso fra Salonicco e teatro delle operazioni balcaniche. Qualunque tentativo della Grecia che tendesse a restringere tale libertà sarebbe considerato come un atto di ostilità.

Medesimo trattamento intenderebbero due Potenze venga fatto alle truppe serbe.

In attesa di formale ed esauriente affidamento in tal senso da parte del Governo ellenico sono già in corso misure miranti ad impedire entrata di rifornimenti in Grecia.

90

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

T. GAB. R. 2480/574. Londra, 12 novembre 1915, ore 21,55 (per. ore 6,50 del 13).

Nel corso dell'odierno colloquio Grey mi ha detto di essere egli alquanto turbato e preoccupato per alcune informazioni qui giunte dell'arrivo a Genova di due agenti tedeschi con incarico di fare larghi acquisti di articoli di rifornimenti per la Germania. Premesso che avendo già telegrafato a Rodd, mi parlava in via affatto personale ed amichevole, ha proseguito quasi testualmente così:

«Mac Kenna mi dice che superate oramai le difficoltà principali la conclusione dell'accordo finanziario (4) è oramai in buona via. Voi avrete notato

che nella questione noi vi abbiamo considerato solo come full alleati. Non abbiamo un momento solo pensato né pensiamo a rilevare il fatto del non essere voi ancora in guerra colla Germania. Conosco e me ne rendo perfettamente conto le diftìcoltà interne in cui travasi Sonnino nel quale al pari che nel presidente del consiglio nostra fiducia è illimitata. Non è quindi mia intenzione di troppo press this point. D'altra parte voi che conoscete nervosismo e la tendenza a criticare e recriminare tutto e tutti ora prevalente nel nostro paese e la mania di interrogare di cui sono affetti vari nostri deputati dovete pure tener presente l'imbarazzo in cui mi verrei a trovar io se uno di questi giorni mi venisse rivolta alla Camera qualche interrogazione circa operazioni finanziarie concluse con voi in connessione con l'altra situazione vostra rispetto alla Germania ».

Ho risposto che per quanto concerneva le nostre esportazioni in Gennania non potevo che ripetergli quanto dissi sabato a Mac Kenna e cioè che quelle informazioni mi paiono inesatte e tendenziose. Per il resto io non possedevo elementi che mi permettessero di addentrarmi nell'argomento.

Grey ha ripetuto con insistenza che mi aveva parlato a titolo strettamente personale per manifestarmi il suo pensiero coll'usata franchezza e cordialità alla quale si inspirano nostre relazioni.

Accennando poscia alla tragedia dell'Ancona crimine da lui qualificato anche più feroce di quello del Lusitania, Grey ha detto essere convincimento generale qui che nefanda azione deve essere stata opera di un sommergibile tedesco. È notorio difatti che marina austriaca non possiede sommergibili delle dimensioni ed armamento pari a quello che ha cannoneggiato ed affondato l'Ancona.

Per quanto Grey non abbia formulato alcun esplicito apprezzamento sulle conseguenze del fatto non era difficile intuire tendenza sua osservazione (l).

(l) -Cfr. n. 74, nota 2. (2) -Cfr. n. 85, nota 2.

(3) Ed. in SONNINO, Carteggio, clt., n. 445.

(4) Cfr. nn. 96 e 100.

91

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 2695/555. Atene, 12 novembre 1915 (per. il 22).

La Nea Ellas apprende che da qualche tempo si svolgono negoziati tra Atene e Costantinopoli per un accordo greco-turco. Per conto del Governo greco sono svolti da Streit e per conto della Turchia da Galib Kemal bey ministro in Atene.

Per tali negoziati è venuto uno speciale inviato da Costantinopoli e vi si interessa molto la Germania. L'accordo sarà presto realizzato. Ha per oggetto il componimento delle seguenti questioni:

l. Questione delle isole, compreso il Dodecanneso.

2. Questione ritorno profughi e restituzione loro beni.

3. -Questione garanzie di libertà di culto e istruzione. 4. -Consolidamento dei rapporti amichevoli tra i due Stati sulla base di una specie di alleanza economica.

I negoziati preliminari essendo stati ultimati, è stato inviato a Costantinopoli, per continuarli, un funzionario superiore greco e per lo stesso scopo è qui giunto un funzionario superiore turco. Il Ministro degli Interni Gunaris segue l'andamento dei negoziati.

La notizia è stata telegrafata ieri dai corrispondenti russi in Atene; ma ignorasi se la censura permetterà la trasmissione.

Che il Gunaris abbia frequenti colloqui col ministro di Turchia e con quello di Germania mi viene asserito da molte parti. Di più per ora non so; ma sarebbe in armonia colle generali tendenze politiche oggi attribuite alla Grecia il procurare intese colla Turchia. Sarà ciò argomento di ulteriori mie ricerche ed investigazioni.

(1) Per la risposta di Sonnino cfr. n. 116.

92

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

L. P. Roma, 12 novembre 1915.

Se non è possibile pel siluramento dell'Ancona alcuna rappresaglia, mancandone il modo, occorre almeno dire qualche cosa: per esempio redigere e pubblicare una protesta con qualche solennità, a nome del governo. Il caso è veramente peggiore di quello del Lusitania: si trattava di un piroscafo per l'America non dall'America, carico di uomini non di merci e quindi esulava ogni possibilità di contrabbando di guerra. Dirai che protestare non serve a nulla. Sostanzialmente è così. Ma il pubblico trova una certa soddisfazione nel leggere le proteste; e non bisogna trascurare lo spirito pubblico.

Se tu consenti occorrerebbe far presto.

L'accluso telegramma da Tunisi (2), in corrispondenza con gli altri numerosi siluramenti che avvengono in questi giorni nel Mediterraneo, mi fanno pensare che fra le tre nazioni alleate sarebbe indispensabile una intesa pronta per la caccia dei sommergibili e la scorta delle navi mercantili. Noi abbiamo il massimo interesse a provocarla concorrendovi e sia per i nostri trasporti verso la Libia e verso l'Oriente sia, e più, per impedire che non si fermi tutto il nostro traffico nel Mediterraneo occidentale: il che sarebbe un vero disastro.

Vedi tu la forma da dare a questa iniziativa (3). Ma, a parer mio, occorrerebbe prenderla subito, d'accordo con Corsi. [P.S.] Come d'intesa darò appuntamento a Cadorna per domani alle 10,30 a [palazzo] Braschi, invitando anche Carcano e Zupelli.

(l) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. In SoNNINo, Carteggio, clt., n. 444. (2) -Cfr. n. 84. (3) -Cfr. n. 98.
93

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7755/808. Pietrogrado, 13 novembre 1915, ore 2,20 (per. ore 9,10).

Testo della comunicazione rimessa il 9 corrente a Sazonov da quest'incaricato d'affari di Grecia in seguito istruzioni del suo Governo

«Le nouveau Cabinet continue à poursuivre la meme politique que le Cabinet présidé par M. Zaimis, voir celle de la neutralité armée, marquée d'une. sincère bienveillance envers les Puissances de l'Entente. Vous pouvez donner dane aux ministres des affaires étrangères les assurances les plus formelles sur le caractère de notre politique en ajoutant que nous faisons nòtres les déclarations de Zaimis, concernant l'attitude amicale du Gouvernement du Roi vis-à-vis des troupes alliées débarquées à Salonique. Nous avons trop conscience des véritables intérets de la Grèce et de ce qu'elle doit aux Puissances protectrices pour que nous nous écartions le moins du monde de cette ligne de conduite. Nous sommes par conséquent convaincus que les sentiments d'amitié de ces Puissances pour la Grèce ne sauraient etre en aucun cas infiuencés par les informations tendencieuses et malveillantes, qui sont mises en circulation dans le but évident, mais en vain, d'altérer les rapports amicaux qui existen entre la Grèce et les Puissances de l'Entente ».

Sazonov ha preso atto verbalmente delle dichiarazioni, osservandosi correttezza corrispondente ai bene intesi interessi della Grecia. Giusta un telegramma di Iswolsky, eguale comunicazione è stata fatta da Romanos a Cambon, che avrebbe manifestato suo compiacimento per quelle dichiarazioni amichevoli ed avrebbe aggiunto che sbarco truppe alleate a Salonicco serve non solo alla Serbia, alleata della Grecia, ma altresì alla Grecia stessa, perché le garantisce conservazione di Salonicco. Cambon ha detto a Iswolsky condividere opinione Demidov circa astensione dal parlare ad Atene dell'accoglienza che verrebbe riservata a soldati serbi eventualmente rifugiantisi su territorio ellenico. A suo avviso, se tal caso si verificasse, alleati potrebbero trattare la questione con il Governo greco, come se quei soldati appartenessero al loro proprio esercito.

94

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7766/697. Durazzo, 13 novembre 1915, ore 18 (per. ore 20).

Essad si è mostrato oggi assai demoralizzato e mi ha parlato di una sua eventuale partenza per l'Italia nel caso in cui la Quadruplice non agisca prontamente anche in Albania. Mi ha fatto francamente capire che restando qui non vi sarebbe per lui altra alternativa se non quella di perdonare ai mussulmani ed unirsi a loro per salvarsi. Quanto prima vorrebbe far partire per Napoli la moglie ciò che indicherebbe la sua risolutezza di non abbandonare più il nostro partito. Egli ha mandato rinforzi di 300 gendarmi dalle parti del Mati per opporsi ad un eventuale sbarco di austriaci ma teme che ciò sia insufficiente. Non vi è infatti da illudersi sulle eventuali gravi conseguenze per Durazzo come per il Montenegro se riuscisse un colpo di mano dalle parti del Mati oppure di Medua.

95

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 7789/92. Asmara, 13 novembre 1915, ore 19 (per. ore 16 del14). (l)

La situazione in Abissinia è invariata: è più accentuato dualismo di poteri ed idee fra Governo Addis Abeba e quello di Dessié: il Governo di Addis Abeba è sinceramente favorevole alle Potenze dell'Intesa, mentre l'atteggiamento di Ligg Jasu e Negus Mikael è più incerto ed oscuro e ad esso tentano ora far capo manovre turco-tedesche, come lo dimostra... (2) andata Dessié di questo vice console. Per quanto le informazioni degli agenti di Dessié e Adua segnalino una certa attività da parte Governo di Dessié nell'... (2) concernente... (2) ed un certo risveglio nei sospetti sulla connivenza fra Governo dell'Eritrea e Garassellassié, nulla per ora può confermare sospetto intenzione ostile contro noi 2.nche da parte Ligg Jasu e di Negus Mikael.

Mi risulta che questa legazione Germania e... (2) ottomano contano specialmente sul prossimo attacco turco contro Egitto Palestina che essi già hanno preannunziato al Governo etiopico affermando certa sua riuscita (per indurre Llgg Jasu e Negus Mikael a proposte apertamente... (2) Germania ed a creare difficoltà all'altro gruppo Potenze belligeranti. Console ottomano esplica la più attiva propaganda fra i mussulmani indigeni ed arabi qui residenti affermando simpatia islamismo di Ligg Jasu e la sua intenzione convertirsi islamismo.

Io sono partigiano continuare contatto con Fitaurari Abte Gheorghis ed altri capi scioani che mi hanno dichiarato esplicitamente che qualunque tentativo turco-germanico non potrà riuscire a smuovere Abissinia dal suo atteggiamento amichevole verso Potenze Intesa e mi hanno fatto chiaramente comprendere che nel caso in cui Ligg Jasu volesse insanamente seguire sue tendenze islamismo ed abbracciare causa turco-germanica, egli non sarebbe certamente seguito dai capi scioani. Prossimo arrivo Dessié Ras Wolde Gheorghis rischiarerà meglio situazione interna Abissinia c dopo la sua venuta è più di tutto probabile che Ligg Jasu si decida a ritornare Addis Abeba. Prego comunicare ministero colonie.

(l) -Il presente telegramma venne trasmesso tramite l! governatorato dell'Eritrea. (2) -Gruppo !ndec!frato.
96

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2496/575. Londra, 13 novembre 1915, ore 22,53 (per. ore 5,40 del 14).

Stringher pregami comunicare a V. E. ed a S. E. il ministro del tesoro quanto segue:

«Abbiamo avuto una lunga conferenza alla Tesoreria per dibattere le controproposte inglesi in ordine alle disposizioni degli articoli sette e nove del progetto dell'accordo e lettera relativa alla clausola condizionale di forza maggiore.

Si riproducono qui di seguito i detti articoli e la detta lettera secondo ultima redazione a cui abbiamo potuto condurre cancelliere dello scacchiere e riteniamo non essere possibile ottenere ulteriori concessioni malgrado sforzi nostra buona volontà.

Ricordiamo che seconda parte dell'articolo 9 che comincia con le parole " Per assistere il Governo britannico " potrebbe essere soppressa qualora nella prima parte dello stesso articolo fossero soppresse le parole "per quanto gli sarà possibile " e dopo parole " si gioverà " relativamente agli acquisti fosse aggiunta la parola "tutti".

Noi abbiamo insistito per avere maggiore libertà di movimenti ma non ci fu possibile ottenere di più di fronte alla ferma decisione del cancelliere. Dobbiamo quindi lasciare al R. Governo giudicare ed indicarci se e quale delle due formule alternative siamo autorizzati ad accettare.

" Art. VII. -Al principlo di ogni mese H Ministero informerà possibilmente e salvo successive modificazioni se necessario il Tesoro britannico dei suoi probabili bisogni per il mese per ognuna delle due categorie indicate nell'articolo 6 precedente (somme da spendere fuori del Regno Unito e somme da spendere nel Regno Unito).

Gli attuali crediti saranno fissati a brevi intervalli per quell'ammontare che sarà necessario per fare fronte ai bisogni secondo le disposizioni di questo accordo per fare fronte ai contratti stipulati precedentemente, in quanto questi non possono essere fronteggiati col saldo che presenta alla data di questo accordo l'anticipazione fatta col patto di Nizza. In caso di bisogno immediato da parte del Governo italiano in qualunque mese, eccedente l'ammontare dovuto in quel mese, il Governo italiano potrà liberamente rivolgersi al Tesoro britannico per un'anticipazione a valere sull'ammontare dovuto nel mese successivo.

Art. IX. -Allo scopo di evitare dannose concorrenze fra i Governi alleati nell'acquisto di merci, il Governo italiano nel suo stesso interesse si gioverà, per quanto gli sarà possibile, dell'opera dei suoi rappresentanti a Londra per acquisti di materiali da guerra e altre merci negli Stati Uniti dell'America del Nord e nell'Impero britannico, e procurerà che questi rappresentanti agiscano in consultazione con autorità britanniche. Anche in caso di acquisti altrove, seguirà per quanto è possibile lo stesso sistema, e terrà informati i suoi rappresentanti a Londra di quanto si stia per fare.

Per assistere Governo britannico nelle necessarie provviste, n Governo italiano lo terrà informato per mezzo dei suoi rappresentanti a Londra della natura degli acquisti per i quali sì debbano effettuare pagamenti con attuale anticipazione.

Col dovuto riguardo ai suoi urgenti bisogni e subordinatamente alla sua piena libertà d'azione di Governo italiano per un riguardo ai desideri della sua alleata britannica, farà del suo meglio per non dare delle ordinazioni all'estero senza essersi prima persuaso per mezzo dei suoi rappresentanti a Londra che queste ordinazioni non possano eseguirsi nel Regno Unito a condizioni ugualmente vantaggiose. Il Governo britannico dal canto suo metterà a disposizione dei rappresentanti in Londra del Governo italiano qualunque informazione che possa essere loro utile per garantire che i loro acquisti siano fatti alle migliori condizioni possibili sia per la qualità delle merci che per n loro prezzo".

Progetto della lettera del cancelliere dello scacchiere al ministro del tesoro:

"Come ho spiegato a S. E. l'ambasciatore d'Italia all'epoca della firma dell'accordo finanziario testè concluso a Londra tra Governo italiano e quello britannico, le disposizioni per le provviste dei crediti mensili al Governo italiano per il periodo successivo alla chiusura del corrente anno finanziario britannico, cioè al 31 marzo prossimo venturo, devono necessariamente essere in un certo senso condizionali. Se per ragioni al di sopra del suo stesso controllo, il Governo britannico si trovasse nell'impossibilità di ottenere mezzi di pagamento negli Stati Uniti dell'America del Nord adeguati a fronteggiare tutte le obbligazioni dei vari Governi alleati negli Stati Uniti dell'America del Nord, che si è impegnato a fronteggiare per quanto gli sia possibile alla data dì questo accordo, oltre i pagamenti ad esso stesso necessari in quel paese, l'adempimento di quella parte del recente accordo che riguarda i crediti disponibili al dì fuori del Regno Unito sarà sospesa temporaneamente e si renderà quindi necessaria una revisione. Se d'altra parte le condizioni dei cambi nel Regno Unito dovessero diventar libere da ogni preoccupazione durante lo scioglimento del presente accordo, il Governo britannico sarebbe disposto a prendere in considerazione nuovi modi di restrizione sulle somme da spendere dal Governo italiano al dì fuori dal Regno Unito, che è stato necessario introdurre nell'articolo 6 dì questo accordo".

Domani trasmetteremo tutti gli altri articoli definitivamente concordati» (1).

97

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2495/537. Pietrogrado, 14 novembre 1915, ore 1,40 (per. ore 10).

Questa ambasciata britannica ha comunicato a Sazonov che giusta parere dell'Addetto militare in Atene ulteriori operazioni militari degli alleati sul

Vardar sarebbero inutili senza cooperazione greca e che quindi è indispensabile spingere Grecia a dichiararsi.

Timore della Germania sarebbe più che controbilanciato nell'animo del Re se Sua Maestà venisse posto nell'alternativa di unirsi a trecentomila uomini di truppe alleate o di vedere annichilito il suo paese.

Addetto militare conclude sostenendo non doversi chiedere alla Grecia la smobilitazione ma imporle l'impegno delle sue forze accanto agli alleati mediante presenza nelle acque del Pireo di una forte squadra.

Sazonov mi ha detto effettivamente di riconoscere pure non solo inutilità ma anche pericolo di spingere operazioni sul Vardar se non si ha garanzia circa disposizioni dei greci.

Truppe alleate secondo il suo modo di vedere, devono per ora mantenersi compatte non troppo lontane da Salonicco per togliere ai greci ogni velleità di tentare loro disarmo. Tutto al più esse potrebbero tenere fermamente alcune posizioni ove i serbi potessero rifugiarsi finché (siccome Trubetzkoy lo telegrafa) le comunicazioni di ponente con Monastir sono aperte. Quanto alle vedute generali dell'addetto militare inglese Sazonov le condivide in massima siccome lo ha già dimostrato con la recente sua proposta (mio telegramma

n. 533) (l) e crede che il momento sia giunto di porre Grecia in dimora di decidersi ( 2).

(l) Cfr. n. 100.

98

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

T. 3901. Roma, 14 novembre 1915, ore 14.

(Solo per Parigi, Londra, iPetrogrado, Tokio, Serbia, Lussemburgo, Havre):

«Ho telegrafato quanto segue alle R. Rappresentanze presso i paesi neutrali: (Per gli altri) : Prego V.S. leggere a codesto Ministero degli affari esteri la seguente comunica21ione di cui potrà rilasciargli copia:

(Per tutti): « Codesto Governo conosce senza dubbio i particolari, riferiti dalla stampa, dell'attentato di cui fu vittima la marina mercantile italiana, il 7 corrente, da parte del nemico. Già più volte distruzione di navi mercantili era avvenuta a nostro danno in circostanze che escludevano ogni spiegazione all'infuori dell'accanimento di una forza brutale contro i beni di individui pacifici. Già marinai e passeggeri inermi ed innocenti erano stati vittima di tali atti.

Pur tuttavia in nessun caso era stato raggiunto un così alto grado di crudeltà come in quello dell'Ancona.

Questa nave, in viaggio per New York, si dirigeva verso occidente, tra la Sardegna e la costa tunisina, carica di passeggeri e mercanzie destinate all'America, senza avere alcuna arma a bordo. Era assolutamente esclusa ogni possi

bilità che l'Ancona trasportasse contrabbando o persone in servizio militare dei belligeranti. Niuna delle circostanze che vennero allegate in altri casi per giustificare, in qualche modo, atti qualificati dai loro autori come necessità di guerra o misure di rappresaglia, si verificò al riguardo dell'Ancona.

Esistono principi che nessuno Stato dovrebbe disconoscere e che nessun individuo potrebbe impunemente infrangere. Il rispetto della vita delle persone che non partecipano in alcun modo alla guerra travasi fra queste regole fondamentali dell'umanità e del diritto. Da questa regola deriva lo stretto obbligo pei belligeranti di fare tutto il possibile, in ogni circostanza, per risparmiare la vita di queste persone.

Senza alcun preavviso, senza alcun colpo in bianco, senza compiere alcuna delle formalità della visita, il sottomarino incontrato dall'Ancona, nelle circostanze sopradette, cominciò a cannoneggiare la nave inerme, colpendone senza tregua gli apparecchi radiotelegrafici, i fianchi e il bordo quando la nave era ferma, le stesse scialuppe sulle quali i passeggeri terrorizzati per l'imminente pericolo cercavano salvezza. Di questi molti furono feriti o uccisi: taluni essendosi accostati al sottomarino furono respinti con dileggio dall'equipaggio. Fu così che più di 200 persone, fra cui donne e bambini annegarono.

Il Governo del Re crede suo dovere denunciare solennemente queste circostanze a tutti gli Stati; i loro sentimenti di giustizia e di umanità giudicheranno senza dubbio come merita la condotta di un nemico che agisce così patentemente in modo contrario ai principii del diritto delle genti e ad ogni sentimento di civiltà».

(l) -Non rinvenuto. (2) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Atene con t. gab. 1513 uel 14 novembre, ore 14.
99

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2500/466. Parigi, 14 novembre 1915, ore 15,25 (per. ore 17,30).

Stamane ho avuto una conversazione lunga con Briand al quale ho parlato della situazione in Grecia nei termini del telegramma di V. E. n. 1494 (l).

Briand mi ha detto dividere interamente modo di vedere di V. E. e che prima di fare alla Grecia qualsiasi minaccia è opportuno sbarcare nuove truppe a Salonicco in modo da a vere in ogni caso la sicurezza di impadronirsi di quella piazza e di riunire una imponente forza navale in prossimità della costa greca. Briand non crede che la Grecia anche minacciata possa giungere al punto di rompere apertamente coll'Intesa perché oltre al blocco che la rovinerebbe economicamente sarebbe esposta subito alla perdita di tutte le isole. Però Briand conviene con V. E. che questo mutamento per quanto improbabile deve essere tenuto presente. Briand mi ha confermato essere suo proposito di continuare in una attitudine amichevole verso la Grecia fino a quando sia giunto il momento di colpire fortemente.

La missione Cochin è l'ultimo tentativo conc1Uante.

Quanto al ministro di Francia ad Atene egli in una intervista data al giornale Nea Imera che ~.tamane è riprodotta dai giornali francesi smentisce che egli abbia chiesto la smobilitazione o si sia mescolato di questioni interne greche e aggiunge che la neutralità greca è benevola per l'Intesa e per il passaggio e per il soggiorno delle truppe alleate nel territorio greco ha preso impegni irrevocabili.

Briand mi ha chiesto se ero in grado di dargli qualche notizia circa il nostro intervento in Albania. Gli ho risposto che già ieri l'altro V. E. aveva detto a Barrère che tra breve gli avrebbe dato al riguardo una risposta precisa. Briand mi ha detto che egli comprende che il nostro corpo di spedizione in Albania non potrebbe essere inferiore a 100.000 uomini e quindi richiede una minuta preparazione ed organizzazione anche per il successivo rifornimento del corpo stesso. Però sarebbe importante che giungesse in tempo a raccogliere una parte dell'esercito serbo. Briand dice che se i 150.000 anglo-francesi di Salonicco potessero raccogliere 100.000 serbi ed unirsi ad essi permettendo ad essi di ricostituirsi e se altri 100.000 serbi potessero essere raccolti e ricostituiti dal corpo di spedizione in Albania gli alleati si troverebbero a disporre nei Balcani di una forza di 450.000 uomini, la quale con i rinforzi che si preparano sarebbe poi successivamente aumentata.

Briand dice che se il corpo di spedizione italiano, occupata facilmente l'Albania, si trincerasse fortemente nei pochi e difficili sbocchi delle alpi albanesi verso la Macedonia costituirebbe una minaccia nel fianco dell'esercito austrotedesco-bulgaro operante contro gli anglo-francesi provenienti da Salonicco.

La conversazione è terminata con un fervido augurio da parte di Briand di avere presto notizie della spedizione in Albania.

(l) Cfr. n. 88

100

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2511/577. Londra, 14 novembre 1915, ore 22,15 (per. ore 2,45 del 15).

A complemento comunicazioni fatte con i telegrammi diamo qui di seguito il testo tradotto degli altri articoli del progetto di accordo richiamando l'attenzione di V. E. e del ministro del tesoro sugli articoli tre e sei.

L'articolo tre corrisponde all'articolo III degli articoli di Nizza.

L'articolo sei andrà possibilmente riformato nella dizione avendo noi sempre insistito per l'uso in ogni caso della parola generica «pagamenti » più comprensiva epperò meglio rispondente alle nostre vedute.

Precede preambolo costì già noto.

Articolo 1° -Il Governo britannico s'impegna, esaurito il credito provveduto nel detto accordo, di provvedere un ulteriore credito a favore del Governo italiano per una somma non eccedente lire sterline otto milioni al mese nei quattro mesi dal dicembre 1915 al marzo 1916 incluso e non eccedente lire sterline dieci milioni al mese nei nove mesi da aprile a dicembre 1916 compreso, vale a dire fino a conseguenza di un totale di lire sterline centoventidue milioni, i saldi non disposti in ogni mese venendo portati in aggiunta ai mesi successivi;

Articolo 2° -Il Governo italiano consente a rimettere in oro la decima parte dei suddetti ulteriori crediti fino ad un totale di lire sterline dodici milioni contro un credito fisso alla Banca d'Inghilterra, come è provveduto all'articolo cinque, e a rimettere buoni del Tesoro italiano per un ammontare equivalente ai detti crediti cioè per lire sterline centoventidue milioni in tutto.

Articolo 3° -Questi buoni del Tesoro saranno scontati alla prima volta e necessariamente rinnovati fino a due anni dopo !a conclusione della pace al saggio corrente, alla data di ogni operazione, per i buoni del tesoro britannico a scadenza di 12 mesi. Metà saranno poi rinnovabili alle stesse condizioni per un ulteriore periodo di due anni e la restante metà per un ulteriore periodo di quattro anni.

Articolo 4° -Il Governo italiano rimetterà la suddetta somma in oro rateandola come crederà conveniente, e coi mezzi di transito che saranno intesi con Banca d'Inghilterra, a condizione che la somma complessiva dei crediti aperti presso Banca d'Inghilterra a favore Governo italiano non potrà, finché l'intero ammontare di lire sterline dodici milioni non sia rimesso, eccedere in alcun momento dieci volte la somma in oro che sarà stata ricevuta dalla Banca d'Inghilterra da parte del Governo italiano.

Articolo 5° -Quanto è previsto nei paragrafi da sei a non dell'accordo suddetto, firmato l'otto luglio 1915 sarà applicato mutatis mutandis ai crediti fissati nel presente accordo.

Articolo 6° -I crediti mensili da fornire in base a questo stesso accordo saranno divisi in due categorie, la prima per i pagamenti al di fuori del Regno Unito e l'altra per i pagamenti per acquisto di merci e per pagamenti di cuponi ed interessi dovuti nel Regno Unito. Le somme disponibili per gli acquisti a valere sulla prima parte saranno limitate ad un massimo di L. st. quattro milioni al mese nei quattro mesi da dicembre 1915 a marzo 1916, L. st. cinque milioni al mese nei cinque mesi di maggio, luglio, settembre, novembre e dicembre 1916, e L. st. sei milioni al mese nei quattro mesi di aprile, giugno, agosto e ottobre 1916. Il che forma un totale massimo di L. st. sessantacinque milioni.

Articolo 7° -Il Governo italiano, avendo notizia di speciali provvedimenti che si vanno prendendo dal Governo britannico per regolare il corso del cambio con l'America, si avvarrà di tale provvedimento per tutti i pagamenti da farsi nel Nord America in base ai presenti crediti.

Stringher desidera far considerare a V. E. e al ministro del Tesoro come, malgrado ogni sforzo, non sia stato possibile rimuovere questo Governo dal concetto fondamentale espresso dal cancelliere dello scacchiere nella sua lettera all'ambasciatore e da S. E. comunicata a Roma con telegramma gabinetto

n. 502 del 19 ottobre scorso (1). Si sono migliorate in buona misura, e fino

all'estremo limite del possibile, le condizioni che ci si volevano imporre anche a difesa della dignità del nostro paese, ma certo la somma di tre miliardi accordatici in principio verrà nel fatto ad essere notevolmente ridotta ed occorrerà organizzare prontamente in Italia il modo e le forme di dare esecuzione all'accordo per sfruttarlo il più largamente possibile affinché una parte troppo grande dell'operazione prevista non rimanga priva di effetti per le necessità del Tesoro.

(l) Cfr. serle V. vol. IV, n. 937.

101

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2503/207. Atene, 14 novembre 1915, ore 23,30 (per. ore 1,50 del 15).

Questo ministro di Inghilterra mi ha comunicato che, in seguito al timore dei sottomarini, il trasporto delle truppe e armi e munizioni a Salonicco sarà sospeso per almeno quindici giorni (l).

102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, A DURAZZO, ALIOTTI, PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A CETTIGNE, PATERNO' (2)

T. GAB. 1523. Roma, 15 novembre 1915, ore 21.

Questo incaricato d'affari britannico mi ha comunicato il seguente promemoria di sir Ed. Grey:

«Il Governo di S. M. britannica sarebbe pronto a segnalare ai Governi russo e francese la convenienza di promettere agli albanesi che gli alleati favoriranno nell'avvenire, con tutti i mezzi che sono in loro potere, la costituzione di uno Stato albanese indipendente.

Un tale Stato, quantunque posto sotto la protezione dell'Italia, sarebbe organizzato sulla base di cantoni che è già familiare agli albanesi. Ciò estenderebbe il protettorato dell'Italia, contemplato nell'accordo segreto del 26 aprile, sopra un piccolo Stato albanese musulmano, (ad uno) avente a un dipresso al nord per confini la frontiera del Montenegro ed al sud una linea tirata dall'estremità sud del lago di Okrida alla foce del fiume Vojussa e comprendente

IO

delle tribù cattoliche e maomettane. Se ciò è conforme alle vedute del Governo italiano ed è approvato dagli altri alleati sir Ed. Grey propone di autorizzare la missione che è stata mandata a Scutari e qualsiasi altro agente che possa essere mandato in altre parti, ad offrire agli albanesi questa soluzione in compenso dell'osservanza da parte loro di un'attitudine strettamente amichevole nei riguardi degli alleati.

Il signor Lamb, già console generale a Durazzo, il quale sarà il capo della missione mandata a Scutari, è incaricato innanzi tutto di proteggere gli ingegneri britannici e gli ufficiali adibiti al vettovagliamento per la Serbia da ogni attrito e coi montenegrini e con gli albanesi.

Appena egli arriverà colà, la questione albanese, com'è detto più sopra, non deve formare oggetto di alcuna sua iniziativa. Tuttavia non sarebbe possibile di evitare indefinitamente degli attriti a meno che egli non venisse eventualmente autorizzato a fare qualche offerta nel senso indicato che gli alleati potrebbero essere preparati ad accettare.

Anche se il Governo italiano fosse pronto ad assumere in Albania le responsabilità sopra indicate esso senza dubbio desidererà di stabilire in Albania i propri rapporti, ma probabilmente vorrà riconoscere che la Gran Bretagna ha in Albania una certa influenza per mezzo della quale il terreno può essere preparato dalla missione Lamb, urtando meno la suscettibilità della Serbia e del Montenegro, di quello che potrebbe avvenire se l'Italia conducesse indipendentemente i negoziati.

Nei riguardi dei confini meridionali sir Ed. Grey vede un pericolo di compromettere l'avvenire dell'Albania col provocare l'ostilità della Grecia, se la linea fosse estesa più a sud dell'attuale. Ciò può essere possibile più tardi, ma nel momento presente egli pensa che sarebbe prudente rispettare le suscettibilità greche. Né egli pensa si debba ora fare qualsiasi promessa agli albanesi nei riguardi di Scutari, benché egli traveda la possibilità di essere forzato a farne più tardi.

Sir Ed. Grey sarebbe lieto di conoscere le vedute del Governo italiano in questa questione».

Risposi che nelle linee generali noi concordavamo cogli intendimenti prospettati da sir Ed. Grey riguardo all'avvenire politico dell'Albani.:\. Il nostro desiderio era di costituire sotto un alto patronato dell'Italia una Albania autonoma e indipendente entro i limiti approssimativi indicati nel promemoria. Dalla parte meridionale i confini dell'Albania sarebbero costituiti dalla linea approssimativa dell'attuale occupazione dei greci nell'Epiro -così come questa veniva tracciata dallo stesso Venizelos, in una carta comunicataci durante il suo Ministero. Tale linea resta più al sud della foce della Vojussa e tocca il mare a Aspri Ruga.

Quanto a Scutari e Medua pel momento conveniva lasciare la questione sospesa e impregiudicata.

Consideravo opportuno in genere valersi in primo luogo di ERsad per le trattative e i contatti con gli albanesi.

Mi riservavo del resto di meglio considerare la questione.

(l) -Rltrasmesso a Parigi, Londra e Pletrogrado con t. gab. 1518 del 15 novembre, ore 21. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 270-272.
103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (l)

T. GAB. 1525. Roma, 15 novembre 1915, ore 20,40.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro Atene quanto segue: (Per tutti) -Barrère mi ha detto che il Governo francese proponeva di fronte alla situazione preoccupante in Grecia: l o -di procedere sollecitamente al concentramento di una forte squadra alleata nella baia di Suda;

2° -di intavolare intanto una conversazione a Atene, richiamando l'attenzione del Governo ellenico sugli imbarazzi e sulle difficoltà che si oppongono ai movimenti delle truppe alleate sbarcate e chiedendo: a) che si arresti il concentramento di truppe greche a Salonicco e b) che si assicuri agli alleati la libera disposizione della base di Salonicco e delle ferrovie e strade che da essa si volgono verso la Serbia.

Nel caso che i negoziati a tale riguardo prendessero carattere poco favorevole la squadra da Suda si recherebbe al Pireo, nell'intento, secondo le circostanze, di farvi una dimostrazione navale o di procedere addirittura all'azione. Barrère chiedeva se una nave italiana avrebbe potuto concorrere al concentramento navale nella baia di Suda, e se avrei dato istruzioni al R. rappresentante in Atene di associarsi al passo da farsi in comune.

Risposi che constatavo con piacere che si era messa da parte per ora ogni discussione riguardo al caso eventuale ed ipotetico del disarmo o meno delle truppe serbe o alleate che fossero costrette a rifugiarsi entro il confine ellenico; e a ogni domanda di dichiarazione per iscritto per parte del Governo greco. Aggiunsi che avrei dato istruzioni al R. Ministro in Atene di concertarsi coi colleghi intorno alle osservazioni e alle domande da rivolgersi al Governo ellenico nel senso sopraindicato. Quanto al concorso del R. naviglio non avevo difficoltà che uno dei due incrociatori da noi messi a disposizione dell'Ammiraglio inglese in Oriente partecipasse alla radunata nella baia di Suda.

Prego V. S. agire in conformità di quanto precede.

104

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7811/61. Cristiania, 15 novembre 1915, ore 22 (per. ore 4,45 del 16).

Ho dato oggi stesso lettura a questo Ministro Affari Esteri del testo tradotto in francese del telegramma di V. E. n. 3901 (2) circa affondamento del

l'Ancona da parte nemico. Ho rimesso copia della comunicazione al ministro che ha espresso, a titolo personale, con parole stigmatizzanti, tutto il suo orrore per gli atti criminosi e brutali commessi dai nostri nemici nella circostanza. Il ministro medesimo ha trattenuto volentieri il documento dicendo fra l'altro di annettere uno speciale interesse a quella esatta versione dei fatti e di trovare giusta ed opportuna la denunzia di essi da parte del R. Governo.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, clt., pp. 2'/2-273. (2) -Cfr. n. 98.
105

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2516/580. Londra, 15 novembre 1915, ore 22,10 (per. ore 3,55 del16).

Cambon mi diceva stamane che Kitchener ha avuto a Mudros una conferenza con i generali comandanti in Egitto, ai Dardanelli e nei Balcani. Kitchener riterrebbe grave errore ritirare dai Dardanelli le truppe che a suo parere invece conviene mantenere quivi in solide posizioni difensive, salvo a prender parte più tardi ulteriori disposizioni a seconda degli avvenimenti. Parere di Kitchener è condiviso dal colonnello Giraudot distinto ufficiale francese già capo di Stato Maggiore del generale Gouraud e che ora ha accompagnato Kitchener.

Non appena ultimato il suo giro di ispezione intorno, Kitchener tornerà qui a sottoporre le sue conclusioni.

106

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (l)

L. P. Roma, 15 novembre 1915.

In seguito alla nostra conversazione di ieri mattina, avrei formulato l'accluso telegramma da mandarsi, stamane stesso, a Imperiali (2). Dimmi se l'approvi, e rendimi il testo, con le Tue osservazioni, perché io possa fare la spedizione. Ho detto al ciclista che aspetti la Tua risposta.

[P. S.] -Briand dice che noi non possiamo mandare meno di 100 mila uomini in Albania.

(l) Da BCL, Archivio Salandra. Ed. in SONNINO, Carteggio, clt., n. 446.

(2) Il testo definitivo è il n. 116.

107

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

L. P. Roma, 15 novembre 1915.

Nulla ho ad osservare al testo del telegramma che ti rimando (2). Ma mi pare (salvo errore) che sarebbe pure bene determinare quale data si debba apporre all'atto. Dovrebbe essere una data posteriore alla nostra dichiarazione di guerra o almeno alla denunzia della Triplice.

Occorre pure considerare, prima di spedire il telegramma, il quale ci impegna moralmente con Grey colla dichiarazione pubblica della nostra adesione all'Intesa, se non si debba:

a) interrogare il re; b) informare il Consiglio dei ministri della nostra risoluzione. L'una cosa e l'altra a me sembrano necessarie, perché non possiamo prevedere le conseguenze della nostra pubblica dichiarazione. Tu potresti telegrafare oggi stesso al re dicendoti d'intesa con me e spiegandogli brevemente le ragioni della nostra risoluzione. Domani se ne parlerebbe in Consiglio, dovendosi appunto stabilire in massima l'indirizzo da dare ai lavori parlamentari e le dichiarazioni del governo alla Camera. Così domani sera potrebbe essere spedito il telegramma ad Imperiali. Non è a temere che manchi il consenso di Grey. E forse, a impedire le indiscrezioni, il meglio è parlare il più tardi possibile.

108

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL RE, VITTORIO EMANUELE III (3)

T. GAB. S.N. [Roma], 15 novembre 1915.

Secondo gli accordi della convenzione di Londra dell'aprile scorso l'Italia avrebbe dovuto appena dichiarata la guerra firmare con le potenze dell'Intesa un nuovo atto di adesione al patto del 5 settembre 1914 vietante le paci separate, e questo atto a differenza del primo sarebbe stato destinato alla pubblicità. Per particolari circostanze susseguite nel maggio e giugno fu per desiderio espresso dal R. governo rinviata ad epoca indeterminata la stipulazione di questo secondo atto.

Dalla ignoranza del pubblico intorno all'adesione dell'Italia al patto del settembre sorsero molte diffidenze a nostro riguardo, e negli stessi governi alleati non mancarono le lamentele e i sospetti intorno ai motivi della nostra appa

rente ritrosìa a soddisfare ad una delle formalità convenute. Tali diffidenze si aggravarono in occasione della recente adesione del Giappone al patto di settembre.

Sembra al presidente del Consiglio e a me che sia ora venuto il momento, subordinatamente all'approvazione di Vostra Maestà, di chiarire la situazione e di dissipare tutti i sospetti, con l'addivenire alla stipulazione dell'atto già convenuto nell'aprile e ciò con la riserva di poterne dare la prima notizia al Parlamento alla prossima sua convocazione in occasione delle comunicazioni del governo. A questo intento avrei in animo, ove V. M. lo consenta e dopo sentito il Consiglio dei ministri, di spedire al R. ambasciatore a Londra il seguente telegramma (1).

(l) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 447. (2) -Cfr. n. 106. (3) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 450.
109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (2)

T. GAB. 1531. Roma, 16 novembre 1915, ore 12,40.

(Meno Atene) Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) Barrère mi ha detto che risultando con certezza che il Governo greco sta ponendo mine in mare e preparando speciali difese delle coste, Briand ha dato istruzioni al ministro francese ad Atene di fare un passo presso il Governo ellenico, facendogli rilevare che la posa di mine non può interpretarsi che come diretta contro le squadre degli alleati poiché non esistono altre in quei mari, e invitandolo quindi a cessare da tali operazioni; ogni continuazione dovrebbe venire considerata come un atto non amichevole.

Briand invitava i Governi alleati ad appoggiare questa azione.

Ho risposto che riconoscendo la gravità della situazione avrei dato istruzioni al R. rappresentante in Atene di associarsi al passo del suo collega francese.

Richiamavo però l'attenzione dei Governi alleati sulla necessità di avvisare in precedenza il Comando delle forze sbarcate a Salonicco perché si premunissero pel caso di un atteggiamento decisamente ostile per parte della Grecia.

110

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7825/426. Washington, [16] novembre 1915, ore ... (per. ore 18).

Ho dato lettura al segretario di Stato e ho lasciato copia del telegramma di V. E. n. 3901 (3). Ho comunicato la nostra protesta in italiano alla stampa

coloniale e in inglese alla stampa americana. Presumo che V. E. conosca la versione divulgata dall'ammiragliato austro-ungarico, e qui radiotelegrafata da Berlino, che è un tessuto di menzogne e di insinuazioni a carico del R. Governo, del comandante della nave e dell'equipaggio. In caso contrario potrei telegrafare il testo, che è d'altronde commentato, ristampato dai giornali, e lo sarà ancora peggio dopo la pubblicazione della nostra protesta.

Nessuna comunicazione è stata fatta da Vienna né da questa ambasciata austro-ungarica al Dipartimento di Stato.

(l) -Cfr. n. 116. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 273-274. (3) -Cfr. n. 98.
111

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2533/470. Parigi, 16 novembre 1915, ore 21,50 (per. ore 23,50).

Ho oggi conferito a lungo con Cambon Giulio per chiarire bene le idee circa l'attitudine da tenere in Grecia.

Innanzi tutto Cambon Giulio mi ha detto che fino a questo momento il Governo francese ignora intenzioni dell'Inghilterra di sospendere le operazioni sul Vardar e di sospendere per non meno di quindici giorni i trasporti di truppe e munizioni per Salonicco (vedere telegrammi di V. E. gabinetto n. 1513 e

n. 1518) {l).

Cambon Giulio si propone di chiarire a Londra i propositi attribuiti all'Inghilterra che non sarebbero conformi a quelli della Francia, che ha dato al generale Sarrail istruzioni di proseguire energicamente sbarco di truppe a Salonicco e offensiva sul Vardar. Cambon Giulio si è riservato di farmi conoscere il risultato dello scambio di idee col Governo inglese.

Quanto al resto Cambon mi ha sostanzialmente confermato ciò che mi disse Briand e fu da me comunicato a V. E. col mio telegramma n. 466 {2).

Izvolsky non deve ancora aver ricevuto le istruzioni di cui al suo telegramma n. 1520 (3). Infatti lunedì egli ha visto Cambon prima di me e nulla gli ha detto al riguardo.

Quando però farà le comunica:.~ioni di Sazonov avrà qui risposta negativa.

Cambon infatti mi ha ripetutamente affermato che Governo francese intende che dichiarazione da farsi dall'Intesa alla Grecia sia tenuta strettamente nei termini indicati a V. E. da barrère e che Governo francese è ben li.eto abbiano incontrata piena approvazione di V. E.

Se non è giunta finora la proposta russa è giunta invece una formula di comunicazione alla Grecia proposta da ministro d'Inghilterra ad Atene. Briand

e Freycinet la stanno esaminando col proposito di non uscire dai limiti della proposta francese.

Cambon mi ha ripetuto infatti che quello che importa è di trattenere Governo greco da qualunque misura che possa essere rivolta contro l'Intesa quale concentramento di truppe e posa di mine, di assicurare libera disposizione di Salonicco e della ferrovia e concentrare le maggiori forze disponibili navali e terrestri. Questo è quello che importa per il momento: qualunque altra cosa sarebbe inutile o prematura.

Ho detto a Cambon che richiedere ufficialmente e collettivamente alla Grecia di non disarmare truppe serbe o di costituire una linea neutra nella quale potrebbero rifugiarsi conservando le armi mi sembra poco pratico. Infatti Grecia risponderebbe probabilmente che ciò la esporrebbe all'invasione del territorio poiché gli austro-tedeschi, ove i serbi non fossero disarmati avrebbero diritto di entrare nel territorio greco per disarmarli loro. Quanto alla zona neutra essa cesserebbe di essere neutra dal momento che fosse occupata da forze di belligeranti in armi e nessuno potrebbe contestare alle truppe austrotedesche di invaderla.

Cambon mi ha risposto che egli divideva pienamente mio modo di vedere e che se in passato Guillemin aveva avuto istruzioni di rappresentare al Governo greco come disarmo dei serbi non avrebbe potuto essere ammesso dalla Intesa, ora ha avuto istruzioni di attendere che abbia avuto luogo concentramento di forze che si sta operando e che le Potenze si intendano sul passo collettivo che Cambon confida possa essere fatto nei termini proposti dalla Francia ed approvati da V. E.

(l) -Cfr. n. 97, nota 2 p. 73 e n. 101 nota l. (2) -Cfr. n. 99. (3) -È la ritrasmissione a Parigi, Londra e Atene del T. gab. 2512/533 del 14 novembre da Pietrogrado, non pubblicato, circa le istruzioni telegrafate da Sazonov agli ambasciatori di Russia a Roma, Parigi e Londra relative alla necessità di dichiarare al Governo greco che le potrnzc dell'Intesa non tollereranno il disarmo dei distaccamenti serbi.
112

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2526/24. Durazzo, 16 novembre 1915, ore 22,25 (per. ore 23,50).

Questo incaricato d'affari di Serbia mi ha informato di aver ricevuto dal signor Pasic una comunicazione che si può riassumere presso a poco come segue: «La Quadruplice ha inviato Serbia nuovi soccorsi via di mare Salonicco via Santi Quaranta e forse anche via Durazzo. Ho consigliato Salonicco e Santi Quaranta ma non Durazzo né Medua causa condizioni strade. Nel caso in cui si decidesse anche per Durazzo ne sarei avvisato dalla Quadruplice e ve ne informerò».

Per ovvie ragioni il rappresentante serbo ha cercato influenzarmi per far scartare la scelta di Durazzo. Noto in proposito che se la strada di Santi Quaranta offre il vantaggio di essere discretamente già carrozzabile, essa è per altro assai lunga e non protegge le retrovie di Dibra e del Montenegro e che la via Durazzo Elbassan potrebbe essere messa in condizioni forse migliori di quelle di Santi Quaranta.

Albania centrale offre per noi altri vantaggi per i rifornimenti locali, acquartieramento delle truppe ed il magazzinaggio. Il Gavrilovic infine mi ha espresso il desiderio che nel caso di uno sbarco a Durazzo io mi associ a lui per chiedere ad Essad immediato allontanamento degli austriaci.

Ho avuto l'impressione che nelle attuali circostanze una sostituzione delle nostre truppe al Corpo d'occupazione serbo in Albania per quanto malvista dai serbi non potrebbe più provocare incidenti locali di sorta e risolverebbe una delicata questione per l'avvenire.

113

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2537/581. Londra, 16 novembre 1915, ore 22,27 (per. ore 9,20 del 17).

Mio telegramma gab. n. 574 (1). Rodd che vidi ieri mi disse non credere esatta notizia relativa alle larghe importazioni dall'Italia in Germania.

Circa nostra situazione verso la Germania linguaggio del collega mi lasciò impressione che confidenziali e personali aperture fatte avantieri da Grey rispecchiano non tanto vedute sue personali quanto quelle di qualche membro del Governo e forse dello stesso Asquith.

Traggo questa impressione dalla insistenza colla quale Rodd mi manifestò suo vivo interesse di discorrere col primo ministro prima di partire.

V. E. ricorderà del resto le dichiarazioni esplicite replicatamente fatte da Asquith durante i negoziati dell'accordo circa l'importanza primaria da lui annessa ad escludere limited liabilities.

Rodd mi confermò non esistere qui, in base pure a rapporti del comando navale Malta, dubbio alcuno che Ancona fu affondato da sottomarino tedesco e non austriaco.

Prendendo le mosse da questo crimine Cambon nel corso della conversazione due volte ritornò ieri sul tema della non ancora pubblicata adesione nostra alla nota dichiarazione degli altri alleati, alla conseguente situazione nostra verso la Germania, all'impressione che fatto produce sull'opinione pubblica.

Io gli ripetei che non ero in grado di entrare in discussione su questo argomento ed in generale osservai che sulla materia solo il Governo del Re che procede a ragione veduta, è in grado di giudicare sulla opportunità o meno delle decisioni da prendere.

(l) Cfr. n. 90.

114

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2528/582. Londra, 16 novembre 1915, ore 22,26 (per. ore 4,10 del 17).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1525 (l).

Nicolson mi ha detto oggi che istruzioni date ad Elliot prescrivono di seguire contegno analogo a quello del collega di Francia questo Governo avendo deciso di seguire iniziativa francese. Notizie da Atene non sono troppo rassicuranti e lasciano adito a qualche preoccupazione della quale ho constatato sintomi nel linguaggio del collega russo ed anche, sebbene in grado minore, di quello francese.

115

IL SENATORE GARRONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

L. P. Valleggia, 16 novembre 1915.

Come ex ambasciatore d'Italia a Costantinopoli mi credo in dovere di comunicare a V. E. copia di una lettera (3) che in data d'oggi ho diretto a S. E. il presidente del Consiglio dei ministri.

ALLEGATO GARRONI A SALANDRA

L. P. Valleggia, 16 novembre 1915.

Nella conferenza che ebbi col ministro degli Esteri il 1o settembre u.s. (4), subito dopo il mio ritorno in Italia, parlando degli avvenimenti del giorno ricordai il discorso fattomi dall'ambasciatore di Germania, barone Wangenheim, il 15 luglio 1914.

Quel ricordo fu d'occasione anche quando ebbi a conferire con v. E. Avendomi

V. E. osservato che delle confidenze ricevute avrei dovuto informare il R. governo, risposi «l'ho tatto ». Non poteva d'altronde esservi alcun dubbio al riguardo se dell'argomento io discorrevo col ministro degli Esteri e col presidente del Consiglio.

La mia comunicazione ulficiale al ministro degli Esteri sulla conversazione Wangenheim porta la data del 16 luglio 1914, come deve risultare dagli atti che sono in possesso del ministero e come è a piena conoscenza dei funzionari dell'ambasciata.

Non è poi fuori di luogo ricordare, per quel rapporto che vi può essere colla citata mia comunicazione al ministero Esteri, che l'ambasciatore Wangenheim ebbe a dichiarare, quando tenne il noto discorso, che di tutto il suo collega a Roma aveva informato il ministro degli Esteri marchese di San Giuliano. E la dichiarazione sarebbe confermata da due telegrammi in data del 16 luglio 1914, pubblicati nella collezione dei documenti diplomatici che viene trasmessa alle R. ambasciate, diretti il primo agli ambascia

(-4) Cfr. SONNINO, Diario, cit., pp. 363-364.

tori di Vienna e Berlino ed il secondo a Pietrogrado e Belgrado (1). In questi due telegrammi il marchese di San Giuliano diceva che in quei giorni (e quindi anche prima del 15 luglio 1914) aveva avute diverse conversazioni coll'ambasciatore di Germania a Roma dalle quali aveva desunto che il conflitto austro-serbo, per le pretese eccessive di Vienna, sarebbe stato inevitabile. Quel conflitto austro-serbo che ogni diplomatico ed uomo di Stato non poteva esitare un momento a riconoscere come causa certa della conflagrazione europea.

Sta dunque che io ho immediatamente informato il R. Governo delle confidenze fattemi dal Wangenheim quantunque sapessi che l'ambasciatore di Germania a Roma già lo aveva fatto direttamente per conto suo e quantunque dovessi ritenere che i

R. ambasciatori a Vienna e Berlino, provetti ed apprezzati diplomatici di carriera, fossero in condizione, meglio di me, di dare notizia di ciò che si svolgeva in quelle capitali.

Alcuni giorni dopo le mie conferenze col ministro degli Esteri e col presidente del Consiglio, e cioè verso la metà di settembre, il ministro Barzilai mi chiedeva telegraficamente di essere autorizzato ad accennare nel suo discorso di Napoli alla conversazione Wangenheim ed anzi mi pregava di comunicargliene i termini precisi.

Deferente, come di dovere, verso i componenti il gabinetto non mi ritenni però autorizzato a trattare degli affari dell'ufficio mio con altri che col ministro degli Esteri e col presidente del Consiglio. Feci quindi quelle osservazioni che mi parvero del caso non avendo mai avuto da essi alcun invito a mettermi a disposizione di chi mi interpellava. Aggiunsi che in definitiva di ciò che convenisse dire o tacere erano arbitri il ministro degli Esteri ed il presidente del Consiglio.

Sono note a V. E. le dichiarazioni del ministro Barzilai, la conseguenza che se ne dedusse che io non avessi riferito a tempo debito circa la conversazione Wangenheim e la supposizione che il ministro degli Esteri ignorasse i precedenti succitati. Vi furono aspri commenti, per non dire peggio, a mio riguardo, senza che alcuno intervenisse a mettere in chiaro la situazione, in base agli atti esistenti, ed in difesa di un R. ambasciatore che potrà dimostrare a suo tempo di aver fatto qualche cosa più del suo dovere. Ed io, pur avendo ragione di dolermi del trattamento che mi si faceva, non intervenni nella polemica e subii gli oltraggi per non creare imbarazzi a chicchessia e per altre considerazioni di ordine politico che non possono sfuggire all'E. V.

Oggi però che colla prossima apertura del Parlamento, e coll'interpellanza Colajanni, le accuse a me fatte stanno per uscire dal campo giornalistico per entrare in quello ufficiale e che coll'esonero puro e semplice dalle mie funzioni di ambasciatore, senza il consuetudinario mantenimento di titolo e grado, esse possono apparire più che mai fondate, io chieggo l'intervento di V. E., perché sia chiarita in modo indiscutibile la situazione, a difesa di un R. ambasciatore che non solo non ha commessa l'omissione che gli fu attribuita, ma che il R. governo, per gli atti che sono in suo possesso, può ben giudicare se abbia diritto a tutta la sua considerazione.

(l) -Cfr. n. 103. (2) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINo, Carteggio, cit., n. 451. (3) -Vedi allegato.
116

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI (2)

T. GAB. 1535/951. Roma, 17 novembre 1915, ore 13,20.

Riservatissimo per Lei solo. Decifri ella stessa.

Telegramma di V. E. n. 574 (3).

Rendendomi conto delle osservazioni di sir Ed. Grey e nell'intento di semplificare situazione e dissipare diffidenze, sarei disposto a addivenire alla firma dell'accordo speciale vietante la pace separata secondo nostra convenzione di Londra, se potessi essere garantito contro qualunque indiscrezione, sia del testo sia del fatto stesso dell'avvenuta nostra adesione, fino a che R. Governo non abbia potuto farne per primo la comunicazione al nostro parlamento ai primi del prossimo dicembre.

Qualora V. E. ottenga da Grey esaurienti assicurazioni in proposito specialmente nei riguardi della Francia (di cui sono note le continue propalazioni), senza beninteso urtale la suscettibilità di alcuno, la autorizzo a proporre senz'altro che si addivenga alla stipulazione dell'atto. Avverto che nel preambolo saranno da omettere le parole: «Avendo deciso di partecipare alla presente guerra coi Governi francese, britannico e russo » le quali rispondono a un momento sorpassato. Naturalmente oggi il Giappone dovrebbe pure partecipare alla conclusione dell'atto (l).

(l) Cfr. serle IV, vol. XII, n. 272.

(2) Ed. In SONNINO, Carteggio, cit., n. 452.

(3) Cfr. n. 90.

117

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 7847/334. Madrid, 17 novembre 1915, ore 18,10 (per. ore 21,20).

Ho letto ieri sera al ministro di Stato il telegramma di V. E. n. 3901 (2), !asciandogliene copia.

Ho aggiunto per illustrare metodi di guerra austriaci altre considerazioni suggerite dai recenti bombardamenti aerei di Venezia, Verona e Brescia. Ministro di Stato, osservando riserva impostagli, mi parve molto impressionato. Ho colto l'occasione siluramento Ancona per segnalargli voci corse circa rifornimenti sottomarini nelle acque Spagna e del Marocco settentrionale. Egli mi assicurò che si esercita da parte Governo spagnolo la più rigorosa vigilanza. Non si potrebbe vigilare di più, egli disse, se si trattasse della Spagna stessa. Accennò all'attività germano-turca per creare agitazione nel Marocco francese aggiungendo che si deve in gran parte alla stretta sorveglianza delle autorità della zona spagnola se quei tentativi riescono vani.

118

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2543/471. Parigi, 17 novembre 1915, ore 20,35 (per. ore 24).

I ministri inglesi componenti il comitato della guerra giunti la notte scorsa sono stati tutta la giornata in conferenza con Briand, i ministri militari ed

alcuni altri ministri. Briand mi ha fatto sapere che era dolente di non potermi ricevere stasera per comunicarmi i risultati della conferenza ma che domattina mi avrebbe fatto dare da Cambon tutte le informazioni e precisioni da me desiderate. Cambon che ho veduto nella giornata nulla sapeva perché ancora non aveva veduto né Briand né ministri inglesi coi quali deve trovarsi stasera. Mi ha detto soltanto che gli è giunta da Londra la risposta la quale smentisce quanto il ministro d'Inghilterra ad Atene ha detto circa la sospensione per quindici giorni di sbarchi di uomini e munizioni a Salonicco (l). Quanto sospensione dell'offensiva sul Vardar della quale ha parlato ambasciatore d'Inghilterra a Pietrogrado (2) la questione dovrà essere discussa nella conferenza di oggi e perciò Cambon mi ha detto che potrà tenermene parola domattina.

Nel proseguire della conversazione avendo io notato che l'annunzio dato da Asquith alla Camera dei Comuni di un accordo tra la Francia e l'Inghilterra per unificare la direzione dell'azione diplomatica e militare con invito diretto pubblicamente alla Russia e all'Italia di aderirvi mi aveva alquanto meravigliato perché non preceduto né seguito da alcuna comunicazione diplomatica al riguardo, Cambon mi ha risposto che Asquith aveva prematuramente annunziato un accordo su cui vi era intesa nelle linee generali ma che ancora non aveva preso forma concreta e che probabilmente anche di ciò si sarebbe parlato nella odierna conferenza (3).

(l) -Per la risposta di Imperiali cfr. n. 120. (2) -Cfr. n. 98.
119

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2572/552. Pietrogrado, 18 novembre 1915, ore 1 (per. ore 22).

Pasic ha confermato a Trubetskoi di aver incaricato ministro di Serbia a Roma di espr,imere a V. E. desiderio che Italia voglia prestare soccorso alla Serbia intervenendo nei Balcani (mio telegramma n. 523) (4) ed ha soggiunto che parole di quel ministro in tal senso avevano trovato accoglienza piuttosto riservata da parte di V. E.

Quel ministro, il quale avrebbe indicato la rada di Santi Quaranta come il più indicato punto di partenza di una eventuale spedizione avrebbe riportato impressione che V. E. preferirebbe all'evenienza la rada di San Giovanni di Medua.

Neratov mi ha detto che secondo le sue informazioni, il Governo italiano non è alieno in massima dall'effettuare una spedizione dal lato albanese ed ha manifestato il voto, come già a parecchie riprese Sazonov, che Italia concorra al più presto possibile se anche con forze ristrette nel primo invio, ad aiutare i serbi e aprire loro una via di mezzo di rifornimento dal mare.

(l) -Cfr. n. 101. (2) -Cfr. n. 97. (3) -Ritrasmesso a Londra e Pletrogrado con t. gab. 1550 del 18 novembre, ore 21. (4) -Non pubblicato.
120

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 2561/587. Londra, 18 novembre 1915, ore 10,50 (per. ore 21).

Decifri Ella stessa.

Telegramma di V. E. gab. n. 1535 (l).

Per quanto esaurienti possano essere le assicurazioni che riterrei Grey non avrebbe difficoltà a darmi, l'esperienza passata mi fa temere che esse non sarebbero sufficienti a garantirci contro le eventuali indiscrezioni francesi che Grey potrebbe, siccome più volte è avvenuto, deplorare ma non sarebbe naturalmente in grado di impedire. Ciò stante l'unico rimedio contro le temute prevedibili indiscrezioni sarebbe, a mio remissivo parere, quello di rinviare la firma dell'accordo ad una data che sia il più possibile vicina, magari alla vigilia, di quella dichiarazione del Governo di Sua Maestà al parlamento, avvenuta la quale verrebbe immediatamente pubblicato l'atto della nostra adesione. Intanto potrei avvertire in via segreta Grey delle intenzioni annunziatemi da

V. E. ed intendermi con lui sul modo e sulla procedura migliore per evitare indiscrezioni e ferire suscettibilità. Attenderò ciò stante ulteriori ordini di

V. E. prima di fare qualsiasi apertura a Grey, al quale se mai mi limiterò, per dovere di cortesia, a dire in relazione al nostro ultimo colloquio, di avermi

V. E. prevenuto che sta esaminandola prima. Sottometto modificazioni da introdurre:

«Il Governo italiano avendo deciso di aderire alla dichiarazione fatta a Londra in data ... ecc. dai Governi francese, britannico e russo, dichiarazione cui ha susseguentemente aderito il Governo giapponese in data ... ecc.... i sottoscritti ... ecc. ecc. fanno la seguente dichiarazione: i Governi francese, britannico, italiano, giapponese e russo si impegnano reciprocamente ... ecc.».

Su questo punto prego V. E. telegrafarmi benestare comunicandomi in caso negativo il testo da lei preferito (2).

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 1553. Roma, 18 novembre 1915, ore 21.

(Per tutti meno Atene) Ho telegrafato quanto segue al R. ministro in Atene: (Per tutti) Barrère mi ha rimesso l'appunto che qui appresso trascrivo.

ACTION DES ALLIES EN GRECE

1° -Conversation préparatoire et avertissement -sur laquelle on est déjà tombé l'accord.

2° -Mise en demeure -afin d'obtenir du Gouvernement grec des garanties officielles et précises. Pour cette mise en demeure le Gouvernement français propose la rédaction suivante qui diffère peu du projet de Sir F. Elliot:

« Les puissances protectrices de la Grèce et les alliées toujours animées à son égard des intentions les plus bienveillantes et certaines de défendre les véritables intéréts et l'avenir du peuple grec, jugent nécessaire que la situation équivoque et incertaine dans laquelle les événements ont placé la Grèce à l'égard de la Quadruple Entente prenne fin afin de rétablir sur une base de conftance mutuelle et durable leurs rélations.

Une allusion ayant été faite officiellement à l'éventualité du désarmement ou de l'internement des troupes anglaises françaises et serbes qui pourraient étre contraintes au cours des opérations militaires de passer des térritoires serbe ou bulgare sur territoire grec les Gouvernements alliés se voient obligés de demander au Gouvernement grec de leur donner otllciellement l'assurance formelle qu'en aucune circonstance les troupes grecques ne tenteront de désarmer ou d'interner les troupes alliées mais qu'au contraire la politique de neutraiité bienveillante à l'égard des Puissances de l'Entente dont la promesse leur a été conftrmée à plusieurs reprises par le Gouvernement grec sera maintenue avec toutes ses conséquences.

Les Gouvernements alliés n'ont ni le désir ni l'intention de contraindre le Gouvernement grec de participer au conftit européen auquel il a formellement déclaré qu'il entendait rester étranger. Mais dans ces conditions c'est pour eux une nécessité vitale en présence de l'abstention de la Grèce, malgré son traité d'alliance avec la Serbie, de ne laisser ni entraver d'aucune manière la liberté de leurs mouvements sur terre et sur mer, ni compromettre la sécurité de leurs troupes dans tout le champ de leurs opérations. Dans ces conditions ils sont obligés de s'assurer qu'ils obtiendront toutes les facilités dont ils pourraient avoir besoin notamment dans le port de Salonique et sur ses voies d'accès (route et chemin de fer).

Il est bien entendu que les Puissances de l'Entente restitueront intégralement à la fin de la guerre toutes les parties du territoire grec qu'elles auraient été obligées d'occuper pendant les hostilités; elles sont disposées également à payer après la clòture des hostilités des indemnités légitimes pour tout dommage qui aurait pu étre causé par l'occupation.

Nous ne doutons pas que le Gouvernement grec ne reconnaisse la légitimité des demandes des Puissances en méme temps que la nécessité où elles se trouvent de les formuler.

Nous serions d'autre part heureux d'examiner de notre còté les demandes du Gouvernement grec avec la plus grande bienveillance.

3° -Démonstration navale des Puissances alliées ».

Ho osservato a Barrère che la «mise en demeure », benché costituisca una domanda più imperiosa delle precedenti, non contiene i varii punti che formarono oggetto della conversazione preparatoria come accennatimi da lui nei

suoi precedenti colloqui del 15 e del 16 corrente (l), vale a dire: arresto del

concentramento di truppe greche a Salonicco, cessazione della posa di mine e dell'armamento delle coste, libera disposizione della base di Salonicco e delle ferrovie.

Barrère ha risposto ritenere che questi punti siano implicitamente confermati col progetto di nota scritta, ma non menzionati in essa allo scopo di evitare alla Grecia pretesto di rompere.

Ho pure osservato a Barrère che avevo già manifestato parere contrario a formulare sin da ora domande d'impegno relativo al caso eventuale di disarmo

o meno delle truppe serbe, mentre nel testo proposto quella domanda viene inserita.

Chiesi pure a Barrère se per « garanties officielles et précises » si intende una dichiarazione scritta. Barrère rispose affermativamente, Barrère aggiunse che suo Governo intende proporre un termine di 48 ore da mettere alla Grecia per risposta. Aggiunse che il concentramento delle flotte avrà luogo a Nulo, non alla Suda, perché è più vicino e più sicuro; intanto si procederà al dragaggio delle mine al Pireo e a Salonicco.

Informai quindi Barrère che, pur facendo le suesposte osservazioni, sono pronto a dare istruzioni al R. ministro in Atene di associarsi a quanto faranno i suoi colleghi di Inghilterra, Francia e Russia, si omnes.

Tuttavia richiamavo nuovamente l'attenzione degli alleati sui gravi pericoli che si farebbero correre oggi alle truppe sbarcate a Salonicco nel caso che la Grecia si rivoltasse alle intimazioni delle Potenze.

Prego V. E. agire in conformità di quanto precede.

(l) -Cfr. n. 116. (2) -Sonnino rispose con t. gab. rr. 1556/969 del 19 novembre, ore 13, quanto segue: « Approvo formula proposta da V. E. Per procedimento autorizzo V. E. regolarsi come suggerisce intendendosi con sir Ed. Grey ».
122

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2551/588. Londra, 18 novembre 1915, ore 22,50 (per. ore 4,25 del 19).

Grey e ministri colleghi tornano questa sera. Del risultato concluso di Parigi non era ancora oggi giunta notizia al Foreign Office. Si sapeva soltanto essersi concordato contegno da tenere verso la Grecia e si sarebbe deciso di rinviare apertura note conversazioni spiegative fino al momento in cui si potrà disporre di un numero più considerevole di truppe che continuano a giungere a Salonicco. Si sarebbe in sostanza adottato il saggio punto di vista di V. E. (2).

Tutti questi giornali compreso anche i più ostinati filellenici convengono nel riconoscere essere oramai venuta l'ora di invitare la Grecia a precisare il suo atteggiamento.

(l) -Cfr. nn. 103 e 109. (2) -Cfr. n. 103.
123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL SENATORE GARRONI (l)

L. P. Roma, 18 novembre 1915.

Ho ricevuto la Sua del 16 corrente (2) che mi comunica copia della lettera da Lei scritta al presidente del Consiglio relativa alla Sua conversazione con l'ambasciatore Wangenheim a Costantinopoli del 15 luglio 1914. Riguardo al contenuto di detta lettera debbo per quanto può riguardarmi rilevare che nella conversazione da Lei avuta con me il primo settembre, nella quale mi narrò della conversazione Wangenheim, Ella, di fronte alla mia domanda se avesse riferito allora quel colloquio alla Consulta, poiché io non ne avevo alcuna notizia, Ella mi rispose che «non l'aveva fatto», e ciò perché. a parte il carattere confidenziale della conversazione col suo collega germanico, Ella doveva ritenere che il ministro degli Esteri dovesse essere già pienamente informato di tutto lo stato di cose descrittole dal Wangenheim e che le sarebbe parso di invadere il campo riservato ad un collega, cioè al Bollati.

Non Le nascosi la mia sorpresa di tutto ciò, accennando al grande valore storico e politico che avrebbe avuto ora una tale sua testimonianza del momento, cioè di prima della guerra sulle cause che determinarono la grande conflagrazione.

Dopo vari giorni venne da me il Barzilai, dicendomi di aver avuto notizia dal presidente del Consiglio della conversazione Wangenheim del 15 luglio. Avendo egli manifestato il desiderio di farne menzione nel discorso da tenersi a Napoli, il presidente del Consiglio gli aveva detto di chiedere prima a me se avevo nulla da opporre. Gli dissi che non vedevo obiezioni alla cosa in sé, ma che non mi ritenevo autorizzato a dare il mio consenso a tale pubblicazione senza l'annuenza di Lei, trattandosi di cosa che mi pareva da Lei riferitami con una certa riserva.

Dopo alcuni giorni Barzilai tornò a dirmi che riguardo alla divulgazione

o meno del colloquio Wangenheim, Ella si rimetteva al R. governo.

Quanto ai telegrammi o dispacci Suoi alla Consulta ai quali Ella fa cenno farò fare nuove verifiche; ma finora non risulta esservi sulla questione alcun rapporto o telegramma Suo del 16 luglio 1914.

Ho creduto mio dovere di informarLa di quanto sopra, oltreché ricordarLe i termini della nostra conversazione alla Consulta.

(l) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SoNNINo, Cartcqgio, cit., n. 453. (2) -Cfr. n. 115.
124

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2568/590. Londra, 19 novembre 1915, ore 22,20 (per. ore 1 del 20).

Oggi è stato firmato da Stringher e dal cancelliere dello scacchiere il noto accordo finanziario al quale si è desiderato vedere apposta anche la mia firma. Questa Tesoreria considera preferibile non fare comunicazione alla stampa. Stringher tutto compreso condivide tale parere. Anche a me il silenzio sembra per il momento almeno desiderabile per considerazioni attinenti alla eventualità preveduta da Grey (mio telegramma gabinetto n. 574) (l).

Lunedì mi intenderò col Foreign Office per procedere alla firma del nuovo accordo nelle medesime condizioni di quello di Nizza.

125

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2569/591. Londra, 19 novembre 1915, ore 22,26 (per. ore 1,25 del 20).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1550 (2). Ho chiesto oggi a lord Crewe se l'intenzione manifestata da Asquith alla Camera circa la riunione dei ministri alleati era stata concretata e se si t!rano presi provvedimenti per tradurla in atto. Sua Signoria ha risposto in termini generali dicendo riteneva siasi contemplata una comunicazione in proposito. Premesso poi che tale convegno dovrebbe effettuarsi eventualmente non ad epoca fissa ma di tanto in tanto a seconda delle esigenze della situazione, ha osservato che se è facile per i ministri francesi o inglesi ed anche a rigore per quelli italiani di fare breve assenza dalle r.ispettive capitali, la cosa diventa più difficile quando si tratti di muovere da Pietrogrado. Essendomi sembrato che lord Crewe, per non aver forse assistito alla riunione di Parigi, non possedesse informazioni troppo precise, mi riservo di parlare della cosa lunedì con Grey (3). Il solo punto sul quale il marchese si è spiegato in modo esplicito è che alle eventuali riunioni debbono partecipare i ministri responsabili di Gabinetto. In caso contrario, ha detto, esse non potrebbero condurre a risultati praticamente efficaci e soprattutto sbrigativi.

(l) -Cfr. n. 90. (2) -Cfr. n. 118, nota 3. p. 89 (3) -Cfr. n. 137.
126

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2571/592. Londra, 19 novembre 1915, ore 22,26 (per. ore 2,50 del 20).

Lord Crewe, oggi rimpiazzante Grey assente fino a lunedì, mi ha detto essere deciso di dare al rappresentante britannico ad Atene istruzioni di presentare d'accordo con colleghi alleati nota di cui testo nel telegramma di V. E. gab. 1553 (1).

Tale nota è stata redatta coll'intento di dare al passo un significato esplicito ma amichevole tale insomma da non fornire al Governo ellenico alcun pretesto di rottura.

Per lo stesso motivo si è ritenuto opportuno di evitare fissazione di termini perentori per la risposta e di astenersi da ogni parvenza di minaccia fino a tanto non siasi consolidata e rinforzata la posizione delle truppe alleate a Salonicco.

Ha aggiunto Sua Signoria che Kitchener si recherà ad Atene in seguito al desiderio insistentemente manifestato dal re di Grecia al quale il maresciallo terrà linguaggio sostanzialmente identico ai termini della nota suaccennata.

127

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2577/593. Londra, 20 novembre 1915, ore 11,07 (per. ore 3,30 del 21).

Nel corso della conversazione di ieri a titolo personale chiesi a lord Crewe se nella riunione di Parigi erano state prese decisioni sulle operazioni delle truppe anglo-francesi in Macedonia, se erasi stabilito l'obbiettivo militare che si vuole raggiungere ed in caso affermativo se era stato fissato un piano completo e particolareggiato di campagna e determinati i mezzi per tradurlo in atti.

La risposta mi è sembrata vaga. Premesso che trattasi in sostanza di questioni di competenza dei tecnici militari, Sua Signoria ha osservato che l'obbiettivo primitivamente fissato era quello di venire in aiuto dei serbi ed ha aggiunto qualche osservazione di indole generale sulle gravi notizie relative alla situa-· zione dell'esercito serbo, sulle difficoltà di operare collegamento con truppe alleate, sul numero considerevole di truppe necessario per spingere le operazioni ecc. Gli ho chiesto allora in che modo si pensava di utilizzare truppe anglo-francesi nella penisola balcanica qualora purtroppo un non impossibile rovescio definitivo serbo avesse a verificarsi.

La risposta è stata ugualmente vaga ed imprecisa.

Sua Signoria ha accennato alla soluzione alternativa o ritirare addirittura o lasciare centocinquantamila uomini a Salonicco che con tale forza e con l'aiuto della flotta potrebbero resistere all'infinito.

Ad ogni altra mia domanda circa i Dardanelli lord Crewe ha replicato confermando informazioni già da me trasmesse. La decisione definitiva verrà presa in base al parere che sarà per dare Kitchener.

Dal linguaggio del marchese mi parve intuire che una soluzione preferibile potrebbe essere quella di lasciare cioè nella penisola di Gallipoli un corpo di truppe più ristretto solidamente trincerato in forte posizione difensiva.

Io non conosco le decisioni del Governo circa la partecipazione nostra alle operazioni balcaniche. Ritengo tuttavia doveroso segnalarle la vaghezza e l'indecisione delle risposte di lord Crewe sembrandomi evidente che prima di prendere la determinazione definitiva importa al Governo di Sua Maestà possedere elementi precisi di informazione su quello che intendono realmente fare alleati per prendere accordi con essi ed evitare per le nostre truppe il pericolo di trovarsi sole ad operare nelle regioni balcaniche mentre quelle alleate o si ritirano o si concentrano semplicemente a Salonicco.

Avverto ad ogni buon fine che il colloquio ebbe carattere personale e non ufficiale. Può darsi che pure lord Crewe non fosse ancora perfettamente al corrente delle decisioni prese a Parigi.

(l) Cfr. n. 121.

128

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2578/595. Londra, 20 novembre 1915, ore 15,25 (per. ore 20).

Telegramma di V. E. gab. 1556 (1).

Grey ritornando lunedì ho giudicato preferibile non parlare ieri a lord Crewe del noto affare. Nel frattempo dopo mature considerazioni credo doveroso per quello che può valere sottoporre a V. E. seguenti osservazioni.

Lunga esperienza acquistata del carattere di Grey mi ha insegnato nulla riuscirgli più sgradito che il ritornare su cosa già decisa ed introdurre modificazioni anche formali in documenti pubblici concordati. Ritengo quindi che nostra proposta di soppressione nota frase in un documento che ci siamo in aprile formalmente impegnati a firmare nella sua integrità produrrebbe tale sgradita impressione. In tal caso si verrebbe a conseguire in modo parziale e

incompleto principale scopo per il quale V. E. ben a ragione giudica venuto il momento di procedere alla firma e pubblicazione noto atto. Dato inoltre che Grey non sollevi difficoltà, non è impossibile che esse sorgano da parte di Benckendorff e specialmente di Cambon i quali comunque non potrebbero naturalmente accettare modificazioni e firmare atto senza informarne rispettivi Governi chiedendo istruzioni.

Ciò mentre cagionerebbe perdita di tempo facilmente faciliterebbe temute indiscrezioni francesi. Per questa ragione qualora V. E. non abbia motivi speciali per insistere sulla soppressione noto inciso sarebbe a mio remissivo parere preferibile non sollevare tale questione e !asciarlo siccome è introducendo soltanto la menzione necessaria del Giappone. Se questo mio rispettoso suggerimento fosse considerato da V. E. meritevole di considerazione io potrei, nel discorrere con Grey circa la redazione relativa al Giappone, osservare che stante sorpassato momento mi parrebbe logico sopprimere nota frase. Se egli accetta tanto meglio se rUiuta la lascerei e consentirei a firmare documento ned termini convenuti nella dichiarazione alla Convenzione di aprile la quale stabilì che la dichiarazione da pubblicarsi sarà « identica » a quella già firmata. Dovendo vedere Grey lunedì sarei grato a V. E. favorirmi in tempo utile suoi ordini. Mi riuscirebbe pure opportuno conoscere data in cui annunzio verrà dato alla camera dei deputati ed in correlazione V. E. potrebbe indicarmi suo desiderio per fissazione giorno firma (l).

(l) Cfr. n. 120, nota 2.

129

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI (2)

T. GAB. 1571. Roma, 20 novembre 1915, ore 20,40.

(Meno Parigi) -Ho telegrafato al R. ambasciatore a Parigi quanto segue:

(Per tutti) -Barrère mi ha detto che il Governo serbo ha chiesto alla Francia invio di ingegneri e capo mastri per lavori di strade in Albania. La Francia ha consentito. Barrère mi chiedeva facilitazioni per il loro trasporto a Durazzo.

Ho risposto che le avremmo date facendo però rilevare come domande serbe appaiono fatte in spirito contrario all'Italia, sapendo del nostro prossimo avvento in Albania. Certamente questi invii non faciliteranno i nostri rapporti locali con le truppe serbe, dovendo quello delle riparazioni delle vie di comunicazione essere uno degli scopi della nostra spedizion'J in Albania.

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 132. (2) -Ed., con lievi differenze formali, in SoNNINO, Diario, cit., p. 274.
130

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 1572. Roma, 20 novembre 1915, ore 21.

(Meno Pietrogrado) -Il R. ambasciatore a Pietrogrado telegrafa quanto segue in data 18 novembre: « Pasic ha confermato... » (come nel telegramma da Pietrogrado gabinetto n. 2572/552) (2).

Ho telegrafato a Carlotti quanto segue:

(Per Pietrogrado) -Telegramma di V. E. n. 552.

(Per tutti) -Le impressioni riportate da questo ministro serbo del nostro colloquio (3) mi sorprendono. Di fronte alle vie di rifornimento dei serbi che consigliava Pasic nei suoi telegrammi, nel seguente ordine di preferenza: Salonicco, Santi Quaranta, Durazzo e Medua, spiegai come via Salonicco sarebbe giunta oggi troppo tardiva, e rimaneva già servita da alleati, come Santi Quaranta fosse da escludersi perché traversante territori occupati dai greci coi quali sarebbe stato difficile evitare attriti viste le poco benevole loro disposizioni a nostro riguardo e come Medua fosse sconsigliata esplicitamente e ripetutamente da Pasic: onde restava quasi unica possibilità Durazzo ed Albania centrale -via che io avrei vivamente patrocinato, malgrado le incresciose diffidenze che mostravano i serbi ad ogni intervento nostro in Albania. Avremmo inoltre fatto ogni agevolezza per assicurare nella traversata marina la sicurezza dei trasporti di rifornimenti che i francesi e gli inglesi si mostravano disposti a fare per le altre vie cioè per Santi Quaranta e Medua.

131

IL SENATORE GARRONI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (4)

L. P. Valleggia, 20 novembre 1915

Rispondo a volta di corriere alla di Lei pregiata lettera del 18 corrente (5).

Non ricordo nei suoi particolari la nostra conversazione del 1° settembre u.s., ma certamente, stando a quanto V. E. mi scrive, deve esservi stato qualche equivoco nel suo insieme. Può essere che mi si sia chiesto, o che io abbia ritenuto che mi si chiedesse, se avevo riferito telegraficamente sulla conversazione Wangenheim. Ed allora naturale che io facessi quelle osservazioni che potevano essere del caso avendo invece informato il R. governo con rapporto che, come dissi, porta la data del 16 luglio 1914. Che il rapporto mio sia stato spedito

V. -E. potrà rilevare: primo, dagli atti della R. ambasciata che furono rimessi, come di dovere, al ministero degli Esteri quando si era prossimi alla dichiarazione di guerra; secondo, dagli atti del ministero stesso fra i quali deve trovarsi il mio comunicato. Oltre a ciò vi sono funzionari dell'ambasciata che ricordano esattamente detto rapporto e che attestano della sua spedizione. E se il rapporto fu spedito, ben comprenderà che io non potevo fare dichiarazioni in senso contrario. Quindi, lo ripeto, non può esservi stato che un malinteso, un equivoco, nella nostra conversazione. Equivoco che scompare di fronte al complesso di fatti ricordati nella mia lettera del 16 corrente al presidente del Consiglio.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, clt., n. 456.

(2) -Cfr. n. 119. (3) -Cfr. SONNINO, Diario, cit., p. 265. (4) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit. n. 455. (5) -Cfr. n. 123.
132

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI (l)

T. GAB. 1576. Roma, 21 novembre 1915, ore 11,45.

Riservatissimo per Lei solo -Decifri Ella stessa

Telegramma di V. E. n. 595 (2).

La nuova solenne dichiarazione che ci siamo impegnati, il 26 aprile, a firmare, a guerra dichiarata, in forma identica alla prima, è quella tra virgolette che comincia al terzo capoverso con le parole: « Les Gouvernements français, britannique, italien... » e che termina con le parole: « avec chacun des autres Alliés ». Tutto il resto (cioè i primi due paragrafi e gli ultimi due), costituisce il preambolo narrativo, indica la data della prima firma, e non può essere ripetuto identico. Il parlare oggi a fine novembre della decisione presa dal Governo italiano in primavera di partecipare alla guerra, non avrebbe senso.

Prego V. E. proporre a sir Ed. Grey la sola formula di cui nel telegramma di V. E. n. 587 (3).

Non mi è possibile precisare il giorno della dichiarazione da farsi alla nostra Camera -sarà certamente nei primi del dicembre, forse anche il primo. Proporrei che la firma a Londra avvenisse il 29 o meglio il 30 novembre.

133

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (4)

T. GAB. 1578. Roma, 21 novembre 1915, ore 19,15.

Coromylas mi ha detto che ieri Kitchener accompagnato dal ministro inglese Elliot ebbe un colloquio con Skuludis. Questi avrebbe r::<rlato nel senso

seguente: «Le potenze alleate dichiarano di non voler esigere dalla Grecia di entrare in guerra dalla loro parte, ma di dare affidamenti di voler conservare una sincera neutralità nella situazione in cui attualmente si trovano. Esse domandano che si cessi dal concentramento delle truppe intorno a Salonicco. Orbene, tre giorni fa dichiarai esplicitamente che il concentramento è fermato. Ma ciò nonostante risulta dalla susseguente comunicazione inglese che perdurano le diffidenze sul contegno dell'esercito e sulle intenzioni del Governo ellenico.

I sospetti manifestati sono ingiusti, ingiuriosi e privi di qualsiasi fondamento. Ma davanti all'attitudine ostile delle potenze a suo riguardo, la Grecia dovrebbe, pur protestando, sia considerare la necessità di ritirare interamente le sue truppe dalla Macedonia, sia esaminare se nell'interesse del paese non dovesse procedere alla smobilitazione dell'esercito, lasciando alle potenze alleate tutta la responsabilità delle conseguenze che ne potessero derivare».

Coromylas soggiungeva in via confidenziale e tutta personale che egli con'siderava con grave preoccupazione questa eventualità derivante dagli ingiusti sospetti degli alleati a carico del suo Governo, inquantoché la Grecia potrebbe eventualmente restare assolutamente esposta alle violenze dei bulgari e alle imposizioni dei tedeschi, non avendo più modo di vietare che le ostilità siano portate sul suo territorio.

Risposi che speravo che dissipati i sospetti e i malintesi le relazioni tra le Potenze alleate e la Grecia tornassero ad essere ispirate ad una fiduciosa cordialità e che per parte mia avrei cercato di contribuire a ciò, lamentando soltanto che le disposizioni diffidenti della Grecia verso l'Italia diminuissero per molta parte l'efficacia della nostra azione.

(l) -Ed. in SoNNINO, Uarteggio, cit., n. 457. (2) -Cfr. n. 128. (3) -Cfr. n. 120. (4) -Ed., con lievi differenze formali, in SONNINO, Diario, cit., pp. 274-275.
134

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, E A DURAZZO, ALIOTTI (l)

T. GAB. 1579. Roma, 21 novembre 1915, ore 20.

Ripetei oggi a sir Rennell Rodd a proposito della nota comunicatami, durante la sua assenza, dall'incaricato d'affari, relativa alle prospettive future per l'Albania e alle trattative con gli albanesi che potessero intavolare il console Lamb e gli altri inglesi inviati a Durazzo o Medua pei soccorsi ai serbi (telegramma gabinetto n. 1523) (2), che consigliavo fortemente valersi in primo luogo di Essad, come la personalità più forte di quelle contrade, e quella più favorevolmente disposta. Non avevo nulla da opporre al merito delle proposte di sir E. Grey, ma non era possibile definire ora con precisione le istituzioni che avremmo preferito dare a quelle contrade. Occorreva rispettare quanto

possibile le consuetudini e gli ordinamenti locali e tradizionali, ed anche le influenze di famiglie già costituite.

Alla sua domanda intorno alla portata precisa della nostra progettata spedizione in Albania, dissi che non era possibile oggi di determinare tutto il programma, che avrebbe dovuto in buona parte dipendere dallo svolgimento degli avvenimenti e dalle condizioni della ritirata dei serbi sia nel Montenegro sia verso Scutari o nell'Albania centrale. Avrei desiderato che di preferenza gli inglesi volgessero la loro attività per rifacimento di strade e rifornimenti verso Medua e il Montenegro; operando noi di preferenza per le vie di Valona e di Durazzo.

A Durazzo doversi pure tener conto al punto di vista militare della facilità di cannoneggiamento della città dal lato del mare.

Venendo a parlare della Grecia e delle migliori notizie odierne, espressi il parere che si dovesse fare ogni sforzo, quando il Governo ellenico mostri veramente il desiderio di dissipare i sospetti degli alleati e di voler mantenere una benevola neutralità, di ristabilire prontamente con esso i rapporti di manifesta cordialità. Ritenevo che realmente gli alleati avessero alquanto precipitato così nelle diffidenze come nell'adottare il tono minaccioso; e che si debba evitare l'errore, già scontato in Bulgaria, di legare troppo la causa dell'Intesa a quella di qualche partito locale, facendo propri i contrasti di questo contro il Sovrano.

(l) -Ed. In SONNINO, Diario, cit., pp. 275-27U. (2) -Cfr. n. 102.
135

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, E AL CONSOLE A SCUTARI. DE FACENDIS (l)

T. GAB. 1593. Roma, 22 novembre 1915, ore 21,30.

Questo ministro di Serbia mi ha detto che Pasic gli radiotelegrafava aver saputo da Cettigne che gli austriaci preparavano tre corpi d'armata per finirla una buona volta col Montenegro gettandosi anche sull'Albania per schiacciare definitivamente i serbi.

Il ministro italiano a Durazzo affermava correre voce che gli austriaci sbarcheranno truppe presso il fiume Mati; i circoli tedeschi proclamavano la necessità di finirla col Montenegro e colla Serbia. Pasic pregava comunicare quanto sopra al Governo italiano per le misure da prendere.

Inoltre un radiotelegramma circolare di Pasic arrivato ieri sera dice: «È assolutamente necessario che i nostri alleati inviino subito a Durazzo e a Scutari gli approvvigionamenti ed i viveri p,er il nostro esercito nonché le bestie da soma e che ciò si effettui al più tardi il 28 corrente».

Con un terzo radiotelegramma Pasic chiedeva al Governo italiano l'invio di quindici camions a Durazzo per il trasporto verso l'interno dei viveri, e di venticinque a Scutari.

Risposi che avremmo fatto quanto poteva dipendere da noi per soddisfare ai bisogni specialmente per quanto riguardava Durazzo. Parermi utile in tutta questa impresa di distribuire un poco le parti per evitare le confusioni sui luoghi. Sarebbe miglior consiglio far convergere l'azione italiana sulla via di Durazzo, e quella degli inglesi e francesi sulla via di Medua e del Montenegro.

Naturalmente gli italiani avrebbero cercato nella misura delle loro risorse di tutelare i trasporti in mare per tutti quanti.

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 277.

136

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 1596. Roma, 22 novembre 1915, ore 21.

Sir R. Rodd mi chiese ieri se non consentiremmo a mandare, a parte la spedizione per l'Albania, almeno un reggimento di R. truppe a Salonicco per forte atto di solidarietà con gli alleati.

Risposi, che a mio sentire, sarebbe oggi ridicolo farlo, quando si tratta non di vani sbandieramenti, ma di cooperare con forze reali ed effettive -e che, dovendo noi muoverei dalla parte dell'Adriatico, tutti i nostri sforzi dovevano convergere là. Atto di solidarietà avevamo già fatto con l'invio della nave Piemonte e il cannoneggiamento di Dede Agac -e ora con l'invio a Milo della R. nave Ferruccio.

137

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2610/599. Londra, 22 novembre 1915, ore 22,26 (per. ore 3,25 del 23).

Miei telegrammi nn. 588, 591, 593 (2).

Grey mi ha detto oggi che l'unica questione discussa esaurientemente nella riunione di Parigi è stata quella dei contingenti anglo-francesi a Salonicco. Il Governo francese ha ritenuto necessario di costituire quivi una solida base d'operazioni militari a protezione delle truppe già avanzate in Macedonia. Aderendo a tale desiderio il Governo britannico ha consentito a comple

tare il quantitativo truppe britanniche primitivamente concordato. Provveduto così alle necessità più urgenti si deciderà con comodo ed a seconda dello svolgersi degli eventi circa l'impiego futuro delle truppe anzidette.

A riguardo della riunione dei ministri alleati, Grey ha detto che non aveva ancora conferito con Asquith e non credeva che il primo ministro avesse ancora studiato e concretato un progetto.

(l) -Ed. in SoNNINO, Diario, cit., p. 276. (2) -Cfr. nn. 122, 125 e 127.
138

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 2606/600. Londra, 22 novembre 1915, ore 22,26 (per. ore 5 del 23).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1576 Cl). Oggi ho conferito con Grey rimettendogli progetto redazione preambolo con prescritte modificazioni.

Grey compiaciuto si è riservato esaminare redazione nonché escogitare modo migliore di contemperare giuste esigenze di V. E. circa mantenimento segreto con necessità dii prevenire in tempo debito Cambon e Benckendorff i quali, anche in vista del modificato testo del preambolo, non potrebbero certo firmare alla data indicata, senza previa autorizzazione dei rispettivi Governi.

139

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. 3964. Roma, 22 novembre 1915, ore 24.

Questo ambasciatore Giappone proponeva a nome suo Governo comunicazione Governo cinese seguente tenore (2): «In vista della comunicazione del Governo cinese ai rappresentanti delle quattro potenze a Pechino fatta 1'11 novembre circa differimento ripristino monarchia e garanzia ordine interno, Governo giapponese riserva suoi diritti osservando svolgersi avvenimenti».

Aggiungeva che nel caso Governo cinese effettui ristabilimento monarchia potrebbe essere consigliabile posporre riconoscimento sinché non abbiasi sicurezza non avvengano disordini o almeno fino a ristabilimento pace europea.

Ambasciatore Giappone chiedeva se Governo italiano era disposto associarsi alla prima comunicazione, e quale fosse sua opinione sul resto. Aggiunse, dietro mia domanda, che rappresentante inglese a Pechino riteneva anche Germania avesse consigliato Cina rinviare attuazione riforma e quanto agli Stati Uniti ambasciatore credeva si fossero mostrati indifferenti alla questione.

Dissi all'ambasciatore giapponese che gli avrei dato presto una risposta riguardo alla comunicazione da farsi ora alla Cina. Quanto alla seconda domanda soggiunsi che la mia impressione era non doversi oggi prendere alcuna risoluzione sul da farsi nel caso assai probabile, vista la risposta molto vaga da lei data, che la Cina attuasse il mutamento di regime. Ci saremmo dovuti regolare secondo le circostanze del momento tenendo anche in conto il con

tegno degli Stati Uniti e degli altri. Il ritardo nel riconoscimento del fatto compiuto avrebbe potuto anche apparire eventualmente come incoraggiamento e spinta a disordini: e ciò doversi evitare.

Prego V. E. rendermi noto pensiero di codesto Governo in proposito (1).

(l) -Cfr. n. 132. (2) -Cfr. SONNINO, Diario, cit. pp. 278-279.
140

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2640/32. Durazzo, 24 novembre 1915, ore 12 (per. ore 18).

Essad pascià, allarmatissimo delle notizie della disfatta dei serbi che sarebbero in fuga dalle parti di Prizrend verso Scutari, mi ha fatto chiaramente capire che non dobbiamo più tergiversare, né giuocare sull'equivoco. Egli si sente eventualmente compromesso ed in certo qual modo ingannato dalla politica incerta della Quadruplice e vuole sapere immediatamente se medesima e specialmente Italia manderà truppe subito in Albania, ove la nostra situazione può ancora essere salvata.

Ciò significa nettamente che egli vorrebbe essere informato ed avere libertà d'azione nel rischio e pericolo, per salvaguardare la sua stessa esistenza, cioè abbandonare Durazzo in tempo oppure tentare un accordo coi nostri nemici.

In tale stato di cose, prego V. E. mettermi in grado dargli una risposta chiara, leale, a scanso maggiori nostri danni. Egli, come pure il rappresentante serbo, mi ha accennato ieri alla eventuale necessità di munire le alture di Durazzo di qualche artiglieria, per proteggerla contro cannoneggiamento dal mare, di aeroplani e siluramenti, senza di che sarebbe ingenuo pensare fare qui centro rifornimento. Ciò riuscirebbe facile, secondo il parere ufficiali qui di passaggio.

Non è possibile più, né fare aspettare una nota collettiva al pascià né accontentarlo con vaghe promesse. Nel caso che le circostanze consigliassero

R. Governo rinunciare a qualsiasi sbarco, sembra opportuno pensare al ritiro in tempo della colonia e della R. legazione (2).

141

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2639/33. Durazzo, 24 novembre 1915, ore 15 (per. ore 18,10).

Questo rappresentante serbo mi ha detto di aver ufficialmente informato Essad dei provvedimenti presi dalla Quadruplice per rifornimenti via Medua

Durazzo e del probabile imminente sbarco di truppe anche italiane in Albania senza determinare il punto. A nome di Pasic egli ha pure espresso fiducia al pascià che a Durazzo le truppe alleate avranno amichevole accoglienza. Essad avrebbe risposto che sarebbe felice accogliere la spedizione.

Con me il pascià si è mostrato sfiduciato ed agitatissimo confermando di non aver prestato molta attenzione alle parole vaghe del signor Gavrilovic ed insistendo sulla sua convinzione che la precipitosa ritirata serba esige immediato sbarco a Durazzo per evitare demoralizzazione serba ed anche delle nostre truppe se tardassero giungere «l'Italia si pentirà se trascurerà l'Albania e specialmente Durazzo -mi ha detto concludendo -ve ne do avvertimento».

Incaricato d'affari serbo oggi mi ha pregato nuovamente intercedere presso il R. Governo per la difesa sollecita del porto Durazzo necessario ai rifornimenti ed eventuale sbarco.

Prego V. E. telegrafarmi se debbo associarmi al passo del Governo serbo ed in quale misura (1).

(l) -Imperlai! rispose con t. 7990/1543 del 24 novembre, ore 22,55 quanto segue: <<Nessuna decisione ancora presa in merito comunicazione giapponese. Questione allo studio». Per le risposte di Cellere e Carlotti cfr. nn. 146 e 154. Non risulta che Tlttoni abbia risposto. (2) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 143.
142

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 1618. Roma, 24 novembre 1915, ore 21.

(Per tutti meno Parigi) Ho telegrafato al R. ambasciatore a Parigi quanto segue:

(Per tutti) Questi ambasciatori di Francia, Russia ed Inghilterra mi fanno frequenti comunicazioni circa i rifornimenti della Serbia, chiedendo il nostro concorso per i mezzi trasporto delle vettovaglie e per la loro sicurezza.

Anche la stampa francese ha marcato la nota del concorso italiano al vettovagliamento della Serbia alimentando forse illusioni che non corrispondono alla realtà.

Sta di fatto che la R. marina mette ogni maggior impegno per assolvere il compito richiestole, ma i mezzi a nostra disposizione, specie per quanto riguarda il piccolo naviglio silurante, non ci permettono di far fronte a tutti i bisogni. La prima spedizione di sei velieri avvenuta avant'ieri ha subito il cannoneggiamento di siluranti austriache che hanno affondato tre unità. Occorre pure considerare che noi dobbiamo anche pensare a garantire il nostro invio di truppe in Albania ed il suo vettovagliamento. È chiaro che per i compiti su accennati ci sarebbero, più che necessari, indispensabili i 12 cacciatorpediniere francesi che furono messi a nostra disposizione ai termini della convenzione militare di Parigi, contemplata dall'accordo di Londra, e che ci vennero ultimamente ritirati dalla Francia.

V. E. potrà in modo opportuno intrattenere di quanto precede codesto Governo.

(l) Per la risposta di Sonnino cfr. n. 143.

143

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI (l)

T. GAB. 1620. Roma, 24 novembre 1915, ore 21.

Telegrammi di V. S. n. 32 e 33 (2).

Occorre rincorare Essad. Governo italiano non dimentica .suo grande interesse tutelare indipendenza ed amicizia Albania, e provveder:\ presto, prevenendo possibilmente altri. Occorre predisporre costì antmi ed avv.isare ai mezzi di sollecitare eventualmente operazioni sbarchi, e difendere efficacemente città da offese dal mare e quali potrebbero essere inoltre migliori modi di accesso per terra da Valona, pel quale porto sarebbe più facile e sicura la traversata dei convogli.

144

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2646/604. Londra, 24 novembre 1915, ore 22,55 (per. ore 4,44 del 25).

Cambon mi esprimeva oggi vivo compiacimento per bellissimo discorso del ministro guardasigilli lasciando chiaramente capire le sue speranze che il discorso sia foriero di ulteriori nostre decisioni conformi noti suoi desideri.

In termini simpatici ho dato risposta vaga senza menzionare recentissime intenzioni del R. Governo delle quali non sapevo ancora se Grey gli lia già tenuto parola.

Nicolson mi ha posteriormente annunziato che Grey mi riceverà domani per informarmi del suo operato in seguito alla conversazione di lunedì scorso (3).

145

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2647/606. Londra, 24 novembre 1915, ore 22,55 (per. ore 7,15 del 25).

Nel corso della conversazione privata e personale con Balfour gli ho rivolto circa spedizione domanda analoga a quella rivolta a lord Crewe ed a Grey (miei telegrammi gabinetto nn. 593 e 599) {4).

Balfour mi ha fatto chiaramente capire che invio truppe britanniche è stato deciso a malincuore per semplice deferenza alle vive insistenze del Go·verno francese con troppa rapidità affrettatosi alla spedizione delle proprie truppe.

Dal linguaggio di Balfour mi è sembrato intuire che questo Stato Maggiore non sarebbe favorevole all'aumento noto quantitativo truppe previamente concordato.

Sino a prova contraria mia impressione complessiva è che anglo-francesi per un motivo o per l'altro si siano imbarcati in una nuova avventura della quale non arrivo ancora ad intravvedere probabilità di serio successo mentre d'altra parte non mi pare prudente disconoscerne incognite e pericoli data manifesta insufficienza truppe disponibili in caso di un attacco a fondo bulgaro-austro-tedesco con una al postutto non impossibile cooperazione turca.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 458.

(2) Cfr. nn. 140 e 141.

(3) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 147. (4) -Cfr. nn. 127 e 137.
146

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8010/439. Washington, [24] novembre 1915, ore ... (per. ore 14,10 del 25).

Telegramma di V. E. n. 3964 (1).

Segretario di Stato contempla con indifferenza disfarsi regime in Cina, che egli mi ha qualificato affare puramente interno, nel quale Stati Uniti non hanno da intromettersi. Mi ha soggiunto che eventuale ristabilimento della monarchia non richiederebbe a suo avviso riconoscimento dei terzi, trattandosi di mutamento regime non provocato da fatti rivoluzionari, ma adottato pacificamente. Sarebbe come, ha detto, se Stati Uniti modificassero la propria costituzione, ciò che non dovrebbe impedire agli altri Stati a mantenersi in rapporti. Ho accertato che questo ambasciatore del Giappone non ha fatto presso di lui passo del suo collega a Roma. Se lo facesse segretario di Stato gli risponderebbe in tal modo: egli attribuisce agitazione nipponica, oltre al timore che la monarchia rafforzi potere della Cina, alla apprensione di disordini che, obbligando Giappone a vigilanza armata, gli impedirebbe alimentare alleati di armi e munizioni ed a fare realizzare, oltre tutto, forti guadagni al commercio nazionale. Ma ritiene questa ultima apprensione esagerata.

147

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. GAB. UU. 1621. Roma, 25 novembre 1915, ore 10,35.

Telegramma di V. E. n. 604 gabinetto (2).

Urge addivenire alla firma a Londra della dichiarazione vietante paci separate, avendo R. Governo risoluto darne notizia alla camera nel primo giorno della riapertura cioè primo dicembre.

(l) -Cfr. n. 139. (2) -Cfr. n. 144.
148

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. UU. 2667/608. Londra, 25 novembre 1915, ore 21,15 (per. ore 8 del 26).

Grey mi ha detto oggi che Governo giapponese per dovere costituzionale non potrebbe autorizzare ambasciatore a firmare dichiarazione nella forma da me proposta senza previa approvazione del consiglio privato il che involgerebbe possibili discussioni, ritardo considerevole e pericolo di indiscrezioni. A girare tale difficoltà per l'adesione del Giappone nota dichiarazione dovette seguire procedura ossia scambio di note nella forma pubblicata nel libro azzurro annesso al mio rapporto n. 771 (1).

Dato tale precedente verificatosi per l'adesione anteriore alla nostra e data necessità intervento del Giappone nell'atto, Grey non vede altra possibile procedura all'infuori di quella dello scambio di note: mia nota sarebbe redatta così: «Le Gouvernement italien ayant décidé d'adhérer à la déclaration signée à Londres le cinq septembre entre les Gouvernements français, russe et britannique, déclaration à laquelle a adhéré le Gouvernement du Japon en date du dix-neuf octobre, je soussigne dùment autorisé par mon Gouvernement l'adhésion de l'Italie à la dite déclaration dont le texte est camme suit ». Segue integralmente la dichiarazione del cinque settembre con la firma di Grey e dei due ambasciatori. Veuillez agréer ecc. firmato Imperiali.

La nota responsi va è concepita come segue: « Les soussignés dùment autorisés par leurs Gouvernements respectifs prennent acte de l'adhésion de votre Gouvernement à la déclaration du cinq septembre à laquelle le Gouvernement du Japon a adhéré le dix-neuf octobre 1915 dont le texte est comme suit ». Si ripete integralmente la dichiarazione cinque settembre colle tre firme. Veuillez agréer ecc. firmato Grey ed ambasciatore del Giappone.

Ho detto a Grey che avrei immediatamente sottoposto a V. E. la predetta redazione pure osservando a titolo personale, che preferivo la forma da me proposta. Grey ha replicato l'avrebbe preferita anche lui, ma non vedeva come si potrebbe procedere diversamente stante il necessario intervento del Giappone.

Prego V. E. telegrafarmi d'urgenza sua approvazione o eventuali osservazioni tenendo presente che per aver risposta da Tokio occorrono almeno tre giorni (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 149.
149

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. GAB. RR. UU. 1629. Roma, 26 novembre 1915, ore 11.

Telegramma di V. E. n. 608 (l).

Non sembrandomi soddisfacente formula ivi proposta debbo insistere sulla mia. Se indispensabile prego Grey telegrafare a Tokio perché sia sentito il consiglio privato giapponese, raccomandando il segreto. Intanto occorre preparare costà ogni altra cosa per procedere all'immediata firma testo avutasi risposta da Tokio, non più tardi del 30 novembre (2).

150

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2679/234. Atene, 26 novembre 1915, ore 15,15 (per. ore 21,30).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1622 (3).

Ecco risposta del Governo ellenico:

«Ayant pris connaissance de la communication que les ministres de France, Grande Bretagne, Italie et Russie ont bien voulu, d'ordre de leurs Gouvernements, faire au soussigné président du conseil et ministre des affaires étrangères, le Gouvernement royal hellénique tient tout d'abord à remercier les Puissances de l'Entente de l'intention très bienveillante dont elles déclarent ètre toujours animées à l'égard de la Grèce.

Au sujet de l'allusion faite officiellement à l'éventualité du désarmement ou de l'internement des troupes anglaises françaises ou serbes qui pourraient ètre contraintes au cours des opérations militaires de passer des territoires serbes ou bulgares sur le territoire grec, le Gouvernement royal a eu à maintes reprises tant dans sa correspondance télégraphique avec ses agents que dans les entretiens répétés du président du conseil ministre des affaires étrangères avec les représentants des Puissances de l'Entente, l'occasion d'expliquer son véritable point de vue sur la question de manière trop nette pour laisser subsister la moindre équivoque sur ses intentions. Aussi le Gouvernement royal n'a-t-il pas nulle difficulté à faire droit à la demande des Gouvernements alliés en déclarant officiellement que ses troupes ne chercheront en aucune circonstance à désarmer ou à interner les troupes alliées et que dans ses rapports avec les Puissances de l'Entente il demeurera en tout fidèlement attaché à la politique de neutralité bienveillante dont il leur a donné l'assurance

répétée et fourni si souvent d'attestés. Le Gouvernement royal prend une fois de plus acte de la déclaration réitérée des Gouvernements alliés qu'ils n'ont désir ni l'intention de le contraindre à participer au conflit européen auquel il a formellment déclaré qu'il entendait rester étranger.

Il assure de son còté qu'il n'a jamais songé d'entraver d'aucune manière la liberté des mouvements des Gouvernements alliés sur terre et mer ou à compromettre de quelque façon que ce soit la sécurité dans tout le champ de Ieur opération. Bien au contraire il s'en est toujours tenu aux promesses faites par M. Zaimis et il a conscience de les avoir entièrement réalisées par tous les moyens en son pouvoir et suivant l'expresse demande du Gouvernement français « en plein accord entre les autorités alliées et les autorités locales » et avec le seui souci de ne pas «entraver les opérations d'ordre militaire de la Grèce ».

Le Gouvernement hellénique n'éprouve dès lors aucun embarras à renouveler aux Gouvernements alliés, selon leur désir, l'assurance qu'ils continueront à obtenir toutes les facilités dont leurs troupes pourraient avoir besoin dans le port de Salonique ainsi que sur ses voies d'accès. Le Gouvernement hellénique prend acte de la déclaration des Puissances de l'Entente qu'elles restitueront intégralement à la fin de la guerre toutes les parties du territoire grec qu'elles auraient été obligées d'occuper pendant les hostilités et qu'elles sont disposées à payer après la clòture des hostilités des indemnités légitimes pour tous les dommages qui auraient pu ètre causés par l'occupation. Ayant ainsi fourni aux Puissances de l'Entente toutes les assurances dont elles peuvent avoir besoin, le Gouvernement royal ne doute pas qu'elles renonceront immédiatement aux mesures auxquelles ont cru devoir recourir au préjudice des droits et des intéréts de la Grèce et il demeure convaincu qu'elles voudront bien réaliser la promesse d'examiner avec la plus grande bienveillance les demandes qu'il a précédemment formulées ».

(l) -Cfr. n. 148. (2) -Per la risposta cfr. n. 152. (3) -Con t. gab. 1622 del 25 novembre, ore 10,25, Sonnino aveva chiesto a De Bosdari di telegrafargli 11 testo completo della nota presentata 11 23 novembre dai rappresentanti dell'Intesa alla Grecia e della risposta ricevutane. De Bosdari si limitò, con il presente telegramma, ad inviare 11 testo della risposta del governo ellenico.
151

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2676/235. Atene, 26 novembre 1915, ore 16 (per. ore 20,45).

Questo ministro di Francia in seguito istruzioni ricevute dal suo Governo ha presentato a Skuludis seguente elenco di domande:

«l. -Retraite des troupes grecques de la ville de Salonique et de ses environs;

2. --Libre et entiére disposition des chemins de fer et des routes jusqu'à la frontière en particulier vers Krivolactur et Monastir assez complète pour que nous puissions prendre toutes les mesures indispensables à notre défense tant de la ville méme que dans son voisinage, l'établissement d'une organisation défensive autour de Salonique et en avant de la pénlnsule chalcidìque étant d'une nécéssité primordiale pour assurer sécurité des troupes expédition alliées; 3. --Liberté sur mer telle que le droit de visiter les navires et les embarcations dans les eaux territoriales, celui de rechercher et de détruire les :::oumarins ennemis et leurs bases de ravitaillement sur les còtes et dans les eaux territoriales. En égard à la situation diiDcile et exposée dans laquelle la retraite de l'armée serbe vers l'Albanie et le Monténégro va piacer les troupes alliées, il y a urgence extrème à ce que satisfaction soit donnée non seulement par des assurances verbales mais par des mesures de fait c'est à dire l'évacuation de la région de Salonique par les troupes grecques ramenées en arrière pour se trouver hors d'état de géner la liberté de nos mouvements et de notre défense ».

Queste domande vengono presentate come applicazione di quelle di ordine generico nella nostra nota del 23 corrente.

Skuludis ha chiesto se trattasi ora di esigenze o di semplici domande suscettibili di discussione. Ministro di Francia non è stato in grado di rispondere e si è riservato di chiedere istruzioni. Skuludis ha fatto comprendere che se si tratta di «esigenze» Grecia cederà alla forza.

Ho assistito al colloquio tenendomi nella massima riserva. Prego V. E. telegrafarmi d'urgenza istruzioni per la mia futura attitudine (1). Tutte le informazioni che giungono dal fronte descrivono situazione degli anglo-francesi come assai pericolosa.

152

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2671/611. Londra, 26 novembre 1915, ore 22,45 (per. ore 3 del 27).

Telegramma di V. E. 1629 (2).

Conferito testé con Grey e consigliere dell'ambasciata giapponese. Quest'ultimo ci ha annunziato essergli poco prima giunto un telegramma urgentissimo in cui il ministro degli affari esteri pur insistendo per procedura scambio di note, autorizza in caso di necessità assoluta l'ambasciatore a firmare la dichiarazione, qualora il Governo italiano, per ragioni maggiori, insista nella sua formula. Su questo punto quindi accordo è raggiunto. Governo giapponese, però, per esigenze della sua politica interna insiste vivamente perché la pubblicazione del testo dell'accordo abbia luogo ad una data da concordarsi previamente e comunque non anteriore al sei dicembre. Ho risposto che sulla data della pubblicazione del testo dell'accordo, supponevo che il mio Governo non solleverebbe diiDcoltà. Il Governo di Sua Maestà annette invece grande importanza ad annunziare mercoledì prossimo al parlamento l'avve

nuto accordo. Grey ha osservato sembrargli che le giuste esigenze dei due Governi alleati si potrebbero facilmente conciliare, se il Governo italiano si limitasse a dare al parlamento partecipazione del «fatto» dell'adesione dell'Italia all'accordo, col quale i cinque Governi si sono impegnati a non concludere pace separata e consentisse a rinviare la pubblicazione del « testo » dell'accordo segreto stesso ad una data da concordarsi previamente col Governo giapponese. Consigliere dell'ambasciata giapponese ha detto avrebbe subito telegrafato a Tokio chiedendo risposta urgente per poter procedere alla firma martedì trenta.

Dal canto mio prego V. E. significarmi se ella mi autorizza a significare a Grey ed al collega giapponese il suo consenso alla soluzione suggerita da Grey. Se possibile sarebbe desiderabile dare su questo punto una soddisfazione al Governo giapponese che ha invero premura e buon volere di venirci incontro malgrado le ditlìcoltà interne da superare.

Ad ogni buon fine aggiungo che la formula dell'adesione resterebbe quella indicata nel mio telegramma gab. n. 587 (1).

(l) -Sonnlno rispose con t. gab. 1640/248 del 27 novembre, ore 21, quanto segue: «V. S. deve conformare suo contegno a quello che seguono unanimi i colleghi dell'Intesa, facendo possibilmente prevalere fra questi consigli di moderazione e di prudenza e con forma conciliativa verso Governo locale ». (2) -Cfr. n. 149.
153

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2694/236. Atene, 27 novembre 1915, ore 2,10 (per. ore 17,30).

Denis Cochin parte stamane a bordo cacciatorpediniere greco Ellis. Giungerà Messina domenica mattina e proseguirà per Roma. Ho telegrafato a quel prefetto di fare tutto il necessario per facilitare sbarco e partenza del ministro di Stato francese. V. E. vedrà se è il caso che altro ordine pervenga al prefetto da parte R. Governo.

Ho veduto Denis Cochin nelle sue due permanenze ad Atene. Si espresse con viva compiacenza intorno al suo passaggio dall'Italia e specialmente intorno alla cortesia di S. A. R. il Principe di Udine che lo accompagnò a Patrasso. Espresse intenzione di proporre conferimento a Sua Altezza Reale di un alto grado della legione d'onore.

Mi ha detto anche che al suo ritorno in Roma avrebbe desiderato di avere un colloquio con V. E. di cui mostrava di avere altissima stima (2).

Qui il Cochin fu fatto segno ad ogni sorta di dimostrazioni di affetto e di stima. Ricevette il grande cordone del Salvatore, fu proclamato cittadino onorario di Atene, ebbe inviti a Corte e dal principe Nicola ecc.

Quanto lato serio e pratico della sua missione vi sarebbe molto da dire. Venne qui con idee sulla situazione improntate a quell'incertezza che sembra in questi momenti dominare tutte risoluzioni Governo francese.

Difatti nei primi giorni Denis Cochin si prese a negoziare col ministri greci e col Re affari del giorno. Ma ciò non tardò suscitare le gelosie di questo ministro di Francia il quale provocò dal suo Governo ordine perentorio ed anche un poco brusco (come ho potuto constatare dalla lettura fattami dal mio collega francese dei telegrammi relativi) nel senso che Cochin dovesse tenersi al lato per così dire unicamente decorativo lasciando al ministro di Francia soltanto di trattare gli affari. Sembra che Cochin fu alquanto sorpreso ed ancha dispiaciuto di quel comunicato. Certo si è che si attenne scrupolosamente ad esso e negli ultimi giorni della sua permanenza in Grecia non disse più una parola di politica limitandosi ad espressioni di vacuo per quanto dotto ed eloquente filellenismo.

A quanto mi è dato di giudicare missione del Cochin non avrebbe avuto adunque grande risultato ed è evidente che le cose nei Balcani si svolgono nell'altro campo con tale efficacia e rapidità di successo che è permesso essere abbastanza scettici sulla opportunità di opporre ad esse gli argomenti dell'eloquenza e sentimento.

(l) -Cfr. n. 120. Per la risposta di Sonnino cfr. n. 155. (2) -Cfr. n. 162.
154

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8055/844. Pietrogrado, 27 novembre 1915, ore 3 (per. ore 9,30).

Telegramma V. E. n. 3964 (l).

Sazonov ha ricevuto analoga comunicazione dall'ambasciatore del Giappone, ma non vi ha ancora risposto. Ne informerò V. E. tosto che l'abbia data (2). In tesi generale egli considera mutamento regime in Cina come non pro

pizio agli interessi della Russia, ma, d'altro canto, egli intende misurare suo linguaggio a Pechino in modo da non spingere Yuan-shi-kai a orientare propria politica verso Germania.

155

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. GAB. UU. 1636. Roma, 27 novembre 1915, ore 10.

Telegramma di V. E. n. 611 (3). Accetto soluzione proposta da Grey e cioè: lo -firma della dichiarazione

secondo il testo del telegramma di V. E. n. 587 (1). Tale firma dovrà avvenire martedì 30 corrente. 2° -Mia comunicazione alla Camera il 1° dicembre del fatto dell'adesione dell'Italia all'accordo col quale i cinque Governi si sono impegnati a non concludere pace separata. 3° -Pubblicazione del «testo ~ dell'atto a ciò relativo da farsi non prima del 6 dicembre.

S'intende che la firma dell'atto del 30 novembre non dovrà trapelare prima che io ne abbia dato notizia al Parlamento italiano.

(l) -Cfr. n. 139. (2) -Cfr. n. 158. (3) -Cfr. n. 152.
156

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, E AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 1637. Roma, 27 novembre 1915, ore 2.

(Meno Cadorna) -Ho telegrafato al generale Cadorna quanto segue: (Per tutti) -Giers mi ha comunicato confidenzialmente che lo Stato Maggiore russo, in vista della attuale inattività nelle frontiere occidentali, ha formato un piano per colpire gli austro-tedeschi nel punto in cui sono più deboli. Dopo essersi fortemente trincerati nelle linee attuali i russi dovrebbero spedire 10 corpi d'armata con obiettivo Budapest. I russi hanno già pronti a questo scopo 5 corpi d'armata (280.000 uomini). Tale spedizione potrebbe però avvenire soltanto se dal canto loro i franco-inglesi spedissero 10 corpi d'armata nella penisola balcanica (via Salonicco o Dedeagatch o Cavalla) che si andassero a congiungere con i russi ricacciando gli austro-tedeschi verso il Danubio. Anche l'Italia potrebbe così aver facilitata la sua offensiva per la minore pressione sul suo fronte. Secondo gli apprezzamenti dello Stato Maggiore russo, i franco-inglesi sarebbero in grado di spedire i 400 mila uomini necessari per l'esecuzione del piano anzidetto. E così sarebbe il principio della fine per gli austro-tedeschi. Anche Grecia e Romania sarebbero probabilmente indotte a muoversi con gli alleati. Occorrerebbe far presto. Il Governo francese ed il Governo inglese sono già stati presentiti in questo senso. Il signor Izvolsky ha telegrafato che Briand pur senza dare risposta definitiva, ha detto che egli stesso aveva avuto questa idea mesi or sono ma che essa non venne attuata dal Ministero Viviani. L'ambasciatore di Russia faceva questa comunicazione in via strettamente confidenziale ammettendo però che ne fosse data notizia a V. E., per sua norma, mentre hanno luogo i colloqui con lord Kitchener.

(l) Cfr. n. 120.

(2) Ed. In SONNINO, Carteggio, clt., n. 459.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 1639. Roma, 27 novembre 1915, ore 19,40.

I membri della R. marina che fanno parte della commissione incaricata trattare insieme cogli addetti navali di Francia, Inghilterra, Russia, la questione dell'invio rifornimenti per la Serbia, nella seduta di ieri hanno fatto presente che data la prevedibile continuità dei trasporti non si può esercitare una protezione veramente efficace con il naviglio leggero di cui l'armata italiana dispone nel basso Adriatico e che non è possibile rinforzarlo con altre unità italiane, per non indebolire eccessivamente la flottiglia dell'alto Adriatico.

Delegati italiani hanno chiesto un rinforzo di cacciatorpediniere francesi ed inglesi non inferiore complessivamente a venti unità.

Addetto navale di Francia ha promesso rinnovare premure al suo Governo per ottenere sollecito ritorno a Brindisi dei dodici cacciatorpediniere francesi aggregati all'armata italiana giusta la convenzione navale di Parigi e poi distaccati altrove.

Addetto navale inglese ha fatto comprendere che molto difficilmente la marina inglese potrà distaccare cacciatorpediniere in Adriatico ed ha esposto alcuni criteri circa l'impiego di sommergibili coordinato con altre navi per la protezione delle navi trasporto alla fonda durante le operazioni di scarico.

Ministero Marina pur non escludendo l'opportunità di tali criteri ritiene assolutamente necessario un largo impiego di cacciatorpediniere per proteggere i trasporti durante la traversata e per contrastare l'azione dei sommergibili nemici contro gli incrociatori leggeri.

Comunico quanto precede in relazione al mio telegramma gabinetto numero 1618 (1). (Per Londra e Parigi) -pregando V. E. dii voler fare i passi opportuni affinché i Governi inglese e francese inviino i venti cacciatorpediniere che la

R. marina ritiene assolutamente indispensabili per assicurare trasporto rifornimenti della Serbia.

158

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8098/846. Pietrogrado, 28 novembre 1915, ore 2 (per. ore 19,35).

Seguito mio telegramma 844 (2). Sazonov ha oggi risposto all'ambasciatore del Giappone circa proposte relative restaurazione monarchica in Cina. Nell'aderire alla prima Sazonov ha detto a Motono che avrebbe bensì significato

a Yuan-shi-kai la riserva dei diritti della Russia ma avrebbe soggiunto che tale riserva non conteneva ombra di minaccia. Russia, al pari degli alleati, ha interesse a non urtare e ad evitare che egli presti ascolto alle lusinghe e ai raggiri della Germania. Comunicazione a lui rivolta deve pertanto essere concepita in termini tali da non ispirargli timori e sospetti verso l'Intesa. A questo riguardo ed in generale su tutta la questione Giers è stato oggi incaricato di intrattenere V. E. Seconda proposta Sazonov condivide opinione di

V. E. non essere per ora il caso di prendere risoluzioni. Sazonov mi ha detto Stati Uniti non intendono associarsi ad alcuna comunicazione da farsi alla Cina.

(l) -Cfr. n. 142. (2) -Cfr. n. 154.
159

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8096/344. Cairo, 28 novembre 1915, ore 7,05 (per. ore 21,15).

Generale Maxwell reduce da Salonicco dove è stato con lord Kitchener mi ha detto segretamente non esservi dubbio che Governo ellenico ha un patto segreto con Governo bulgaro ma che egli nutre fiducia che alleati siano giunti in tempo (l).

160

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2706/239. Atene, 29 novembre 1915, ore 13 (per. ore 18,45).

Alle domande francesi di che al mio telegramma n. 235 (2), Skuludis ha dato seguente risposta:

« Prenant note des déclarations amicales par lesquelles les représentants des Puissances de l'Entente accompagnent les demandes adressées par leurs Gouvernements à la Grèce, le Gouvernement hellénique, dans son désir de donner de mème une nouvelle marque de ses dispositions amicales et obligé de tenir compte de la situation difficile dans laquelle se trouvent, en Macédoine, les armées grecques comme les troupes alliées, ainsi que de l'urgence extrème qu'il y a à arriver à un règlement pratique, propose qu'on remette de part et d'autre aux autorités militaires respectives le soin de déterminer, dans les limites compatibles avec l'indépendance de la Grèce, pour le maintien de son autorité comme pour les besoins essentiels de ses armées, le mode de réalisation

des demandes formulées par les Puissances de l'Entente. Athènes 15-28 novembre».

Il mio collega di Francia non si mostrava contento della risposta di Skuludis e sembrava credere che invece di una risposta fosse da considerarsi come una nuova proposta intesa a guadagnare tempo. Il tergiversare è troppo della natura di quest'uomo di Stato per poter escludere quella intenzione. Io gli feci però osservare che avevamo diritto di considerare la frase «le mode de réalisation des demandes formulées par les Puissances de l'Entente » come una acquiescenza di principio. Gli ho quindi consigliato di domandare la nomina immediata della proposta commissione e poi esigere l'esecuzione delle misure chieste salvo a tenere dovuto conto delle necessità della Grecia.

Nel breve colloquio che avemmo con Skuludis intorno alla risposta, il ministro d'Inghilterra volle in modo speciale appoggiarsi sul fatto che nella risposta non facevasi menzione della domanda da noi presentata di poter far visita alle navi nelle acque territoriali e di ispezionare le coste per lo scoprimento delle basi pei rifornimenti dei sottomarini.

A ciò Skuludis rispose che tutto ciò era già liberamente praticato, intendendo forse dire che non si aveva che da continuare a farlo senza bisogno di sancire sulla carta quest'uso irregolare.

A meno di voler creare difficoltà per semplice questione di forma e di parola, mi sembra che sia opportuno di passare oltre e non sofisticare troppo sul tenore di questo comunicato e delle altre [note] che senza dubbio accorreranno ancora; e valersi della facoltà che mi sembra oramai per noi acquisita di fare nelle acque territoriali tutto ciò che possa parere necessario.

In questo senso cerco di adoperarmi presso i miei colleghi sembrandomi ciò il miglior metodo per conformarmi alle istruzioni di V. E. quali esposte col suo telegramma gabinetto n. 248 (l).

(l) -Rltrasmesso a Parigi, Londra, Pletrogrado e Atene con t. 4025 del 29 novembre, ore 16. (2) -Cfr. n. 151.
161

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (2)

T. GAB. 1661. Roma, 30 novembre 1915, ore 19,30.

(Per Atene) -Telegramma di V. S. n. 239 (3).

(Per gli altri) -Mio telegramma n. 1653 (1).

(Per tutti) -Richiesto da Giers delle mie impressioni riguardo alla situa.tione in Grecia dopo la risposta di Skuludis alla seconda nota rivoltagli dalla Quadruplice, dissi che il punto essenziale parevami ora quello di determinare sollecitamente con la maggiore precisione quali erano le singole richieste pratiche degli alleati sia per la sicurezza e la libertà di movimenti delle loro truppe in Salonicco o sulle strade di accesso sia per la difesa marittima dagli assalti dei sommergibili. Queste condizioni avrebbero dovuto discutersi rapidamente con le autorità elleniche, magari seguendo la via indicata da Skuludis. La Grecia avrebbe potuto anche rassegnarvisi di fatto con qualche riserva formale di diritto -e sulle forme da dare al consenso greco si poteva anche transigere pur di stabilire bene i rapporti reciproci e le condizioni precise dello stato di fatto che gli alleati ritenessero indispensabile. Per poter far questo occorreva pure che gli alleati concretassero con chiarezza anche per conto proprio quali erano gli scopi cui dovesse tendere da ora in là l'insieme della spedizione a Salonicco, in questa seconda sua fase, dove non poteva oramai più mirare precipuamente al soccorso da prestare all'esercito serbo, già in gran parte disfatto e costretto ad abbandonare al nemico il proprio territorio.

(l) -Cfr. n. 151, nota l, p. 111. Il presente telegramma fu ritrasmesso a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. gab. 1653 del 30 novembre, ore 21. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 279-280. (3) -Cfr. n. 160.
162

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 1662. Roma, 30 novembre 1915, ore 20,30.

Ho veduto oggi il barone Cochin di passaggio per Roma. Egli mi ha riferito sommariamente le impressioni riportate dalla sua breve visita a Atene e a Salonicco (2). Trovò la popolazione entusiasta della causa della Quadruplice, e specialmente ben disposta per la Francia. Skuludis gli dette la sua parola d'onore che non avrebbe mai fatto toccare un capello ai soldati anglo-francesi. Cochin riteneva che i rappresentanti della Quadruplice avrebbero potuto non presentare la seconda nota, contentandosi dell'accettazione di massima risultante dalla risposta ellenica alla prima nota, e lasciando alle autorità militari di regolare tutte le minori questioni riguardanti la sicurezza del corpo di spedizione.

Si lamentava degli inglesi che non avevano mandato in tutto più di 30 mila uomini e si erano tenuti lontani da ogni combattimento. Infine mi riferiva che il generale Sarrail riteneva completamente mancato lo scopo della spedizione arrivata troppo tardi per recare un aiuto efil.cace alla Serbia, e mancante oramai di ogni possibilità di azione seria. Meglio era abbandonare addirittura tutta l'impresa e ritirarsi completamente. Per qualunque azione efil.cace verso

l'interno occorrerebbero per lo meno 300 mila uomini. Questa opinione con

suonava con quella manifestata da lord Kitchener. Cochin avrebbe insistito su tutto questo tornando a Parigi.

Risposi che ritenevo urgente che gli alleati decidessero il nuovo programma da seguire in questa seconda fare degli avvenimenti balcanici, dopo fiaccata ogni resistenza della Serbia al nemico.

Accennai al progetto russo di concentrare 500 mila uomini in Bessarabia per attaccare l'Ungheria (l) purché gli anglo-francesi riunissero un esercito egualmente poderoso a Salonicco per procedere verso il nord.

Cochin mi disse che riteneva questo come assolutamente impossibile.

Gli parlai dell'Adriatico e delle enormi dilllcoltà per noi che mancavamo di cacciatorpediniere e di sommergibili per difendere e scortare i trasporti di rifornimento per serbi e pei montenegrini: insistendo perché la Francia ci rimandasse i 12 cacciatorpediniere t.olti alla squadra del duca d'Abruzzi. Prevedevo una situazione molto dilllcile in Albania e nel Montenegro per effetto della inevitabile deficienza di rifornimenti.

(l) -Ed. In SONNINO, Diario, clt., pp. 280-282. (2) -Cfr. n. 153.
163

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2721/243. Atene, 1° dicembre 1915, ore 2,10 (per. ore 17).

Telegramma di v. E. n. 4025 (2).

Da non poco tempo sono venuto segnalando a V. E. ogni benché menomo indizio di riavvicinamento tra la Bulgaria e la Grecia e le mie comunicazioni al riguardo sono abbastanza numerose (miei rapporti 428, 545 e telegrammi nn. 94, 127, 129, 133, 154, 165) (3).

Testimonianza del generale Maxwell mi sembra piuttosto importante ed essa coincide con quanto recentemente disse Re Costantino a questo ministro di Russia, non temere, cioè, egli i bulgari in questo momento. È del tutto singolare per chi, come me, ha assistito alle guerre balcaniche ed al periodo successivo alla pace di Bucarest, vedere con quale tranquilla sicurezza anzi con quale apatia, i greci assistono all'arrivo dei bulgari a Monastir, eventualità che solo pochi mesi or sono sarebbe stata da loro considerata come fatale per l'avvenire del loro paese. Nei giornali un giorno albergavano le più feroci invettive contro la Bulgaria, ora regna il silenzio, quando pure non si rechi qualche timida lode. Se tutto ciò non è indizio di accordi chiedo quale ne possa essere l'indizio. Solo alcuni pochi idealisti ed illusi vanno ripetendo che odio al bulgaro è in fondo dell'animo greco.

(l) -Cfr. n. 156. (2) -Cfr. n. 159, nota l. (3) -Non pubblicati.
164

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2728/487. Parigi, 1° dicembre 1915, ore 21,15 (per. ore 2,15 del 2).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1662 (1).

Parere di Cochin non è qui condiviso, né vi sono disposizioni per seguire procedura quale quella indicata saviamente da V. E. nel telegramma n.1661 (2). Qui innanzitutto si è convinti che Re di Grecia agisce unicamente secondo i consigli degli agenti germanici e che tutte le tergiversazioni e ritardi nelle risposte del Governo ellenico tendono a guadagnar tempo. Da quanto mi risulta questo Governo proporrà agli alleati di ingiungere alla Grecia di dare una risposta soddisfacente a tutte le domande fatte coll'ultima nota dando limite tempo brevissimo per rispondere. Quando risposta non fosse soddisfacente e categorica si dovrebbe senz'altro passare ad una dimostrazione navale. Quanto a Salonicco il Governo francese sembra deciso a conservare a qualunque costo quella base navale. Temps di questa sera nel suo articolo di fondo propugna stessa necessità per alleati (3).

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E A TOKIO, GUICCIOLI

T. GAB. 1672. Roma, 2 dicembre 1915, ore 11.

Secondo accordi presi a Londra (4) pubblicazione testo nostra adesione alla dichiarazione di Londra del 5 settembre 1914 avrà luogo contemporaneamente diverse capitali lunedì 6 dicembre.

166

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI

T. GAB. 1673. Roma, 2 dicembre 1915, ore 20.

Con recente decreto generale Bertotti viene nominato comandante del corpo speciale italiano in Albania. Egli è investito della autorità politica sul territorio in cui si svolge l'azione delle forze armate al suo comando; ha l'alta direzione di tutti i servizi nel territorio di propria giurisdizione qualunque sia

l'amministrazione dello Stato cui essi appartengono; per gli affari d'ordine tecnico amministrativo e contabile i funzionari che non fanno parte dell'amministrazione della guerra corrispondono col rispettivo ministero per il tramite del comandante il corpo speciale. Il carteggio politico di V. S. con questo Ministero seguiterà ad aver corso direttamente: sarà però necessario che V. S. tenga minutamente informato del contenuto di esso il generale Bertotti col quale ella vorrà tenersi a costante contatto per una cordiale e indispensabile collaborazione riferendomene pure il parere sulle questioni più importanti di competenza della S. V.

Prego V. S. dare le opportune istruzioni al R. console a Valona.

(l) -Cfr. n. 162. (2) -Cfr. n. 161. (3) -R!trasmesso a Londra, P!etrogrado e Atene con t. gab. 1679 del 2 dicembre, ore 20. (4) -Cfr. n. 155.
167

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 1680. Roma, 2 dicembre 1915, ore 20.

Giers mi narrava stamane che governo francese ha spedito istruzioni al suo ministro ad Atene di chiedere nuovamente più precisi affidamenti riguardo alle 3 domandè esposte nella seconda nota presentata alla Grecia (2), non contentandosi delle risposte troppo vaghe di Skuludis.

Risposi che temevo che alleati si mettessero sopra una via piena di pericoli, irritando inutilmente Re Costantino e sentimento generale dei greci prima ancora che i Gabinetti di Londra e Parigi avessero nettamente fissato la loro risoluzione sugli scopi della spedizione di Salonicco da oggi in poi, cioè dopo sorpassata la prima fase di tentativo di aiuti alla Serbia; se intendevano cioè farne la base di ulteriori operazioni nei Balcani, se semplicemente occupare e difendere la città in attesa di nuove deliberazioni, oppure se addirittura venir via. Kitchener e Cochin non avendo nascosto a nessuno le loro opinioni favorevoli all'abbandono della spedizione. Sembravami più che inutile pericoloso il rischiare di acuire gli attriti con la Grecia per ottenere garanzie minute a tutela di un'impresa che si intendesse abbandonare. Il Governo ellenico sapeva benissimo di questa esitazione anglo-francese e non poteva non riscontrarvi libertà d'azione per resistere alle domande di nuove concessioni umilianti o quasi. Anche per noi, data la nostra spedizione in Albania importava sapere quale fosse in definitiva il programma positivo dii azione degli alleati nei Balcani per non trovarci impegnati da soli in impresa non realizzabile. Mia opinione era che si dovesse far discutere rapidamente dalle autorità militari secondo la proposta di Skuludis il modus vivendi da adottarsi a garanzia della spedizione; ed esaminare le obiezioni pratiche dei greci che dicevano essere le domande avanzate da noi non praticamente attuabili. Se entro 2 o 3 giorni le autorità militari non si fossero accordate la diplomazia poteva di nuovo intervenire.

Intanto urgeva determinare gli scopi generali cui si voleva tendere, e i mezzi idonei per raggiungerli.

Temevo che gli alleati stessero ripetendo errori analoghi a quello incorso nelle trattative con la Bulgaria. La Russia aver pure interesse a chiarire tutto ciò vista la proposta da lei avanzata di una azione concertata fra il suo esercito in Bessarabia e quello anglo-francese a Salonicco.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, Cit,, pp. 282-283. (2) -Cfr. n. 151.
168

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 1687. Roma, 3 dicembre 1915, ore 13,40.

Giers mi ha comunicato una circolare di Sazonov che insiste sulla necessità urgente di concertare un piano generale di azione militare sui vari scacchieri.

Ho risposto ero perfettamente d'accordo su questa necessità.

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, E A BUCAREST, FASCIOTTI (l)

T. GAB. 1688. Roma, 3 dicembre 1915, ore 13,30.

Giers mi ha detto che Briand avrebbe dichiarato di essere convinto della necessità di assicurare con ogni mezzo la situazione del corpo di spedizione a Salonicco, convenendo che occorre portarlo alla cifra di 300 mila uomini.

170

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2750/627. Londra, 3 dicembre 1915, ore 22,34 (per. ore 5,40 del 4).

Telegrammi di V. E. 1679 (2) e 1680 (3). In colloquio odierno con Grey ho, a proposito della Grecia, ispirato mio linguaggio alle savissime considerazioni di V. E. Grey statomi attentamente ad

ascoltare mi ha detto che in questo momento autorità militari anglo-francesi discutono ed esaminano misure da prendere per la sicurezza del corpo di spedizione a Salonicco. Nel frattempo egli non credeva si sarebbero rivolte alla Grecia domande perentorie e del genere di quelle segnalate a V. E. salvo beninteso il caso in cui esse fossero rese necessarie da qualche eventuale subitanea mossa ostile da parte di essa. La questione, ha aggiunto, è di indole affatto militare e come tale va lasciata al giudizio delle autorità competenti. Grey non è entrato in particolari ed io non ho creduto chiedergli spiegazioni più precise. Complessiva mia impressione è che: l) vedute di Grey circa contegno degli alleati verso Grecia si accostino più a quelle di V. E. che alle francesi; 2) oggetto della discussione anglo-francese verte sul mantenimento o sul ritiro del corpo di spedizione a Salonicco; 3) che qui si propende piuttosto per la seconda alternativa. In tal senso si esprimeva a titolo strettamente personale alto personaggio all'infuori della politica ma per delicata sua posizione al corrente di tutto. Deplorata in generale acquiescenza inglese alle esigenze francesi circa spedizione Salonicco osservava che, comunque, dal momento in cui non è più possibile aiutare Serbia, questo Governo, costretto a non sguarnire fronte occidentale, non evacuare Gallipoli ed inviare truppe in Egitto e Mesopotamia, trovasi nella impossibilità di accrescere quivi truppe attualmente insufficienti non solo ad avanzare ma anche a fronteggiare vittoriosamente probabile offensiva austro-tedesco-bulgara.

Riferisco queste che sono semplici mie impressioni personali per quello che possono valere. Giudicherà V. E. quando sarà venuto il momento di darmi ordini di chiedere spiegazioni più precise in correlazione con nostra spedizione in Albania.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 283. (2) -Cfr. n. 164, nota 3. (3) -Cfr. n. 167.
171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AI MINISTRI A CETTIGNE, ROMANO AVEZZANA, A DURAZZO, ALIOTTI, E PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI (l)

T. GAB. 1694. Roma, 4 dicembre 1915, ore 14

Questo ministro di Serbia mi ha comunicato un telegramma di Paste da Scutari in cui raccomanda di far mandare sollecitamente truppe nostre a Durazzo; magari un solo reggimento, pur di rassicurare le popolazioni e fermare l'agitazione sobillata dagli agenti austro-bulgari.

Ho risposto che avrei raccomandata la cosa all'autorità militare, perché provvedesse nella misura del possibile (2).

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit. p. 284. (2) -Sonnino telegrafò in questo senso a Cadorna con t. gab. 1698/24, anch'esso partito alle ore 14. Per la risposta cfr. n. 172.
172

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. 2763/1138. Italia, 5 dicembre 1915, ore 10,10 (per. ore 10,15).

Riferimento telegramma gabinetto n. 1698/24 del 4 dicembre (2).

Informo che generale Bertotti ha ieri di propria iniziativa fatto partire da Valona verso Durazzo 15° reggimento fanteria perché comandante armata navale ha ritenuto pericoloso inviare per mare truppe a Durazzo.

173

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (3)

T. GAB. 1705. Roma, 5 dicembre 1915, ore 21.

Barrère mi ha assicurato stamane che il Governo francese è fermamente deciso di non ritirare la spedizione a Salonicco. Oggi o domani Briand ed altri ministri si sarebbero incontrati a Calais coi ministri inglesi per accordarsi completamente al riguardo. Chiedeva se io avessi niente da opporre. Risposi che non avevo obbiezioni da fare alle decisioni che prendessero in questo senso, che erano i primi interessati per la presenza delle loro truppe a Salonicco, che il punto su cui insistevo era che si prendesse nettamente una decisione al riguardo per poter conformare ad essa anche l'azione della diplomazia specialmente ad Atene.

174

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI (4)

T. GAB. 1706. Roma, 5 dicembre 1915, ore 20,30.

In un colloquio avuto con me stamane, Barrère si formalizzava riguardo alle pubblicazioni e alle domande della camera di commercio di Cuneo relative ad una invocata rettifica del confine con la Francia nella valle Roja. Esse produ

cevano una agitazione nel dipartimento di Nizza ed egli quasi si sorprendeva che si dicesse chp. il Governo italiano fosse stato invitato a studiare la questione e non vi si fosse a priori rifiutato. Si trattava di una questione di vera annessione di territorio. Citava una notizia data dalla Stampa di Torino.

Risposi che non sapevo rendermi ragione di questa sua sorpresa; che era naturale che alcuni interessi locali che soffrivano di qualche particolare anomalia nel tracciamento dei nostri confini, si risvegliassero ora, vedendo la stretta cordialità dei nostri rapporti con la Francia, con la speranza di poter risolvere amichevolmente le questioni implicate. Anomalie di confine ve ne potevano essere parecchie sia a danno nostro sia a danno dell'altro Stato. Non vedevo perché non si potesse discuterne colla maggiore calma e cordialità, studiando se fosse possibile un qualche componimento di comune soddisfazione. Che mi pareva conforme al desiderio di mantenere ogni più stretta relazione tra i due Stati, il cercare di eliminare possibilmente tutte le occasioni, siano pur piccole, di attrito fosse anche puramente locale.

Barrère parendo voler insistere nel suo modo di vedere gli dissi che se il Governo francese escludeva a priori ogni e qualunque discussione o studio sull'argomento, io non intendevo oggi ingrossare la questione facendone argomento di un dissidio, e avrei riferito nettamente agli interessati che la Francia si rifiutava alla discussione, e che quindi non vedevo oggi la possibilità di .occuparmene.

Naturalmente io non potevo con ciò impedire che gll interessati seguitassero a voler agitare la questione.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 462.

(2) -Cfr. n. 171, nota 2. (3) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 284 (4) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 284-285.
175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. GAB. 1717. Roma, 5 dicembre 1915, ore 20,10.

Il ministro del tesoro si proporrebbe nella sua esposizione finanziaria di mercoledì 9 corrente dinnanzi alla Camera di accennare alle operazioni di prestito con le seguenti parole: «Per alleggerire gli oneri immediati all'economia nazionale e fare argine all'inasprirsi dei cambi per effetto degli ingenti acquisti che lo Stato deve fare fuori d'Italia, sono state curate operazioni all'estero, una di minor conto, ma pur non trascurabile, negli Stati Uniti d'America, e due di più gran rilievo, opportunamente negoziate e conchiuse con l'interessamento cordiale della Tesoreria britannica, collegate con l'ordinamento razionale delle provviste da farsi all'estero».

Prego V. E. sentire con la maggiore sollecitudine se codesto Governo ha nulla da obiettare in proposito, telegrafandomene subito (1).

(l) Imperlali rispose con t. gab. 2790/631 del 6 dicembre, ore 20,30: «Nessuna obiezione».

176

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. UU. 2786/739. Durazzo, 6 dicembre 1915, ore 15 (per. ore 19).

Il colpo di mano della squadra austro-ungarica, rimasta due ore intere indisturbata, ha demoralizzato completamente popolazione come varie volte ho avvertito R. Governo che sarebbe avvenuto. Sono dolente che questi ripetuti ammonimenti, ultimo dei quali quello di Medua, siano rimasti senza effetto, sia che R. Governo non abbia voluto o non abbia potuto provvedere in tempo.

Oramai il nostro prestigio è gravemente scosso e sentomi in obbligo far presente a V. E. che non posso più in alcun modo e sotto nessun aspetto rispondere della situazione. Voglio risparmiare a V. E. i commenti; ometto di menzionare i gravi danni materiali causati alla popolazione. Ma non posso non insistere sopra la sfiducia, oramai quasi insanabile, che è penetrata nella popolazione circa la nostra efficienza politica e militare; sfiducia che potrebbe avere disastrose conseguenze sulla nostra spedizione in Albania.

Essad pascià stesso non sarà più in grado di renderei quei servizi che eravamo in diritto di attenderci da lui; né possiamo muovergli nessun rimprovero, visto che egli non ha fatto altro che avvisare e domandare gli aiuti indispensabili rimasti sino ad ora allo stato di platoniche assicurazioni, salvo l'invio, effettuato oramai forse intempestivamente di alcune truppe via di terra da Valona. Questa legazione in corpo (sic) e tutta la colonia italiana. di fronte alla gravità degli avvenimenti, aspettano di sapere dal R. Governo se e quali provvedimenti saranno presi, non tanto per la propria incolumità, quanto per la tutela della nostra dignità e per evitare qualche irrimediabile catastrofe. Stasera recomi per conferire con generale Bertotti dopo di che rifPrirò nuovamente a V. E. sulla situazione. Finora, per miracolo, non è avvenuta sollevazione di popolo, che però potrebbe scoppiare da un momento all'altro.

177

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T.GAB.R. 2797/630. Londra, 6 dicembre 1915, ore 20,06 (per. ore 3 del 7).

Telegramma di V. E. gab. n. 1705 e mio telegramma gab. n. 606 (1).

Sulla riunione di Calais ho avuto da ottima sorgente seguenti informazioni.

Presenza di Asquith e di Briand ha fatto degenerare in politica la discussione che doveva avere carattere strettamente militare con lo scopo di decidere

se mantenere o ritirare corpo di spedizione Salonicco. Briand ha svolto una serie di considerazioni politiche per dimostrare necessità mantenimento. Asquith non contestando importanza tali considerazioni ha eccepito opinione autorità militari britanniche (Kitchener) recisamente caldeggianti abbandono. Autorità militari francesi, naturalmente impressionate e suggestionate dal parere del capo del Governo si sono mantenute piuttosto riservate e limitate a consacrare in tesi generale avviso nel senso che era possibile assicurare difesa di Salonicco. In definitiva nulla si è concluso. Tornato a Parigi Bliand ha riunito consiglio dei ministri, il quale ha deliberato doversi rinnovare istanze presso Governo inglese perché ritorni su decisione presa in favore abbandono ed in pari tempo rappresentare qui desiderio Governo francese che siano consultati Governi alleati Russia e Italia prima di venire ad una decisione definitiva. In tale ordine d'idee Cambon ha oggi consegnato pro-memoria a Grey. Segretario di stato ha risposto ritenere giusto ed opportuno previo scambio di vedute con Italia e Russia. Sul fondo della questione ripetute note obiezioni ha detto avrebbe pregato il primo ministro di convocare nella serata il Consiglio Supremo di guerra, che sarà, sembra, seguito domani da un consiglio dei ministri plenario.

Cambon che ho veduto pocanzi non prevede modificazioni vedute di questo Governo stante irriducibile opposizione di Kitchener. Collega mi è sembrato oggi alquanto meno energicamente di prima, favorevole al mantenimento. Mia impressione è che egli intende astenersi dall'esprimere a Parigi parere personale in un senso o nell'altro. Informazioni mie particolari che ritengo sicure, mi indurrebbero intuire insistenze Briand precipuamente originate da motivi parlamentari. Nel consiglio dei ministri francese esiste forte tendenza decisamente propugnante ritiro. Esponente più autorevole ne è Freycinet. Data inoltre notoria causa dimissioni Delcassé e la posizione recisa contraria alla spedizione assunta da Clémenceau, Briand sembra temere suo prestigio personale potrebbe essere indebolito, qualora in definitiva si venisse alla decisione propugnata appunto da Clémenceau. D'altra parte ai motivi d'indole militare sui quali si basa tesi inglese dell'abbandono, se ne aggiungono altri di carattere diplomatico. Per assicurare difesa Salonicco è indispensabile evacuazione completa truppe greche. Contegno e linguaggio Re di Grecia lasciando chiaramente prevedere rifiuto categorico, ne consegue che, per raggiungere scopo, converrebbe ricorrere ad energiche pressioni ad Atene con non improbabile conseguenza di un definitivo passaggio Grecia nel campo potenze centrali. Tale pericolosa prospettiva contribuisce corroborare pronunziate tendenze britanniche in favore abbandono. Ad un incremento numero truppe inglesi a Salonicco già superiore a quello francese, Kitchener si oppone con massima tenacia, per motivi indicati mio telegramma n. 627 (1).

Non avendo potuto vedere Grey oggi occupatissimo, ed in assenza di Nicolson, ho conferito col capo del governo, cui ho tenuto linguaggio analogo a quello di V. E. con Barrère.

(l) Cfr. nn. 173 e 145.

(l) Cfr. n. 170.

178

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 1728. Roma, 6 dicembre 1915, ore 21.

Barrère mi ha riferito oggi intorno alla riunione dei ministri inglesi e francesi a Calais e alla divergenza manifestatasi tra loro riguardo decisione da prendersi per Salonicco; mentre il Governo francese è fermamente deciso di restarvi, gli inglesi invece propendono per l'abbandono dell'impresa. Briand sperava che noi avremmo appoggiato a Londra insieme ai russi la tesi francese. Egli considera che il richiamo delle truppe alleate getterebbe la Grecia nelle braccia della Germania, e probabilmente anche Romania; equivarrebbe ad un abbandono intero e dichiarato della Serbia; e peggiorerebbe notevolmente la situazione dei russi in Bessarabia. Risposi che riconoscevo che tutti questi pericoli erano evidenti quanto gravi e che anche le condizioni nell'Albania ne verrebbero compromesse. Che quindi concordavo in ciò con Briand ma che mi pareva d'altra parte altrettanto evidente che la prosecuzione dell'impresa implicava pure, perché se ne potesse sperare qualche risultato utile e positivo, la necessità di aumentare notevolmente le forze sui luoghi elevandole per lo meno a 300 mila uomini. Che erano i francesi e gli inglesi che dovevano in primo luogo decidere, perché avevano le loro truppe impegnate laggiù direttamente, ma che occorreva considerare la questione nella sua interezza.

179

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2809/177. Scutari, 7 dicembre 1915, ore 7 (per. ore 21,50).

I miei colleghi della Quadruplice alleanza prevedono che fra poco dovremo recarci da qui in Italia, visto che la permanenza del Governo serbo a Scutari con tutto il quartiere generale diverrà presto impossibile stante l'azione già iniziata dall'Austria di impedire qualsiasi rifornimento. Intanto carestia e fame con l'arrivo giornaliero al Montenegro di soldati e profughi serbi aumentano rapidamente e stanno per prendere proporzioni allarmanti. La farina è già salita a 4 lire il chilogrammo. Secondo l'avviso dei colleghi noi staremo in Italia ad attendere dove crederà stabilirsi Governo serbo per stare, se rispettivi Governi lo crederanno opportuno, presso di lui. Essi sperano che essendo preclusa l'uscita da Scutari per via di terra in ogni direzione, R. Governo vorrà fornirci

un mezzo di trasporto da San Giovanni di Medua alla costa italiana provvedendo alla nostra sicurezza all'imbarco come nella traversata. Pasic al riguardo si mantiene ancora riservato ma ho impressione che anche egli col Governo riparerebbe in Italia.

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 285-286.

180

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI (l)

T. GAB. 1738. Roma, 7 dicembre 1915, ore 18.

Ristic mi ha chiesto confidenzialmente stamane a nome di Pasic se il Governo italiano avrebbe accolto in Italia un centinaio di deputati serbi designando loro una città dove essi si manterrebbero a proprie spese.

Risposi che avrei sentito i colleghi di Governo, ma che, sapendo che una cinquantina di questi deputati si trovavano oggi a Salonicco, valeva meglio per tutti, prima di prendere qualunque decisione al riguardo, attendere le decisioni degli alleati riguardanti l'impresa di Salonicco e la sistemazione ormai imminente di tale questione con la Grecia.

Ristic ha convenuto di ciò.

181

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2822/179. Scutari, 8 dicembre 1915, ore 11,45 (per. ore 19,25).

Sono pregato colleghi della Quadruplice di unirmi a loro per interessare il

R. Governo a provvedere che non solo i trasporti di vettovaglie per i serbi siano scortati da navi della R. marina fino ai porti adriatici di destinazione ma anche protetti allo sbarco.

A loro avviso ed a quello del console britannico Lamb incaricato di organizzare i trasporti, come è noto a codesto Ministero, le navi di scorta dovrebbero portare esse stesse a San Giovanni di Medua sei rimorchiatori e 20 barconi per risalire la Bojana. Qui ognuno ritiene che l'Italia abbia assunto l'obbligo di assicurare trasporti e sbarchi sulla costa albanese e montenegrina e quando nemico riesce ad affondare o catturare qualche carico di navi se ne fa addebito all'Italia e ci si accusa di essere venuti meno ai nostri impegni.

Sarebbe bene chiarire come stiano realmente le cose al riguardo a scanso di equivoci e di responsabilità oltre la misura del possibile da p2.rte nostra (2).

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit.. p. 286. (2) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 186.
182

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. 2835/612. Bucarest, 8 dicembre 1915, ore 20 (per. ore 19 del 9).

Generale Perticari aiutante di campo del Re di Romania e governatore di

S. A. R. principe Carlo, è venuto a chiedermi un lasciapassare per l'Italia alla cui volta parte stasera via Svizzera, e mi ha detto di essere incaricato rimettere a S. M. la Regina una lettera di S. M. la Regina di Romania. Ha aggiunto che sarebbe felice se potesse in pari tempo presentare i suoi ossequi a S. M. il Re ed eventualmente anche a V. E., e visitare quella parte della nostra fronte che si credesse potergli far vedere. Ho rimesso al generale Perticari lasciapassare richi-estomi ed in quanto al resto gli ho detto che ne avrei telegrafato all'E. V. perché potesse prendere gli ordini sovrani e farli comunicare a Milano all'Hotel de la Ville OVè, a meno di contrattempo egli si troverà martedì 14 corrente.

Avverto a titolo strettamente segreto che, per quanto il generale non me ne abbia detto nulla, mi consta che egli è latore oltre che di una lettera della Regina Maria per la nostra Augusta Sovrana, anche di una lettera personale che il Re Ferdinando dirige a S. M. il Re, da amico ad amico, e quindi di carattere personalissimo. Se non sono male informato il contenuto di questa lettera è approssimativamente il seguente: Re Ferdinando comincia col dire di aver sperato che lo scambio di lettere dello scorso gennaio (2) con S. M. il Re avrebbe continuato ma che gli avvenimenti non lo avevano permesso. Tuttavia i suoi sentimenti per il Nostro Augusto Sovrano, la Ramiglia Reale, l'Italia, sono rimasti gli stessi ed è stato lieto di vedere attivare cordiale scambio di lettere tra la Regina Maria e S. M. la Regina.

Re di Romania passa quindi a parlare della posizione personale, della responsabilità che gli incombe e dice di rivolgersi a S. M. il Re come amico ad amico. Osserva che la situazione della Romania è simile a quella del Piemonte di cinquant'anni fa. Dice che egli è d'animo e di cuore col suo popolo, che ne divide le aspirazioni e che è pronto a versare il suo sangue per le loro aspirazioni, ma che non può non tener conto della infelice posizione geografica della Romania e delle altre difficoltà che la guerra presenta per essa, sicché pur volendo l'unità nazionale non può esporre il paese alle più gravi sventure. Viene poi ad un accenno all'origine straniera del Re Ferdinando che rende la sua posizione anche più delicata. Re di Romania dice infine di aver incaricato il generale Perticari portare la sua lettera a S. M. il Re e assumere quelle informazioni che Sua Maestà credesse dargli specialmente sui seguenti punti:

l. -Quali sono le intenzioni deU'ItaUa circa i Balcani;

2. -Quale concorso la Romania potrebbe attendersi dall'Italia se le circostanze le permettessero di entrare in azione;

3. -Se collaborazione eventuale della Romania coll'Intesa potrebbe comportare accordo speciale e cooperazione più diretta coll'Italia. Lettera conclude insistendo sui rapporti intimi che esistono e possono esistere anche più in avvenire tra i due Stati e le due famiglie reali.

Senza entrare in particolari circa portata di questa lettera (che il Re Ferdinando ha scritto di sua propria iniziativa assolutamente all'infuori del suo Governo) mi sembra che essa possa fornire modo di riallacciare i rapporti che furono bruscamente rotti in occasione del nostro accordo coll'Intesa e che potrebbero avere al momento opportuno le migliori conseguenze per noi e per i nostri alleati. Quali che siano del resto le decisioni che si crederà di prendere al riguardo mi permetto raccomandare che a questo passo del Re di Romania si faccia la più cordiale accoglienza tenendo conto del sincero desiderio che lo ha ispirato di stringere sempre più intime relazioni tra le due nazioni e le due dinastie.

Raccomando pure il massimo segreto con tutti avvertendo che lo stesso Re di Romania ignora che io sia informato dell'esistenza di questa sua lettera per S. M. il Re.

Sarebbe opportuno dare d'urgenza istruzioni necessarie alle R. autorità a Domodossola e Chiasso perché il generale Perticari non trovi diftlcoltà al suo ingresso in Italia.

Mi permetto poi esprimere avviso che venga inviato a Milano un uftlciale per condurre il generale Perticari da S. M. il Re, beninteso senza far cenno della lettera sopra riassunta.

Per mia norma di linguaggio e di condotta gradirei poi conoscere le decisioni prese e la risposta scritta che verrà data al Re Ferdinando e le dichiarazioni verbali che verranno fatte al generale Perticari.

Non ho bisogno di insistere sull'utilità di influire sulla Romania e sul suo Sovrano per ottenerne collaborazione che se si fosse avuta fin dallo scorso maggio avrebbe forse mutato le sorti della guerra.

Prego mantenere segreto su quanto precede.

(l) -Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 466. (2) -Cfr. serie V, vol. II, nn. 540 e 645.
183

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

L. P. Roma, 8 dicembre 1915.

I telegrammi balcanici che mi hai mandati ieri sono sempre peggiori. Io temo che si vada a finire con un disastro anche delle nostre truppe, specialmente di quelle mandate (non so con quali guamntigie) a Durazzo (2). La questione andrebbe discussa con le autorità militari perché non accada elle ciascuno agisca di suo capo senza coordinazione con gli altri. per poi palleggiarsi le responsabilità.

Considera inoltre se non sia il caso di richiamare Aliotti a un linguaggio pm calmo e più rispettoso verso il governo che rappresenta. Il suo telegramma

n. 2786 (gabinetto) (l) sarà stato forse scritto sotto l'impressione dell'ira o della paura; ma non mi pare che si possa permettere a un agente, sia pure diplomatico, il tono di reprimenda che assume Aliotti verso il suo governo. Tanto più che Aliotti non si asterrà, e forse già non si astiene, di dire le stesse cose a giornalisti o a chiunque altro. Già l'anno scorso, vivendo San Giuliano, dovetti chiamarlo e fargli una dura ammonizione verbale perché mi risultò da telefonate che egli invitava giornalisti a criticare la politica del suo ministro.

(l) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SoNNINo, Carteggio, cit., n. 463. (2) -Cfr. n. 172.
184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (2)

L. P. Roma, 8 dicembre 1915.

Ho telegrafato ad Aliotti rilevando il tuono scorretto dei suoi telegrammi (3). Non so se conosci le istruzioni telegrafate ierl'altro da Zupelli a Bertotti, relativamente alla condotta della spedizione in Albania. Te ne mando copia (4). Oggi ricevo dalla Marina comunicazione di un dispaccio del duca d'Abruzzi, in cui dice che il console Piacentini (rimasto a Durazzo nell'assenza di Aliotti)

«sconsiglia invio Durazzo brigata Guerrini. Marcia nostre truppe imprudente opina sostare Valona ». Il Bertotti è quindi avvertito ed in grado di giudicare delle possibilità pratiche dell'invio di truppe a Durazzo. Credo ci sia un po' di esagerazione nell'esaltare i pericoli dell'invio per via di terra di un reggimento o due da Valona a Durazzo; e la presenza delle nostre truppe a Durazzo potrebbe evitare là molti guai.

La Guerra telefona di aver comunicato a Te un dispaccio di Cadorna a questo proposito (5). Io non lo conosco. Consigliai Zupelli di farsi comunicare le istruzioni che Cadorna aveva mandate a Bertotti e che poi ritirò quasi sdegnosamente quando seppe che il Bertotti doveva dipendere direttamente dal ministro della Guerra a Roma.

Da Parigi Tittoni telegrafa (6), che il ministro della Marina consente di man

dare subito le torpediniere e i sommergibili nell'Adriatico, ma che ritiene non

potersi continuare i rifornimenti per le vie di Medua o di Durazzo, e doversi

concentrare tutto a Valona, cons.igliando i serbi di avvicinarsi verso questa.

Seguita il dissidio tra francesi e inglesi riguardo a Salonicco.

A rivederci alla Camera.

(-3) Cfr. n. 183. P. -S. -Squittì telegrafa (l) che Pasic probabilmente chiederà di venire in Italia con tutto il governo e col corpo diplomatico. Sarà una bella seccatura, ma non vedo come gli si potrebbe rifiutare.

(l) Cfr. n. 176.

(2) Da BCL, Archivio Salandra, Ed. in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 464.

(4) -Non rinvenuta. (5) -Cfr. n. 185, allegato. (6) -Con t. gab. 2805/499 del 7 dicembre, non pubblicato.
185

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

L. P. Roma, 8 dicembre 1915.

Ti mando copia della lettera (3) inviatami dal generale Cadorna in cui si riproduce per me una lettera diretta al ministro della Guerra.

Ministero della Guerra e Stato Maggiore continuano evidentemente a disputarsi e a inacidirsi per questioni di competenza; ed è desolante. Lo spirito piccino dei nostri generali è stato ed è una delle mie maggiori afflizioni.

ALLEGATO

CADORNA A ZUPELLI

L. RR. 1152 G. ..., 6 dicembre 1915.

Da una comunicazione, in data 4 corrente, pervenutami dal generale Bertotti ho appreso che, avendo il comandante dell'Armata Navale ritenuto pericoloso inviare per mare a Durazzo le truppe che vi erano destinate, le truppe stesse vi vennero, da Valona, avviate per la via di terra.

Sebbene il Corpo speciale in Albania dipenda esclusivamente -secondo le disposizioni dell'art. 5 del D.L. 1° dicembre -dal Ministero della Guerra, io ritengo di non potermi disinteressare dell'andamento delle operazioni militari in Albania per le ripercussioni che avrebbe sul nostro teatro di guerra, qualora dovessero condurre ad assorbire nuove ed ingenti forze.

In proposito ricordo come nel Consiglio dei ministri, cui intervenni, fosse stato accolto il criterio da me raccomandato che la nostra spedizione dovesse escludere qualunque operazione nell'interno della regione, e ripeto quello che verbalmente esposi nell'occasione suddetta, che cioè il valore militare dell'Albania consiste, per noi, nel possesso della baia di Valona, che, col porto di Brindisi, permette di dominare l'accesso all'Adriatico.

Debbo perciò rilevare che se le comunicazioni fra l'Italia e Durazzo dovessero, come ora avviene per le insidie marittime, passare forzatamente per Valona, e da Valona a Durazzo per la via di terra, la necessità -che a me pare evidente -di proteggere il percorso da eventuali minacce, che possono provenire dall'interno del territorio albanese, richiederà un impiego di truppe che può anche diventare notevolmente superiore alla forza fissata per il Corpo speciale, oppure condurrà ad un rilevante e pericoloso indebolimento dei presidi di Durazzo e di Valona e, almeno nelle conseguenze, equivarrà ad un'operazione nell'interno.

Saranno in linea retta 100 chilometri di cattivissima strada da percorrere e da progettare (con tre fiumi da attraversare) in gran parte non proteggibili dal mare, esposta ad offese sul fianco orientale. E parlando di offese, voglio accennare non solo

alla possibilità di atti ostili da parte degli albanesi, ma specialmente all'azione che può, da un momento all'altro, esercitare la Bulgaria, che, con le proprie truppe, si avvicina minacciosamente ai confini albanesi premendo sui resti dell'esercito serbo in ritirata.

Se affaccio tali difficoltà non è perché io possa menomamente dubitare che esse siano sfuggite alla competenza ed alla considerazione dell'E. V., ma è per ribadire il concetto, già messo in luce nel Consiglio dei ministri, che la nostra azione militare in Albania non deve sottrarre altri reparti all'esercito operante per raggiungere scopi secondari, quali son quelli che possono formare oggetto di operazioni in questa regione, in confronto coi risultati di ben maggiore importanza che si sarebbero raggiunti nella valle del Vardar qualora si fossero quivi portate tempestivamente forze sufficienti.

La situazione ora creatasi in Serbia e nella valle del Vardar non esclude che gli Imperi centrali possano sottrarre parte delle forze e dei mezzi già diretti contro la Serbia per rivolgerli sulle fronti di guerra del continente, la nostra compresa; ed lo traggo da ciò argomento per insistere nella viva raccomandazione che la nostra spedizione non si trasformi in un pericoloso sperpero di forze.

(l) -Cfr. n. 179. (2) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 465. (3) -Cfr. allegato.
186

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AI MINISTRI A CETTIGNE, ROMANO AVEZZANA, E PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI

T. GAB. 1768. Roma, 9 dicembre 1915, ore 13,30.

(Per tutti meno Squitti) -Il R. ministro in Serbia telegrafa quanto segue: «Sono pregato... » (come nel telegramma n. 2822/179) (1).

Ho risposto a Squittì quanto segue:

(Per tutti) -L'Italia non ha assunto alcun obbligo di assicurare trasporti e sbarchi sulla costa albanese e montenegrina. Abbiamo fatto e faremo tutto il possibile, dipendentemente alla nostra situazione d'inferiorità strateg~ca sull'Adriatico, ed alle forze che abbiamo disponibili.

La Francia ha ritirato ultimamente 12 cacciatorpediniere che aveva assunto impegno di aggregare alla nostra flotta, e solo in seguito a nostre energiche pressioni si appresta a restituircele. Ho richiamato nuovamente l'attenzione del collega della marina sulle richieste della Serbia ed egli mi ha promesso che provvederà con tutto il possibile sforzo nei limiti delle nostre possibilità.

187

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. R. 4117. Roma, 9 dicembre 1915, ore 16.

Per sua esclusiva conoscenza informo la S. V. che, per conformare la nostra azione a quella dei Governi inglese e francese, sono state impartite

istruzioni alle competenti autorità nel Regno e nelle isole dell'Egeo da noi occupate, di trattenere partenza navi greche da porti italiani e sospondere permessi esportazione ed imbarco merci per la Grecia. Questa ambasciata d'Inghilterra mi ha inoltre espresso desiderio che in tutte le questioni concernenti importazioni in Grecia la S. V. prenda accordi coi suoi colleghi d'Inghilterra e di Francia, assicurandomi che analoghe istruzioni sono state inviate a codesto ministro di Francia. Autorizzo S. V. a cercare di andar d'intesa coi predetti suoi colleghi sul contegno comune da tenere ma lasciando preferibilmente a loro l'iniziativa di misure di rigore da prendersi.

(l) Cfr. n. 181.

188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA. IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (l)

T. GAB. 1772. Roma, 10 dicembre 1915, ore 13,30.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -Barrère mi ha riferito stamane le decisioni prese dai ministri inglesi e francesi a Parigi riguardo a Salonicco e le istruzioni spedite ai loro rappresentanti ad Atene. Dovevano notificare al Governo greco che gli alleati erano decisi a prendere le misure necessarie per la permanenza e la difesa del corpo di spedizione di Salonicco, confidando nella promessa del Re Costantino nel suo colloquio col ministro francese che le truppe greche non si sarebbero opposte, e che al più, quando egli ritenesse di non poter dare un consenso per non violare quelli che riteneva i suoi doveri di neutralità, si sarebbe limitato alla smobilitazione e ad una protesta. Briand chiedeva che anche noi ci associassimo a questo passo.

Risposi che già le istruzioni date al nostro rappresentante lo autorizzavano a ciò, ma che comunque le avrei rinnovate. Prego V. S. agire in conformità di quanto precede.

189

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI (2)

T. GAB. 1773. Roma, 10 dicembre 1915, ore 15.

Parlando con Barrère del trasporto in Italia dei prigionieri austriaci (600 ufficiali e 30 mila soldati) presi dai serbi e che si trovano ora in Albania, gli ho detto che non vedevo ragione alcuna per cui non dovessimo tenerli in Italia dopo superate tutte le non lievi difficoltà e i pericoli, di uomini e di

navi, per il ricevimento, la custodia e il trasporto loro a traverso l'Adriatico. Trattandosi di austriaci cioè dei nostri aperti nemici, era naturale che, una volta ricevutili in consegna per alleggerire i serbi e togliere questo pericolo dall'Albania, li tenessimo qui anche come pegno di fronte ai tanti italiani imprigionati in Austria, giustificando così agli occhi del pubblico i rischi e i sacrifici che importava l'impresa del loro passaggio nelle nostre mani.

Prego l'E. V. di parlare in questo senso anche con Briand.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 286. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 286-287.
190

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2859/257. Atene, 10 dicembre 1915, ore 20,40 (per. ore 1,20 dell' 11).

Sulla base di positive istruzioni che risultano essere state comunicate da Barrère a V. E. (1), questo ministro di Francia ci ha invitato ad un nuovo passo presso Skuludis relativamente alle domande francesi per la difesa di Salonicco. Prima che ci recassimo dal presidente del consiglio, Guillemin aveva visitato il Re da cui aveva avuto conferma di anteriori dichiarazioni fatte da Sua Maestà e che hanno servito di base al nostro passo odierno. Ho insistito ed ottenuto che detto passo fosse strettamente verbale senza che si avesse da lasciare nulla per iscritto nemmeno sotto forma di memoria e ciò per evitare che la discussione di natura militare felicemente trasportata a Salonicco avesse da essere nuovamente ripresa qui. Le principali dichiarazioni fatte da Skuludis con pieno assenso del Re sono del tenore seguente:

l. -Il quinto corpo d'armata sarà ritirato da Salonicco portandolo verso est: a Salonicco resterà soltanto una divisione e ciò conformemente domanda generale Sarrail.

2. --Il Re non può ammettere che il personale ferroviario greco sia rinforzato con elementi stranieri. Però personale greco sarà rinforzato con altri elementi indigeni quanto occorre per rispondere alle esigenze delle truppe alleate; 3. --Il Re si trova nella impossibilità autorizzare dei lavori di difesa in territorio greco da parte forze alleate. Se questi si faranno il Re protesterà. 4. --Per la questione forte Caraburua, colonnello Pallis deve rifiutare ogni discussione circa cessione e smantellamento.

Dove risposte non sono affermative, ciò è corretto dalla ripetuta solenne dichiarazione di Skuludis che mai ed in nessun caso truppe greche si opporranno colla forza a cosa alcuna che venga posta in opera dalle truppe alleate.

Sembra ai miei colleghi ed a me che in tali condizioni si può oramai dalle forze alleate a Salonicco procedere oltre a fare tutto ciò che loro occorre senza temere di incontrarsi in ostacoli di viva forza.

Quanto all'evacuazione di Salonicco, unica cosa in cui effettivamente consenso greco era indispensabile, essa può considerarsi come virtualmente ottenuta.

V. E. unitamente agli altri Governi dell'Intesa considererà se situazione si presenti ora abbastanza rassicurante per sospendere quelle misure di cui

V. E. parla nel telegramma 4117 (l) ed il cui grave effetto già comincia farsi sentire.

(l) Cfr. n. 188.

191

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2863/509. Parigi, 10 dicembre 1915, ore 20,40 (per. ore 1,15 dell' 11).

Ancora non è giunta risposta da Atene. Si prevede che giungerà certamente entro domani. Qui si può dire che il solo veramente contrario alla spedizione di Salonicco sia Clémenceau il quale tra i ministri non riuscì a guadagnare che Freycinet che però dopo convegno di Calais ha votato anch'egli per spedizione. Nella stampa Clémenceau non ha dalla sua che il senatore Enrico Bérenger. Del resto Clémenceau non sarebbe contrario alla spedizione di Salonicco, anzi riconosce che se fosse giunta in tempo a congiungersi coll'esercito serbo ed anche se oggi riuscisse a mantenersi in Salonicco contro gli austro-tedeschi-bulgari il ritiro sarebbe un errore ma egli lo propugna perché ritiene che forze anglo-francesi sono troppo scarse per poter resistere all'urto di un nemico notevolmente superiore. Clémenceau non si dissimula che ritiro da Salonicco vuoi dire per l'Intesa perdere Grecia o Romania ma conta su di una azione decisiva sul fronte francese. Questa fiducia parecchi l'hanno ancora con lui ma. d'altra parte, molti pensano, e a mio avviso giustamente, che su questo fronte continuerà indefinitamente la guerra di trincee. L'entrata in campagna poi dei russi a primavera da alcuni di coloro che per ragioni d'ufficio l'hanno appreso, è giudicata tardiva perché lascia alla Germania più di tre mesi di tempo dei quali essa certamente cercherà di trarre profitto.

192

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2887/619. Bucarest, 11 dicembre 1915, ore 8,45 (per. ore 18,40).

Mio telegramma gabinetto n. 612 (2).

Ho avuto visione confidenziale delle istruzioni date a Perticari.

Esse non differiscono dal contenuto della lettera reale da me riassunta.

Ad ogni buon fine avverto che il generale non ha alcun altro incarico all'infuori di quello di ripetere qui quello che gli si vorrà dire in Italia e che lo si è scelto per questa missione unicamente a causa della devozione alla famiglia reale.

Mi viene rivolta viva raccomandazione che di questa missione non venga tenuta parola con alcun altro Governo.

Avverto che parecchi personaggi romeni sono stati ammessi sulle fronti francese e russa e che quindi sarà utile che un generale romeno possa rendersi conto di quello che avviene anche sulla nostra fronte.

Per evitare indiscrezioni sarebbe bene forse che il generale Perticari non venisse a Roma.

(l) -Cfr. n. 187. (2) -Cfr. n. 182.
193

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2867/512. Parigi, 11 dicembre 1915, ore 15,05 (per. ore 18,40).

Ieri sera a ora tarda è qui giunta risposta del ministro di Francia ad Atene. Re Costantino ha ripetuto a Guillemin: «Agite pure come credete, io protesterò per la forma e voi continuerete a fare quanto vi occorre senza tener conto delle mie proteste». Guillemin uscendo dal Re si è recato dal capo di Stato Maggiore per assicurarsi che Pallis che è già a Salonicco abbia istruzioni che rendano in pratica possibile senza conflitto attuazione dell'idea di Re Costantino.

194

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8398/52. Pechino, 12 dicembre 1915, ore 11,30 (per. ore 10 del 13).

Dopo rifiuti formali a due successive petizioni presentategli avantieri, Yuanshi-kai ha consentito «assumere come imperatore il grave onere dello Stato». Ordina però che la proclamazione dell'impero sia rimandata mentre si fanno accurati preparativi. Popolazione qui più che tranquilla indifferente. Principi.! di rivoluzione a Shanghai per ora repressi, col concorso polizia concessione francese.

195

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 1790. Roma, 12 dicembre 1915, ore 18,30.

Questo ministro di Grecia mi ha comunicato la seguente nota verbale del suo Governo:

« Le Gouvernement royal est profondément surpris d'apprendre les mesures de représailles adoptées dans les ports de l'Italie contre le commerce grec. Nombre de navires helléniques arrivés en pleine confiance dans les ports italiens se voient privés de la liberté naturelle d'en repartir; d'autre part on a interdit toute exportation de marchandises, méme de première nécessité, à destination de la Grèce.

Ces mesures rigoureuses, prises contre le commerce régulier d'un Etat avec lequel le Royaume italien est en relations de paix et d'amitié, constituent une flagrante violation des règles les plus élémentaires du droit des gens que rien ne saurait justifier, puisque, loin d'avoir à reprocher à la Grèce la moindre illégalité, le Gouvernement italien n'a pas cessé ces jours-ci de protester de ses bonnes dispositions à l'égard du Gouvernement royal dont l'attitude vis-àvis des Puissances de l'Entente était, suivant l'expresse déclaration du ministre d'Italie, reconnue comme très satisfaisante.

Le Gouvernement royal fort de son bon droit et conscient de sa dignité, se doit à lui méme de protester officiellement auprès du Gouvernement italien contre le traitement illégal et injustifié inftigé au commerce hellénique par une Puissance avec laquelle la Grèce est et désire rester en rapports de paix et d'amitié.

Tout en adressant cette protestation, le Gouvernement royal conserve le ferme espoir que, mieux informée de ses dispositions amicales dont il vient de fournir à nouveau aux Puissances de l'Entente d'irrécusables témoignages, l'Itali:e s'empressera de faire cesser les entraves arbitrairement apportées à la liberté du commerce et des communications entre les deux pays ».

In seguito alle notizie pervenute ieri da Atene, avevo g1a dato disposizioni perché si lasciassero partire i postali greci dai porti del Regno e si ripristinasse il loro traffico nel Dodecanneso.

È stato risposto a Coromilas in conformità delle date disposizioni. (Per Atene) -Ho telegrafato ai RR. ambasciatori a Parigi e Londra quanto segue: (Per tutti) -Prego V. E. telegrafarmi quali disposizioni abbia preso ed intenda prendere in proposito codesto Governo (l).

(l) De Bosdari rispose con t. gab. 2901/261 del 14 dicembre, ore 13,30, quanto segue: «Ho creduto opportuno far notare a Skuludis che non gli avevo mai detto nulla che potesse giustificare la fr.ase della nota ellenica "dont l'attitude vis-à-vis des Puiss.ances de l'Entente était, suivant !es déclarations du ministre d'Italie, reconnue comme très satisfaisante". Skuludis ha riconosciuto che tale frase non era esatta >>. Per le risposte di Tittoni e Tmperiali cfr., rispettivamente, i nn. 197 e 196.

196

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8454/645 GAB. (l). Londra, 14 dicembre 1915, ore 12 (per. ore ... del 15).

Telegramma di V. E. 1790 (2).

Questo Governo ha autorizzato piroscafi ellenici lasciare porti Regno Unito.

Per quanto concerne questione generale importazione in Grecia, ritiene sia preferibile procedere gradatamente nella via delle concessioni.

Dal Governo francese vengono permessi contingentamenti, sulla base di calcoli approssimativi fatti da speciale commissione. In tal senso fu qui ieri rimesso promemoria. Sistema limitatamente restrittivo è raccomandato dal ministro di Francia ad Atene, in vista contegno ancora dubbio e sospetto Governo ellenico, il quale sembra trovarsi intanto in gravi diflìcoltà finanziarie. In seguito a premurosissime istanze, presidente consiglio dei ministri di Francia suggerisce alleati anticipino un otto o dieci milioni sui quaranta chiesti da Skuludis.

197

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8446/515 GAB. (1). Parigi, 14 dicembre 1915, ore 20,25 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. gabinetto 1790 (2). Governo greco presentò analogo reclamo al Governo francese e anche qui gli fu risposto in conformità disposizioni già prese per rilascio navi greche non aventi a bordo merci proibite. Questo Governo ritiene necessaria una attiva sorveglianza da parte degli alleati per impedire costituzione in Grecia di uno stoc!;: cereali e altre merci proibite.

Esso propone si venga anche per la Grecia al sistema del contingentamento, adottato per Svizzera. Ha dato istruzioni ai rappresentanti a Roma e Londra intrattenerne due Governi alleati.

Secondo le informazioni pervenute al Governo francese, molte navi elleniche a vuoto sarebbero in viaggio per America e si crede per farvi grandi provviste cereali.

(l) -Partito come telegramma di gabinetto, è stato protocollato in arrivo nella serie ordinaria. (2) -Cfr. n. 195.
198

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8457/55. Pechino, 15 dicembre 1915, ore 15,40 (per. ore 17,45).

Telegramma di V. E. n. 4162 (1). Ministri di Russia ed Inghilterra non vedono obiezioni a riconoscere, appena Governo cinese notifichi, restaurazione impero e ciò per non lasciarsi precedere da Germania, Austria e neutri e per aver l'aria di contribuire a mantenere l'incertezza generale.

Governo francese anche di questo parere, ma suo ministro qui non vede inconvenienti a riconoscere anche dopo nemici, che qui hanno perduto la partita.

Giappone contrario a riconoscere finché dura guerra. Io credo che riconoscendo immediatamente si rinunzi ad ogni possibilità pressione sul Governo cinese se non in favore nostri reclami ancora insoluti, almeno in favore qualche provvedimento d'interesse comune, come per esempio apertura di Pechino al commercio. S'intende che condizione sine qua non riconoscimento dovrebbe essere dichiarazione di Yuan-shi-kai osservanza trattati e privilegi stranieri identici a quelli che precedettero riconoscimento repubblica. Prima di decidere in proposito prego V. E. considerare mio telegramma

n. 56 (2).

199

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8458/56. Pechino, 15 dicembre 1915, ore 19,15 (per. ore 19 del 16).

Ho comunicato confidenzialmente a questo Ministero affari esteri domanda rivoltami dall'E. V. suo telegramma n. 4162 (l), facendo capire che io mi sarei espresso favorevolmente se avessi ricevuto in settimana risposta soddisfacente circa nostri reclami (che questo Governo cinese rifiuta connettere questione gradimento), ma che avrei invece consigliato Governo italiano a mettersi dalla parte di chi vuole posporre riconoscimento se qui si persiste a dir di no.

(l) -Con t. 4162 del 13 dicembre Sonnino aveva Inviato le seguenti istruzioni: «Pregola telegrafare se ad avviso suo e colleghi esistano inconvenienti e quali per riconoscimento Yuan-ShiKai». (2) -Cfr. n. 199.
200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (l)

T. 4199. Roma, 15 dicembre 1915, ore 23,15.

(Meno Parigi) Ho telegrafato all'ambasciatore a Parigi quanto segue:

(Per tutti) Telegramma di V. E. 515 (2).

Barrère ieri mi ha esposto il seguente progetto del suo Governo per contingentamento importazioni in Grecia da farsi da commissione in Parigi:

l) La commission internationale des contingents établira les contingents mensuels strictement nécessaires à la consommation grecque pour les blés, farines, mais, pétroles, charbons et graisses.

2) Dès que ces contingents seront fixés les croisières alliées en mer Méditerranée seraient chargées de faire le relevé des chargements se rendant en Grèce et de communiquer d'urgence ces relevés à la commission de Paris.

3) Les douanes des pays alliés et de l'Egypte informeraient la commission des exportations de ces produits afin que cette dernière pulsse, dès que les approvisionnements seraient préts d'étre atteints et si les Gouvernements le prescrivent, aviser télégraphiquement les autorités navales douanières alliées d'arréter les convois et les expéditions ».

Risposi che parevami poco consigliabile sollevare subito nuove immediate occasioni attriti con irritanti negoziati su contingentamento, per cui ci mancavano anche dati certi. Meglio era sorvegliare quantità che importavano greci per due vie obbligatorie di Gibilterra e canale di Suez e regolarsi per ora all'ingrosso nell'impedire formazioni forti stocks. Intanto si sarebbe potuto preparare dati e studi per fare contingentamento di qui a qualche tempo se situazione ne consigliava adozione.

201

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8480/883. Pietrogrado, 16 dicembre 1915, ore 2 (per. ore 11,15).

Governo francese ha proposto, nel caso in cui Yuan-shi-kai si proclami imperatore, che potenze dell'Intesa si concertino circa epoca e condizioni del suo riconoscimento ed evitino di lasciarsi in ciò prevenire dalla Germania. Sazonov si mostra favorevole a tale punto di vista.

Kosakov mi ha detto credere che proclamazione di Yuan-shi-kai avrà luogo entro anno corrente (calendario europeo nuovo stile, che è quello adottato dalla Cina dopo repubblica) e che sarà probabilmente accompagnato da una solenne dichiarazione di lui.

Kosakov crede che Inghilterra possa avere motivi di preoccupazione per questione dello Yang-tse, che non fu mai definita fra essa e Giappone, e che quest'ultimo potrebbe essere tentato di risolvere con un colpo di mano, sotto pretesto di disordini.

Quanto a Russia, il direttore dell'ufficio Estremo Oriente non teme che eventuale propagarsi di disordini nel nord, ove esistono interessi russi.

Quanto affari in corso, conflitto armato fra Cina e Giappone, egli lo crede sommamente improbabile, Cina non potendo avere oggi alcun esterno appoggio. Né Germania, che vedrebbe in pericolo il pagamento mensile che la Cina le paga regolarmente, di un milione sterline per la nota sua operazione finanziaria, conclusa in seguito ai disordini dei boxers, avrebbe interesse a favorire guerra cino-giapponese. Suoi maneggi prenderanno probabilmente altre direzioni.

(l) -Ed. in SoNNINO, Diario, cit., pp. 287-288. (2) -Cfr. n. 197.
202

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2926/268. Atene, 16 dicembre 1915, ore 13,30 (per. ore 16,50).

A richiesta del ministro di Francia abbiamo ieri sera presentato a Skuludis seguente memoria:

« A la suite des plaintes formulées depuis quelques jours par les autorités militaires alliées en Macédoine, les Gouvernements de France, Grande Bretagne, d'Italie et de Russie ont chargé leurs représentants à Athènes de protester énergiquement contre les obstacles apportés par les autorités grecques à l'exécution des promesses de S. M. le Roi des Hellènes, ainsi que contre la violation des engagements pris par le Gouvernement hellénique envers les quatre Puissances. Les ministres des Puissances alliées ont également l'ordre de ne plus laisser passer aucun manquement et de signaler la nécessité où leurs Gouvernements se trouveront de passer outre et de prendre toutes les mesures qui leur paraitront nécessaires si l'on continue à empècher les autorités militaires alliées de pourvoir à leur défense et à leur sécurité l>.

I lamenti principali che secondo mio collega francese, alla cui domanda di appoggio non abbiamo creduto possibile sottrarci, resero necessario questo passo concernono specialmente:

l. -Disarmo di circa 1.500 serbi in territorio di Coritza;

2. --Rifiuto da parte della Grecia del materiale ferroviario necessario, secondo Sarrail, per la ritirata delle truppe; 3. --Opposizione a ricognizioni da parte delle truppe alleate sulla penisola calcidica.

Oltre a queste ed altre simili speciali lagnanze generale Sarrail riscontra in generale nelle autorità elleniche ed in modo speciale nel colonnello Pallis uno spirito di ostruzionismo e malafede tale che egli lascia ormai partire il colonnello dichiarando la di lui presenza non serve a null'altro che a tirare in lungo le cose ed a giovare agli intrighi tedeschi. Il generale nelle sue comunicazioni a questo ministro di Francia si dimostra ormai risoluto a troncare la discussione ed a prendere egli stesso in mano tutte le cose.

Cosicché il passo da noi fatto ieri presso Skuludis mi è parso dovrebbe essere considerato come l'ultimo espediente della discussione a cui dovrà seguire da parte degli anglo-francesi un'azione indipendente da ogni consenso delle autorità greche.

Del resto tale linea di condotta è già cominciata visto che anglo-francesi hanno già iniziato lavori di fortificazione in territorio greco il che ha occasionato una violenta nota di protesta indirizzata ieri da Skuludis a queste legazioni di Francia e d'Inghilterra.

Skuludis ha accolto assai male la nostra comunicazione. Disse che essa era ingiuriosa per la Grecia che conteneva accuse assolutamente infondate, che egli non avrebbe risposto e nemmeno accusato ricevuta; ci chiese anzi di ritirare la memoria. Secondo lui essa riveste carattere di ultimatum e svela intenzione dell'Intesa di romperla colla Grecia. Fedele alle istruzioni che V. E. mi ha dato (l) ho procurato di attenuare effetto della nostra comunicazione spiegando a Skuludis che le nostre lagnanze non tendevano a mettere in dubbio la buona fede del Governo ellenico bensì di fare constatare che le autorità militari non eseguivano esattamente ordini ricevuti e sopratutto non si ispiravano a principii di ben€ovolenza. Skuludis poco si lasciò convincere e la riunione si sciolse freddamente (2).

203

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2928/193. Scutari, 16 dicembre 1915, ore 18 (per. ore 12,25 del 17).

Governo serbo ha fatto stamane ai miei colleghi della Quadruplice ed a me la seguente comunicazione:

«Il cambiamento della situazione militare obbliga il Governo serbo di esporre agli alleati lo stato critico in cui si trova l'esercito pregandoli forse per l'ultima volta di prestargli soccorso. Esercito serbo si è ritirato e si ritira ancora tra ogni specie di difficoltà attraverso le Alpi albanesi nell'idea di venire qui a riorganizzarsi riarmarsi prepararsi a nuovi cimenti che l'aspettano in avvenire insieme agli alleati.

Stremato di forze, senza viveri, senza la quantità necessaria di armi e munizioni, esercito serbo fu scoraggiato quando dopo sforzi sovrumani non ha

trovato qui ciò che attendeva. Inoltre il nemico non lo lascia tranquillo e lo spinge con forze importanti dal lago di Okrida verso Elbassan e da Bulcitza (ad ovest di Dibra) verso Tirana o verso Alessio per la valle del Mati. L'esercito così spossato non è in grado di arrestare gli austriaci ed i bulgari e vi è pericolo che il nemico arrivi al mare tagliando esso esercito in due e costringendolo a capitolare. Ad evitare questo fatto terribile della capitolazione non vi sono che due possibilità. La prima più sicura più rapida e migliore sarebbe di farlo trasportare dalle flotte alleate da San Giovanni di Medua ad un punto da designarsi dagli alleati non lontano da Salonicco. La seconda sarebbe che l'esercito italiano venga al più presto possibile a prendere la linea di difesa contro gli austro-bulgari che minacciano dall'est allo scopo di rendere possibile la ritirata in buon ordine dell'esercito serbo verso Valona per Durazzo. Questa ritirata sembra inattuabile perché l'esercito è molto estenuato ed essa ne diminuirebbe le forze della metà. Sei settimane di marce continue sarebbero tempo perso per la sua utilizzazione ed indebolirebbero il suo spirito di resistenza. Esponendo tale critico stato dell'esercito Governo serbo prega gli alleati di spedire una flotta a prendere le truppe (circa cinquantamila uomini) e trasportarle in luogo dove potrebbero riorganizzarsi tranquillamente. Qui è quasi impossibile nutrirlo riarmarlo e prepararlo a nuova resistenza. Se gli amici ed alleati della Serbia che l'hanno finora aiutata non le presteranno aiuto in questo momento che è il più difficile, la catastrofe sarà inevitabile. Il popolo serbo ha fatto tutto quello che un popolo che vuole lottare con onore sino alla fine ».

A richiesta di questo addetto militare prego comunicare al comando del Corpo di Stato Maggiore (l).

(l) -Cfr. n. 151, nota l, p. 111. (2) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Pietrogrudo con t. gab. 1816 del 17 dicembre, ore 20.
204

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2929/776. Durazzo, 17 dicembre 1915, ore 1,10 (per. ore 16).

Una divisione bulgara di tre reggimenti con tre ... (2) hanno occupato ieri Kinks con avanguardia a Darza. Truppe serbe tengono ancora le alture di Babbia, ma il generale serbo prevede lo sgombro di Elbassan per domani. Piano bulgaro sarebbe, anche a parere di Essad, il dividere i serbi dalle nostre forze scendendo per la linea del Devo li e del Semeni verso la Musakia. Linea di ritirata serba rimarrebbe Elbassan-Pekini, Kavaja ed Elbassan Tirana per il passo di Kraba.

Unica via di salvezza sarebbe l'immediato invio per terra o per mare di truppe ed artiglierie sufficienti a Durazzo e la collaborazione per parte della

R. -marina. A quanto afferma questo rappresentante serbo il generale serbo

accetterebbe il punto di vista del nostro comando per le possibili operazioni.

Maggiore Castoldi condivide questa opinione.

Essad chiede insistentemente mezzi a sua disposizione per potersi allon

tanare all'ultimo momento. Ho telegrafato quanto precede al generale Bertotti (1).

(l) -Ritrasmesso al Comando dello Stato Maggiore dell'Esercito con t. gab. 1820 del 17 dicembre, ore 21. (2) -Gruppo indecifrato.
205

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI, A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 1821. Roma, 17 dicembre 1915, ore 21.

(Per Atene) -Telegramma di V. S. n. 268 (2).

(Meno Atene) -Telegramma n. 1816 (3). Ho telegrafato al R. ministro in Atene quanto segue:

(Per tutti) -Approvo contegno conciliativo V. S. nel convegno con Skuludis. Presentazione nota collettiva di tono cosi aspro sembrami essere stato passo oltrepassante necessità situazione. Suppongo che motivo determinante fosse disarmo delle truppe serbe rifugiatesi in Grecia. Per altre minori questioni pel regolamento inevitabili attriti provenienti dalla occupazione mista in territorio neutro, parrebbe più opportuno e meno irritante il procedere per singole conversazioni e reclami, a meno che si voglia di deliberato proposito spingere Grecia nel campo nemico; il che oggi data la situazione critica delle truppe alleate a Salonicco, sarebbe grave leggerezza. Data questa situazione non giova fidarsi soltanto dell'arma della possibile ostruzione nei rifornimenti greci.

206

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI, A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI A DURAZZO, ALIOTTI, E PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI

T. GAB. 1822. Roma, 18 dicembre 1915, ore 12,30.

Il Ministero della Guerra ha telegrafato al generale Bertotti comandante del corpo speciale in Albania quanto segue: «Governo approva e conferma

(-2) Cfr. n. 202.

146 sollecito sgombero prigionieri austriaci per i quali provvede massima alacrità loro trasporto mare. Circa linea di condotta da tenere con serbi occorre far loro ben comprendere che ove oltrepassassero linee stabilite Scumbi e Pechini Tirana essi non avrebbero rifornimenti viveri per i quali Governo italiano con ogni sollecitudine sta provvedendo aprire comunicazioni, e ove tendessero oltrepassarle, troverebbero resistenza armata.

Generale Bertotti rappresenta in un suo telegramma del 17 la necessità di indurre serbi a resistere al passo di Badia.

(Meno Squitti e Aliotti) Nel comunicare al barone Squittì ed Aliotti quanto precede ho soggiunto:

(Per tutti) Prego V. S. fare ferme dichiarazioni e pressioni

(Per Squitti) al Governo serbo.

(Per Aliotti) ad Essad.

(Per tutti meno Squitti e Aliotti) a codesto Governo Cl).

(l) -Ritrasmesso al Comando dello Stato Maggiore dell'Esercito con t. gab. 1819 del 17 dicembre, ore 21. (3) -Cfr. n. 202, nota 2, p. 144.
207

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

T. GAB. S.P.U. 2936/1224. Comando Supremo, 18 dicembre 1915, ore 12,50 (per. ore 13,50).

Riferimento telegrammi gabinetto nn. 1819 e 1820 (3).

L'urgenza con la quale V. E. mi ha fatto avere i telegrammi del R. ministro a Durazzo e R. console a Scutari mi fa pensare che ella desidera conoscere la mia impressione sulla situazione in Albania.

Allo stato delle cose non vedo altra soluzione che quella di far ritirare i serbi che ancora sono in grado di farlo sulla linea dello Scumbi e poi sul Semeni occupando con la loro destra Berat. In tale caso disimpegnate truppe occupanti Valona e spintesi fino linea Vojussa, senz'altro dispendimento potrebbero approvvigionare e rifornire i serbi ripiegati su Scutari. Se le loro condizioni e minacce austro-bulgare sono quali riferisce R. console Scutari non vedo altra possibilità di soccorso che per la via di mare. Circa impiego nostre truppe confermo pienamente ciò che più volte ho scritto e telegrafato ritenendo pericolosissima qualsiasi dispersione lungi da Valona che ci esporrebbe facilmente a scacchi contro bulgari o greci molto compromettenti nostro prestigio e perciò con incalcolabili ripercussioni.

(l) Rispose il solo Squitti, cfr. n. 215.

(2) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 469.

(3) Cfr. n. 204, nota l, p. 146 e n. 203, nota l, p. 145.

208

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2947/195. Scutari, 18 dicembre 1915, ore 18 (per. ore 13,35 del 19).

È giunta notizia al Governo serbo che 60.000 bulgari avanzano rapidamente sostenuti dalle bande albanesi e mirano a Durazzo; accasciato Essad pascià è in procinto di fuggire da quella città ed il principe di Wied si trova a Prizrend.

Pasic ne è estremamente allarmato e dice che tutto ora dipende da noi da cui si chiede azione militare immediata per arrestare i bulgari tra Elbassan, Tirana e Durazzo e trasporto dell'esercito serbo per mare là dove sarà stabilito, con imbarco a San Giovanni di Medua (vedere miei precedenti telegrammi) {1).

La direzione suprema delle forze italiane di terra e di mare è sola competente a giudicare se due operazioni siano possibili. Un profano, nel non crederle tali perché piene di incertezze e di grandi pericoli, potrebbe ingannarsi.

209

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2943/650. Londra, 18 dicembre 1915, ore 22,45 (per. ore 4 del 19).

Telegrammi di V. E. nn. 1816 {2) e 1821 (3).

Penetrato saggezza opportunità osservazione di V. E. in merito dura nota collettiva presentata Governo ellenico, ho creduto bene attirare attenzione oggi di Nicolson sul fatto, osservando che con un paio di altre note del genere di quella del 16 il risultato di gettare i greci in braccia agli Imperi centrali non sarà difficile a raggiungere.

Nicolson ha replicato non erasi qui avuto previa conoscenza del testo della nota collettiva e nemmeno sapevasi che i reclami degli alleati contro il disarmo delle truppe serbe sarebbero stati presentati sotto quella forma. Ministro d'Inghilterra aveva però istruzioni di appoggiare con piena efficacia i passi del suo collega di Francia allo scopo indicato.

Ad evitare ripetersi di simili inconvenienti, che potrebbero avere conseguenze gravissime giustamente prevedute da V. E., permettomi. chiedere se non converrebbe provocare fra gli alleati una intesa mirante a subordinare alla previa approvazione dei rispettivi Governi eventuali ulteriori presentazioni di note collettive o relativi testi.

( 3) Cfr. n. 205.

(l) -Cfr. n. 203. (2) -Cfr. n. 202, nota 2, p. 144.
210

IL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 2949/58. Durazzo, 19 dicembre 1915, ore 11,20 (per. ore 12,50).

Intorno a Durazzo [e nella] città si è rovesciata una folla di impiegati oppure reclute disarmate oriunde dalla Bosnia e dalla Croazia che in preda al terrore domanda d'imbarcarsi per evitare massacro di cui furono già vittime serbi, prigionieri degli austro-bulgari che si trovavano in analoghe condizioni. Oggi partono col vapore Dauno circa 200 di loro muniti di mezzi. Siccome gli altri sono sprovvisti di mezzi, questo incaricato d'affari serbo mi ha assicurato di aver telegrafato al signor Pasic per far mettere a disposizione di codesta legazione serba una prima somma per provvedere alle spese di sostentamento di quei miseri sino a decisione circa ulteriore loro destinazione. Pare che questi essendo tutti giovani robusti si adatterebbero con vivo piacere ad essere incorporati in qualsiasi esercito.

Trattandosi di sgombrare Durazzo di elementi demoralizzati e non potendoli respingere nell'interno dove sarebbero esposti al più crudele trattamento, parmi urgente trasportarli al più presto in Italia. Ho già informato ammiraglio della presenza di questi per sua informazione ed a!lìnché si prepari ad eventuali istruzioni del R. Governo.

211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, E A PARIGI, TITTONI

T. 4228. Roma, 19 dicembre 1915, ore 22.

Il R. ambasciatore in Pietrogrado telegrafa quanto segue:

(riprodurre telegramma da Pietro grado 16 dicembre n. 8430) (l).

Siccome notificazione proclamazione Impero potrebbe avvenire tra breve, gradirei conoscere pensiero di codesto Governo circa linea di condotta da essere seguita in siffatta eventualità. Per parte nostra siamo favorevoli in massima a riconoscimento immediato anche senza condizioni e ciò per non dare occasione alla Germania di precederei e mantenerci favorevoli disposizioni Yuanshi-kai: però conviene trovare modo di non urtare il Giappone e questo compito parmi spetti essenzialmente all'Inghilterra (2).

(l) -Cfr. n. 201. (2) -Per le risposte di Imperiali e Tittoni cfr.. rispettivamente, i nn. 223 e 222.
212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI (l)

T. GAB. 1831. Roma, 20 dicembre 1915, ore 12,20.

Generale Bertotti telegrafa che Re Pietro non accetta nostro consiglio di partire da Valona. Ciò crea al Governo seri imbarazzi che V. S. avrebbe potuto evitare non dando al comandante del cacciatorpediniere ordini contrari a quelli ricevuti dal suo comando. Duca degli Abruzzi m'interessa perché non siano dati alle navi ordini che variano loro missione senza averne preavvisato comando della squadra dal quale gli ordini emanano.

Anche considerando che i concerti con la marina in Albania debbono essere presi dal generale Bertotti la invito ad attenersi strettamente d'ora innanzi a tale direttiva; non prendendo alcuna disposizione senza aver consultato ed avere avuto l'assenso del generale Bertotti.

213

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI A DURAZZO, ALIOTTI, E PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI (2).

T. 4235. Roma, 20 dicembre 1915, ore 15.

Barrère mi ha comunicato stamane l'intenzione del suo GovPrno di mandare delle navi per effettuare il trasporto dell'esercito serbo da S. Giovanni di Medua.

Risposi che noi avremmo facilitato la cosa per quanto possibile, ma che occorreva prima precisare dove s'intendeva trasportare le truppe serbe, dato che fosse possibile d'imbarcarle a Medua, il che non mi pareva facile.

Escludevo in modo assoluto Valona, come luogo di arrivo, per ragioni di vario ordine, sanitarie, politiche e militari, e non vedevo nemmeno la possibilità o l'utilità di portarle in Italia. Cosa più pratica sarebbe di trasportarle a Salonicco. Altro partito sarebbe di portarle in giù verso Durazzo, facendo pure scendere verso Durazzo e Tirana per via di terra la maggior parte delle stesse truppe serbe ora a Scutari, per poi riorganizzarle in Albania stessa, al nord dello Scumbi. Non vedevo altra soluzione pratica possibile.

(l) -Ed. in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 471. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 288.
214

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AI MINISTRI A DURAZZO, ALIOTTI, E PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI

T. 4236. Roma, 20 dicembre 1915, ore 15.

Anche per evitare agglomeramenti pericolosi per la salute pubblica è necessario impedire l'emigrazione dei serbi ed albanesi in Italia e a Valona, tanto più che inviandosi loro alimenti cessa la ragione precipua dell'esodo.

V. S. dovrà quindi non permettere l'imbarco di profughi in piroscafi diretti

a Valona, a Brindisi o ad altri porti italiani. (Per Squittì). Prego comunicare quanto precede a De Facendis.

215

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2974/196. Scutari, 20 dicembre 1915, ore 16,40 (per. ore 8,10 del 23).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1822/261 (l).

Non ho mancato far comprendere a Pasic che serbi non debbono oltrepassare linea stabilita Skumbi-Pekini-Tirana perché oltrepassandola non avrebbero rifornimento viveri.

Gli ho parimenti dimostrato necessità di resistenza al passo di Babia.

Egli mi ha risposto che indurrebbe Comando Supremo a non oltrepassare quella linea e che a Babia serbi hanno contrastato quel passo con un combattimento durato due giorni. Si teme però che per mancanza di munizioni truppe serbe abbiano dovuto cedere alle divisioni bulgare che si sono trovate di fronte a Babia.

216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, E AL COMANDANTE DELLE TRUPPE D'ALBANIA, BERTOTTI

T. GAB. 1834. Roma, 20 dicembre 1915, ore 20,30.

Ho esposto a questo ministro di Serbia come non fosse consigliabile sotto qualsiasi aspetto che il Re Pietro si trattenesse a Valona dove egli attualmente si trova: dover egli recarsi a Brindisi dove avrebbe potuto decidere a suo ta

lento se procedere per Salonicco, dove già sono alcune migliaia di truppe serbe, oppure andare a Caserta per riposarsi ivi nel palazzo reale che nostro Sovrano metteva a sua disposizione.

Ristic mi disse che ne avrebbe telegrafato a Pasic.

(l) Cfr. n. 206.

217

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2954/652. Londra, 20 dicembre 1915, ore 22,07 (per. ore 2,40 del 21).

Ministro di Serbia, che ho oggi incontrato al Foreign Office, mi ha detto avere, in seguito istruzioni di Pasic, interessato lord Crewe adoperarsi per ottenere un'energica nostra azione in Albania a.llo scopo di salvare l'esercito serbo minacciato dalla progressiva invasione antro-bulgara mirante occupare Durazzo.

Ho risposto che in questo argomento poco potevo dirgli, gli elementi di informazione di cui dispongo essendo vaghi ed incompleti. Avendo ministro attirata l'attenzione mia sul pericolo di vedere presto l'Albania, compresa Valana, nelle mani austro-bulgare, ho replicato che dovevo supporre che eventualità sia stata contemplata dal R. Governo che avrà certo preso i provvedimenti necessari per fronteggiarla con successo.

Delle domande serbe mi ha intrattenuto pure Nicolson che aveva poco prima conferito sull'argomento con Cambon. Non entro in particolari, Rodd essendo stato incaricato di discorrere della questione con V. E.

218

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

L. P. Roma, 20 dicembre 1915.

Dopo che sei andato via ho letto l'accluso telegramma di Aliott1 (2). Ti prego vivamente d'imporgli decisamente un fermo. Non si può, per non avere fastidi a Durazzo, !asciarci invadere il paese di gente d'ogni risma, che, se anche provvisti di mezzi, avranno della carta serba che Dio sa che cosa vale. Mentre siamo pieni di profughi, internati, pngwnieri etc. così da non sapere più come allogarli, oltre alla spesa che non è lieve.

Ho letto pure un telegramma di Squittì (3) che parla di 60 mila bulgari marcianti su Durazzo. Forse non è vero. Ma io sono sempre preoccupato <iella sorte che toccherà alla colonna Guerrini. Riparlane -ti prego --domani col

(-3) Cfr. n. 208.

ministro della Guerra, prendendo con lui e con quello della Marina tutti gli accordi che crederai del caso. :l\.!'1 soprattutto ti raccomando di ridurre quanto più possibile all'impotenza Aliotti, il quale ha meno che mai la testa a posto.

(l) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli, Ed. in SoNNINo, Carteggio, cit., n. 470. (2) -Cfr. n. 210.
219

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI (l)

T. GAB. 1835. Roma, 21 dicembre 1915, ore 14.

Telegrammi di V. S. nn. 612 e 619 (2).

S. M. il Re mandò un ufficiale a Milano per accompagnare presso di lui il generale Perticari. Il generale si mostrò molto soddisfatto di quanto ha veduto al nostro fronte. Egli disse ritenere inevitabile l'intervento romeno al nostro fianco per la pressione dell'opinione pubblica sul Governo. S. M. il Re gli ha consegnato la risposta al Re di Romania che qui riassumo.

Sua Maestà ringrazia per la lettera e ricambia i sentimenti affettuosi del Re Ferdinando. Dice di aver letto con emozione le parole che dimostrano le preoccupazioni del Re di Romania nei tempi così gravi e difficili che attraversiamo. Ricorda che vi sono dei momenti decisivi per l'avvenire delle nazioni. Così, bene fu ricordato il Piemonte la cui fiducia nella missione per l'indipendenza della patria non ha mai fallito. Dice di formare i voti più sinceri perché la decisione che sarà presa dal Re e dal suo Governo possa assicurare alla Romania il più glorioso avvenire e che i romeni attualmente sotto il giogo dell'AustriaUngheria ottengano infine la redenzione e l'unione alla madre patria. Aggiunge che nulla sarebbe più prezioso a lui e al popolo italiano di una fraternità d'armi consacrata dal sangue versato in guerra contro il comune nemico ereditario.

Il compito assunto dall'Italia è grave, ma Sua Maestà ha ferma fiducia, col Governo, nella vittoria finale dei nostri sforzi uniti a quelli degli alleati con cui si agisce di pieno accordo.

Circa la domanda fatta sulle intenzioni dell'Italia nei Balcani, Sua Maestà risponde che noi abbiamo inviato forze in Albania per la salvaguardia dei nostri interessi adriatici e per facilitare il vettovagliamento e la concentrazione dei serbi. I Governi francese e britannico sono decisi a mantenere la difesa di Salonicco. Le decisioni ulteriori del Governo italiano, per ciò che riguarda i Balcani, dipendono dal corso degli avvenimenti e dalle decisioni degli alleati. A questo proposito Sua Maestà scrive poi che gli sarebbe particolarmente grato conoscere quali sono le vedute della Romania circa il suo speciale interesse all'equilibrio della penisola balcanica, in caso di un notevole ingrandimento della Bulgaria.

Circa la seconda domanda, Sua Maestà assicura il Re Ferdinando che è fuori di dubbio che assicureremmo alla Romania, nel caso che essa si decidesse ad

entrare in azione, tutto l'aiuto compatibile con le circostanze e con le necessità della nostra azione militare. Dovrebbesi naturalmente concludere una convenzione militare.

Circa la terza domanda, per un accordo speciale italo-romeno, Sua Maestà osserva che l'Italia prosegue la sua via di pieno accordo con gli alleati con cui è stretta dalla dichiarazione di Londra. L'accordo e la fiducia reciproca tra gli alleati sono perfetti. Ogni accordo speciale o collaborazione più diretta dell'Italia con un'altra Potenza, anche se essa entrasse nell'alleanza, non potrebbe avere altra base. Ma sotto questa riserva Sua Maestà pensa che il suo Governo non potrebbe vedere che con piacere rinserrarsi, con delle intese speciali, i legami di razza e di amicizia che esistono così felicemente fra i due paesi. Queste intese del resto non sarebbero che uno sviluppo degli accordi conclusi dal principio della conflagrazione europea. Ma, conclude Sua Maestà, prima di pronunciarsi a questo soggetto, gli sarebbe prezioso conoscere le viste del Re Ferdinando circa gli scopi e la portata degli accordi speciali a cui egli ha accennato.

(l) -Ed. in SoNNINo. Carteggio, cit., n. 472. (2) -Cfr. nn. 182 e 192.
220

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, E AL MINISTRO A DURAZZO, ALIOTTI (l)

T. GAB. 1836. Roma, 21 dicembre 1915, ore 14.

Questo ambasciatore degli Stati Uniti d'America dietro mie istanze perché la nave americana Albania mandata a Durazzo e Medua per portare farina alla popolazione povera e per soccorsi ai prigionieri austriaci arrivati dalla Serbia, lasciasse quei paraggi, mi ha assicurato che avrebbe telegrafato al suo Governo, perché senza pregiudizio di tutte le questioni pendenti riguardo alla libertà di navigazione dell'Adriatico in relazione colla nostra dichiarazione di blocco. la detta nave Albania ora diretta a Gallipoli per portarvi gli ufficiali consolari austriaci e bulgari cacciati da Essad, non tornasse presentemente nei porti albanesi, per evitare attriti e questioni con le autorità locali.

221

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2967/274. Atene, 21 dicembre 1915, ore 18 (per. ore 20,20).

Generale Dusmani capo di Stato Maggiore ha detto all'addetto militare che il comandante del presidio di Janina avendo avuto notizia che tremila italiani con artiglieria erano giunti a Ducai ed a Tepeleni ha rinforzato il posto di confine ed ha chiesto istruzioni ad Atene

Dusmani dice che il ministero degli affari esteri sta preparando una nota a me diretta con cui chiederà le intenzioni del R. Governo. Secondo risposta che io sarò in grado di dare si invieranno istruzioni al comandante Janina.

Prego V. E. telegrafarmi d'urgenza che cosa debbo rispondere se tale nota mi giungerà (1).

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., p 288.

222

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8562/927. Parigi, 21 dicembre 1915, ore 20,40 (per. ore 23,40).

Telegramma di V. E. n. 4228 (2).

Ho manifestato a Margerie disposizioni d,i V. E. favorevoli in massima a riconoscimento immediato, anche senza condizioni, del nuovo regime, nel caso in cui Yuan-shi-kai si proclami imperatore. Margerie mi ha detto che tale è anche il modo di vedere del Governo francese ed anche del Governo inglese secondo le informazioni trasmesse da Cambon.

223

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8566/1606. Londra, 21 dicembre 1915, ore 21,53 (per. ore 2,40 del 22)

Telegramma di V. E. n. 4228 (2).

Lord Crewe condivide pensiero V. E. circa desiderabilità non lasciarsi prevenire dalla Germania nel riconoscimento nuovo imperatore. Proclamazione impero, giusta comunicazione fatta dal Governo cinese a Tokio, non avrà luogo prima fine gennaio prossimo, preparativi occorrenti non potendo essere completati prima.

Vi è quindi, a parere di lord Crewe, tempo sufficiente per concordare tra gli alleati decisione circa riconoscimento. Governo giapponese animato da disposizioni molto concilianti.

(l) -Sonnino rispose con t. gab. 1841 del 22 dicembre, ore 12,15, quanto segue: «Non ci risulta che forze italiane siano state inviate a Ducai e Tepeleni. V. S. può assicurare codesto Governo che Italia non ha alcuna intenzione di compiere operazioni militari sconfinando dalla nota linea di delimitazione dell'occupazione ellenica consegnatale a suo tempo da codesto Governo, con la fiducia che il Governo ellenico farà altrettanto». (2) -Cfr. n. 211.
224

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL RE VITTORIO EMANUELE III (l)

T. GAB. S.N. Roma, 22 dicembre 1915, ore 21.

Ho l'onore di comunicare il seguente telegramma per Vostra Maestà che il principe ereditario di Serbia ha consegnato al barone Squittì:

«Vostra Maestà conosce l'attuale nostra situazione militare. Essa è disperata e può trasformarsi in [un disastro] da un momento all'altro. II mio esercito è ormai malvestito, senza lo stretto necessario anche di munizioni, e affamato. Dopo aver eseguito marce penosissime attraverso regioni montuose, esso si attendeva trovare qui nutrimento e riparo contro il rigore della stagione. Anche qui noi desideriamo procedere alla riorganizzazione del nostro esercito e farne un apprezzabile ausiliario degli alleati quando sarà giunto il momento; ma tutti questi progetti sono condannati a rimanere inattuabili nelle attuali condizioni. Siamo minacciati dalla fame e con essa dalle epidemie.

Ciò basterebbe già, ma non è tutto. Il nemico ci insegue ed il pericolo di vedere il nostro esercito tagliato in due è sempre più probabile. Bulgari che si spingono verso Elbasan e Durazzo non rappresentano una forza considerevole, ma privi di armi e munizioni noi non possiamo opporci alla loro avanzata. In tal caso, la sorte della metà del mio esercito, che si trova al Nord dell'Albania, è decisa.

Ho esposto questi fatti al generalissimo Joffre additandogli quest'ultimo pericolo ma credo mio dovere attirare attenzione anche di Vostra Maestà per questa eventualità che non mancherebbe d'intaccare seriamente gli interessi degli alleati. Per conseguenza faccio appello ai sentimenti di fratellanza d'armi di Vostra Maestà e alle sue simpatie, parecchie volte manifestate verso la Serbia, e la prego compiacersi ordinare alle sue valorose truppe, che sono già sbarcate a Valona, di portarsi al più presto possibile al nord e prendere contatto con le mie. In questo caso il mio esercito potrebbe, come spero, rifornirsi e organizzarsi dove ora si trova, come del resto era convenuto e stabiilto dalle decisioni dei quartieri generali degli alleati».

Il telegramma che precede mi suggerisce le seguenti osserv'lzioni che ho l'onore di sottomettere a Vostra Maestà.

Dati i mezzi limitati di cui dispone la marina per la scorta e la difesa delle navi nell'Adriatico, e date le difficoltà di sbarco a San Giovanni di Medua, si è fatto e si fa tutto quanto è possibile per l'approvvigionamento delle truppe serbe raccolte nell'Albania del nord. Il giorno 17 corrente la nave Brindisi sbarcò 500 tonnellate di farina. Pur troppo le merci restano accatastate sui quais, tanto che, per istruzioni telegrafate dall'ammiraglio Troubridge e dal comandante Accame, si dové sospendere altro invio che progettavasi per oggi. Troubridge telegrafava che qualunque invio sarebbe inutile per almeno due giorni

per dar tempo di sgomberare verso l'interno merci accumulate. Quanto alla questione di invii nuove truppe nazionali, comando supremo è finora decisamente contrario a qualunque azione oltre Valona e al più Durazzo.

(l) Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 473.

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI (l)

T. GAB. 1843. Roma, 22 dicembre 1915, ore 22.

Giers mi ha espresso questa sera il dubbio che fosse sorto qualche malinteso intorno ai propositi del Governo italiano riguardo al luogo o ai luoghi dove potesse farsi la riorganizzazione delle truppe serbe ritenendo che noi volessimo ora che ciò avvenisse esclusivamente a Salonicco. Risposi che ciò non era esatto: che restavo della opinione già più volte espressa che la migliore regione per effettuare la riorganizzazione desiderata fosse Tirana e i suoi dintorni almeno per la maggior parte delle truppe serbe; che avevo pure proposto a Londra e a Parigi di portare alcune migliaia di serbi a Salonicco imbarcandoli sui trasporti mandati ora dal Governo francese, che escludevo in modo assoluto che i serbi scendessero in Albania al sud dello Scumbi, compreso Valona e così pure mì opponevo ad ogni loro trasporto in Italia. Non consigliavo il riordinamento a Durazzo stesso per non creare contrasti con Essad ma da Durazzo potevasi facilmente rifornirsi in Tirana e il resto del rifornimento poteva farsi anche da Valona.

226

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARE', AL MINISTRO DEGLI ESTERI SONNINO

T. 8614/60. Roma, 23 dicembre 1915, ore 9,50 (per. ore 1,30 del 24).

In vista decisione che V. E. dovrà [prendere] credo mio dovere di segnalare influenza sempre crescente del Giappone, che conta qui più di tutte le altre potenze riunite.

L'essere d'accordo con Giappone sarebbe per noi vantaggioso, mentre una nostra franca collaborazione potrebbe essere apprezzata dal Governo giapponese, il cui predominio non è ancora ufficialmente riconosciuto, sebbene di fatto esso faccia valere per l'Estremo Oriente una nuova dottrina di Monroe.

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 288-289.

227

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

T. GAB. 1845. Roma, 23 dicembre 1915, ore 16,45.

Telegramma di V. E. n. 516 (1).

Questo ministro di Serbia avendo comunicato al suo Governo il desiderio del R. Governo che i prigionieri austriaci trasportati o da trasportare in Italia con nostri mezzi rimangano in Italia, ha ricevuto da Pasic la risposta seguente:

«Trovandoci nell'imbarazzo abbiamo pregato Francia e Italia di prendere i prigionieri austriaci. Avendo Italia esitato, ci siamo rivolti alla Francia insistendo. Ora avendo saputo che Italia dEsidera conservarli, Paste dichiara che se ne disinteressa e che a lui è indifferente chi trattiene i prigionieri.

228

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI A DURAZZO, ALIOTTI, E PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI

T. GAB. 1846. Roma, 23 dicembre 1915, ore 20.

(Meno Squitti) Ho telegrafato al barone Squittì quanto segue:

(Per tutti) -Generale serbo Goikovic disse generale Guerrini che trovasi Durazzo che aveva ordini dal suo comandante in capo di fare ritirata su Durazzo con 6000 uomini e su Valona con quarantamila. Il R. ministero della guerra ha telegrafato stasera Guerrini avvisare Goikovitc che escludiamo in modo assoluto anche con impiego armi discesa serbi al sud oltre Scumbi. V. E. parli chiaramente in questo senso a Pasic. Conviene che serbi '>i raccolgano ed organizzino prendendo per centro Tirana, evitando Durazzo per riguardo ad Essad e per evitare probabili conflitti con elemento albanese.

229

IL RE, VITTORIO EMANUELE III, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

T. GAB. S.N. Italia, 24 dicembre 1915, ore 21.

La ringrazio del Suo cortese telegramma di ieri (3) e La prego indicarmi quale risposta nelle presenti congiunture Le sembrerebbe da mia parte adeguata. Il complesso delle notizie che mi giungono pongono in rilievo quanto

grave si manifesti sempre più la situazione dei serbi e quanto difficile venga a delinearsi la situazione delle truppe nostre inviate in Albania in specie di quelle che sono state spinte fino a Durazzo. D'altra parte è da tener presente che se in teatri di guerra il rigore della stagione ostacola lo svolgimento delle operazioni, non è da escludere che una pressione anche vigorosa del nemico possa esercitarsi lungo la linea isontina ed anche su qualche altro punto del nostro fronte dove sono poche nevi. Il distogliere dal territorio italiano altre truppe a me pare forse meno opportuno (l).

(l) -T. gab. 2964/516 del 21 dicembre, ore 20,40, non pubblicato con il quale Tittoni comunicava di aver esposto a· Margerle il punto di vista del governo italiano circa la questione del prigionieri austriaci fatti dal serbi e trasportati in Italia. (2) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. In SONNINO, Carteggio, clt., n. 474. (3) -Cfr. n. 224.
230

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8639/891. Atene, 25 Dicembre 1915, ore 15 (per. ore 19,50).

R. Console Gianina telegrafa quanto segue: «Con lettera pervenutami oggi il nostro informatore di Santi Quaranta comunica: «Con riferimento al mio telegramma mi risulta che un movimento preparativo di occupazione di Berat da parte delle truppe greche si sta attualmente svolgendo. Rotoli di fili telegrafici, viveri e munizioni vengono mandati ai confini greco-albanesi. Qui corre voce insistente che debba ritornare nell'alto Epiro, non si sa esattamente se per via di terra o di mare, la nona divisione del V corpo d'armata che dovrebbe essere a Nigrites.

Una dozzina di giorni or sono sbarcarono a Santi Quaranta 10 ufficiali, fra i quali un maggiore, che si recarono ad Argirocastro. Da fonte sicura mi consta che ufficiali greci, distaccati ad Argirocastro, hanno dichiarato a persona che gode la loro fiducia, e che me lo attesta, che una volta occupato dagli austro-tedeschi un dato punto strategico situato nell'Albania meridionale verso l'ex confine Serbo, punto, il cui nome non fu indicato, le truppe greche marceranno su Berat ».

231

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 2995/199. Scutari, 25 dicembre 1915, ore 16,30 (per. ore 9,15 del 26).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 267 (2). Ho dichiarato stamane a Pasic nel modo più formale ed esplicito che il

R. Governo si oppone assolutamente ad una discesa serba al sud dello Scumbi e sarebbe costretto a respingerla occorrendo anche colla forza. Consiglia invece

che le truppe serbe siano radunate e riorganizzate intorno a Tirana evitando Durazzo. Pasic è rimasto meravigliato di questa comunicazione e mi ha detto che ne riferirebbe al quartiere generale ma che per parte sua credeva impossibile procedere alla riorganizzazione dell'esercito serbo senza portarsi al sud verso Valona; ciò è evidente, secondo lui, quando si pensi che i bulgari sarebbero presto ad Elbassan. Egli ha soggiunto che gli altri tre alleati ossia francese, inglese e russo consigliano Governo serbo a concentrare e riorganizzare esercito nell'Albania meridionale e spera che Italia non vorrà dissentire da loro: tutto al più questo potrà intendersi colla Serbia, per lo stabilimento di reciproca sfera d'azione in Albania. Ho replicato dicendo prima di tutto che la sua meraviglia non era giustificata dopo il nostro colloquio del 20 corrente (mio telegramma n. 196) (l) e poi che le mie rinnovate istruzioni sull'argomento erano perentorie. Esse non mi sembravano quindi dare adito a discussione e trattative allo scopo di modificare le risoluzioni del R. Governo.

(l) -Per la risposta di Sonnino, cfr. n. 232. (2) -Numero particolare di protocollo per Squlttl del n. 228.
232

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL RE, VITTORIO EMANUELE III (2)

T. GAB. S.N. Roma, 25 dicembre 1915, ore 21.

Ringrazio Vostra Maestà per il suo telegramma di ieri sera (3). Secondo gli ordini ·di Vostra Maestà trascrivo qui appresso un progetto di risposta al messaggio di S. A. R. il principe ereditario di Serbia:

« Ebbi con ritardo, dovuto alla trasmissione telegrafica, il telegramma col quale Vostra Altezza Reale mi segnala la cosi difficile situazione dell'esercito serbo e mi domanda di ordinare alle truppe italiane già sbarcate a Valona di portarsi al più presto possibile a Nord a prendere contatto con le truppe di Vostra Altezza Reale.

Voglio anzitutto assicurare Vostra Altezza Reale che ho seguito con animo trepidante le vicende della recente campagna in Serbia, ammirando una volta ancora il tenace valore dell'esercito serbo, assalito su due fronti dai nemici tanto superiori in forze.

Io condivido col cuore sincero l'angoscia che traspare dalle parole colle quali Vostra Altezza Reale così eloquentemente descrive la situazione pericolosa delle sue truppe per mancanza di rifornimenti e di munizioni.

A Vostra Altezza Reale sono note le difficoltà strategiche colle quali deve lottare la marina italiana per effetto della ineguale sfavorevole configurazione delle coste adriatiche. Tuttavia il mio governo ha fatto e fa tutto il possibile per provvedere a ciò che è innanzitutto necessario, il rifornimento delle truppe di Vostra Altezza Reale.

Dall'Italia sono state inviate ed accompagnate sotto buona scorta della nostra marina, anche con notevoli rischi, navi a San Giovanni di Medua e

Durazzo. Alle difficoltà della navigazione si sono aggiunte le difficoltà dello sbarco e dei rapidi trasporti dei vettovagliamenti dalla costa all'interno.

Si spera però che una più efficace organizzazione sui luoghi dello sbarco migliorerà la situazione, dando modo di sgombrare verso l'interno le merci ora giacenti sulle calate di San Giovanni di Medua.

Le truppe italiane, spedite recentemente in Albania, hanno innanzitutto il compito di assicurare Valona come base principale di deposito e di rifornimenti sulla costa orientale adriatica. Di là esse provvedono alla viabilità e cercano di prendere contatto con le truppe di Vostra Altezza Reale. Perciò alcuni reparti, non senza pericolo, avanzarono già verso Durazzo, per meglio assicurare quel porto come base di rifornimento della regione di Tirana, nella quale è opportuno si concentrino le truppe serbe. Gravi inconvenienti nascerebbero se queste truppe si riversassero su Durazzo ed al Sud dello Scumbi, creando una situazione difficile con le popolazioni albanesi e agglomeramenti pericolosi sia per ragioni sanitarie sia nell'interesse dello stesso approvvigionamento.

Imprescindibili ragioni d'ordine militare impediscono alle truppe italiane in Albania un'azione diversa, azione che ho però fiducia sia di aiuto efficace alle truppe serbe fino a che giunga il momento dell'auspicata riscossa, per cui io nutro, con profonda e sincera simpatia, la più viva speranza.

Vadano a Vostra Altezza Reale i miei fervidi voti per la felicità della Serbia, di Vostra Altezza Reale e della Sua reale famiglia, e l'espressione della mia incrollabile fiducia sulla vittoria finale degli alleati, da cui risorgerà a novello glorioso avvenire la nobile nazione serba».

Devoti omaggi.

(l) -Cfr. n. 215. (2) -Da ArchiVio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 476. (3) -Cfr. n. 229.
233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI (l)

T. 4278. Roma, 25 dicembre .1915, ore 23.

La questione della mancanza di grano e del conseguente enorme rialzo nei prezzi si sta facendo gravissima in Italia; e può presto diventare minacciosa per l'ordine interno, con pericolose ripercussioni sullo spirito pubblico anche nei riguardi della guerra e di tutta la politica cosi estera come interna.

Richiamo l'attenzione di V. E. sulla seguente comunicazione che mi viene fatta dal collega della guerra. Mi scrive in data oggi il generale Zupelli:

« Dal 28 luglio u.s. al 6 settembre successivo, in più volte. il ministero della guerra acquistò nel Nord America, a mezzo di alcune primarie ditte italiane, il grano e l'avena allora occorrenti per i bisogni della popolazione e dell'esercito.

L'amministrazione militare italiana fu accusata dal Governo inglese che con la sua azione essa faceva aumentare i prezzi; ma tale accusa fu dimostrata

essere priva di qualsiasi fondamento, in quanto che i prezzi cominciarono ad aumentare proprio dopo che i suddetti acquisti erano già stati compiuti. Tanto ciò è vero che i prezzi medi pagati dall'amministrazione militare per merce resa c.i.f. nei porti del Tirreno e alla condizione del pagamento contro consegna dei documenti e in valuta italiana, sono stati di dollari 5,6:> al quintale per il grano e di dollari 4,46 al quintale per l'avena; prezzi che non sarebbe stato più possibile ottenere e che sono inferiori di più che due dollari a quelli correnti.

Intervenuto l'accordo fra il nostro Governo e quello inglese per gli approvvigionamenti dei grani -conferenza di Londra del 10 settembre u.s. -ed in seguito alle premure fatte dal Governo del Canadà -a mezzo del Colonia! Office di Londra -per ottenere che il grano e la farina O<'correnti ai paesi alleati fossero di preferenza acquistati in detto paese, sino dal 28 e 29 settembre u.s. Il ministero della guerra telegrafò al suo delegato a Londra signor generale Marafini di comunicare al Colonia! Office che il nostro Governo era disposto ad acquistare due milioni di quintali di grano ed un milione di quintali di avena dal Governo canadese, con preghiera di fare conoscere d'urgenza le condizioni di vendita.

In data 5 e 7 novembre u.s. telegrafò nuovamente al generale Marafini per avvertirlo che occorreva provvedere all'acquisto di un altro milione di quintali di grano ed uno di avena. Nel tempo stesso gli comunicava che, avendo il Governo inglese requisito parecchie navi noleggiate per il trasporto del grano e dell'avena in precedenza acquistati dall'amministrazione militare, era assolutamente necessario che detti generi arrivassero prontamente, e lo pregava di richiedere a quel Governo la garanzia del loro trasporto in Italia, metà nel mese di dicembre e !"altra metà in gennaio.

Con telegramma del 6 novembre u.s. il generale Marafini riferiva che il Governo canadese poteva fornirci i primi due milioni di quintali di grano richiesti, ma che non aveva ancora ricevuta nessuna risposta circa il trasporto, perché tale questione sarebbe stata esaminata il giorno 8 successivo dal comitato dei trasporti presso l'ammiragliato inglese. Tale telegramma era poi seguito da altri due del 10 e 13 dello stesso mese con i quali avvertiva che l'ammiragliato britannico non poteva provvedere i trasporti, senza pregiudicare altri servizi, e che la questione non poteva essere risolta che dal consiglio dei ministri: domandava tuttavia che gli fosse precisato tutto il nostro fabbisogno complessivo e indicato il concorso della nostra marina mercantile.

Il ministero della guerra, dopo consultati in proposito quelli dell'agricoltura e della marina con telegramma del 15 novembre precisava la quantità di grano e avena necessari per i bisogni della popolazione e dell'esercito sino a tutto giugno p.v. e cioè 7 milioni e mezzo di quintali di grano e due milioni ottocento cinquantamila quintali di avena, indiicando il fabbisogno mensile ed assicurando che il nostro Governo avrebbe provveduto prontamente allo scarico dei vapori. Soggiungeva inoltre che la nostra marina mercantile faceva già il massimo sforzo per gli altri approvigionamenti e che avremmo richiesto alla medesima il maggiore possibile concorso anche pel trasporto dei cereali; richiedeva intanto d'urgenza le definitive decisioni del Governo ingiese.

Con telegramma del 16 novembre il generale Marafini confermava essere possibile ottenere dal Canadà i tre milioni quintali di grano e i due milioni di quintali di avena primitivamente richiesti, riservandosi di fare conoscere la risposta del Governo canadese circa le rimanenti quantità richieste: avvertiva però che il Governo inglese non poteva prendere nessun impegno per i trasporti e che i fornitori canadesi avevano informato il loro Governo che avrebbero trovato il tonnellaggio necessario per l'avena.

In data 17 novembre il generale Marafini comunicava copia di un telegramma col quale il professor Attolico, delegato a Londra del ministero di agricoltura riferiva il colloquio da lui avuto col ministro del commercio inglese relativo alla requis!h1Jone dei piroscafi britannici ed al divieto imposto ai medesimi di compiere viaggi da porti a porti esteri senza il permesso del Governo inglese; faceva presente che quel ministro aveva espresso l'avviso che era necessario un accordo fra gli alleati per provvedere alla soluzione della questione del trasporti, con migliore utilizzazione del naviglio, con provvedimenti atti ad eliminare la questione dei porti italiani frenando ogni ulteriore ascesa dei noli, già eccessivamente aumentati per colpa dell'Italia.

Anche quest'ultima accusa era senza fondamento, giacché è universalmente noto che, anche in tempi normali, il nostro commercio marittimo è per la massima parte tributario della bandiera inglese, e che l'aumento dei noli va quasi esclusivamente a beneficio deglì armatori inglesi.

Con telegramma del 19 novembre il ministero faceva presente che riservavasi di indicare i vapori italiani che il nostro Governo aveva requisito od avrebbe potuto requisire pel trasporto dei cereali, confermando l'affidamento dato di sollecitare le operazioni di scarico nei nostri porti: prendeva atto che il Governo canadese provvedeva al rifornimento ed al trasporto di due milioni di quintali di avena ed insisteva sulla assoluta urgenza di provvedere ai bisogni immediati e indispensabili, per i quali ci mancavano i mezzi di trasporto.

Il giorno 23 novembre il generale Marafini telegrafava che il Governo canadese poteva provvedere tutto il grano richiesto e che avrebbe fatto ogni possibile sforzo per trovare il tonnellaggio necessario, ritenendo di riuscirvi.

Il 28 novembre il ministero telegrafava al pred~tto generale di ringraziare il Governo britannico per l'avviata soluzione degli approvigionamenti di grano e avena.

Lo stesso generale chiedeva poi istruzioni riguardo ai pagamenti delle partite da acquistare; informava che il Governo canadese aveva glà incominciati gli acquisti, requisiti 15 milioni di bushels per i bisogni di dicembre e gennaio e stava pure assicurando il corrispondente tonnellaggio.

Il ministero in data 3 corrente provvedeva all'apertura di un primo credito sulla casa Hambro d Londra per l'ammontare di 800 mila sterline affinché potessero essere pagati i carichi all'atto della loro consegna.

Il 10 corrente il generale Marifini telegrafava per avvertire che il Governo canadese trovava delle difficoltà ad avere dal Governo inglese la licenza perché i piroscafi britannici si rechino nei no~tri porti.

Il giorno seguente comunicava che il Governo canadese aveva noleggiato qui quattro vapori per caricazione dal 15 dicembre al 15 gennaio, soggiungendo

che solo per due era stata ottenuta licenza. Fu risposto il giorno 12 per fissare i porti di destinazione di detti vapori.

Il 14 corrente perveniva dal generale Marafini un telegramma col quale si faceva presente la convenienza di compiere gli acquisti dei grani in comune fra i diversi alleati in base ad uno sprciale contratto unico.

Il giorno seguente fu risposto che il nostro Governo accettava che !'!inghilterra si sostituisse al Canadà nelle provviste del grano e dell'avena, purché però assumesse la necessaria garanzia verso il Canadà per lo scioglimento degli impegni già presi e garantisse in modo assoluto i trasporti.

Oggi, dopo due mesi di continue, insistenti sollecitazioni da parte nostra, non si è ancora avuto nessun principio di esecuzione, nessun affidamento da parte dell'Inghilterra: alle nostre rinnovate richieste, premure, assicurazioni; ci è stato sempre risposto in modo vago e dubitativo, domandando nuovi dati ed affidamenti.

Tutto ciò dimostra all'evidenza che da parte dell'Inghilterra si è seguita la determinata linea di condotta di guadagnar tempo, solo !)reoccupandosi dei propri interessi commerciali e per nulla della nostra situazione che va divenendo sempre più grave e che, non esito a dichiararlo, può ritenersi ormai quasi irrimediabilmente compromessa.

Dato ciò ritengo indispensabile as~>umere in proposito un energico atteggiamento di fronte all'Inghilterra, affinché sia nettamente e senza indugio definita la questione dei nostri appro\"Vigionamenti ».

Fin qui il mio collega della guerra.

È doloroso dover constatare come l'alleata inglese anziché aiutarci al riparo ci venga ogni giorno opponendo nuovi ostacoli ai trasporti dall'estero trastullandoci con promesse vane, con continui rinvii, con fallaci proposte di organizzazioni grandiose del commercio dei cereali che si riassumono di fatto per noi nell'arresto di ogni importazior.e. Egualmente grave ~i fa la questione della mancanza di avena per i quadrupedi dell'esercito.

Prego l'E. V. di fare vive ed enugiche rimostranze a codesto Governo facendogli comprendere tutta la gravità della questione anche al punto di vista politico oltreché economico (l).

(l) Ed., con esclusione del promemoria di Zupelli, in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 477.

234

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

L. P. Roma, 26 dicembre 1915 [mattina].

Zupelli mi assicura averti mandata copia del promemoria sugli «approvvigionamenti del grano etc.».

n. -248.

Ora ti prego dirmi che cosa farai per esercitare la maggiore possibile pressione sull'Inghilterra e darmi copia subito, quando l'avrai fatto, del telegramma ad Imperiali (l). Ciò per insistere io pure col massimo possibile vigore senza stonare con te (2).

La questione è di primissimo valore, più di qualunque altra in questo momento. Il paese non si terrebbe più in caso di ulteriore rincaro del pane: gli altri generi importano meno. E noi, se non si provvede ad assicurare il grano fino al nuovo raccolto, finiremo miseramente, come ministero e come paese, nell'impotenza, anche militare.

(l) -Imperiali rispose con t. 8690/1626 del 28 dicembre, ore 21,40, quanto segue: «In seguito a colloquio avuto meco, Grey ha scritto in mia presenza a Runclman, dandogli convegno per questa sera o, al più tardi, domattina. Superfluo aggiungere particolari sul termini mio linguaggio affermante assoluta necessità pronta soddisfazione legittime nostre esigenze. Cfr. (2) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 478.
235

IL MINISTRO DEGLI EE.TERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (3)

L. P. Roma, 26 dicembre 1915.

La memoria del ministero della Guerra sulla questione del grano mi è giunta iersera tardi, e l'ho subito fatta telegrafare a Imperialt con un fervorino di introduzione e di epilogo. Te ne accludo la copia (1).

In Albania i serbi, col solito lol'o metodo, cercano di venire avanti di prepotenza verso Valona; ma bisognerà tener fermo. Certo se trovassimo dove poterli trasportare per mare, almeno in parte, la situazione si farebbe più facile.

Bosdari telegrafa (4) che il console da Janina annunzia sempre nuovi preparativi greci per una probabile avanzata verso Berat.

In Grecia il capo di Stato Maggiore Dusmanis (tedesco-filo) è addirittura catastrofico nelle sue previsioni di prossima discesa dei tedesco-bulgari su Salonicco per buttare in mare gli anglo-francesi, che egli descrive come fatalmente condannati alla disfatta per insufficienza di numero e di mezzi. Dopo questo gli austro-bulgari invaderebbero l'Albania.

Tra una cosa e l'altra seguito a ritenere che per la sicura difesa di Valona abbiamo ancora troppo poca gente al di là dell'Adriatico.

236

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI (5)

T. U.S.N. Roma, 26 dicembre 1915, ore 18,15.

A quanto ha telegrafato in pari data il ministro degli Esteri in ordine ai rifornimenti del grano e dell'avena (1) aggiungo vivissima esortazione di con

(-4) Cfr. n. 230.

siderare la questione con la massima t-erietà e di trasmettere senza attenuazioni al governo inglese la impressione della massima necessità ed urgenza di risolverla.

Il governo inglese negando alle navi mercantili la facoltà di trasportare grano dall'America in Italia ci ha reso il peggior servizio che ci potesse rendere un governo animato da intenzioni ostili. Non dico che tali siano le sue intenzioni verso di noi ma tali sono i fatti incontestabili.

Di fronte all'enorme danno che a noi ne deriva sotto ogni rispetto interno militare internazionale è inutile contrapporre ragioni secondarie come quella dell'ingombro dei nostri porti del Tirreno a cui in parte si è provveduto mentre in parte era inevitabile per la chiusura dell'Adriatico.

Del resto il governo inglese con la requisizione della sua flotta mercantile che prima serviva altri mercati fra cui i nostri ha compiuto atto non superiore alla accusa di gretto mercantilismo e di sfruttamento economico persino delle nazioni alleate; perché ha ottenuto che ribassassero i noli fra l'America e l'Inghilterra rincarandoli enormemente fra l'America e l'Italia fino a un tasso che sarebbe proibitivo se non fosse una dura necessità il sottostarvi.

Così forse sì pensa in Inghilterra dì avere mezzi sufficienti per proseguire la guerra per un tempo indefinito. Ma il calcolo, come tanti altri fatti da codesto governo, è sbagliato perché si esauriscono ìn pari tempo le forze e il buon volere degli alleati.

Quando si opera in questo modo è inutile ammantarsi di nobili sentimenti ed è per lo meno inopportuno malignare come V. E. ha segnalato che costà sì continua a fare circa i nostri rapporti con la Germania mentre meritiamo forse il rimprovero da maggio in qua di una serie di eccessi di lealtà non confacenti agli interessi del nostro paese e non corrisposti dal nostro maggiore alleato altrimenti che con belle parole.

Del resto non è il caso di recriminare ma di ottenere che senza altra perdita di tempo ci si assicurino e sopratutto si comincino ad effetuare le spedizioni del grano e dell'avena che ci si è impedito di comperare direttamente in tempo utile.

A tal fine V. E. vorrà non risparmiare la propria opera diretta ripetuta efficace considerando la questione quale essa è non soltanto come economica ma come politica di primissima importanza.

Confido nell'alto e illuminato patriottismo che indurrà V. E. a considerare come questo sia uno dei casi nei quali occorre usare un linguaggio fermo e reciso anche verso personalità eminenti alle quali non si vorrebbero dire parole sgradite.

Il mio stesso linguaggio che non è effetto di momentanea irritazione ma di ponderato apprezzamento della enorme gravità della situazione che si viene creando al nostro paese e che potrebbe avere i più deplorevoli effetti, convincerà V. E. della necessità di agire senza perdita di tempo senza riguardi personali e non accontentandosi di nuovi progetti proposte dilazioni richieste di dati e simili quisquilie bensì soltanto di risultati concreti tangibili e sopratutto pronti.

Me ne attendo la assicurazione.

(l) -Cfr. n. 233. (2) -Cfr. n. 236. (3) -Da BCL, Archivio Salandra. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 479. Si inserisce a questo punto in quanto precede il n. 236. (5) -Da ACS. Carte Salandra.
237

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI (l)

T. GAB. 1855. Roma, 26 dicembre 1915, ore 20,30.

Barrère mi ha chiesto le mie impressioni sopra un progetto, che sarebbe, a quanto pare, stato suggerito da Joffre, pel riorganizzamento delle truppe serbe, in tutto o in parte, nell'isola di Corfù. Mi chiedeva pure se il R. Governo si sarebbe opposto a che di passaggio per Corfù, le truppe serbe si fermassero almeno in via provvisoria a Valona.

Ho risposto che quanto a poggiare a Valona mi ci opponevo in modo assoluto anche in via provvisoria o mmnentanea. Che non avevo per parte mia nulla da obbiettare al progetto del trasporto diretto dei serbi da Medua o da Durazzo a Corfù; che era però da prevedersi una opposizione viva per parte della Grecia onde conveniva innanzi tutto, se il progetto doveva tradursi in atto, che i Governi francese e inglese, in prima linea, coll'appoggio ben inteso della Russia e dell'Italia in seconda linea, facessero chiari i patti col Governo ellenico, dichiarando il fermo proposito loro di effettuare il trasporto dei serbi a Corfù, dando insieme le più ampie garanzie per la sovranità normale della Grecia sull'isola. Naturalmente la Grecia a-vrebbe pro':.estato come aveva fatto per l'occupazione di Salonicco e delle altre isole. Una volta sistemata la cosa con la Grecia, in modo da essere sicuri che le navi cariche di truppe serbe non verrebbero ricevute a cannonate dalle autorità locali di Corfù, sarebbe stato facile organizzare, mediante i trasporti francesi già venuti a Brindisi ed altri nazionali, il trasporto a Corfù di varie migliaia di serbi Jiberandone Scutari e dintorni. Ritenevo che per ora conveniva comunque continuare a raccogllere una gran parte dei serbi anche a Tirar..a. Ad ogni modo ci sarebbe stato tutto il tempo per decidere sul da farsi in via def.initiva, poiché, il trasporto delle truppe per mare non poteva effettuarsi che a gruppi cioè a poche migliaia per volta.

238

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. 4285. Roma, 26 dicembre 1915, ore 22.

Giers mi ha comunicato un dispaccio di Sazonov. Il ministro cinese gli aveva esposto che non era possibile aspettare a febbraio per la proclamazione

della monarchia. Sazonov opina che si dovrebbe sollecitare il riconoscimento di Yuan-shi-kai per evitare di essere prevenuti dalla Germania la cui influenza si va estendendo in Cina. Il riconoscimento immediato gioverebbe anche a prevenire disordini.

Risposi che ero pienamente d'accordo in ciò con Sazonov; ma che occorreva pure andare d'intesa con Giappone, Inghilterra e Russia avrebbero sopratutto dovuto persuadere il Giappone della convenienza dell'immediato riconoscimento. Per parte mia avrei ap.ito in questo senso.

(l) -Ed. In SONNINO, Diario, clt., pp. 289-290. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 291.
239

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 3016/201. Scutari, 27 dicembre 1915, ore 12, (per. ore 11 del 29).

In assenza di Pasic ho visto oggi Jovanovic il quale mi ha detto che Governo serbo ha fatto dare ordini dal quartiere generale alle truppe di non operare al sud dello Scumbi. Egli ha soggiunto che tale nostra esigenza, contraria a quanto gli si era comunicato precedentemente, ho sconvolto tutti i piani del Governo ed ha distruttto la sua speranza di cooperar.ione delle truppe italiane colle serbe per far fronte al comune nemico in Albania; ha finito col lagnarsi amaramente dell'attitudine dell'Italia verso la Serbia in questo critico momento, accennando vagamente alle gravi conseguPnze che ne potrebbero derivare nei futuri (rapporti) fra i due paesi ed espresse avviso doversi trattare di qualche malinteso, tanto la cosa gli sembrava inverisomile ed enorme.

Gli ho risposto che non mi constava aver Governo italiano mai consentito che l'esercito serbo si recasse verso il sud dell'Albania allo scopo di riordinarsi e che la decisione di non far oltrepassare lo Scumbi non è affatto indizio di poca simpatia o di scarso interesse per la Serbia. Al contrario essa è conseguenza di considerazioni generali di varia indole per le quali il R. Governo si è convinto della necessità del partito preso non soltanto dell'interesse dell'Italia ma in quello della Serbia altresì come i fatti dimostreranno. Ho aggiunto che malintesi od equivoci non vi sono e che accarezzavo l'idea ancora di una inalterata continuazione delle migliori relazioni fra i due stati con la chiara visione della realtà ed un equo apprezzamento della s1Luazione la Serbia riconoscerà le ragioni per cui l'Italia le giova e non le nuoce con la parte che prende nel salvataggio e con le modalità di esso.

240

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 1863. Roma, 27 dicembre 1915, ore 13,50.

Barrère mi ha riferito stamane eh€ l'Inghilterra muove forti obiezioni al trasporto delle truppe serbe a Corfù, sapendo essa che la Grecia vi si opporrebbe accanitamente. Il Governo francese proporrebbe quindi Biserta come luogo di riorganizzazione dei serbi. Questi potrebbero essere trasportati da Medua e Durazzo a Valona, dove senza sbarcare verrebbero trasbordati sui tre grossi piroscafi francesi già arrivati in Italia e sugli altri che potesse fornire la R. marina, i quali li porterebbero a Biserta.

Ho risposto che accettavo in massima la proposta, salvo sentire il collega di marina sui modi di attuarla. Suggerivo che forse Brindisi o Taranto sarebbero più consigliabili come località di trasbordo dalle navi piccole alle grandi.

241

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 3003/S.N. Atene, 27 dicembre 1915, ore 14 (per. ore 17,25).

Generale Castelnau passò giornata ieri ad Atene.

Vide Re Costantino cui spiegò largamente piano di difesa di Salonicco affermando la difesa facile e sicura. Cercò di infondere la propria fiducia nell'esito finale del conflitto descrivendo le forze immense che si vanno preparando nei paesi dell'Intesa. Ma Re Costantino ripetè argomenti ormai stereotipati nel suo cervello che lo persuadono invece che Germania abbia già, e più sia destinata avere, una vittoria assoluta. Ammise per altro che la situazione economica della Germania sta divenendo difficile.

All'udienza reale seguì colazione ed un ricevimento offerto dal ministro di Francia, durante le quali riunioni il generale cercò di avvicinare persone con cui ebbe occasione di parlare propria baldanzosa fiducia. Udii però generale Dusmanis rispondere in modo ironico e presso che sarcastico ad alcune affermazioni del generale francese e sopratuttu ribattere energicamente gli argomenti con cui questi procurava provare la tuttora esistente opportunità di un piano greco coll'Intesa. Questo ministro di Francia aveva incluso nel programma della giornata anche una visita a Venizelos; ma essa fu abbandonata in seguito al telegramma di Briand che la qualifica come inopportuna.

Sembra difatti che Romanos stia facendo a Parigi un'aspra campagna contro Venizelos procurando di persuadere Governo francese che oramai Venizelos ha oltrepassato ogni limite e che si è posto risolutamente in una via rivoluzionaria ed antidinastica, nella quale non è interesse della diplomazia

francese di seguirlo. Ministro di Francia fu impressionato ed afflitto di questa sconfessione da parte di Briand del numero del suo programma cui egli attribuiva grande importanza, e critica come sleale ed inopportuna questa reazione che si manifesta in Francia contro Venizelos che egli continua a ritenere come solo amico fidato che la Francia abbia in Grecia.

Quantunque generale Castelnau abbia espresso la più assoluta fiducia che anglo-francesi difenderanno Salonicco facilmente e che anzi al momento opportuno potranno da colà tentarsi attacchi, prima di partire pose al ministro di Francia il quesito: « se dal punto di vista politico egli avrebbe visto inconvenienti all'abbandono di Salonicco ». Ministro di Francia mi ha chiesto mia opinione al riguardo. Ho risposto al mio collega che il problema comporta tanti e così diversi elementi di giudizio che difettando io dei più mi trovavo imbarazzato a rispondere. Se V. E. desidera riparli di questo argomento col collega di Francia, le sarei grato farmt conoscere suo modo di vedere intorno a tale argomento, il quale non può es!.'ere trattato dal punto di vista politico non meno che militare che in funzione di tutto il complesso conflitto europeo.

Rispetto alla probabilità di un prossimo attacco austro-tedesco contro Salonicco, della eventuale partecipazione dei bulgari ecc., il generale Castelnau si trova nella stessa incertezza in cui qui tutti ci troviamo per mancanza sicure informazioni su quanto si sta passando nell'altro campo. Debbo però dire che da qualche giorno qui si va diffondendo persuasione che attacco non avrà luogo per ora.

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 291-292.

242

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 3018/630. Bucarest, 27 dicembre 1915, ore 21,45 (per. ore 7,45 del 29).

Mi risulta che questo ministro di Serbia ha ricevuto un telegramma in data 22 corrente con cui Pasic si lamenta che le truppe serbe siano abbandonate in Albania senza soccorso tanto che in vzP.ti giorni sono giunti loro solo un centinaio di tonnellate di viveri. Strade dell'Albania sarebbero seminate di cadaveri di serbi morti d'inanizione. Questo telegramma che rimprovera Quartiere Generale, per norma di V. E. è stato portato a cognizione dei miei colleghi dell'Intesa e sarà ben presto noto anche a questo Governo. Pur essendo convinto dell'ingiustizia del rimprovero io non ho saputo che cosa rispondere essendo assolutamente all'oscuro di quello che avviene in Albania come altrove. Mio collega di Francia invece, ben meno interessato nella cosa che non noi, è in possesso di un telegramma del suo Governo in data 25 con cui gli si annuncia l'arrivo a Brindisi del Re Pietro e si aggiunge che il Principe Alessandro avrebbe espresso al R. Governo la sua riconoscenza per l'assistenza da noi data all'esercito serbo (l).

(l) Con t. gab. 3017/632 del 28 dicembre. non pubblicato Fasciottl annunciò che il ministro di Serb!a gli aveva dato lettura del telegramma di Paslé il quale non faceva cenno particolare dell'Italia ma si rivolgeva in genere ai Governi alleati.

243

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 3008/282. Atene, 28 dicembre 1915, are 13,45 (per. ore 16,30).

Questo mio collega di Francia mi ila parlato del progetto di far andare a Corfù i resti dell'esercito serbo. Come al mio collega di Francia e ad altri colleghi quel progetto mi sembrerebbe sommamente utile.

Oltre all'opportunità del luogo per procurare attendamenti a quell'esercito in località climatica temperata e comodi rifornimenti lo si avrebbe sotto mano per ogni futuro uso cui si volesse adibirlo.

Presenza esercito serbo a Corfù darebbe poi alle autorità militari dell'Intesa un plausibile pretesto per intervenire nell'isola e combattere l'influenza germanica che a unanime testimonianza di tutti i nostri consoli ed altri nostri informatori si è colà da mesi e mesi stabilita in modo a noi dannosissimo. Se quella misura fosse decisa converrebbe agire rapidamente e colla minor perdita di tempo possibile trattare col Governo ellenico. E nostra unanime opinione che questo opporrebbe debole resistenza e non assumerebbe facilmente « l'odiosità » di rifiutare quel rifugio ad un'esercito che ufficialmente considera tuttora come alleato.

Mi permetto raccomandare vivamente progetto all'attenzione di V. E. (l).

244

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. u. 8697/803. Bucarest, 28 dicembre 1915, ore 14,45 (per. ore 8,20 del 29).

Rifugiati serbi che si trovano più grande miseria, hanno diretto a questa legazione una istanza con cui chiedono di essere soccorsi dal R. Governo. Uguale istanza hanno rivolto alle altre legazioni della Quadruplice.

Croce rossa romena ha elargito franchi 30 mila e raccolto altri 40 mila. Legazione Inghilterra ha ottenuto dal comitato pro-Serbia di Londra 2 mila sterline, che ha già distribuite. Governo russo distribuisce viveri.

Prego telegrafarmi se R. Governo vuole fare qualche cosa, avvertendo che se noi non facessimo nulla l'effetto sarebbe qui deplorevole (2).

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 245. (2) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 249.
245

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 1866. Roma, 28 dicembre 1915, ore 20,15.

(Meno Atene) -Il R. ministro ad Atene telegrafa quanto segue: «Questo mio collega di Francia... » (come nel telegramma da Atene n. 3008/282) (1).

Ho risposto a Bosdari quanto segue:

(Per Atene) -Telegramma di V. S. n. 282. Ho telegrafato ai RR. ambasciatori a Londra, Parigi, Pietrogrado quanto segue:

(Per tutti) -Poiché opinione unanime dei rappresentanti delle Potenze ad Atene è che Governo greco opporrebbe debole resistenza alla scelta di Corfù, scelta che venne scartata perché si prevedeva un diverso atteggiamento del Governo ellenico, prego richiamare attrnzione di codesto Governo su quanto precede vedendo se è il caso di riesaminare proposta di trasferimento di una parte almeno dell'esercito serbo anche a Corfù.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E AL COMANDANTE DEL CORPO D'OCCUPAZIONE DELL'EGEO, CROCE (2)

T. 4310. Roma, 29 dicembre 1915, ore 16.

Barrère mi ha comunicato che prr la sorveglianza contro i rifornimenti di sommergibili tedeschi il Governo francese aveva risoluto di occupare per ora con un distaccamento militare l'isola di Castellorizzo, e ciò solo in via provvisoria e senza che importasse alcuna conseguenza riguardo allo status diplomatico e internazionale dell'isola stessa.

Ho risposto che prendevo atto di questa dichiarazione dovendo fare tutte le riserve sulla definitiva sorte dell'isola ne:i riguardi dei diritti nostri sul Dodecaneso e sulla costa dell'Asia Minore prospicienti Castellorizzo.

Barrère tornò a ripetere che tutto ciò restava assolutamente impregiudicato e che si trattava soltanto di una mossa militare avente carattere provvisorio e di pura difesa.

(1) -Cfr. n. 243. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit. p. 292.
247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI.

T. 4311. Roma, 29 dicembre 1915, ore 14,30.

Ministro Commercio comunicami ptogetto convenzione fra alleati per ac!lUisto grano avuto da Attolico. Non anemmo in massima obiezioni, ma proe:etto non indica quando accordo incomincierebbe avere esecuzione, ed occorre soecificarlo per non correre rischio rimanere sprovveduti. Così occorre rimanga inteso che nostra partecipazione tale accordo non ci vieterebbe in caso necesRità altri acquisti.

Prego v. E. volere esprimersi subito chiaramente tale senso data urgenza massima questione e telegrafarmi (1).

248

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8711/1629. Londra, 29 dicembre 1915, ore 22,21 (per. ore 5,30 del 30).

Teleg,ramma di V. E. n. 4297 (2) e mio telegramma n. 1626 (3). Oggi, chiamato da Grey, ho conferito a lungo con lui e con ministro del commercio. Grey ha, anzitutto, osservato che preoccupazioni inspirategli dal mio linguaggio di ieri, sulla gravità situazione in Italia per insufficiente scorta cereali, erano state attenuate dal fatto, segnalatogli dal collega, dei 19 piroscafi attualmente scaricanti grano nei nostri porti e dai 69 viaggianti con carico di cereali a destinazione dell'Italia. Ho risposto che estrema gravità situazione risulta, in modo incontestabilmente impressionante, dai telegrammi del presidente consiglio e dei ministri della Guerra e Agricoltura Industria Commercio, i quali ultimi, naturalmente, debbono avere già calcolato che la quantità di grano imbarcato sui piroscafi scaricanti e viaggianti è tutt'ora insufficiente alle imprescindibili necessità dell'esercito e della popolazione civile.

Indipendentemente, del resto, da quei carichi, la domanda da me rivolta al Governo britannico contempla il trasporto in Italia dell'intero quantitativo di grano ed avena acquistati dalla nostra amministrazione militare ai Canadà per deferente suggerimento, trasporto che deve essere ad ogni costo effettuato entro primo semestre 1916, nelle proporzioni indicate nel promemoria da me già consegnato al ministro del commercio e cioè a ragione di 150 mila tonnel

late di grano e 60 mila tonnellate di avena mensilmente. Ad effettuare tale trasporto, e provvedere in pari tempo a quello non meno necessario del carbone, occorre a conti fatti, un minimo di 150 piroscafi di 5.000 tonnellate, che

R. Governo travasi nella imprescindibile necessità di domandare alla marina mercantile inglese per i motivi imperiosi enunciati nel precitc~.to telegramma di V. E. del quale ho dato integrale !e~tura. Hanno i due mmistn concordemente e nettamente dichiarato essere materialmente impossibile distrarre per i bisogni della sola Italia un numero così ingente di piroscafi, data la ristrettezza sempre maggiore del tonnellaggio mercantile in~lese, e la doverosa necessità in cui travasi questo Governo di provvedere contemporaneamente al trasporto di truppe e materiali militari a quello dei metalli ed altri articoli per munizioni e finalmente alla importazione di generi di prima necessità per popolazione civile. Runciman ha soggiunto avere già in modo esauriente spiegato ad Attolico difficoltà ed imbarazzo Governo britannico, a cagione della scarsezza di tonnellaggio ed indicato a lui sue vedute generali sul modo più pratico di venirci possibilmente in aiuto.

Ho in replica osservato che proposte di indole generale non risolveranno il problema essenziale. Dovevo quindi insistere nel chiedere a::;sicurazioni formali circa trasporto grano dal Canadà. del quale amministrazione militare ha imprescindibile bisogno, e sulle multiformi gravissime conseguenze, già accennate prima a lui e ieri a Grey, derivanti da un ritardato arrivo di quello preannunziato.

Spintovi da Grey, Runciman ha allora soggiunto tutto ciò che poteva fare effettuare era di confermare alla commissione tecnica competente l'ordine di non più rifiutare licenze ai piroscafi destinati a trasportare grano dal Canadà in Italia. Affidamenti più larghi e più categorici non era in graào assolutamente di dare, per non essere sicuro di poterli mantenere. Fra rimP.di possibili ha menzionato suo progetto, che sapeva da noi in massima approvato, di acquisto cumulativo di grano (« pooling ~) da parte dei tre alleati, lasciando vagamente, ma senza alcun preciso impegno intravvedere che, raggiungendo intesa su questo punto, egli potrebbe fare, forse, avviare in Italia qualche piroscafo con carico di grano destinato all'Inghilterra. Runciman ha accolto, con particolare favore, proposta di V. E., circa urgente riunione conferenza, ed ha espresso desiderio pronto ritorno prof. Attolico il quale, nel frattempo, avrà avuto agio di esporre particolareggiatamente al R. Governo realtà situazione ed escogitare qualche pratica soluzione. In conclusione Grey ha detto rendersi conto egli pienamente della primaria importanza che questione ha .uer noi; nonché della importanza varie considerazioni eeonomiche e politiche da me ieri svolte, essere animato dalle migliori disposizioni di facilitarne pratica soluzione, confida d'altro canto Governo del Re si renda conto ugualmente serie, ingenti difficoltà Governo britannico, desiderosissimo di renderei serviziO, ma nei limiti del possibile. Tutte le intense e vivacJ ulteriori insistenze mie per ottenere il formale, definitivo impegno dell'assicurato trasporto grano dal Canadà sono riuscite vane essendomi trovato di fronte all'invariabile ferma obiezione della impossibilità materiale, superiore a qualsiasi altra, per quanto importante, \!onsiderazione.

Grey ha concluso avrebbe subito telegrafato a Rodd di conferire con V. E.

Non ho naturalmente competenza per pronunziarmi in mJrito alle affermazioni recise del ministro del commercio e di Grey sulla scarsezza o meno del tonnellaggio britannico, debbo soltanto rilevare che essa ln connessione con esorbitante rincaro noli, ha formato oggetto, la settimana scorsa, di esplicite dichiarazioni di Runciman e BaJ.four alla Camera in replica a critiche ed osservazioni di deputati. Resoconto discussione è stato inviato con mio rapporto n. 950, ora in viaggio (l).

Grey avendo suggerito che io entri in comunicazione diretta con Runciman, per quanto concerne il progetto rtegli acquisti cumulativi dei grani ed i noli in comune, allo scopo di alleviare difficoltà ai due paesi, sarei grato a V. E., dopo aver inteso Attolico, darmi istruzioni (2).

(l) -Imperlali rispose con t. 6/1634 del 31 dicembre, ore 23, quanto segue: «Runciman che !eri ed oggi ho tentato invano di vedere, mi ha fatto in questo momento sapere che, costretto assentarsi, invierà da me domani competente funzionario per discutere sui due punti accennati da V. E.. Tuttora corre voce Runciman persiste dimissioni». Cfr. n. 264. (2) -Con t. 4297 del 28 dicembre, ore 16, Sonnino aveva comunicato a Imperiali !l testo di una nota da lui diretta all'ambasciata britannica circa !l tonnellaggio occorrente all'Italia. (3) -Cfr. n. 233, nota l, p. 164.
249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI

T. GAB. 1873. Roma, 30 dicembre 1915, ore 13,20.

Telegrammi di V. S. nn. 630, 632 di gabinetto (3) e n. 803 (4).

R. Governo fa tutto il possibile per venire in soccorso alla Serbia. Ha provveduto, anche con gravi rischi, a .;;cortare rifornimenti a Durazzo, a San Giovanni di Medua ed a rinforzare la base di Valona di dove altri rifornimenti potranno essere regolarmente avviati all'esercito serbo che se11za oltrepassare lo Scumbi potrà essere a contatto con nostri reparti. Soltanto a S. Giovanni di Medua furono già sbarcate oltre 1.500 tonnellate di vettovaglie. Abbiamo provveduto di già al trasporto di 17.000 prigionieri austriaci d.if:cesi a Valona, ed abbiamo trasportato centinaia di rifugiati serbi. Ma l'opera nostra è necessariamente limitata dalla situazione st:.-ategica dell'Adriatico che fornisce ottime basi alla squadra nemica mentre noi ci troviamo in mare aperto; dalla scarsità delle nostre forze navali disponibili alle quali le flotte alleate non h!lnno fornito il concorso promesso e ulteriormente richiesto; dalla difficoltà f'iegli sbarchi sull'opposta sponda e dall'avviamento delle vettovaglie nell'int,erno, per cui si è interessata, finora non in modo soddisfacE'nte, una missione britannica; dalle deplorevoli e per noi pericolosissime condizioni sanitarie in cui si trovano i serbi. Stiamo provvedendo ora al trasporto delle truppe serbe che non potendosi riorganizzare in Albania è stato stabilito si rechino in altra località. Avverto infine che S. M. il Re ha offerto a Re Pietro la dimora nella Reggia di Caserta. che però Re Pietro ha declinato.

(l) -Non pubblicato. (2) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 257. (3) -Cfr. n. 242 e nota l allo stesso. (4) -Cfr. n. 244.
250

L'AMBASCIATORE A. PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 3024/520. Parigi, 30 dicembre 1915, ore 14,35 (per. ore 18,20).

Briand mi ha parlato oggi con ampiezza e calore per suo progetto concentrazione a Parigi dell'azione diplomatica degli alleati. Mi ha detto che Barrère ha avuto incarico di comunicare a V. E. il suo progetto (l) [e] che questo intanto ha avuto la prima adesione Russia e Inghilterra e che prima riunione potrà aver luogo a Parigi nella seconda quindicina di gennaio. Briand spera che V. E. vorrà intervenire personalmente alla riunione e non dubita che V. E. aderirà al progetto, nel prerHtrare il quale egli ha tenuto presente l'opportunità che la voce dell'Italia sia più ascoltata e che l'Inghilterra e la Russia le quali troppo trascurando i consigli dell'Italia e della Francia vollero fare a modo loro e fecero male siano da ora in poi tenute a deliberare in comune e ad attenersi alle deliberazioni che in comune e d'accordo si prenderanno.

Io ho detto sapevo che V. E. aveva fatto ampie riserve circa il progetto. Briand mi ha risposto sperare che queste riguardassero le modalità non il principio informativo del progetto rispondente pienamente agli interessi italiani. Ad ogni modo mi pregava parlarne p.;rsonalmente con V. E. alla mia imminente venuta a Roma, ciò che io gli ho promesso di fare.

Briand ha interrogato la Russia e l'Inghilterra prima, perché era da queste che temeva difficoltà e obiezioni mentre gli pareva evidente l'interesse dell'Italia di aderire.

251

L'AMBASCIATORE A TOKIO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. RR. 8725 S.N. Tokio, 30 dicembre 1915, ore 16,40 (per. ore 17,20).

Risposta telegramma di V. E. n. 4286 (2). In seguito colloquio avuto con ministro degl affari esteri, ritengo que::;to Governo cer~hi trascinare cose per lungo, al fine di sfruttare Yuan-shi-km. Non mi pare quindi malcontento torbidi Cina.

Ho fatto però capire non possiamo favorire simile giuoco attitudine Stati Uniti di fronte ad ogni questione incoraggianti Giappone rispetto Cina. Ambasciatore d'Inghilterra divide mio parere.

(l) -Cfr. n. 262. (2) -Con t. 4286 del 26 dicembre, ore 22, Sonnino aveva commt!cato a Ou!cc!oll il proprio punto d! vista favorevole all'Immediato riconoscimento della monarchia cinese. Cfr. n. 238.
252

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8728/s.N. Atene, 30 dicembre 1915, ore 19 (per. ore 22,15).

Mio telegramma n. 699 (l). Questo ministro di Fr<tncia ml ha dato lettura testo nota da lui oggi indirizzata Governo ellenico relativamente occupazione navale Castellorizzo. In detta nota si adduce motivo occupazione necessità militare di avere colà un posto di osservazione per il contratbando e per il rifornimento sottomarini.

Vi si asserisce occupazione navale r.on muterà in nulla condizione guridica dell'isola quale fu stabilita riunione degli ambasciatori di Londra.

253

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI A DURAZZO, ALIOTTI, E PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI (2)

T. GAB. 1875. Roma, 30 dicembre 1915, ore 20.

A Giers ho esposto stamane la necessità di ottenere dal Governo serbo che cominciasse un lavoro di riorganizzazione sui luoghi di a.meno una parte delle sue truppe, e ciò indipendentem,mte dal trasporto del maggior numero possibile a Biserta o altrove. Qualunql!e sforzo si faccia per effettuare tale trasporto esso richiederà necessariamente, date le condiziom dell'Adriatico, almeno un mese di tempo, e intanto ove non si voglia abbandonare le sorti dell'Albania alla balia degli austriaci e dei bulgari, conviene dare qualche maggiore consistenza alle truppe serbe che permangono nell'Albania settentrionale e centrale. Il Comando Supremo italiano esclude in modo assoluto invio di altre grosse masse di truppe italiane in Albania; ma anche se vi consentisse, un tale invio richiederebbe sempre ugualmente un mese di tempo. La soluzione del problema della riorganizzazione delle trupne serbe devesi tentare da più lati, con la riorganizzazione locale contemporaneamente col trasporto a Biserta o a Corfù. I partenti potevano lasciare i fucili a quelli che restavano, in modo che i contingenti rimasti potessero sempre servire alla difesa dell'Albania, se non altro dalle bande, oltreché aiutare a quelle del Montenegro.

Esortavo il Governo russo a persuadere di tutto ciò queilo serbo, poiché a me riusciva più difficile per la grande, per quanto ingiustificata, diffidenza che esso nutriva sempre di fronte a nQi.

Giers promise occuparsene.

(l) -Con t. 8722/699 del 30 dicembre, ore 1,30, De Bosdari aveva comunicato quanto segue: «Giornali non parlano quasi dell'occupazione francese di Castellorizzo. Accennano solo ad amichevoli scambi vedute che avrebbero avuto luogo al riguardo a Parigi per mezzo signorRomanos». (2) -Ed. In SONNINO, Diarto, clt., pp. 292-293.
254

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 4/813. Bucarest, 31 dicembre 1915, ore 2 (per. ore 8.555 del 1° gennaio 1916).

Mio telegramma n. 807 (1).

Ieri Take Jonescu ha terminato discorso incominciato ieri l'altro. Prima parte del discorso ha avuto carattere storico, trattando delle circostanze che hanno forzato Romania ad allearsi coTAustria-Ungheria, e polemico contro i discorsi Carp e Stere.

Seconda parte prende lo spunto dPl Consiglio della Corona, tenutosi a Sinaja nell'agosto del 1914.

Se l'Italia fosse entrata in guerra a fianco Austria-Ungh.:ria e Germania, Romania avrebbe dovuto seguirla; ma l'Italia fortunat3.ment~ non lo fece, e cosi il trattato che di fatto era stato strappato al Consiglio della Corona, divenne nullo anche di diritto.

Dice quindi che recriminare sulle occasioni perdute non vale a null'altro che a trarne argomenti concreti ottenere che non se ne perdano delle altre future.

Romania avrebbe dovuto entrare azione dal momento della. caduta di Lemberg o da quello dell'entrata in guerra dell'Italia, od infir.e e !>pecialmente al momento dell'offensiva contro la Serbia. Non facendolo, la Romania è andata contro i propri interessi.

Oratore disapprova che ad una politica passiva che attende avvenimenti, non si preferisca una politica attiva, la quale provochi conùizioni favorevoli entrata azione Romania, e conclude protestando contro lo sp.::ttacolo di calma e di gioia che presenta Bucarest e che costituisce uno sfregio contro la sofferenza dei romeni soggetti all'Austria-U~gheria.

Discorso ha avuto grande successo, pur avendo avuto un carattere soverchiamente decorativo. È da notare moderazione con cui oratore ha criticato politica del Governo.

Sarebbe opportuno far commentare largamente questo discorso dalla nostra stampa e far telegrafare commenti a1l'Adverul.

(l) T. 8713/807 del 29 dicembre, ore 1,45, non pubblicato: riferiva circa l discorsi pronunciati alla Camera dai deputati liberali Diamandi, Stere e dall'ex presidente del Consiglio, Carp.

255

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 8734/702. Atene, 31 dicembre 1915, ore .14,30 (per. ore 19,20).

Ieri sera si sparse voce e stamane si è confermata da un g;.0rnale, notizia cattura Salonicco dei consoli austro-ungarico, tedesco, bul~;aro, turco, con numeroso personale residente. Notizia produce emozione.

Giornali governativi pubblicano stamane violento articolo su questa ulteriore violazione neutralità greca.

256

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 3026/287. Atene, 31 dicembre 1915, ore 14,30 per. ore 18,50).

Questo ministro di Francia mi ha h\sciato intendere che l'addetto navale francese, recentemente qui giunto, sta ::;piegando una grande &'tività per spingere energicamente il Governo francese alla occupazione dì Corfù (l).

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI.

T. 4330. Roma, 31 dicembre 1915, ore 16.

Suo telegramma n. 1629 (2). Rìservandomi rispondere tele~rarnma pr,edetto, pregt~la preliminarmente

specificarmi nomi 69 piroscafi che sarebbero in viaggio per Italia indicando per ognuno quantità grano che trasportano, non concordando notizie al riguardo risultanti Ministeri competenti con quelle assP.rite a V. E. da codesto Governo.

Attolico informando che accordo analogo a quello grano sarebbe possibile anche per avena, prego precìsarmì (3).

(l) -Nel ritrasmettere il presente telegramma a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. gab. 4 del 1• gennaio, ore 19,45, Sonnino aggiunse la seguente istruzione: «Prego appurare se e qu~:~le attegg!~:~mento intenda assumere codesto Governo per una eventuale occupazione di Corfù, ali~:~ quale Italia difficilmente potrebbe restare estranea. Prego telegrafarml ». Ruspol1 rispose Il 4 gennaio, con t. gab. 21/2, qUimto segue: «Trasporto a Corfù di parte delle truppe serbe è allo studio. Margerle mi h~:~ detto che egli era personalmente favorevole all'idea e che mi ~:~vrebbe informato non appeni\ una deliberazione sarebbe stata presa al riguardo». Per la risposta di Imperlali cfr. n. 266, mentre dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta che Carlotti abbia risposto. (2) -Cfr. n. 248. (3) -Per la risposta di Imperlali cfr. n. 264.
258

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, A DURAZZO, ALIOTTI, E PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI (l)

T. GAB. 1877. Roma, 31 dicembre 1915, ore 21.

Rodd mi ha riferito stamane che Grey aveva annuito al trasporto delle truppe serbe a Biserta, perché la proposta veniva dal Governo francese, benché ora avesse notizia che le autorità supèriori militari francesi non se ne mostravano soddisfatte.

Rsposi che ormai la cosa era già combinata coi francesi e che il trasporto avrebbe dovuto cominciare ad eseguirsi al più presto. Che con i continui cambiamenti di programma si rischiereobe di non far nulla e di andare incontro a qualche catastrofe.

Avrei avuto piacere che si aggiungesse anche Corfù a Bis~::na come stazione di riorganizzazione dei serbi, e che per ottenere ciò i rappresentanti della Quadruplice avrebbero potuto sentire la Gn~cia senza dare al pas::,o collettivo una forma troppo imperiosa, in modo cioè da poter anche tirar-;i indietro se la Grecia avesse mostrato di adontarsene troppo vivamente e n ·n si contentasse di una mera protesta generale. Anche aggiungendo Corfù a Biserta sarebbe sempre occorso non poco tempo ad operare il trasporto e la riorganizzazione utile di una parte dell'esercito serbo; e pel resto si sarebbe dovuto cercare di effettuare la riorganizzazione dell'Albania nordica e centrale.

Se, come avevo proposto, tutto quanto riguardava gli muti ai serbi si fosse affidato ad una commissione centrale a Roma, tutto il movimento sia per le truppe, sia pei prigionieri austnaci (ve ne sono già oltre ~1 mila in quarantena all'Asinara) sia pei numerosi rifugiati serbi.. avreblJe potuto procedere con più ordine; ma la Francia non sembrava voler accettare l'idea dell'accentramento dell'azione a Roma.

259

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 1/660. Londra, .11 dicembre 1915, ore 23 (per. ore 6 del 10 gennaio 1916).

Ieri ebbi colloquio amichevole e strettamente private co.1 Lloyd George col quale sono in cordialissime relazioni. Riassumo punti più importanti.

Ad affrettare decisione del Governo circa principio ser;'Bio obbligatorio egli si è strenuamente adoperato non tanto per la necessità di uomini che magari con qualche maggiore difficoltà si sarebbe sempre fit•:to per trovare, quanto, e sopratutto, per l'effetto moraie del fatto sugli alleati e nemici. Ritiene che l'opposizione alla Camera sarà facilmente superata. A tenere a bada nazionalisti irlandesi prevedibilment& più violenti oppositori Asquith ha in mano una carta maestra cioè minacciare dissoluzione da essi paventata. Importanza vitale per l'Inghilterra di completa assoluta vittoria finale comincia sempre più a penetrare nelle mentalità delle grandi masse operaie lente ad afferrare. Vi sono ancora ostacoli e difficoltà ma egli è perfettamente sicuro di superarle massime per vincere certe ostinate resistenze di alcune unioni.

Progressi fatti verso tale scopo sono già sensibilissimi. Nel suo discorso alla Camera circa fabbricazione armi e munizioni egli si è per ovvie ragioni tenuto al di sotto della realtà accentuando più del necessario nota allarmista. In realtà produzione ottenuta ha già molto superato le sue più rosee speranze, non intende però arrestarsi deciso come è ad ingigantirla addirittura. Vera guerra terrestre per Inghilterra comincia appena ora. Alla incipiente stanchezza militare economica e morale germanica, da ogni parte segnalatagli, contrappone forza materiale, tenacia propositi, fiducia esito finale sempre in aumento presso alleati. Puerile sarebbe però attendere presto una vittoria completa di cui secondo lui sintomi precursori potranno intravvedersi non prima fine anno 1916.

Accennando agli errori pas&at~, deficienze inglesi precipuamente dovute all'improvvisa azione, inevitabile conseguenza dell'impreparazione, concluse doversi da ogni persona imparziale tuttavia riconoscere in fine dei conti che se Inghilterra fosse rimasta neutrale F'rancia e Russia sarebbero a quest'ora già poste nella necessità sollecitare pace a condizioni imposte dalla Germania.

Dell'azione militare nostra nonché del contegno ammirevole paese parlò come sempre con vivo compiacimento, sincera ammirazione senza fare allusione di sorta a questioni politiche. Nel corso della conversazione feci cadere discorso sui trasporti e nettamente gli dissi essere evidente che se non abbiamo ampii mezzi per nutrire esercito e popolazione civile efficace prosecuzione guerra da noi pure caldeggiata ci riescirà materialmente impossibile con serie conseguenze sulle quali era inutile insistessi. Donde urgente necessità di trovare un modo qualunque per assicurare largo regolare rifornimento grano che è inutile aver comprato separatamente o d'accordo con alleate oltre oceano se non si può trasportarlo in Italia al momento preciso in cui necessita.

Pure dichiarando questione aff~:~tto estranea alla sua competenza ministro riconobbe in massima fondamento ciel mio, del resto inoppugnabile, argomento: osservò soltanto non avere io idea neppure approssimativa immani difficoltà incontrate da questo Governo per scarsezza tonnellaggio.

In tesi generale disse dover noi essere a priori sicuri che qui non si domanda di meglio che aiutarci e farci cosa gradita nei limiti del possibile. Risposi che non ne dubitavo, confessavo però che ostacoli difficoltà di ogni genere incontrati amareggiavano mia esistenza e peggic ancora producevano cattiva impressione sul Governo e l'opinione pubblica in Italia raffreddando a rlguardo dell'Inghilterra cordialità che attuale alleanza dovrebbe invece accrescere e consolidare.

(l) Ed. In SONNINO, Diario, clt., pp. 293-294.

260

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 21/1. Bucarest, 1° gennaio 1916, ore 2,35 (per. ore 12 del 2).

Mio telegramma n. 813 (1). Ieri. sera è terminata discussione della risposta al discorso della Corona dopo replica di carattere polemico di Take Jonescu e Carp ed un discorso dell'ex ministro marghilomanista Costantinarion, contrari all'entrata in azione della Romania a fianco dell'Intesa e chiedenti unità di tutti i romeni, compresi quindi anche quelli della Bessarabia. Infine Bratiano ha preso la parola osservando che erano stati pronunciati bei discorsi, esposti principi e fatte disquisizioni storiche, che non mutano nulla alla situazione. Per ora, Governo rimane fermo nel suo proposito di non parlare, ma dichiara che il suo silenzio non significa né approvazione, né disapprovazione di quello che è stato detto dai vari oratori. Verrà tempo di fare su tale argomento una discussione proficua. Per ora, pone questione di fiducLa sulla risposta al discorso della Corona.

Risposta approvata con 98 voti favorevoli contro 19 contrari. Oggi alle 12 risposta verrà consegnata al Re.

261

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 14/1 Berna, 1° gennaio 1916, ore 8,45 (per. ore 20,40).

Nel ricevimento di capo d'anno, vice presidente Schulthess, in luogo del presidente, ammalato, ha risposto alle mie parole d'augurio constatando non esservi stati mai rapporti fra Italia e Svizzera così cordiali come oggi « grazie al lavoro spiegato dai RR. ministri nello spirito (sic) del R. Governo~ ed augurando che « essi diventino ognora più stretti durante guerra quanto nell'epoca più umana alla quale speriamo arrivare ben presto »; ha chiuso con auguri al Re, alla famiglia Reale, ed al Governo italiano.

(l) Cfr. n. 254.

262

IL MINISTRO DEGLI EE:.TERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 6. Roma, 1° gennaio 1916, ore 20.

Barrère mi ha accennato per la prima volta ieri al progetto Briand per la unificazione dell'azione diplomatica della Quadruplice a Parigi, senza sapermi spiegare in che modo doveva praticamente tradursi in atto; la Russia e l'Inghilterra avere già annuito.

Ho risposto che avevo letto nei giornali di questo progetto, ma finora non avevo appreso nulla di positivo in proposito, il che mi aveva anche recato sorpresa.

Barrère replicò che egli avrebbe dovuto parlarmene in passato ma non l'aveva fatto per ragioni, che in verità non seppe spiegarmi in modo intelligibile. Accennava all'impressione sua che io non dovessi accogliere l'idea favorevolmente (notisi che la ragione detta da Briand -telegramma di gabinetto

n. 3024 (2) -per spiegare il ritardo nel rivolgersi al Governo italiano era precisamente l'opposto, cioè che egli non poteva dubitare del nostro consenso); ma faceva osservare che comunque sarebbe sempre vantaggioso per l'Italia di essere rappresentata in un consesso collettivo degli alleati.

Risposi che non sapevo rendermi ragione, difettando del resto di ogni dato positivo sulle proposte che si mettevano innanzi, della utilità ed efficacia del nuovo istituto o organo che si voleva creare a Parigi, e che fino ad ulteriori schiarimenti non sapevo vederci che un apparato scenico atto solo a illudere il pubblico e un nuovo e imbarazzante ingr:;maggio da aggiungersi ai troppi già esistenti. Parlare di periodiche riunioni di ministri degli esteri era vano, poiché il russo si trovava nella impossibilità di intervenire, e anche io data la situazione internazionale e il rapido mutarsi delle vicende, non potevo assolutamente sognare di assentarmi periodicamente per cinque o sei giorni (e tanto ci voleva) da Roma e dall'Italia. E nemmeno i ministri degli esteri lontani dai loro presidenti del consiglio e dai capi supremi dello Stato, avrebbero potuto per lo più prendere decisioni importanti sulla loro responsabilità.

Alle ultime riunioni franco-inglesi avevano dovuto intervenire parecchi membri dei due Governi, benché si trattasse solo di decidere questioni precise e ristrette. Se invece doveva trattarsi di riunioni a Parigi di rappresentanti delegati, questi non avrebbero potuto fare nulla di più di quanto già oggi potevano fare normalmente gli ambasciatori, ai quali nulla vietava di riunirsi insieme a discutere della situazione quando e come volevano.

La situazione diplomatica internazionale essere troppo mutevole giorno per giorno nei suoi dettagli perché possano decidersi da ogni singolo Governo le questioni da chi non riceve ora per ora tutte le notizie dai numerosi centri politici e anche dalle stesse fronti di combattimento. Capivo le conferenze e le

riunioni per alcuni determinati oggetti, e in determinate contingenze, ma per queste non vi era che da aspettare volta per volta le occasioni; e presentandosi queste, poteva convenire, secondo le particolari questioni, riunire i delegati ora nell'una e ora nell'altra capitale.

Insomma facevo ogni massima riserva, per quanto pronto ad ascoltare ogni ragione che si volesse esporre a conforto del vagheggiato progetto.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 294-296. (2) -Cfr. n. 250.
263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIA'IORE A PARIGI, TITTONI (l)

T. GAB. 7. Roma, 1° gennaio 1916, ore 17,45.

Mio telegramma n. 1845 (2). Barrère tornò ieri sulla questione dei prigionieri austriaci consegnatici dai serbi. Ripeteva che la Serbia aveva fatto richiesta alla Francia di riceverli.

Ho risposto che il Governo serbo aveva fatto prima uguale domanda a noi, e che avevamo già ricevuto e trasportato con non pochi sacrifici spese e rischi oltre una ventina di migliaia di prigionieri all'Asinara, dove dovevano fare la quarantena visto l'infierire tra loro del colera e di altre malattie.

Che dato tutto ciò non avrei consentito a consegnarli a terzi Stati, poiché si trattava di prigionieri appartenenti all'Austria con cui eravamo in aperta guerra combattuta. Pasic a cui avevo fatto sapere quanto sopra aveva risposto che egli aveva fatto all'Italia la domanda di riceverli, ma che poi parendogli che il R. Governo esitasse ad annuirvi (il che non era affatto vero) aveva rivolto uguale preghiera alla Francia; che egli ora si disinteressava del tutto della questione.

Barrère osservò che anche un piroscafo francese aveva trasportato un certo numero di tali prigionieri all'Asinara.

Risposi che se la Francia coi mezzi suoi ricevesse dai serbi e trasportasse dei prigionieri li portasse pure direttamente in Francia, ma per quelli ricevuti e trasportati da noi non potevo mutare le disposizioni date.

264

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 18/1. Londra, 1° gennaio 1916, ore 23,16 (per. ore 6,15 del 2).

Mio telegramma n. 1634 (3). Presidente inglese «Cir » venuto da me stamane mi ha dato seguente risposta circa punto menzionato telegrammi di ieri 4311 e 4330 (4). (-4) Cfr. nn. 247 e 257.

l) accordo entrerà in vigore per quanto concerne Italia non appena sarà giunta risposta Governo italiano, notificante adesione sua ai termini contratto stipulato con Ross e Smith e suo desiderio di partecipare alla proposta Commissione degli alleati. Una comunicazione comprendente insieme accordi sarà fatta prossimamente a Marafini 2) scopo del progetto è di porre termine agli acquisti indipendenti a parte alleati, acquisti tendenti unicamente a rialzare i prezzi con danno comune. Medesima considerazione estendesi anche al mercato dei noli. Conseguentemente se una Potenza alleata si riservasse libertà d'azione, certamente altri alleati reclamerebbero medesimo privilegio, con che verrebbe a mancare scopo di tutto il piano. In caso di necessità, rappresentante italiano nella proposta commissione potrebbe intendersi con i suoi colleghi, per i provvedimenti speciali da prendersi per acquisti di grano eccedenti quantità già assegnata all'Italia dalla commissione. In vista di quanto precede, acquisti indipendenti non riuscirebbero utili ad alcuno alleato. Se difatti frumento farina e granturco collegialmente acquistati possono essere trasportati, operazioni necessarie possono venire eseguite dalla commissione a condizioni più vantaggiose di quelle ottenibili in caso di un'azione indipendente da parte dell'uno o dell'altro dei contraenti. Oc<'orre inoltre rilevare che qualunque carico disponibile a condizioni favorevoli sarebbe sempre già stato subito ritenuto dalla commissione. 3) Circa avena è stato proposto di stipulare un accordo analogo fra rappresentanti dei commissari di guerra delle tre Potenze alleate, pel tramite della « Cir ». Importa aì riguardo spiegare che, mentre acquisti di grano, farina e granturco sono fatti d::J. questo ministero di agricoltura industria e commercio, acquisti di avena son0 fatti direttamente da questo ministero della guerra.

Di ciò Attolico è già al corrente. Presidente « Cir » mi ha detto avrebbe al più presto inviato a Marafini lista completa con chieste indicazioni circa nota piroscafd. in viaggio per Haiia, con carico di grano, farina e granturco.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, c!t., p. 296. (2) -Cfr. n. 227. (3) -Cfr. n. 247, nota l.
265

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 46/1. Asmara, 3 gennaio 1916, ore 17,10 (per. ore 0,10 del 4) (1).

Addis Abeba 2 gennaio.

Oggi ho lungamente e confidenzialmente conferito con Fitaurari Abte Gheorghis sulla situazione e sui proponimenti dell'Abissinia, in relazione alla guerra europea, accennandogli alle voci che circolano tuttora, specialmente nel nord dell'Etiopia, sulle intenzioni di Ligg Jasu di aggredire l'Eritrea, spinto specialmente da pressioni turco-germaniche. Abte Gheorghis mi ha dichiarato che i turco-germanici hanno effettivamente, da qualche tempo, intensificato

le loro pressioni, per spingere Abissi.nia ad aggredire Eritrea, ed in sostanza il ragionamento che essi fanno all'Abissinia è il seguente: noi (turco-germanici) fra qualche tempo avremo indubbiamente occupato il canale di Suez e l'Egitto. Se voi non approfittate di questo momento per aggredire Eritrea, essa sarà in tutti i modi perduta per voi, mentre, in caso contrario saremo noi (turcogermanici) a garantirne il possesso, anche dopo 1a guerra; Abte Gheorghis esclude che tanto Negus Mikael che Ligg Jasu, siano disposti accogliere proposte turco-germaniche ed a rompere il trattato di amicizia fatto da Menelik con Italia, ma egli ammette che, a tale proposito, siano favorevoli diversi fra i più giovani di tutti i capi abissini fra i quali Abte Gheorghis Telau e Ligg Baianè, nella convinzione che ormai la Germania deve trionfare nella guerra presente. Abte Gheorghis mi ha assicurato che questi propositi sono recisamente ostacolati dai più vecchi ed esperimentati capi etiopici e dalla situazione interna dell'Abissinia, molto diversa da quella esistente ai tempi di Menelik, ma mi ha confessato che la questione del Canale di Suez e dell'Egitto preoccupa vivamente Abissinia, e che una eventuale occupazione del Canale di Suez, da parte dei turco-germanici, desterebbe certamente inquietudine ed impressione, e sarebbe sfruttata dai loro seguaci. Ho assicurato Abte Gheorghis della impossibilità per i turco-germanici di occupare il Canale di Suez, ed egli ha singolarmente insistito sulla convenienza, nei riguardi dell'Abissinia, che il tentativo turco-germanico contro il Canale di Suez sia assolutamente sventato. In complesso ho riportato dalla suddetta conversazione, assolutamente confidenziale e sincera, una impressione rassicurante, che non esclude però la necessità di seguire colla più grande attenzione il presente ed il futuro atteggiamento dell'Abissinia.

(l) Trasmesso tramite il governatore dell'Eritrea.

266

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 15/1. Londra, 3 gennaio 1916, ore 21,22 (per. ore 3,50 del 4).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 4 (1).

Grey mi ha detto testè non aver alcun sentore di propositi francesi circa eventuale occupazione di Corfù. Di quell'isola, siccome è noto a V. E., ha sentito parlare unicamente in relazione alla riorganizzazione dell'esercito serbo. A quel proposito egli non sollevò obiezioni in principio, subordinò tuttavia consenso alla previa acquiescenza del Governo ellenico sembrando inutile nelle presenti circostanze dare nuovo stimolo al risentimento della Grecia contro gli alleati. Ho osservato che i motivi per i quali Italia non potrebbe rimanere estranea ad una occupazione di Corfù sono troppo evidenti per richiedere speciale illustrazione.

(l) Cfr. n. 256, nota l.

267

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 63/4. Pietrogrado, 4 gennaio 1916, ore 17,30 (per. ore 6,50 del 5).

Ambasciatore d'Inghilterra ha riferito a Sazonov che ministri di Serbia ad Atene e Bucarest hanno ricevuto telegrammi da Pasic che nel dipingere deplorevole situazione dell'esercito serbo sostenevano avere gli alleati trascurato suo rifornimento. Buchanan ha soggiunto che sir Grey intendeva incaricare Des Graz di far osservare a Pasic che siffatto rilievo non poteva infondere negli Stati balcanici alta idea della potenza degli alleati e dirgli dovere egli sapere che ogni possibile provvedimento era stato preso per l'esercito che tutti gli ostacoli erano provenuti da fatti eccedenti controllo alleati, e che questi stavano ora per superarli. Des Graz dovrebbe inoltre ricordare a Paste che due mesi or sono egli chiese che rifornimenti fossero inviati a Durazzo e fece di tutto per dissuadere alleati dal mandarli a San Giovanni di Medua. Des Graz dovrebbe infine assicurare Pasic che alleati non risparmiano sforzi per salvare esercito serbo, e che è incomprensibile agli occhi di Grey vantaggio che Serbia spera ritrarre da un indebito deprezzamento in Romania e Grecia della posizione degli alleati e della sua propria. Sazonov ha risposto che avrebbe impartito istruzioni a Trubezkoy associarsi alle surriferite comunicazioni del suo collega britannico.

268

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, A BUCAREST, FASCIOTTI, PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (l)

T GAB. 12. Roma, 4 gennaio 1961, ore 21.

(Meno Squitti) Ho telegrafato al barone Squittì quanto segue:

(Per tutti) «Giers mi ha riferito stamane che Sazonov aveva dato istruzioni al ministro russo a Scutari di unirsi ai colleghi per far presente a Pasic in forma amichevole, a proposito dei suoi telegrammi ad Atene ed a Bucarest, che non conveniva che egli continuasse in questa via di lamenti e proteste ingiustificati che potevano danneggiare la stessa causa serba, scuotendo la fiducia degli Stati balcanici negli alleati.

V. S. potrà agire in conformità di quanto precede».

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., p, 299.

269

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI, E AL COMANDANTE DEL CORPO D'OCCUPAZIONE DELL'EGEO, CROCE (l)

T. 35. Roma, 4 gennaio 1916, ore 21.

Giers ha informato stamani che il Governo francese ha risposto alla protesta greca (2) riguardo a Castellorizzo dicendo che essa non aveva alcuna base giuridica poiché l'isola era stata dall'Europa attribuita alla Turchia, ma che ciò nonostante esso consentiva a ristabilirvi le autorità greche a condizione che non si mettesse alcun intralcio alle operazioni delle flotte alleate e che inoltre il ristabilimento fosse approvato dalla popolazione dell'isola stessa.

270

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 30/2. Londra, 4 gennaio 1916, ore 21,40 (per. ore 4 del 5).

Nell'intervista concessa al corrispondente del Daily Chronicle il Re di Grecia ha fra altro manifestato la sua fiducia nel trionfo finale germanico. Grey esprimeva ieri qualche dubbio sulla sincerità di questo insistente discorso di Sua Maestà e mi narrava seguente sintomatico aneddoto risultantegli da fonte sicurissima. Tempo fa la Regina Sofia chiese ad uno svizzero ex precettore del Principe ed ammesso nell'intimità della famiglia reale se credeva veramente possibile il trionfo finale degli alleati. Rispose il precettore che non solo lo riteneva possibile ma matematicamente sicuro per non essere Germania in grado resistere oltre un certo limite, data la superiorità degli alleati non tanto in numero di uomini quanto e sopratutto in potenzialità economica. Di questa risposta si mostrò assai spiaciuta la Regina la quale tuttavia si lasciò sfuggire: «Anche il Re con:incia ora a dubitare del trionfo della Germania».

271

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 27/3. Londra, 4 gennaio 1916, ore 21,40 (per. ore 6 del 5).

Telegramma V. E. gabinetto n. 6 (3).

Chiesi a Grey quale seguito ha avuto poi noto progetto e quali ne sono la basi principali. Ricordai ad ogni buon fine le ampie riserve fatte da V. E.

(-3) Cfr. n. 262.

Rispose Grey che dopo l'adesione in principio data dal Governo britannico al progetto in generale non aveva più sentito parlare della cosa. Non vedeva attualmente del resto all'ordine del giorno questione di particolare importanza richiedente speciali riunioni.

Dal tono piuttosto freddo ed indifferente col quale si espresse ieri Grey e tempo fa lord Crewe in merito al progetto di Briand, trarrei impressione che esso incontra qui moderate simpatie. Questa impressione è confermata da informazioni indirette su qualche critica mossa in private conversazioni da uno dei ministri autorevoli, alla troppo facile accettazione del progetto da parte di Asquith. Ministro avrebbe lasciato intravvedere scarso gradimento per tendenza di Briand di accentrare direzione suprema politica estera dell'alleanza.

Mi risulta al riguardo non essere passato qui inosservato il recente articolo di Finot con addebiti piuttosto vivaci a Grey, articolo cui si è attribuito ispirazione ufficiosa.

Come V. E. rileverà io mi sono tenuto sulle generali, ma se ella mi autorizza comunicherò a Grey osservazioni esaurienti da lei rivolte a Barrère. Forse non sarebbe male rendere edotto Grey chiaramente del pensiero di

V.E. (1).

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, clt., p. 299. (2) -Consegnata a Sonnino da Coromylas il 31 dicembre 1915. SoNNINO, Diario, clt., p. 294.
272

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, A DURAZZO, ALIOTTI, PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI

T. GAB. 20. Roma, 5 gennaio 1916, ore 21.

Nel corso delle conversazioni avute negli ultimi giorni con questi ambasciatori sulla questione della riorganizzazione dei serbi a Corfù, ho sempre manifestato il pensiero che convenisse pure prospettare amichevolmente questa eventualità alla Grecia, senza adoperare forma d'imposizione imperiosa, ma che comunque sarebbe errore grave voler sostituire ora questo progetto per intero a quello di Biserta come luogo di destinazione dei serbi. Conveniva bensì aggiungervelo in più, e intanto seguitare i trasporti a Biserta. Ogni sospensione delle misure già prese per effettuare trasporti già avviati sarebbe causa di gravi guai, e si finirebbe col non far più nulla in tempo né qua e né là. Anche senza qualsiasi interruzione il problema del trasporto e della riorganizzazione dei serbi richiederà moltissimo tempo, e intanto gli avvenimenti precipitano.

(l) Sonnino rispose con t. gab. 27 del 5 gennaio, ore 21: «Autorizzo V. E. comunicare a Grey le osservazioni da me fatte a Barrère >>.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (l)

T. GAB. 28. Roma, 5 gennaio 1916, ore 21.

Giers mi ha domandato se era vero che io mi fossi opposto al progetto prospettato dalla Francia di una occupazione di Corfù, dicendo che l'Italia avrebbe dovuto prendervi parte.

Ho risposto che mentre mi ero mostrato favorevole all'idea di trasportare una parte delle truppe serbe anche a Corfù, per poterle ivi riorganizzare, non vedevo una buona ragione per procedere ad alcuna occupazione militare dell'isola, occupazione che avrebbe sollevato un nuvolo di diffidenze e di questioni delicate. La riorganizzazione delle truppe serbe non implicava alcuna necessità di occupazione militare non essendovi da difendere l'isola da attacchi di terzi -una simile occupazione avrebbe irritato enormemente la Grecia, la quale invece si sarebbe potuta adagiare al progetto di trasportarvi i serbi, trovandovi un modo di farsi perdonare il mancato suo concorso alla difesa della Serbia contro i bulgari.

274

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (2)

T. GAB. 29. Roma, 5 gennaio 1916, ore 21.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -«Barrère mi ha riferito oggi che il ministro francese ad Atene mostrava vivo timore che all'apertura della Camera greca il Governo avrebbe proposto lo stato d'assedio per poter con una vera dittatura del Re mettere a posto il partito di Venizelos, e Briand proponeva di commettere ai rappresentanti della Quadruplice in Atene di concertarsi sulla convenienza di fare un passo collettivo presso quel Governo per impedire che si continuasse sulla via in cui sembrava volersi incamminare.

Ho risposto che sconsigliavo vivamente dal fare passi collettivi per una questione che concerneva la politica interna greca, avendo gli alleati l'aria di volersi mescolare nelle lotte dei partiti, e per di più a favore di chi si contrapponeva apertamente al Re Costantino. Se questo, irritato dal passo poco riguardoso, sfidasse i moniti degli alleati, e attuasse malgrado il loro divieto lo stato d'assedio, essi non saprebbero che fare. Noi dovevamo sempre trattare

i greci, all'infuori di quanto era rigorosamente richiesto dalle esigenze militari, come dei probabili e possibili futuri alleati; già trovavo che l'ultimo passo collettivo era stato superfluo e inutilmente provocatore. In seguito i francesi avevano occupato Castellorizzo con procedura alquanto sommaria; si era occupato Mitilene; e si parlava perfino di propositi di occupare Corfù. Non sapevo approvare tutto quanto potesse irritare senza necessità il sentimento nazionale greco, gettando così una larga massa dell'opinione pubblica a parteggiare per il Re contro la prepotenza della Quadruplice.

Avrei dato istruzioni alla R. legazione ad Atene di cercare di sconsigliare personalmente con tatto il Governo greco dal ricorrere nella politica interna a inutili violenze; e consigliavo gli alleati a fare altrettanto coi rispettivi loro rappresentanti in Atene, ma senza passi collettivi e senza minacce.

Prego V. S. agire in conformità di quanto precede » (l).

(l) -Ed. in SoNNINO, Diario, cit., p. 301. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 300.
275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, Al MINISTRI A CETTIGNE, ROMANO AVEZZANA, PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (2)

T. GAB. 30. Roma, 5 gennaio 1916, ore 21,30.

(Meno Cettigne) -Ho telegrafato al R. ministro a Cettigne quanto segue:

(Per tutti) -«Giers mi ha riferito che oggi Sazonov si proponeva di rispondere alla nota del Montenegrv invocante aiuti e rifornimenti che le Potenze si sarebbero adoperate attivamente ad assicurare al Montenegro i rifornimenti di viveri e munizioni, ma che essi non saprebbero ammettere la possibilità di una pace separata del reame con gli Imperi Centrali, e che facendola il Montenegro perderebbe ogni appoggio e protezione da parte loro per l'avvenire.

Sazonov chiedeva se il R. Governo assentiva a queste dichiarazioni.

Ho risposto che avrei dato istruzioni a V. S. di associarvisi.

Prego V. S. agire in conformità di quanto precede» (3).

276

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, A TOKIO, GUICCIOLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI

T. 44. Roma, 5 gennaio 1916, ore 23.

Questo ambasciatore russo mi ha riferito Sazonov non si oppone alla proposta inglese, appoggiata dal Giappone, di arrestare i pourparlers su ricono

191 scimento dell'Impero in Cina fino a che l'ordine non sia ristabilito nello Yunnan, ma che non interpreta la proposta stessa nel senso che qualsiasi passo della Cina a questo proposito debba essere declinato come prematuro. Sazonov vorrebbe che si discutesse subito tra le Potenze intorno al riconoscimento. Insomma egli opina che nor.. si debba interrompere la conversazione col Governo cinese su questo tema.

Risposi ripetendo che, per parte mia, ero in massima piuttosto favorevole al riconoscimento, non vedendo quali vantaggi potessero risultare o quali danni si potessero stornare con un rinvio, ma che non intendevo staccarmi dagli alleati in questa questione.

(l) -Per la risposta di De Bosdari. cfr. n. 301. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, Cit., p. 301. (3) -Per la risposta di Romano Avezzana cfr. n. 284.
277

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 86/7. Washington, [6] gennaio 1916, ore ... (per. ore 15,30).

La circostanza addotta che il piroscafo Persia fosse armato risuscita presso questo Governo, che gli ultimi avvenimenti pongono in estremo imbarazzo, il problema delle navi mercantili armate.

Nel corso di un colloquio, segretario di Stato mi ha detto che Governo americano dovrà forse, a suo avviso, modificare in senso restrittivo precedenti norme relative dette navi che toccano porti Stati Uniti. Argomenti rigidi addotti da Lansing, che, cioè, con l'entrata in scena dei sottomarini ogni benché piccolo cannone sulle navi mercantili può essere considerato come arma offensiva ed infirmare eventuali proteste contro siluramenti, pecca di inconsistenza perché, a meno stabilire quale sarebbe altra arma puramente difensiva contro il sottomarino, si verrebbe con essa a sopprimere ogni mezzo di difesa delle navi mercantili, annullando così una pratica ed un diritto universalmente ammessi e, fino ad ora, riconosciuti dallo stesso Governo americano. Argomento tradisce inoltre preoccupazione egoistica di questo Governo che illudendosi ancora porre termine per le vie diplomatiche all'uso dei sottomarini, vorrebbe spianata la via contro ogni difesa avversa, a detrimento legittimi diritti dei terzi.

Nostra conversazione rispetto a questo tema avendo carattere non ufficiale mi sono limitato a manifestare al segretario di stato dubbi e riserve personali circa la sua tesi. Ho tenuto però ribadirgli che, fino a notificazione nuove eventuali regole, vigono per noi quelle del settembre 1914; e, a scanso di equivoci, gli ho annunciato prossimo arrivo piroscafo Verdi. Egli vi ha naturalmente convenuto. Ma dato quanto precede e la confusione che i recenti avvenimenti hanno generato nei criteri governativi, non mi stupirebbe che, arrivando il Verdi, questo Governo chiedesse sbarco del cannone, tanto più che analoga richiesta esso ha fatto ultimamente per due piroscafi inglesi, attenendone dal Governo britannico consenso che costituisce deplorevole precedente, non spiegabile altrimenti che con l'errore da esso commesso in passato di invocare intervento diretto di questo Governo nel fatto del Lusitania ed in genere nella campagna dei sottomarini.

Eventualmente riferirò.

278

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 44/4. Parigi, 6 gennaio 1916, ore 20,20 (per. ore 23,10).

Mio telegramma gabinetto n. 2 (1).

Gli ambasciatori di Francia presso le tre Potenze alleate hanno avuto istruzioni di sottoporre proposta francese per invio e riorganizzazione Corfù di parte truppe serbe. Non trattasi, secondo m'informa Margerie, di occupazione in senso di possesso, ma di utilizzazione dell'isola. Vi sbarcherebbe un distaccamento francese e la missione militare diretta dal generale Mondésir.

279

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SACERDOTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R 6/4. Copenaghen, 6 gennaio 1916 (per. il 13).

Da qualche tempo si osservava qui una certa preoccupazione, una latente irritazione per il contegno della Svezia. Se ne parlava a mezza voce nei circoli intimi, si scorgeva qualche allusione fra le righe dei giornali; poi le voci cominciarono a farsi più insistenti, i giornali a parlare più chiaramente ed un periodico, poco considerato è vero, ma molto letto, prendendo occasione dal conflitto anglo-svedese che da tanto tempo si trascina, accusò apertamente la Svezia di mettere in pericolo col suo contegno la neutralità scandinava. Nella seconda edizione del giornale l'articolo fu soppresso, frse per ordine delle Autorità, ma non per ciò esso fu meno letto e commentato.

Allorquando si sparse la voce delle probabili dimissioni del Ministro degli Affari Esteri svedese per dissensi col Presidente del Consiglio, qualche danese non mi nascose la propria preoccupazione per la possibile crisi. Segnatamente un influente deputato ed il direttore di una delle principali banche di Danimarca mi dissero: «Fino a che Wallemberg dirige la politica estera svedese siamo sicuri che la Svezia non uscirà dalla neutralità, ma se dovesse andar.:. sene .... ».

Mi è pertanto sembrato interessante udire che cosa pensasse di tale situazione questo Ministro degli Affari Esteri e, cogliendo opportuna occasione in una riunione amichevole, feci cadere il discorso sull'argomento.

Il signor Scavenius mi fece le seguenti dichiarazioni: «Il signor Wallemberg rappresenta nel gabinetto svedese l'uomo d'affari pratico che, pur occupandosi della politica del proprio paese, pensa anche agli inte

ressi economici e commerciali del medesimo e fa ogni sforzo per salvaguardarli in mezzo al terribile conflitto europeo non solo bellico ma anche commerciale. Mi sembra ora di constatare con rammarico che da qualche tempo prevalga in Wallemberg la tendenza a mettersi in disparte («s'effacer » ), lasciandosi prendere la mano dai propri colleghi del Gabinetto, uomini senza dubbio di valore, ma idealisti, dottrinari, professori di diritto, che non hanno sempre

la visione netta dei veri interessi del paese. I fatti sono fatti e non conviene fingere di ignorarli: l'Inghilterra è padrona del mare: ora potrà essere un bel gesto di non volerlo vedere e non voler accettare le restrizioni che essa intende imporre al commercio marittimo scandinavo, potrà soddisfare l'amor proprio di un paese di considerarsi grande potenza e voler trattare da pari a pari coll'Inghilterra, ma tutto ciò non è utile né pratico. Non è utile perché più le si usano rappresaglie più l'Inghilterra stringe i freni: non è pratico perché, non potendo la Svezia fare a meno di importare una grande quantità di merci, se il Governo e le grandi Associazionl (come in Danimarca l'Industriraad e la Grosserersocietaet) rifiutano di dare le garanzie chieste, i singoli importatori saranro costretti a trattare direttamente col Governo inglese e naturalmente negozieranno in condizioni meno favorevoli di quelle dei due enti suddetti. Le merci andranno forse in Svezia egualmente, ma sottomano ed a più dure condizioni. << Ciò è molto spiacevole an~he per la Danimarca, perché fino dallo scoppiare del conflitto europeo una delle principali preoccupazioni dei tre Governi scandinavi fu quella di mantenere il commercio interscandinavo. Il commercio della Danimarca colla Germania, pei divieti di esportazione e per le restrizioni

poste dall'Inghilterra, si riduce ora a ben poca cosa: esportiamo qualche nostro prodotto, ma tutto il commercio di transito è sospeso: ora se ci verrà a mancare il commercio interscandinavo che cosa faremo? E sfortunatamente col

suo contegno la Svezia spinge l'Inghilterra a desiderare di sopprimere tale commercto ».

Gli chiesi se l'argomento non fosse stato trattato nel famoso convegno di Malmo, ed il signor Scavenius mi rispose che se ne era parlato, Ir'.a non a fondo e che del resto ogni Governo aveva conservata la propria libertà di azione. «Chi poteva prevedere un anno fa, aggiunse il Ministro, le forme varie e l'accanimento della attuale guerra commerciale? Del resto non so se non sarebbe convenuto meglio all'Inghilterra di non impedire il rifornimento della Germania, escluso bene inteso ogni materiale bellico! La Germania si dibatte ora in non lievi difficoltà per il continuo ribasso del marco, ma quanto più non sarP.hbe esso caduto di prezzo se la Gco:rmania avesse potuto comperare all'estero tutto ciò di cui abbisogna? ».

Domandai al mio interlocutore se riteneva che il contegno della Svezia fosse dovuto alla sua tedescofilia. «Non lo credo, rispose il signor Scavenius, perché il partito degli «attivisti» è piuttosto in ribasso: ritengo lo si debba principalmente all'amor proprio della nazione sorella, che vuol considerarsi grande potenza e non ammette restrizioni di altre potenze al suo commercio. Ma, ciò facendo, essa danneggia sé e noi».

Come l'E. V. ben vede i giorni dell'idilliaco convegno di Malmo minacciano di divenire un ricordo storico.

(l) Cfr. n. 256, nota l.

280

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 50/6. Londra, 7 gennaio 1916, ore 21,31 (per. ore 3,20 dell' 8).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 29 (1).

Premesso che introduzione stato d'assedio in Grecia avrebbe per scopo di soffocare fautori Quadruplice, Grey mi ha detto base legale eventuale rappresentazione ad Atene sarebbe per quanto concerne Francia ed Inghilterra costituita dall'essere due Potenze in base trattato del 1864, garanti mantenimento regime costituzionale in Grecia. Garanzia nei riguardi inglesi è connessa pure concessione isole Jonie. Questione comunque è ancora allo studio.

Ad ogni modo Grey pensa che per ovviare motivi additati da V. E. qualunque eventua1e passo andrebbe fatto con tatto e delicatezza di mano.

281

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 49/8. Londra, 7 gennaio 1916, ore 20,31 (per. ore 4 dell' 8).

Telegrammi di V. E. gabinetto nn. 20 e 28 (2).

Grey mi ha detto che Governo francese non ritenendo più attuabile il trasporto e la riorganizzazione delle truppe serbe a Biserta è ritornato nuovamente sull'idea di trasportarle a Corfù. Egli ha ripetuto non aver in massima alcuna obiezione, subordina però suo consenso all'esplicita acquiescenza della Grecia che per ovvie ragioni non conviene inutilmente irritare. Dell'occupazione militare di Corfù non gli è stato tenuto parola.

(-2) Cfr. nn. 272 e 273.
(l) -Cfr. n. 274.
282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (l)

T. GAB. 36. Roma, 7 gennaio 1916, ore 22.

Barrère mi ha comunicato oggi che il Governo francese ha deciso di ritirare la sua proposta di trasporto di truppe serbe a Biserta; ciò in considerazione della lunghezza del viaggio occorrente, e per riguardo all'impressione che farebbe all'elemento musulmano lo spettacolo di un esercito europeo disorganizzato come è attualmente il serbo. Esso Governo propone agli alleati di riprendere il progetto di trasporto dei serbi a Corfù e chiede che si diano istruzioni in questo senso ai rappresentanti rispettivi in Atene.

Ho risposto che mi dispiaceva molto che si volesse sostituire Corfù a Biserta invece di aggiungere l'una località all'altra come destinazione provvisoria dei serbi. Raccomandavo ad ogni modo che in primo luogo la proposta venisse fatta ai greci con intonazione cortese, mettendo avanti anche la convenienza pel Governo ellenico di rendere così un servizio alla Serbia, che doveva considerare come alleata. La Grecia avrebbe potuto riservarsi di protestare senza troppa acrimonia. In secondo luogo, e ciò nei riguardi italiani più ancora che greci insistevo perché lo scopo palese ed unico dell'operazione restasse quello di riorganizzazione di truppe serbe, e si escludesse in modo assoluto così nella sostanza come nella forma ogni occupazione militare dell'isola per parte di truppe di una o più delle Potenze alleate.

Tale occupazione non essere affatto necessaria, non essendovi alcun pericolo di attacchi contro l'isola per parte di qualsiasi nemico. La occupazione doveva difatto essere soltanto serba. Ciò non escludeva che potessero andare a Corfù anche gli ufficiali francesi o altri che fossero destinati ad aiutare alla riorganizzazione dell'esercito serbo. Con ciò oltre a rendere meno ostica la cosa ai greci si eviterebbe pure il pericolo di destare una preoccupazione nell'opinione pubblica in Italia, vedendo impossessarsi i francesi di una stazione così importante alla bocca dell'Adriatico, dopo averli visti occupare successivamente Castellorizzo e altre isole di fronte a quella parte dell'Asia minore che era riconosciuta degli stessi alleati come di interesse specialmente italiano.

Barrère dichiarava ripetutamente che si intendeva appunto di fare come io accennavo; che non si pensava di mandare truppe, ma solo i serbi e gli umciali destinati alla loro riorganizzazione; e che si darebbero le più ampie assicurazioni alla Grecia che non si avrebbe nessun'altra mira rispettando tutti i suoi diritti per l'avvenire.

(Meno Atene) -Prego V. E. esprimersi con codesto ministro degli affari esteri in conformità di quanto precede. (Per Atene) -Quanto precede per norma di V. S.

(l) Ed. in SONNINO, Dia.rio, cit., pp. 302-303.

283

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 56/11. Pietrogrado, 8 gennaio 1916, ore 1,50 (per. ore 10,25).

Constami che Pasic continua far pervenire qui come Londra Parigi vivissime istanze per il vettovagliamento dei serbi in Albania nonché lagnanze per ricusato aiuto militare da parte nostra contro bulgari, per proibizione di oltrepassare Skumbi e per chiusura frontiera italiana ai profughi.

Desumo quanto precede da una conversazione da me avuta con questo ministro di Serbia al quale ho cercato di dimostrare che gli alleati spiegano la maggiore attività nei rifornimenti in considerazione dillìcoltà e pericoli d'ogni genere. Quanto a procedere contro i bulgari, pur dichiarandomi sprovvisto di dati di fatto, gli ho chiesto se poteva credere veramente che forze serbe nelle condizioni in cui si trovano potessero esporsi ad una ripresa della campagna, e quanto agli altri due punti gli ho esposto i pericoli di disordini rimostranze o lamenti e la necessità di determinare e limitare le località ove trasferimento deve essere diretto.

Non ho mancato di fargli presente le considerazioni del R. Governo in proposito non escluse quelle relative al troppo lento scarico delle derrate nel porto di San Giovanni di Medua che ha dato luogo a perdite considerevoli e non gli ho nascosto che a mio avviso sarebbe assai meglio lo studiare e proporre i mezzi pratici più idonei per agevolare e affrettare il vettovagliamento che formulare recriminazioni.

Nostra conversazione sebbene molto animata è stata del tutto conforme ai miei cordiali rapporti con questo ministro di Serbia, che ha finito dichiarando grande desidero della Serbia di mantenere intatta l'amicizia con l'Italia e pregando di interpretare presso V. E. istanze di Pasic intese a lenire le indescrivibili sofferenze dei superstiti di quell'eroico esercito O).

284

IL MINISTRO A CETTIGNE, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 58/4. Cettigne, 8 gennaio 1916, ore 10,15 (per. ore 14,40).

Telegramma di V. E. gabinetto n. l (2).

Come già ho esposto a V. E. il Montenegro è già ritenuto dal fare una pace separata e indotto a cercare una politica di equilibrio nei limiti consentiti dalla capacità di resistenza, dalla considerazione dei suoi interessi e dal timore dei

suoi alleati. Mi sembra perciò sconsigliato il passo proposto dalla Russia per il quale agli alleati, ma più specialmente a noi, sarebbero imposti maggiori obblighi senza apportare alcuna modificazione alla situazione. La esperienza poi delle difficoltà che incontra il servizio dei rifornimenti mi fa dubitare della opportunità di aderire a quanto possa per parte nostra farci uscire dalla formula adottata da V. E., che cioè siamo intenzionati di facilitarli solo nei limiti consentiti dai nostri mezzi ed esigenze, tanto più che anche ora i nostri sforzi e rischi non ci fruttano che le più assurde e acerbe critiche così del Montenegro che della Serbia.

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 286. (2) -Numero particolare di protocollo per Cettigne del n. 275.
285

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 57/14. Atene, 8 gennaio 1916, ore 14 (per. ore 17).

Questo ministro di Francia ci ha chiesto di presentare al Governo ellenico seguente nota redatta sulle indicazioni da lui ricevute:

«D'ordre leurs Gouvernements les ministres de France, Grande Eretagne, Italie et Russie ont l'honneur de porter ce qui suit à la connaissance du Gouvernement hellénique: l'étude minutieuse des conditions dans lesquelles évacuation de l'armée serbe doit etre réalisée pour sauver ses soldats héroiques de la famine et de la destruction a amené les Puissances alliées à décider qu'il est nécessaire de les transporter à Corfou, cette solution étant la seule qui [pourvoit] à toutes les exigeances de la situation. C'est un devoir de stricte humanité de transporter les soldats serbes le plus tòt possible sur un territoire voisin de la cote albanaise où ils se trouvent actuellement; au point de vue de leur santé, de la rapidité et de la sécurité du transport ainsi que des commodités de ravitaillement, aucun autre point ne remplirait toutes les conditions voulues. La Grèce ne saurait s'opposer au transfert des serbes qui sont ses alliés, à Corfou, où ils ne feront d'ailleurs qu'un bref séjour, et où la population les accueillera certainement avec toute la simpathie qui leur est due. Les Puissances alliées sont pretes à donner toute garantie et leur promesse qu'aucune revendication ne sera basée sur cette installation provisoire des serbes à l'abri de la famine et de la mort; il ne s'agit à aucun degré d'une occupation et les assurances dejà données au Gouvernement grec pour les autres iles que les troupes anglaises et françaises ont dù asservir momentanément pour des raisons de sécurité, assurances dont il s'est contenté, ne peuvent sans doute etre accueillies moins favorablement dans le cas présent».

Prego V. E. telegrafarmi se posso aderire alla richiesta del mio collega (l).

(l) Sonnino rispose con t. gab. 43/17 dell'O gennaio, ore 21, quanto segue: «Poiché la redazione della nota corrisponde al punto di vista da me fatto conoscere al Governo francese, autorizzo V. S. ad unirsi ai colleghi nella presentazione di essa al Governo ellenico».

286

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, A BUCAREST, FASCIOTTI, PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (l)

T. GAB. 42. Roma, 8 gennaio 1916, ore 21.

(Meno Pietrogrado) -Il R. ambasciatore a Pietrogrado telegrafa quanto segue: «Constami che Pasic... » (come nel telegramma n. 56/11) (2).

Ho risposto a Carlotti quanto segue:

(Solo Pietrogrado) -Telegramma di V. E. n. 11.

(Per tutti) -Troviamo molto ingiuste le lamentazioni di Pasic a nostro

riguardo. Abbiamo fatto e facciamo grandissimi sacrifici di materiale, di uomini e di denari per soccorrere ai bisogni dei serbi. 1° -Li abbiamo liberati dalla custodia di circa 25.000 prigionieri, con gravi rischi sanitari per la nostra gente;

2° -Abbiamo portato a Medua e a Durazzo con grandi rischi le provvigioni per le truppe e pei rifugiati, perdendoci bastimenti e con grande consumo di materiale e logoramento di personale;

3° -Trasportiamo le truppe a Biserta prima e ora a Corfù, lasciando che imbarchino anche a Valona con rischi sanitari e di materiale; 4° -Trasportiamo in Italia centinaia anzi migliaia di rifugiati, e provvediamo a recar soccorsi agli altri in Albania. E tutto ciò dovendo provvedere contemporaneamente ai rifornimenti pel Montenegro. Per tutto riconoscimento non sentiamo che lamentele quando non sono ingiurie e accuse ingiuste.

287

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, A TOKIO, GUICCIOLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (3)

T. 76. Roma, 8 gennaio 1916, ore 24.

Giers mi comunica telegramma di Sazonov spiegante ragioni per cui si mostra favorevole al riconoscimento sollecito della monarchia in Cina; ogni rinvio si presterebbe al giuoco degli austro-tedeschi e darebbe occasione anche all'America di precederei oltre dare un incoraggiamento a quei disordini interni che abbiamo dichiarato voler evitare.

Ho risposto che avevo parlato oggi stesso con l'ambasciatore giapponese in questo senso: trattarsi di un riconoscimento e non di una garanzia onde non vedevo quale vantaggio politico vi potesse essere a procrastinare e a dare cosi anche incoraggiamento agli elementi rivoluzionari. Lo stesso Giappone retto com'è a monarchia e più esposto per la sua vicinanza alle ripercussioni dei movimenti cinesi non aveva alcun interesse in questo senso.

(l) -Ed. In SONNINO, Carteggio, cit., n. 489, nota l. (2) -Cfr. n. 283. (3) -Ed. In SONNINO, Diario, cit., p. 303.
288

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 64/15. Atene, 9 gennaio 1916, ore 14,20 (per. ore 16,35).

Questo ministro di Serbia è tornato ieri ad Atene dopo un breve soggiorno a Salonicco dove si è recato ad ossequiare Re Pietro. Mi ha detto che Sua Maestà è in buone condizioni di salute e di spirito. Si recherà probabilmente a Edipso nella Tessaglia per una cura. Ma di visite a Re Costantino non se ne parla. Re Pietro come pure militari e personalità serbe visti a Salonicco dal ministro si esprimono intorno alla Grecia senza acrimonia piuttosto criticando paese per le basse condizioni morali in cui è caduto in seguito alla sua ostinata neutralità.

A Salonicco vi è circa forza di due reggimenti serbi. Rispetto alla situazione anglo-francese colà ministro di Serbia ha riportato impressione che essa sia forte e pressoché inespugnabile. Ma assai poco ci ha potuto illuminare circa probabilità dell'altro campo intorno a cui continua a dominare grande incertezza. Circa Bulgaria ministro di Serbia ha appreso che essa nella maggioranza desiderosa di pace e di riavvicinarsi all'Intesa. Sembra che paese soffra pressione germanica che invade tutte le amministrazioni e l'esercito germanico poco invia e molto prende al punto che ad un momento dato Bulgaria ha scarseggiato di cereali. Bulgari vorrebbero considerare il loro compito come finito ma sembra che loro potenti alleati non permettano loro di così comprendere la situazione.

289

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI

T. 81. Roma, 9 gennaio 1916, ore 15.

Informo V. E. che R. Governo ha dato sua definitiva adesione ad un accordo proposto dall'Inghilterra per gli acquisti in comune grano tra Francia, Italia e Inghilterra, da eseguirsi mediante un comitato misto istituito a Londra formato da delegati Potenze aderenti.

Il mancato invio di grani dapprima promessi dal Governo canadese poi non spediti avendo compromessi gravemente nostri approvvigionamenti, ho dovuto, nel dare nostra adesione, chiedere che per primo mese sia assegnata all'Italia una quantità grani maggiore della normale per compensare tale mancata importazione.

Prego V. E. informarne codesto Governo cercando ottenere che delegazione francese Londra rendendosi conto difficoltà nostra situazione non si opponga che Italia riceva all'inizio attuazione accordo trattamento preferenziale.

290

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 129/20. Pietrogrado, 9 gennaio 1916, ore 16,30 (per. ore 21,50).

Ex ministro di Russia a Bucarest, signor Scebeco, reduce da quella capitale ove si era recato per affari personali, riferisce che Romania segue con il più vivo interesse preparativi di azione degli alleati e particolarmente quelli sul fronte meridionale russo e nei paesi balcanici, giacché dalla situazione militare che sarà per risultarne dipenderà la sua decisione. Essa vuole rimanere perfettamente libera da ogni influenza esterna e frattanto vigila gelosamente rispetto sua neutralità, pronta impiegare le armi se da qualsivoglia parte vi si volesse attentare. Di ciò sono parimenti edotte Russia e Germania e, secondo opinione prevalente in Romania, né l'una né l'altra pensa violare territori del Regno. Quanto alla possibilità che Romania si lasci adescare da lusinghe germaniche di acquisti territoriali ad Oriente e finisca poi per associare sue sorti a quelle degli Imperi centrali, Scebeco ha riportato impressione che prudente saviezza dei governanti, appoggiati dalla grande maggioranza dell'opinione pubblica che sa misurare pericolose conseguenze di siffatte avventure la rende sommamente improbabile. Scebeco [ritiene] che in ogni caso Romania non porterebbe le armi [contro] Russia. In generale egli è stato favorevolmente impressionato dalle disposizioni delle sfere ufficiali e degli uomini politici romeni verso l'Intesa.

Ha dovuto soltanto constatare con rincrescimento che i 50.000 vagoni di grano venduti agli austro-tedeschi trovano facile via di esportazione per il Danubio.

291

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 69/17. Atene, 10 gennaio 1916, ore 14,45 (per. ore 18).

In previsione dell'arrivo a Corfù di truppe serbe accompagnate da ufficiali francesi il Governo francese invia colà signor Boissonas ministro plenipotenziario attualmente in missione a Salonicco. Ciò dimostra sempre più che i

francesi col propugnare la soluzione di Corfù abbandonando quella di Biserta si sono proposti non tanto di trovare un asilo per le truppe serbe quanto di esercitare influenza e controllo sugli affari dell'isola. Ingerenza dell'Intesa nelle isole toniche si palesa necessaria vista la formidabile organizzazione nemica che impera colà ed io stesso più di una volta ho avuto occasione di proporla. Se non che vista attuale tendenza di questa legazione di Francia di prendere l'iniziativa di tutto e di tutto invadere mi sembrerebbe indispensabile che la Francia non restasse sola in questa impresa di Corfù e che Italia vi fosse efficacemente rappresentata. Certamente invio ben precisato di ufficiali e funzionari italiani desterebbe nella opinione pubblica greca maggiore preoccupazione che non i francesi. Ma questa considerazione, per quanto importante, mi sembrerebbe di minore conto che quella importantissima, nell'interesse stesso delle nostre buone relazioni colla Francia, di non lasciare così completamente spadroneggiare francesi in Grecia.

292

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI

T. GAB. 49. Roma, 10 gennaio 1916, ore 21.

Barrère mi comunicava stamane che il Governo francese ritiene necessario per preparare gli occorrenti lavori, baraccamenti, ecc. per l'arrivo delle truppe serbe a Corfù e per effettuarvi la loro riorganizzazione istruendole nell'uso delle nuove armi che verranno consegnate, di mandare nell'isola un battaglione di truppe alpine francesi. Egli ignorava questo particolare quando mi parlò nell'ultima sua visita del progetto di sostituzione di Corfù a Biserta. Non si tratterebbe affatto di una occupazione militare, ma di un invio temporaneo di pochissime forze per lo scopo immediato e provvisorio della riorganizzazione delle truppe serbe.

Risposi che non mi nascondevo la poco buona impressione che produrrebbe sull'opinione pubblica la notizia di questa forma sia pure provvisoria di occupazione per parte delle truppe francesi trattandosi di Corfù, la cui situazione di diritto e di fatto non poteva non avere una particolare importanza per l'Italia, toccando da vicino i suoi interessi e i suoi diritti nel mare Adriatico, interessi e diritti riconosciuti dalle Potenze alleate in occasione anche della convenzione di Londra.

Questa incresciosa impressione viene aggravata dal fatto che tale discesa su Corfù segue immediatamente a quelle su Castellorizzo e Tarsana (davanti alla baia di Makri) isole che pure fronteggiano quasi a guisa di sentinelle piaghe riservate specialmente agli interessi italiani. Tutto questo poteva dar luogo anche nel Parlamento, che si riapriva il l o di marzo, a male interpretazioni, a sospetti e ad attacchi, avendo l'apparenza, sia pure erronea, di un piano sistematico.

Dovevo dunque in primo luogo fare ogni riserva del diritto nostro di mandare pure a Corfù qualche nostra rappresentanza militare o drappello di utll.ciali o di truppe; cosa da cui avrei volentieri fatto a meno, per non offrire occasioni ad attriti tra gli italiani e i greci o serbi, che si mostrano, purtroppo, pieni di prevenzioni e di sospetti contro di noi. Ad ogni modo pregavo Barrère di ripetermi possibilmente per iscritto sotto quale forma le assicurazioni datemi verbalmente sugli scopi e sul significato, attuale e futuro, della annunziata spedizione di truppe francesi a Corfù, oltreché sulla ferma intenzione del Governo francese di non dare ulteriori esplicazioni a tale limitata e provvisoria occupazione e a non volerne trarre per l'avvenire alcuna conseguenza di diritto

o di fatto.

Barrère mi ripeté tutte le chieste assicurazioni, dicendo che le avrebbe confermate anche per iscritto.

293

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

L. P. Roma, 10 gennaio 1916.

Richiamo la tua attenzione:

l) sulle notizie dal Montenegro, quelle dei diplomatici e quelle della Marina, che rivelano concordemente la gravità della situazione. Io ritengo cbe siamo alla vigilia o della sopraffazione, uso Serbia, o della capitolazione. Né potranno impedirlo le esortazioni della Russia che si risolvono in promesse di dire a noi e agli altri alleati d'aiutare il Montenegro, mentre d'aiutarlo non abbiamo mezzi sutll.cienti;

2) sull'affondamento della Città di Palermo, avvenuto ieri poco lungi da Brindisi, subito dopo quello del Brindisi avvenuto ieri l'altro a San Giovanni in Medua;

3) sulla lettera della Marina, mandata a me iersera e che dissi di mandare anche a te, in cui si prospetta il fabbisogno di navi e di tempo per il trasporto dei serbi fuori dell'Albania, sia a Biserta sia altrove.

È una situazione che si va aggravando ogni giorno e di cui faremo bene a prospettare! fin da ora l'ulteriore svolgimento. Non è a prevedere che gli austriaci, materialmente o virtualmente padroni del Lovcen e di Cettigne, andranno poi a Scutari, dove hanno base nella popolazione, e quindi nell'Albania centrale, combinati o no coi bulgari? È a sperare che lasceranno compiere indisturbato l'esodo dell'esercito serbo?

Tutto questo servizio di rifornimenti, dei trasporti etc., mi pare si faccia, fra noi e gli alleati, confusamente, senza un piano organico e senza una preventiva valutazione dei mezzi tecnici che occorrono. Bisognerebbe forse orga

nizzarlo e accentrarlo, ma sopra tutto che gli alleati capiscano che noi non abbiamo, neanche lontanamente, i trasporti che occorrono e il naviglio leggero sulllciente per scortarli.

Ieri vidi Rodd. Senza la menoma intenzione di minaccia, ma con linguaggio amichevole e franco, gli esposi la gravità somma della questione del grano e del carbone e di quella dei noli, da cui l'una e l'altra dipendono. Gli dissi:

a) che l'opinione pubblica italiana, quando la crisi economica si facesse più acuta, l'addebiterebbe in parte all'Inghilterra; b) che la posizione di noi, governo, diventerebbe insostenibile di fronte alla Camera e di fronte al paese. Mi parve impressionato; e mi assicurò che, avendo già telegrafato la mattina, avrebbe di nuovo telegrafato dopo la conversazione avuta con me.

Io, per mio conto, telegrafai ad Imperiali il sunto della conversazione, come te l'ho riferita, per sua norma e incitandolo di nuovo a esercitare un'azione elllcace.

Speriamo, ma non molto, anche per la disorganizzazione del governo inglese, che si rivela sempre più dagli stessi telegrammi d'Imperiali.

Il re arriva domattina. Non si deve dire la notizia. Non vuole nessuno alla stazione. Io non vi andrò; ma gli chiederò per iscritto a che ora potrò essere ricevuto; e gli consiglierò di chiamare te e gli altri ministri, specialmente i militari, per riferir gli sulle questioni più grosse (l).

(l) Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. In SoNNINo, Carteggio, clt., n. 484.

294

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 77/20. Scutari, 11 gennaio 1916, ore 13,25 (per. ore 16,55).

Pasic ci ha convocato oggi 11 alle ore undici i miei colleghi e me e ci ha dichiarato che la presa di Niegus e del Lovcen rende imminente una minaccia dell'esercito austriaco su Scutari. Egli ha insistito presso di noi per l'invio immediato a Durazzo e sopratutto a San Giovanni di Medua del maggior numero possibile di trasporti per salvare d'urgenza esercito serbo. Egli stima che gli austriaci potrebbero arrivare a Scutari fra qualche giorno. Esercito serbo senza munizioni è incapace di ogni seria resistenza davanti al movimento albanese e all'azione combinata bulgara che risulterebbe dall'avanzata austriaca.

Egli ha dichiarato che finché una parte importante dell'esercito non sarà imbarcata il Governo non potrà partire. I miei colleghi ed io d'accordo nel considerare la situazione come delle più gravi e urgenti insistiamo alllnché senza indugio siano prese disposizioni per l'imbarco immediato dell'esercito serbo.

I miei colleghi mi hanno chiesto di pregare V. E. di voler comunicare quanto precede ai loro rispettivi Governi per mezzo delle ambasciate inglese francese e russa a Roma e ciò a cagione difilcoltà delle comunicazioni telegrafiche e della grande urgenza della notizia.

(l) Per la risposta cfr. SONNINO, Diario, cit., p. 304.

295

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 78/19. Atene, 11 gennaio 1916, ore 14,30 (per. ore 16,15).

Ieri sera abbiamo inviato a Skuludis la nota di che mio telegramma

n. 14 (l) approvato da V. E. col suo telegramma n. 17 (2). Il ministro di Francia ci fece grandissima pressione perché l'invio avvenisse senza ritardo.

Ministro d'Inghilterra tuttora privo istruzioni si indusse a firmare sulla fede di un telegramma di Briand nel quale affermavasi che l'accordo delle quattro Potenze sull'affare Corfù era oramai completo e che non occorreva che ministro d'Inghilterra attendesse ulteriori istruzioni.

Sembra che lo sbarco dei serbi a Corfù sia imminente e che oltre ai cosidetti uffl.ciali riorganizzatori vi sarà anche un reparto di chasseur des Alpes. Quest'ultima notizia pure abbastanza importante ci fu data da ministro di Francia quasi incidentalmente e dopo che avevamo firmata la nota.

296

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 155/3. Asmara, 11 gennaio 1916, ore 18,46 (per. ore 3,40 del 12) (3).

Addis Abeba 10 gennaio.

Fitaurari Abte Ghiorghis mi ha oggi comunicato, in via confidenziale, che questo ministro di Germania ha indirizzato a Ligg Jasu una lettera ufllciale, chiedendo di dichiarare apertamente se il Governo etiopico intenda essere dalla parte degli Imperi centrali o da quella delle Potenze alleate. Ligg Jasu ha trasmesso al governatore di Addis Abeba la lettera suddetta perché esso esprima il suo parere sulla risposta da dare. Nel consiglio dei ministri, tenutosi ier l'altro, venne alla unanimità stabilito consigliare Ligg Jasu rispondere a questo ministro di Germania, che il Governo etiopico, pur deplorando il conflitto euro

peo, è deciso mantenere la più stretta neutralità di fronte a tutte le Potenze belligeranti.

Contegno di questo ministro di Germania comincia ad essere considerato quale intimidazione e suscita impressione sfavorevole presso questo Governo.

Suddette comunicazioni sono assolutamente confidenziali.

(l) -Cfr. n. 285. (2) -Cfr. n. 285, nota l. (3) -Trasmesso tramite li governatore dell'Eritrea.
297

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI

T. GAB. 55. Roma, 11 gennaio 1916, ore 20.

(Meno Squitti) -Ho telegrafato al barone Squittì quanto segue:

(Per tutti) -«Avendo i francesi occupato Corfù sono state date disposizioni al ministero della marina perché appena possibile si inviino a quell'isole i militari serbi attualmente in Albania. In seguito a considerazioni d'ordine tecnico sottoposte a questo ministero da quello della marina e della guerra i serbi potranno eventualmente esservi istradati anche via Valona. Occorre però che il comando serbo si intenda direttamente col generale Bertotti per gli itinerari, la composizione e l'avviamento degli scaglioni ai rispettivi porti d'imbarco, dando altresì istruzioni agli u!Ilciali serbi di attenersi strettamente, specie per quanto riguarda il territorio della occupazione italiana circostante Valona alle direttive e agli ordini del nostro comando. Governo serbo deve garantire che avviamento ai porti d'imbarco avvenga con dovuta disciplina e regolarità, conforme un programma da concordarsi in tutti i particolari; ove queste garanzie venissero a mancare dovrebbesi immediatamente sospendere il movimento verso Valona.

Prego V. S. fare opportune comunicazioni al Governo serbo e telegrafarmi (1).

298

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

r. uu. 148/12. Washington, [11] gennaio 1916, ore ... (per. ore 19,40).

Mio telegramma n. 7 (2).

Segretario di Stato mi ha chiamato e mi ha detto questione navi mercantili armate e loro presenza negli Stati Uniti imbarazzano questo Governo nei suoi negoziati con le Potenze centrali intesi risolvere intera questione sotto

marini, perché dette Potenze, avendo dato assicurazione non attaccare senza preavviso, si esimerebbero invece da quest'obbligo rispetto navi mercantili armate, considerando cannoni arma offensiva contro i siluranti e togliendo in tal modo a questo Governo diritto a eventuali proteste. Mi ha lasciato quindi intendere di desiderare che in vista di ciò R. Governo offrirebbe spontaneamente smontare cannoni del Verdi citandomi a tale uopo recente condiscendenza dell'Inghilterra.

Gli ho risposto che avrei trasmesso a V. E. qualunque comunicazione e preghiera gli fosse piaciuta affidarmi, ma che Verdi, essendo stato armato in base diritto riconosciutoci dalle stesse norme di questo Governo e costituendo unica difesa consentitaci, il suo disarmo non troverebbe altra giustificazione che nell'eventuale impegno di questo Governo assumere responsabilità di quanto potesse accadergli in conseguenza disarmo stesso. Ne è seguita lunga discussione non riassumibile, a conclusione della quale Segretario di Stato, quasi a forzarci la mano, mi diceva che, partendo il Verdi armato, egli, per non intralciare negoziati in corso, avrebbe dovuto notificare alle Potenze centrali che questo Governo non le faceva responsabili di eventuali attacchi senza preavviso alle navi mercantili armate e diffidare in pari tempo sudditi americani imbarcarsi sopra di esso. In presenza di tale enormità, pur dichiarando che non toccava a me discutere criteri ed atti politici del Governo americano, ho insistito sul carattere puramente difensivo del nostro armamento deducendone che esso non pareva giustificare immunità alle Potenze centrali per violazione legge internazionale e umanitaria.

Segretario di Stato allora, arrendendosi, mi ha chiesto se gli avrei comunicato per iscritto che cannoni Verdi sarebbero usati soltanto a scopo difensivo, né avrebbero servito attaccare sottomarini mentre davano il preavviso. Ho risposto subito affermativamente per ragioni ovvie e per consentirgli via d'uscita all'imbarazzante posizione assunta con noi ed evidentemente pure con le Potenze centrali. Chiedo a V. E. autorizzarmi rilasciarla invocando risposta immediata anche non ostacolare imminente prestabilita partenza piroscafo (1).

(l) -Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta che Squitti abbia risposto. (2) -Cfr. n. 277.
299

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. CONFIDENZIALE 262/21. Washington, 11 gennaio 1916.

Fra i piani escogitati dal Presidente Wilson in fatto di politica estera, v'è quello che dovrebbe indurre tutti i Paesi del continente americano a vincolarsi mediante un trattato che garantisse la rispettiva integrità territoriale. Aperture confidenziali in tal senso vennero fatte ai rappresentanti in Washington delle maggiori potenze del sud-America fin da quando il Dipartimento di Stato

era retto dal Signor Bryan. Col ritiro di quest'ultimo, la cosa sembrò cadere automaticamente. L'ha ripresa invece a trattare nei giorni scorsi il signor Lansing col proposito, a quanto parrebbe, di maturarla; col proposito, comunque, di saggiare il terreno per consentire al Presidente di farvi allusione nel discorso ch'egli ha poi pronunciato ultimamente in occasione della chiusura del secondo Congresso Scientifico pan-americano, testè tenutosi in questa capitale.

Nel suo discorso il signor Wilson ha rivelato la natura dei recenti passi del Segretario di Stato, o meglio, delle proposte da lui insinuate ai plenipotenziari delle nazioni del sud e del centro America, intese a gettar le basi di un accordo fra tutte le Repubbliche di questo emisfero « not only for international peace of America, but the domestic peace of America». Finalità questa che il Presidente vedrebbe raggiunta quando le nazioni americane si unissero « in guaranteeing to each other absolute politica! independence and territorial integrity >>; convenissero « to settle ali pending boundary disputes as soon as possible by amicable process »; convenissero « to handle all disputes arising among them by patient, impartial investigation and to settle them by arbitration »; convenissero infine « that no revolutionary expedition shall be outfitted against or supplies for revolutionists shipped to neighboring States ».

Queste, ha detto il signor Wilson, sono « very practical suggestions »; ed io credo, ha soggiunto, che « they are going to lead the way to something that America has prayed for for many a generation ». La dottrina di Monroe, infatti, ha conchiuso il Presidente, è stata, è vero, e sarà sempre mantenuta dagli Stati Uniti; ma questa dottrina non aveva rivelato fin qui l'attitudine propria degli Stati Uniti medesimi verso le nazioni sorelle del continente, lè quali, pertanto, si mantenevano a questo riguardo sospettose. La proposta presente è destinata a sopprimere ogni ragione di sospetto.

La mossa del Presidente di scoprire intempestivamente quello che s'era mantenuto sin qui gelosamente riservato, ha il suo motivo. L'iniziativa dei negoziati su questo terreno, è tutta del signor Wilson e risale, come ho detto, a parecchi mesi addietro. Prima che l'an.tico Segretario di Stato, signor Bryan, ne facesse parola agli ambasciatori ed ai ministri delle maggiori nazioni sudamericane, questi erano stati segretamente scandagliati in proposito dal noto colonnello House, il consigliere e l'amico intimo del Presidente, che s'era fatto presso di loro portavoce e sostegno della concezione del nuovo piano, dalla riuscita del quale la figura del signor Wilson doveva uscire ingigantita. I rappresentanti dell'A.B.C. furono specialmente avvicinati. E se, presso l'ambasciatore argentino il messo del Presidente trovò incondizionato consenso, non minore opposizione egli rinvenne presso l'ambasciatore cileno e non minore riluttanza presso l'ambasciatore brasiliano. Il progetto che venne loro sottoposto dapprima racchiudeva condizioni ancora più restrittive, poiché fra l'altro, le parti contraenti avrebbero dovuto garantirsi reciprocamente l'integrità territoriale e l'indipendenza politica sotto la torma di governo repubblicana, e che la proibizione di scambiarsi armi, munizioni ed approvvigionamenti di guerra contemplava non soltanto l'eventualità del fatto rivoluzionario, bensì pure i tempi di quiete e di pace. Ciò che permise, ad esempio, all'ambasciatore cileno di obiettare oltre tutto, allo stesso Presidente Wilson, che la scelta della forma di governo era questione di sovranità nazionale che non poteva formar ma

teria di convenzioni internazionali, e di osservare, in pari tempo, che la facoltà di armarsi essendo diritto indiscutibile di ogni nazione, e le nazioni del continente americano essendo in fatto di armamenti quasi interamente tributarie degli Stati Uniti, il divieto di scambiarsi suppellettili di guerra avrebbe colpito tutti indistintamente i paesi del continente, tranne gli Stati Uniti medesimi, senza contare che il senato nordamericano non avrebbe mai sanzionato una Convenzione che colpisse in modo così violento l'industria del paese, paralizzata nei lauti guadagni dell'esportazione. L'ambasciatore cileno poteva pronunciarsi in modo così risoluto perché sicuro dell'appoggio del suo governo, e perché il suo paese, che mantiene tuttora aperte essenziali questioni di confine (valga per tutte la vertenza col Perù per il possesso di Tacna e Arica), non avrebbe tollerato che Io si impegnasse con un tratto di penna a recedere o a transigere in materia di dispute quasi secolari il cui buon esito è considerato essenziale alla vita stessa della nazione.

Il Brasile, a sua volta, non ha presentemente questioni di confine, ed è stato retto in passato dalla forma monarchica di governo. A questo ambasciatore brasiliano riusciva quindi meno facile di affacciare obiezioni che avrebbero potuto prestarsi ad interpretazioni equivoche. Il suo atteggiamento s'è manifestato dunque circospetto a Washington ma diligente di sani avvertimenti a Rio de Janeiro, dacché egli ha afferrato, al pari del collega cileno, quanto di meno utile, di dannoso anzi e di umiliante si nasconde nella rete tesa dal signor Wìlson.

Nell'Ambasciatore argentino, invece, questo Governo ha trovato l'assentimento incondizionato e pronto che caratterizza la condotta in Washington del dottore Naon. L'Argentina, lo si sa, teme il Cile. E può esser questo un buon motivo per sottoscrivere un trattato che impegnerebbe il Cile a non attentare più mai alla sua integrità nazionale. Il dottore Naon, d'altra parte, presume molto di sé, non pecca di troppo scarsa ambizione ed ama soverchiare i colleghi nelle trattative comuni. Egli, omettendo ogni altra riflessione, aveva suggerito qui e suggerito a Buenos Aires di firmare, senz'altro, anche se isolatamente, il trattato. Il suo governo, pur seguendone il consiglio di accedere, in principio, alla proposta del signor Wilson, non l'ha tuttora autorizzato ad una firma che il Segretario di Stato ha lasciato intendere, dal canto suo, riuscirebbe, se sola, di minor significato in confronto del piano generale concepito dal Presidente, e tale anzi da intralciare l'esito finale e collettivo del negoziato.

Questo lo stato di cose, che segnalo in via confidenziale a V. E., e contro il quale s'è imbattuto il signor Lansing nella sua recente ripresa delle trattative. La mossa del Presidente, che ha fretta di raccogliere allori prima dell'imminente inizio della campagna elettorale, è stata dunque una mossa intesa a forzar la mano ai recalcitranti. La presenza in Washington di qualche centinaia di delegati convenuti al Congresso Scientifico da ogni parte del continente americano, gli forniva occasione propizia ad un discorso solenne, nel quale il vieto tema del panamericanismo, così suscettibile di facile retorica e sapientemente impastato nell'arte oratoria della quale il Wilson è maestro, poteva servire di facile introduzione ad un invito che la grande maggioranza degli uditori, appartenenti a paesi i quali di sovranità non sanno che il nome, e dell'asservimento agli Stati Uniti sanno il restante, avrebbero applaudito ed accolto come si accoglie, spensieratamente o per forza, l'invito ael maggiore. Avrebbero affluito le adesioni dei paesi soggetti, di quelli che han ragione di temere in casa propria il disturbo dei vicini, di quelli, infine, che nella loro piccolezza morale e materiale si sarebbero sentiti nobilitati da un trattato di reciproca garanzia d'integrità territoriale colla potente Nazione del Nord-America. Acquisita la maggioranza, gli oppositori avrebbero potuto contarsi ed essere segnati a dito. Trascinati dal consenso dei più, sarebbero stati sopraffatti. E a sgombrare intanto il terreno dalle già enunciate obiezioni, il Presidente ha soppresso, nel suo annuncio, le due clausole summenzionate: quella concernente l'impegno da parte dei paesi contraenti di mantenersi retti in forma di governo repubblicana, e quella che stabiliva il divieto di scambiarsi, in ogni dove e in ogni tempo, suppellettili di guerra. Queste due clausole esistevano ancora i giorni scorsi nella bozza di progetto del trattato che il Signor Lansing rimetteva confidenzialmente ad Ambasciatori e Ministri, e che consisteva in quattro articoli, corrispondenti appunto ai quattro punti rivelati nel discorso presidenziale.

Ho motivo di credere che, ciò malgrado, il piano del Presidente Wilson sia destinato a fallire. Il suo discorso ha spiaciuto e ha destato perfino risentimento in quelli, fra gli uditori, che appartengono a paesi che han coscienza di sé, e in quelli, fra i diplomatici, che rappresentano paesi i cui interessi sono in contrasto col vincolo che si vorrebbe far loro assumere e coll'assoggettamento che ne deriverebbe loro alla odierna sproporzionata potenza degli Stati Uniti. Credo di sapere, infatti, che da una delle maggiori Cancellerie del Sud-America partirà un monito ad altre Cancellerie di riflettere, di studiare e di non avventurare un consenso inconsiderato. Ciò non toglie che il signor Lansing, a confermare quanto ho sopra manifestato circa i propositi della mossa del Presidente, vantava avantieri ad un mio collega sudamericano che erano già sette le adesioni pervenute al Dipartimento di Stato. Se alla Bolivfa, a Costarica, a Cuba, a San Domingo, all'Equatore, al Guatemala, ad Haiti, si aggiungano i Nicaragua, i Paraguay, i Salvador, i Venezuela, gli Uruguay ed i Perù, non v'è ragione che le adesioni non abbiano tuttora ad affluire.

(l) Sonnino rispose con t. 100 del 12 gennaio, ore 11: «Autorizzo V. E. rl!ascmre dichiarazione scritta nel termini da lei Indicati ».

300

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 87/19. Pietrogrado, 12 gennaio 1916, ore 0,30 (per. ore 0,40).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 30 (l).

In data 8 corrente Benckendorff ha qui telegrafato avergli Nicolson dichiarato che Governo inglese si adopera per vettovagliamento Montenegro ed ha aperto un credito a questo proposito ma che il Gabinetto condivide opi

nione della Francia non sembrare cioè opportuno né realmente utile in questo momento una démarche d'avertissement al Governo montenegrino.

Ho motivo di credere che Sazonov accettando punto francese sia per dare, se non ha già dato, istruzioni al rappresentante russo al Montenegro di non ritornare sull'argomento con quel Governo se non d'accordo coi suoi colleghi.

(l) Cfr. n. 275.

301

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 92/20. Atene, 12 gennaio 1916, ore 14 (per. ore 17,30).

In conformità degli ordini di V. E. contenuti nel telegramma di V. E. n. 29 (l) ho parlato con Skuludis della questione della legge marziale.

Egli mi ha detto la decisione del Governo al riguardo non era ancora fissata. Alla mia domanda quale fatto avesse indotto Governo ellenico a considerare tale eventualità presidente del consiglio rispose che effettivamente il paese era tranquillo ma che attività di alcuni agenti soprattutto nelle isole poteva indurre Governo ellenico ad adottare quella misura di rigore.

Da me invitato a precisare suo concetto mi spiegò che isole Militene e Samos erano piene di agenti francesi e inglesi la cui attitudine diveniva impossibile e che sarebbe stato necessario mettervi ordine.

Replicai che Governo ellenico in tal caso avrebbe fatto bene preoccuparsi anche di altri agenti come noto Rambauer che domina Corfù da oltre 15 mesi e al quale polizia greca non aveva mai avuto idea di chiedere che cosa facesse. In linea generale non poteva a meno dirgli che le Potenze dell'Entente e in modo speciale Italia avrebbero molto desiderato vedere Grecia conservarsi sul terreno costituzionale che era stato sempre il suo vanto.

Fini poi esprimendo speranza che, se Governo ellenico si fosse finalmente indotto a quelle misure egli vi avrebbe trovato almeno uno strumento per reprimere eccesso di linguaggio della stampa contro paesi esteri ed in particolar modo contro Italia.

Elliot ha ricevuto ieri un nuovo dispaccio dal suo Governo in cui gli si dà nuove istruzioni di considerare se non sia possibile mettersi d'accordo sul terreno della convenzione del 1864 per imporre alla Grecia di astenersi da quelle misure. Dal linguaggio tenuto ultimamente dal Re coi ministri d'Inghilterra e di Russia è lecito arguire che non se ne farà nulla ovvero legge marziale sarà pubblicata colla abituale negligenza che qui si porta in tutto.

(l) Cfr. n. 274.

302

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 164/25. Pietrogrado, 12 gennaio 1916, ore 15,40 (per. ore 19,30).

Telegrammi di V. E. n. 74 (l) e 76 (2).

Secondo un telegramma di Benckendorff Grey gli ha detto ieri che, se disordini in Yunnan continuano, ... (3) riconoscimento della Monarchia non gli sembrerebbe indicato.

Grey ha soggiunto considerare come importante che Potenze, compresovi il Giappone, agiscano insieme e che ambasciatore d'Inghilterra a Tokio ha ricevuto istruzioni continuare sue trattative con quel Governo, appoggiandolo stessi argomenti esposti da Sazonov (4).

303

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 100/22. Scutari, 12 gennaio 1916, ore 16,30 (per. ore 11,38 del 13).

In data 12 corrente i miei colleghi francese britannico e russo hanno meco concertato seguente telegramma e mi hanno incaricato pregare V. E. di darne comunicazione ai loro rispettivi Governi per mezzo delle loro ambasciate a Roma, vista urgenza del caso e la impossibilità di corrispondere direttamente per mancanza di telegrafo:

«Pasic ha dichiarato formalmente ieri e ripetuto oggi ai rappresentanti delle quattro Potenze alleate che il Governo non potrà imbarcarsi se non dopo che l'imbarco dell'esercito si sarà effettuato. L'esercito non lo lascerebbe partire prima. Ora dacché l'operazione è cominciata, appena milleduecento soldati hanno potuto essere presi a bordo dei piroscafi venuti a Durazzo ed a San Giovanni di Medua.

In queste condizioni si può temere che concluso armistizio col Montenegro gli austriaci padroni della via di Scutari vengano fra qualche giorno a mettere definitivi ostacoli all'imbarco delle truppe serbe. Che farà allora il Governo? Non potrà imbarcarsi a San Giovanni di Medua e si troverà forse nell'impossibilità di prendere, per fuggire verso Durazzo, una via di cui le difficoltà già così grandi in questa stagione si troveranno aumentate dalla marcia dell'esercito e l'esodo per panico dei rifugiati.

Diventa dunque necessario che i Governi alleati considerino la situazione

dei loro rappresentanti presso il Governo serbo. I ministri sono pronti a condi

videre la sorte di questo Governo qualora Governi lo credano necessario e non vedano inconvenienti a che i loro rappresentanti cadano nelle mani del nemico. La situazione attuale rendendo questa eventualità ogni giorno più probabile i ministri chiedono ai loro Governi istruzioni d'urgenza. Nel caso in cui la loro partenza fosse decisa essi lo pregano di compiacersi a far prendere provvedimenti necessari per il loro imbarco con codesto ministro degli affari esteri a

S. Giovanni di Medua insieme al personale delle legazioni.

Ministro d'Italia potrebbe essere incaricato di prendere direttamente con le autorità italiane tutte le disposizioni opportune concernenti la partenza dei rappresentanti ».

(l) -Ritrasmetteva a Pietrogrado, Parigi e Tokio il t. 110/17 da Londra del 7 gennaio, ore 21,31, il eu! testo era il seguente: «Grey mi ha detto che questione riconoscimento nuovo regime Cina, rimasta sospesa !n seguito torbidi Yunnan, venne ora ripresa in esame ». (2) -Cfr. n. 287. (3) -Gruppo indecifrato. (4) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Tokio con t. 115 del 13 gennaio, ore 24.
304

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUI'ITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 99/23. Scutari, 12 gennaio 1916, ore 21,30 (per. ore 13,15 del 13).

Governo serbo ha saputo nel pomeriggio di oggi 12 gennaio che l'Austria mette come condizione per l'armistizio chiesto dal Montenegro la resa di tutte le truppe montenegrine e la consegna delle truppe serbe che si trovano sul territorio montenegrino. [Pasic sostiene] che solo mezzo di salvare la maggior parte dell'esercito serbo sarebbe di impedire avanzata austriaca da Antivari verso Medua. Pasic chiede insistentemente agli alleati inviare immediatamente le loro flotte a bombardare il litorale. Egli domanda in pari tempo invio di trasporti a San Giovanni di Medua per affrettare l'imbarco delle truppe. Prego a richiesta colleghi delle potenze alleate comunicare d'urgenza quanto precede alle rispettive ambasciate a Roma, affinché ne siano informati i loro Governi.

305

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 174/26. Pietrogrado, 13 gennaio 1916, ore 2 (per. ore 7,20).

Incaricato d'affari Grecia ha comunicato oggi a questo Governo istruzioni impartite ai ministri ellenici a Parigi, Londra, per protestare contro arresto consoli Germania Austria Ungheria e di altre persone a Mitilene.

Essi sono incaricati esprimersi nello stesso senso della protesta per gli arresti Salonicco aggiungendo domanda di liberazione dei nuovi arrestati. Qui si ha impressione che linguaggio Governo ellenico sia divenuto più moderato. Trasmetto per corriere testo della prima violenta protesta (1).

(l) Non si pubblica.

306

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI

T. GAB. 66. Roma, 13 gennaio 1916, ore 11,30.

Sono tuttora senza riscontro al mio telegramma n. 36 del 7 corr. (1). R. marina mi comunica che conformemente istruzioni pervenute a questo addetto navale francese, truppe serbe seguitano ad essere inviate a Biserta, con maggiori pericoli e con inutile perdita di tempo, mentre Barrère mi aveva detto che Governo francese ritirava la sua proposta di accoglierle colà e mentre occupazione di Corfù è stata motivata dai francesi appunto unicamente ed esclusivamente per riorganizzarvi truppe serbe.

Prego V. E. interrogare codesto Governo e telegrafarmi (2).

307

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 107/5. Parigi, 13 gennaio 1916, ore 20,20 (per. ore 2,30 del 14).

Secondo le notizie pervenute a questo ministero affari esteri sbarco distaccamento francese a Corfù eseguito notte scorsa sarebbe avvenuto nelle migliori condizioni e truppe sarebbero state simpaticamente accolte dalla popolazione. Prefetto avrebbe protestato pro-forma e nello stesso tempo avrebbe dato indicazioni per acquartieramento soldati. Vennero arrestati parecchi agenti tedeschi e austro-ungarici.

Villa imperiale Achilleion sarebbe stata occupata.

308

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 104/9. Scutari, 13 gennaio 1916, ore 22,50 (per. ore 5,50 del 14).

Ieri sera S. M. il Re Nicola ha informato il corpo diplomatico che avendo trovato Inaccettabili i termini, già telegrafati a V. E. (3), della capitolazione, imposti dagli austriaci, egli aveva receduto dal proposito di inviare il presidente

{3) Cfr. n. 304.

del consiglio al campo per aprire i negoziati e deciso di continuare la resistenza, che il Governo dissentendo da questo modo di vedere avere presentate le sue dimissioni né gli era possibile formarne un altro, che la sua decisione era diretta a salvare l'onore. Ma non aveva speranza di successo per l'attitudine delle sue truppe che in tutta questa campagna non si sono battute. Sua Maestà ci faceva notare che ormai non essendovi più Governo e potendo egli stesso ritrarsi mancava ai rappresentanti esteri qualunque sicurezza e ci invitava a partire senza indugio per Scutari.

(l) -Cfr. n. 282. (2) -Per la risposta cfr. n. 316.
309

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 119/16. Atene, 13 gennaio 1916 (per. il 20).

I gravi avvenimenti di questi ultimi giorni occupazione dei francesi dell'isola di Castellorizzo, di Mitilene ed ora anche di Corfù nonché la previsione di altri fatti del genere cui danno motivo discorsi che si odono e che trapelano da questa legazione di Francia, nonché fatti positivi come discese di truppe inglesi a Candia e francesi a Volo per ispezioni, si vanno svolgendo qui tra una relativa indifferenza dei greci. Essi paiono talmente preparati al peggio, che in paragone delle previsioni sembrano quasi considerare che tutto quanto ciò che è accaduto non rappresenta poi tutto il male che essi prevedevano. Nei circoli venizelisti mi si assicura che domina una certa soddisfazione nel constatare che il paese paga il fio per essersi sottratto al governo dell'unico uomo di stato che, secondo la loro opinione, sarebbe stato in grado di condurre il paese a più gloriosi destini.

Se la relativa calma con cui buona parte dei greci assistono a quella estrema umiliazione che un paese possa mai subire e cioè l'invasione del proprio territorio da parte degli stranieri in piena pace, sia reale od apparente, è cosa che non saprei dire con certezza. Forse essa è più che altro il risultato di timore e di quella specie di persuasione che ha qui invaso tutti gli animi, che è inutile di voler resistere alla forza e che conviene piegare il capo davanti all'inevitabile. Se però la sorte delle armi nel conflitto che, nonostante le lunghe ed in parte inesplicabili dilazioni, si va senza dubbio preparando davanti alle mura di Salonicco volgerà contro gli anglo-francesi, questi, oltre il danno e la vergogna della sconfitta, dovranno senza dubbio contare con un tesoro di ire accumulato contro di loro in Grecia. In tale disgraziata ipotesi forse anche i venizelisti, immemori di avere in qualche modo spinto i francesi e gli inglesi alle loro vessazioni contro la Grecia, non esiteranno a dar loro, come si suol dire, il calcio dell'asino.

L'azione vessatoria contro la Grecia di cui abbiamo in questi giorni visto i primi episodi e che ritengo certo avrà altri e più gravi svolgimenti, è senza dubbio dovuta pressoché esclusivamente alla Francia. La Russia, non meno

che l'Italia, si è tenuta abbastanza in disparte e, da quanto posso giudicare dalle comunicazioni che V. E. mi ha favorito ed anche da quanto odo qui frequentemente dalla bocca del Principe Demidov, caso mai è intervenuta con consigli di moderazione. L'Inghilterra stessa ha sovente esitato. Essa ad un momento dato visto ormai impossibile il soccorso alla Serbia, sembrava disposta ad abbandonare l'impresa di Salonicco e a ritirare le proprie truppe dalla Macedonia greca; non approvò né il metodo seguito né la cosa per se stessa, in occasione dell'occupazione di Castellorizzo e di Mitilene; quanto a Corfù disapprovò apertamente e resistette fino alla fine all'iniziativa francese. Ma da molti anni da che a Londra stessa ed in Oriente ho occasione di osservare da vicino la politica inglese, l'ho sempre vista come fascinata ed incapace di resistere alle seducenti ed abili manovre degli agenti francesi. Possiamo dunque senza tema di andare errati, asserire che la politica dell'Intesa in Grecia è oggi menata dalla Francia. Ho già più di una volta segnalato a V. E. la morbosa attività del signor Guillemin succeduto in questo posto come Ministro di Francia al pressoché inerte signor Deville. Guillemin è circondato da attivissimi agenti navali e militari cui in questi ultimi tempi si è venuto ad aggiungere il capitano di vascello conte di Roquefeult il quale fin dal principio della sua missione fece ben comprendere a tutti che era venuto qui col deliberato proposito e con istruzioni perentorie di far qualche cosa e di porre un termine al lungo periodo d'inazione in cui si era cullata l'Intesa, nonostante lo svolgersi in tutti i campi della vita ellenica di una intensa e profonda propaganda germanica. Finché vi fu qualche speranza che la Grecia un giorno o l'altro avrebbe potuto marciare a fianco dell'Intesa, speranza creata da Venizelos mantenuta da Gunaris e non distrutta del tutto nemmeno da Zaimis, la Francia si contenne e si moderò. Senonché giunse al potere il venerando vegliardo Skuludis il quale credette atto di buona e leale politica il proclamare ripetutamente che la neutralità greca non era un espediente transitorio dettato da speciali circostanze di fatto, ma un principio assoluto da cui la Grecia in nessun caso si sarebbe allontanata. Alle dichiarazioni di Skuludis con maggiore autorità frequenza e pubblicità fecero eco quelle di S. M. il Re Costantino. Siccome nel frattempo il ritiro delle truppe elleniche da Salonicco allontanava il pericolo che ad un momento dato era parso per nulla affatto fantastico, di un attacco dei greci contro gli anglo-francesi, la politica francese in Grecia oramai completamente liberata da timori e da speranze ha perduto ogni ritegno. E siccome i francesi, nonostante la loro vernice di civiltà raffinata, sono rapaci e prepotenti, come l'Italia più di ogni nazione nella sua lunga e dolorosa storia ne ha fatto più volte l'esperienza, nessuno di noi può prevedere dove essi si

fermeranno una volta scatenatisi contro questo miserabile paese.

La questione adunque per noi dell'attitudine da seguire qui non è oramai più soltanto di rapporti greco-italiani, ma eziandio ed in grado assai maggiore di rapporti italo-francesi. Vorremo noi permettere alla Francia di fare in Grecia tutto quello che le aggrada? Non è di mia competenza rispondere a così grave questione. Mi basti di averla posta e di avere rapidissimamente accennato allo stato di cose che mi semt-ra rendere per noi imperioso il porcela senza altro indugio.

La Francia occupa territori ellenici e prende in mano e regola a sua guisa l'economia, la finanza ed il commercio di questo paese. Promette di restituire e di volere, appena sarà possibile, tornare ai principi della libertà e della porta aperta. Ma a parte la questione della sua buona fede di cui non mi permetterei senza motivo di dubitare, sarà essa in grado nelle infinite vicissitudini che possono nascere da questa guerra che giustamente fu detta senza confini, di porre in esecuzione queste sue buone intenzioni? Nella ipotesi a mio creder poco probabile, ma che pure sarebbe imprudente il voler scartare senza più maturo esame, di un passaggio della Grecia con armi e bagagli al campo nemico, chi potrebbe ritenere la Francia moralmente obbligata di restituire alla Grecia Castellorizzo Mirilene Corfù e quanto altro essa avrà probabilmente ancora occupato? Chi ci considera oggi moralmente obbligati a restituire alla Turchia il Dodecanneso? Dato anche che la Francia alla liquidazione dei conti voglia agire verso i propri presenti alleati con una lealtà ed un disinteressamento di cui pochi esempi offre la storia della diplomazia, certo resterà il fatto che essa vi si presenterà con le mani piene e, secondo l'antico motto del beati possidentes avrà senza dubbio un naturale ed indiscutibile vantaggio su quegli Stati che nell'attuale crisi ellenica avranno fatto prova di maggiore ritegno e moderazione.

Né vorrei nemmeno da lontano accennare alla voce singolare che corre qui in certi ambienti, che la Francia occupando Corfù, si trovi in esplicito o implicito aceordo con l'Austria, la quale confiderebbe di vederne per tal guisa definitivamente allontanata la sua rivale nell'Adriatico.

310

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. RR. 8/5. Berna, 13 gennaio 1916 (per. il 17).

Lo stato dello spirito pubblico elvetico, di fronte al grande conflitto europeo, e l'attitudine del Governo della Confederazione e del suo popolo in questo inizio del 1916, non sembranmi sostanzialmente dissimili da quelli dell'anno testè decorso.

La Svizzera entra forse nel 1916 con qualche lieve preconcetto di meno e con qualche rosea illusione svanita.

Qui si era creduto, invero, e lo si pensò anzi sino ai primi di maggio, sulla fede delle informazioni del signor De Pianta (che ripeteva il verbo del Principe di Biilow) alla politica antinterventista del nostro paese. Si riteneva qui inoltre che la guerra avrebbe avuto corta durata e che le ostilità sarebbero ad ogni modo terminate nel corso dell'annata. Lo stesso Presidente, la sera stessa della sua elezione, lo annunziò all'associazione Ticinese, riunitasi per festeggiare la nomina.

L'entrata dell'Italia in guerra se fu una sorpresa pel Governo e per tanta parte del pubblico, non produsse fortunatamente quella cattiva impressione che i pessimisti prevedevano. L'opinione era stata a poco a poco preparata ed illuminata, ed il nostro passo ardito, come ne informai a tempo debito V. E., fu veduto forse con minore ostilità di quella che aveva qui salutato, nell'agosto 1914, la nostra dichiarazione di neutralità. Senza parlare, naturalmente, della minoranza svizzera-latina, che ebbe allora inni di giubilo al nostro indirizzo, è importante notare che la maggior parte della stampa svizzero-tedesca, consigliata, pregata o minacciata dall'alto, non credette dar libero sfogo allora ai suoi sentimenti. Gli avversari si studiarono di trovar più tardi degli appigli nel campo economico, cercando di sollevare il consumatore contro i supposti affamatori ed incettatori, ma il buon volere mostrato dal R. Governo, prima, durante, e dopo le trattative, che condussero alla felice costituzione della S.S.S., trionfò d'ogni mala arte.

Anche le illusioni sulla vicina pace che il Motta, come già dissi, si lusingava potesse farsi, durante il periodo del suo consolato, e naturalmente qui in Berna, sono oggi completamente tramontate per cedere il posto alle più serie preoccupazioni sulla durata di una guerra di cui più nessuno osa invece prevedere la fine. Anche della scelta di Berna per sede del futuro congresso non si parla più coll'usata disinvoltura, per tema della concorrenza sia dell'Aja, sia di Madrid! La cresciuta importanza della capitale federale dopo le nomine dei nuovi rappresentanti diplomatici aveva fatto nascere pure con tante speranze anche qualche idea di megalomania, e di possibili aumenti territoriali, che, se non sono desiderati dal Governo, sono invece in votis dell'esercito e di certi cantoni che non hanno dimenticato gli antichi confini ed i ricchi «baliaggi» d'una volta. Le enormi spese militari imposte alla Svizzera dalla difesa della propria neutralità sarebbero state così in parte compensate.

Ma, a parte queste piccole differenze, la situazione è immutata e la Confederazione prosegue nell'antica politica di una neutralità francamente dichiarata e lealmente osservata «benevola verso tutti, ma in pari tempo», come la definiva esattamente il Motta nel discorso di Svitto, «armata contro tutti». Si cerca di tenere la giusta misura e di essere ugualmente forti e deferenti sia per l'uno che per l'altro partito bellige·rante. La correttezza della Svizzera è dimostrata dalla guerra accanita che si fa allo spionaggio. Gli arresti degli informatori devoti alla causa germanica sono più numerosi di quelli assoldati dagli alleati.

È certo un pio desiderio, che non si è ancora avverato, quello sognato dal Governo Federale di vedere le due grandi frazioni, la tedesca e la francese, fondersi sempre di più in quella tanto decantata anima svizzera, che non dovrebbe pensare che agli interessi locali, senza parteggiare né per gli uni, né per gli altri! Continuano invece, ancora, benché siano notevolmente diminuiti, gli attriti fra i cantoni di schiatta germanica e quelli di stirpe latina. È doveroso confessare che in questo conflitto lo spirito di moderazione, nota caratteristica della razza tedesca, ha servito assaissimo a comporre vari dissidi, e a dare nella Svizzera germanica un'idea più giusta ed adeguata delle vere cause della partecipazione dell'Italia alla guerra.

Se non sono cresciute le simpatie per noi (l'alba di questo giorno è ancora ahimé assai lontana!) sono diminuite forse nel corso del 1915 certe antipatie e prevenzioni. La presidenza del Motta ha certo servito alla buona causa.

Nell'occasione della visita ch'io feci all'ex-presidente, pochi giorni fa, per presentargli gli auguri d'uso non mancai di accennare a questo punto, porgendogli i miei sinceri ringraziamenti per l'aiuto validissimo che egli mi aveva dato nel 1915, con tanta leale amicizia allo scopo di rinforzare sempre vieppiù i rapporti fra i due paesi. Il Consigliere Motta, nel ricambiarmi auguri e ringraziamenti, volle farmi conoscere l'ultimo atto da lui compiuto alla vigilia di uscire di carica. Non era un mistero che l'ufficiale più «italofobo » dello Stato Maggiore era il colonnello Egli e che un altro elemento, pure a noi ostilissimo, era il colonnello austriacante von Wattenwyl. Ora egli, d'accordo col signor Hoffman, aveva fatto chiamare il generale Wille, e alla presenza del Capo del Dipartimento Politico, gli aveva chiesto di allontanare dallo Stato Maggiore quei due ufficiali superiori « troppo politici», per destinarli ad altre funzioni. Perché la misura non avesse l'aria d'un colpo di stato a favore degli alleati, egli aveva chiesto pure al generalissimo, per far contrappeso, che il colonnello Chavannes, troppo francofilo nel suo imprudente linguaggio fosse pure rimosso. II generale Wille Io aveva promesso ed infatti poche ore dopo tutto questo movimento era un fatto compiuto. Anche per gli addetti militari si era adesso stabilito che essi dovessero essere ricevuti esclusivamente dal capo di Stato Maggiore o da quell'ufficiale che il colonnello von Sprecher avesse destinato ad hoc, e ciò perché si era constatato che il colonnello von Einem, addetto militare austriaco ed il maggiore von Bismarck, addetto germanico, eran sovente negli uffici degli altri ufficiali dello Stato Maggiore, dove ricevevano informazioni che non si davan invece all'addetto militare nostro, o a quelli dei nostri alleati.

Né devo tralasciare in questa succinta rassegna dei più o meno importanti indizi delle buone disposizioni di questo Governo verso di noi, le signifl.cantissime parole che all'alba del 1916, mi dirigeva, nel solenne ricevimento ufficiale di capo d'anno, il Vice-presidente Schulthess. Quelle parole, di cui già ebbi l'onore di dar conto per telegrafo a V. E. nel mio telegramma n. l del primo corrente (1), acquistano certo un ancor maggiore valore dal fatto che mi furono dirette a nome del Consiglio ·Federale e che se suonarono forse soverchiamente lusinghiere per me, esse erano dirette al Governo del Re delle cui istruzioni io avevo avuto l'onore d'interpretare Io spirito.

Questo primo quadro della nostra situazione in !svizzera all'inizio del 1916 potrebbe esser tacciato forse dl soverchio ottimismo, se io non accennassi pure (ed è mio stretto dovere di farlo) a certi fenomeni di più o meno preconcetta ostilità verso di noi che constato con dolore in alcuni Consiglieri Federali dei Cantoni tedeschi, e massima nel signor Miiller cui si deve, oltre al provvedimento ingiustificato preso contro la nostra cooperativa di Lugano, anche il recentissimo decreto di espulsione contro il Caburi.

(l) Cfr. n. 261.

311

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO, SQUITTI

T. GAB. 71. Roma, 14 gennaio 1916, ore 13,50.

Telegramma di V. S. n. 24 (l) che ho comunicato a queste ambasciate di Francia, Inghilterra e Russia.

Autorizzo V. S. si omnes ad imbarcarsi. Sembrami che luogo più opportuno per nuova residenza corpo diplomatico presso Governo serbo debba essere Corfù ed ho dato istruzioni ai RR. ambasciatori Parigi, Londra e Pietrogrado di intrattenerne rispettivi Governi.

312

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. CONFIDENZIALISSIMO 200/4. Cristiania, 14 gennaio 1916, ore 14,25 (per. ore 18,50).

Questo ministro affari esteri di sua iniziativa ieri sera, in una nostra lunga amichevole conversazione, criticò in termini aspri attuale politica commerciale inglese verso la Norvegia, impedendo a questa procurarsi materie prime necessarie alle sue industrie. Mi disse, tra altro, che ciò condurrà inevitabilmente ad un mutamento di opinione nel paese verso la Gran Bretagna; essere egli costretto fare prossimamente gravi comunicazioni in proposito allo Storing; intanto protestare energicamente a Londra. Accennò altresì al trattamento preferenziale usato dall'Inghilterra verso Danimarca ed alla possibilità che !addove situazione non muti, Norvegia s'intenda con gli altri Governi scandinavi per opporsi alle misure restrittive britanniche contro commercio neutrale. Con le debite cautele e con appropriati argomenti provai, apparentemente senza effetto, moderare opinione del ministro. A titolo di semplice informazione ho dato comunicazione di quanto precede al mio collega britannico; è mia impressione che gU attacchi di questo ministro affari esteri siano eccessivi e non del tutto giustificati. Sta in fatto che la Norvegia prospera e si arricchisce, che le Potenze centrali continuano a ricevere dai paesi scandinavi in misura rispettiva vari importanti rifornimenti di ogni specie e che Inghilterra usa tuttavia molti riguardi verso di questa [nazione]. Intemperanze di questo ministro affari esteri non si spiegano, a mio avviso, che direttamente con un morboso senso di gelosia per un migliore trattamento accordato ad altri paesi e colla smisurata sete norvegese di guadagni, ed indirettamente colla stessa longanimità britannica verso i paesi neutrali fornitori dei nemici.

(l) Con t. gab. 102/24 del 13 gennaio, ore 16, Squittì aveva comunicato la decisione del Governo serbo di partire il 14 da Scutari per imbarcarsi a San Giovanni di Medua la sera stessa insieme al corpo diplomatico ed aveva chiesto istruzioni.

313

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 118/22. Atene, 14 gennaio 1916, ore 14,30 (per. ore 23,55).

In risposta alla nostra nota del 10 corrente (mio telegramma n. 19) (l) ricevo una lunga memoria di questo Governo che invio per posta (2).

In essa si riassume stato giuridico Corfù quale risulta dal trattato del 1863 e dalla dichiarazione di neutralità della Grecia nel presente conflitto. Se ne deduce essere contrario al diritto uso di Corfù come luogo di riunione e riorganizzazione dell'esercito serbo. Nota chiama altresì l'attenzione delle Potenze sullo stato sanitario dell'esercito serbo e sul pericolo che deriverebbe alla Grecia dall'arrivo a Corfù di numerosi soldati molti dei quali infetti di colera.

Nota conclude che «Governo ellenico conscio dei suoi obblighi verso Potenze firmatarie del trattato del 1863 e preoccupato dallo stato sanitario della popolazione del regno non potrebbe consentire riorganizzazione a Corfù dell'esercito serbo».

314

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 113/23. Atene, 14 gennaio 1916, ore 14,30 (per. ore 23,35).

Più ancora che l'occupazione di Corfù, impressiona opinione pubblica qui la notizia ieri giunta della distruzione da parte anglo-francesi del ponte di Demirkissar.

Skuludis aveva espressamente chiesto a questo ministro di Francia risparmiare quel ponte. Sembra forze greche hanno opposto un simulacro di resistenza a quell'operazione.

315

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI

T. 120. Roma, 14 gennaio 1916, ore 16.

Ministero della Marina mi fa presente che la flotta italiana non può assumersi l'incarico di tutelare i trasporti che da Valona porteranno i serbi a Corfù.

Il peso dei servizi di vettovagliamento dell'esercito serbo in Albania grava quasi esclusivamente sulla nostra marina ed essa non potrebbe assolvere nuovi compiti mantenendo la relativa superiorità rispetto alla flotta avversaria che è l'obbiettivo principale ed assoluto della nostra marina.

Alle Potenze alleate deve quindi essere devoluto il provvedere esclusivamente con loro mezzi alla scorta dei trasporti nell'isola di Corfù ed al garantirne la incolumità contro le possibili offese nemiche durante le operazioni di scarico ed al successivo servizio di approvvigionamento.

Prego V. E. esprimersi in questo senso con codesto ministero degli affari esteri affinché i Governi inglese e francese prendano tra loro in tempo gli opportuni accordi allo scopo di assicurare il trasporto dei serbi da Valona a Corfù ed il necessario loro rifornimento.

(l) -Cfr. n. 295. (2) -Cfr. n. 323.
316

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 116/7. Parigi, 14 gennaio 1916, ore 21 (per. ore 23,55).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 66 (1).

Le assicurazioni date da Barrère a V. E. relativamente al trasporto dei serbi a Corfù, comunicatemi col telegramma gabinetto n. 36 del 7 corrente (2), mi erano state comunicate lo stesso giorno da Margerie ed io ne informai col mio telegramma n. 4 di pari data (3). Oggi sono tornato sull'argomento con Margerie insistendo particolarmente sulle considerazioni riprodotte nella seconda parte del telegramma surriferito n. 66 e osservando che malgrado ritiro della proposta francese per invio delle truppe serbe a Biserta dette truppe continuavano ad essere inviate colà. Margerie, nell'assicurarmi che Governo francese condivideva punto di vista di V. E. circa questione di massima e modo procedere a Corfù, mi ha detto che suo Governo nel rinunziare alla proposta di trasportare a Biserta gli avanzi dell'esercito serbo non aveva inteso escludere assolutamente eventualità dell'invio di qualche riparto in Tunisia.

Esso manteneva sempre ferma la decisione circa Corfù e se in questi giorni serbi erano stati diretti su Biserta ciò era dipeso dal fatto che era necessario predisporre lo sbarco, prendere misure di sicurezza contro possibili attacchi dei sottomarini, farvi giungere le vettovaglie necessarie.

Nel frattempo di fronte al precipitare degli avvenimenti nel Montenegro ed alla tragica situazione delle truppe serbe il Governo francese aveva ritenuta imperiosa la necessità di non frapporre indugio e iniziare subito evacuazione dirigendole su Biserta.

(-3) Cfr. n. 278.
(l) -Cfr. n. 306. (2) -Cfr. n. 282.
317

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

.r. 207/44. Londra, 14 gennaio 1916, ore 22,30 (per. ore 7,40 del 15) .

Direttore generale servizi amministrativi questo ministero della guerra ha prevenuto stamane, in via confidenziale, Governo britannico prepararsi mvitare Governi alleati mandare, qui, autorevole delegato fornito di ogni dato circa vari fabbisogni e con facoltà di prendere, senza bisogno di speciali istruzioni, cagionanti perdita di tempo e rincaro prezzi, decisioni circa acquisti, in genere, trasporti, noleggi, precedenza, posposizioni, arrivi ecc.

Delegato dovrebbe, insomma, trattare questioni rifornimenti trasporti ecc. quale rappresentante del Governo rispettivo e non di singoli dicasteri. Naturalmente delegato dovrebbe essere coadiuvato da collaboratore tecnico competente.

318

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. CONFIDENZIALE 220/5. Cristiania, 15 gennaio 1916, ore 14,25 (per. ore 19).

Mio telegramma 4 (l).

Mio collega britannico, ringraziandomi per il servizio resogli, mi ha detto che, avendo ieri in una conversazione con questo ministro degli affari esteri fatto cadere casualmente discorso sulle sue lagnanze contro proprio Governo, ha avuto modo intendersi amichevolmente circa varie questioni pendenti.

Ministro d'Inghilterra è d'avviso, al pari di me, che al Governo norvegese non conviene mutare atteggiamento e che in realtà non ne ha alcuna intenzione.

319

L'AMBASCIATORE A TOKIO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 226/S.N. Tokio, 15 gennaio 1916, ore 18 (per. ore 19,30)

Rispondo telegramma di V. E. 115 (2). Questo ambasciatore d'Inghilterra, dapprima, ricevette istruzioni conformarsi intendimenti russi, italiani, affrettarsi riconoscimento ma, subito dopo,

in seguito conversazioni con ambasciatore del Giappone, Grey ha dato istruzioni continuare trattative in corso col Giappone, ciò che dubito equivalga aggiornamento, sine die, poiché Governo giapponese mira scopo evidentemente opposto quello Potenze alleate.

Relativamente a telegramma V. E. n. 97 (l), nulla fa supporre, per ora, colpo di mano accennato.

(l) -Cfr. n. 312. (2) -Cfr. n. 302, nota 4.
320

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (2)

T. GAB. 84. Roma, 15 gennaio 1916, ore 20,40.

Barrère è tornato a parlarmi del progetto Briand per il comitato centrale diplomatico a Parigi della Quadruplice.

Tornai ad esporgli le ragioni che mi facevano dubitare della praticità della cosa. Mancare io del resto di ogni notizia precisa intorno alla natura ed al funzionamento del nuovo organo che si voleva creare; per ora esso si presentava come una nebulosa; non sapevo se si trattasse di riunioni periodiche di ministri o dei loro delegati speciali oppure di un comitato permanente a Parigi degli ambasciatori riuniti intorno a Briand. A me sembrava come nuovo ingranaggio per lo meno inutile e che avrebbe fatto perdere tempo anziché risparmiare. Sulle questioni mutevoli diplomatiche non potersi decidere che giorno per giorno dai ministri degli esteri, che si trovavano al centro delle informazioni varie provenienti da tutte le direzioni, e gli stessi ministri dovevano mettersi d'accordo coi propri colleghi del Governo. I ministri potevano cambiare secondo le varie tendenze o sfumature politiche dominanti nei singoli paesi; e gli ambasciatori restavano; come era possibile che questi potessero decidere checchessia senza altrettante speciali istruzioni e delegazioni di potere volta per volta e caso per caso? Non era a traverso Parigi che io potessi sapere con risparmio di tempo le obiezioni che facesse Londra ad una qualche proposta francese, e che potessi quindi modificare in conseguenza qualche mia istruzione all'ambasciatore Tittoni.

Vi erano poi questioni che si potevano meglio istruire e decidere a Londra e a Pietrogrado o magari ad Atene o in altra capitale che non a Parigi. Riassumendo riservavo completamente ogni mio giudizio sulla proposta, finché non avessi qualche maggiore schiarimento intorno ai suoi termini, non essendo io convinto in via generica dei suoi vantaggi.

(l) -Con t. 97 dell'll gennaio, ore 24, Sonnino aveva chiesto informazioni circa un eventuale colpo di mano degli alleati _sulle concessioni tedesche in Cina. (2) -Ed. In SoNNINO, Diario, cit., pp. 304-305.
321

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 134/8. Bucarest, 15 gennaio 1916, ore 20,50 (per. ore 16,10 del 16).

Telegramma di V.E. gabinetto n. 42 (1).

Mi risulta che questo ministro di Serbia ha ricevuto un nuovo telegramma di Pasic di recriminazione pel modo come viene trattata la Serbia. Pasic comunica di aver 150.000 combattenti che l'Italia si è rifiutata di ospitare mentre generale Sarrail non ne vuole più ricevere per ragioni igieniche e si sarebbe rinunziato a farli sbarcare a Corfù di fronte alle proteste della Grecia sicché dovrebbero essere mandati a Biserta. Pasic partecipa anche che gli italiani non vogliono i serbi in Albania e si lamenta in generale dell'Intesa che abbandona Serbia.

Faccio presente essere impossibile che queste recriminazioni certamente ingiuste non traspirino qui ed essere quindi prudente opporvi dei dati circa l'azione da noi spiegata in favore dei serbi e quello che più importa dal punto di vista romeno, per sostenere la nostra posizione in Albania (2).

322

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFI<'ARI A PARIGI, RUSPOLI (3)

T. GAB. 85. Roma, 15 gennaio 1916, ore 21.

Barrère mi ha comunicato che Briand terrebbe moltissimo che nella nuova situazione che si è formata a Salonicco, dopo la decisione inglese di restarvi e dopo l'abbandono dell'impresa dei Dardanelli, anche l'Italia vi fosse rappresentata militarmente, magari con una sola divisione. La partecipazione dell'Italia avrebbe un grandissimo effetto morale, come prova di solidarietà tra gli alleati.

Ho risposto che la questione era troppo complessa e grossa perché io potessi dare una risposta senza consultare i miei colleghi di governo.

La solidarietà degli alleati risultava da tutti gli accordi militari presi e da prendersi per l'azione generale. La questione già discussa in passato della nostra partecipazione a Salonicco era oggi resa più ardua dal fatto della spedizione da noi fatta a Valona e a Durazzo; e più ancora in questi ultimi giorni dalla minacciata discesa in Albania degli austriaci dopo invaso il Mon

tenegro e dei bulgari. I nostri mezzi di uomini e di materiale di guerra erano limitati per il grande consumo di uomini nel Carso e per la scarsa nostra produzione di artiglierie, di mitragliatrici, di munizioni.

Un invio di truppe a Salonicco implicava una continuità di invii successivi di uomini, di proviande e di materiali militari per gl'inevitabili rifornimenti. Avrei capito una certa urgenza di ingrossare le forze a Salonicco ove si trattasse di una prossima avanzata per una offensiva contro turchi, bulgari

o tedeschi, ma in questo momento non era questione che di difendere le posizioni occupate contro eventuali attacchi nemici, e a questo si era già sufficientemente provveduto. A ogni modo mi riservavo di riferire la domanda di Briand al presidente del consiglio e ai ministri militari.

(l) -Cfr. n. 286. (2) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 333. (3) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 305-306.
323

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 138/20. Atene, 15 gennaio 1916 (per. il 21).

Facendo seguito al mio telegramma di Gabinetto n. 22 (l), ho l'onore di trasmettere qui unito a V. E. la copia della nota indirizzataci da questo governo e contenente i motivi di ordine giuridico e sanitario per i quali esso governo non ritiene potere accedere alla domanda dei Governi della Quadruplice Intesa di poter sbarcare a Corfù i resti dell'esercito serbo. Per dire la verità nella nostra nota del 10 gennaio (2) non si trattò di una domanda ma semplicemente di una notificazione, seguita poi dall'esecuzione di cosa al tutto diversa da quella che era stata notificata. All'ora in cui scrivo non si ha difatti conoscenza che un solo serbo sia stato sbarcato a Corfù; bensì vi sbarcarono numerosi francesi che ora la fanno da padroni colà.

I motivi giuridici esposti dal Governo ellenico mi paiono del tutto validi ed indiscutibili: soltanto nelle circostanze attuali non si tratta evidentemente di discutere principi ma di escogitare espedienti per parare alle diftlcoltà della situazione. Certo la Grecia non sa o non vuole rendersi conto di ciò, e ad ogni nostra esigenza dettata dalla necessità delle cose oppone malvolere e proteste, giustificate per altro dal timore che dall'altro gruppo belligerante possano giungergli gravi molestie se essa si mostra troppo arrendevole ai nostri voleri. Sembra che le proteste giuntele dai rappresentanti della Quadruplice alleanza in occasione delle varie occupazioni perpetrate in questi ultimi tempi dai francesi, siano state tutte nel senso di considerare la Grecia come responsabile per le violazioni che essa ha lasciato commettere contro la neutralità del proprio territorio.

(2.) Cfr. n. 2.95.

Dalle informazioni che si hanno qui da diverse fonti sembrerebbero al contrario esagerati i timori del Governo greco circa il pericolo sanitario che deriverebbe dal lasciare sbarcare a Corfù le truppe serbe. La condizione sanitaria di queste risulterebbe abbastanza buona ed il colera che senza dubbio vi esiste in qualche misura, assicurasi essere di natura sporadica.

ALLEGATO

NOTA VERBALE

Atene, 31 dicembre 1915!31 gennaio 1916.

Le Gouvernement Royal Hellénique a pris connaissance de la Note en date du 28 décembre 1915/10 Janvier 1916 par laquelle, d'ordre de leurs gouvernements, les Ministres de France, de Grande Bretagne, d'Italie et de Russie ont bien voulu l'informer qu'à la suite d'une étude minutieuse de la question les Puissances Allieés ont résolu, par devoir de stricte humanité, de transporter provisoirement l'armée serbe à Corfou, en promettant à la Grèce que cette installation provisoire des Serbes, qui sont ses alliés, n'aurait à aucun dégré le caractère d'une occupation et ne servirait de base à aucune revendication.

Tout en appréciant les sentiments généreux dont les Puissances Alliées ont voulu s'inspirer à l'egard de l'héroi:que armée d'une nation arnie, le Gouvernement Royal a le devoir d'exposer les objections capitales auxquelles se heurte leur résolution.

Sans examiner si le choix de Corfou répond en fait aux exigeances de la situation, en droit son exclusion est imposée par le statut international de l'ile. Corfou ne fait pas seulement partie d'un Etat neutre dans la guerre actuelle, c'est en vertu du traité du 14 novembre 1863, signé par trois des Puissances Alliées, un territoire perpétuellement neutre, où le souverain, qui ne peut, en déhors des forces de police et de dépòts, entretenir lui-méme une armée combattante, ne saurait à bien plus forte raison autoriser l'installation d'une armée étrangère belligérante. Le fait qu'il s'agit des Serbes, alliés de la Grèce, ne modifie nullement la position de la question, car pour ce qui est de la neutralité choisie par la Grèce, elle demeure entière, avec toutes ses conséquences, tant que l'alliance avec la Serbie n'est pas pratiquement réalisée et, pour ce qui est de la neutralité spéciale de Corfou, son caractère parpétuel montre assez qu'elle s'imposerait alors mème que la Grèce serait, elle aussi, belligérante.

Les considérations d'humanité, dont le gouvernement, les autorités et le peuple n'ont cessé en Grèce de s'inspirer vis-à-vis des Serbes, seraient suffisantes pour faire accueillir à Corfou, comme ailleurs, avec la plus vive sympathie, les réfugiés serbes. Elles ne peuvent pas tenir en échec les obligations internationales et autoriser sur un territoire doublement neutre l'évacuation et la réorganisation d'une armée destinée encore à combattre. Mais les considérations d'humanité, loin de militer en faveur de la violation de la neutralité de Corfou, corroborent, dans le cas présent, les exigeances du droit pour en rendre le respect plus impérieux. Le Gouvernement Royal n'ignore pas l'état sanitaire de l'armée serbe. Il est informé que les médecins des détachements français en Albanie ont signalé à leur gouvernement le danger qu'offrirait pour les armées Alliées le transfert à Salonique des troupes serbes dans les rangs desquelles le choléra a déjà fait des ravages. Si le très légitime souci de la santé de leurs armées a décidé les Puissances alliées à tenir compte de ce conseil, un devoir de stricte humanité vis-à-vis de la population de Corfou leur impose d'éviter de créer dans l'ile un redoutable foyer d'épidemie.

Pour toutes ces raisons, tout en prenant acte de la promesse des Puissances Alliées que l'installation éventuelle de l'armée serbe à Corfou serait provisoire, n'aurait à aucun dégré le caractère d'une occupation et ne servirait de base à aucune revendication, le Gouvernement Royal, conscient des ses obligations vis-à-vis des tierces puissances signataires du traité de 1863 et soucieux de l'état sanitaire de la population du Royaume ne saurait consentir à l'évacuation à Corfou de l'armée Serbe.

(l) Cfr. n. 313.

324

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 135/25. Atene, 16 gennaio 1916, ore 14 (per. ore 16,40).

Il Re Costantino ha ricevuto ieri il ministro di Francia e gli ha parlato con molta amarezza degli avvenimenti degli ultimi tempi. Egli ha detto che la Francia aveva portato all'estremo limite la propria politica di umiliazione della Grecia. Sopratutto dopo la, secondo lui, inutile distruzione del ponte di Demirkissar Grecia teme ora peggio. Si è preoccupati vedere da un momento all'altro scendere gli anglo-francesi al Pireo e operare un colpo di mano sulle legazioni nemiche. Queste hanno domandato protezione del Governo ellenico e messo al sicuro loro archivi. Francia terrorizza il paese. Il Re ha preso precauzioni per difendere almeno la capitale.

Della decisione di riorganizzare a Corfù truppe serbe il Re attribuisce colpa all'Italia la quale per motivi sanitari non li volle ospitare a casa. Ed ora ciò che non volle fare l'Italia dagli alleati della Serbia in questa guerra si vuole imporre alla Grecia che ha dichiarato che la sua alleanza colla Serbia non si poteva applicare a questa guerra.

Rispetto alle intenzioni degli avversari a Salonicco il Re si mostrò dubbioso con tendenza però a sostenere che attacco per ora non avrà luogo.

325

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 137/15. Bucarest, 16 gennaio 1916, ore 14 (per. ore 2,50 del 17).

Bratianu mi ha detto considerare la situazione del Re di Grecia, dopo differenti occupazioni di territori ellenici da parte Intesa, come insostenibile, sicché gli pare che vada incontro alla sua deposizione. Per Bratianu l'occupazione di Salonicco da parte Intesa si ridurrebbe ormai ad un mezzo di coercizione contro la Grecia.

326

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. CONFIDENZIALE 246/6. Cristiania, 16 gennaio 1916, ore 17 (per. ore 20).

Mio telegramma 5 ( l). Ho avuto ieri sera eccezionalmente un'altra conversazione questo ministro affari esteri il quale, ringraziandomi dell'assistenza prestata per intendersi con

il ministro d'Inghilterra, mi ha dichiarato Norvegia non abbandonerà linea di condotta seguita sino ad ora. È tuttavia sperabile, a mio remissivo parere, che con una politica commerciale più rigorosa verso Svezia, Danimarca, Governo britannico possa eliminare anche le cause ulteriore scontento da parte Norvegia, che è indubbiamente principale fattore statico dell'equilibrio scandinavo.

(l) Cfr. n. 318.

327

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 20/12. Stoccolma, 16 gennaio 1916 (l).

In un colloquio, avvenuto nei giorni scorsi, questo ministro degli affari esteri ha detto al mio collega di Inghilterra di esser molto preoccupato, perché l'accordo concluso l'anno scorso colla Germania, che ha reso di nuovo possibile l'esportazione del legname svedese in Francia ed in Gran Bretagna, scade all'inizio della primavera ed il Governo tedesco sembra far grandi difficoltà per rinnovarlo. Ha già chiesta l'autorizzazione per esportare da questo paese da dieci a dodici mila altri cavalli, ma è dubbio che si contenti di questa eventuale concessione. Se l'accordo non potesse rinnovarsi, il ristagno nell'esportazione del legname provocherebbe certo una grave crisi nelle province settentrionali, di cui quell'industria è una delle principali risorse. Potrebbero anche avvenire disordini e, per reprimerli e, fors'anca, per prevenirli, potrebbe imporsi la necessità di procedere alla mobilitazione generale...

Il mio collega di Russia a cui sir Esme Howard aveva --come a me riferito confidenzialmente tale conversazione, ha voluto senza indugio intrattenere il signor Wallemberg sullo stesso argomento per cercare di rendersi esatto conto della portata delle parole di lui. Il ministro degli affari esteri lo avrebbe assicurato nel modo più formale che tanto egli quanto gli altri membri del Gabinetto hanno la più ferma intenzione di non dipartirsi dalla politica di neutralità seguita finora, ma che bisognava che le potenze della Intesa «facilitassero il suo compito», ciò che -in moneta spicciola -significa «mettere la Svezia in condizione di rifornire in una certa misura la Germania». Il signor Nekljudov ha riportato l'impressione che il signor Wallemberg abbia un po' esagerato le tinte col collega di Inghilterra, arrivando fino alla vaga minaccia di mobilitazione generale, per far pressione sul Governo britannico e renderlo più condiscendente.

È difficile valutare in modo affatto preciso il valore dell'accenno fatto dal ministro degli affari esteri a sir Esme. Per parte mia, non credo che si tratti di un espediente inventato di sana pianta dal signor Wallemberg che è uomo di poca immaginazione e di poca duttilità. Ma le ipotesi possono essere varie fra due limiti: naturali preoccupazioni del Governo svedese, ispirate da pressioni e minacce tedesche -da una parte; un prestabilito piano di questi circoli germanofili, per creare un incidente che renda inevitabile l'intervento armato della Svezia -dall'altra.

Lo stesso mio collega di Russia mi ha detto di aver elementi, i quali lo inducono a credere che, in primavera, la Germania tenterà uno sforzo disperato per rompere le linee russe in Curlandia e minacciar Pietrogrado, agendo forse anche nel Golfo di Finlandia. È certo che, per una tale impresa, il concorso della Svezia sarebbe prezioso: come è certo che la presa di Riga e ancor più un'azione tedesca ben avviata contro la capitale russa farebbero in Svezia una profonda impressione e infonderebbero nuova lena ai circoli propensi all'intervento. Da ciò consegue che l'ipotesi di nuove forti pressioni tedesche, per attirar la Svezia nel conflitto verso la primavera, è tutt'altro che inverosimile.

Può essere che veramente a Berlino si creda che il provocare una crisi economica nelle province settentrionali, paralizzando l'esportazione del legname, offra il pretesto per far uscire la Svezia dalla neutralità. Il malcontento popolare potrebbe essere sfruttato per fomentare disordini non spontanei. In presenza di torbidi, gli elementi militari, che sono completamente sotto l'influenza tedesca, tanto che gli ufficiali non germanofili non osano nemmeno esprimere le loro opinioni, potrebbero sostenere la necessità della mobilitazione generale e di una concentrazione di truppe nelle regioni che, oltre ad essere il centro dell'industria forestale, sono anche la porta della frontiera russa. Di qui alla guerra sarebbe breve il passo.

Senza escludere affatto la possibilità che questa serie di avvenimenti si produca, io la ritengo tuttavia ancora poco probabile.

Bisogna notare anzitutto che, se la Germania determinasse una crisi nell'esportazione del legname, susciterebbe anche un vivo malcontento contro la sua politica, come avvenne appunto verso la fine del 1914. Un tale stato d'animo non sarebbe la migliore preparazione spirituale per una fraternità d'armi.

Inoltre, coloro che conoscono bene questo paese e lo spirito di disciplina del popolo svedese, affermano, come risultò anche in occasione del grande sciopero generale e delle varie dimostrazioni del gennaio-febbraio 1914, che il pericolo di disordini è del tutto, o quasi del tutto, escluso. Si aggiunga che i capi dei partiti democratici, i quali hanno scarse simpatie per la Germania e sono decisi fautori di una rigorosa neutralità, metterebbero eventualmente tutto in opera per impedire alle masse di lasciarsi andare a moti incomposti, che potrebbero esser sfruttati dai partigiani dell'intervento.

Finalmente, il procedere alla mobilitazione generale in caso di disordini fra gli operai dell'industria forestale che, in tutta la Svezia, sono appena 40 mila, sarebbe tale inconseguenza, da autorizzare un qualche scetticismo circa tale eventualità.

Conviene quindi ragionevolmente ritenere che il pericolo determinato di un intervento della Svezia a lato della Germania sia sempre remoto e che le parole del signor Wallemberg al ministro d'Inghilterra siano effetto o di minacce tedesche o di preoccupazioni svedesi o semplicemente del desiderio, che è vivissimo nei circoli governativi, di poter di nuovo rendere sottomano qualche servigio alla Germania.

Però, una qualche incertezza permane perché, mentre la Corte, e precisamente il Re, sono sotto la decisa influenza tedesca, tanto il Governo quanto i partiti democratici, i quali dovrebbero essere i più fermi baluardi della neutralità, si trovano in uno stato di crisi latente.

Su questa situazione politica interna ho riferito di recente a V. E., e cioè col rapporto n. 212 in data del 7 dicembre u.s. (l) -Da allora essa non si è modificata, ma si è meglio precisata.

Nel Gabinetto, il signor Hammarskjold, seguito dalla maggior parte dei ministri (fra cui per inteUigenza e attività si distingue quello dell'interno, von Sydow), continua la sua politica nebulosa, che, sotto apparenze dottrinali, è sostanzialmente germanofila. Non si può dire che egli mediti di far uscire la Svezia dalla neutralità: ma inasprisce insensibilmente ogni giorno i rapporti colle potenze dell'Intesa, specialmente coll'Inghilterra, e mostra la più grande indulgenza, per non dire la più aperta protezione verso tutti coloro che, in buona o mala fede, lavorano quotidianamente a mantenere lo spirito pubblico in agitazione e in sospetto. Di fronte a lui, il ministro degli affari esteri, pur avendo personalmente idee e tendenze assai diverse, si fa sempre più passivo e remissivo, ciò che lo compromette e lo solidarizza con una politica che, in cuor suo, disapprova. Il signor Wallemberg ha detto e ripetuto che la sua presenza al Governo significa la permanenza nella neutralità e che egli si dimetterà, piuttosto che lasciar trascinare la Svezia alla guerra. Ma egli, specialmente durante i negoziati coll'Inghilterra e la polemica per l'Agenzia Transito, ha già assunte molte responsabilità, che, dovrebbero pesargli, senza sembrar rendersi conto della sua incoerenza: e sull'efficacia della sua azione personale ogni dubbio è ormai lecito.

Al principio della crisi internazionale, tutti i grandi partiti parlamentari si sono dichiarati a favore della neutralità ed apparentemente nessun mutamento è sopravvenuto.

La destra appoggia ora nel Gabinetto la tendenza Hammarskjold. La stampa conservatrice seria rispecchia fedelmente le idee del presidente del consiglio e non risparmia, all'occasione, le punture di spillo al ministro degli affari esteri.

I partiti democratici del Governo, cioè quello radica-liberale e quello socialista moderato, desiderano una neutralità rigorosa e diffidano del signor Hammarskjold, a cui rimproverano di fare politica sibillina ed autoritaria, senza mantener nessun contatto colla rappresentanza nazionale, e di aver seguito un indirizzo economico, a cui si deve l'enorme rincaro dei viveri pel quale tutto il popolo svedese soffre, mentre qualche centinajo di speculatori ha accumulato milioni. Tuttavia essi esitano sulla linea di condotta da seguire durante la sessione della Dieta, che è cominciata ieri. Essi sono bensì d'accordo nel voler rovesciare il Ministero, perché ritengono che lo stesso signor Hammarskjold intenda perseverare fermamente nella neturalità e perché hanno tuttora l'illusione che, anche pel resto, la persona del Signor Wallemberg valga a mantenere in equilibrio la politica del Gabinetto.

Però una parte di essi vorrebbe che si assumesse una attitudine energica che consisterebbe: nell'obbligare il Governo a dare garanzie esplicite circa la

neutralità ed a tenersi in contatto seguito colle Camere, non solo informandole con tutta la possibile larghezza di quanto avviene, ma ripristinando la Commissione parlamentare consultiva segreta, che era stata nominata nell'agosto 1914 (ved. mio rapporto n. 81 del 5 novembre 1914) (l) e fu poi lasciata cadere l'anno scorso; e nel sottoporre a severa critica la politica economica del Governo.

Invece un'altra parte sembra paventare le conseguenze di un contegno battagliero. Teme che, a qualche attacco vivace, il Re risponda colla costituzione di un Ministero puramente conservatore e, magari, collo scioglimento della seconda Camera. Ciò potrebbe dar modo alla Corona di spingere meno difficilmente il paese alla guerra e, in ogni caso, riaccenderebbe il conflitto costituzionale che anche i partiti democratici vogliono evitare, finché la grande crisi internazionale non sia superata.

Per quanto io posso giudicare, la prima tattica sarebbe forse più opportuna: ma, sebbene una decisione definitiva non sia ancora stata presa, credo che la seconda abbia maggior probabilità di prevalere. Lo stesso deputato Branting, capo del partito socialista moderato, mi diceva qualche giorno fa: «Non bisogna aspettarsi gran che dalla Sessione della Dieta. Se ci sarà qualche attacco aspro contro il Governo, si farà circolare nei corridoj la voce che bisogna tacere: e tutti taceranno».

L'incertezza dei partiti democratici è anche accresciuta dal fatto che in essi, sebbene poco numerosi, non mancano gli elementi germanofili e che il partito liberale, dopo la morte di Carlo Staaf che, pur avendo grandi difetti, era una bella tempra di lottatore, è rimasto senza capo. Il deputato Branting, che è la personalità più eminente delle sinistre, ha certo un chiaro intuito politico e gode di una grandissima popolarità. Ma, in fondo, è male informato sulla reale politica estera del Gabinetto, sebbene i miei colleghi d'Inghilterra e di Francia ed io stesso procuriamo, colla dovuta discrezione, di orientarlo. E poi sembra considerare con una certa preoccupazione l'eventualità di una lotta contro il Gabinetto e contro la Corona.

Il giorno in cui la neutralità corresse un serio pericolo, che per il momento sembra loro escluso, i partiti democratici ritroverebbero forse tutto il loro vigore e tutta la loro combattività. Ma senza esagerarne l'importanza, convien tenere conto dell'imbarazzo, che sentono nell'ora attuale di fronte alla politica malsicura del signor Hammarskjold.

(l) Manca l'indicazione della data d'arrivo.

(l) Non pubblicato.

328

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. CONFIDENZIALE 40/11. Cristiania, 16 gennaio 1916 (per. il 29).

Incontrai, ieri sera, ad un trattenimento alla Legazione di Russia, questo ministro degli affari esteri che mi parlò spontaneamente della visita fattagli dal rappresentante britannico. Dopo avermi detto -come ho riferito col mio

telegramma n. 6 di oggi (l) -con grato animo di avergli reso un segnalato servigio provocando nelle migliori condizioni quell'incontro, mi aggiunse di essersi espresso francamente col ministro britannico e di aver così potuto trovare di comune accordo, le vie più adatte per intendersi ed eliminare i malintesi ed i contrasti che minacciavano di creare una situazione sgradevole. A questo punto il signor Ihlen elogiò, nei termini più lusinghieri, il signor Findlay il quale -e ciò è vero -con molto tatto ed estrema premura disimpegna le non facili e gravose attribuzioni riconnettentesi alla politica commerciale del suo Governo nei riguardi della Norvegia.

Profittando delle ottime disposizioni del ministro e dell'intonazione amichevole e cordiale con cui si era rivolto a me, gli ho chiesto accademicamente -ma a scopo intenzionale -se avesse letto sui giornali della sera stessa le notizie telegrafiche provenienti da Londra circa il recrudescente movimento d'opinione che si è manifestato in Inghilterra in senso non favorevole ai paesi scandinavi che sono accusati apertamente di rifornire la Germania avvalendosi, in non poca parte, delle facilitazioni commerciali accordate a loro diretto uso e vantaggio dalla Gran Bretagna. Il signor Ihlen mi ha risposto affermativamente e senza interrompersi ha detto: «Mais vous voyez que dans toutes ces attaques on ne mentionne nullement la Norvège. En effet rien on ne peut dire de nous. Nous sommes loyaux et strictement corrects envers l'Angleterre. Chez les autres et surtout en Dannemark les choses se passent d'une manière différente ». Sempre di seguito mi ha citato casi importanti e di qualche gravità che starebbero a provare lo scrupolo e l'energia spiegati dal Governo norvegese per impedire che attraverso il suo paese si eserciti il contrabbando a favore delle Potenze Centrali. Mi astengo dal farne l'enumerazione, ma ne citerò uno che interessa direttamente l'Italia e del quale ho avuto io stesso conoscenza non perdendolo mai di vista. Il Governo austro-ungarico sin da prima del nostro intervento nella guerra passò in Norvegia ad alcune importanti ditte del genere, un'ordinazione di oltre tre milioni di corone (circa 5 milioni di lire) di calzature per il suo esercito. La merce venne confezionata, ma grazie al pronto intervento della locale Legazione di Francia ch'era stata informata della cosa, non poté essere esportata. Quest'ultimo particolare naturalmente il signor Ihlen ha taciuto. Non sembra pertanto potersi contestare quello che egli mi ha narrato che cioè per quanto numerose siano state e continuino ad essere le insistenze della Legazione di Germania e degli interessati norvegesi, egli sempre si è opposto all'uscita delle scarpe che rimangono così in Norvegia.

Intanto le manifestazioni del ministro sulla correttezza della Norvegia verso l'Inghilterra e le altre Potenze dell'Intesa e la sensibile impressione che sembrava aver provocato in lui la campagna di una parte influente della stampa inglese contro quel Governo a causa della longanimità da esso dimostrata verso la Danimarca e la Svezia mi hanno porto l'occasione di domandare al signor Ihlen se non considerava preferibile la situazione in cui, nella circostanza, travasi il suo paese risparmiato da quegli attacchi che potrebbero anche far capo all'adozione di misure più severe contro i paesi segnati a dito. Il ministro mi

ha risposto assentendo e mi ha dichiarato che il Governo norvegese continuerà ad attenersi alla linea di condotta seguita sino ad ora e che da parte sua farà sempre tutto il possibile per appianare le difficoltà che fossero per sorgere con l'Inghilterra. Al che io ho replicato essere personalmente convinto che tali propositi concordano con le intenzioni del mio collega britannico e del suo Governo.

Anche in merito a questa mia seconda conversazione privata col ministro degli affari esteri ho tenuto parola al signor Findlay che ne è rimasto molto soddisfatto.

L'episodio è -almeno per quanto riguarda la mia persona -ormai chiuso. Se vuolsi, nella sostanza non è importante, tuttavia appare sintomatico ed istruttivo. Sintomatico per tutti i governi dell'Intesa. Istruttivo in particolar modo per il Governo britannico.

Riguardo al primo aspetto della questione non ho che a ripetermi. La Norvegia è un paese militarmente debole, alla testa del suo Governo sono uomini di limitata esperienza politica, incapaci di assumere un'iniziativa qualsiasi, di risolvere una situazione difficile, di resistere ad una pressione stringente, il suo popolo è pavido, facilmente impressionabile. Non v'ha dubbio che le sue simpatie naturali tendono verso l'occidente, verso l'Inghilterra. Esse prevarranno mantenendo la presente posizione politica internazionale dello Stato sino a che ciò non appaia o non si immagini pericoloso e pregiudizievole. Si delinea qui il compito più importante, forse, della diplomazia dell'Intesa in questo paese; compito che si esplica nel seguire, assistere, sorreggere, in certo modo guidare il Governo. Lavoro delicato e complesso in quanto va eseguito senza dare a divedere che lo si faccia, senza ferire le suscettibilità; perché richiede la collaborazione metodica e costante, in circostanze e forme varie, di tutti i rappresentanti dell'Intesa. È questo appunto che senza un piano prestabilito o studiato occorre qui grazie all'affiatamento, alla armonia ed alla coscienza dell'interesse comune, fra i quattro ministri.

Quanto all'aspetto istruttivo dell'episodio -come dicevo -esso concerne specialmente l'Inghilterra. A mio modesto avviso è un errore usare un trattamento diverso per ciascuno degli stati scandinavi. Conseguenza logica ne sono scontento e gelosia presso l'uno o l'altro. In Norvegia -particolarmente grazie ai metodi accurati e pertinaci posti in opera dal locale ministro britannico l'azione di controllo dell'Inghilterra è risultata più efficace che in Danimarca ed in Svezia. La Norvegia sembra risentirsene. Il rimedio non può né deve consistere in un rallentamento dei freni verso di questa, ma in una maggiore stretta dei nodi verso gli altri due paesi scandinavi. A parte l'effetto salutare che un simile procedere avrebbe nella questione dei furtivi ed abusivi rifornimenti alle Potenze Centrali. la Norvegia non avrebbe più motivo di dolersi come la meno favorita delle 3 nazioni. E questo fine merita di essere tenuto in debito conto perché la Norvegia, con tutte le sue manchevo1ezze sia nei riguardi politici che militari, è stata dal principio della guerra e continua ad essere il principale fattore statico dell'equilibrio scandinavo. Senza di essa o con una Norvegia meno resistente alle tendenze del vicino regno, non è possibile dire quale sarebbe stato il contegno della Svezia. Anche senza partecipare direttamente alla guerra avrebe certo avuto miglior giuoco, con maggiori risorse materiali e morali-politiche, a venire in aiuto della Germania. E questa favorevole situazione nell'ambito stesso della neutralità scandinava è sperabile abbia a mantenersi e se possibile anche a migliorare a vantaggio dell'Intesa.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 326.

329

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 136/28. Pietrogrado, 17 gennaio 1916, ore 0,30 (per. ore 8,20).

Izvolsky telegrafa che Grecia ha inviato al Governo francese una nota di protesta per Corfù assai più aspra di quella rimessa ai quattro ministri in Atene. Governo francese non aveva ancora fino al 14 corrente [deciso] se replicare a detta seconda nota Grecia oppure astenersene.

330

IL CONSOLE A SCUT ARI, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. S. 140/16. Scutari, 17 gennaio 1916, ore 8,30 (per. ore 13,10).

Mi si riferisce che qualche ufficiale francese testè in missione a Scutari avrebbe accennato a diffidenza da parte della Francia circa nostra azione aggiungendo che occupazione isola Corfù da parte francese avrebbe anche per scopo controllare nostri movimenti.

Informo V. E. di quanto precede ad ogni buon fine e con tutta riserva (1).

331

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 141/26. Atene, 17 gennaio 1916, ore 15,20 (per. ore 17).

Questo Governo ha inviato a queste legazioni di Francia e Inghilterra una fiera protesta contro distruzione ponte Demirkissar « non richiesta da nessuna necessità militare e che rende presso che impossibile rifornimento truppe elleniche nella Macedonia orientale».

Da ogni parte mi si conferma che questo fatto più che ogni altro ha eccitato opinione pubblica in Grecia. Ministro di Francia colla sua consueta improntitudine afferma che oramai tutta la Grecia ci si è rivoltata contro e ci

invita ai ripari. Mentre converrebbe evitare nuove azioni imprudenti, egli peggiora ancora nostra situazione qui che certamente non è buona.

Capitolazione del Montenegro è un grave colpo per il nostro prestigio qui e conferma opinione che giornali governativi sostengono da tanto tempo, che qualunque Stato balcanico si atlida all'Intesa è votato alla rovina.

(l) Ritrasmesso a Parigi con t. gab. 92 del 17 genn:~io, ore 21.

332

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI

T. GAB. 93. Roma, 17 gennaio 1916, ore 21.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -Barrère mi ha parlato della risposta collettiva che codesto ministro francese vorrebbe dare alla protesta greca. Mio parere è che val meglio non dare una risposta utliciale, e meno che mai collettiva. Testo francese comunicatomi intavola polemica molto discutibile sulle violazioni della neutralità di Corfù commesse per prima dalla Germania, con sommergibili, il che Grecia nega, e con invio utliciali. Russi vorrebbero sostenere che Grecia per prima violò neutralità dell'isola negli anni passati. Reputo più consigliabile rispondere verbalmente e singolarmente cercando calmare irritazione ellenica.

Prego V. S. agire in conformità di quanto precede.

333

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, A BUCAREST, FASCIOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI (l)

T. GAB. 94. Roma, 17 gennaio 1916, ore 19.

(Solo Bucarest) -Telegramma di V. S. n. 8 (2).

(Meno Bucarest) -R. ministro in Bucarest telegrafa quanto segue:

(come nel telegramma n. 134/8).

Ho risposto a Fasciotti quanto segue:

(Per tutti) -Di fronte alle ingiustissime accuse di cotesto ministro di Serbia V. S. potrà contrapporre:

1° -Noi volevamo che la maggior parte delle truppe serbe si riorganizzassero in Albania, tra Scutari, Tirana e dintorni. Pasic ha insistito perché si portassero via tutte, reclamando e protestando perché non si eseguiva subito.

2° -Abbiamo appoggiato il trasporto a Corfù, che si sta facendo.

3° -Abbiamo fatto ogni sforzo, con gravi rischi e danni al personale e al materiale per trasportare via i prigionieri austriaci secondo il desiderio di Pasic, i rifugiati e le truppe serbe, malgrado le grandi dimcoltà, anche sanitarie. Attualmente quattro nostri piroscafi sono in servizio per i profughi serbi. Numerosi rifugiati si trovano già in Italia soccorsi e confortati (1).

(l) Ed. In SONNINO, Carteggio, cit., n. 489.

(2) Cfr. n. 321.

334

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 37/8. Pechino, 17 gennaio 1916 (per. il 14 febbraio).

La situazione politica è incerta per l'incertezza che caratterizza i due suoi fattori, e cioè la rivoluzione interna e l'atteggiamento del Giappone. Neppure il Governo cinese sa di sicuro quali pericoli lo minacciano nelle provincie meridionali, e come il pubblico, anch'esso si domanda:

«Le provincie del Kueiciao e del Szechuan rimarranno leali o passeranno ai ribelli?~ e: «L'arrivo di truppe imperiali nei luoghi della rivolta (finora incruenta) riporterà la calma o provocherà un più aperto conflitto?~ Si fanno poi, pronostici vari sulla lealtà dei governatori, o piuttosto sul prezzo della medesima.

Tutti, non esclusi i membri di questa legazione del Giappone, ammettono che il riconoscimento per parte delle potenze estere potrebbe contribuire a riportare la calma. Nel rifiutare il riconoscimento le potenze dell'intesa avrebbero ora l'aria di schierarsi dalla parte dei ribelli. L'Inghilterra è la potenza principalmente interessata ad affrettare il riconoscimento, perché l'incertezza nuoce al suo commercio. Il Giappone cerca di tirare in lungo per pescar nel torbido. Le vedute dei Governi di Londra e di Tokio sono opposte perché il primo cerca di salvaguardare il vecchio predominio, il secondo di conquistarne uno che la guerra ha reso possibile. Se l'opinione pubblica ignora le trattative in corso per il riconoscimento, s'accorge, per mezzo della stampa, che gli alleati non son perfettamente d'accordo. E a qu~sto riguardo c'è chi domanda: «Non converrebbe all'Inghilterra di dare al Giappone mano libera in Cina qual prezzo del suo concorso altrove?».

Nel prendere l'iniziativa del consiglio dato al Governo cinese nello scorso novembre di posporre la restaurazione monarchica, il Governo di Tokio poteva sembrare ancora ispirato da un desiderio di evitare dei mali prevedibili, e l'attuale rivoluzione nello Yunnan diede ragione a chi consigliava una prudente dilazione. Ma il passo compiuto ieri, di cui informai V. E. (2), non sembra mo

tivato che dal desiderio di umiliare il Governo cinese, mentre altri vorrebbero aiutarlo a consolidarsi. In seguito a istruzioni del suo Governo, questo Ministro del Giappone fece conoscere al Wai-Chiao-Pu che la Corte Imperiale di Tokio non potrebbe ricevere per ora il signor Chow-Tze-chi, la cui missione, avente per iscopo di recare al Mikado Le congratulazioni d'uso per l'assunzione al trono, era stata organizzata da tempo, tanto che parte dei funzionari che dovean accompagnare l'inviato speciale cinese, son già partiti da una settimana pel Giappone. E qui si fa ancora una domanda: «Questo smacco dato alla Cina non è stato in parte provocato dalla troppo manifesta protezione britannica al Governo cinese? Non trova forse il Governo di Tokio che sir Edward Grey ha più a cuore gl'interessi del neo-Imperatore della Cina che non quelli del Mikado alleato?» I motivi del passo compiuto diverranno forse manifesti nelle sue conseguenze, ma intanto divengon apparenti anche qui le difficoltà di mantener cordiali le relazioni di due paesi alleati, che in Cina hanno interessi divergenti.

(l) -Per la risposta di Fasclottl cfr. n. 344. (2) -T. 237/3 del 17 gennaio, ore 12, non pubblicato.
335

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 157/17. Londra, 18 gennaio 1916, ore 22,22 (per. ore 1 del 19).

Dispaccio di V. E. gabinetto n. l (1). Oggi consegnato a Grey promemoria relativo accordo Senusso. Con libertà di linguaggio permessami dalla cordialità delle nostre relazioni personali ho, nel ricordare le incessanti insistenti premure anteriori, osservato che in questa questione del Senusso, che da cinque mesi mi cagiona tante amarezze, i fatti hanno luminosamente dimostrato quanto sagge e lungimiranti fossero le vedute del R. Governo e quanto ristrette e fallaci invece quelle delle autorità angloegiziane. Gli rivolgevo ciò stante vivissima calorosa preghiera di voler questa volta non trasmettere puramente e semplicemente al Cairo le nostre proposte ma esaminarle prima con benevola attenzione e lasciar intendere possibilmente

a Mac Mahon il desiderio del Governo che si addivenga ad un accordo equo, ragionevole di interesse comune e rispondente alla reciproca situazione delle due Potenze legate da alleanza che non può evidentemente restringersi soltanto

all'Europa.

Grey mi ha promesso avrebbe fatto a modo mio ed esaminato personalmente le proposte prima di comunicarle a Mac Mahon presso il quale sarebbe forse opportuno intervenisse anche Serra. Circa convenienza parlare pure a Rodd giudicherà V. E. Io remissivamente lo riterrei opportuno.

(l) Non rinvenuto.

336

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 154/18. Londra, 18 gennaio 1916, ore 22,22 (per. ore 1,10 del 19).

Grey, ricordando oggi osservazioni precedentemente fattemi circa contegno Montenegro, ha osservato che fin dal principio della guerra e specialmente dopo la presa di Scutari il Montenegro ben poco ha fatto per la causa comune. Da informazioni qui giunte parrebbe che la resistenza del Montenegro al Lovcen sia stata molto mite e che la pace coll'Austria sarebbe stata virtualmente conclusa già da un pezzo.

337

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 152/19. Londra, 18 gennaio 1916, ore 22,22 (per. ore 1,15 del 19).

Telegramma di V. E. n. 94 (1).

Grey riconosceva pienamente l'ingiustizia delle persistenti lagnanze di Pasic. Conveniva pure meco nella inopportunità di sfoghi serbi, proprio a Bucarest.

Nicolson mi disse giorni fa aver già due volte dichiarato a questo ministro di Serbia che le sue lagnanze erano infondate, che l'Italia aveva fatto e faceva tutto il possibile per aiutare i serbi e che non le si poteva chiedere di fare di più.

A proposito delle lagnaze serbe Grey oggi ha fatto un accenno vago, ma nella sua bocca pure assai significativo, agli imbarazzi ed alle complicazioni serie e molteplici che gli alleati debbono alla Serbia.

338

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 291/S. N. Scutari, 18 gennaio 1916, ore 23,55 (per. ore 12 del 19).

Su preghiera dei miei colleghi d'Inghilterra, Francia e Russia informo V. E. che lasciamo Scutari per recarci in Italia pregandola di voler darne comunicato agli ambasciatori in Roma perché ne informino i rispettivi Governi. Questa

partenza ha luogo sulla domanda del Re che ce l'ha trasmessa a mezzo del presidente del consiglio. Questi parte con la famiglia reale, il Re resta provvisoriamente a Podgoritza.

(l) Cfr. n. 333.

339

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 160/32. Pietrogrado, 19 gennaio 1916, ore 4 (per. ore 9,18).

Qui si rileva che una volta perdute le sue posizioni di montagna esercito montenegrino anche se provvisto di mezzi per continuare lotta non sarebbe più in grado resistere. Governo russo non intende pertanto sollevare obiezioni all'armistizio cui Montenegro di necessità dovrà addivenire e che gli consentirà di raccogliersi e, in attesa di migliori tempi, di conservare il territorio rimastagli. Non si crede infatti che austriaci spingeranno più oltre loro avanzata né che bulgari e nemmeno albanesi minacceranno Scutari e si stima ormai superfluo ogni tentativo di soccorsi militari al Montenegro, mentre si attribuisce la maggiore importanza e urgenza all'evacuazione dei serbi dall'Albania.

Accordi fra Austria e Montenegro che oltrepassassero armistizio non sarebbero ammessi da questo Governo.

Due soli giornali hanno finora commentato avvenimento: il Golos il quale esprime sicurezza che Italia spiegherà ogni sforzo per salvare Montenegro e Novoe Vremia che sostiene che soltanto intervento italiano può rimediare situazione ma che linguaggio del R. Governo non autorizza a sperarlo.

340

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 290/40. Pietrogrado, 19 gennaio 1916, ore 4 (per. ore 18).

Questi circoli politici non esagerano portata sulla guerra in generale dell'armistizio austro-montenegrino, ma ne rilevano conseguenze dannose.

Si osserva, cioè, che l'Austria ha reso quasi inespugnabile la già potente base navale di Cattaro e rafforzate le sue posizioni continentali rispetto alla Serbia ed all'Albania; ha reso disponibili le forze finora impiegate contro Montenegro e si è creata un nuovo prestigio presso i Malissori albanesi, dei quali non mancherà di servirsi. Si teme altresì che avvenimenti abbiano ripercussione sugli Stati balcanici neutrali.

Odierno Birgevija Viedomosti, dopo riassunta situazione, esprime voti per intervento Italiano nei Balcani; secondo sue notizie considera prossima una nostra spedizione in Albania.

341

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 298/20. Washington, [19] gennaio 1916, ore... (per. ore 17,15).

Incaricato d'affari austro-ungarico, in seguito alla partenza del Verdi, ha intrattenuto ieri segretario di stato circa navi mercantili armate, sostenendo che il loro armamento costituisce per i sottomarini minaccia offensiva che altera carattere pacifico della nave; ed ha fatto presente che, in caso di nuove partenze da questo porto di altri piroscafi armati, il suo Governo notificherebbe qui di considerarli passibili di attacco senza preavviso.

I giornali, pur riproducendo a questo riguardo la posizione presente degli Stati Uniti, avvertono ufficiosamente che il Dipartimento di Stato riesamina la intera questione, dovendo forse modificare norme attuali.

342

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T.P. 309/21 GAB. (1). Londra, 19 gennaio 1916, ore 22,47 (per. ore 4,30 del 20).

Grey, cui rivolgemmo ieri rinnovate istanze, per questione carbone, grano, ecc., mi disse che, penetratissimo come è importanza questione, da vari giorni non si è occupato di altro.

Ha spinto energicamente ministro competente a studiare soluzione, ha fatto intervenire primo ministro, ha deferito questione consiglio dei ministri che l'ha discussa ieri per due ore. Nell'annunziarmi prossime proposte formulate da Runciman, aggiunse poter assicurare che da parte sua e dei suoi colleghi, nulla essersi tralasciato per darci soddisfazione nei limiti, beninteso, del possibile. Sperava ora, da parte nostra, si vorrà tener conto grosse difficoltà che questo Governo deve superare per risolvere intricata questione, stante estrema scarsezza tonnellaggio.

La proposta è venuta stamane e con altro telegramma ne riferisce a

V. E. (2). Al punto in cui sono giunto con queste mie pratiche, mi sembra comunque

esse abbiano già un primo risultato, in qutnto uscita dal vago, questione è stata impostata su basi concrete.

Ritengo, d'altra parte in coscienza, e così la pensa Attolico, molto difficile questo Governo si trovi in grado concederci interamente numero di piroscafi da noi chiesti. Cercheremo di tirare il più possibile; ma, come V. E. comprenderà, non è dato oltrepassare limiti possibilmente materiali.

Della massima buona volontà dimostrata da questo Governo nel venirci incontro ed aiutarci, siamo, Attolico ed io, oramai assolutamente persuasi ed entrambi desideriamo darne assicurazione al presidente del consiglio ed a V. E.

(l) -Partito come telegramma di gabinetto è stato protocollato in arrivo nella serle ordinaria. (2) -Cfr. n. 345 nota 2.
343

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. CONFIDENZIALE 49/14. Cristiana, 19 gennaio 1916 (per. il 26).

Tutta la stampa norvegese ha riprodotto integralmente il discorso pronunciato dal Re di Svezia in occasione dell'apertura del Parlamento ed ha riferito le voci circa le conversazioni non del tutto tranquillizanti che avrebbero avuto luogo nella medesima circostanza alla colazione offerta da quel Sovrano alle delegazioni delle Assemblee nazionali. Sino ad ora nessuno di questi giornali ha fatto dei commenti. II che non toglie che quelle manifestazioni non hanno provocato nel pubblico norvegese buona impressione. Lo stesso Ministro degli Affari Esteri, ierì, in un fugace accenno alla cosa, non mi ha nascosto la sua disapprovazione dicendomi «purtroppo gli svedesi impiegano sovente delle grosse parole ... ».

A questo proposito credo opportuno informare V. E. essere io venuto a conoscenza di un tentativo che avrebbe fatto la Svezia per indurre il Governo norvegese ad affrettare la cerimonia inaugurale del nuovo Storthing in modo da far sì che i due discorsi del trono avessero luogo a Stoccolma ed a Cristiania nello stesso giorno. Sembra inoltre che le mene della diplomazia svedese a tale intento coincidessero, nel tempo, con le recriminazioni del signor Ihlen contro l'Inghilterra ed in merito alle quali ho lungamente riferito a V. E. (1). Non oso dire che le nostre conversazioni di quei giorni abbiano servito a rendere meno accessibile il Ministro norvegese alle entrature del rappresentante svedese, ma non escludo che il Presidente del Consiglio, messo al corrente di tutto ciò che si svolgeva siasi opposto, in modo reciso, a quella per lo meno non opportuna combinazione.

Mentre mi riservo, occorrendo, di tornare con maggiore precisoine su l'argomento, mi limito a menzionare che cominciano qui a risorgere delle inquietudini pel contegno non chiaro cui si atteggia la Svezia. Non mancano persone autorevoli che diffidano tuttavia di questa. Corrono inoltre voci insistenti che

la Russia abbia effettivamente concentrato delle truppe in Finlandia e che vada preparando in tutta segretezza delle opere di difesa verso la frontiera della Svezia.

(l) Cfr. nn. 318, 326 e 328.

344

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 183/23. Bucarest, 20 gennaio 1916, ore 14,15 (per. ore 7,14 del 22).

Mi sono espresso con questo ministro di Serbia conformemente comunicazioni fatte coi suoi telegrammi 12, 42 e 94 (l). Marinkovic mi ha confermato avergli Pasic in varie riprese telegrafato:

1° -che i serbi mancavano di vitto;

2° -che gli italiani avevano rifiutato di prestare loro soccorso contro gli austro-bulgari nell'Albania settentrionale e di consentire loro di scendere nell'Albania meridionale per congiungersi alle truppe sbarcate a Valona;

3° -che era stata rifiutata autorizzazione all'esercito serbo di rifugiarsi in Italia e che ad un dato momento in seguito alle proteste greche l'Inghilterra esitava ad autorizzarne lo sbarco a Corfù.

Ministro di Serbia non riuscì a rendersi conto come c10 sia conciliabile colle affermazioni del R. Governo che ad ogni modo egli ha accolto con un senso di sollievo. Egli deplora attriti esistenti tra il R. Governo ed il Governo serbo e, valendosi della sua autorità di capo del partito unitario, che fa parte della coalizione che travasi ora al potere, telegraferà a Pasic ed agirà presso il proprio fratello che è ministro del commercio per dissiparli.

Circa condotta del Montenegro egli mi ha detto che il giorno del Natale ortodosso Pasic si recò dal Re Nicola per i consueti auguri e trovò il contegno di Sua Maestà oltremodo strano; Re Nicola avrebbe dichiarato in questa occasione a Pasic di ritenere la causa dell'Intesa perduta e sicura quella degli Imperi centrali.

Dall'insieme di tale udienza Pasic avrebbe avuto fin d'allora la certezza della prossima defezione del Montenegro.

Circa Valona Marinkovic, che conosce a fondo il Montenegro, afferma che il R. Governo non deve farsi illusioni; la mancanza di strade non impedirà agli austro-ungarici di portare fin là le loro artiglierie pesanti giacché la natura del terreno è tale da consentire, grazie alla tecnica moderna, la costruzione in questo Stato di vie di comunicazioni provvisorie.

(l) Cfr. nn. 268, 286 e 333.

345

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (l)

L. P. Roma, 20 gennaio 1916, ore 17.

Ho parlato con Mayor des Planches che è arrivato qui oggi da Berna, dietro un mio telegramma. Gli ho prospettato di che cosa si tratta, abbozzandogli all'ingrosso lo stato della questione così dei noli dei trasporti come dei grani, dei carboni e dei rottami; come pure l'ultimo stadio a cui sono arrivate le trattative. Egli in massima accetterebbe l'incarico; salvo per qualche giorno rendersi bene conto dei singoli problemi. Gli ho detto di averti proposto il suo nome e che Tu avevi mostrato dì approvarlo, consigliandomi di chiamarlo.

A Londra la questione mi pare mettersi sulla buona via, a giudicare dall'ultimo telegramma di Imperiali n. 311 (19 gennaio, non di gabinetto) (2) e gl'inglesi fanno delle proposte positive tanto pel grano come pel carbone, ecc.

A me paiono accettabili, anche per la parte che riguarda il Tesoro; mando copia del telegramma alla Guerra, alla Marina, all'Agricoltura, ai Lavori e al Tesoro, e consiglierei di stringere presto.

A Mayor ho detto che avrei cercato al Tuo arrivo da Firenze di fargli fissare un convegno con Te, per meglio intendersi.

Quando credi di poterlo ricevere? Egli abita all'Hotel Quirinale. Bisognerà pensare alle condizioni che vogliamo fare, e anche a preparare Imperiali. Ma aspetto a scrivere a Imperiali fino a che la cosa sia meglio determinata. Il telegramma in cui il governo inglese accennava alla opportunità che mandassimo a Londra un delegato autorevole, che potesse decidere le questioni per conto dei vari dicasteri, è del 14 gennaio da Londra e porta il numero 207 (non di gabinetto) (3). A voce avrei da parlarti di parecchie cose.

Intanto si presenta il nuovo problema: dove portare le truppe montenegrine, che, a quanto proclama oggi re Nicola, verranno via per non cedere le armi al nemico. Egli chiede che se ne aiuti l'esodo come abbiamo fatto pei serbi. Giers ha l'aria d'interessarcisi pure.

346

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 103. Roma, 20 gennaio 1916, ore 19,20.

Questo consolato del Montenegro comunica che S. M. il Re del Montenegro e il suo Governo hanno rifiutato tutte le condizioni austriache e che la lotta ha già ricominciato su tutto il fronte.

Il Re e 1 figli sono ancora al Montenegro in mezzo alle truppe per organizzare l'ultima difesa e facilitare una eventuale evacuazione. Notificando quanto precede, il Governo montenegrino spera che gli alleati lo aiuteranno per l'evacuazione dei serbi come del montenegrlni.

Il ministro presidente attende a Brindisi il corpo diplomatico per recarsi insieme a lui a Lione, dove più tardi seguirà S. M. Re Nicola coi figli passando per Roma.

S. M. la Regina è partita da Brindisi e arrivata stasera a Roma.

Il consolato generale del Montenegro prega che il R. Governo prenda in considerazione la dUilcile posizione in cui si troverà l'esercito e che per l'evacuazione eventuale del Montenegro si metta d'accordo cogli alleati.

Ho subito fatto le comunicazioni del caso ai colleghi della guerra e della marina per i provvedimenti da prendersi per facilitare l'esodo eventuale del montenegrinl.

(1) -Da BCL, Archivio Salandra. Ed. in SONNINO, Carteggio, c!t., n. 490. (2) -T. 311/22 gab. del 19 gennaio, ore 22,45, non pubblicato. Il Governo britannico offriva d! mettere a disposizione dell'Italia, a prezzo d! requisizione, un certo numero d! piroscafi per trasportare sia carbone dal Regno Unito, sia avena, fieno e munizioni. (3) -Cfr. n. 317.
347

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 173/25. Londra, 20 gennaio 1916, ore 22,20 (per. ore 3,50 del 21).

Fregandomi andarlo oggi a vedere Grey mi ha detto desiderava pormi in grado ragguagliare V. E. sui particolari del colloquio di ieri con Briand e suoi colleghi, la visita dei quali ha avuto del resto carattere precipuo di cortesia quale restituzione di quella britannica a Parigi.

Si è adunque discusso seguenti punti:

1° -carbone, trasporto, noli;

2° -partecipazione militare italiana Salonicco, questione balcanica;

3° -riconoscimento nuovo regime in Cina;

4° -contegno da tenersi in tesi generale verso Grecia.

Sui punti primo e terzo e quarto riferisco con separato telegramma (1). Circa punto secondo Brland sviluppò argomenti sottoposti a V. E. da Barrère. (Telegramma V. E. n. 85) (2).

Grey rappresentò obiezioni V. E. specialmente quelle attinenti difficoltà nostre di rifornire in uomini e materiale contingenti eventualmente inviati a Salonicco e l'altra concernente sufficienza truppe già Salonicco per azione unicamente difensiva. Consultate su questo punto autorità militari franco-inglesi hanno opinato che ad assicurare azione difensiva concorso italiano sarebbe desiderabilissimo data estrema difficoltà dei franco-inglesi di inviare ulteriori truppe a Salonicco.

Per tale motivo ed anche per l'altro egualmente importante dal punto di vista morale della manifestazione di solidarietà tra alleati Grey non mi ha dissimulato quanto sarebbe da questo Governo non meno che da quello francese apprezzato eventuale invio anche di una sola divisione italiana. Al riguardo ha detto avrebbe oggi stesso incaricato Rodd intrattenerne l'E. V.

Al noto progetto comitato diplomatico da riunirsi Parigi, Briand ha soltanto accennato menzionando obiezioni di V. E. (l). La questione però non ha formato oggetto di discussione (2).

(l) -Cfr. nn. 348 e 349. (2) -Cfr. n. 322.
348

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 320/26 GAB. (3). Londra, 20 gennaio 1916, ore 22,20 (per. ore 3,50 del 21).

Mio telegramma gabinetto n. 21 (4).

In seguito premurosissime insistenze francesi questo Governo ha fatto alla Francia una proposta analoga a quella da me riferita con mio telegramma gabinetto n. 22 (5), circa la quale Grey mi ha chiesto se avevo riferito a V. E. Alla mia risposta affermativa ha soggiunto ciò lo dispensava dal telegrafare particolareggiatamente a Rodd. Si sarebbe per ora limitato incaricare ambasciatore pregare V. E. di voler tener conto grosse difficoltà in cui trovasi ora Governo britannico, che dalla scarsezza tonnellaggio soffre ora non meno che dei suoi alleati, seri inconvenienti.

Questione ha dato luogo ieri interrogazione alla Camera con dichiarazione di Runciman ed è oggi esaminata e discussa da quasi tutti i giornali dei quali invierò estratti. Questioni attinenti distribuzione piroscafi essendo state trasferite dal Board of Trade ed assegnate al comitato speciale presieduto da lord Curzon... ho pregato Grey di rivolgergli calde raccomandazioni perché non abbia eventualmente a lesinare nel numero dei piroscafi da assegnare a noi.

Grey mi ha promesso gli avrebbe parlato domani.

349

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 318/65. Londra, 20 gennaio 1916, ore 22,20 (per. ore 3,30 del 21).

Nei colloqui di ieri ministri anglo-francesi hanno riconosciuta opportunità di venire ad una decisione circa eventuale r.iconoscimento nuovo regime Cina,

ordinaria.

importando non essere colti di sorpresa da una possibile improvvisa proclamazione Impero. Grey insiste sulla necessità di procedere d'accordo col Giappone oggi tuttora esitante, riluttante. Grey mi ha detto avrebbe conferito in giornata con ambasciatore del Giappone proponendo che questione venga esaminata e discussa Tokio fra quel R. ministro affari esteri ed ambasciatori alleati.

(l) -Cfr. n. 320. (2) -Ritrasmesso a Parigi e Pietrogrado con t. gab. 105 del 22 gennaio, ore 11. (3) -Partito come telegramma di gabinetto è stato protocollato in arrivo nella serie (4) -Cfr. n. 342. (5) -Cfr. n. 345, nota 2.
350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (l)

APPUNTO. [Roma,] 21 gennaio 1916.

Uno degli argomenti delle discussioni di Briand con Grey a Londra (2) è stato l'invocato invio di una divisione italiana a Salonicco. Tra le ragioni che portano inglesi e francesi per insistere sull'invio vi è quella delle maggiori loro relative difficoltà di inviarvi truppe; il che mostra che, secondo il loro pensiero, dovremmo poi provvedere noi in prima linea non solo a mantenere completa quella iniziale nostra divisione, ma anche a supplire agli ammanchi progressivi nelle file degli alleati, con l'invio graduale di ulteriori reparti italani.

Non possiamo oggi disgiungere la questione di Salonicco da quella dell'Albania e dell'Adriatico. Qui tutto accenna a più urgenti necessità di parare a nuove offese, e magari di prendere parziali offensive. Ma chi è che ora valuta giorno per giorno, secondo l'avvicendarsi degli eventi, le diverse necessità con un solo criterio complessivo, anche dal punto di vista militare? Non il comando supremo che dice di lavarsi le mani dell'Albania, perché le operazioni non sono sottoposte alla sua suprema direzione, e sembra avere per unico obiettivo di evitare di mandare alcun maggiore rinforzo laggiù per non diminuire la forza delle truppe più direttamente affidategli. Non il ministero della Guerra, che non riesce ad ottenere il consenso del capo dello Stato Maggiore per l'invio dei maggiori contingenti reputati necessari per l'Albania in vista delle mutate circostanze locali per effetto della caduta del Lovcen e della probabile avanzata dei bulgari e degli austriaci. E chi è che nei consigli generali militari di Parigi fa valere le necessità, comuni agli alleati oltreché italiane, della difesa dell'Albania? Dopo caduto il Lovcen tutti in Europa hanno rilevato il danno, non solo italiano ma anche generale per gli alleati, che ne è provenuto, e ci accusano di imprevidenza e di negligenza per non avere provveduto a tempo alle difese. E così sarà a suo tempo per l'Albania se non vi si ripara. Ma chi oggi fa valere nei consigli comuni, non solo degli alleati ma anche in quelli più strettamente italiani, le necessità militari e politiche per la tempestiva difesa dell'Albania?

A Valona di veri combattenti non abbiamo più di 18 mila uomini, e ciò è insufficientissimo per una difesa razionale del nostro territorio, nonché per

consentirci qualunque libertà di movimenti. A Durazzo la difesa è più che insufficiente, di fronte a qualunque leggera minaccia del nemico. Ma nel periodo in cui evidentemente sopra una gran parte del fronte Nord non si possono fare operazioni attive, perché non voler nemmeno esaminare se non potesse in qualche contingenza essere opportuno di servirsi di una frazione minima di quelle truppe per qualche maggiore azione temporanea in Albania, dove tanti interessi ci chiamano, per poi un giorno sentirsi rimproverare dal mondo intero di non aver saputo né prevedere né provvedere!

La questione viene mai esaminata da qualche Consiglio superiore militare? Si sentono mai i pareri diversi? Si riesamina mai di tanto in tanto da alcuno la questione del dove possa esservi convenienza, pel mutare delle circostanze,

o degli attacchi nemici, o delle necessità della situazione generale, di concentrare li per lì una maggiore nostra azione, di aggiungere o di togliere nuove azioni a quelle già intraprese? Non risulta davvero.

La questione dell'Albania s'impone. Occorre considerarla nei suoi riflessi militari e politici, anche dal punto di vista internazionale e della guerra generale.

È mia convinzione che non faremmo il nostro dovere verso gli alleati, e faremmo un enorme errore politico non mandando a tempo in Albania quanto occorre per far fronte alla situazione generale, e mantenervi il nostro sopravvento.

(l) -Da BCL. Archivio Salandra. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 491. Sonnino trasmise questo appunto a Salandra con il seguente biglietto <<Caro amico ti prego leggere gl! uniti appunti. Mi dirai poi che cosa pensi della questione». (2) -Cfr. n. 347.
351

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 178/11. Parigi, 22 gennaio 1916, ore 1,10 (per. ore 3,15).

Movente principale viaggio Briand Londra è stato restituzione delle due visite dei ministri inglesi a Calais e Parigi. Fra le questioni di ordine economico e diplomatico trattate, la più importante è quella dei noleggi trasporti e carbone che va assumendo eccezionale gravità. A questo riguardo è stato deciso in massima centralizzazione a Londra delle risorse dei due paesi e istituzione di un ufficio internazionale nel quale sarà chiamata anche Italia e a mezzo del quale saranno trattate e regolate le operazioni.

Sottosegretario di Stato Thierry si recherà all'uopo prossimamente a Londra. Briand mi ha detto, conoscendo quanta importanza abbia per Italia questione dei noli e trasporti del carbone e grano, era convinto di lavorare anche nel nostro interesse. Da principio Runciman aveva mostrato riluttanza a misure coercitive contro armatori ma Asquith e Grey hanno dato pienamente ragione a Briand. Sarà però necessario presentare provvedimenti legislativi al parlamento.

Ho ringraziato Briand felicitandolo per i risultati ottenuti.

352

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 180/13. Parigi, 22 gennaio 1916, ore 1,10 (per. ore 3,45).

Seguito mio telegramma n. 11 (1).

Circa colloqui tra Briand e ministri inglesi.

Si è infine riconosciuta la necessità di moltiplicare scambi di vedute fra uomini di Governo dei due paesi concentrando e coordinando azione diplomatica economica e militare. Nulla è stato deciso circa la prossima riunione a Parigi attendendosi conoscere disposizioni del Gabinetto Roma che si spera non si opporrà ulteriormente quando saprà che Briand ha intenzione dare notizia della convocazione molti giorni prima indicando anche con precisione i temi che saranno discussi. Briand anzi per facilitare adesione Governo italiano, alla quale tiene molto perché gli dorrebbe che per necessità di cose dovesse avere luogo a Parigi una riunione nella quale Inghilterra e Russia fossero rappresentate e non lo fosse Italia, è disposto venire personalmente in Italia recarsi al quartiere generale per ossequiarvi S. M. il Re e conoscere generale Cadorna conferire con

V. E. e S. E. Salandra. Ciò darebbe a V. E. ed a S. E. Salandra di intervenire alla prima riunione di Parigi anche come restituzione della visita. Barrère è incaricato presentire confidenzialmente V. E. al riguardo. Credo che non debba esservi difficoltà a dire a Briand che la sua visita riuscirebbe gradita e che egli troverebbe la migliore accoglienza (2).

353

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 186/s. N. Corfù, 22 gennaio 1916, ore 12,30 (per. ore 16,45).

Comando militare francese non è finora intervenuto con indebite ingerenze nell'amministrazione locale di Corfù a parte sorveglianza del porto e censura telegrafica. Ciò non ostante né autorità né popolazione vedono di buon occhio i serbi e i francesi in casa loro.

Comando francese avrebbe voluto che il Governo serbo andasse ad abitare l'Achilleion, ma Pasic ha declinato la insistente offerta non solo per la distanza di nove chilometri dalla città ma anche per la sconvenienza di installare in quella proprietà privata dell'Imperatore di Germania il quale a Corfù dalla questione di diritto avrebe potuto risentirsi ed ordinare qualche grave rappresa

glia contro i serbi. A far prendere a Pasic questo partito mi sono adoperato anch'io con disinteressato consiglio. Si attende da un giorno all'altro principe ereditario dopo cui arrivo Pasic avrebbe intenzione recarsi Roma, Parigi, Londra. Ieri sera sono giunti miei colleghi inglese e russo.

(l) -Cfr. n. 351. (2) -Cfr. n. 369.
354

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, GUICCIOLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARE'

T. 190. Roma, 22 gennaio 1916, ore 16.

(Per Pechino) Ho telegrafato al R. ambasciatore a Tokio quanto segue:

(Per tutti) Aderendo proposta britannica (l) prego V. E. discutere questione riconoscimento monarchia cinese con colleghi alleati e con ministro affari esteri giapponese tenendosi a contatto diretto con R. legazione Pechino per addivenire eventualmente ad una decisione che pare urgente per non essere preceduti dalla Germania ed Austria-Ungheria.

(Per Pechino) -Autorizzo V. S.

(Per Tokio) -Autorizzo Varè,

(Per tutti) si omnes al passo che fosse deciso Tokyo (2).

355

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 202/30. Bucarest, 22 gennaio 1916, ore 21,40 (per. ore 17 del 24).

Ho veduto stamane Bratianu che mi ha detto di esser preoccupato dal contegno della Germania tanto più che il ritorno di Bussche è annunciato per domani. Bratianu osserva che la situazione militare della Romania è sfavorevole dovendo essa difendere 1.400 chilometri di frontiera. Anche da parte dei Carpazi austro-tedeschi sarebbero in condizioni più favorevoli dei romeni trovandosi essi dalla parte interna di un segmento di cerchio il che facilita la loro concentrazione verso qualsiasi punto dalla frontiera ove fosse richiesta la loro presenza. In Dobrugia poi frontiera è aperta e da ogni parte vi sono truppe austrotedesche.

D'altro lato Bratianu osserva che le forze dell'Intesa nei Balcani stanno come uno a tre di fronte a forze dei suoi nemici. Tutti ciò insieme alla sorte toccata al Belgio alla Serbia ed al Montenegro apre alla Romania un orizzonte

tutt'altro che roseo. Ho chiesto a Bratianu che cosa temeva che i tedeschi potessero chiedere alla Romania ed egli mi ha risposto che essi non potevano domandare che una di queste due cose; o che Romania si schieri a fianco degli Imperi centrali o dimissioni del ministero. Non posso escludere che Bratianu esageri quando insiste sulla possibilità se non addirittura probabilità di un passo coercitivo austro-tedesco. Debbo tuttavia dal mio lato insistere sulla necessità che l'Intesa sorvegli colla massima attenzione quello che avviene qui.

(l) -Cfr. n. 349. (2) -Per la risposta di Guiccloli cfr. n. 361.
356

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 203/31. Bucarest, 22 gennaio 1916, ore 22 (per. ore 13 del 24).

Mio telegramma gabinetto n. 30 (1). Bratianu ha detto al ministro di Russia che resisterà ad un eventuale passo coercitivo della Germania.

Ministro di Russia ha chiesto a Pietrogrado che assicurazione potrebbe eventualmente dare a Bratianu circa concorso militare russo nel caso in cui Germania ponesse un ultimatum alla Romania.

Ministro di Francia ha chiesto al suo Governo che vengano fatti urgenti e pressanti passi a Pietrogrado perché Governo russo faccia dichiarare a Bratianu entro quale termine e qual numero di truppe russe verrebbero messe a sua disposizione per resistere agli Imperi centrali ed ai loro alleati.

Io mi associo a questo passo e faccio presente che come ho riferito a suo tempo quando si parlò di una domanda russa di far passare truppe attraverso territorio romeno questo ministro di Germania dichiarò a Bratianu che vi erano

500.000 uomini pronti a sostenerlo se voleva resistere a tale esigenza. Ora quindi il meno che potrebbe fare Russia sarebbe di mettere senz'altro

200.000 uomini a disposizione Romania.

357

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 193/31. Londra, 22 gennaio 1916, ore 22,45 (per. ore 1,30 del 23).

Mio telegramma gabinetto n. 27 (2). Da informazioni indirette trarrei fondata impressione che decisione annunciatami ieri da Grey circa il contegno degli alleati verso la Grecia sia precipua

mente dovuta a rilievi di questi ministri i quali avrebbero fatto capire a Briand essere più che tempo di arrestarsi nella via delle infrazioni alla sovranità della Grecia. Si sarebbe pure convenuto che eventuali ulteriori occupazioni territoriali della Grecia non debbano più aver luogo senza previo consenso di tutti i Governi alleati.

È venuto inoltre per caso a mia notizia che in corrispondenze private Elliot si sarebbe mostrato preoccupato per il pessimo effetto prodotto in Grecia dalle continue dimostrazioni di invadenza ed impetuosità del ministro di Francia.

Nicolson, col quale discorrevo ieri in via accademica della nota intervista del Re di Grecia col giornalista americano, mi confidava sembrargli Sua Maestà non abbia poi interamente torto non potendosi contestare che si è proceduto con mano troppo pesante verso la Grecia e che alcuni degli atti compiuti sono difficilmente difendibili.

Gli ricordai ad ogni buon fine che da quasi due mesi V. E. non ha cessato di rilevare e deplorare questi provvedimenti bruschi e sommari ed in ogni circostanza si è adoperata per attenuarne la durezza.

Colsi favorevole occasione per manifestare a lui come avevo già manifestato a Grey il mio pensiero, beninteso a titolo personale, circa l'occupazione di Castellorizzo ed il modo in cui erasi verificata.

Nicolson mi fece capire come del resto aveva fatto anche Grey, che condivideva mia impressione. Su Castellorizzo, Adalia ecc. avrei motivo di supporre che Grey abbia di sua iniziativa amichevolmente e confidenzialmente attirata l'attenzione di Cambon nell'intento di evitare a noi ulteriori cause di sgradite sorprese.

(l) -Cfr. n. 355. (2) -Con t. gab. 170/27 del 20 gennaio, ore 22,20, Imperiali aveva riferito quanto segue: «Nei colloqui di ieri ministri anglo-francesi hanno riconosciuto l'opportunità già rilevata da V. E. di procedere verso la Grecia con mano leggera, salvo il caso di manifesto deliberato ostruzionismo».
358

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 343/24. Washington, [22] gennaio 1916, ore ... (per. ore 11,30 del 23).

Segretario di Stato ha diretto a me ed ai miei colleghi inglese, francese, russo e belga una lettera, di carattere confidenziale, nella quale ci chiede sottoporre ai nostri Governi una sua proposta intesa ad ottenere adesione alla rinunzia di armare navi mercantili in cambio di assicurazione che questo Governo si proporrebbe ottenere dagli austro-tedeschi circa le norme di condotta dei loro sottomarini.

Trasmetto a V. E. la lettera col corriere di oggi in partenza, e riferirò subito con rapporto (1).

(l) Non rinvenuto.

359

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 290/74. Londra, 22 gennaio 1916 (per. il 28).

In un recente colloquio d'indole affatto privata, sir Edward Grey, accennando alla tendenza generale di renderlo responsabile principale di tutti gli errori balcanici commessi dalla diplomazia alleata, osservava che, in questo imperversare di critiche e di rimproveri, si arriva persino ad addebitargli l'insuccesso del negoziato colla Romania per averne deliberatamente ostacolato le domande. Gli risposi che questa accusa era evidentemente assurda ed infondata. Ricordandogli però l'azione da me svolta per ordine di V. E. ed il linguaggio invariabilmente tenuto a lui ed a lord Crewe durante quel disgraziatissimo negoziato, non potevo, soggiunsi, onestamente esimermi dal pensare e, con la franchezza cui si ispirano le nostre relazioni, mi permettevo di dirglielo, che i risultati sarebbero stati forse diversi, se l'Inghilterra avesse in quel momento esercitato una pressione più intensa e più efficace sulla Russia per indurla a consentire in tempo utile.

Rispose Grey che, per un sentimento di delicatezza verso Sazonov, egli non aveva parlato allora né a me né ad altri dell'azione svolta a Pietrogtado per indurlo prima a consentire alla discussione a Londra della questione romena, giusta i desiderii di Bratiano, e poi a fare in tempo debito, le concessioni reclamate a Bucarest. Se si potesse, disse, pubblicare la corrispondenza scambiata con Pietrogrado si vedrebbe quanto è ingiusta l'accusa.

La verità purtroppo è che Sazonov prese la cosa molto dall'alto e, in tono più che reciso, fece sapere di non ammettere che una questione, interessante direttamente e primariamente la Russi~. potesse discutersi altrove che a Pietrogrado; e per lo stesso motivo lasciò chiaramente intendere la sua riluttanza ad accettare consigli e premure circa concessioni di cui la Russia sola era giudice ed arbitra. Dinanzi a tale e così reciso atteggiamento diventava inopportuno e sconsigliabile lo spingere più oltre la accentuatamente insistente pressione, che aveva già urtato Sazonov ed il Governo russo e che avrebbe potuto generare con quell'alleata attriti e risentimenti, che era interesse generale di evitare. Grey non lo disse, mi parve però d'intuire l'impressione dell'animo suo di non aver trovato in Delcassé l'appoggio valido ed efficace corrispondente alle dichiarazioni ripetute del Ministro francese.

A proposito, poi, del non meno infelice negoziato con la Bulgaria, del quale pure si discorse, osservai non doversi egli sorprendere né dispiacere se io gli ripetevo ora quello che non cessai mai di dirgli a suo tempo e cioè che, data l'imperante morbosa sentimentalità e la conseguente debolezza verso la Serbia, il negoziato, impostato su basi false, non poteva, umanamente parlando, condurre ad un risultato favorevole, salvo il caso, purtroppo non verificatosi, di un successo definitivo ai Dardanelli. Mentre difatti noi offrivamo alla Bulgaria unicamente la speranza di una futura ed incompleta realizzazione delle sue, al postutto giustissime, rivendicazioni nazionali, a condizione non già del semplice mantenimento della neutralità, ma di una entrata in guerra contro il nemico più forte, la Germania le assicurava il possesso immediato di tutta la Macedonia alla condizione, certo meno onerosa, di aggredire il nemico più debole con la cooperazione miltare dei due Imperi Centrali.

Grey riconobbe, con la sua solita lealtà, che i fatti avevano purtroppo giustificato le previsioni mie e quelle di Cambon; aggiunse tuttavia che un esame obbiettivo e sereno della questione conduceva oggi alla più semplice di tutte le conclusioni e cioè che il Re Ferdinando decise di legare il suo fato a quello degli Imperi Centrali quando, e non prima, dagli avvenimenti militari in Polonia ed in Galizia trasse, fortunatamente a torto, la convinzione definitiva che la causa dell'Intesa era perduta e che nulla egli aveva più da temere da parte della Russia, battuta ed alla vigilia d'implorare la pace. L'unico motivo che lo avrebbe potuto trattenere era quel successo ai Dardanelli, nel quale il Governo, in base alle affermazioni enfatiche del Generale Comandante, aveva riposto tante fondate speranze trasformatesi poi in amare delusioni.

A proposito dell'aspra campagna, personalmente diretta contro Grey da una parte della stampa inglese e delle critiche in tono sovente nemmeno troppo riguardoso comparse in alcuni giornali di Francia e d'Italia, ho potuto, in recenti colloqui col Primo e con altri dei Ministri, facilmente constatare che quegli attacchi, assai più che a Grey stesso, cagionano risentimento ed irritazione ai suoi colleghi. Confesso, ad esempio, che rimasi colpito ed anche alquanto sorpreso nell'udire recentemente il giudizio molto severo e di tono aspro e sprezzante pronunciato contro i detrattori di Grey, e qui ed all'estero, da due dei più autorevoli ed importanti Ministri Unionisti.

E poiché mi trovo a scrivere del Gabinetto, torna a proposito di segnalare l'impressione ora generalmente prevalente di un sentimento di maggiore coesione, maggiore affiatamento, maggiore cordialità in seno al medesimo, pregi tutti che, fino a qualche mese fa, lasciavano invece alquanto a desiderare, siccome ebbi a suo tempo a riferirlo a V. E. Nella Camera si sono di recente costituiti due gruppi: conservatore l'uno e liberale l'altro; entrambi, sotto l'etichetta di propaganda per una più vigorosa e più attiva prosecuzione della guerra, non hanno meno per recondito scopo comune di mandare all'aria l'attuale Gabinetto e sostituirlo con un altro dal quale gli esclusi più eminenti sarebbero Asquith, Grey e Kitchener.

Avventurarsi in profeZ'ie in fatto di situazioni ministeriali e parlamentari è sempre cosa molto pericolosa; mi astengo quindi dal pronunziarmi in modo assoluto. Mi limito soltanto a riferire a V. E. il parere raccolto in colloquii con deputati e personalità ragguardevoli e bene informate dei due partiti, nel senso cioè che i tentativi dell'attiva campagna intrapresa, auspice lord Northcliffe, dal nucleo conservatore, capitanato da sir E. Carson, e da quello dei liberali ribelli, duce ed inspiratore principale Sir Henry Dalziel, sieno destinati a riescire vani ed infruttuosi. In generale si inclina a ritenere che, superata, grazie all'abilità del Primo Ministro, la minacciosa tempesta del « Compulsion Bill:., la vita del Gabinetto attuale di coalizione, salvo imprevedute catastrofiche eventualità, quae Dii avertant, possa per il momento considerarsi al riparo da pericoli.

Nell'eventuale avverarsi di tali previsioni, è mio umile parere che l'Inghilterra e gli alleati dovrebbero trovare motivo di fiducia e non di sconforto. Pur facendo invero la parte più larga agli errori, alle manchevolezze, ai ritardi, alle esitazioni giustamente rimproverati al Gabinetto, rimane sempre il fatto, che nessun osservatore imparziale potrebbe onestamente contestare, dell'esserè pur Asquith, con tutti i suoi difetti, la sola personalità capace, nell'ora critica presente, di tenere insieme nel Gabinetto tante personalità eminenti, di opip.ionl così disparate, e di possedere sulla Camera e sulle grandi masse il prestigio e l'ascendente necessarii per fare ingoiare misure che, presentate da altri, ò sarebbero respinte, ovvero accettate a prezzo di virulenti dissensi nella Camera e di preoccupante agitazione nel paese.

Esponevo giorni sono queste mie impressioni ad un mio amico deputato, oggi membro del Governo, tuttora «manager) generale di tutta l'organizzazione del partito Conservatore, chiedendogli se le trovava giuste. Ed egli mi rispondeva consentire perfettamente nelle medesime. Mettendo da parte ogni aspirazione od interesse di partito, egli mi assicurava che se oggi venisse su, per avventura, un gabinetto omogeneo conservatore, ovvero anche un nuovo gabinetto di coalizione, ma con etichetta conservatrice e non più liberale, sorgerebbe come per incanto nella Camera, tra estremi radicali, non conformisti, quacqueri, pacifisti ad oltranza e laburisti, un gruppo di aperta, violenta opposizione che, pure mancante forse di forza sufficiente per abbattere il Ministero, ne avrebbe certo abbastanza per creargli serissimi imbarazzi ad ogni pie' sospinto.

In qualunque caso, la scomparsa ufficiale del Capo del partito liberale dalla suprema direzione del Governo avrebbe, per fatale conseguenza, di interrompere l'attuale periodo di tregua, di concordia nazionale e i dissensi e le lotte partigiane, oggi sopite, andrebbero così gradatamente ricomparendo e prendendo il disopra con evidente disastrosa ripercussione sull'andamento della guerra.

Siccome io scrivevo in un precedente mio rapporto, il momento in cui il paese dovrà fare i conti -e saranno, giova sperarlo, assai severi -col Governo e col partito radicale non è ancora venuto, e non è nell'interesse di alcuno che esso venga prima dell'ora della vittoria finale.

360

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

L. p, Roma, 22 gennaio 1916.

Sarebbe superfluo svolgere le ragioni per le quali occorre fare ogni sforzo affinché dalla conferenza di oggi e dalle conseguenti deHberazioni del Consiglio dei ministri non derivi una crisi Cadorna. Forse ci si arriverà poi; e forse non

sarà male. Ma adesso no: il paese non è preparato abbastanza e sopratutto non vi siamo preparati noi, governo, perché non abbiamo pensato al successore. E, a questo propoS'ito, soggiungo che bisogna resistere alle suggestioni di Zupelli, il quale ha concepito (forse giustificatamente) un vero malanimo verso il Cadorna e, incitato dal suo ufficio, vorrebbe forse profittare dell'occasione per sbarazzarsene.

Occorre dunque non solo che tu sii molto calmo (ieri in qualche momento accennavi a non esserlo), ma anche di trovare un mezzo per fare che Cadorna si pieghi a consentire l'invio di forze sufficienti alla difesa di Durazzo. Il mezzo lo accennasti tu stesso e non mi pare ve ne sia altro: rimettere sotto la direzione del comando supremo anche le forze operanti in Albania. Ciò è necessario per l'unità d'indirizzo ed anche dal punto di vista costituzionale, essendo il capo di Stato Maggiore responsabile degli atti del re come comandante supremo dell'esercito in guerra. Il Decreto che faceva l'Albania dipendente dal ministero della Guerra fu un errore, nel quale cademmo involontariamente: il Decreto era stato preparato dal ministero della Guerra. Questo Decreto bisogna correggerlo: cosi sarà forse mutata la psiche di Cadorna. Ma alla correzione bisogna indurre Zupelli; e questo dovresti fare tu che lo hai molto veduto in questi giorni.

Io stamane ho Mayor e cento altre cose. Tu dovresti chiamare Zupelli e persuaderlo a offrire lui stesso, per non parere di esservi costretto, a Cadorna la correzione del Decreto.

La persuasione di Cadorna ha pure importanza nei riguardi del re, il quale non ha mai mostrato molta simpatia per l'impegnare forze notevoli a Durazzo; e l'ultima volta che lo vidi mi parve da un accenno essere nello stesso ordine d'idee.

Vedesti pure ieri che parecchi colleghi (Orlando, Barzilai, Ciuffelli) sono poco persuasi, ed anche Carcano esita. Tutti questi elementi costringono a persuadere piuttosto che a forzare Cadorna; e sono certo che ci vorrai mettere tutta la tua buona volontà.

Nel telegramma d'Imperiali, che riassumeva le ultime conversazioni di Londra circa le questioni economiche (1), si accennava a una diminuzione delle nostre disponibilità del prestito inglese proporzionata a ciò che avremmo risparmiato sui noli. Mi parve una domanda da piccoli bottegai. Comunque, ritenendo io pure che convenga stringere l'accordo con l'Inghilterra e profittare nella massima misura possibile delle buone disposizioni di questo momento, sarà bene che il Tesoro esamini la eventuale portata della domanda inglese. Io non ho il tempo né gli elementi per questo esame.

Rimane fisso il convegno per oggi alle sedici. Vorrei invitarvi anche Carcano che era presente l'altra volta quando si parlò di Albania.

(l) Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 492.

(l) Cfr. n. 345, nota :l.

361

L'AMBASCIATORE A TOKIO, GUICCIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 355/S.N. Tokio, 23 gennaio 1916, ore 16,50 (per. ore 20,35).

Riferiscomi al telegramma di V. E. n. 190 (1). Governo cinese informato ufficialmente Governo giapponese proclamazione monarchia rimandata sine die. Sospendo quindi fino a nuovo ordine qualsiasi trattativa.

362

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 113. Roma, 23 gennaio 1916, ore 17,30.

(Meno Parigi) -R. ambasciatore a Parigi telegrafa quanto segue:

« Briand parlandomi dell'intervento italiano a Salonicco ha riconosciuto giusta la mia osservazione che nel momento in cui Valona può essere attaccata da forze preponderanti l'opinione pubblica non comprenderebbe una dispersione delle nostre forze.

Briand si contenterebbe che l'Italia accettasse in massima di intervenire a Salonicco riservandosi farlo quando e come lo crederà opportuno» (3).

Ho risposto a Tittoni quanto segue:

(Per Parigi) -Telegramma di V. E. n. 14.

(Per tutti) -Comando Supremo da me consultato esclude assolutamente, data attuale situazione Albania e necessità forte presidiamento Valona per ogni eventualità, possibilità qualunque invio di contingenti italiani Salonicco.

R. Governo concorda questa opinione e trattandosi di concorso a imprese militari non ritiene possibile una adesione di massima a cui non sappia se possibile far seguire mai alcun atto positivo.

363

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARE', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 58/17. Pechino, 23 gennaio 1916 (per. il 20 febbraio).

Il fatto che in seguito a pressioni giapponesi sia stata rimandata la formale assunzione di Yuan-Sh!i-cai al trono ha chiarito in parte la situazione

che nel rapporto n. 37/8 del 17 corrente (l) descrivevo come incerta. La R. Ambasciata a Tokio avrà forse comunicato a V. E. in qual modo quel Governo intimava al Ministro di Cina che non avrebbe riconosciuto il nuovo Impero. Per eventuali confronti riferisco a V. E. come questo Ministro del Giappone mi comunicò il fatto.

Il signor Hioki mi disse che giovedì 20 corrente, il barone Ishi mandò a chiamare quel Ministro di Cina e gli tenne il seguente discorso: « Quando, nello scorso novembre, le Potenze dell'Intesa diedero al Governo cinese il consiglio di posporre la restaurazione monarchica onde impedire che si producessero torbidi, fu loro risposto che questo Governo si assumeva tutta la responsabilità di mantenere l'ordine pubblico e si considerava giudice migliore delle condizioni locali. La rivolta ora scoppiata nello Yunnan, proprio quando il Presidente annuncia la sua intenzione di restaurare l'Impero, dimostra come il Governo cinese giudichi poco sicuramente della situazione e non sia del tutto capace a controllarla. Perciò, se ai primi di febbraio, Yuan-sci-cai avesse proceduto a una formale « intronizzazione » il Giappone non avrebbe dato il suo riconoscimento». Il Ministro di Cina chiese allora quando, secondo il Governo giapponese, sarebbe giunto il momento opportuno per l'assunzione al trono e gli fu risposto «dopo sedata la rivolta».

(l) Cfr. n. 354.

(2) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 494.

(3) T. gab. 191/14 del 22 gennaio, ore 20,55.

364

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. SONNINO

T. GAB. 204/32. Atene, 24 gennaio 1916, ore 14,20 (per. ore 16).

Nell'intervista accordata da Re Costantino al rappresentante dell'Associated Presse di cui V. E. avrà avuto conoscenza dai giornali contengonsi volgari ingiurie contro Intesa e parecchie false asserzioni. Fra queste ve ne ha una che allo stesso tempo unanimemente converrebbe smentire; e cioè che l'Italia forzi la Grecia a mantenere la mobilitazione. Siccome questa asserzione ha fatto molta impressione nel paese che soffre assai di questa prolungata mobilitazione senza guerra e nell'idea di Re Costantino essa ebbe senza dubbio lo scopo di accrescere la nostra impopolarità qui, così pregherei V. E. di autorizzarmi ad unirmi ai miei colleghi per fare un comunicato ai giornali asserendo che se la Grecia desidera smobilitare suo esercito essa è pienamente libera dl farlo e nessuna Potenza dell'Entente vorrà esercitare una qualsiasi azione in senso contrario (2).

(l) -Cfr. n. 334. (2) -Sonnino rispose con t. gab. 126 del 25 gennaio, ore 12, quanto segue: «Autorizzo V. S. ad unirsi colleghi si omnes ».
365

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 213/40. Pietrogrado, 24 gennaio 1916, ore 14,40 (per. ore 20,35).

A quanto risulta a questo Governo, console di Francia a Corfù trasmise a Pasic invito del suo Governo di recarsi a Aix ovz tutto era stato preparato per conveniente residenza del Governo serbo e gli fece rilevare incomodità della sua permanenza a Corfù. Pasic rispose considerare assolutamente indispensabile la sua presenza ove si trova esercito serbo, che nello stato morale in cui si trova potrebbe passare alla disperazione ove si credesse abbandonato dai dirigenti del suo paese e potrebbe rendersi accessibile alle sobillazioni del partito politico avverso all'attuale Governo. A quanto sembra Pasic ha intenzione di recarsi prossimamente a Parigi (l).

366

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 234/34. Bucarest, 25 gennaio 1916, ore 15,10 (per. ore 5,25 del 27).

Mio telegramma di Gabinetto n. 31 (2). Ministro d'Inghilterra ha veduto Bratianu il quale contrariamente a quello che aveva detto al ministro di Russia, secondo questi afferma, si è ben guardato dal confermare che resisterà nel caso d'un passo coercitivo della Germania. Bratianu ha detto anzi a Barclay che se Germania ponesse un ultimatum egli vedrebbe se si trattasse o non di un bluff: nel caso affermativo terrebbe testa cercando contentare Germania con concessioni di cereali o altre simlli; nel caso invece che Germania facesse sul serio egli darebbe le sue dimissioni consigliando al Re una formazione del Gabinetto che non suscitasse troppi sospetti nella Germania. Bratianu ha aggiunto che ciò darebbe modo al Re di barcamenare finché la situazione militare dell'Intesa non divenisse tale da consentire alla Romania di entrare in guerra al suo fianco. Bratianu infatti ritiene (mio telegramma gabinetto n. 30) (3) che la lunghezza e la conformazione della frontiera romena sono tali da non permettere all'esercito

V. -E .. Egll ha preso not>J. per riferirne a Grey >>.

romeno di difendere tutto il paese e lo obbligherebbero quindi ad abbandonare almeno la Dobrugia.

R. addetto militare da me interpellato in proposito riconosce che situazione militare della Romania è oltremodo cattiva sia per le ragioni dette da Bratianu sia per le condizioni del suo armamento e munizionamento, di fronte a quelle degli austro-tedeschi ed ai rinforzi bulgari, ed anzi va più in là affermando che dovrebbe essere abbandonata o la intera Valacchia o la intera Moldavia per concentrare la difesa in una sola di queste due parti del Regno. Unico rimedio a questo deplorevole stato di cose, che non è se non nuova conseguenza degli errori dell'Intesa, sarebbe presenza in Bessarabia od altro punto prossimo al territorio romeno di un esercito russo abbastanza forte per permettere alla Romania di resistere ad una eventuale invasione austro-germanica-bulgara.

Del resto Bratianu pur non credendo che la Russia sia in grado di tenere a disposizione della Romania una forza, ha chiesto a questo ministro di Russia quali forze ed entro quale termine Russia potrà mandare in soccorso alla Romania.

(l) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. gab. 130 del 25 gennaio, ore 20, con l'aggiunta della seguente istruzione: «A mio avviso sarebbe un errore che Governo serbo si allontanasse dal suo esercito. Noi d'altronde abbiamo interesse che Francia non rimangasola a Corfù. Prego adoperarsi in conformità di questi concetti ». Rispose il solo Imperiall con t. gab. 230/36 del 26 gennaio, ore 22,09 quanto segue: «Circa opportunità Pasic e Governo serbo non si allontanino dall'esercito, ho parlato oggi a Nicolson nel senso prescritto da (2) -Cfr. n. 356. (3) -Cfr.n. 355.
367

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 226/36. Bucarest, 25 gennaio 1916, ore 15,15 (per. ore 10,30 del 26).

Mio telegramma gabinetto n. 30 (1).

Mi risulta che Bussche aveva fatto chiedere anche prima di partire da Berlino una udienza al Re Ferdinando per ieri. Re di Romania essendo a caccia udienza è stata accordata per stasera alle 5.

Nella conversazione avuta ieri con Bratianu Bussche si è limitato a recriminazioni generiche senza alcuna domanda positiva, il che ha spaventato anche più Bratianu e ne spiega la riserva.

Mi risulta però confidenzialmente aver ministro di Germania fatto prevenire per altra via Re Ferdinando che a Berlino si è molto malcontenti e che egli è incaricato di ottenere affidamenti necessari perché Germania possa essere sicura del contegno della Romania.

Mi viene assicurato che Re Ferdinando in fondo ha ancora il dubbio che

si tratta di un bluff, ma non esclude che venga chiesto un cambiamento di

Ministero. In questa ultima eventualità cercherebbe traccheggiare, salvo in

caso disperato a costituire un Ministero incolore che gli permettesse di gua

dagnare tempo.

Tutta questa macchina è stata montata in assenza di Bussche dall'incaricato d'affari d'accordo con Marghlloman. Prego mantenere segreto su quanto precede.

(l) Cfr. n. 355.

368

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 223/43. Pietrogrado, 25 gennaio 1916, ore 15,30 (per. ore 21,15).

Bratianu parlando con Poklewsky non ha escluso la possibilità che il malumore germanico contro Romania anziché provocato occasionalmente dalla vendita del grano all'Inghilterra, corrisponda a un piano premeditato e preluda ad una politica di pressione, che la Germania intende esercitare sulla Romania e che potrebbe manifestarsi anche con richiesta di smobilitare e perfino di cambiamento di Governo.

Bratianu ha inoltre mostrato preoccuparsi dell'eventuale offensiva dal sud tanto più pericolosa in quanto Bucarest si trova a una sessantina di chilometri dalla frontiera danubiana.

Sazonov è d'avviso che si debba rassicurare Bratianu e crede che a questo scopo servirebbe da un lato la conservazione delle forze russe in Bessarabia e dall'altro l'aumento di quelle degli alleati che si trovano a Salonicco, in modo che il nemico abbia a temerne l'offensiva e sia così obbligato ad arrestare aumento pressioni sulla Romania.

Sazonov ha intenzione di intrattenere di quanto precede V. E. e Gabinetto di Londra e Gabinetto di Parigi (l).

369

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

T. GAB. 127/95. Roma, 25 gennaio 1916, ore 18.

Personale per S. E. Tittoni.

Ho risposto a Barrère, che mi annunciò l'intenzione di Briand di venire in Italia (2), che saremmo tutti stati lieti di vedere il Presidente del Consiglio di Francia; che solo mi rincresceva di vedere la difficoltà per quanto potesse riguardare me di una possibile sollecita restituzione della visita. Per notizia personale di V. E. la informo che non converrebbe affrettare la visita di Briand, anche perché qualche soggetto sul quale probabilmente egli porterebbe il discorso, quale intervento dell'Italia a Salonicco, non potrebbe avere risposta favorevole. Ad ogni modo sarebbe opportuno che visita di Briand non avvenisse prima del viaggio di Salandra a Torino che si prevede per i primi di febbraio.

(l) -Rltrasmesso a Londra, Parigi e Bucarest con t. gab. 133 del 26 gennaio, ore 12. (2) -Cfr. n. 352.
370

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 222/20. Parigi, 25 gennaio 1916, ore 20,55 (per. ore 0,30 del 26).

Le dichiarazioni del presidente del consiglio di Svezia il quale ha detto al Reigstag che malgrado tutti gli sforzi sarà forse impossibile alla Svezia di conservare la pace, sono state qui conosciute a mezzo del Temps e hanno prodotto viva emozione. Cambon che ho veduto subito mi ha detto che ministro di Francia a Stoccolma nulla aveva ancora telegrafato.

Invece Cambon P:;tolo aveva telegrafato da Londra che stamane Grey aveva inviato al ministro d'Inghilterra a Stoccolma un telegramma invitandolo dichiarare al Governo svedese che Inghilterra non aveva mai pensato ad un blocco né delle coste né di alcuno dei porti della Svezia. Cambon ritiene che frase del presidente del consiglio sia stata provocata dalla voce corsa che Inghilterra volesse dichiarare il blocco. Ha fiducia pertanto che dichiarazioni esaurienti di Grey al riguardo calmeranno la Svezia (1).

371

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, VARE', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 61/18. Pechino, 25 gennaio 1916 (per. il 20 febbraio).

Il telegramma diretto da V. E. a Tokio e comunicatomi in data d'avantieri

(n. 190) (2) contiene istruzioni che non mancherò di tener presenti sia nella lettera che nello spirito, se la questione del riconoscimento, per ora rimandata, dovesse tornare tra breve sul tappeto.

Nell'aderire alle proposte britanniche V. E. ha mostrato d'esser d'accordo colla potenza, che segue in Cina la politica più onesta e sincera. Con telegramma n. 60 del 23 dicembre u.s. (3), mi permisi di suggerire invece al R. Governo di procedere d'accordo col Giappone, la cui politica in Cina prende volentieri la forma di ricatti. Avevo allora in mente i nostri reclami, che una politica di ricatti e non quella delle mani nette, poteva finalmente risolvere.

Prescindendo da tale considerazione, deve apparire evidente che, per uno Stato, il quale ha scarsi interessi in Cina ed è unito all'Inghilterra da stretti vincoli d'alleanza e d'attiva collaborazione, sia più naturale seguir l'indirizzo

polltico di quest'ultima, che non quello del Giappone. Ma senza voler affatto porre in dubbio la necessità di mostrarsi solidali cogl'inglesi, prego V. E. di permettere ch'io Le esponga le ragioni per cui ritenevo -all'epoca di mandare il telegramma precitato -e per cui ritengo ancora -che la politica inglese in Cina (politica sincera, onesta, premurosa soltanto degl'interessi immediati del commercio) sia basata sopra un vecchio errore iniziale d'apprezzamento e segua ora una via che gli stessi inglesi comprendono esser incerta e pericolosa, ma che non abbandonano, sol perché non vedono una via alternativa.

Se Yuan-sci-cai ha potuto creare la Repubblica ed insediarsi come Presidente, lo deve agl'inglesi. Fu il pericolo, nel 1911, d'un boicottaggio a Shanghai, fatto valere dalla potente ditta Jardine & Matheson, che diede il tracollo alla bene-intenzionata incertezza di questo Ministro britannico (antico Console in Corea, che non avea mai avuto un'alta responsabilità) e lo persuase a concedere 11 suo appoggio -e quindi quello del suo Governo -ai rivoluzionari. Sol che sir John Jordan fosse rimasto spettatore imparziale della lotta fra imperialisti e repubblicani, i primi avrebbero avuto il sopravvento; i manciù regnerebbero ancora.

Gli eventi sembrarono giustificare la politica inglese. I manciù eran cosi degenerati e gli ultimi 50 anni del loro regno eran stati così infelici (il potere era in mano a donne e ad eunuchi) che la caduta di quella dinastia apparve come un sollievo. Diplomatici e commercianti stranieri accolsero con soddisfazione l'avvento al potere d'un uomo accorto, che sembrava capace di dirigere saggiamente le sorti del paese, senza troppe idealità e senza scrupoli, ma anche senza sciocchi impulsi di pericolosa xenofobia. Fino a due o tre mesi fa, è stato convincimento generale che Yuan-sci-cai fosse l'unica persona capace di garentire alla Cina la tranquillità di cui aveva tanto bisogno. La restaurazione monarchica ha dimostrato che quella era un'illusione.

L'ha dimostrato innanzitutto provando che Yuan era disposto a correre 11 rischio d'una rivolta interna e di prepotenze giapponesi, per la fretta di soddisfare a sentimenti di vanità suoi e dei suoi figli. L'ha dimostrato in secondo luogo, facendo realizzare a tutti che la tradizionale indifferenza del popolo cinese a questioni politiche può essere un'arma a doppio taglio. Se pochi finora s'oppongono a Yuan, nessuno spontaneamente lo difende.

Nell'estate scorsa 11 « Consigliere Costituzionale » del Governo cinese, l'americano professar Goodnow, redigeva un rapporto in cui si dimostrava che 11 regime repubblicano non è adatto ai popoli orientali. È questa una verità che nessuno mette in dubbio. Il Professore Goodnow ebbe 40 mila dollari di gratificazione per quel rapporto e se ne tornò in America col soprannome di « Kingmaker », come un secondo Conte di Warwick.

Il Consigliere politico di Yuan-sci-cai dr. Morrison consenti nel giudizio del collega, ma segnalò i pericoli d'un mutamento costituzionale durante la guerra europea. Consigliò a Yuan-Shi-cai di rimettere la restaurazione monarchica per timore del Giappone. In questo si mostrava preveggente.

Anche l'analogo consiglio, dato dalle cinque potenze nello scorso novembre -sebbene per alcuni non fosse disinteressato -era un buon consiglio

e se Yuan-sci-cai fosse stato l'uomo accorto e prudente, che lo si credeva, l'avrebbe seguito. Invece ha voluto persistere nei suoi progetti e ora lo Yunnan è in rivolta e il Giappone, dopo aver umiliato la Cina, rifiutando all'ultim'ora di ricevere il suo Inviato Speciale, ha intimato al Ministro cinese a Tokio che l'« intronizzazione » non deve aver luogo fino a nuovo ordine.

Non è mera opposizione costituzionale all'Impero, che ha acceso la rivolta nel sud e suscitato l'antagonismo nipponico. Ai tempi della rivoluzione del 1911 i giapponesi volevano intervenire per proteggere la dinastia regnante -fu l'Inghilterra che lo impedì. Il Giappone s'è giovato molto della debolezza del regime repubblicano, ma non per questo mostra d'apprezzare i meriti di chi l'ha instaurato. Tanto i governanti di Tokio, come quei cinesi che s'occupanò della res publica, nutrono verso la persona di Yuan-Shi-cai una profonda sfiducia, che gli ultimi eventi hanno notevolmente accentuato. Se non si trattasse ora della « intronizzazione >> di Yuan-Shi-cai, ma d'una vera restaurazione monarchica, cioè del ritorno della dinastia manciù, il Giappone se ne avvantaggerebbe senza dubbio, ma non negherebbe il suo consenso. Ed è così anche per i rivoltosi dello Yunnan, malgrado le loro affermazioni di fede repubblicana. Per le forti antipatie che esistono contro Yuan-sci-cai -antipatie che sembravano scomparse, ma che propaganda monarchica ha dimostrato esser latenti -egli rappresenta ora una causa di debolezza per la Cina, inv8ce d'essere, come si credeva, suo principal sostegno.

Questa verità, sir John Jordan ora la riconosce e sarebbe disposto ad abbandonare Yuan (to discard him) se intravedesse un possibile regime alternativo. Vi sarebbe, è vero, quello dei Manciù. La dinastia caduta conta almeno due Principi, ciascuno dei quali -se Yuan venisse abbandonato -potrebbe assumere la successione. Per un tale cambiamento basterebbe che un paio di generali cinesi si dichiarassero apertamente favorevoli. Ma, com'è naturale, sir John teme il rivolgimento politico e una nuova crisi. E per questo sostiene un regime che forse non merita tanto appoggio specie se è dato al costo dell'amicizia giapponese. I manciù eran corrotti, eran barbari, eran idioti, ma un esercito di tartari era pronto a sagrificarsi per loro e stava, difatti, per sagrificarsi per loro quando l'intervento di sir John Jordan li indusse a deporre le armi. Yuan-Shi-cai anela di salire al trono e di esser venerato come F'iglio del Cielo in un Impero di 400 milioni d'abitanti, nè la sua ambizione è smorzata dalla coscienza che fra tutti questi, e persino tra i suoi cortigiani tirati su dal nulla, non ve n'è uno che darebbe volentieri la vita per lui. Eppure la devozione dei sudditi è un elemento che conta anche in Cina.

Concludo con una previsione: anche se domani Yuan-Shi-cai sarà incoronato Imperatore e riconosciuto come tale dalle Potenze, il suo regime non diverrà veramente stabile, a meno che il Giappone non gli perdoni e il suo Impero non acquisti un'altra base che quella della corruzione. Gl'inglesi, sostenendolo sol perché è creatura loro e per paura di peggio, potranno un giorno accorgersi d'aver « put their money on the wrong horse ».

Utinam sim jalsus vates!

(l) -Ritrasmesso a Londra, Pietrogrado e Stoccolma con t. gab. 132 del 26 gennaio, ore 11. (2) -Cfr. n. 354. (3) -Cfr. n. 226.
372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI (l)

T. GAB. 136. Roma, 26 gennaio 1916, ore 21.

(Solo Pietrogrado) -Telegramma di V. E. n. 43 (2).

(Meno Pietrogrado) -Mio telegramma n. 133 (3).

(Per tutti) -Giers mi ha riferito le impressioni di Sazonov sulla conversazione avuta da Poklevski con Bratianu. Occorreva rassicurare Bratianu su pericoli che potrebbero derivare alla Romania sovratutto di una aggressione bulgara. L'impresa di Salonicco deve assumere un carattere anche offensivo e non solo difensivo; e ciò per tener occupati e preparati i bulgari. Giers riteneva che la commissione centrale degli alti comandi militari dovrebbe adunarsi per riesaminare la situazione balcanica. Chiedeva su ciò il mio avviso.

Ho risposto che non avevo nulla in contrario, ma che non potevo esprimere una opinione che sembrasse implicare un impegno diretto o indiretto di una nostra partecipazione ad una eventuale avanzata da Salonicco, inquantoché la possibilità di tale partecipazione era oggi esclusa, vista la situazione nostra nel Carso e in Albania, e la necessità di provvedere fortemente alla situazione di Valona. Del resto parermi che una offensiva moventesi da Salonicco non fosse possibile per il momento, e che probabilmente di qui a qualche mese non sarebbe nemmeno attuabile per le troppe difese e trincee che contro di essa stavano nel frattempo allestendo i bulgaro-tedeschi. A questo punto di vista delle possibili future operazioni nei Balcani la situazione di Valona aver pure una grande importanza per la sua vicinanza agli sbocchi su Monastir per la via di Santi Quaranta-Argirocastro, o per quella di Elbassan-Okrida.

373

L'AMBASCIATORE A .LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 413/41 GAB. (4). Londra, 27 gennaio 1916, ore 4,20 (per. ore 17,50).

Ieri sera, nel corso discussione interpellanza circa insutnciente repressione contrabbando, deputato Delairze invitò Governo dichiarare qual'è la situazione a riguardo controllo commercio attraverso Italia.

Deputato disse risultargli enormi carichi di caffè ed altre vettovaglie giungono dal Brasile in Italia, d'onde, vi è ragione di credere, parte di essi sia avviata

Germania, via Svizzera. Deputato era stato pure informato che articoli spediti dalla Germania in Italia, sono dal Regno spediti in altri paesi, sotto etichette di prodotti inglesi.

A queste domande, dal resoconto della seduta del Times non appare Governo abbia dato risposta. Giudicherà V. E. se e in qual modo convenga smentire simili insinuazioni (1).

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, c!t., pp. 307-308. (2) -Cfr. n. 368. (3) -Cfr. n. 368, nota l. (4) -Partito come telegramma di gabinetto, è stato protocollato In arrivo nella serle ordinaria.
374

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. CONFIDENZIALE 407/27. Washington, [27] gennaio 1916, ore ... (per. ore 13,35).

Mio telegramma n. 24 (2).

Mi risulta che Grey ha telegrafato a questo ambasciatore d'Inghilterra di manifestare al segretario di stato che la sua lettera dovrà essere esaminata d'accordo con alleati, ma di manifestargli intanto, privatamente, sua penosa sorpresa per la proposta americana secondo la quale, contro ogni aspettativa, la vertenza con Germania dovrebbe in ultima analisi risolversi non soltanto col giustificare e legittimare gli affondamenti in massa da parte di sottomarini tedeschi delle navi mercantili, ma col privare perfino queste ultime del solo mezzo di difesa che è stato loro finora riconosciuto dallo stesso Governo degli Stati Uniti.

375

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 244/41. Bucarest, 27 gennaio 1916, ore 14,30 (per. ore 13,45 del 28).

Telegramma di V. E. n. 1835 (3).

Bratianu mi ha parlato dello scambio di lettere verifica tosi tra S. M. il Re ed il Re di Romania. Egli mi ha espresso soddisfazione che tra i due Sovrani esistano così intimi rapporti: ha tuttavia rilevato che il tono della lettera del Re Ferdinando era molto più espansivo che non quello della risposta del Nostro Augusto Sovrano e ciò gli sembrava tanto più da notare in quanto Romania non è in guerra mentre l'Italia lo è. Ho cercato dissipare del mio meglio tale impressione.

Mi ha detto che si riserva esaminare più ponderatamente col Re Ferdinando le due lettere e di riparlarne pe·r concretare replica del Re di Romania. Se V. E. ha istruzioni da impartirmi al riguardo prego telegrafarmele d'urgenza.

Prego mantenere segreto su quanto precede.

(l) -Cfr. n. 385. (2) -Cfr. n. 358. (3) -Cfr. n. 219.
376

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 248/42. Bucarest, 27 gennaio 1916, ore 13,30 (per. ore 15 del 28).

Mio telegramma gabinetto n. 38 (1).

Bratianu che ho visto or ora mi ha comunicato che la minaccia di un passo coercitivo immediato della Germania è dissipata pur non escludendo che la Germania possa farlo ulteriormente. Ha aggiunto di essere più calmo perché ciò gli dà in ogni caso almeno il tempo di prendere misure preventive militari necessarie e decidere quindi sul da farsi.

Egli dice che i tedeschi dichiarano di aver la prova che egli, Bratianu, ha personalmente assunto impegni colla Intesa e che perciò appunto vogliono mettersi al sicuro per l'avvenire.

Abbiamo poi parlato dell'opportunità della presenza di adeguate forze russe alla frontiera romena; egli ha detto che certamente ciò sarebbe importantissimo ma che dovrebbe tuttavia essere inteso che le truppe russe non entrerebbero in territorio romeno se non quando egli reputasse giunto il momento per la Romania d'entrare in azione.

377

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 239/7. Stoccolma, 27 gennaio 1916, ore 18,55 (per. ore 23,15).

T,elegramma di V. E. gabinetto n. 132 (2). Sulla situazione politica della Svezia ho riferito dettagliatamente col mio rapporto n. 12 che V. E. riceverà in questi giorni per «corriere~ (3).

Le recenti discussioni parlamentari non l'hanno chiarita. Dichiarazioni di HammarskjOld riconfermano quelle da lui fatte per il passato e riferite nei miei rapporti nn. 108 e 219 (4) e rappresentano piuttosto una tendenza germanofila

da lungo tempo visibile sotto ogni impressione momentanea delle minacce inglesi di blocco.

Però è incontestabile che il contegno dell'Inghilterra può facilitare o meno il giuoco degli elementi germanofili svedesi e sarebbe vivamente desiderabile che il Governo britannico si mostrasse un poco condiscendente in ciò che non interessi seriamente la condotta della guerra mentre anche le difficoltà frapposte a noi per la questione degli agrumi fanno temere chè si ispiri ad una gretta intransigenza.

Anche il mio collega di Russia ha rappresentato al suo Governo opportunità che l'Inghilterra non tiri troppo la corda (l).

(l) -Con t. gab. 236/38 del 26 gennaio, ore 21,35, Fasciotti aveva comunicato quanto segue: «Linguaggio tenuto da Bussche col Re di Romania è stato di vivo malcontento ma non è giunto fino ad un ultimatum o ad alcuna domanda perentoria. Allarme è quindi diminuito. Brattanu ha Informato di quanto precede suoi colleghi In un Consiglio del Ministri tenutosi stamane ». (2) -Cfr. n. 370, nota l. (3) -Non rinvenuto. (4) -Non pubblicati.
378

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 254/44. Bucarest, 27 gennaio 1916, ore 21,30 (per. ore 21,30 del 28).

Mio telegramma gabinetto n. 34 (2).

Bratianu ha spiegato in questo modo al ministro di Russia divergenza tra quanto aveva detto a lui e quanto aveva detto al ministro d'Inghilterra: se si trattasse di un bluff da parte della Germania egli cercherebbe sventarlo; se invece Germania facesse ultimatum sul serio per guadagnar tempo egli sarebbe disposto a cedere il posto ad un Ministero che seguisse la sua politica e fosse sotto la sua mano anche non fosse giunto il momento di entrare in azione; se infine gli si chiedesse un impegno formale per la neutralità o lo si volesse costringere a disarmare egli resisterebbe e sarebbe disposto andare fino in fondo. Mi risulta che Bratianu ha avuto colloquii rassicuranti col segretario generale del ministero della guerra, col Comando del corpo di Stato maggiore e con vari generali circa la situazione militare della Romania ed è appunto ciò che l'ha rincuorato. Ministro di Russia mi ha detto di non aver potuto ottenere da Sazonov alcuna risposta benigna circa le forze che la Russia può prontamente mettere a disposizione della Romania: Sazonov gli ha però telegrafato che faceva il necessario perché nuovo addetto militare conte colonnello Tatarinov venga qui al più presto possibile e lo ha incaricato in pari tempo chiedere a Bratianu immediato invio in Russia con un pretesto di comperare per esempio del carbone, di un ufficiale che esamini insieme alle autorità militari russe quello che queste possono fare per la Romania. Debbo confermare per parte mia nel caso di un ultimatum tedesco la situazione diverrebbe qui gravissima per l'Intesa la quale non deve tardare a prendere le necessarie misure di precauzione: però la sola Potenza che possa fare qualche cosa di immediatamente utile è la Russia.

(l) -Ritrasmesso a Londra, Pietrogrado e Parigi con t. gab. 143 del 28 gennaio, ore 20. (2) -Cfr. n. 366.
379

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. S. N. Roma, 27 gennaio 1916.

Prima di entrare nell'esame delle condizioni politiche che hanno condotto il Montenegro alla crisi terminatasi con la partenza del Re e della Famiglia Reale, credo opportuno, per chiarezza della esposizione, di riferire i fatti che si sono svolti dopo il cinque gennaio.

In questa data, col mio telegramma n. 2 (l) comunicai le informazioni fattemi pervenire dal Governo del Montenegro secondo cui si attendeva a breve scadenza un attacco nemico sulla fronte dell'Erzegovina e contro le posizioni del Lovcen. Il 7 gennaio infatti, l'attacco si sviluppò su tutte le fronti. Dalle informazioni fornitemi dal Colonnello Serbo Petchic, capo dello Stato Maggiore Montenegrino, le forze austriache complessivamente non superavano i 60.000 uomini ed erano composte della 15a e 16a divisione dell'Erzegovina, truppe specialmente equipaggiate per la guerra di montagna. Sulla fronte sudest, da Cattaro fino alla zona di Grahovo esclusa, il nemico non disponeva sempre secondo mi affermava il predetto ufficiale, che di circa 10.000 uomini.

Su queste ottime posizioni i montenegrini tenevano a difesa 8000 uomini con 18 cannoni e 32 mitragliatrici. Di più una riserva di 6000 uomini a Danilovgrad a distanza sufficiente per accorrere in caso di bisogno. Il Colonnello si riteneva quindi sicuro di poter fronteggiare l'attacco.

Se non che, con generale sorpresa, il giorno seguente si apprendeva che la posizione di Kuk, la quale, con quella di Krstaz, rappresenta dal punto di vista strategico, la forza effettiva del Lovcen, era stata presa dagli austriaci. Krstaz veniva occupata il giorno appresso. Nella notte dall'8 al 9 S. M. il Re faceva chiamare il conte Salis Ministro d'Inghilterra e decano del Corpo Diplomatico per comunicargli che la situazione era gravissima e che egli non poteva rispondere della sicurezza degli agenti esteri accreditati presso di lui, i quali dovevano perciò considerarsi in pericolo.

Nel giorno seguente 9 gennaio, essendo giunte le riserve, i circoli utnciali si mostrarono più fiduciosi. Fra la posizione di Kuk e Cettigne altre posizioni vi sono infatti di facile difesa ed al sicuro dei tiri dell'artiglieria nemica alla quale si attribuiva lo scacco del giorno precedente, per cui pareva che non dovesse essere difficile di arrestare l'avanzata degli austriaci data l'esiguità del loro numero.

Ma la sera del 10 il Re convocava nuovamente a Palazzo il Corpo Diplomatico per dirgli che le truppe montenegrine rifiutavano di battersi, e Cettigne poteva essere presa da un momento all'altro e però invitava i Ministri a recarsi la stessa notte a Podgoritza dove si sarebbero trasferiti il Governo e la Corte.

La mattina dell'll ci portammo alla Residenza assegnataci ed il Re si recava alla fronte per incoraggiare alla resistenza; ma nel pomeriggio dell'll il Presidente del Consiglio telegrafava al decano del Corpo Diplomatico che il Re, avendo visto inutili i suoi sforzi per arrestare l'avanzata nemica, si era trovato nella penosa necessità di inviare parlamentari al Comando delle forze austroungariche per chiedere un armistizio.

Il Re ed il Governo giunsero a Podgoritza l'indomani mattina 12.

Nella notte fra il 12 ed il 13 fummo convocati a Palazzo. Il Re volle vederci separatamente per dirci che le condizioni imposte per la cessazione delle ostilità erano la rimessa delle armi e la consegna delle truppe serbe che si trovavano in territorio montenegrino; che tali condizioni erano per lui inaccettabili ma che d'altra parte la situazione era disperata e non potendo rispondere della nostra sicurezza, ci pregava insistentemente di partire. Espresse però il desiderio che non lasciassimo subito il Palazzo per attendere le ulteriori decisioni che sarebbero state prese nella notte. Assistemmo così ad una vivace discussione fra il Sovrano ed il Presidente del Consiglio Signor Lazzaro Mijuskovic, il Re tenendo fermo nel suo punto di vista di considerare le condizioni imposte come inaccettabili, l'altro facendo presente che le truppe serbe avevano praticamente già lasciato il Montenegro, per cui occorreva accogliere l'altro punto delle condizioni per aprire negoziati di pace e salvare il Paese. La stessa famiglia Reale era dissenziente dal Re su questo punto; il principe Mirko sopratutto manifestava risolutamente essere sua opinione che gli austriaci avrebbero fatto condizioni di pace tollerabili e che occorreva dar loro l'occasione di offrirle. I Ministri, riunitisi a Consiglio, presentarono allora le dimissioni al Re che le accettò; quindi il Sovrano, esponendoci come ormai il paese era senza Governo e senza esercito, ci faceva nuove premure per allontanarci. Questa insistenza, provocava da parte nostra il telegramma identico gabinetto n. 9 (1).

Nella riunione in cui fu deciso l'invdo di detto telegramma, assisterono oltre che i Rappresentanti della Quadruplice anche il Ministro di Serbia. Tanto il signor Mihailovic che il signor Obnorsky, incaricato d'affari di Russia, propendevano a credere che quanto avveniva doveva essere connesso con una intesa che probabilmente esisteva fra l'Austria ed il Governo montenegrino e ritenevano eccessiva e dubbia la preoccupazione che il Re a più riprese aveva manifestata sui pericoli che l'avanzata austriaca su Cettigne e su Budua rappresentavano per la nostra sicurezza e che dovevamo aspettarci da un momento all'altro di apprendere l'apertura dei negoziati di pace. In questa seduta io credetti opportuno di richiamare il signor Obnorsky sulla convenienza di esporci, senza reticenze in qualità di alleati, i motivi che lo inducevano ad avere convincimenti così sicuri sulla situazione. Egli allora confessò che negli ultimi mesi, consdderando la resistenza del Montenegro come problematica, anche per la preponderanza delle influenze austriache sul Governo ed a Corte, e desiderando dì evitare una pace separata, egli si era messo in contatto con quel gruppo della Famiglia Reale e del Governo che erano favorevoli ad una intesa con l'Austria, tentando di fare prevalere in loro l'idea di una capitolazione i cui patti fossero

previamente conosciuti. In questo modo egli credeva di servire il suo Paese il cui interesse era di non tagliare le relazioni col Montenegro, ultimo baluardo rimasto della influenza slava, ciò che sarebbe certamente avvenuto se fosse invece prevalso il progetto della pace separata.

Nella inspiegabile perdita delle posizioni del Lovcen egli non vedeva che il principio dell'esecuzione di accordi dei quali egli era parzialmente a conoscenza, condotti a mezzo del medico di Corte, dottor Perasic e del noto sig. Pietro Plamenatz. Gli risposi che pur prendendo nella dovuta considerazione queste sue rivelazioni su cose che non ci erano completamente ignote, vista la piega degli avvenimenti, era nostro dovere esaminare la situazione attuale alla stregua dei fatti i quali si presentavano apparentemente in modo diverso dalla soluzione da lui prevista per quanto ancora non la escludessero.

Nella notte del 13 fummo dii nuovo chiamati al Palazzo ed il Re ci comunicò che in seguito alle insistenze del suo Governo e nell'interesse del suo popolo, egli aveva chiesto la pace. Il Governo aveva in seguito a questa decisione ritirato le dimissioni. Egli ci comunicò anche il testo di un suo telegramma diretto a

S. M. l'Imperatore d'Austria perché le condizioni della pace non fossero disonorevoli per il popolo montenegrino. (Questa notizia fu oggetto anche di una comunicazione ufficiale del Presidente del Consiglio al Decano del Corpo Diplomatico).

La mattina del 15 giunsero a Rjeka due ufficiali austro-ungarici latori della risposta dell'Imperatore Francesco Giuseppe, del Governo e del Comando austriaco. Tutti rifiutavano di aprire negoziati di pace, prima che fossero eseguite le condizioni già note per la cessazione delle ostilità. Mi si assicura che la risposta dell'Imperatore fosse poco cordiale.

La mattina del 16 i signori Yovan Popovic, già Plenipotenziario alla Conferenza di Londra, il signor Yovan Matanovitc, già incaricato d'affari a Costantinopoli ed il comandante Lompar, partirono per Rjeka con autorizzazione di accettare le condizioni imposte dalla capitolazione con conseguente cessazione delle ostilità; determinare le modalità secondo cui doveva farsi la rimessa delle armi; far presente che le truppe serbe avevano già abbandonato il Montenegro e chiedere le condizioni della pace. Il Re nello stesso tempo inviava all'Imperatore di Russia un telegramma, di cui unisco copia (1), per informarlo della sua decisione e dei motivi che ve lo avevano costretto.

Ma la sera del 16 il Presidente del Consiglio ci veniva ad informare in tutta fretta che dalle prime notizie ricevute risultava che le condizioni imposte per la pace dagli austriaci sarebbero inaccettabili; che la resistenza che il Re ancora sperava di poter fare fra Rjeka e Podgoritza era illusoria; d'ordine del Re egli ci pregava di partire a mezzanotte per Scutari dove si recava anche la famiglia Reale ed il Governo. Il Re con i Principi li avrebbe seguiti poco dopo.

Si giunse a Scutari l'indomani mattina, 17.

Alle 13 dello stesso giorno il Presidente del Consiglio mi scrisse perché io chiedessi l'invio della flotta per trasportare ·in Italia la Famiglia Reale, il Governo ed il Corpo Diplomatico. Poche ore dopo, alle 16, una sua nuova

comunicazione mi informava che i parlamentari montenegrini erano di ritorno dal campo, che il nemico aveva sospeso le ostilità e che si disponeva ad inviare delegati per aprire i negoziati di pace. In seguito a ciò la partenza era rinviata fino a nuovo ordine; il Presidente del Consiglio ripartiv::l per Podgoritza.

Il giorno seguente, 18 gennaio, il signor Mirko Mijuskovic, rimasto come delegato del Governo presso il Corpo Diplomatico, mi scriveva per chiedere nuovamente i mezzi per trasportare in Italia la Famiglia Reale, il Governo ed il Corpo Diplomatico informandomi che il Re sarebbe arrivato il giorno seguente. Le ragioni che motivavano questa decisione ci sarebbe state comunicate dal Presidente del Consiglio che doveva ritornare nella notte. Egli giunse .infatti a tarda ora e ci comunicò verbalmente che l'Austria esigeva per la pace oltre le condizioni previste nell'armistizio, l'imposizione dell'amministrazione austroungarica nel Paese, la consegna delle casse pubbliche e degli archivi, la padronanza delle comunicazioni, il di11itto di requisizione ed il diritto di internamento ed impiego degli uomini atti alle armi da quindici a sessanta anni. Che pertanto il Re aveva deciso di partire e che avrebbe seguito la Famiglia Reale se non si fosse imbarcato sullo stesso mezzo. Il Presidente del Consiglio stesso partiva con la Regina.

Con la partenza della Corte e del Governo il Corpo Diplomatico all'uopo riunitosi deliberò che non gli restava se non seguire l'invito ricevuto, tanto più che nel frattempo gli austriaci avanzavano su Antivari e Dulcigno, minacciando di chiudere le comunicazioni col mare, che da notizie comunicate dal R. Addetto Navale i trasporti per la via di Medua erano in procinto di cessare e che infine, secondo il rapporto ufficiale del Colonnello Fournier al suo Ministro, forze austriache appoggiate da bande albanesd trovavansi a Vaudens a 15 chilometri a sud est di Scutari con evidente mira di tagliare la strada verso Alessio. Partimmo da Scutari all'alba del 19, giungemmo a Medua la sera e da lì a Brindisi nel pomeriggio del 20. La Famiglia Reale era giunta la sera avanti. Avendo appreso che il Re vi era atteso l'indomani 21, rimasi a Brindisi per riceverlo.

Per spiegare questi avvenimenti dai quali lo stesso Re ed il suo Governo sono stati evidentemente sorpresi, poiché si sono svolti diversamente da ogni loro previsione, bisogna rimontare a quello che era la posizione assunta dal Montenegro durante la prima parte della guerra europea, ed al mutamento portato alla situazione dalla campagna austro-tedesca-bulgara nei Balcani, terminata con la completa disfatta dell'esercito serbo e con la occupazione della Serbia.

Egli è certo che, fino dall'inizio, il Re essendo dubbioso sulle sorti del conflitto europeo, minacciato in caso di vittoria della Serbia, di essere da questa assorbito, ed isolato dalle Potenze occidentali, pur entrando nella guerra, nella sua qualità di Sovrano di uno Stato slavo e balcanico e per forza del suo patto d'alleanza, al fianco della Serbia e dell'Intesa, cercò di garantire il suo piccolo Stato da ogni eventuale pericolo assumendo una speciale attitudine, per cui gli fosse possibile di rimanere nel gruppo degli alleati senza perdere il contatto col suo potente vicino.

A raggiungere questo fine egli lasciò libera mano al partito austrofilo (già forte e nel Governo e nella Corte) per continuare con la Monarchia attraverso

le autorità militari della frontiera quello scambio di vedute sopra un possibile accordo fra i due paesi che aveva già più volte, prima della guerra, formato oggetto di negoziati non giunti mai a conclusione anche per opposizione dell'Italia. Il punto fondamentale di queste trattative era, come è noto, la cessione delle posizioni del Lovcen contro il possesso di Scutari.

Quantunque io dubiti che il Re si sarebbe mai piegato a firmare un siffatto accordo, ben sapendo che con la perdita del Lovcen sarebbe venuta a cessare la ragion d'essere del Montenegro e della dinastia, a meno che questo non avesse la possibilità di trapiantars1 definitivamente in Albania, è da queste conversazioni che il partito austrofilo trasse l'incoraggiamento per decidersi alla occupazione di Scutari non appena l'Italia ebbe dichiarata la guerra all'Austria.

Fu grave errore del Re di cedere ed annuire a questo passo. Egli vi fu sospinto oltre che dalle assicurazioni austriache, dall'esempio della Serbia che a sua volta si avviava verso l'Albania e dal contegno compiacente dei rappresentanti di Francia e di Russia a Cettigne che lo indussero a ritenere essere la quadruplice dissenziente su questo punto e l'Italia destinata di buona o cattiva voglia ad aderire.

Grave errore che ebbe una duplice conseguenza. Di creare cioè in Italia ed in Inghilterra un senso di diffidenza verso il Montenegro che doveva man mano guadagnare anche la stessa Russia e la Francia, e di rafforzare nel partito austrofilo la convinzione che l'Austria non solo intendesse di rispettare la integrità del Montenegro ma ne favorisse l'ingrandimento.

Nel resto della popolazione a contatto con la capitale, nei comandanti delle truppe della frontiera sud orientale e nelle truppe stesse che assistevano a manifestazioni poco conciliabili con lo stato di guerra, questa persuasione delle classi dirigenti si deformò ed assunse la forma di un convincimento che fra l'Austria ed il Montenegro esistesse un patto definitivo il quale attendesse soltanto l'occasione propizia per tradursi in atto.

Le vittorie tedesche ed austriache sulla Rt:.ssia e gli scacchi della quadruplice nei Balcani rendevano sempre più arroganti gli agenti austriaci. Le voci di una pace separata con gli Imperi centrali incominciavano già a circolare apertamente e si accentuavano le manifestazioni e le notizie tendenziose contro l'Italia. La politica di equilibrio che il Re Nicola aveva in mente di condurre era ridotta a questo che alla prevalente tendenza austrofila faceva ormai contrappeso soltanto la sua personale assicurazione agli alleati di voler continuare la guerra contro l'Austria fino alla vittoria finale.

La rotta definitiva dell'esercito serbo parn culminare la situazione. Questa rotta fu accolta nei circoli dirigenti con profonda soddisfazione considerandola come il tracollo finale del pericolo serbo e come l'occasione del desiderato ravvicinamento all'Austria, poiché il Montenegro rimanendo isolato poteva da questo isolamento trarre presso gli alleati e gli slavi la giustificazione per una pace separata.

E, per quanto io non sia in grado di confermarlo, era generale convinzione del partito nazionalista e dell'opposizione, che i rifornimenti accumulati a Medua fossero per settimane intiere lasciati sulla riva per far sentire alla popolazione, con la strettezza dei viveri il desiderio della pace ed attribuire la responsabilità alla quadruplice in generale ed in particolar modo a noi.

L'esercito serbo intanto, per insistente .~uggerimento dell'Inghilterra che temeva la defezione del Montenegro e la conseguente occupazione di Medua da parte dell'Austria, anziché su Durazzo dove era sua prima intenzione di ritirarsi, si abbatteva disfatto sul Montenegro e su Scutari.

Ne nasceva una situazione nuova.

Da una parte il Re non poteva addivenire ad un pace in virtù della quale egli sarebbe venuto a consegnare nelle mani dell'Austria l'intero esercito serbo battuto; dall'altra si pronunziava nell'Austria l'esigenza di concluderla.

Il partito austrofilo si studiò di vincere questa difficoltà proponendo il progetto di una capitolazione, confortato in questo suo disegno dagli ingenui suggerimenti del rappresentante russo, quasi che la sconfitta dell'esercito serbo di cui il Montenegro non costituisce che l'ala sinistra non avesse mutato anche la situazione militare e con essa le disposizioni dell'Austria.

Il Re che è la sola mente politica veramente superiore del suo paese ne dovette avere una chiara visione, poiché è da questo momento che incomincia una sua nuova attività per confermare negli alleati la fiducia nella sua volontà di resistere e per avere quei rifornimenti che la precedente politica aveva lasciato disperdere e la cui riserva nel paese era stata in maniera allarmante assottigliata dal passaggio dell'esercito serbo.

Quantunque egli continuasse ad abbondare nelle sue manifestazioni austrofile, mantenendo e chiamando al Governo uomini notoriamente partigiani dell'Austria, e facendo financo fare pubblicamente accenno dal suo fido interprete del suo pensiero il voivoda Gavro Vucovic nella Skuptcina, della necessità di una pronta pace, in verità egli mirava a prendere tempo, e le sue assicurazioni e le sue insistenze presso gli alleati erano sincere. Come ho scritto nei miei rapporti egli tendeva allora effettivamente a rafforzare la sua resistenza contando sulla eccezionale fortezza delle sue posizioni; sulla esiguità e cattiva qualità delle truppe austriache sui gravi compiti che questl· avevano su altre fronti, per riprendere possibilmente la sua politica di equilibrio o, quanto meno, lasciare uscire l'esercito serbo dal Montenegro e da Scutari.

Fu questa una delle sue principali preoccupazioni per cui non desistette mai dallo insistere presso il Governo serbo affinché partisse, lottando contro la tendenza di quello a rimanere nella vana speranza di poter riorganizzare almeno una parte delle proprie forze e prendere il sopravvento nei consigli del Montenegro.

Da dichiarazioni fatte negli ultimi giorni dal signor Yovan Popovic, uno dei plenipotenziarl alla Conferenza di Londra, dichiarazioni confermate da informazioni pervenute da altra fonte al Ministro di Francia, nella prima metà di dicembre l'Austria avrebbe fatto pervenire al Re la proposta di un trattato di pace a quanto egli assicurava, vantaggioso, che il Re avrebbe respinto. Se ciò è vero, è evidente che questo trattato doveva includere rispetto ai serbi condizioni che il Governo del Montenegro non potP-va accogliere senza condannare defintivamente se stesso e la propria dinastia.

Ma il brusco mutamento di direzione che il Re così imprimeva alla sua politica riesciva tardivo. Esso non era compreso nelle sue essenziali ragioni dal partito austrofilo e da parte della sua stessa famiglia, affascinata dal miraggio di una pronta soluzione conforme alle proprie aspirazioni; lasciava titubanti e dubbiosi gli alleati; quel che più importava, passava inosservato e non trovava credito presso la popolazione e le truppe le quali continuarono a ritenere che si andasse svolgendo un piano prestabilito verso una soluzione pacifica le cui condizioni erano state previamente fissate.

Per la prima volta nel suo lungo regno, quella nave che egli aveva guidato attraverso tante burrasche non obbediva più all'impulso del suo esperto ma ormai stanco nocchiero.

Così l'Austria incitata dai suoi partigiani ed informata dello spirito che prevaleva nelle truppe che, sotto il comando del Principe Pietro erano preposte alla difesa del fronte sud orientale potè attaccare, con forze che avrebbe dovuto considerare insufficienti all'obbiettivo, la più valida difesa del Montenegro, il Lovcen. E si assistette allo strano spettacolo delle truppe montenegrine che ritenendo di essere destinate ad immolarsi per una combinazione politica diretta a giustificare una pace già virtualmente fatta, si rifiutarono di battersi. Tale convincimento era così radicato che la stessa mancanza di viveri, la quale negli ultimi tempi era reale, veniva attribuita dalle truppe ad un piano premeditato dal Governo per togliere loro i mezzi di resistenza.

Che tale fosse l'attitudine e lo spirito dell'esercito destinato alla difesa del Lovcen mi è stato confermato dal colonnello Pechic, capo dello Stato Maggiore montenegrino. Egli mi raccontava che i soldati ai quali chiedeva perché abbandonassero così le loro posizioni gli rispondevano tutti invariabilmente che era inutile battersi e soffrire la fame ed il freddo quando la pace era già fatta. Il maggiore Coulais, comandante del distaccamento francese (circa 200 uomini) riferì anche al suo Ministro che quando schierò i suoi uomini ed aprì il fuoco contro gli austriaci le truppe montenegrine rimasero con le armi al piede e li guardarono con sorpresa e scherno per cui dovette ritirarsi. Alla Corte stessa poiché il fatto era ammesso dallo stesso Re, dai Principi e dal Governo e che la sola mancanza di viveri non poteva spiegarlo essendovi di questi a Cettigne una certa scorta che poteva sempre essere inviata alla fronte si cercava di accreditare la versione che nel lungo contatto alla frontiera fra le forze montenegrine e le forze austrhtche queste fossero riescite a corrompere con denaro i comandanti di quelle.

In verità la prematura caduta delle posizioni fu la risultanza di varie cause fra cui primeggia l'opera di dissolvimento e di demoralizzazione pazientemente eseguita dall'Austria appoggiata dai numerosi ed influenti elementi che nel Montenegro le erano devoti.

La situazione del Re dopo la sua ritirata a Podgoritza si aggravò per la possibilità di complicazioni interne.

Non appena fu noto che egli aveva aperto negoziati di pace con l'Austria, il partito nazionalista accentuò la sua azione per denunziarlo anche con maggiore violenza di avere venduto la parte essenziale del Montenegro, quella che ne aveva assicurato per secoli l'indipendenza contro il possesso di Scutari e per vantaggi personali ed interessi dinastici.

Erano indicati, non so con quanto fondamento, come p·iù direttamente responsabili di avere prevalso sul Re e di averlo piegato a questo scambio, il Principe Pietro e la Principessa Xenia.

Le truppe montenegrine che all'oscuro degli intrighi che si tramavano a Cettigne, si erano valorosamente battute sulla fronte del Sangiaccato, apprendevano la improvvisa e non contrastata perdita del Lovcen credettero fermamente ad un tradimento. Il clan dei Piperi veniva verso Pogdoritza per chiedere spiegazioni al Re del suo operato.

Il Re si trovò fra le truppe che si ritiravano dal Lovcen disperdendosi e saccheggiando e la minaccia delle altre.

Come ho scritto nella prima parte di questa relazione, il Corpo Diplomatico, su formale invito del Re e del Governo e sull'assicuraz•ione ufficiale che anche questi vi si trasferivano, partì per Scutari nella notte fra il 16 ed il 17 gennaio.

Fin dal giorno otto, e cioè da quando le forze austriache presero possesso della cresta di Kuk, noi fummo ripetutamente oggetto di allarmi notturni datici dal Governo perché partissimo senza indugio. Ne avemmo tutti l'impressione che si cercasse di allontanarci e però rifiutammo sempre di farlo.

Ma la sera del 16 di fronte alla situazione di fatto col nemico a Rjeka che avrebbe potuto in poche ore far effettivamente prigionieri la Corte e noi e di fronte alle dichiarazioni ufficiali del Governo ritenemmo di dover aderire all'invito di recarci a Scutari.

In tal modo vi sono due giorni dal 17 al 19 durante i quali si sono svolti avvenimenti di cui i miei colleghi ed io non sappiamo altro che quanto ci fu fatto conoscere.

Regna su quel periodo una certa oscurità.

Non debbo nascondere che quando a Scutari il giorno 18 gennaio si ebbero a distanza di poche ore le comunicazioni contraddittorie prima della partenza del Re, poi della cessazione delle ostilità e dei negoziati di pace, ed infine di nuovo quella della partenza della Corte per le condizioni inaccettabili imposte dall'Austria, sorse in alcuni il dubbio che anziché per le esigenze dell'Austria dei cui negoziatori non si aveva ancora notizia né erano fatti i nomi, la Corte

ed il Governo partissero per timore della rivoluzione. Restava da spiegare anche perché le truppe austriache pur dopo l'accettazione dell'armistizio continuavano ad avanzare.

Anche dopo l'arrivo a Brindisi del Re la permanenza nel Montenegro del Principe Mirko e sopratutto di tre ministri non permise di formulare giudizi definitivi sulla situazione, g-iacché nell'assenza del Re e del Principe ereditario mancando una designazione del Sovrano la reggenza è assunta dalla maggioranza del Governo e che il Principe aveva ripetutamente dichiarato di essere partigiano allo stato delle cose di un accomodamento qualsiasi con l'Austria. Essendo rimasti in paese i poteri costituzionalmente autorizzati a trattare, non è tuttora da escludere che essi conchiudano un qualche accordo con l'Austria, tanto più che effettivamente le città del Regno sono tutte favorevoli a questa soluzione ed il resto della popolazione è ridotta in tali strettezze da non potere opporre alcuna resistenza.

In attesa che gli avvenimenti rispondano a questo dubbio, sulla caduta del Montenegro possono farsi le seguenti considerazioni: l) Che era certo intendimento del Re continuare la sua politica di equilibrio ed attendere gli avvenimenti, ma che per la sua grave età egli ormai non

aveva più la padronanza delle cose e delle persone, per cui lasciò prevalere intorno a sé la corrente austrofila così che quando volle non gli fu possibile arrestarla e ne fu travolto.

2) Che ad ogni modo agli sforzi del Re in questo senso ed al suo temporeggiamento è dovuto se fu possibile di porre in salvo l'esercito serbo dopo la sua sconfitta.

3) Che la caduta del Montenegro per forza d'armi o per accordi politici, dopo la disfatta della Serbia, era stata segnalata e scontata sicché ci ha dato il tempo di prendere mature decisioni circa l'abbandono o la difesa dell'Albania centrale, atteso che col Montenegro cadevano contemporaneamente nelle mani

o sotto il controllo dell'Austria, Scutari e Medua.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 308.

(l) Non rinvenuto.

380

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 237/49. Pietrogrado, 28 gennaio 1916, ore 0,25 (per. ore 5,10).

Poklewsky telegrafa che le voci di un ultimatum germanico alla Romania sono esagerate ma che situazione riveste sempre carattere di gravità.

Egli riferisce che, secondo alcuni uomini politici romeni il ministro di Germania reduce a Bucarest il 23 corrente sarebbe incaricato di esigere o il cambiamento del Ministero o l'impegno della Romania di rimanere neutrale sino alla fine della guerra contro compensi della Bucovina ma con garanzie sotto forma di smobilitazione.

Costantinescu ha sostenuto con Poklewsky che il Governo romeno non dovrebbe cedere a tali esigenze se venissero formulate. Take Jonesco e Filippesco sosterebbero Bratianu se egli ricusasse di soddisfare esigenze in questione.

Ministro di Romania mi ha detto non aver sino ad ora ricevuto alcuna diretta notizia da Bucarest su quanto precede.

381

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 422/57. Berna, 28 gennaio 1916, ore 10,30 (per. ore 1,40 del 29).

In questi giornali soprattutto svizzeri francesi, con a capo Journal de Génève di ieri mattina, vi [sono] negli ultimi giorni articoli di violenta critica contro nostra deficiente azione militare in Montenegro che è additata come causa principalissima, se non unica, degli ultimi successi austriaci.

Viene apertamente insinuato che si tratta di una passività voluta. a causa rivalità italiana jugoslava sull'Adriatico.

Ho già richiamato l'attenzione questo ambasciatore francese sul danno che deriva alla causa comune alleati da questi attacchi perché egli agisca dal canto suo, mentre mi riservo, dal canto mio. di agire su alcuni principali redattori di detti giornali.

Sarebbe opportuno che si prendessero accordi, disposizioni perché, o direttamente da codesto ministero, o indirettamente da questa legazione, fosse opposta a questa deplorevole campagna, che molto ci danneggia nell'opinione pubblica svizzera, un autorevole e possibilmente ben documentato comunicato di smentita.

382

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 246/35. Atene, 28 gennaio 1916, ore 14,20 (per. ore 16,20).

In una lunga udienza accordata oggi da Re Costantino al nostro addetto navale, S. M. si è mostrata favorevolmente impressionata dal fatto che Italia non aveva preso parte alla occupazione di Corfù. Egli ha detto che francesi gli avevano insinuato di aver essi occupato Corfù per impedire lo facesse l'Italia. Addetto navale non è riuscito fargli precisare se questa malevola insinuazione fosse venuta da questa legazione di Francia o da altre parti.

Intorno agli altri punti dell'interessante colloquio addetto navale riferisce al proprio ministero e sarà bene V. E. prenda conoscenza di quel rapporto (l).

383

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 151. Roma, 29 gennaio 1916, ore 16,30.

(Meno Parigi) -Ho telegrafato al R. ambasciatore a Parigi quanto segue: (Per tutti) -V. E. avrà desunto dai telegrammi di varie RR. rappresentanze, ritrasmessile per sua conoscenza, le voci che sono state diffuse in nostro riguardo circa la occupazione francese di Corfù (mio telegramma n. 92 (3) e 145) (4). Avrà altresì rilevato come il Governo francese abbia dato allo sbarco di queste truppe ampiezza maggiore di quella segnalataci in anticipo, e come abbia insistito ed insista (mio telegramma n. 130) (5) perché il Governo serbo da prima non si recasse ed ora si allontani da Corfù. Per nostro conto abbiamo subito fatto presente che l'Italia difficilmente potrebbe restare estranea ad una

(-4) Cfr. n. 382. nota 1.

occupazione di Corfù (mio telegramma n. 4) (1). Io poi dissi a Barrère che la occupazione doveva essere soltanto serba.. Ma che ciò non escludeva che potessero andare a Corfù anche gli ufficiali francesi « o altri » che fossero destinati ad aiutare alla 1'\lorganizzazione dell'esercito serbo (mio telegramma n. 36) <2). Dopo queste comunicazioni mi indussi ad autorizzare il R. ministro ad Atene ad unirsi ai colleghi per la presentazione della nota del 10 febbraio, ma il giorno stesso io dichiaravo a Barrère (mio telegramma n. 49) (3) che «dovevo fare ogni riserva del diritto nostro di mandare pure a Corfù qualche nostra rappresentanza militare o drappello di ufficiali o di truppe».

Avrei divisato ora che, in accompagnamento degli scaglioni di serbi e di montenegrini che noi trasportiamo dall'Albania, prendesse imbarco sui medesimi piroscafi un certo numero di carabinieri i quali al loro arrivo a Corfù dovrebbero rimanervi a disposizione di quella R. legazione. Verrebbe per tal modo a costituirsi quasi insensibilmente a Corfù un nucleo di carabinieri coi rispettivi ufficiali; nucleo che, a movimenti compiuti, raggiungerebbe il numero di 200. Potrebbe allora essere il caso, tanto più se si crederà d'inviare successivamente qualche altro piccolo reparto, di mandare nell'isola anche un ufficiale superiore, il quale, oltre ad essere investito delle funzioni di comando, potrebbe altresì essere addetto alla R. legazione come consulente tecnico militare.

Prego V. E. telegrafarmi le sue impressioni in proposito e ella creda opportuno fare cenno a codesto Governo innanzi che avvenga il primo sbarco dei carabinieri sovraccennati (4).

(Solo Londra e Pietrogrado) -Quanto precede per esclusiva notizia personale di V. E.

(l) Ritrasmesso a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. gab. 145 del 28 gennaio, ore 21.

(2) Ed. in SONNINO, Carteggio, clt., n. 497.

(3) -Cfr. n. 330, nota 1. (5) -Cfr. n. 365, nota 1.
384

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 269/46. Bucarest, 29 gennaio 1916, ore 21 (per. ore 22,50 del 30).

Mio telegramma gabinetto n. 42 (5).

Bratianu ha confermato al mio collega di Russia che considera come evitato per il momento pericolo ultimatum tedesco. Ha aggiunto però di ritenere trattarsi di una semplice tregua momentanea atteso che da un lato Germania dimostra di non aver più fiducia che la Romania rimanga neutrale e dall'altro Bulgaria la spinge a romperla colla Romania.

Infatti i rapporti romeno-bulgari sono divenuti negli ultimi tempi estremamente tesi: incidenti di frontiera sono quotidiani, tutte le comunicazioni dalla Romania alla Bulgaria sono interrotte ad opera di quest'ultima meno un solo treno al giorno di ciascun senso sulla linea ..... (6) Passarovic. Anzi tale treno deve fermarsi alla linea di confine in piena campagna per sostituire al perso

(-4) Per la risposta di Tit toni cfr. n. 404.

nale romeno quello bulgaro allo scopo di evitare violenti conflitti che si verificavano quando ferrovieri romeni giungevano fino alla prima stazione bulgara.

Bulgari che anelano togliere Dobrug.ia alla Romania spingono tedeschi alla guerra contro quest'ultima facendo tra le altre cose balenare ai loro occhi gran quantità di cereali e di combustibile liquido di cui Imperi centrali potrebbero provvedersi in Romania e nella Russia meridionale.

Bratianu ha detto anche al ministro di Russia come aveva già detto a me (mio telegramma gabinetto n. 34) (l) che esercito romeno non potrebbe difendere Dobrugia nel caso di una offensiva combinata austro-tedesca-bulgara e dovrebbe ritirarsi dietro Danubio. Tutte le misure per l'evacuazione della Dobrugia, compreso il ritiro degli archivi, delle reclute e delle requisizioni, sono già prese.

Dell'intenzione dei bugari di occupare la Dobrugia questo Governo ha avuto una prova anche in seguito alla assiduità di alcuni abitanti del territorio ceduto nel 1913 dalla Bulgaria alla Romania i quali hanno dichiarato di essere stati consigliati da questo ministro di Bulgaria a collocare i loro risparmi presso banche bulgare perché presto quel territorio tornerà alla Bulgaria.

Nell'eventualità adunque d'un ultimatum tedesco Bratianu ha detto a Poklevsky che la Russia dovrebbe mandare in Dobrugia duecentomila uomini per difendere questa regione mentre esercito romeno provvederebbe alla difesa del resto del territorio e concorrebbe all'offensiva russa in Bucovina.

Da quanto è stato comunicato a questi miei colleghi Francia e Inghilterra sembrerebbe che il comando supremo russo preferirebbe appoggiare Romania con dieci divisioni che manderebbe sulla linea Falticeni-Herza (Bucovina). Ministro di Russia non ha avuto alcuna comunicazione in questo senso: Sazonov lo ha semplicemente incaricato di assicurare Bratianu che la Russia sosterrà Romania. Dal canto mio credo opportuno far presente che un aiuto russo dalla Bucovina, il quale costituirebbe in ultima analisi un semplice spostamento forze sulla stessa fronte e non vero e proprio rinforzo, non farebbe che confermare Bratianu nei dubbi espressimi fin dal 25 corrente (mio telegramma gabinetto

n. 34), circa potenzialità russa. D'altro lato prospettiva di incominciare la guerra coll'abbandonare regione che costituisce l'unico sbocco al mare della Romania e che fu il compenso per la forzata cessione delle provincie della Bessarabia alla Russia nel 1878 non sarebbe certamente tale da incoraggiare la Romania a resistere contro la pressione germanica. Quindi ritengo che sarebbe prudente fare sapere d'urgenza al Governo russo che unico modo di assicurarsi cooperazione Romania è quello di tener pronti quattro o cinque corpi d'esercito per sostituire l'esercito romeno in Dobrugia e quindi aiutare Romania nel punto in cui Bratianu, che in questo momento è il miglior giudice, crede più utile tale concorso.

Siccome poi uno dei principali elementi di inferiorità dell'esercito romeno è mancanza di artiglierie pesanti moderne tali da poter competere con quelle germaniche, se Governo russo fosse in grado prestare una congrua quantità di simile materiale alla Romania e l'offrisse, ciò farebbe qui ottimo effetto e varrebbe a dissipare molte esitazioni.

Secondo segretario generale di questo ministero della guerra le dieci divisioni russe di soccorso alla Romania dovrebbero essere portate sulla linea Cernavoda-Costanza e per facilitarne trasporto potrebbero essere condotte cinque con barconi sul Danubio da Reni a Cernavoda e le altre cinque con piroscafi sul Mar Nero da Odessa a Costanza. Anzi per conservare ai russi base e punto di sbarco sulla costa anzidetta segretario generale si propone di suggerire a Bratianu di non abbandonare Costanza, ma bensì di fortificarla in modo da permettere di resistere durante cinque o sei giorni necessari allo sbarco russo: naturalmente questo piano presuppone già concentrate e pronte all'imbarco cinque divisioni russe a Reni e altrettante a Odessa prima della eventuale presentazione dell'ultimatum germanico. Lo stesso segretario generale dichiara non aver ancora dati precisi e positivi sulle forze austro-tedesche-bulgare dalla parte della Romania, avendo egli notizie del passaggio delle truppe indicate nei telegrammi da me trasmessi di questo R. addetto militare (l) ma ignorando specialmente se truppe germaniche hanno proseguito per la Turchia o sono rimaste in Bulgaria. Cifra complessiva che egli fa oscillare dai 160 ai 250.000 uomini dei quali 100.000 sulla linea Schumla-Razgrad e 60.000 a Varna, oltre a 100.000 turchi bene equipaggiati ad Adrianopoli. Le nuove misure di precauzione prese dalla Romania consistono specialmente in lavori di fortificazioni e nell'invio di truppe dietro Giurgevo a distanza tale da non trovarsi sotto il fuoco dei cannoni pesanti germanici di Rutsciuk.

Due aeroplani germanici avendo sorvolato ieri l'altro su Giurgevo, questo ministro della guerra, invece di reclamare, ha incaricato una squadriglia di quattro aeroplani sorvolare su Rutsciuk e fare un'esplorazione nell'interno della Bulgaria. Tale esplorazione si è compiuta felicemente ieri malgrado fuoco delle batterie antiaeree tedesche e viene continuata oggi.

Prego comunicare comando corpo di Stato Maggiore parte del presente telegramma che può interessarlo (2).

(l) -Cfr. n. 256, nota l. (2) -Cfr. n. 282. (3) -Cfr. n. 292. (5) -Cfr. n. 376. (6) -Gruppo indecifrato.

(l) Cfr. n. 366.

385

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

L. P. Roma, 29 gennaio 1916.

In ordine al telegramma n. 413 (gabinetto) (4) d'Imperiali sarebbe bene che tu ti rivolgessi alle Finanze, anche, se vuoi, dicendoti d'intesa con me, per chiedere spiegazioni tali che possano essere trasmesse a Imperiali e smentire le voci insistenti, che trovano eco persino nella Camera dei Comuni.

Al qual proposito mi par che, in generale, Imperiali dovrebbe essere messo in grado da noi, mediante opportune notizie, d'informare la stampa inglese di

(-4) Cfr. n. 373.

ciò che noi facciamo e che è ignorato o taciuto; così tutto quello che si è fatto e si fa per i serbi e i montenegrini. Imperiali poi dovrebbe aver cura di diffondere queste notizie.

La cosa non è priva d'interesse per modificare l'opinione che all'estero parecchi giornali, sobillati direttamente o indirettamente dagli agenti degli Imperi centrali, cercano eccitare contro di noi.

(l) -Non pubblicati. (2) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. gab. 166 del 31 gennaio, ore 21. (3) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 496.
386

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 268/47. Bucarest, 30 gennaio 1916, ore 13,30 (per. ore 9,40 del 31).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 136 (l). Sarebbe bene dissipare le illusioni di Sazonov circa l'efficacia dell'azione a Salonicco sulla condotta della Romania.

Certamente Bratianu tiene molto a che Salonicco non sia abbandonata e anzi serva come punto di partenza ad una azione decisiva nei Balcani, tanto è vero che vorrebbe che l'Italia andasse anche colà piuttosto che limitarsi a riunire forze a Valona (mio telegramma gabinetto n. 43) (2), ma non sarà certamente il sapere rinforzato il corpo di operazione di Salonicco che lo rassicurerà nel caso di un conflitto colla Germania. Solo mezzo di venire in aiuto è quello di riunire in prossimità della sua frontiera forze russe in numero sufficiente ed in tempo utile e cioè prima di un ultimatum tedesco; altrimenti Romania ci riserverà le stesse sorprese della Bulgaria o della Serbia, cioè o si schiererà contro noi oppure sarà schiacciata dai nostri nemici.

Mi risulta che la Russia fissa nella sua idea di Salonicco, ha nuovamente insistito presso Francia ed Inghilterra perché mandino colà nuove truppe e vi trasportino anche i resti dell'esercito serbo.

Un indizio che la Germania si preparerebbe ad un passo decisivo sulla Romania è dato dalla persistente campagna di denigrazione contro di noi, destinata evidentemente a demoralizzare lo spirito pubblico romeno preparandolo alla sottomissione di fronte alla prepotenza germanica coll'esempio dei mali ai quali è andata incontro l'Italia.

Le notizie tedesche di disordini in Italia, di polemiche astiose dei giornali italiani contro Francia, Inghilterra e Russia e dei giornali di questi tre Stati contro Italia, della ritirata degli italiani dall'Albania, di insuccessi italiani nel Carso, di crisi nel Gabinetto italiano, di carestia di viveri e di carbone in Italia e simili oramai non si contano più e le mie smentite a poco valgono essendo campate in aria senza indicazione di nomi e di dati di fatto.

(l) -Cfr. n. 372. (2) -T. gab. 241/43 del 27 gennaio, ore 2,30, non pubblicato, con il quale Fasciotti riferiva, tra l'altro, avergli detto Bratianu di «ritenere che le forze dell'Intesa a Salonlcco... sono Insufficienti per fare qualche cosa di serio e che senza l'Intervento dell'Italia non si potrà avere colà una forza militare tale da mutare la situazione nel Balcani ».
387

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 267/55. Pietrogrado, 30 gennaio 1916, ore 16 (per. ore 20,55).

Dichiarazione di Hammarskjtild (l) circa la possibilità che la Svezia esca dalla neutralità venne qui considerata come quasi esclusivamente diretta ad impressionare l'Inghilterra, la cui tendenza è pur sempre di limitare le importazioni in Svezia al suo ordinario consumo e ridurre al minimo i rifornimenti alla Germania.

Qui si ritiene però che nonostante la grande importanza attribuita a quest'ultimo scopo dall'Inghilterra essa procederà con i maggiori riguardi verso Svezia non diversamente da quanto pratica la Russia. E infatti mi risulta in via riservata che nonostante assegnamento fatto da Londra e Pietrogrado sulle disposizioni pacifiche del Rigsdag ed opinione popolare, nonché su varie difficoltà tecniche che incontrerebbe Svezia per fare la guerra, quei due Gabinetti hanno preso in esame eventualità che pressione e propaganda della Germania possano trascinare Governo svedese a prendere parte alle ostilità accanto alle Potenze centrali.

Dal punto di vista militare terrestre non è sembrato che i 150.000 uomini di cui Svezia disporrebbe rappresenterebbero una seria minaccia per Russia ma dal punto di vista navale, intervento svedese fornirebbe alla Germania basi solide ed una forte posizione nel Baltico molto più se, come sospettasi, s'impadronisse di Larvic sulla costa norvegese.

In tali circostanze sembra probabile che Svezia non accetterà controllo importazione quale lo desidererebbe Inghilterra e che questa non insisterà per imporglielo.

388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO A LE HAVRE, CARIGNANI (2)

T. GAB. 161. Roma, 30 gennaio 1916, ore 21.

L'ambasciatore del Giappone mi chiedeva dietro istruzioni del suo Governo quale fosse il contegno dell'Italia di fronte alla proposta anglo-francese che le Potenze alleate dichiarino che il Belgio sarebbe a suo tempo chiamato a partecipare ai negoziati di pace; e che non si accetterebbe una pace in cui non gli fosse resa la piena indipendenza e non fosse indennizzato dei danni sofferti, assicurandone l'avvenire politico ed economico.

Ho risposto che tale proposta mi riusciva del tutto nuova.

Siamo rimasti intesi che ne avremmo riparlato fra qualche giorno.

(l) -Cfr. n. 377. (2) -Ed. In SONNINO, Diario, clt., p. 308.
389

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 270/6. Corfù, 31 gennaio 1916, ore 12 (per. ore 14,40).

Presenza missione militare inglese pei rifornimenti -nove ufficiali e venti soldati -è qui interpretata dai più come una manifestazione del desiderio dell'Inghilterra di non dare carattere esclusivo alla occupazione francese di Corfù.

Questa popolazione ha fatto buon viso alla missione militare inglese mentre diffida dei francesi attribuendo loro recondito pensiero di una definitiva occupazione dell'isola. Saranno forse infondati timori ma visto che più di una volta in questa guerra l'inverosimile si è verificato e visto che la presente intenzione della Francia se fosse attuata ci colpirebbe direttamente e gravemente non mancherò di vigilare per segnalare all'E. V. in tempo utile ogni atto che potesse giustificare le patriottiche apprensioni dei corfiotti.

Per il momento mi permette esprimere il modesto avviso che sarebbe prudente astenersi da qualsiasi intervento materiale capace di generare dissidi tra la Francia e l'Italia (l) .

390

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HA VRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 275/2. Le Hàvre, 31 gennaio 1916, ore 19,05 (per. ore 21,30).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 161 (2).

Proposta anglo-francese venne fatta ad iniziativa del Governo britannico come mi dice questo ministro degli affari esteri. Belgio dapprima chiese assicurazione di essere ammesso a partecipare a future trattative di pace. Per desiderio del Re è stato più tardi domandato ai Gabinetti francese inglese una garanzia anche per il Congo nella dichiarazione che gli alleati farebbero a favore Belgio e ministro affari esteri ritiene che i due Gabinetti aderiranno. Ministro degli affari esteri spera che V. E. accoglierà integralmente proposta anglofrancese. Mio collega belga a Roma ha ricevuto istruzioni di appoggiare passo per questo scopo degli ambasciatori dell'Intesa.

Russia ha già notificato sua adesione prima che fosse stata fatta domanda riguardo al Congo, autorizzando questo suo rappresentante a firmare la relativa dichiarazione nella supposizione che venisse sottoscritta all'Havre.

Ritardo comunicazione a V. E. dipenderebbe dalla mancanza di istruzioni a Barrère.

(t. gab. 178 del 2 febbraio): «Prego indicarmi dettagliatamente per quali ragioni ella giudichi prudente astenersi da qualsiasi nostro intervento materiale. Con riferimento telegramma di Milano n. 51 prego telegrafarmi con maggiore precisione quanta parte della missione inglese sia partita e per quali motivi; e quanti militari inglesi permangono tuttora a Corfù».

(l) In riferimento al prE;sente telegramma Sonnino telegrafò a Squittì quanto segue

(2) Cfr. n. 388.

391

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI (l)

T. GAB. 167. Roma, 31 gennaio 1916, ore 21.

Avendo io chiesto a sir Rennell Rodd qualche schiarimento riguardo alla dichiarazione relativa al Belgio, della quale mi aveva parlato questo ambasciatore del Giappone (vedi mio telegramma gabinetto n. 161) (2) egli mi ha detto che effettivamente aveva avuto istruzioni dal suo Governo di intrattenermi della cosa insieme coi colleghi ma che non l'aveva ancora fatto in attesa che giungessero istruzioni analoghe a Barrère, il quale ne era tuttora privo. Si riteneva di dover fare qualche passo per rassicurare gli animi dei belgi sulle loro sorti alla fine della guerra; e si sperava che l'Italia quando non avesse potuto unirsi semplicemente agli alleati nella dichiarazione stessa, avrebbe almeno dichiarato di non aver alcuna obiezione da opporre a che essi la facessero.

392

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 280/57. Pietrogrado, 1° febbraio 1916, ore 13,10 (per. ore 19,10).

A quanto telegrafa Poklevsky in data 28 corrente ministro di Germania non ha espresso alcuna esigenza ma ha manifestato suo malcontento non tanto per la vendita dei grani all'Inghilterra quanto per l'atteggiamento in generale della Romania che provoca dubbi circa l'osservanza sua neutralità.

Bratianu assicurò Poklevsky non avere conoscenza dei termini nei quali il Re rispose a Bussche, sapere soltanto che Sua Maestà sostenne la politica della Romania essere dettata dai suoi veri interessi e che miglior garanzia di tale politica era permanenza al potere dell'attuale gabinetto.

Bratianu considera crisi come sormontata ma teme possa rinnovarsi e perciò Romania e Russia dovrebbero pensare fin d'ora ad adeguate misure militari per poter resistere alle eventuali esigenze germaniche. Egli teme che Germania voglia mettere la mano su Bucarest e impedire la mobilitazione romena nonché impadronirsi della Dobrugia per creare nuova fronte di guerra con la Russia sulla linea Galatz-Tulcea. Gli disse di credere di trovarsi in grado di difendere Bucarest e la linea del Danubio ma non la Dobrugia. Aiuto russo è quindi indispensabile. Senza esso Romania dovrebbe evacuare Dobrugia fino dall'inizio delle ostilità.

(-2) Cfr. n. 388.

Poklevsky esprime convinzione sicura che Romania resisterebbe alla violazione della neutralità e ad ogni eventuale pretesa tedesca qualora in prossimità di suoi confini fosse concentrato un esercito russo di 200.000 uomini pronti ad operare in Dobrug,ia.

A quanto viene qui comunicato da altra fonte Germania avrebbe concluso acquisto di altri 100.000 vagoni di grano romeno.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, c1t., p. 309.
393

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 277/9. Stoccolma, 1° febbraio 1916, ore 18,25 (per. ore 1,20 del 2).

Secondo un telegramma da Pietrogrado all'agenzia telegrafica svedese, Sazonov, ricevendo i rappresentanti della stampa russa, avrebbe fra altro accennato alla possibilità che la Svezia trovi necessario di prendere provvedimenti per la difesa delle sue frontiere ed avrebbe assicurato che essa non ha però bisogno di difendersi contro la Russia. Queste dichiarazioni, se esattamente riprodotte, sono inopportunissime e pericolose non solo perché rivelano da parte della Russia una nervosità ed una paura le quali non possono che incoraggiare in Svezia i partigiani dell'intervento ma anche perché mettono in circolazione come se fossero naturali quelle voci di possibile mobilitazione svedese che finora erano a cognizione di pochissime persone e che la Russia e suoi alleati dovrebbero considerare quale una provocazione da respingere anche come semplice ipotesi.

Mi è stato riferito da persona degna di fede che il ministro di Germania avrebbe detto recentemente di comprendere le difficoltà che si oppongono all'intervento armato della Svezia, ma di sperare almeno in primavera una mobilitazione generale. Invece questo ministro degli affari esteri ha negato recisamente anche al mio collega d'Inghilterra che un tale fatto sia per prodursi.

394

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI (l)

T. GAB. 177. Roma, 1° febbraio 1916, ore 21.

Miei telegrammi nn. 161 e 167 (2). Barrère mi ha parlato della dichiarazione da farsi dagli alleati riguardo al Belgio. Occorreva dare con ciò un conforto ed un incoraggiamento a quel Go

verno e alle sventurate popolazioni soggette alla invasione. Egli non aveva ancora il testo preciso della proposta dichiarazione.

Ho risposto che non aveva nulla da obiettare al merito della dichiarazione stessa, riconoscendo perfettamente che una condizione imprescindibile a qualunque pace dovesse essere la completa reintegrazione del Belgio: ma che mi riservavo quanto alla questione di forma e perché non entravamo nel numero delle Potenze garanti della integrità belga, e per la particolare situazione nostra nei riguardi della Germania. Non esservi nessun fatto nuovo che giustificasse il mutare tale situazione a proposito di una dichiarazione, per se stessa superflua, da ripetersi oggi ai belgi. Noi eravamo stretti al patto di Londra del 5 settembre, e non movendo noi alcuna opposizione al vincolo che assumevano i nostri alleati verso il Belgio, venivamo di fatto a restare obbligati anche noi.

(l) -Ed. In SONNINO, Diario, c!t., pp. 309-310. (2) -Cfr. nn. 388 e 391.
395

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 279/46. Londra, 1° febbraio 1916, ore 22,04 (per. ore 5 del 2).

Telegramma di V. E. n. 143 (1).

Grey col quale discorrevo ieri circa le relazioni anglo-svedesi non mi nascondeva essere al momento presente poco piacevoli. Svezia si ostina a volere ad ogni costo facilitare il contrabbando su vasta scala per la Germania. Come conseguenza di tale politica il Governo britannico trovasi in presenza del dilemma: o compromettere le relazioni con Svezia o rinunziare praticamente allo scopo preflssosi di impedire il più possibile i rifornimenti della Germania.

Preoccupato per questa situazione da lui chiaramente prospettata al ministro d'Inghilterra a Stoccolma, Grey ha invitato Governo svedese ad inviare qui un suo rappresentante per discutere amichevolmente la questione ed esaminare le possibilità di un'intesa.

Grey aggiunse che le prove del contrabbando svedese in favore della Germania sono addirittura schiaccianti.

Occorre tener presente situazione delicatissima in cui trovasi questo Governo e specialmente Grey. Se per ovvie considerazioni generali e soprattutto nell'interesse della Russia qui si desidera vivamente evitare una rottura con la Svezia, d'altra parte il Governo e specialmente Grey debbono fare i conti con l'opinione pubblica la quale ha gli occhi aperti. Recenti dichiarazioni alla Camera dei Pari eloquenti e ferme di Grey hanno chiarito atmosfera e trovato largo consenso dimostrando inanità delle violente accuse contro di lui dagli intransigenti. Continua però intensa la campagna di lord Northcliffe della Morning Post contro la politica del Foreign Omce cui addebitasi di intralciare con sottigliezze giuridiche l'efifcace azione della marina (2).

(l) -Cfr. n. 377, nota l, p. 268. (2) -Ritrasmesso a Parigi, Pietrogrado e Stoccolma con t. gab. 181 del 2 febbraio, ore 20.
396

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 288/58. Pietrogrado, 2 febbraio 1916, ore 13,30 (per. ore 18,45).

Sazonov ha richiamato a due riprese mia attenzione (avantieri e ieri) sulle notizie che gli pervengono da varie fonti sui tentativi che il Re di Grecia farebbe per seminare zizzania fra noi e la Francia a proposito di Corfù. Sazonov afferma che Francia non ha alcuna mira recondita su quell'isola, ove nessun suo interesse è in giuoco e dove persino apparenza di volervi porre stabile piede potrebbe troncare addirittura tradizionale amicizia tra la Francia e il popolo greco. Al mio interlocutore che sembrava un po' preoccupato dalla possibilità di qualche nostro malinteso con l'alleata ho risposto che i suoi dubbi non avevano fondamento, che noi non nutriamo alcun sospetto sulla sincerità delle dichiarazioni formulate sino dall'inizio dalla Francia, che la posizione geografica di quell'isola non poteva evidentemente !asciarci indifferenti su quanto vi accadesse, che

R. Governo come gli era noto aveva fatto ogni riserva del diritto nostro di mandare a Corfù qualche distaccamento militare, ma che di tutto ciò la Francia era edotta e non se ne era certo adombrata appunto perché non è mossa da secondi fini.

Sazonov dal canto suo mi reiterò le più categoriche affermazioni sulla sincerità delle intenzioni francesi osservando che secondo ogni probabilità il desiderio di non vedere a Corfù il Governo serbo è dovuto esclusivamente al generale di Mondésir che crede conservare così mano più libera nella riorganiz<:azione dell'esercito serbo.

Anche ambasciatore di Francia presso il quale mi trovavo oggi a colazione mi ha parlato delle stesse voci (che credo originate in buona parte da un telegramma di Demidov) giusta le quali il Re di Grecia cercherebbe di destare reciproci sospetti fra Italia e Francia per Corfù. Ho tenuto un linguaggio analogo a quello usato con Sazonov. Paléologue ha calorosamente sostenuto la sincerità e la chiarezza del programma francese ed ha a varie riprese ripetuto che nessuna obiezione è stata mai mossa dalla Francia contro rappresentanza militare italiana a Corfù.

397

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T.R. 516/63 GAB. (1). Pietrogrado, 3 febbraio 1916, ore 15,45 (per. ore 21,55).

Da persona amica mi è stato confidenzialmente rimessa copia di una lettera che il presidente della Duma ha diretto al presidente del consiglio nella prima

metà del mese scorso e nella quale, dopo aver segnalato la crisi dei mezzi di comunicazione in Russia ed i pericoli per l'ordine pubblico ed anche per l'andamento della guerra se derrate venissero a far difetto nei principali centri urbani, si fa ricadere in buona parte responsabilità della situazione sul capo del Governo signor Goremikine.

Lettera contiene alla fine seguente apostrofe: «E se voi, Ivan Longinovich, non vi sentite in grado di portare questo pesante fardello e non utilizzate tutte le forze disponibili per avviare il Paese alla vittoria, abbiate il coraggio di confessarlo e di cedere il vostro posto a forze più giovani». Lettera, di cui trasmetterò testo per corriere, dà la misura dei rapporti intercedenti fra la Duma con la sua presidenza e il presidente del consiglio e contribuisce a spiegare la decisione finale presa da quest'ultimo di abbandonare il potere. Quanto ai mezzi di trasporto ed alle molteplici speculazioni, sorte per elevare prezzi dei grani, dello zucchero etc., sono state prese nel mese scorso non poche energiche misure. Irregolarità nel servizio delle ferrovie ed abusi degli speculatori non sono stati di certo radicalmente estirpati, ma i pericoli imminenti denunziati dal signor Rozianko sembrano scongiurati. Con rescritto imperiale in data di ieri, S. M. l'Imperatore ha accettato le dimissioni rassegnategli dal presidente del consiglio signor Goremikine e con un altro rescritto ha nominato in di lui sostituzione signor Sturiner, membro del consiglio dell'Impero. Nuovo presidente del consiglio ha coperto varie cariche amministrative, essendo stato presidente dello ... (l) di Tver e governatore di Nijni Novgorod e di Yaroslaw, e allora accentuò generalmente, nella sua politica, uno spirito prettamente conservatore e tradizionalista; in materia religiosa è un intransigente e a lui si devono varie misure restrittive, poi cadute in desuetudine, contro alcune sette religiose russe. Da parecchi gli era attribuita aspirazione al posto di procuratore del Santo

Sinodo. Nel consiglio dell'Impero, ove siede all'ala destra, fu spesso relatore del bilancio del dipartimento del Santo Sinodo e di quello degli affari esteri. Nomina di Sttirmer, le cui tendenze politiche ed i cui precedenti di funzionario somigliano assai a quelli del suo predecessore, non cambia situazione ed altro non prova se non l'affermarsi intorno alla Corona delle correnti reazionarie. Personalmente Sttirmer si troverà di fronte alla Duma nella posizione ormai insostenibile cui era giunto Goremikine, ma quale rappresentante di una politica ultra conservatrice, gli sarà ben difficile affiatare il Governo con rappresentanza nazionale e di raggiungere quel compromesso che gli elementi liberali invocano con ragione per la piena solidarietà di tutte le forze che il presente

tempo richiede.

(l) Partito come telegramma dl gabinetto, è stato protocollato in arrivo nella serle ordinaria.

(l) Gruppo lndeclfrato.

398

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 295/25. Parigi, 3 febbraio 1916, ore 20,45 (per. ore 0;15 del 4).

Paste ha telegrafato ai ministri di Serbia presso l'Intesa di far presente la posizione pericolosa di Essad a Durazzo. È urgente o mandare rinforzi o se ciò non è possibile trasportarlo a Corfù con i suoi soldati. Potenze alleate attendono che l'Italia la quale è la più direttamente interessata ed è la sola che potrebbe aiutare Essad prenda al riguardo una pronta decisione e si intenda con lui perché se si lasciano arrivare gli austriaci con forze preponderanti dinanzi a Durazzo Essad stesso sarà costretto capitolare e intendersi con loro.

399

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 294/27. Parigi, 3 febbraio 1916, ore 20,45 (per. ore 0,05 del 4).

Miucovic è stato a visitare Vesnic al quale ha detto che più tardi sarebbe venuto da me. Vesnic lo ha trovato molto nervoso e depresso. Intanto è stato a visitare Izvolsky al quale ha detto con parole di vivace protesta che mai né Re né Governo montenegrino hanno pensato trattare seriamente coll'AustriaUngheria. Soltanto abbandonati dalla Intesa e non potendo resistere all'AustriaUngheria colle loro scarse forze ha fatto sembianza di trattare per aver tempo di mettere in salvo l'esercito.

Re Nicola giunto a Brindisi ha per prima cosa telegrafato al principe Mirko e Vucovic vietando loro qualunque trattativa coll'Austria-Ungheria. Miucovic ha rinnovato lagnanze per abbandono dell'Intesa. Izvolsky gli ha consigliato intendersi con Governo francese per far pubblicare dai giornali francesi la versione ufficiale montenegrina delle trattative con l'Austria-Ungheria.

400

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 304/7. Corfù, 3 febbraio 1916, ore 21,30 (per. ore 4,55 del 4).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 178 (l). Il concetto che mi aveva guidato nel sottomettere all'alto apprezzamento dell'E. V. quel subordinato parere era il seguente l'Italia non oppose il suo veto

alla occupazione esclusiva di Corfù da parte Francia allo scopo ricoverarvi e riorganizzarvi truppe serbe anzi sta cooperando nel modo più emcace con non lieve spesa e pericolo al trasporto dei serbi nell'isola. Ciò vuol dire che il R. Governo desidera allontanare dalle due nazioni eventuali conflitti, contestazioni e contese che seguirebbero senza dubbio se oggi noi dimostrassimo diiDdenza cercando di intrometterei nell'opera iniziata dai francesi a Corfù. Altro sarebbe il caso in cui essi eccedessero nella loro missione e ne snaturassero il carattere il che finora non è accaduto. Senza pertanto stimare opportuna una collaborazione franco-italiana ritengo utile la missione inglese e se fosse possibile la presenza in queste acque di una R. nave magari di vecchio tipo munita di apparecchio radio-telegrafico. La nave dovrebbe essere stazionaria come ve ne è una inglese nel porto. Questo fatto aggiunto all'altro di un apparecchio radio-telegrafico ultra potente che i francesi stanno qui impiantando ed a quello che noi abbiamo bisogno di rapide comunicazioni telegrafiche proprie con Valona Durazzo Brindisi e Taranto giustificherebbe appieno l'invio della nave predetta. Riguardo alla partenza della missione inglese sei umciali soltanto sono partiti per Roma allo scopo riferire. &si ritorneranno qui presto da quanto mi disse il capo a raggiungere il resto della missione che non si è mossa da Corfù dove ha fissato un alloggio per risiedervi permanentemente.

(1) Cfr. n. 389. nota 1.

401

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 300/54. Londra, 3 febbraio 1916, ore 22,30 (per. ore 5,15 del 4).

Telegramma di V. E. n. 166 (1).

Nell'attirare la seria attenzione di Nicolson sulle due eventualità prospettate da Fasciotti osservavo che il verificarsi dell'una o dell'altra costituirebbe per gli alleati una vera catastrofe. Occorre quindi, evitando i fatali errori passati, che il Governo russo venga ad una intesa con Brat1am1 tenendo conto il più possibile delle sue esigenze di carattere militare.

Nicolson ha convenuto e mi ha detto che si poteva stare sicuri che Russia ha oggi gli occhi bene aperti. Giova sperarlo.

402

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 510/65. Pietrogrado, 4 febbraio 1916, ore 0,35 (per. ore 8,15).

In questi circoli parlamentari non si considera finita crisi di Gabinetto col cambiamento del presidente del consiglio e credesi saranno sostituiti ministro dell'interno Kvastov e procuratore del Santo Binodo Volgin.

Le ordierne dichiarazioni di Sturmer alla stampa, riprodotte in altro mio telegramma (l), sono sembrate molto anodine ed indeterminate per la politica interna, ma esplicite e ferme in quanto riguardano incrollabile volontà proseguire guerra fino vittoria; usare di tutte le forze del paese per raggiungere questo scopo.

A proposito tendenze germanofile che da alcuni si attribuiscono a Stiirmer i circoli governativi pongono in rilievo un particolare da far valere come contraria prova e che consiste nel fatto che Sttirmer presentò mesi sono una istanza per mutare il suo nome con quello dell'ava materna Panin.

(l) Cfr. n. 384, nota 2, p. 281.

403

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI (2)

T. GAB. 192. Roma, 4 febbraio 1916, ore 13,40.

Mio telegramma n. 177 (3).

Tornato da me l'ambasciatore del Giappone per informarsi del contegno del R. Governo riguardo alla progettata dichiarazione delle potenze dell'Intesa intorno alla piena integrità e indipendenza del Belgio in occasione della futura pace, gli ho esposto il mio parere che basterebbe ad ogni intento pratico e sarebbe per alcuni rispetti anche più conveniente che l'Italia e il Giappone, che non si trovano nel numero delle potenze garanti della neutralità del Belgio, si limitassero a manifestare con atti separati di non aver alcuna obiezione da fare anche nei riguardi diretti e indiretti del patto di Londra del 30 novembre 1915, alla suddetta dichiarazione.

Giova nell'interesse comune accentuare la nota che la dichiarazione stessa

è fatta a conferma delle garanzie già date nel 1831 sulla neutralità belga, in

quantoché con ciò si chiude l'adito a che la Serbia e magari anche il Montene

gro possano reclamare giustificatamente a proprio favore una identica dichiara

zione. Ora pur riconoscendo il dovere degli alleati tutti di propugnare strenua

mente gli interessi di tali stati, conviene pur mantenersi una certa libertà di

movimenti di fronte alle svariate contingenze della presente guerra e alle con

dizioni complesse che si possono affacciare come necessità ineluttabili in occa

sione della pace, e ciò anche nello stesso interesse degli stati in questione. Dob

biamo ricordare quanto nocque nell'estate scorsa alla causa generale la perti

nace opposizione della Serbia. a qualsiasi prudente e tempestiva concessione

alla Bulgaria, e ciò per effetto della soverchia preoccupazione delle potenze

alleate di assicurarne il preventivo consenso.

(l) -Cfr. n. 405. (2) -Ed. In SONNINO, Diario, clt., pp. 311-312. (3) -Cfr. n. 394.
404

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 193. Roma, 4 febbraio 1916, ore 15.

(Solo Londra e Pietrogrado) -Mio telegramma n. 151 (1). R. ambasciatore a Parigi telegrafa quanto segue:

«Nulla ho da obiettare all'invio di un certo numero di carabinieri a Corfù. Avendo accennato tale possibilità a Briand egli mi ha detto che a Corfù e dovunque la Francia vedrà con piacere i soldati italiani a lato a.i suoi.

Ha espresso soltanto avviso che fosse da noi prevenuto Governo ellenico amnché non interpretasse a suo modo la cosa» (t. gab. 301/26 del 3 febbraio).

(Solo per Parigi) -Telegramma di V. E. n. 26.

(Per Parigi, Londra e Pietrogrado) -Ho telegrafato alla R. legazione ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -È intenzione del R. Governo che, in accompagnamento degli scaglioni di serbi e montenegrini che noi trasportiamo dall'Albania, prenda imbarco sui medesimi piroscafi un certo numero di carabinieri i quali al loro arrivo a Corfù dovrebbero rimanervi a disposizione di quella R legazione. Sarà altresì inviato a Corfù un nostro ufficiale superiore, il quale verrà addetto alla. R. legazione come consulente tecnico-militare. Ciò sarà fatto anche in corrispondenza a quanto fece ultimamente il Governo britannico che inviò a Corfù 7 ufficiali, :w soldati e forse altri ne invierà in appresso.

Prego V. E. accennare quanto precede a codesto Governo, soggiungendo che nutriamo fiducia che tale nostro atto il quale si riallaccia al nostro passo del 10 gennaio (2), sia considerato come una riprova che nessuna delle Potenze alleate tende ad esercitare a Corfù un'azione singola e .[Jroprio vantaggio all'infuori di quella comune che si riferisce alla riorganizzazione dell'esercito serbo. La presenza di inglesi e di italiani insieme a francesi deve essere poi per la Grecia di maggiore garanzia che se fossero sbarcati nell'isola solamente truppe francesi. Confidiamo che Governo ellenico saprà apprezzare al suo giusto valore queste nostre sincere dichiarazioni, e moderare eventualmente nell'interesse dei buoni rapporti itala-ellenici, le intemperanze della stampa ellenica che in questi ultimi tempi sono state veramente eccessive al nostro riguardo (3).

(l) -Cfr. n. 383. (2) -Cfr. nn. 285 e 295. (3) -Per la risposta di De Bosdarl cfr. n. 417.
405

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 544/67. Pitrogrado, 4 febbraio 1916, ore 16,20 (per. ore 2,10 del 5).

Il Novoe Vremia del due corrente, pubblica le dichiarazioni del nuovo presidente del consiglio dei ministri Sttirmer sulle questioni del giorno.

Il presidente, nell'esprimere il suo convincimento nella vittoria, disse che essa devesi conseguire ad ogni costo, e deve essere il principale scopo di tutti. Esclusa la possibilità di qualsiasi proposta di pace separata, anche vantaggiosa, affermò la saldezza economica e morale della Russia, che non potrà mai essere vinta; ripetè che essa non concluderà la pace se non in pieno accordo con gli alleati, e dopo assicurato il compimento sue aspirazioni materiali e spirituali.

Per raggiungere un tale fine, fece appello all'unione di tutte le forze del popolo russo.

Passando trattare politica interna, il signor Sttirmer disse ritenere che, con il concorso delle istituzioni legislative, il Governo russo ha la possibilità di fare un lavoro efficace e di mandare ad effetto le progettate riforme; ma che per queste non devono esistere né prevenzioni né sospetti fra i due poteri. Manifestando la sua piena fiducia nel patriottismo della Duma, soggiunse che essa dovrà in primo luogo trattare le questioni finanziaria ed economica e, in generale quanto può contribuire ad affrettare la vittoria.

Il nuovo presidente del consiglio si diffuse a parlare dell'interesse da lui sempre portato per gli «Zemstvo » e per i municipi, e dell'importanza che egli annette a quanto da essi emana, ossia ai comitati per la mobilitazione dell'industria. Accennò alle proprie tendenze conservatrici, ma insi<>té sulle sue favorevoli disposizioni verso l'incremento delle istituzioni popolari, che devono però armonicamente collaborare con il Governo per il bene comune. Secondo il signor Sttirmer, primo problema del Governo è appunto quello di trarre il maggiore profitto possibile dall'opera provinciale, comunale, attraendola nella vita politica.

Conclude le sue dichiarazioni affermando la sua fede nelle forze sociali russe e nel prossimo avvento di tempi migliori.

406

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI

T. GAB. 197. Roma, 4 febbraio 1916, ore 17,45.

Telegramma di V. S. n. 7 (l). Ho chiesto alla R. marina il sollecito invio di una nostra nave ad uso stazionario e per nostri servizi radiotelegrafici.

Ministero guerra invierà tra poco costà un umc1ale superiore a sostituzione maggiore Serra e con funzioni consulente tecnico-militare. Saranno inviati altresì nostri carabinieri in accompagnamento degli scaglioni serbo-montenegrini che trasportiamo dall'Albania. Essi prenderanno imbarco sugli stessi trasporti e resteranno a disposizione di codesta legazione. Avendo fatto noto al Governo francese tale possibilità Briand ha risposto al R. amhasciatore a Parigi che a Corfù ed ovunque Francia vedrà con piacere i soldati francesi a lato ai suoi (l).

Quanto precede per sua conoscenza personale.

(l) Cfr. n. 400.

407

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. S. 315/51. Bucarest, 4 febbraio 1916, ore 20,50 (per. ore 15,25 del 5).

Marghiloman nell'udienza reale avuta ieri l'altro ha detto al Re Ferdinando che Bratianu ingannava Sua Maestà giacché mentre l'assicurava di attenersi strettamente alla neutralità assumeva invece impegni con l'Intesa e specialmente con la Russia e lo faceva proprio in un momento in cui Germania occupava vastissimi territori nemici e vi si fortificava in modo che l'Intesa non era in grado di sloggiarnela. Marghiloman ha quindi sostenuto che la Romania deve mantenere una neutralità assoluta ed ha posto sebbene non esplicitamente la sua candidatura alla successione di Bratianu. Aggiungo incidentalmente a tale riguardo che in previsione di una crisi ministeriale, tra i partigiani di Marghiloman circola una lista dei componenti di un Gabinetto da lui presieduto con Majoresco agli affari esteri.

Per evitare che il Re Ferdinando rimanga impressionato dalle udienze di Marghiloman e dei partigiani suoi mi risulta che i principali membri dell'opposizione interventista domanderanno anch'essi udienza a S. M. il Re e che Take Jonescu e Filippesco dirigeranno una lettera al Sovrano per incoraggiarlo nel suo contegno di resistenza contro la pressione austro-tedesca.

Mi risulta poi in via strettamente confidenziale avere Re Ferdinando fatto ieri dichiarare da persona di sua fiducia al ministro di Germania che la Germania non deve farsi illusioni e che egli non separerà mai la sua sorte da quella del suo popolo. Ministro di Germania è stato impressionato da questa dichiarazione ed ha risposto che in Germania non si dubitava del Re ma si temeva che Sua Maestà si facesse prendere la mano da Bratianu.

Ministro di Germania ha quindi ripetuto che in Germania del resto si era persa ogni fiducia nella neutralità leale della Romania e che vi erano pronti i corpi d'armata necessari per fronte ad ogni eventualità. Essendogli stato replicato che in ogni caso era pericoloso continuare nel sistema delle minacce, ministro di Germania ha detto che poteva darsi che a Berlino allo Stato Maggiore

si desiderasse chiarire contegno della Romania una volta per tutte ma che egli non voleva spingere le cose all'estremo. Differente invece è il linguaggio del ministro d'Austria-Ungheria il quale dice addirittura che ben presto eserciti austro-germanico-bulgaro attaccheranno Romania.

Credo opportuno avvertire che da parte germanica si lascia intendere al Re Ferdinando che sono in corso trattative tra Italia e Germania. Queste calunniose insinuazioni impressionano tanto più inquantoché linguaggio degli stessi nostri alleati non è certo ispirato a fiducia verso noi.

Confermo essere urgente che il nuovo addetto militare russo venga subito e che concentrazione di adeguate forze russe alla frontiera romena non tardi. Prego mantenere segreto su quanto precede (l).

(l) Cfr. n. 404.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AI MINISTRI A DURAZZO, ALIOTTI, E PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI (2)

T. GAB. 202. Roma, 5 febbraio 1916, ore 11,30.

Barrère mi ha parlato delle preoccupazioni di Pasic intorno alla salvezza di Essad e dei suoi di fronte all'avanzata degli austriaci e dei bulgari in Albania.

Ho risposto che di queste ansie di Pasic mi aveva già parlato Giers e telegrafato alcuni RR. rappresentanti (3). Che non ne capivo però il motivo, né perché della ql.lestione si imbarazzasse ora tanto Pasic. Eravamo in buonissimi rapporti con Essad che ai nostri riguardi si era condotto correttamente; e ci saremmo condotti con lui come era di nostro dovere; che del resto finora la maggior preoccupazione di Essad mi sembrava essere quella di veder presto liberata l'Albania dalle truppe serbe.

409

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 318/66. Pietrogrado, 5 febbraio 1916, ore 14,40 (per. ore 22,15).

Secondo notizie inviate a questo ministero degli affari esteri da Bucarest bulgari dichiarano non voler marciare contro Salonicco finché il possesso di quella città non venga loro previamente assicurato.

(1} Per la risposta di Sonnino cfr. n. 413.

La Bulgaria mostrerebbesi disposta fare all'Austria lo stesso trattamento speciale che Grecia aveva a suo tempo garantito alla Serbia ossia concessione di una zona in questo porto. La Germania si adopererebbe attivamente a Vienna mettere d'accordo Austria e Bulgaria su tale questione.

Dal canto suo Demidov telegrafa che Bulgaria non intenderebbe attaccare gli alleati a Salonicco se prima non ottiene assicurazioni e garanzie che non sarà attaccata a sua volta dalla Romania. Germania si disporrebbe ad esercitare pressioni sul Governo Bucarest per ottem~rne dichiarazioni in tal senso.

(2) -Ed. !n SONNINO, Diario, cit., p. 312. (3) -Cfr. n. 398.
410

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 553/70. Pietrogrado, 5 febbraio 1916, ore 14,40 (per. ore 1 del 6).

Nonostante censura, si rileva abbastanza chiaramente dai giornali che la nomina del nuovo presidente del consiglio è in generale accolta con freddezza.

Il Novoje Vremia del 2 febbraio, nello scrivere che la missione del signor Stiirmer è quella di unificare il Governo, e di concordare la sua azione con quella delle istituzioni legislative e degli enti locali, e di rimediare a parecchi inconvenienti cagionati dalla guerra, dice che bisogna attendere il nuovo presidente all'opera, per poterlo giudicare.

Stesso giornale, in un successivo articolo del 3 febbraio, prende atto delle dichiarazioni fatte alla stampa dal signor Stiirmer (1), e si augura che le idee da lui esposte, non siano fatte mutare da correnti contrarie.

Il Riec ricorda che il signor Stiirmer, come presidente dello «Zemstvo » di Twer, aveva dato prova di senno e di spirito conciliativo, ma osserva che, essendo egli un fido partigiano di Goremikine, la sua nomina al Governo, non sarà che una semplice sostituzione di persona.

In un altro articolo, in parte censurato, il Riec nota che tutte le ultime nomine ministeriali ebbero delle caratteristiche comuni, sia per la loro imprevedibilità, che per la poca chiarezza del colore politico dell'eletto, che si affretta a farsi conoscere a mezzo della stampa, cercando convincere il pubblico di essere l'uomo del momento. Per il giornale non altrimenti avviene <iel signor Stiirmer, le cui dichiarazioni sono state accompagnate da restrizioni e sottintesi, che ricordano, assai da vicino, modo pensare di Goremikine.

Dello stesso parere è il Birgevja Wiedomosti che, rilevando precedenti reazionari del nuovo presidente del consiglio, dimostra nutrire poca fiducia nelle sue parole di simpatia per la Duma.

(l) Cfr. n. 405.

411

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 320/12. Stoccolma, 5 febbraio 1916, ore 17 (per. ore 23,40).

Telegramma di V. E. n. 18 (1).

Non mi sembra che Grey rappresenti esattamente la situazione presente quando dice Svezia vuole ad ogni costo facilitare il contrabbando su vasta scala per la Germania e che il Governo britannico si trova in presenza del dilemma o di rompere colla Svezia o di rinunziare ad impedire i rifornimenti della Germania. Le tendenze a favorire Germania esistono indubbiamente qua, ma in pratica non hanno conseguenze molto gravi e il Governo britannico può facilmente seguire una via intermedia che, senza privare Svezia del necessario, le renda assai difficile il rifornire la Germania.

Ritengo poco pratica e non scevra di pericoli la proposta di Grey di far andare a Londra un rappresentante del Governo svedese per raggiungere una intesa. II semplice annunzio di tale missione che non potrebbe rimanere segreta darebbe nuova esca agli intrighi tedeschi contro Inghilterra ed a polemiche di giornali mentre per le ragioni stesse che fecero fallire i negoziati precedenti un accordo di carattere generale appare anche ora assai difficile a raggiungere. Quello che Governo svedese può fare di meglio nella situazione delicata attuale è di tenersi in un certo riserbo lasciando ai privati di fare combinazioni colle Potenze belligeranti specialmente coll'Inghilterra e colla Germania per procurare le merci necessarie dando adeguate garanzie.

Miei colleghi di Russia e Francia condividono mio modo di vedere.

412

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 316/13. Corfù, 5 febbraio 1916, ore 18,30 (per. ore 2 del 6).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 197/20 (2).

Ministro di Francia ha ricevuto stamane informazioni telegrafiche del suo Governo circa invio di una nostra nave a Corfù e di 200 carabinieri. Nel comunicarmi tale notizia egli ha detto poter comprendere invio della nave ma non quello dei carabinieri visto che l'ordine pubblico non è qui turbato da alcuno e che la cosa farà cattiva impressione sulla popolazione locale.

Io lo ho contraddetto della seconda affermazione che mi sembra arbi

traria e priva di fondamento.

Mi... [sento] però in dovere di pregare l'E. V. di volermi favorire qualche

direzione sull'impiego da dare ai carabinieri reali non potendo essi essere

adibiti né all'opera di riorganizzazione delle truppe serbe, né alla sanità per altre funzioni salvo accordi col comando locale francese. A cercare e raggiungere detto accordo mi occorre l'autorizzazione di V. E. In tal caso farò il possibile per evitare attriti, malumori che sono da temere nel contatto dei nostri coi soldati francesi.

Sarebbe poi desiderabile che al comando dei carabinieri fosse possibilmente preposto uno degli ufficiali italiani organizzatori della gendarmeria in Grecia (1).

(l) -Numero particolare di protocollo per Stoccolma del t. gab. 181, cfr. n. 395, nota 2. (2) -Cfr. n. 406.
413

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI

T. GAB. 204. Roma, 5 febbraio 1916, ore 20,40.

Telegramma di V. S. n. 51 (2).

V. S. potrà fare opportunamente conoscere al Re Ferdinando che voci di trattative in corso fra Italia e Germania sono prive di qualsiasi fondamento e calunniose. Prego specificare chi ed in quali circostanze nostri aneati tengano linguaggio non certo ispirato a fiducia verso di noi (3).

414

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 322/53. Bucarest, 5 febbraio 1916, ore 21,30 (per. ore 15,10 del 6).

Ho veduto stamane Bratianu il quale mi ha detto di essere sempre nello stesso stato di incertezza circa contegno che la Germania terrà verso la Romania. Ha soggiunto che se dovesse basarsi su quanto Marghiloman va dicendo (4) dovrebbe credere che Germania tornerà a chiedere in modo perentorio un cambiamento di Ministero. Tuttavia Marghiloman scambia spesso i suoi desideri colla realtà.

Bratianu ha poi osservato essere innegabile che ungheresi e bulgari spingono alla guerra contro la Romania e malauguratamente trovano consenziente Stato Maggiore tedesco mentre diplomazia germanica esita a tirarsi addosso un altro nemico irreconciliabile.

Ho domandato a Bratianu che notizie aveva di Russia specialmente Circa aiuto che ne attende ed egli mi ha detto di non avere di là nessuna risposta e di ritenere che la Russia non è in grado di mandare truppe ove occorrono alla Romania e cioè in Dobrugia. In quanto alla proposta dello Stato Maggiore russo (mio telegramma gabinetto n. 46) (5) circa invio di truppe

russe sulla Enea Falticeni-Hartza Bratianu ha osservato che un aiuto su quel punto non gli servirebbe a nulla. Con un certo senso di scoraggiamento Bratianu ha aggiunto che tutte le notizie che gli giungono confermano non poter contare sopra una offensiva da parte dell'Intesa prima di tre mesi al più presto.

Il R. Governo vorrà tener conto della gravità eccezionale della situazione in Romania nel caso in cui Germania ponesse un ultimatum e la Russia non avesse alla frontiera romena forze necessarie per sostenere Romania. Impressione che io ho tratto dall'odierno mio colloquio è stata quella di un profondo scoraggiamento e di una non meno profonda sfiducia nel soccorso che l'Intesa potrebbe dare alla Romania.

Questo scoraggiamento e qu~ste voci vanno sempre più estendendosi e tra i ministri e tra gli uomini politici e nella popolazione in generale. V'è qualche 111inistro che parla addirittura di firmare, in caso disperato, una dichiarazione di neutralità, ove Germania l'esiga, salvo a vlolarla alla prima occasione. Il R. Governo deve convincersi che se si giungesse a questro estremo, al primo insuccesso dell'Intesa, Romania si volgerebbe completamente dalla parte degli Imperi centrali. Io debbo ripetere essere pericolosissimo lasciare, come Intesa fa in questo momento, Bratianu completamente abbandonato a se stesso o meglio alle pressioni di ogni specie dei nostri nemici senza né dargli la sicurezza di essere sostenuto né almeno fargli conoscere quale sia la situazione generale.

Mi viene riferito avere ministro di Germania detto che la Germania sta preparando per la primavera una grande operazione su cui si mantiene il segreto ma per la quale è necessario essersi prima assicurati della Romania e che non esiterà dichiararle anche guerra pur di non lasciare dietro di sé una nazione infida. Si crede si tratti della grande offensiva contro la Russia.

Circa Salonicco lo stesso ministro ha detto che gli Imperi centrali non se ne preoccupano giacché possono disporre, col concorso della Bulgaria e della Turchia, di 700.000 uomini contro quella piazza, con grossi cannoni della marina sbarcati dalle dreadnought tedesche e quindi sono sicuri di gettare a mare gli anglo-francesi quando vorranno.

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 420. (2) -Cfr. n. 407. (3) -Per la risposta di Fasclottl cfr. n. 421. (4) -Cfr. n. 407. (5) -Cfr. n. 384.
415

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A LIONE, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 1/1. Lione, 5 febbraio 1916.

Ho l'onore d'informare V. E. del mio arrivo, avvenuto il 3 corrente, a Lione, dove ho preso alloggio allo «Hotel d'Europe ».

S. M. il Re del Montenegro e la famiglia Reale risiedono al Grand Hotel. Nessuna decisione è stata ancora presa relativamente alla residenza definitiva del Re e del Governo. Fra le sedi più probabili è quella di Alx in Provenza. che era stata offerta alla Corte serba quando, prima dell'occupazione dl Corfù, si parlò di ospitarla in Francia. Il Presidente del Consiglio, Signor Lazaro Mijuskovic si trova da vari giorni a Parigi per definire tale questione nonché per ottenere dal Governo della Repubblica aiuti finanziari.

Dei rappresentanti accreditati presso Sua Maestà ho qui trovato il ministro di Francia, Signor Delaroche-Vernet ed il ministro di Russia, Signor Islavine. Questo ultimo doveva presentare le sue lettere credenziali; ma, avendo il Re espresso la sua preferenza a che ciò avvenisse nella residenza definitiva, egli è partito per Parigi questa mattina.

Il Signor Delaroche mi ha detto ch'egli era anche alquanto preoccupato per una certa ambiguità che tuttora permaneva rispetto al Montenegro per il fatto che il principe Mirko, tre ministri tuttora in carica, nonché il Governatore di Scutari, Signor Boso Petrovic, al quale (secondo voci non controllate) il Re avrebbe lasciato poteri speciali, erano rimasti in Montenegro. Egli aveva perciò scritto al Signor Briand perché, profittando della presenza del Signor Mijuskovic a Parigi, gli facesse presente la necessità di definire la situazione del Montenegro, ciò che potrebbe farsi con dichiarazioni categoriche ed utnciali del Re e del Governo ai Sovrani e Governi alleati dalle quali risulti che il Governo legale del Montenegro si trova presso il Re e che destituisca di valore gli atti che i sopra nominati personaggi od i membri assenti del Gabinetto abbiano eventualmente concordato o siano per concordare col nemico.

Corre voce fra le persone che circondano il Sovrano che il Signor Radovie abbia dato le dimissioni. Se ciò fosse vero il solo rappresentante del Governo montenegrino in Francia sarebbe ora il Signor Mijuskovic, e sarebbe da esaminare la convenienza, per tagliar corto ad equivoci, di esigere la costituzione di un nuovo gabinetto, attesa la impossibilità di funzionari in cui si trovano i tre ministri rimasti nel Regno.

Ci troviamo così di fronte ad alcune interessanti questioni di diritto internazionale e costituzionale montenegrino, che, se V. E. consente nel mio parere, occorrerà definire quando sarà giunto il ministro d'Inghilterra atteso fra breve; essendo dal punto di vista politico ed internazionale necessario ristabilire lo stato giuridico del Governo del Montenegro nelle sue speciali circostanze per le conseguenze che possono derivarne e perché possano rimanere accreditati presso di esso i rappresentanti delle potenze alleate.

416

IL COMMISSARIO GENERALE PER I RIFORNIMENTI, MAYOR (1), AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 12/10. Londra, 5 febbraio 1916.

Gli inglesi si preoccupano già delle relazioni commerciali internazionali che seguiranno la guerra.

Temono che la Germania possa recuperare dopo qualche anno la posizione che aveva per lo dianzi nel commercio mondiale. Per ciò evitare, nel ceto bancario, industriale e commerciale si propone:

per la metropoli, un regime protezionista, per giungere al quale occorreranno forse elezioni generali, acciocché il passaggio dal liberalismo al protezionismo manifestamente appaia voluto dalla nazione;

per le Colonie, regime preferenziale di maggior favore;

per gli alleati, un règime preferenziale in minor grado.

Può parere prematuro trattare di codesti argomenti mentre la pace è lontana. Ma trovatisi impreparati alla guerra gli inglesi non vogliono giungere impreparati alla pace. Ritengono perciò sia sin da ora il momento che in Inghilterra e nei paesi alleati ci si occupi delle questioni relative.

Tra i loro propositi vi è quello di collocare danaro nelle industrie in Italia e prendervi il posto che occupavano i tedeschi, con questo, fra gli altri nostri vantaggi, che il danaro inglese è meno prepotente ed invadente che il germanico. Vogliono anche avviarvi commerci. Dovranno, però, come industriali e commercianti, modificare taluni loro sistemi antiquati: adattarsi al gusto del cliente, anziché tentare di imporre i loro; permettere prove e riprove prima del definitivo acquisto; concedere pagamenti a lunga scadenza, ecc. come facevano i tedeschi e loro non sono usi fare.

(l) Mayor era incaricato dei negoziati economico-finanziari con la Gran Bretagna.

417

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. SONNINO

T. GAB. 328/50. Atene, 6 febbraio 1916, ore 14,20 (per. ore 19,30).

Ho fatto Skuludis notificazione nel senso telegramma di V. E. (1). Ho creduto solo dover tacere frase « la presenza di inglesi ed italiani insieme ai francesi deve essere poi per la Grecia di maggiore garanzia che se fossero sbarcati nell'isola solo i francesi» in quanto che Skuludis e soprattutto Re Costantino non avrebbero mancato di interpretare quella frase come una nostra insinuazione a carico della Francia. Se V. E. però lo desidera troverò modo di ripetere al presidente del consiglio quella frase. Skouloudis ha preso atto delle mie dichiarazioni ed ha preso tempo per rispondermi. Gli ho detto che non mi attendevo e nemmeno desideravo una risposta in quanto mia attuale comunicazione non era che l'esplicazione e lo svolgimento di quanto unitamente ai miei colleghi avevo notificato al Governo ellenico colla nota collettiva del 10 gennaio (2).

Skuludis ha risposto a questo che gli sembrava però che nella mia comunicazione vi fosse del nuovo se non altro l'allusione ai montenegrini di cui nessuna menzione fu fatta nella nostra predetta nota.

(l) -Cfr. n. 404. (2) -Cfr. nn. 285 e 295.
418

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 330/70. Pietrogrado, 6 febbraio 1916, ore 17,10 (per. ore 21,20).

Izvolsky telegrafa che commissione della difesa ha finito sua esame sulla questione di Salonicca concludendo che per ora non è il caso di parlare di offensiva da parte delle forze alleate ma che in progresso di tempo essa sarà resa passibile dall'invio di 80.000 uomini attualmente nell'isola di Lemnas, a cui si spera Inghilterra consentirà una volta assicurata circa situazione in Egitto, e dall'invio di circa 100.000 serbi alla cui riorganizzazione sarà proceduto rapidamente. Briand calcola che verrà così raggiunta cifra di 400.000 uomini perfettamente bastanti per una seria offensiva dal quale calcolo si argomenta che forze attualmente disponibili a Salonicco ascendono a 220.000 uomini. Briand intenderebbe proporre agli alleati di dare comunicazione alla Romania per rassicurarla del risultato degli studi della commissione della difesa.

419

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 334/54. Atene, 7 febbraio 1916, ore 13,45 (per. ore... (1)).

Passo di cui al mio telegramma n. 50 (2) è trapelato nella stampa. Ma maggior parte ne ha annunziato che io chiesi al Governo ellenico di potere fare sbarcare Corfù truppe italiane di Valona che in seguito alla pressione austrobulgara si trovano in posizione ditllcile. Già però cominciano giornali a pubblicare smentita da fonte utllciale a tali false notizie. Solo pochi giornali hanno conoscenza esatta della mia domanda e la commentano in senso poco favorevole dicendo che l'arrivo di italiani a Corfù non servirebbe a migliorare i rapporti itala-greci. Ministro d'Inghilterra mi ha detto che Skuludis gli parlò del mio passo con una certa preoccupazione soprattutto per ciò che concerne arrivo dei montenegrini non mai stato anteriormente annunziato al Governo ellenico e da esso non preveduto. Sembra a Skuludis che l'Italia col pretesto dei montenegrini voglia applicare suoi occulti disegni per l'occupazione permanente di Corfù cui molti e fra gli altri il defunto Teotokis prestarono fede.

Non riterrei fosse il caso dare soverchia importanza a questo timore del Governo ellenico e della stampa in quantoché mi sembra che il provvedimento preso dal R. Governo risponde in modo etllcace ad interessi ben più importanti.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora d'arrivo. (2) -Cfr. n. 417.
420

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI

T. GAB. 212. Roma, 7 febbraio 1916, ore 17.

Telegramma di V. S. n. 13 (1).

Autorizzo V. S. ad iniziare pratiche col comando francese per accordi circa ut111zzazione nostri carabinieri. Generale Marro giungerà prossimamente a Corfù. Ella vorrà concertarsi con lui circa modo più conveniente per presentarlo Governo serbo e comando francese tenendo conto situazione locale e posizione generale russo e missione militare inglese. Per il caso si reputi opportuno dargli n titolo di R. addetto militare V. S. è autorizzata a chiederne n gradimento al Governo serbo in sostituzione maggiore Serra.

421

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 341/56. Bucarest, 7 febbraio 1916, ore 21,30 (per. ore 22,55 dell' 8).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 204 (2).

Non mancherò di far comunicare al Re Ferdinando assicurazioni telegrafatemi circa inesistenza di trattative itala-tedesche. Osservo tuttavia che alla prima occasione ed il Re di Romania ed il suo Governo ricadranno negli stessi dubbi. Ciò dipende non solo dalla speciale situazione in cui l'Italia si trova di fronte alla Germania ma anche dal contegno tenuto da noi colla Romania dall'agosto 1914 al maggio 1915.

Non posso nascondere a tale riguardo che prima il nostro rifiuto di concludere uno speciale accordo colla Romania come ci era stato insistentemente chiesto da Bratianu e poi la nostra adesione all'Intesa hanno prodotto qui una delusione che in Bratianu, che è persona prudente e riservata, si è manifestata solo sotto forma di diffidenza mentre in altri ministri ed uomini politici è giunta alle più amare recriminazioni.

Il R. Governo vorrà tener presente che se si fosse potuto accogliere la domanda fattaci da Bratianu il 19 aprile 1915 di stringere con noi uno speciale accordo (3) anzitutto Romania sarebbe da parecchi mesi in guerra al nostro fianco e la guerra si sarebbe presumibilmente svolta in ben diverso modo almeno nei Balcani.

A porre il colmo al malcontento a nostro riguardo è venuto il Libro Verde che svelò le nostre trattative coll'Austria-Ungheria sulle basi di cessioni di territorio e ha dimostrato che se Austria-Ungheria fosse stata un poco più arrendevole noi ci saremmo intesi con essa piantando in asso Romania.

Ho creduto mio dovere ritornare su quanto precede affinché il R. Governo s1 ren<1esse conto delle condizioni degli spiriti in Romania a nostro riguardo dopo la nostra entrata in guerra. Senza scoraggiarmi io ho cercato di riallacciare le interrotte file delle relazioni italo-romene altrettanto nel nostro interesse quanto in quello degli alleati. Lettera del Re Ferdinando a S. M. il Re (l) credo provi come questi miei tentativi non siano riusciti infruttuosi e sono anzi lieto di poter confermare che tale scambio di lettere è giunto oltremodo gradito anche a Bratianu alla cui situazione ha giovato nelle presenti per lui ditncili circostanze.

Bratianu però come ho già riferito ha trovato risposta di S. M. il Re riservata e quasi evasiva ed ha comunicato tale sua impressione al Re Ferdinando.

D'altra parte ed il Re di Romania, il quale non ha certamente un carattere molto fermo, e Bratianu non hanno potuto fare a meno di essere impressionati dalla campagna qui condotta dalle agenzie austro-tedesche e dai loro giornali con una larghezza di mezzi di ogni specie, a cui io non sono stato posto in grado di utilmente oppormi per dimostrare che la nostra azione militare non ha raggiunto alcuno [scopo], che in Italia il malcontento è generale, che le stesse truppe sono scoraggiate e si rifiutano di combattere, che il paese attraversa una crisi economica gravissima, ecc. Vi si sono poi aggiunte voci di dissensi tra l'Italia e la Intesa e specialmente l'Inghilterra ed i conseguenti più o meno palesi accordi italo-tedeschi. D'altra parte l'azione dell'Italia è sembrata esitante ed incerta od almeno è riuscita inesplicabile e al Re Ferdinando ed a Bratianu, all'oscuro come sono ambedue di quello che noi facciamo od intendiamo di fare. Senza riandare alla crisi montenegrina ed alla questione di Salonicco sulle quali abbiamo serbato il più assoluto mutismo, mi permetto far presente che anche la nostra azione in Albania riesce qui tanto più inesplicabile in quanto questi circoli militari sostengono che se non avremo a Valona almeno 200.000 uomini con potenti artiglierie e l'appoggio delle navi, saremo buttati in mare, mentre le notizie qui giunte fanno ascendere le nostre forze sull'altra sponda dell'Adriatico ad una cifra di gran lunga inferiore.

Conclusione di tutto quanto precede è che se noi riteniamo utile per il presente e per l'avvenire trarre partito innanzi tutto dalla viva e sincera amicizia del Re Ferdinando per S. M. il Re, con cui aspira a stringere in seguito anche più stretti vincoli e del rinnovato desiderio di Bratianu d'avvicinarsi a noi, sarebbe utile e prudente che anziché respingerli cercassimo attirarli a noi sia pure senza far loro in pratica alcun sacrificio ma almeno dimostrando loro un poco di buona volontà.

Circa seconda parte del telegramma di V. E. succitato avverto che naturalmente linguaggio a cui alludevo non viene tenuto con me personalmente e quindi mi trovo necessariamente nella impossibilità di precisare nomi e circostanze. A me taluno dei miei colleghi dell'Intesa ha detto che se noi avessimo mandato adeguate forze a Salonicco si sarebbe potuto salvare serbi e che una delle cause delle esitazioni della Romania è la nostra assenza dai Balcani.

Prego mantenere segreto su quanto precede.

(l) -Cfr. n. 412. (2) -Cfr. n. 413. (3) -Cfr. serle V, vol. III, n. 387.

(l) Cfr. n. 375.

422

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 339/55. Atene, 8 febbraio 1916, ore 7 (per. ore 22,35).

Skuludis ha risposto alla mia comunicazione di che al mio telegramma

n. 50 (l) con una nota ufficiale in cui rifiuta suo consenso sbarco carabinieri italiani a Corfù. Rifiuto che a senso delle istruzioni avute da V. E. non era preceduto da una domanda.

Detta nota era cosl piena di false affermazioni che ho dovuto chiedere alcune rettificazioni. Trasmetterò a V. E. testo definitivo allorché mi giungerà.

Ho avuto stamane un colloquio con Skuludis che mi ha fatto lamenti infiniti per la decisione del R. Governo affermando che arrivo di italiani a Corfù lo compromette di fronte opinione pubblica.

Ho cercato ribattere sue affermazioni e calmare sue preoccupazioni. Ieri egli si era espresso negli stessi termini coi miei colleghi di Francia e Inghilterra aggiungendo gravi insinuazioni contro intenzioni vere dell'Italia delle quali insinuazioni lo ho severamente rimproverato. Stampa comincia a rettificare sue informazioni circa mia domanda; del resto in questo momento arriva notizia sbarco Corfù dei 200 carabinieri.

Commenti giornali sono per ora incerti e pm moderati. Si prevede però escandescenza stampa e violenta interpellanza alla Camera.

423

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

T. GAB. 338/30. Parigi, 8 febbraio 1916, ore 15,05 (per. ore 17,25).

Ho ragione ritenere che Briand intratterà V. E. e presidente del consiglio di tre argomenti.

l. -Unificazione diplomatica dell'Intesa;

2. --Concorso dell'Italia a Salonicco; 3. --Dichiarazione di guerra dell'Italia alla Germania;

Ho indicato tali argomenti nell'ordine corrispondente all'importanza che ad essi qui si dà e perciò prevedo che Briand insisterà con grande energia per il primo, con minore energia per il secondo, e più mollemente sul terzo.

Quanto al primo Briand spiegherà che non intende affatto costituire a Parigi un consiglio permanente che monopolizzi l'azione diplomatica dell'Intesa, ma soltanto indire periodicamente, e quando ve ne sia necessità, delle

riunioni, alle quali il presidente del consiglio ed i ministri degli esteri potrebbero venire personalmente o in caso di impedimento farsi rappresentare. Briand spera che la sua proposta così ridotta e attenuata per deferenza alle obiezioni di V. E. (l) sarà da V. E. accettata. Non so se Briand dirà a V. E. quanto qui ha detto a me e ad altri e cioè che se Italia persistesse nel rifiuto a intervenire alle riunioni di Parigi egli le terrebbe egualmente coi ministri o rappresentanti d'Inghilterra e Russia. Però anche se egli non dirà ciò a V. E. io posso garantire che lo farà. Mi permetto pertanto pregare vivamente V. E. di accettare la proposta Briand nei termini ridotti nei quali sarà fatta, perché altrimenti si verrebbe a creare una situazione delicata e difficile fra i due paesi.

Quanto al secondo argomento non mancano in Francia coloro che credono indiscreta la domanda all'Italia del concorso militare a Salonicco ed anche ieri nell'Oeuvre che mando a V. E. per posta, il generale Verlot sosteneva questa tesi magnificando l'azione dell'Italia sulle sue frontiere e facendone rilevare le difficoltà.

Quanto al terzo argomento credo opportuno informare V. E. che il presidente Poincaré, che ebbi l'occasione di vedere alcuni giorni or sono, ebbe a tenermene parola. V. E. ebbe già a manifestarmi la riluttanza del Governo italiano ad aderire alle sue domande ed io la comprendo. Nel caso però si dovesse mutare consiglio io non credo che noi dovremmo aderire puramente e semplicemente ma esigere dagli alleati varie cose, alle quali credo avremmo diritto e interesse grandissimo e queste a mio avviso sarebbero:

accordo coloniale nei termini e con quelle stesse condizioni da me enumerate nel mio rapporto del 1° febbraio n. 115 (2); accordo per il Marocco con il riconoscimento delle nostre scuole e legi

slazione sociale per i nostri operai;

rettifica del confine della Valle del Roja;

garanzie da parte dell'Inghilterra dei mezzi di trasporto necessari per il nostro rifornimento di grani e carbone;

assicurazione di un prestito a conveniente interesse da parte degli alleati nel caso in cui la guerra dovesse protrarsi oltre il lo novembre dell'anno corrente;

stipulazione di accordi per una politica economica solidale diretta a migliorare i nostri cambi sull'estero.

(l) -Cfr. n. 417. (2) -Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 501.
424

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 342/71. Pietrogrado, 8 febbraio 1916, ore 16 (per. ore 20,50).

Nello scambio di visite da me avuto con il nuovo presidente del consiglio le nostre conversazioni volsero quasi interamente sulle cose della guerra. Il

signor Sturmer si mostrò pieno di fiducia sull'esito finale di essa e si dilungò

nell'espormi l'unanimità e la fermezza dominante in tutte le classi della popo

lazione russa nel proposito di continuare la lotta fino alla completa vittoria.

Egli ha sostenuto che per la Russia si tratta di essere libera una volta per

sempre dalla minaccia militare e dall'invadenza germanica già troppo a lungo

durata nelle più svariate forme e che la mole di tanto compito ben giustifica

la previsione che la guerra sarebbe lunga ed aspra. Egli ha particolarmente

insistito sulla necessità per gli alleati di perseverare senza posa nei preparativi

bellici, di unificare per quanto è possibile i loro sforzi e di impegnarsi contro

il nemico a colpo sicuro.

Dal canto mio ho colto l'occasione per accennare al mio interlocutore alla

insufficienza di cognizioni rilevatasi recentemente in alcuni organi dell'opinione

pubblica russa circa la vera portata dell'azione militare italiana e gli ho

esposto quanto più diffusamente ho potuto circa i molteplici e grandi servizi

da noi resi alla causa comune attraverso le difficoltà inaudite che dobbiamo

superare nelle operazioni terrestri e in quella navale.

Parlando degli ultimi avvenimenti balcanici gli ho dimostrato che la possibilità di difendere il Montenegro non doveva considerarsi isolatamente come alcuni giornalisti superficiali sembrarono credere, ma bensì in relazione con quel complesso di precedenti militari che avevano pregiudicata la situazione rendendola non affrontabile senza pericolo di conseguenze più gravi. Ma l'Italia non ha posto tempo in mezzo per prestare il suo più attivo contributo al salvamento dei serbi e dei montenegrini senza risparmiare per questo scopo le sue forze, senza preoccuparsi dei rischi, delle perdite, dei sacrifici cui si esponeva e si espone continuamente nell'ardua e mal nota opera sua. Di questa però già erano visibili per tutti gli ottimi effetti sia nell'organizzazione del · ripiegamento, sia nell'arrivo a destinazione dei fuggiaschi, tali che ognuno

poteva oramai giudicare del valore del nostro concorso.

Debbo riconoscere che signor Stiirmer dimostrò di apprezzare alla sua

altezza opera nostra e di trarne i migliori auspici per l'avvenire ma da certe

sue domande di dati e di particolari ho anche potuto intravvedere che al pari

di molti suoi connazionali egli ha imperfette notizie del vero carattere della

nostra guerra. Il che mi ha confermato nell'impressione che per la mentalità

immaginosa dei russi siano forse insufficienti le sobrie informazioni che qui mi

pervengono sulla nostra azione e in generale sulla parte che rappresentiamo

nella guerra europea, molto più che esse trovansi in raffronto col copioso

materiale di notizie (avvenimenti politici e finanziari, discorsi, episodi, manife

stazioni popolari e in genere attualità interessanti) che è qui inviato a dispo

sizione del pubblico dagli altri paesi alleati. Né si può trascurare la circostanza

che qui più che altrove dovrebbero venire neutralizzate le influenze jugoslave

cui qualche organo della stampa si mostra di tanto in tanto accessibile nono

stante i ritegni governativi. Ad esse non sono probabilmente estranei, almeno

in parte, gli erronei apprezzamenti comparsi in alcuni giornali sulla politica

italiana relativamente a recenti avvenimenti balcanici.

(l) -Cfr. n. 320. (2) -Non pubblicato.
425

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (l)

T. GAB. 218. Roma, 8 febbraio 1916, ore 21.

(Meno Atene) -Ho comunicato al R. ministro ad Atene quanto segue: (Per tutti) -Coromylas mi ha comunicato una risposta scritta di Skuludis all'annuncio datogli dal R. ministro ad Atene intorno all'invio di carabinieri italiani a Corfù. Skuludis si formalizza che la comunicazione sia stata fatta dalla sola Italia e non dalle quattro potenze. De Bosdari avendogli annunciato l'arrivo di «un certo numero» di carabinieri Skuludis ne trae la conclusione che essi cresceranno fino a « un numero considerevole » Si sorprende che si parli ora anche di montenegrini da riorganizzare a Corfù. Anche pei serbi non si era trattato da prima di riorganizzarne le file, ma soltanto di ristorarli ed albergarli. Skuludis dichiara non potere agire sulla stampa se dà all'invio una interpretazione malevola. La nota è redatta in tono concitato. Ho risposto che tutto ciò mi meravigliava e mi rincresceva. Non vi era nulla del nostro invio che potesse menomamente froisser nonché offendere la Grecia. L'atto riguardava piuttosto i nostri rapporti con gli alleati, ed era una conseguenza del passo fatto unitamente ad essi fin da quando si annunciò l'arrivo dea serbi a Corfù. Le poche centinaia di montenegrini che essendosi rifugiati a Durazzo si univano ora ai serbi non cambiavano nulla allo stato generale di provvisorietà dell'occupazione speciale di Corfù per parte degli alleati. E quanto più tale occupazione aveva carattere collettivo e non ristretto a una o due Potenze e tanto maggiori apparivano le garanzie per la Grecia riguardo alla sua temporaneità. Riguardo al numero dei carabinieri non avevo alcuna intenzione di aumentarlo, vistoché non si trattava in fondo che di far costatare anche la nostra presenza in mezzo agli alleati; alla stessa guisa e per le stesse ragioni che gl'inglesi avevano essi pure inviato a Corfù una missione militare con circa 200 soldati. Del resto per rassicurare personalmente Skuludis ero anche disposto a restringermi ora al primo invio, che non ritenevo superasse una cinquantina di militi.

426

IL DIRETTORE DEL « CORRIERE DELLA SERA », ALBERTINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (2)

L. P. [Milano], 8 febbraio 1916.

Giacché non mi è dato vederla prima che Briand arrivi a Roma, Le comunico un'impressione che ho avuto dal mio viaggio a Parigi dove ho visto un'infinità di persone autorevoli. La nostra riluttanza, per non dire il nostro

rifiuto, a partecipare ad una conferenza diplomatica periodica e permanente a Parigi, è noto a tutti. Le conseguenze di una persistenza in tale rifiuto sarebbero, a mio avviso, molto incresciose e aggraverebbero quel disagio in cui innegabilmente ci troV1iamo e che indebolisce il ministero nella coscienza stessa dei suoi migliori amici. Il governo non può illudersi di essere amato dai neutralisti o dai germanofili. Sono gli interventisti che lo sorreggono nel paese ed essi si sentono molto turbati da tanti atti e silenzi del ministero, dall'abbandono in cui sono lasciati, dal vuoto, dal distacco che si vuol mantenere fra il governo e loro. Non è contento il Corriere della Sera, come non sono contenti l'Idea Nazionale, il Secolo e l'Azione Socialista. Ciò importerà poco al gabinetto; ma non è men vero che questi ed altri giornal1 che avrei potuto nominare rappresentano correnti dell'opinione pubblica le quali hanno imposto il governo attuale al Parlamento ed al resto del paese. Perché trascurarle, fingere di ignorarle, respingerne tutte le aspirazioni? Fra le aspirazioni maggiori è quella di una maggiore coesione fra gli Alleati e i loro eserciti che la conferenza diplomatica con incontri regolari fra i rappresentanti dei quattro governi realizzerebbe benissimo. Perché ai tanti no che il governo italiano ha opposto alle nostre idee, ai nostri voti, alle nostre speranze, aggiungere anche questo?

Ce ne anderemo, Lei ha detto a Torino, se sarà necessario darci 11 cambio. No, questo cambio nessuno fra gli interventisti illuminati d'ogni partito vuole darle. Noi vogliamo che Lei resti a capo del governo, perché nessun capo conosciamo più adatto di Lei a guidarci, a condurci alla vittoria. E desideriamo ubbidir le; ma ubbidir le con soddisfazione della nostra coscienza, non colla compressione delle nostre idee capitali. Ci consideri tutti, ci ascolti tutti un po' di più, e avrà nella buona come nell'avversa fortuna (temporaneamente avversa) la migliore delle coorti, una coorte d'idealisti d'ogni partito uniti dal più puro amor di patria.

(l) -Ed. In SONNINO, Diario, clt., pp, 312-313. (2) -Ed. In L. ALBERTINI, Epistolario 1911-1926, Milano, Mondador!, 1968, p. 556.
427

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. 344/31. Parigi, 9 febbraio 1916, ore 14,55 (per. ore 18,50).

Mio telegramma n. 30 (2).

Ho avuto un colloquio con Briand prima della sua partenza. Egli mi ha detto che il suo viaggio ha due scopi: innanzi tutto un atto di deferenza e una manifestazione di simpatia per l'Italia e quindi un accordo per assicurare discussioni a Parigi in riunioni periodiche fra alleati delle questioni più rilevanti di comune interesse. Su ciò Briand ha insistito lungamente dicendo che sperava poter tornare a Parigi coll'adesione del Governo italiano.

Anche Cambon e Margerie mi hanno parlato della grande importanza che Briand annette al suo progetto al quale non potrebbe in alcun modo rinunc.iare.

Briand non mi ha detto nulla né del nostro intervento a Salonicco né della dichiarazione di guerra alla Germania. Può essere quindi che non ne parli a V. E., ma anche se ne parlerà ritengo lo farà molto discretamente e senza troppo insistere.

(l) -Ed., parzialmente, in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 501, nota 3. (2) -Cfr. n. 423.
428

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 360/58. Bucarest, 9 febbraio 1916, ore 20,25 (per. ore 2,50 del 10).

Ho veduto stamane Bratianu a cui ho chiesto a che punto stessero le cose colla Germania e coll'Austria-Ungheria.

Egli mi ha detto trovarsi sempre nella più grande incertezza tanto che l'impressione che egli ha della situazione cambia di giorno in giorno. Siccome ministri di Germania e di Austria-Ungheria si mantengono nel massimo riserbo limitandosi a trattare gli affari correnti e specialmente quelli di carattere economico, egli è ridotto a giudicare della situazione dal contegno dei marghilomanisti e questi che fino a due giorni fa si mostravano depressi ora sembrano aver ripreso animo ed essere fiduciosi nella caduta del Gabinetto, dal che Bratianu trae la conseguenza che i tedeschi hanno dato loro affidamento che imporranno cambiamento del Ministero.

Ho domandato allora a Bratianu se nel caso in cui gli venga dato dall'Intesa appoggio militare, che egli stima necessario, resisterebbe ad un ultimatum germanico. Egli ha cercato da principio di eludere domanda osservando che i russi sembrano non avere una gran fretta di mandare truppe da queste parti, che il colonnello Tatarinov non è ancora venuto ecc. Ma avendolo io poi stretto più da vicino ha fintito per porre questione in questi termini:

1° -Egli non intende in nessun caso far la guerra sul territorio romeno; (io osservo che ciò significa che l'aiuto russo non potrebbe essere considerato qui sufficiente se non fosse dato in Dobrugia giacché in Bucovina non sarebbe tale da permettere all'esercito romeno di difendere la Dobrugia).

2° -Oltre la questione militare occorre risolvere la questione politica. Perché osserva Bratianu Romania farebbe guerra? Non certo per difendere proprio territorio a cui nessuno attenta: anzi per la semplice neutralità definitiva gli Imperi centrali le offrono cessione della Bucovina ed una rettifica di frontiera nel Banato e forse anche in Transilvania. Quindi Romania farebbe guerra non per assicurare integrità del proprio territorio e neppure per ottenere qualche piccolo vantaggio territoriale, che potrebbe avere anche senza guerra, ma solamente per completare propria unità nazionale. Ora questo completamento non è possibile senza completare schiacciamento dell'Austria-Ungheria e specialmente dell'Ungheria che è certo la parte più vitale della duplice Monarchia. Ma qual'è la situazione attuale dei belligeranti? Essa è tale, sempre

secondo Bratianu, che se pace si facesse questo momento non sarebbe difficile trovare una soluzione che fosse accettabile per gli Imperi Centrali e soddisfacesse in pari tempo Intesa meno Italia; Inghilterra infatti sempre secondo Bratianu potrebbe essere accontentata mediante ricostituzione del Belgio, Francia mediante una rettifica di frontiera in Lorena, Bulgaria si terrebbe maggior parte della Macedonia né Intesa avrebbe ragione opporvisi giacché era g1à disposta dargliela essa stessa; solo per l'Italia sarebbe impossibile giacché realizzazione delle esigenze italiane esclude Austria-Ungheria dal novero delle grandi potenze e chiude alla Germania l'adito all'Adriatico. Così stando le cose, ha osservato Bratianu, che garanzia avrebbe Romania entrando in guerra a fianco dell'Intesa che la pace non finisse senza che essa realizzi il suo ideale nazionale? Le promesse sono belle cose, ma tutti gli accordi di Londra non possono impedire che se le potenze saranno stanche della guerra e la sorte delle armi continuerà ad essere incerta, pace si farà ad ogni costo sulla base della situazione di fatto del momento. Ciò premesso Bratianu ha concluso: per entrare in guerra a fianco dell'Intesa bisogna che essa abbia garanzia che in nessun caso non ne uscirà a mani vuote e ciò tanto più in quanto Romania non ha tenuto una semplice neutralità benevola verso l'Intesa ma bensì opponendosi al passaggio del materiale da guerra per la Turchia ha coadiuvato l'Intesa in modo tanto attivo da attirarsi le attuali minacce degli Imperi centrali; che se ciò nonostante Intesa non è riuscita ad occupare Costantinopoli colpa non è certo della Romania e non hanno perciò minor valore

servizi da essa resi all'Intesa.

A questo punto ho creduto prudente interrompere conversazione giacché unica possibile conclusione di questa premessa mi pareva questa: se Intesa vuole che la Romania s'imbarchi in una guerra al suo fianco essa deve aiutarla con forze suflìcienti in Dobrugia e inoltre garantirle che se sorti della guerra volgeranno tali da non permettere annessione alla Romania della Transilvania colla Bucovina ed il Banato, almeno Russia le cederà Bessarabia.

Ho pensato che se a questa domanda si deve giungere è meglio che Bratianu la faccia al ministro di Russia anziché a me ed anzi avverto che di tutto quanto precede non terrò parola ai miei colleghi per evitare inutili discussioni tra di essi e Bratianu e difficoltà per me. Mi consenta tuttavia V. E. di osservare che anche in questo come in troppi altri casi la colpa è della lentezza e della imprevidenza dell'Intesa; se infatti quindici giorni fa quando Bratianu ci ha informato del pericolo di un ultimatum tedesco ministro di Russia avesse potuto comunicargli che quattro o cinque corpi d'armata russi erano pronti a passare la frontiera per sostenere Romania non ci si troverebbe ora di fronte alla eventualità di nuove pretese. E se Russia non era in grado di fare un simile sforzo, Inghilterra non avrebbe dovuto dal suo lato imbarcarsi in questo malaugurato affare dell'acquisto dei grani che ha condotto alle minacce germaniche. Non rimonto più innanzi perché tutta la condotta dell'Intesa colla Romania è un insieme di errori su cui sarebbe inutile recriminare. Non rimane quindi che da riprendere questione al punto in cui siamo e di avviarla pazientemente ad un migliore avvenire.

Prego di mantenere segreto su quanto precede.

429

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI

T. 328. Roma, 9 febbraio 1916, ore 24.

Consigliere questa legazione di Svezia prima di partire ultimamente da Stoccolma ebbe colloquio con ministro affari esteri il quale dissegli essere infondate voci che Svezia pensi uscire dalla neutralità. Le difficoltà con Inghilterra sono in via di soluzione.

(Per Stoccolma soltanto): Svezia desidera intensificare relazioni amichevoli ed economiche con Italia. Divieto esportazione cellulosa è misura contro Inghilterra mentre per Italia Govrno svedese è pronto dare qualsiasi permesso. Esso prega però sollecitare questione zolfi.

430

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 616/44. Washington, [9] febbraio 1916, ore... (per. ore 9,50 del 10).

Oggi soltanto può ritenersi iminente soluzione vertenza Lusitania in base alla dichiarazione tedesca che soddisfa questo Governo, secondo la quale, oltre riconoscere obbligo pagare indennità per vite americane, si ammette che nell'esercizio di rappresaglia le vite dei neutri non debbono essere messe in pericolo e che perciò distruzione Lusitania in quanto compromise vite neutri fu atto non giustificabile.

Si lascia così impregiudicata questione legalità o meno di rappresaglia contro nemico, e si elimina scoglio della parola « sconfessione », intorno alla quale Governo tedesco ha menato giorni scorsi scalpore tanto più artificioso e vano [dato] che questo Governo non aveva maggiore intenzione adesso rompere che ne avesse in passato.

Soluzione odierna, confrontata rapporto esigenze di Washington, formerà materiale agli avversari di Wilson attaccarne violentemente politica.

431

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 359/74. Pietrogrado, 10 febbraio 1916, ore 16,30 (per. ore 21).

Questo ministro di Svezia mi ha assicurato che le relazioni del suo Governo colla Russia nulla lasciano a desiderare e sono anzi improntate come lo furono finora da un reciproco desiderio di eliminare ogni causa che potesse sorgere di malintesi e di attriti.

Quanto alle parole del presidente del consiglio svedese egli mi ha detto che non miravano punto alla Russia ed erano l'esponente dello stato d'animo degli svedesi alieni bensì da ogni inconsiderata provocazione ma desiderosi d.i far rispettare i propri diritti.

Con non dissimulato interesse ministro di Svezia mi ha chiesto poi se mi fosse noto che Sazonov si adoperasse a Londra per indurre quel Governo a più conciliativi consigli nei rapporti del commercio svedese non nascondendo colla usata franchezza nelle nostre molto cordiali relazioni che questo era uno dei risultati cui si attendeva politica del signor Hammarskjold.

Gli ho risposto che sebbene non ne avessi concreta notizia ero convinto che la Russia esercita influenza a Londra simpatica verso la Svezia in conformità dei suoi interessi e delle sue tendenze nonché di quelle personali del signor Sazonov.

Mi consta del resto in via riservata che Sazonov non ha trascurato di raccomandare, con ogni riguardo beninteso, all'Inghilterra, di tener conto nei limiti del possibile dei desideri ,e della suscettibilità della Svezia e che Governo inglese dimostra prestargli benevolo ascolto. Secondo un telegramma del ministro di Russia a Berna quel ministro di Svezia gli ha detto che le parole di Hammarskjold erano dirette tanto all'Inghilterra che ad appagare tutti i partiti compreso il piccolo nucleo conservatore di tendenze bellicose.

Governo svedese, disse ministro di Svezia a Berna, conserva ottimi rapporti colla Russia ed è in pieno accordo colla grandissima maggioranza che non vuole avventure di sorta ma che domanda che si rispetti la sovranità del paese.

Ministro di Russia a Berna rileva che la dichiarazione del suo collega svedese ha tanto più peso in quanto egli conserva le sue relazioni con partito liberale parlamentare cui apparteneva prima di entrare nella diplomazia (1).

432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 226. Roma, 10 febbraio 1916, ore 20.

Mio telegramma n. 218 (2).

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -Il signor Coromylas mi ha scritto in data di ieri che non mi manda più copia della nota che mi lesse il giorno innanzi perché un telegramma del signor Skuludis arrivatogli nella serata gli diceva che il telegramma contenente la nota doveva considerarsi come annullato. Coromylas dichiara che risulta perciò annullata anche la sua comunicazione ma soggiunse di aver la ferma convinzione che ciò nonostante la conversazione avuta con me produrrà il miglior effetto ad Atene.

D'altra parte da telegrammi dei vari addetti militari e navali risulterebbe che V. S. avrebbe «restituito» a Skuludis la nota che egli diresse a V. S. Prego V. S. fornirmi precise informazioni e chiarimenti su tutto quanto precede (l).

(l) -Rltrasmesso a Parigi, Londra e Stoccolma con t. gab. 228 dell'll febbraio, ore 20. (2) -Cfr. n. 425.
433

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

L. P. Roma, 11 febbraio 1916 [mattina].

Prima che tu veda stam~ne Briand reputo opportuno informarti che ieri, durante la visita sua e di Bourgeois a [palazzo] Braschi, essendo caduto il discorso, comunque in forma vaga, sulla direttiva unica, militare e diplomatica, io accennai come ad una idea comune a te e a me, che si dovrebbero avere adunanze miste dei capi degli eserciti alleati e dei rappresentanti dei rispettivi governi. Al che i francesi aderirono. Ma non m'impegnai menomamente circa la forma, i modi, i tempi delle adunanze, ecc.

Debbo dirti però che mi pare inevitabile accettare in massima il principio delle adunanze. Tutta la stampa francese e italiana ne spera grandi cose. Ricordo quanto ti telegrafò Tittoni, mi pare ieri, al riguardo (3). Se noi rifiutassimo, la gita di Briand parrebbe fallita. Tutti, a qualunque evento avverso, si leverebbero contro di noi per la mancata unificazione dell'azione degli alleati. Mi pare in somma che non se ne possa fare a meno.

Accettando questo, che pare il primo e il massimo punto delle richieste di Briand, si potrà più facilmente scivolare sul resto (Salonicco e Germania). Ad ogni modo oggi, al Campidoglio, potremmo appartarci o andar via insieme, per intenderei e intonarci circa la conversazione di domani.

434

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 368/60. Atene 11 febbraio 1916, ore 12 (per. ore 19,10).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 47 (4).

Nel mio telegramma di gabinetto n. 55 (5) già ho riferito a V. E. che la nota greca essendo «piena false affermazioni avevo dovuto chiedere alcune rettificazioni ».

(-4) Numero particolare di protocollo per Atene del n. 432.

Nel mio rapporto 9 febbraio n. 48 (1), ho inviato lista completa delle modificazioni da me chieste. Tutto ciò avvenne in seguito amichevole conversazione con Skuludls e mi fa molto specie che gli addetti militare e navale mischiandosi di ciò che non li riguarda usino parola di r,estituzione che evidentemente suona male e non risponde alla realtà delle cose. Skuludis mi ha detto ieri che mi avrebbe mandata altra nota rettificata di cui telegraferò testo (2).

(l) -Per la risposta di De Bosdarl cfr. n. 434. (2) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 502. (3) -Cfr. n. 423. (5) -Cfr. n. 422.
435

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 646/45. Washington, [11] febbraio 1916, ore ... (per. ore 15).

Mi consta che l'ambasciatore di Germania e l'incaricato d'affari austroungarico hanno preannunziato ieri al Segretario di Stato il proposito dei rispettivi Governi di notificare ai paesi neutrali che, a decorrere dal l o marzo, essi considereranno le navi mercantili armate come navi da guerra, suscettibili quindi di essere assalite senza preavviso.

436

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI (3)

T. 344. Roma, 11 febbraio 1916, ore 16.

Nei miei colloqui con Briand ho messo in rilievo l'opportunità di preparare una situazione generale di intesa e di cordialità tra i due Stati, col risolvere quanto prima possibile varie piccole questioni che davano o potevano dare luogo ad attriti e discordanza. Citavo le questioni riguardanti il Marocco, quelle sulle congiunzioni carovaniere tra Ghadames e Ghat, quelle della rettifica della frontiera nella valle del Roja, della mutua consegna dei disertori e renitenti durante la guerra, ecc. ecc.

Marocco. -Briand mi assicurava della sua buona disposizione di concedere quanto chiedevamo riguardo alla facoltà di istituzione di scuole e alla legislazione operaia. Egli soltanto si mostrava restio a fare oggi delle concessioni per le scuole oggetto di formali convenzioni o trattati.

Ho risposto che mi compiacevo delle sue assicurazioni, ma che occorreva anche per soddisfare a un tempo al desiderio del generale Liautey che non si istituissero nuove scuole durante la guerra e per rassicurar intanto l'opinione pubblica, sensibilissima a tutto quanto riguardava la nostra emigrazione, che le

buone disposizioni del Governo francese fossero in qualche forma precisate per iscritto.

Valle di Roja. -Briand mi disse che vedeva qualche obiezione di venire ad una soluzione della questione durante la guerra, per non sollevare questioni locali antipatiche e non agitare l'opinione pubblica; ma non aveva nulla in contrario a che si studiasse dalle due parti che cosa si sarebbe potuto fare nel giorno in cui si dovesse addivenire ad accordi generali su una molteplicità di temi.

Ghadames-Ghat. -Per questa questione non aveva da opporre le stesse ragioni di opportunità di differimento. Si diceva disposto di esaminarla con i più larghi propositi di conciliazione.

Ho risposto suggerendo che delle due carovaniere tra Ghadames e Ghat se ne attribuisse una a ciascuno dei due Stati, salvo renderle servibili nel fatto a tutti e due.

Disertori e renitenti. -Egli riteneva l'accordo quasi raggiunto; esservi soltanto alcune ditncoltà speciali provenienti dal fatto della legione straniera esistente in Francia; ma che riteneva che anche queste si sarebbero facilmente superate. Del resto egli riconosceva in generale la importanza delle considerazioni da me messe innanzi per mettere ogni cura a spazzar via tutte le occasioni di attriti e dissidi tra Francia e Italia, e mi assicurava dei suoi fermi propositi di adoperarsi in questo senso.

Ho esposto a Briand le obiezioni che opponevo ai vari progetti di creazione di un organo centrale di unione diplomatica degli alleati, di cui avevo finora avuto notizia. Non avevo nulla da opporre al principio di riunire in dati momenti e per particolari questioni i rappresentanti dei vari governi; ma anche in queste occasioni essere necessario di non disgiungere l'elemento diplomatico e politico da quello militare, ossia la considerazione delle tendenze e degli scopi da quella delle pratiche possibilità e dei mezzi per arrivarci. La costituzione di un nuovo organo centrale permanente avrebbe solo creato un nuovo ingranaggio inutile, avrebbe in parte funzionato come scopo a se stesso.

Briand conveniva con me su tutto ciò, ma metteva in rilievo d'altra parte l'importanza che può avere anche a sostegno dello spirito pubblico il ritrovarsi tra ministri e capi esercito dei vari Stati in quei periodi in cui occorre concertar,e l'azione generale tenendo conto delle possibilità pratiche di ciascuno delle varie circostanze che obblighino a modificare i piani del passato. Egli trova che uno di questi momenti si avvicina, dovendo gli alleati accordarsi sul piano d'azione per la primavera e su quanto potrebbe e dovrebbe farsi per dare man forte alla Romania nel caso di una seria minaccia contro di essa per parte del nemico.

Briand tiene a che i quattro governi si accordino ora nel riconoscere il principio della necessità ed utilità di tali riunioni, nelle quali dovrebbero essere egualmente rappresentati l'elemento politico e il militare.

Ho risposto che convenivo pienamente in tutto ciò (1).

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 439. (3) -Ed. !n SONNINO, Diario, c!t., pp. 313-316.

(l) Per la risposta d! T!tton! cfr. n. 460.

437

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 653/83. Parigi, 11 febbraio 1916, ore 19,40 (per. ore 23).

Sono lieto partecipare a V. E. che il mio colloquio col generale Liautey ha avuto favorevolissimo risultato.

Generale propone a Briand uno scambio di note dal quale risulti che Governo francese consente apertura di scuole italiane nel protettorato, colle ~eguenti limitazioni:

l 0 ) Scuole potranno essere aperte appena terminata la guerra; 2°) dovranno essere frequentate da soli italiani e figli di italiani, con esclusione degli indigeni e l;tranieri; 3°) dovranno conformarsi alle leggi del protettorato in materia di pubblica istruzione. Inoltre, nelle lettere scambiate, dovrà risultare che Governo francese, senza pregiudizio della pubblicazione di una legislazione sociale più completa, si obbliga ad applicare, in un breve termine, disposizioni circa infortuni sul lavoro, cl.1e assicurino agli operai equa indennità. Appena avuto luogo scambio di note, Governo italiano emetterà rinunzia alle capitolazioni. Liautey ha preso commiato da me dichiarandosi lieto di aver potuto dare suo pieno assentimento a due domande che interessano giustamente Governo italiano e assicurando che egli e i suoi funzionari considerano sempre, colla maggiore simpatia e benevolem:a, desideri degli italiani al Marocco. Liautey mi ha espresso anche l<1 maggiore soddisfazione per opera di Lago e Sabetta, coi quali coltiva i migliori rapporti. A quanto si è convenuto, V. E. potrà porre il definitivo suggello parlandone a Briand, in guisa questi, appena tornerà a Parigi, possa avere con me scambio di note che io 110 concJrclato con Li::mtey (l).

438

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 684/15 GAB. (2) Stoccolma, 12 febbraio 1916, ore 17,35 (per. ore 15,50 del 13).

Questo mio collega di Norvegia mi ha detto che il suo Governo si propone di trasferirlo a Roma ed ha perciò già chiesto gradimento di Sua Maestà. Ministro di Norvegia, che è qua da circa sei anni, è stato un caldo fautore del riavvicinamento dei due paesi, e con questo ministro degli affari esteri,

a cui è strettamente legato, deve con3iderarsi come un principale preparatore della riconciliazione sanzionata al convegno di Malmo. Ma, appunto le sue disposizioni molto amichevoli per la Svezia, lo hanno fatto forse apparire a Cristiania come non del tutto indicato a rimanere a questo posto, nel momento in cui si agitano qua correnti che Governo norvegese ha ragioni di considerare con preoccupazione. Quindi è probabile che l'attuale Ministero radicale norvegese, trasferendolo a Roma, voglia procurare opportunità di mandare qua un uomo poLitico del suo partito meglio capace di esercitare sul Governo e sui circoli svedesi una influenza favorevole al mantenimento della neutralità.

Questo mio collega di Norvegia è anglofilo e germanofobo, tanto che si dice che i funzionari di questa legazione di Germania abbiano avuto istruzioni di non frequentare la sua casa. Ha già viaggiato in Italia, per cui ha vive simpatie.

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 443. (2) -Partito come telegramma di gabinetto è stato protocollato in arrivo nella serie ordinaria.
439

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 372/61. Atene, 12 febbraio 1916, ore 18 (per. ore 1 del 13).

Ricevo nota rettificata di che mio telegramma n. 60 (l). Invio per posta copia di detta nota a meno V. E. ne desideri testo completo per telegrafo. Essa ha forma di nota verbale. Oltre che per i motivi generali già esposti nella nota 13 gennaio (2), il Governo greco protesta contro la nostra intenzione inviare forze italiane Corfù per l'impressione sfavorevole che esso produrrebbe sull'opinione pubblica non essendo imposto da nessuna necessità. Altro motivo protesta è tratto dalle informazioni «ufficialmente pervenute al Governo ellenico sui motivi che determinarono il Governo italiano a procedere al passo isolato di cui si tratta dopo aver partecipato alla nota 10 gennaio» (3).

Finisce dicendo che Governo ellenico proclama che non potrebbe nello stato attuale delle cose nemmeno implicitamente consentire arrivo Corfù forze italiane. Resterò in attesa conoscere da V. E. se e come ulteriormente replicare a tale nota.

440

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 378/5. Le Hàvre, 12 febbraio 1916, ore 20,45 (per. ore 23,40).

Nota dichiarazione a favore Belgio sarà fatta qua dai ministri di Francia, Gran Bretagna, Russia lunedì 14. Ministro degli affari esteri informato della risposta dell'E. V. a Barrère oggetto del telegramma n. 177/4 (4) mi ha detto che dovrà fare nella stampa

(-4) Cfr. n. 394.

dichiarazione predetta e desidera evitare che mancanza di un accenno Italia possa produrre sfavorevole impressione sull'opinione pubblica e far credere esistenza di un disaccordo fra alleati.

Egli perciò prega vivamente V. E. consentire che sia fatta seguire alla pubblicazione una aggiunta in questo senso:

« L'Italia non ha fatto alcuna obiezione a tale dichiarazione che non ha sottoscritto non essendo firmataria del trattato che garantisce la neutralità Belgio. Del resto per la sua adesione al patto di Londra l'Italia condivide l'impegno assunto dagli alleati».

Uguale desiderio è espresso al Giappone, ma come si teme che risposta giunga tardi il ministro affari esteri desidererebbe che V. E., qualora approvasse suddetto comunicato, autorizzasse senz'altro la pubblicazione di esso (l).

(l) -Cfr. n. 434. (2) -Cfr. n. 313. (3) -Cfr. n. 295.
441

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SERRA

T. GAB. 238. Roma, 12 febbraio 1916, ore 21.

R. Governo ha sottoposto Governo inglese schema accordo itala-inglese nei riguardi del Senusso. Capisaldi sarebbero i seguenti: a) l'Inghilterra considererà e tratterà da ribelle il Senusso ancorché rimanga tale verso una sola delle due potenze; b) l'Inghilterra si obbliga a non fare accordi col Senusso senza il nostro intervento; c) l'Inghilterra si obbliga a continuare a tener chiusa la frontiera di terra e di mare ai rifornimenti, e a non riaprirla se non previa intesa con l'Italia;

d) senza pregiudizio della questione di confine, l'Inghilterra consentirà l'uso comune della intera baia di Salurn fino a che persiste l'atteggiamento ostile del Senusso contro l'una o l'altra delle due potenze, con facoltà, quindi, all'Italia di farne futura base di operazione per lo stabilimento di nostri presidi al confine orientale della Cirenaica.

Da parte nostra:

1° -offriamo la reciprocità per il primo e per il secondo punto;

2° -ci obblighiamo alla sorveglianza in comune della costa da Tobruc a Marsa Matruc, e a premere fortemente sui campi ribelli della Cirenaica nel senso desiderato dal Governo britannico, nonché a prendere altri provvedimenti che fossero richiesti dalle circostanze del momento.

Accordo è stato sottoposto al consiglio supremo di guerra il quale prima di deliberare ha chiesto il parere dell'autorità britannica in Egitto. Prego comunicarmi parere di V. S. in proposito (2).

(l) -Sonnino rispose con t. gab. 240 del 13 febbraio, ore 11,15 quanto segue: «Autorizzo aggiunta purché sia redatta in questo modo: "L'Italia non facendo parte delle potenze garanti della neutralità belga, ha fatto conoscere di non avere alcuna obiezione a che la dichiarazione suddetta venga fata dalle sue alleate" ». (2) -Per la risposta cfr. n. 461.
442

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI

T. gab. 239. Roma, 12 febbraio 1916, ore 20,30.

Questo ambasciatore d'Inghilterra mi ha comunicato il seguente progetto di dichiarazione:

«Les cinq Puissances alliées déclarent que le moment venu le Gouvernement belge serà appelé à participer aux négociations de paix et qu'elles ne mettront pas fin aux hostilités avant que la Belgique soit rétablie dans son indépendance politique et économique et largement indemnisée des dommages qu'elles a subis. Elles préteront leur aide à la Belgique pour assurer son relèvement commerciel et financier ».

Se Italia e Giappone non accettano la dizione « le cinq Puissances alliées » Grey propone l'alternativa «les Puissances garantes ». Gli ambasciatori di Russia e di Francia mi hanno detto che la proposta di Grey s'intende fatta anche da parte dei loro Governi. Ho risposto ai predetti rappresentanti in conformità del mio telegramma

n. 192 (1), che confermo: e che cioè preferisco che la dichiarazione sia fatta dalle tre potenze garanti; l'Italia, e suppongo anche il Giappone, dichiarerà che essa non ha da muovere obiezione alcuna a che tale dichiarazione venga fatta dalle sue alleate.

Se così rimane inteso mi riservo di concordare col Giappone il testo della nostra comune dichiarazione. Prego comunicare quanto precede a codesto ministro degli affari esteri e telegrafarmi (2).

443

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

T. 361. Roma, 12 febbraio 1916, ore 23.

Telegramma di V. E. n. 83 (3) e mio telegramma n. 344 ( 4).

Non ho potuto riparlare a Briand delle capitolazioni al Marocco ma De Martino ha letto telegramma di V. E. a de Margerie il quale ha detto che, se generale Liautey ritiene questione possa essere così risoluta, egli non crede

(-4) Cfr. n. 436.

che governo francese farà difficoltà. Per parte mia autorizzo V. E. accettare soluzione proposta da Liautey facendola risultare da scambio di note. Avvenuto questo scambio noi comunicheremo nostra rinuncia capitolazioni.

(l) -Cfr. 403. (2) -Imperlali rispose con t. gab. 391/69 del 14 febbraio, ore 22,52 quanto segue: «Grey, cui ho comunicato oggi contenuto telegrammi di V. E. gabinetto nn. 239 e 240 (cfr n. 440, nota 2) ha detto che stava tutto bene, e che dichiarazione al Governo belga doveva essere stata fatta oggi». Per le risposte di Tittoni e Carignanl cfr. nn. 456 e 449. (3) -Cfr. n. 437.
444

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 381/54. Atene, 12 febbraio 1916 (1).

Facendo seguito al mio telegramma odierno n. 61 (2), ho l'onore di trasmettere qui unito la copia della nota testé pervenutami in risposta alla comunicazione verbale del 5 febbraio (mio tel. gab. 50) (3). Per la primitiva redazione della nota, e per le modificazioni da me richieste mi riferisco al mio telegramma gab. 55 (4), al mio rapporto n. 48 (5) ed all'ulteriore mio telegramma gab. 60 (6).

Ritengo che l'attuale redazione e forma sia migliore della primitiva. Non sono del tutto riuscito nel mio intento di ottenere che il governo ellenico rinunziasse a dare una separata e speciale espressione alla sua protesta contro il proposito nostro di inviare carabinieri nell'isola di Corfù, riducendola alla protesta generale contro quanto collettivamente aveva fatto l'Intesa. Sembrami però che la protesta separata assuma ora una forma più mitigata. A ciò ha senza dubbio assai contribuito il colloquio di V. E. col signor Coromylas di cui Ella volle rendermi conto nel suo telegramma gab. n. 45 (5), del quale il governo ellenico non poteva certo attendersi a uno più franco e leale. Dopo quanto riferii a V. E. col mio telegramma 10 febbraio gab. 57 (5), non ho più avuto occasione di intrattenermi con Skuludis di questo affare né più ne parlerò a meno di espliciti ordini dell'E. V., giacché, come ho più volte fatto presente all'E. V. nell'attuale anormalissima nostra nione verso la Grecia, ritengo buon consiglio l'usare il minor numero possibile di parole e di spiegazioni. Del resto al momento in cui scrivo nessun avviso dell'arrivo di carabinieri italiani a Corfù non è giunto né a me né al governo ellenico. I giornali da qualche giorno hanno messo in tacere la cosa.

ALLEGATO

NOTA VERBALE

Atene, 29 gennaio 1916!12 febbraio 1916.

Par communication verbale du 23 Janvier 1916, S. E. le Comte de Bosctari a bien voulu infonner M. Skouloudis de l'intention du Gouvernement rtalien d'embarquer, sur les bateaux transportant à Corfou les soldats serbes et monténegrins, un certain

(-4) Cfr. n. 422. (-6) Cfr. n. 434.

nombre de carabiniers avec un officier supeneur pour rester à Corfou au méme titre que les officiers et soldats français er anglais qui s'y trouvent déjà.

M. Skouloudis s'était empressé de représenter à S. E. le Comte de Bosdari que la réalisation du projet conçu par son Gouvernement constituerait une flagrante violation de la neutralité de la Grèce et de la neutralité spéciale de Corfou et qu'en outre, l'arrivée dans l'ile de forces italiennes, si restreint qu'en diì.t étre le nombre, produirait siì.rement sur l'opinion publique une impression d'autant plus défavorable qu'elle ne paraltrait imposée par aucune nécessité, puisque les forces françaises et anglaises actuellement à Corfou suffisent amplement au but que les Puissances alliées ont poursuivi en y transportant l'armée serbe.

Cette manière de voir est pleinement confirmée par les informations officiellement parvenues au Gouvernement Royal sur les motifs qui ont déterminé le Gouvernement Italien à procéder à la démarche isolée dont il s'agit, après avoir participé à la note collective des Puissances alliées en date du 28 décembre 1915 (10 janvier 1916).

Aussi, tout en prenant acte de la déclaration de S. E. le Comte de Bosdari que, basée sur les principes énoncés dans la susdite note collective, la mesure projectée ne tendrait qu'à mieux établir que les Puissances alliées, toutes ensemble et chacune séparément, ne se proposent à Corfou am:un but spécial, le Gouvernement Royal se voit-il dans l'obligation de proclamer qu'il ne saurait, fiì.t ce implicitement, consentir à l'arrivée à Corfou de forces armées i~aliennes.

(1) -Manca l'indicazione della data d'arrivo. (2) -Cfr. n. 439. (3) -Cfr. n. 417. (5) -Non pubblicate,
445

IL CONSOLE A DURAZZO, PIACENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. 377/17. Durazzo, 13 febbraio 1916, ore 2,30 (per ore 5).

Situazione politica odierna è la seguente:

Occupata linea Ismi, Presa, Mali Barzes, Tirana dagli austriaci, dei quali ignorasi entità forze di seconda linea e appoggiati circa seimila comitagi albanesi accolti con favore della popolazione, che dopo allontanamento dei serbi hanno ipso facto ripreso atteggiamento turcofilo, austriacante gEidati dai noti capi albanesi austrofili.

Bib Doda sarebbe Alessio.

Refik bey Toptani, notissimo nemico Essad e nostro, nominato governatore Tirana.

Ostilità itala-austriaca si fonda quindi in Albania con antica tenace ostilità albanese essadiana, ricadendo però sopra di noi intero peso lotta contro albanesi in armi. essendo Essad rimasto isolato e non potendo egli portarci alcun serio contributo difesa. Suoi mercenari infatti (appartenenti per la maggior parte a regioni occupate dagli austriaci) evacuata Berat rifiutarono ripiegare su Valona mostrandosi titubanti di seguire più oltre Essad che dichiara non potere più rispondere di essi tranne che piccolo gruppo di duecento o trecento seguaci a lui personalmente legati. Essad inoltre quasi :oolo a Durazzo non ha possibilità di assoldarne altri né contrapporre propaganda ostile anehe

offrendo forti paghe da noi promessegli. Potere Essad quindi non esercitasi più effettivamente che a Durazzo da dove però per timore aeroplani e in vista avvenimenti, intera popolazione è fuggita.

Occupazione bulgara Elbassan e susseguente collegamento austro-bulgaro compie la stessa opera di sollevazione in Albania. Resterà quindi Durazzo con breve hinterland contro cui verrà sempre più stringendosi cerchio nemico.

Insolita siccità, inoltre, non ha reso terreno Albania così impraticabile come normalmente avveniva l'anno scorso. Questa la situazione.

Generale Ferrera, che la conosce, considera però ancora non pregiudicata resistenza militare affidata alle sue truppe animate da elevato spirito di combattività. Tuttavia io ritengo, e generale Ferrera conviene meco in massima, che per ragioni suddette e specialmente in vista avanzata bulgara oltre Elbassan la necessità d'imbarcare le nostre truppe non potrà più essere che questione di tempo. Sono certo che tutte le misure saranno prese per evitare di dover evacuare sotto impellente pressione nemica la quale renderebbe altresì imbarco difficile e pericoloso. Osservo tuttavia che nostra partenza oggi potrebbe ancora aver significato di operazione ordinata, prestabilita eseguita dopo nostro compito porre in salvo esercito serbo.

Ho telegrafato quanto precede al generale Bertotti Cl).

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, clt., n. 503.

446

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CONSOLE A DURAZZO, PIACENTINI (2)

T. GAB. 242. Roma, 13 febbraio 1916, ore ... (3).

Telegramma di V. S. n. 17 ( 4). Dal telegramma di V. S. mi sembra rilevare una tendenza ad una partenza da Durazzo con prevalente preoccupazione che essa risulti spontanea e prestabilita. Pur riconoscendo che in proposito ogni altra considerazione deve cedere alle ragioni militari e che non conviene impegnarsi a fondo per Durazzo debbo osservare a V. S. per sua norma che dal punto di vista politico, sia per la ripercussione dell'avvenimento in Italia, sia per la nostra futura posizione in Albania, occorre non precipitare lo sgombero e non dare l'impressione che noi abbandoniamo Durazzo senza tentare di opporre seria resistenza anche fin dove questa appaia possibile senza compromettere la salvezza dell'intero presidio.

(1) Per la. risposta. d! Sonnino cfr. n. 446.

(2) Ed. !n SONNINO, Carteggio, clt., n. 505.

(3) -Manca. l'!ndlcazlone dell'ora. d! partenza. (4) -Cfr. n. 445.
447

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 243. Roma, 13 febbraio 1916, ore 14.

Essendosi riuniti sabato 12 febbraio alla Consulta i ministri francesi Briand e Bourgeois, il presidente Salandra e il ministro Sonnino, essendo presente l'ambasciatore Barrère, dopo larga e cordiale discussione hanno convenuto di riassumere gli accordi presi con la seguente comunicazione da farsi alla stampa:

<< Dans la réunion qui a eu lieu ce matin à la Consulta entre les membres du Gouvernement français M. Briand président du conseil ministre des affaires étrangères et M. Léon Bourgeois ministre d'état, M. Barrère ambassadeur de France, et les ministres italiens M. Salandra et M. Sonnino, on est tombé d'accord sur la nécessité de coordonner plus étroitement les efforts des alliés en vue de mieux assurer la parfaite unité d'action, nécessité qui a déjà été reconnue par les autres Gouvernements alliés, et de réunir dans ce but à Paris, dans le plus bref délai, une conférence entre alliés à laquelle assisteraient également leurs représentants politiques et leurs délégués militaires.

Les travaux de cette conférence vont etre préparés par une réunion préalable des Etats Majors ».

448

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 245. Roma, 13 febbraio 1916, ore 20.

Nel convegno del 12 febbraio tra i ministri francesi ed italiani alla Consulta si è concertato che la riunione preliminare da tenersi tra breve a Parigi dagli Stati Maggiori degli alleati per preparare la successiva conferenza dei rappresentanti politici e dei delegati militari dei quattro Stati, non avrà da decidere sui piani di guerra per la ripresa di primavera, ma dovrà esaminare le varie ipotesi possibili di azione coordinata e di azione comune sia per iniziativa degli alleati stessi sia per effetto delle nuove circostanze che potessero sorgere in conseguenza di offensive nemiche; onde possa sulle varie soluzioni proposte decidere poi la conferenza plenaria del marzo.

(l) -Il testo del comunicato è edito in SoNNINo, Diario, c!t., p. 316, nota 43. (2) -Ed. !n SONNINO, Diario, c!t., p. 316.
449

IL MI!\i!STRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 385/6. Le Hàvre, 13 febbraio 1916, ore 20,50 (per. ore 23,15).

Ho comunicato al ministro degli affari esteri i telegrammi di V. E. gabinetto n. 239 (l) e 240 (2). Egli mi ha incaricato ringraziare vivamente l'E. V. pregarla consentire lieve aggiunta al suo testo che quindi suonerebbe così:

«L'Italia non facendo parte delle Potenze garanti della indipendenza e della neutralità belga ecc.».

Ciò perché è più conforme ai trattati 1831 e 1839 e per evitare che la sola parola neutralità possa rinfocolare polemiche di cui ho informato nei miei rapporti circa il mantenimento di essa in avvenire.

Prego V. E. darmi risposta di urgenza poiché dichiarazione sarà fatta dai miei colleghi domani mattina lunedì e ministro degli affari esteri desidererebbe pubblicarla martedì mattina assieme all'aggiunta che concerne l'Italia (3).

450

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 142/49. Madrid, 13 febbraio 1916 (per. il 20).

Il 10 corrente i giornali della sera di Madrid pubblicarono una nota ufficiosa di questa ambasciata d'Austria-Ungheria che unisco al presente rapporto (all. l) (4) e nella quale si faceva constare che i ministri montenegrini rimasti nel loro paese, avendo bisogno di poteri speciali per entrare in negoziati formali di pace con l'Austria-Ungheria, si erano rivolti al Re che si trova in Francia, chiedendo che Sua Maestà inviasse al Montenegro il presidente del consiglio signor Mijuskovic munito della necessaria autorizzazione o provvedesse i ministri colà rimasti delle occorrenti facoltà. La nota aggiungeva che si pregava il Re di rispondere nelle 48 ore e che l'Ambasciatore di Spagna a Vienna si era incaricato di far giungere al Re Nicola a Lione la domanda dei suoi ministri.

Questa nota abbastanza singolare fu evidentemente pubblicata da questa

Ambasciata i. e r. per ordine giuntale da Vienna e senza preavvisarne il Go

verno spagnuolo. In seguito a ciò il Ministero di Stato pubblicò a sua volta

1'11 corrente un'altra nota (all. 2) (l) nella quale «per evitare confusioni» si pone in chiaro che il Governo austriaco aveva effettivamente chiesto all'ambasciatore di Spagna a Vienna di trasmettere al Re a Lione la petizione dei suoi ministri, ma che il ministro di Stato prima d'accordare al signor Castro y Casaleiz la relativa autorizzazione, aveva posto per condizione d'informarne previamente il Governo francese non sembrandogli compatibile con la buona amicizia che lega la Spagna a tutti i belligeranti di compiere sul territorio di uno di essi un atto qualsiasi che potesse ferire la sua suscettibilità. Solo dopo che il barone di Burian ebbe aderito a questa condizione il signor Castro y Casaleiz fu autorizzato a incaricarsi della trasmissione del documento.

Questa nota conteneva non solo una rettifica ma anche una censura abbastanza palese della pubblicazione fatta dal principe di Flirstenberg, ma come ciò non bastasse il Diario Universal (2) della sera stessa pubblicò l'articoletto che pure trasmetto all'E. V. (all. 3) (l) nel quale si rileva come l'accaduto dimostri la opportunità che le ambasciate che credono dover pubblicare nei giornali delle note ufficiose lo facciano per mezzo del Ministero di Stato, ad evitare che « il Ministro di Stato venga a conoscenza di cose che sono di sua èompetenza soltanto quando le vede pubblicate nei giornali».

So infatti che la pubblicazione della nota è vivamente dispiaciuta al Governo spagnuolo ed in ispecie al conte di Romanones. La nota austro-ungarica conteneva anzitutto una grave inesattezza poiché affermava che l'ambasciatore di Spagna si era già da qualche giorno incaricato di trasmettere la domanda dei ministri montenegrini al loro Re, mentre al momento in cui la nota veniva pubblicata quell'ambasciatore non aveva ancora ricevuta dal suo Governo l'autorizzazione d'assumere quell'incarico. Per di più la nota fu pubblicata senza darne preavviso al Ministro di Stato e non ::;i può certamente giudicare corretto questo procedimento di annunziare al pubblico spagnuolo un fatto nel quale doveva aver parte notevole il Governo spagnuolo senza assicurarsi previamente il consenso di questo. Il conte di Romanones si risentì tanto più di questa mancanza di riguardo che egli ha pensato che si celasse sotto di essa un artifizio dei Governi centrali per compromettere il Governo spagnuolo di fronte agli alleati facendolo apparire come mediatore di paci separate. Devo notare che l'atteggiamento del Governo spagnuolo fu in questa occasione correttis::;imo. Appena pubblicata la nota austriaca il signor Villanueva chiamò l'ambasciatore di Francia per esporgli minutamente come stavano realmente le cose e dargli conoscenza anticipata della nota che si stava per pubblicare per conto del Ministro di Stato. A quanto so la lettera dei ministri di Montenegro al loro Sovrano verrà dal signor Castro y Casaleiz inviata al Governo spagnuolo il quale avrebbe già fatto sapere al Governo francese che vi darà il seguito che meglio piacerà al Governo della repubblica.

È possibile che nella condotta seguita dal Governo austriaco in questa occasione si nasconda il proposito sopra accennato, ma è indubbio che nell'incidente qui occorso si rivela soprattutto una " gaffe " del principe di Flirstenberg

la quale non è la prima da lui commessa nella sua carriera. Se egli obbedendo alle buone consuetudini avesse prima di inviare la sua nota ai giornali comunicato il testo della stessa al ministro di Stato, si sarebbe certamente evitato questo singolare spunto di polemica fra un'ambasciata e il Governo presso il quale essa è accreditata.

La stampa fin qui non rileva l'incidente né la cosa può sorprendere vista la scarsa attenzione che essa dedica in generale alle questioni diplomatiche che non vengano sollevate all'estero, e l'interesse delle due parti di togliere importanza all'accaduto. È da notarsi però che l'A.B.C. che è si può dire l'organo ufficioso delle due ambasciate imperiali osservava iermattina con ammirevole ingenuità che la nota del ministero di Stato confermava il contenuto di quella dell'ambasciata d'Austria. A questa osservazione abbastanza tendenziosa rispondeva la Epoca di iersera rilevando a sua volta che assai più che di conferma si doveva parlare di rettifica, e che se vi fossero dei dubbi a tale proposito bastava rammentare l'articoletto ufficioso del Diario Universal. Ho però ragione di credere che questa risposta non sia sorta spontanea nella mente dei redattori della Epoca la quale da qualche tempo è in ottime relazioni con questa ambasciata di Francia.

(l) -Cfr. n. 442. (2) -Cfr. n. 440, nota l, p. 320. (3) -Sonnino rispose con t. gab. 246 del 14 febbraio, ore 10, quanto segue: «Consento che secondo proposta belga nella aggiunta che ci concerne siano inserite parole "dell'indipendenza". Rinnovo preghiera telegrafarmi in chiaro d'urgenza testo completo comunicato appena pubb'icato >>. Cfr. n. 462. (4) -Non si pubblica. (l) -Non si pubblica. (2) -Il Diario Universal è l'organo ufficioso del Conte di Romanones. [Nota del documento].
451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 250. Roma, 14 febbraio 1916, ore 13,30.

Nelle diverse riunioni tenute a Roma i ministri francesi non ci hanno mai fatta alcuna menzione o allusione al tema della mancata dichiarazione di guerra tra l'Italia e Germania, che era stato indicato come uno dei probabili oggetti della visita a Roma.

Briand non ha nemmeno formulata la richiesta di un nostro intervento a Salonicco (altro tema preannunziato) ma ha parlato soltanto di una desiderata nostra cooperazione nei Balcani nella prossima campagna primaverile, auspicandola attuabile sovratutto con una azione concertata per parte degli anglo-franco-serbi dal lato di Salonicco e per parte nostra dall'Albania centrale

o meridionale. A ogni modo su questo punto non si venne a nulla di concreto, rimettendo tutto all'esame delle varie possibilità militari dal punto di vista così degli uomini come del materiale, da farsi nella futura riunione politicomilitare di Parigi.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 506.

452

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 698/47. washington, [14] febbraio 1916, ore ... (per. ore 14).

Mio telegramma n. 45 Cl).

Il dipartimento di stato conosce ormai il testo della notificazione tedesca relativa alle navi mercantili armate. Mentre la stampa polemizza eccentricamente, si perde in induzioni sull'atteggiamento di questo governo ed il segretario di stato si è chiuso nel più stretto riserbo, limitandosi a dire che la faccenda è nelle mani del presidente, mi risulta che Wilson ha deciso di abbandonare la questione al potere legislativo ed ha rimesso già i documenti al comitato per gli affari esteri del Senato.

Questa mossa inattesa e senza precedenti, che se tradisce l'imbarazzo del pl'esidente, obbedisce pure a ragioni sue speculative, accenderà un vivace dibattito e suscita nel congresso quelle violente discussioni di politica estera che la Germania, qui organizzata e potente sul terreno elettorale, ha sempre desiderato e sfrutterà a proprio vantaggio, ma delle quali è impossibile prevedere l'esito. Tre giorni fa, l'ambasciatore d'Inghilterra, in seguito ad istruzioni da Londra, manifestava ufficiosamente al segretario di stato che un eventuale mutamento delle norme relative alle navi mercantili armate avrebbe costituito violazione della neutralità americana.

453

IL CONSOLE A DURAZZO, PIACENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 397/21. Durazzo, 14 febbraio 1916, ore 14,30 (per. ore 7,25 del 15).

Incaricato d'affari di Serbia ha comunicato ad Essad avergli Pasic scritto che Francia ha fatto sapere agli alleati che avrebbe usato ad Essad e suoi funzionari e soldati il trattamento usato ai serbo-montenegrini mettendoli in salvo. Ciò si ricollega all'offerta Fournier e Collardet, il quale ultimo mostrò a Essad lettera del generale Mondésir offrente nave francese a nome del Governo della repubblica d'intesa con alleati.

Ripetendo ciò in lungo colloquio avuto con me questa sera, Essad mi ha ufficialmente dichiarato essere giunto per lui il momento di abbandonare Durazzo data la gravità della situazione politico-militare del paese. Coerentemente a sue precedenti dichiarazioni, egli mi ha pregato telegrafare a V. E. che spera

potersi imbarcare subito su nave it::tlian~. Ove però R. Governo non credesse acconsentire, Essad si rivòlgerà al Governo francese invitandolo a mantenere l'offerta fatta a nome della Quadruplice per sé funzionari e soldati.

Ho cercato in ogni modo di calmare Essad ma con risultato negativo essendo da varie fonti confermata la gravità delle notizie avute e che hanno appunto indotto a questo passo.

Ho comunicato quanto precede al generale Bertotti.

(l) Cfr. n. 435.

454

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 402/16. Stoccolma, 14 febbraio 1916, ore 17 (per. ore 3,45 del 15).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 228 (1).

È esatto che fra Svezia e Russia non esistono attualmente cause dirette di seri contrasti. Banchiere Marco Wallemberg fratello di questo ministro degli affari esteri che si è recentemente recato a Pietrogrado per affari professionali è stato ricevuto dallo Zar e da Sazonov che hanno ripetuto le più amichevoli assicurazioni per la Svezia.

:E anche esatto che coloro i quali vorrebbero qui trascinare Svezia nella guerra per conto della Germania agitano meno spauracchio del pericolo russo ma sfruttano invece soprattutto le difficoltà commerciali coll'Inghilterra. Tuttavia parecchi provvedimenti svedesi e innanzitutto l'arresto del transito hanno colpito direttamente Russia nel periodo più grave della crisi delle munizioni e mi sembra strano che il ministro di Svezia a Pietrogrado, il quale, come rilevai nel rapporto 122 (2) è un generale germanofilo, non si renda conto della cattiva impressione che essi hanno prodotto in Russia, sebbene per forza delle circostanze si faccia buon viso a cattivo giuoco. Inoltre non è dubbio che in ultima analisi anche se provocato da un conflitto coll'Inghilterra l'intervento armato della Svezia si sfogherebbe quasi esclusivamente sulla Russia.

Nessuno più di me riconosce l'opportunità che l'Inghilterra eviti tutto ciò che senza assoluta necessità inasprisce le sue relazioni colla Svezia e fa il giuoco di questo partito germanofilo. Raccomandazioni in tale senso a Londra dai Governi alleati sono tanto più indicate in quanto che secondo recenti informazioni che ho avuto in via strettamente confidenziale, è da temersi che il Governo britannico non fa;;cia prova di tutto quello spirito conciliativo che sarebbe desiderabile e compatibile con la tutela dei suoi interessi. Ma è assolutamente indispensabile che di questa azione discreta non abbia sentore perché ne profitterebbe per fare altre difficoltà e creare nuovi imbarazzi.

(l) -Cfr. n. 431, nota l, p. 314. (2) -Non pubblicato.
455

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 395/8. Le Hàvre, 14 febbraio 1916, ore 20,45 (per. ore 1 del 15).

Mi riferisco mio telegramma 2 del 31 gennaio (1).

Desiderio del Re di ottenere assicurazione anche per il Congo formerà oggetto probabilmente di un'altra dichiarazione anglo-francese, il Governo britannico non giudicando opportuno unirla a quella del territorio del Belgio. Ministro degli affari esteri mi ha detto pure che crede che l'Italia sarà dai Gabinetti di Londra a Parigi invitata ad associarsi come Potenza coloniale africana.

Ho chiesto al ministro degli affari esteri confidenzialmente se Belgio avesse ottenuto promesse di territorii o altro in Africa per sua cooperazione militare colà (mio rapporto 11/3 quindici gennaio) (2). Egli mi ha assicurato che nessun accordo è stato fatto in proposito Belgio possedendo già vaste colonie; ha aggiunto che potrebbe soltanto aver luogo forse qualche leggera rettificazione di frontiera nel probabile rimaneggiamento della carta dell'Africa.

456

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 399/35. Parigi, 14 febbraio 1916, ore 21 (per. ore 23,20).

Telegramma V. E. gabinetto n. 239 (3).

Dichiarazione è stata fatta oggi al Governo belga.

Su proposta del Governo francese alle espressioni « le potenze garanti »

è sostituito -«le potenze alleate garanti». Si è preso atto della riserva espressa da V. E. circa la dichiarazione che dovranno fare Italia e Giappone.

457

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 400/70. Londra, 14 febbraio 1916, ore 22,52 (per. ore 2,30 del 15).

Rispondendo a domanda da me oggi rivolta Grey in via confidenziale mi ha detto aver conferito con colonnello House, depositario pensiero del presidente degli Stati Uniti, uomo molto a modo e personalmente animato da dispo

sizioni favorevoli verso alleati. Scopo visita colonnello varie capitali fu di tastare il terreno circa intenzioni belligeranti. Voleva recarsi pure a Roma ma ristrettezza di tempo glielo ha impedito. Nelle conversazioni a Parigi e Londra deve essersi facilmente convinto tenacia propositi degli alleati per continuazione guerra fino al conseguimento scopo prefisso. A Berlino ha discusso pel regolamento questione Lusitania non ancora definitivamente appianata. Circa disposizioni germaniche per pace sembra aver constatato grande riserbo, e comunque non scorgere alcun indizio di tendenze ad una pace in condizioni accettabili dagli alleati.

(l) -Cfr. n. 390. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 442.
458

IL MINISTRO DELLE COLONIE, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

L. RR. 302. Roma, 14 febbraio 1916 (per. il 19).

Nel manifestare a V. E. il mio vivo compiacimento per l'accordo testé intervenuto col Governo francese (l) sulla necessità, già riconosciuta dagli altri governi alleati, di coordinare più strettamente gli sforzi in vista di assicurare meglio la perfetta unità di azione -mi consenta l'E. V. per quanto più direttamente mi concerne, di esprimere la fiducia, conforme ai voti già altre volte da me espressi, che tali criteri debbano avere anche applicazione per ciò che si attiene alle «fronti coloniali», dove la mancanza di un simile accordo fu già da me a più riprese lamentata, segnalandone a V. E. i gravi danni e i necessari rimedi.

Mi limito qui a semplici accenni, in modo riassuntivo e schematico, rimettendomi pei particolari alla lunga corrispondenza già intercorsa ed a quella che potrà poi seguire sulle singole questioni.

Le fronti o gli scacchieri coloniali, ove già si esplica o può venire a esplicarsi, in connessione con la guerra generale, l'azione nostra e dei governi alleati di Francia e d'Inghilterra, ponendo in giuoco interessi singoli, che si trovano o possono venire a trovarsi in contrasto ed occorre perciò coordinare, sono i seguenti:

lo -Scacchiere dell'Africa settentrionale;

2° -Scacchdere dell'Africa orientale;

3° -Scacchiere della penisola arabica.

1o -Per quanto si riferisce al primo scacchiere, che comprende le nostre maggiori colonie, è fin troppo noto all'E. V. e in parte, sfavorevolmente, anche al pubblico, il contegno, in aperta opposizione ai nostri interessi, tenuto dall'Inghilterra e dalla Francia ai confini orientale ed occidentale della Libia, rispetto al movimento senussita. Tale contegno da parte di entrambi i governi alleati si è ispirato al criterio di stornare da sé il pericolo senussita, mante

nendolo o ributtandolo sulle nostre spalle, col favorire, mercé rifornimenti di viveri e di altri aiuti se non proprio di armi, il prolungarsi della resistenza contro di noi. E tale contegno fu, in modo particolarmente deleterio per noi, accentuato da parte dell'Inghilterra, specialmente con l'insinuare e fomentare nell'animo del Gran Senusso idee di potenza e di autonomia, che sarà difficile sradicare e ci renderanno anche nell'avvenire più malagevole di regolare con lui i nostri rapporti. Ed anche poi che il Senusso, come era facile prevedere e noi non avevamo taciuto, ha completamente deluso la fallace politica inglese attaccando proditoriamente il territorio egiziano, neanche in tale nuova situazione l'Inghilterra mostra di intendere la necessità di procedere d'accordo con noi; ché anzi ci tiene quasi all'oscuro della sua azione e dei suoi intendimenti, schermendosi dal compiere in nostro concorso qualsiasi atto che possa apparire come una dimostrazione di solidarietà, tanto da far temere che tenti o pensi celatamente di ristabilire rapporti amichevoli col Senussi all'infuori di noi e alle nostre spalle.

Non occorre che io insista ancora per far rilevare all'E. V. la necessità che un tale contegno da parte dei nostri alleati e in ispecial modo dall'Inghilterra venga a cessare, e la convenienza di concretare una linea d'azione comune, nell'interesse non nostro soltanto ma di tutti. Se cosi fosse stato fatto a suo tempo, assai probabilmente a quest'ora il pericolo senussita non esisterebbe più per nessuno. A quest'intento, io ebbi già a comunicare alla E. V. le mie proposte, tra le quali di maggiore attualità e praticità quella intesa a mantenere, d'accordo, un generale e continuativo divieto di rifornimenti ai ribelli da non revocarsi se non di concerto, e quella relativa all'obbligo di tener:;l informati e di concertarsi circa qualsiasi accordo da concludere, nel comune vantaggio, col Senussi. Tali proposte furono accettate da V. E. e comunicate, con calde raccomandazioni, al Governo britannico, che peraltro tarda a darvi adesione, forse in attesa di ricevere il parere contrario delle autorità locali, dietro cui trincerarsi. Ora occorre che tali pratiche, come quelle analoghe col Governo francese per quanto riguarda il confine tunisino, siano riprese e sospinte nel modo più vivo, in relazione all'accordo recente, ponendo bene in luce che il movimento senussita non può più considerarsi come un episodio locale e staccato di nostra peculiare attinenza, ma che si riconnette alla guerra generale per la parte che vi han preso e il partito che ne traggono i nostri nemici.

2° -Lo scacchiere dell'Africa orientale interessa principalmente l'Etiopia e i confinanti possedimenti nostri, dell'Inghilterra e della Francia. Quivi non può ancora propriamente parlarsi di una azione guerresca, ma non è da escludere che vi si possa venire. Appare infatti ormai per molti segni, come del resto era facile presumere, che Germania e Turchia non tralasciano di sobillare e spingere contro gli alleati e, particolarmente contro di noi, l'Etiopia, sfruttando le propensioni islamiche e le giovanili baldanze dell'erede al trono, risuscitando le antiche aspirazioni nazionali di uno sbocco al mare, fomentando artificiosi sentimenti irredentistici e soprattutto gli istinti di preda delle popolazioni. È da confidare che, continuando lo stato attuale delle cose, tali istigazioni e tendenze non prevarranno di fronte al buon senso ed all'esperienza dei più vecchi ed autorevoli capi: ma ove eventi sfavorevoli agli alleati dovessero prodursi e specialmente l'invasione dell'Egitto e l'interruzione del canale di Suez, sarebbe da temere un intervento armato dell'Etiopia ai danni comuni.

È mestieri quindi avvisare fin d'ora coi Governi francese ed inglese ai modi ed ai mezzi per prevenire e altrimenti fronteggiare tale grave pericolo, di cui i nostri alleati, in verità meno esposti di noi, non sembrano per ora rendersi ben conto, mentre vi è tra essi chi persino s'illude di un possibile concorso abissino a nostro favore. Anche per tale scacchiere conviene pertanto concertare una comune linea di condotta, che da un più intenso servizio di informazioni e di vigilanza, ora affatto trascurato dagli altri, attraverso un'azione concorde di persuasione amichevole presso il Governo etiopico e i più influenti capi, possa all'occorrenza giungere sino a misure collettive di minaccia e di coercizione ed infine anche di azione militare coordinata e congiunta.

A simil genere d'intese l'Inghilterra e la Francia sarebbero già in parte tenute in forza dell'accordo del 1906, alle cui stipulazioni infatti già si fece richiamo per ottenere un più intimo affiatamento ed appoggio reciproco tra i rappresentanti locali dei tre Governi. Tali intese però, previste nell'accordo solo in occasione di torbidi interni dell'Etiopia, debbono ora completarsi, ed a nostro vantaggio, in relazione allo stato d'alleanza, tenuto conto che le complicazioni previste sarebbero una conseguenza della guerra generale, e noi per la nostra speciale situazione dovremmo sostenerne il maggior peso e i rischi più gravi.

3° -Nello scacchiere della penisola arabica è g1a m giuoco nei rispetti dell'Inghilterra l'azione militare arabo-turca contro Aden, e da parte degli inglesi l'azione navale lungo le coste e la occupazione delle isole del Mar Rosso. Da parte nostra nessuna azione militare è attualmente in corso, ma essa potrebbe eventualmente manifestarsi, dato il nostro stato di guerra con la Turchia, anche per un attacco da parte di questa contro le nostre navi e le coste dell'Eritrea, ora che giungono notizie, meritevoli di conferma, che segnalerebbero la prossima comparsa di sottomarini giunti smontati per via di terra.

A lato dell'azione militare si esplica poi da parte degli inglesi una intensa azione politica nei rapporti coi capi arabi e si manifesta inoltre, con la costruzione di una ferrovia nell'hinterland di Aden e con altri apparecchi, l'intenzione di compiere un'avanzata sull'altipiano dello Yemen. Nessuna azione politica, nonostante le mie reiterate raccomandazioni, si è creduto per ora esplicare da parte nostra in prosecuzione di quella già bene avviata in passato.

Ma poiché di un'azione nostra così militare che politica non può escludersi che possa manifestarsi nell'avvenire la necessità e la convenienza, così riterrei prudente di prendere anche per tale scacch~ere gli opportuni concerti con l'Inghilterra, affinché dall'indirizzo dell'azione sua così militare che politica non debbano restarne pregiudicati, come se ne è già mostrato la tendenza, i gravi nostri interessi che, specialmente rispetto all'Eritrea, si riconnettono alla situazione della penisola arabica e della costa occidentale del Mar Rosso. Ed è da ritenere che se necessario, la Francia si unirebbe volentieri a noi in un passo amichevole verso la comune alleata, per coordinare gli interessi che anche essa ha, sebbene in minor grado, nel medesimo scacchiere.

Tale scacchiere io non voglio ora ampliare sino a raggiungere quello adiacente dell'Iran, dove si svolge la poderosa e ardita azione britannica, mentre noi non sembriamo avervi alcun diretto interesse. Debbo, però, di sfuggita richiamare l'attenzione di V. E. sull'importante azione che l'Inghilterra va di pari passo svolgendo colà in relazione al movimento panarabico, da essa già da tempo favorito e di cui ora si avvantaggia e che avrà poi la più grande influenza nella questione della successione al califfato: questione assai grave a cui noi e più ancora la Francia siamo grandemente interessati per le nostre popolazioni musulmane, e rispetto alla quale, come risulta da notizie confidenziali che ebbi già a comunicare alla E. V., gravi divergenze di aspirazioni già si delineano fra le nostre due alleate, che possono preparare futuri gravi dissensi e perturbamenti nel mondo islamico.

Ho così riepilogato a grandi tratti i punti principali attinenti alle colonie su cui credo assolutamente necessario coordinare l'azione coi Governi alleati di Francia e di Inghilterra, così come viene fatto sul teatro della guerra in Europa. Come già dissi, taluni di questi punti sono stati già singolarmente trattati coi Governi stessi, sia in base a precedenti accordi, sia per formare oggetto <ii nuovi accordi speciali, ma ripeto l'avviso che convenga, in questa occasione, riassumerli tutti con più stringente premura, come applicazione ed attuazione del recente accordo anche in quel campo di nostro vitale interesse. Se uno solo deve essere il fronte della nostra guerra comune, esso deve comprendere anche quello delle nostre colonie, dove la nostra posizione, non che minimamente danneggiata, deve risultare dalla guerra notevolmente rafforzata ed accresciuta, come in altre parti del mondo coloniale, ove noi non possiamo competere né avanzare pretese, risulterà e già risulta grandemente avvantaggiata quella dei nostri alleati.

Concludo, come ho cominciato, esprimendo la fiducia che tale modo di vedere sia stato già affermato e riconosciuto negli accordi recenti; e sarò grato all'E. V. se vorrà darmene assicurazione. Ché ove in tale primo incontro non siasi potuto scendere a siffatte specializzazioni, esprimo il convincimento che a tale deduzione necessaria e legittima debba addivenirsi alla prima occasione, lasciando poi alla conferenza, di cui si è opportunamente deliberata la costituzione, il compito di concretare i particolari accordi sui singoli punti. A tal fine non ritengo inutile offrire alla E. V. la collaborazione di questo Ministero.

(l) Cfr. n. 448.

459

IL COMANDANTE DELLE TRUPPE D'ALBANIA, BERTOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 401/1599. Zona di Guerra Albania, 15 febbraio 1916, ore 12,05 (per. ore 12,35).

In relazione a quanto nostro ministro a Durazzo ha telegrafato R. ministero affari esteri ieri sera circa partenza d'Essad pascià (l) ritengo necessario che

egli sia portato in Italia e non qui dove creerebbe sicuramente gravi imbarazzi. Riferendomi già da tempo segnalata intromissione cose nostre per parte della missione francese credo opportuno doversi tenere presente che moglie Essad risiede ora a Nizza e che essa ha assoluto potere su Essad che per conseguenza volendo tener Essad in Italia e sorvegliato occorre che anche la moglie sia fatta risiedere in Italia, perché si ha ragione di ritenere che francesi siansi valsi dell'ascendente della moglie per esercitare loro influenza su Essad. Senza ciò non potrebbe spiegarsi mutamento suo a nostro riguardo. Circa situazione Durazzo essa è immutata non avendo Ferrero indicata alcuna nuova avanzata austriaca e dopo mie insistenze ritengo terrà fermo mentre da Elbassan notizie giorno 10 sicure davano bulgari immobili ciò che sarebbe coerente colla comunicazione fatta con telegramma 13246 del R. ministero della guerra (1). Dunque fino a quando resta nostro presidio Essad nulla dovrebbe temere, ma dato suo stato d'animo allontanamento può essere opportuno anche perché sua influenza resa ormai nulla. Questo telegramma comunico ministero della guerra data urgenza evitare disposizione fare venire qui Essad che sarebbe poi difficilmente revoca bile.

(l) Cfr. n. 453.

460

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 742/37 GAB. (2). Parigi, 15 febbraio 1916, ore 14,55 (per. ore 19,30).

Briand stamane mi ha ripetuto nei termini più calorosi la sua soddisfazione per l'accoglienza ricevuta ed i risultati conseguiti e la sua ammirazione per le nostre truppe che lottano contro difficoltà delle quali egli si è ben reso conto. Particolarmente lieto è di aver potuto concordare l'unità di azione dell'Intesa mediante le conferenze di Parigi, alle quali egli teneva in modo speciale. Venendo poi alle questioni speciali (3), mi ha confermato che pur rimandando a dopo la guerra la decisione, egli esaminerà intanto le proposte che noi intendiamo fare circa il confine della valle del Roja. Sarà anche lieto di poter trattare e concludere l'accordo coloniale italo-franco-inglese per l'Africa settentrionale. Desidera definire al più presto nei termini convenuti gli accordi per il Marocco e per i renitenti e disertori. Farà preparare le note per il primo e le modificazioni al nostro schema per il secondo, e poiché io mi reco domani a Nizza e sarò di ritorno a Parigi lunedì, Briand mi ha promesso di far in modo che io trovi tutto pronto al mio ritorno, essendo essenziale che prima della fine del mese i due accordi siano firmati.

(-3) Cfr. n. 436.
(l) -Non pubblicato. (2) -Parttto come telegramma di gabinetto è stato protocollato in arrivo nella ser1e ordinaria.
461

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. SS. 408/40. Cairo, 15 febbraio 1916, ore 14,55 (per. ore 20,10).

TeLegramma di V. E. gabinetto n. 238 (1).

Prego V. E. gradire espressione mia rispettosa ammirazione per proposte pratiche forti decisive veramente degne Italia Inghilterra. Lord Kitchener ripetutamente si aprì con me in questo senso ma essendo prematura questione frontiera non si poté dar seguito: sono persuaso che se lord Kitchener è informato attuali proposte di V. E. darà autorevole assenso.

A mio remissivo parere nel caso si addivenga tale accordo bisognerà immediatamente sospendere tutte le trattative segrete con emissari del Senusso le quali indeboliscono azione comune e gettano cattiva luce sulla lealtà della nostra azione (2).

462

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

T. GAB. 410/S.N. Le Hàvre, 15 febbraio 1916, ore 20,10 (per. ore 2 del 16).

Lundi 14 février M. M. les ministres de France de la Grande Bretagne et de Russie auprès de S. M. le Roi des Belges se sont présentés au Ministère des affaires etrangères de Belgique, et M. le prince Koudache.ff, prenant la parole au nom de ses collègues, s'est adressé en ces termes au ministre des affaires étrangères:

«Excellence -Les Puissances alliées signataires des traités qui garantissent l'indépendance et la neutralité de la Belgique ont décidé de renouveler aujourd'hui par un acte solenne! les engagements qu'elles ont pris envers votre pays herolquement fidèle à ses obligations internationales, en conséquence nous ministres de la France, de la Grande Bretagne et de la Russie diìment autorisés par nos Gouvernements avons l'honneur de faire la déclaration suivante:

Les Puissances alliées et garantes déclarent que, le moment venu, le Gouvernement belge sera appelé a participer aux négociations de paix et qu'elles ne mettront pas fin aux hostilités sans que la Belgique soit retablie dans son independance politique et économique et largement indemnisée des dommages

qu'elle a subis; elles prlìteront Ieur aide à la Belgique pour assurer son relevement commerciai et financier ». Le Baron Beyens a répondu:

«Le Gouvernement du Roi est profondément reconnaissant aux Governements des trois Puissances garantes de l'indépendance de la Belgique dont vous Hes auprès de lui les représentants de la genereuse initiative qu'ils ont prise en lui apportant aujourd'hui cette déclaration; je vous en exprime ses chaleureux remerciements. Vos paroles auront un vibrant écho dans le coeur des belges soit qu'ils combattent sur le front soit qu'ils souffrent dans le pays occupé ou qu'ils attendent en exil l'heure de la délivrance, tous avec un égal courage; les nouvelles assurances que vous venez de me donner confirmeront leur conviction inébranlable que la Belgique sera relevée de ses ruines et restaurée dans sa complète indépendance politique et économique. Je suis certain d'lìtre leur interprète en vous disant que vous devez avoir pleine confiance en nous comme nous avons confiance en nos loyaux garants, car nous sommes tous résolus à lutter énergiquement avec eux jusqu'au triomphe du droit pour la défense auquel nous nous sommes sacrifiés sans hésitation après la violation injustifiée de notre patrie bien aimée.

M. le ministre d'Italie a annoncé de son còté au baron Beyens que l'Italie, n'étant pas au nombre des Puissances garantes de l'indépendance et de la neutralité de la Belgique faisait connaitre qu'elle n'avait aucune objection à ce que la déclaration susdite fut faite par ses alliés.

De son cote le Gouvernement japonais a fait une communication identique.

(l) -Cfr. n. 441. (2) -Nel ritrasmettere il presente telegramma ad Imperiali (t. gab. 258 del 16 febbraio, ore 14) Sonnino aggiunse la seguente istruzione: «Prego V. E. interessare Kitchener alla questione». (3) -Ed. in Ministero degli Affari Esteri, Trattati e convenzioni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. 23°, Roma 1930, pp. 375 -376.
463

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCID DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 745/48. Washington, [16] febbraio 1916, ore ... (per. ore 14,30).

Mio telegramma n. 47 (1). Si determina un improvviso mutamento nei propositi di questo Governo circa navi mercantili armate.

I giornali pubblicheranno domani una dichiarazione del segretario di stato secondo la quale, se alleati non consentiranno nella sua proposta relativa al disarmo di navi mercantili, questo Governo non modificherà i suoi principi e continuerà a riconoscere carattere pacifico alle navi mercantili armate, seguitando per ciò ad ammetterle in questi porti.

Lansing mi ha detto questa sera di aver fatto precedenti dichiarazioni per arrestare le fantasie dei giornalisti. Sta di fatto che la campagna giornalistica era violentemente contraria ai propositi di questo Governo e che ad essa, all'influenza esercitata su Wilson dal comitato degli affari esteri del Senato ed a

dichiarazioni ufficiose e personali degli ambasciatori alleati si deve la presente resipiscenza che segna una vera ritirata. Può avere influito su questo Governo anche il fatto che l'attesa definizione della vertenza Lusitania si fa ancora attendere, contro ogni previsione da Berlino. Mi è stato detto a questo riguardo, non so con quale fondamento, che il segretario di stato maturerebbe ora persino il pensiero di formulare riserve alla commissione austro-tedesca relativa alle navi mercantili armate. Il cambiamento sarebbe così completo.

(l) Cfr. n. 452.

464

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 703/88. Atene, 16 febbraio 1916, ore 14,30 (per. ore 17).

Secondo resoconto giornali deputato corfiota Sokolis avrebbe detto ieri alla Camera che italiani si sono aggiunti a Corfù agli altri alleati. Italiano è un nemico della Grecia che da lungo tempo mira a Corfù. Quel popolo pel quale Francia versò suo sangue è indegno di libertà. Nel momento in cui gli altri Stati lottano pei loro interessi nazionali, italiani fabbricano ombrelli per combattere acque del cielo e mentre nemici bombardano loro città, essi mandano poeta a bombardare Trieste coi suoi poemi. Si astiene dal qualificare italiani e loro Re. Presidente consiglio avendo in questo punto interrotto deputato egli ritorna sulle sue dichiarazioni dopo aver biasimato con acerbe parole metodi italiani dice che popolo Corfù non tollererà simile profanazione del patrio suolo da parte dei fuggiaschi Albania. Corfù non allontanerassi dallo scettro di Re Costantino. Grecia tollera Inghilterra, Francia perché riconosce loro ardore bellicoso. Ma italiani sono incapaci comLattere e cercano conquistare senza rischio territori stranieri sopratutto territorio greco che essi desiderano. Governo deve colpire italiani sbarcati Corfù anche colla forza. Camera applaude unanimamente. Giornali pubblicano poi seguente discorso stenografato risposta Skuludis. Governo crede doveroso rettificare qualcuno dei fatti riferiti da Sokolis che egli considera come inesatti. Governo non ha consentito sbarco truppe italiane Corfù. All'annunzio fattogli dichiarò che non consentivavi. Non prese decisione opporsi con violenza perché alleati dell'Italia dichiararono considerarla come loro eguale. Camera comprende significato codeste parole. Grecia ha ceduto alla violenza. Da parte potenza di cui Sokolis ha fatto una menzione così elogiosa abbiamo assicurazioni reiterate che integrità dello Stato sarà rispettata perché cessate ragioni che obbligano alleati occupazione Corfù questa sarà restituita. Abbiamo dichiarazioni ufficiali che forze militari che Italia invierà Corfù non oltrepasseranno 50 carabinieri. Non credo questa piccola forza che va Corfù per mostrare che Italia partecipa alle operazioni dei suoi alleati possa ispirare timore di un pericolo che minacci Corfù. Governo italiano ha comunicato che conformemente nota rimessa dieci gennaio delle quattro potenze (l) secondo cui queste ultime

avevano intenzione trasportare Corfù esercito serbo per salvarlo fame, sofferenze, esso governo italiano avrebbe inviato truppe per accompagnare esercito montenegrino per stesse ragioni che furono invocate dagli alleati nella nota. Governo ellenico ha non solamente protestato ma anche dichiarato che non consentirebbe mai allo sbarco Corfù di un'armata italiana. Governo ellenico è stato informato ieri che venti carabinieri hanno sbarcato Corfù accompagnati da un ufficiale che fu altra volta addetto militare alla legazione italiana Atene. Ignoro se tal numero aumenterà fino a 50 numero accettato dal Governo italiano. Non è improbabile che invio si limiti 20. Ripeto che assicurazioni date dagli alleati sono categoriche chiare cioè che truppe alleate lasceranno isola appena cessate ragioni per le quali vennero. On. Mizzopulos avendo demandato parola sulle dichiarazioni dello Skuludis, presidente Camera disse che non gliela poteva accordare e Rallis ministro comunicazioni spiegò che affinché una discussione potesse essere aperta sulle dichiarazioni del presidente consiglio era necessario

che una proposta di generalizzazione della discussione fosse presentata.

(l) Cfr. n. 285.

465

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 420/66. Atene, 16 febbraio 1916, ore 14,30 (per. ore 23,20).

Stamane avendo avuto conoscenza di ciò che ieri sera era stato detto alla Camera intorno cui riferisco a V. E. col mio telegramma n. 88 (l), mi sono recato da Skuludis e gli ho chiesto di dirmi se, come sembra risultare dal resoconto stenografico pubblicato dai giornali, egli non aveva creduto opportuno dire una sola parola di disapprovazione pel linguaggio inqualificabile del deputato Sokolis. Egli mi ha risposto essersene astenuto per non sollevare maggiore irritazione nella Camera. Gli ho risposto che V. E. non avrebbe apprezzato questa sua condotta.

Skuludis ha voluto asserirmi che il presidente della Camera aveva per conto

suo disapprovato il Sokolis. Nei numerosi giornali da me visti non trovo traccia

di ciò.

Per conto mio non mi credo autorizzato a parlare ulteriormente con Skuludis

dello scandaloso incidente. V. E. giudicherà se e come sia opportuno reagire con

tro esso (2).

(l) -Cfr. n. 464. (2) -Sonnino rispose con t. gab. 271 del 17 febbraio, ore 13,40, quanto segue: «V.S. potràripetere a Skuludis a mio nome meravigUa e disgusto che né egli né Presidente della Camera abbiano reagito contro volgari ingiurie del deputato Sokolis. Colonnello Mombelli ha chiesto ministro guerra permesso sfidare Sokolis. Prego V. S. sconsigllarlo vivamente attuare suo proposito che sarebbe buon gioco al Governo ellenico il quale sembra desiderare scandali ed incidenti».
466

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 421/84. Pietrogrado, 16 febbraio 1916, ore 16 (per. ore 19,50).

Secondo un telegramma d'Izvolskij il Re di Spagna vorrebbe trasmettere al Re Nicola un messaggio dei suoi ministri rimasti al Montenegro e che col suo consenso avevano firmato la capitolazione, i quali chiedono ora di essere autorizzati ad iniziare trattative di pace con Austria Ungheria. Ambasciatore di Spagna a Parigi ha rassegnato al suo Sovrano l'opinione che ciò non possa farsi senza che il Governo francese ne sia edotto e vi sia consenziente.

Izvolskij ritiene difficile arrestare trasmissione messaggio ma crede che si dovrebbe rappresentare al Re del Montenegro come in base alle dichiarazioni sue e di Mijuskovic Sua Maestà non possa rispondere che con un rifiuto e come nel caso contrario diverrebbe insostenibile il suo soggiorno in Francia.

Cambon informato di quanto precede avrebbe rinviato ogni decisione al ritorno di Briand a Parigi. A quanto qui consta ministro montenegrino si sarebbe rivolto all'Austria Ungheria per far pervenire il messaggio suddetto (1).

467

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI (2)

T. GAB. 263. Roma, 16 febbraio 1916, ore 20.

Sir Rennell Rodd mi accennava ad una iniizativa sorta qui, nella quale aveva parte anche l'on. De Viti De Marco, per la creazione d'una lega angloitaliana, che informandosi ai concetti generali di libero scambio mirerebbe a preparare più strette relazioni economiche e finanziarie fra le due nazioni dopo la guerra.

Ho risposto che non potevo muovere obiezioni a qualsiasi movimento che stringesse sempre più i rapporti tra noi e l'Inghilterra; ma che dato il momento non mi pareva forse opportuno lo sventolare con troppo impegno la sola bandiera anti-protezionista.

Rodd conveniva su ciò, ma rilevava l'importanza di attirare maggiormente l'attenzione degli inglesi sulla convenienza di aumentare i rapporti col mercato italiano specialmente nel campo del credito, della finanza e della produzione industriale. Egli sperava di veder presto riuscire un progetto che avrebbe facilitato un tale riavvicinamento nel campo bancario inglese.

Gli ho risposto che per parte nostra non potevamo che vedere di buon occhio ogni movimento in questo senso (3).

(-3) Per la risposta di Imperiali cfr. n. 484.
(l) -Ritrasmesso a Parigi, Londra, Madrid e a Romano Ave~zana con t. gab. 270 del 17 febbraio, ore 20. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 318-319.
468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE (l)

T. 403. Roma, 17 febbraio 1916, ore 1.

L'ambasciatore Page chiedeva le mie impressioni sulla nota americana relativa all'armamento delle navi mercantili (2).

Ho risposto che avevo sottoposto la questione all'ufficio competente perché l'esaminasse nei suoi vari aspetti, per avvisare al da farsi. La mia impressione personale, che gli comunicavo in via non ufficiale, era che la nota americana muovesse un passo pericoloso coll'ammettere come cosa normale e pacifica, un diritto nei sottomarini di affondare le navi mercantili del nemico anche non armato, alla sola condizione che la salvezza dei passeggeri e degli equipaggi fosse preventivamente messa al sicuro; e inoltre con l'escludere qualunque armamento di una nave mercantile, anche se evidentemente inteso alla sola difesa. Questo ultimo punto finora era stato assolutamente definito in senso opposto dal diritto internazionale. L'escludere ogni specie di armamento anche solo difensivo esporrebbe il naviglio mercantile a qualunque aggressione di pirati e non per tutti i mari poteva affermarsi che non esista più la pirateria. Difficilissimo poi lo stabilire il punto in cui il possesso di un'arma qualsiasi avrebbe dovuto far considerare un bastimento come armato, agli effetti della legittimità o meno del suo siluramento senza preventiva visita.

Per ammettere che una nave mercantile armata possa senz'altro venire affondata, dovrebbesi prima ammettere d'altra parte, che quando una nave non è da considerarsi armata, non possa mai venire affondata, all'infuori dei casi di violazione di blocco o di resistenza, siano o non siano messi al sicuro i suoi passeggeri o equipaggi, ed è dall'ammissione di questo punto che praticamente dipende anche la tutela umanitaria della vita dei passeggeri e degli equipaggi, poiché in realtà non vi è modo di assicurare la loro salvezza quando si ammetta come che sia il principio della legittima distruzione della nave; l'imbarco dei canotti non potendo mai in alto mare rappresentare praticamente alcuna garanzia di sicurezza. È questo il punto più pericoloso della nota americana, visto che praticamente dai sottomarini tedeschi, non potendo essi caricarsi a bordo i passeggeri, si è sempre limitata ogni maggior cura della incolumità dei passeggeri al fatto della loro preventiva stivatura nelle piccole imbarcazioni, abbandonandoli in alto mare. Onde le nuove massime della nota americana, se accettate universalmente, porterebbero praticamente, nella migliore ipotesi, a questa conseguenza; che un capitano di nave avente passeggeri a bordo dovrebbe, nello stesso interesse di questi, mandare a picco tutte le proprie imbarcazioni appena avvistato un sottomarino, per togliere ogni giustificazione a che si abbandonino i passeggeri ammassati in piccole barche alla balia dei flutti.

Badino inoltre gli Stati Uniti, anche nel loro proprio interesse di grande potenza marittima e industriale, a non fornire essi stessi con la loro indifferente ammissione di tali pericolose massime, un troppo facile modo a qualunque anche picolo Stato, mediante la sola produzione e l'uso poco scrupoloso di numerosi sottomarini, di rovinare tutto il commercio e la marina mercantile di qualsiasi più potente avversario.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 316-318, sotto la data 14 febbraio. (2) -Cfr. n. 358.
469

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 429/68. Atene, 17 febbraio 1916, ore 15 (per. ore 20,45).

Faccio seguito al mio telegramma n. 66 (1).

Ieri alla Camera dei deputati Stratos fece osservare che il processo verbale della seduta di avant'ieri non contiene tutto ciò che il presidente della Camera aveva detto interrompendo Sokolis. Vice presidente disse che infatti interrompendo Sokolis egli aveva detto che non era permesso attaccare con linguaggio così violento una nazione amica ed il suo eminente Sovrano. Lo aveva pregato ritrattarsi. Aveva aggiunto che se si presenta occasione attaccare Corfù o qualunque altra parte territorio ellenico tutta la nazione si alzerebbe. A questo Stratos replicò che tutti i membri della Camera avevano udito tali cose ma che era stato male che non avessero figurato nel processo verbale. È incomprensibile che nessun giornale di ieri e nemmeno il processo verbale ufficiale abbiano recato le anzidette dichiarazioni che avrebbero in qualche modo attenuata l'impressione facilmente prodotta in tutti i circoli dalle ingiurie di Sokolis.

Giornali venizelisti prendono motivo dall'incidente per attaccare il Governo che ha creduto doversi chiudere nel silenzio e poco o nulla attenuare espressioni avverse all'Italia usate dai giornali governativi.

Giornalista Vassallo ha scritto una lettera ingiuriosa al Sokolis. Sembra che quetsi abbia dichiarato che non ritratta nulla. Colonnello Mombelli ha chiesto al suo comando libertà di sfidare Sokolis. Colonia italiana si è adunata per decidere intorno ad una protesta da pubblicarsi nei giornali.

470

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 784/90. Atene, 17 febbraio 1916, ore 17 (per. ore 24).

Neon Anty conferma e riassume tutti motivi lagnanza che Grecia ha contro Italia questi ultimi anni. Tuttavia non trova giustificata polemica cogli insulti contro nazione vicina che non giovano interessi ellenici.

Batia protesta contro inerzia Presidente del Consiglio che non seppe trovare una parola biasimo pel deputato che insultò Italia e il suo Re.

Etnos deplora stoltezza dichiarazioni Skuludis che, per mancanza acume politico, nulla disse per togliere malintesi conseguenze che possono derivare dal discorso Sokolis.

Nea Imera scusa in qualche modo sbarco Italia, con cui altro non fecesi che seguire cattivo esempio dato da Inghilterra e Francia. Atine spera che intervento Re salverà Grecia da una umiliazione che minacciala in seguito incapacità mostrata dal Governo nell'incidente Camera. Keri deplora linguaggio poco parlamentare Sokolis intromissione Skuludis deplorare linguaggio.

Chronos, organo di Gunaris, scrive articolo pieno di violenze sarcasmi contro paese ripetendo e ampliando parole Sokolis che dice interpretano sentimento opinione pubblica greca.

Venizelista Astir qualifica libello volgare discorso Sokolis e contro grande nazione sorella. Popolo greco esprime suo cordoglio per parole pronunciate contro Italia suo Re.

Patris dice presidente Consiglio commettendo errore non ritrattare parole Sokolis, espone Grecia alla necessità chiedere scusa Italia.

(l) Cfr. n. 465.

471

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 726/77. Washington, 17 febbraio 1916 (per. il 20 marzo).

La campagna presidenziale negli Stati Uniti per la quale i due partiti avversi designeranno i rispettivi candidati nelle solenni riunioni delle Convenzioni repubblicana e democratica da tenersi il prossimo giugno, s'è iniziata di fatto col discorso che l'onorevole Elihu Root ha pronunciato il 15 di questo mese in seno della Convenzione Statale Repubblicana di New York. Il signor Root è personaggio troppo noto perch'io abbia a dilungarmi intorno a lui. Più volte Ministro, Segretario di Stato sotto l'amministrazione Taft, e sino all'anno scorso senatore, egli è una delle figure preminenti del partito Repubblicano. Il suo nome conterà con ogni verosimiglianza fra i candidati del partito, e, se non sarà il prescelto, lo si dovrà più che altro alla età avanzata dell'uomo.

Il discorso ch'egli ha pronunciato determina la piattaforma dell'opposizione al signor Wilson. Eo avuto più volte occasione di segnalare a V. E. ch'è sul terreno della politica estera che il partito repubblicano avrebbe mosso guerra al Presidente. Il discorso Root lo conferma ampiamente. Il Messico e l'attitudine degli Stati Uniti nel conflitto europeo, dalla mancata protesta per la violazione della neutralità del Belgio all'ormai storico episodio del Lusitania sono presi specialmente a motivo dal partito repubblicano per denunciare le incertezze, i tentennamenti, le dedizioni e le tristi conseguenze dell'infelice politica del signor Wilson, e, per rivendicare il diritto del paese di essere sorretto da un governo che della sua dignità, dei suoi veri interessi e del posto che gli compete nel novero delle grandi nazioni civili abbia più esatta coscienza.

Il discorso del signor Root merita di essere letto attentamente, non tanto per trovarvi la conferma, superflua ormai, delle facili critiche mosse ovunque alla politica del signor Wilson (se può così chiamarsi l'infelice giuoco di equilibrio da lui seguito con risultato lacrimevole per il prestigio degli Stati Uniti) quanto per il fine ch'esso persegue di svegliare l'addormentata coscienza nazionale del popolo americano e quanto, soprattutto, perché esso manifesta il programma che, nei rapporti con l'estero, seguirebbe il partito repubblicano se, come tutto lascia supporre oggi, fosse destinato a riafferrare il potere.

Le parole del signor Root hanno suscitato impressione profonda ed hanno avuto risonanza nel paese. Non escludo ch'esse possano modificare, nelle gravi questioni in cui si trova impigliato, l'atteggiamento presente del signor Wilson il quale ha mostrato già, con altri cambiamenti repentini, di saper scalzare il terreno dell'opposizione, appropriandoselo. Valga, fra tutti, il programma degli armamenti che, ripudiato sino a un anno fa, è oggi da lui sposato al punto di intraprendere viaggi nell'interno per convincere, colla sua eloquente parola, le popolazioni dubbiose o restie.

Del come si svolgerà la campagna elettorale e dei nomi destinati a figurarvi, mi propongo di riferire più innanzi all'E. V. Posso anticipare intanto che sembra raggiunto l'accordo fra il partito repubblicano e il partito progressista, alla cui scissione nelle elezioni ultime fu dovuto il trionfo del partito democratico, che era effettivamente in minoranza di voti. Teodoro Roosevelt, che di quella scissione fu autore, ma che non s'è stancato mai in seguito dallo spiegare la bandiera della più violenta opposizione al Wilson e che ha proseliti ogni giorno più devoti e convinti, torna a suonare come candidato certo, e come possibile, se non tuttora probabile prescelto. Roosevelt, Root e Hugues (uno stimato membro della Corte Suprema Federale) formano sino ad oggi la terna sulla quale dovrebbe pronunciarsi la Convenzione repubblicana. Nel partito democratico, a sua volta, non v'è, per ora chi contrasti apertamente la rielezione del signor Wilson. Ma contro di lui congiura nell'ombra il signor Bryan e congiurano altre personalità del partito, compresovi il Presidente della Camera, signor Champ Clark. E non stupirebbe che la scissione che costò nelle elezioni precedenti la sconfitta dei repubblicani, debba essere annoverata fra le debolezze con le quali si affacceranno questa volta alla lotta i democratici.

Si è del resto alle prime avvisaglie. La situazione è suscettibile di variazioni improvvise. Di certo v'è per ora questo: che la politica americana del quarto d'ora riflette le speculazioni elettorali di entrambi i campi, delle quali è fatta schiava. Ciò che occorre tener presente per ovviare al pericolo di perdersi nei suoi labirinti.

472

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 43/15. Le Hàvre, 17 febbraio 1916.

La pubblicazione della dichiarazione anglo-franco-russa a favore del Belgio è stata ritardata di più di 24 ore in attesa del consenso di Tokio per pubblicare nello stesso tempo il comunicato giapponese analogo a quello autorizzato da V.E.

Secondo le Sue istruzioni telegrafiche Le ho inviato ieri l'altro sera d'urgenza per telegrafo il testo completo della comunicazione al momento che veniva fatta alla Agenzia Havas (l). La pubblicazione sui giornali belgi e francesi è avvenuta solo nel pomeriggio di ieri.

Nella risposta del barone Beyens al passo dei miei colleghi dell'Intesa è da rilevare l'assicurazione che il Belgio proseguirà la guerra cogli Alleati sino alla vittoria. Ciò vale, implicitamente, la sua adesione al patto di Londra 5 settembre 1914; adesione che non ha avuto luogo sinora pei motivi indicati nei miei rapporti 5 novembre e 30 dicembre p.p. n. 76 e 99 (2).

La pubblicazione ha prodotto ottima impressione fra i belgi di qui, rianimerà quelli in patria e aumenterà la fiducia di tutti nell'azione del Governo.

Non v'è dubbio che è un successo del nuovo ministro degli affari esteri, il quale ha ottenuto queste nuove solenni garanzie dalle Potenze dell'Intesa, quantunque esse le avessero ripetutamente date anche nei rispettivi Parlamenti. Sulla nostra dichiarazione non ho ancora inteso far commenti.

L'azione del barone Beyens ha trovato terreno favorevole a Londra dove si tiene a far cosa gradita al Belgio. In ciò può darsi che entri pure la considerazione d'evitare che il Governo belga ascolti le offerte di pace che gli vengono fatte indirettamente. Di queste il Governo belga ha dovuto avvalersi per appoggiare la domanda della dichiarazione. L'iniziativa di raccomandarla agli alleati è stata presa da sir Edward Grey. In questo senso, sembrami, deve intendersi ciò che mi disse il barone Beyens, e che ebbi l'onore di riferire a V. E. coi miei telegrammi, sull'origine della dichiarazione. Ho saputo che il testo di essa fu preparato dal ministro degli esteri belga e leggermente modificato a Parigi e Londra.

I negoziati furono condotti in gran segreto dapprima a Londra e poi a Parigi direttamente dal ministro degli esteri col Signor Jules Cambon. I miei colleghi di Francia e Gran Bretagna ne vennero informati tardivamente; essi si dolsero di ciò col Ministro. Anch'io, che ne ebbi notizia dopo di loro, me ne lamentai con lui.

473

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 44/16. Le Hàvre, 17 febbraio 1916.

Con telegramma gab. n. 8, in data 14 corrente (3), ho avuto l'onore di informare V. E. circa la dichiarazione che il Governo belga desidererebbe ottenere dalla Francia e dalla Gran Bretagna anche per l'integrità della colonia del

Congo; l'Italia, quale potenza coloniale in Africa, sarebbe invitata dai Gabinetti di Londra e di Parigi ad associarvisi.

Poiché le pratiche per ciò sono state fatte per desiderio del Re, bisogna aspettarsi che il Governo belga insista e che sir E. Grey, sempre più disposto ad accogliere le domande del Belgio, raccomanderà vivamente questa nuova domanda al signor Briand, ed, avendone il consenso, entrambi pregheranno V. E. di fare con loro la desiderata dichiarazione.

Di garanzie ed assicurazioni per il possesso del Congo, non vi sarebbe veramente bisogno, poiché furono già date per iscritto ai primi tempi della guerra dal ministro d'Inghilterra a Bruxelles il quale rimise la relativa comunicazione al ministro belga degli affari esteri in Anversa, in presenza del rappresentante francese: questi dichiarò che il Governo della Repubblica aderiva.

L'E. V. sarà, forse, stata informata di ciò dal mio predecessore; non posso verificarlo, essendo gli archivi della R. Legazione rimasti a Bruxelles. La comunicazione inglese non fu resa pubblica: essa è della metà di settembre 1914.

Dell'opportunità di soddisfare al nuovo desiderio belga è giudice V. E. Mi limito a sottoporre alla Sua attenzione che la probabile discussione per queste garanzie congolesi ci permetterebbe di sorvegliare gli impegni che tra i nostri alleati sono stati o saranno presi per l'Africa. Ignoro se negli accordi a Londra della fine dello scorso aprile, per il nostro intervento nella guerra vi siano clausole per la tutela dei nostri interessi e del nostro avvenire nell'Africa.

Per quanto riguarda il Belgio, riferii, nel predetto telegramma n. 8 ciò che mi disse il Ministro degli Affari Esteri riguardo a possibili compensi promessi al Belgio in Africa per la sua cooperazione militare al Camerun e nella regione del Tanganika. Egli mi sembrò sincero nel negare l'esistenza di promesse o stipulazioni in proposito. Né i miei colleghi dell'Intesa mostrano di saper nulla.

Se non che il ministro degli affari esteri, barone Beyens, fece accenno a rettificazioni di confine che potrebbero, al più, aver luogo, e perciò non è da escludersi che, in avvenire, prima forse del termine della guerra, qualche intesa per modificazioni territoriali in Africa possa essere stabilita.

I desiderii dei belgi per il Congo, consisterebbero anzi tutto nell'acquisto, nel Basso Congo, della riva destra del fiume territorio di Cabinda -che, posto sull'Atlantico tra due dei principali centri della loro colonia, crea ostacoli e controversie.

Dovrebbe per ciò il Governo belga intendersi col Portogallo facendo parte quel territorio dell'Angola.

(l) -Cfr. n. 462. (2) -Non pubblicati. (3) -Cfr., n. 455.
474

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 435/71. Atene, 18 febbraio 1916, ore 14,10 (per. ore 21,15).

Prossima venuta ad Atene del generale Sarrail dà luogo nella stampa e nei circoli politici e diplomatici a dicerie sugli intenti di tale visita, sostenendosi da molti che egli abbia la m1sswne riprendere con pertinace vigore la politica non mai abbandonata da questa legazione di Francia (malgrado tutte le dichiarazioni ufficiali al riguardo) di spingere la Grecia all'uscita dalla neutralità. Ministro di Francia mi ha assicurato che non vi è nulla di vero in ciò, che l'unico intento di Sarrail visitando Re Costantino si è di appianare con una franca discussione, di natura strettamente militare, le difficoltà che ancora sussistono per la coesistenza in Macedonia greca dell'esercito anglo-francese con quello greco.

D'altra parte è innegabile che oltrepassata ormai la grave crisi cui questo paese fu sottoposto fin dal primo giungere delle forze straniere sul suo territorio, allontanatosi il pericolo di un attacco a Salonicco o ad ogni modo esclusa l'eventualità dapprima creduta che forze anglo-francesi dovessero irrimissibilmente essere gettate in mare, aumentatesi tali forze in modo considerevole, notasi nel Re Costantino un certo cambiamento di umore. Il suo ultimo colloquio col ministro di Francia fu dei più cordiali e Sua Maestà accolse con evidente soddisfazione l'annunzio della visita del generale Sarrail. Il discorso Gunaris (mio rapporto 56) (l) lasciante, contrariamente a quello di Skuludis, una porta aperta per l'uscita della Grecia dalla neutralità, è tuttora presente alla memoria e commentato. Non manca poi chi asserisce che il Re Costantino si tenga in contatto con Venizelos ed abbia con lui frequenti e segreti colloqui. Si tratta per ora di lievi indizi ma non è dubbio che se essi hanno qualche fondamento prenderanno corpo in occasione del colloquio del Re con Sarrail qualunque sia stato originariamente il motivo di esso.

475

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 434/72. Atene, 18 febbraio 1916, ore 17,30 (per. ore 6,25 del 19).

Ho parlato col ministro degli affari esteri nel senso indicato telegramma

V. E. gabinetto n. 271 (2). Egli mi è parso profondamente impressionato dalle mie parole. Ha tentato ripetermi motivi già addotti, ma io gli ho replicato che gli urli

e invettive di cento deputati ci avrebbero meno impressionato del suo silenzio.

R. addetto militare ha accettato con perfetta deferenza il consiglio da me datogli a nome dell'E. V.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 465, nota 2.
476

IL CONSOLE A DURAZZO, PIACENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 437/26. Durazzo, 18 febbraio 1916, ore 18,15 (per. ore 20,45).

Essad ha diretto ieri al generale Ferrera ed a me due note che riassumo. Nella prima conferma la presenza attorno a Durazzo di forze austriache molto superiori alle nostre, coadiuvate da irregolari cattolici austriacanti e musulmani partigiani dei giovani turchi in numero di circa quindicimila continuamente aumentati sotto la pressione della propaganda del denaro nemico; ritiene nostra artiglieria inutilizzabile se nemici attaccano di notte; consiglia di non fare troppo assegnamento su flotta causa la stagione invernale e frequente impossibilità di permanenza delle navi nella rada di Durazzo. Conclude perciò invocando invio di forze sufficienti difesa, prevedendo in caso contrario «tristi e penose conseguenze».

Nella lettera a me, dopo riassunta la nota precedente, scrive che stante la grande vicinanza dei nemici egli, uniformandosi alle misure adottate dagli altri Governi in casi analoghi, decise trasferire provvisoriamente il Governo a Fieri. Prega perciò di usargli grande favore di mettere a sua disposizione al più presto possibile piroscafi per trasportare personale Governo a Semeni.

Generale Ferrera ed io abbiamo lungamente spiegato ad Essad situazione e le ragioni eminentemente militari della resistenza. Egli però ha insistito per l'inoltro a V. E. della sua domanda di trasferirsi a Fieri, aggiungendo che in caso negativo si vedrebbe nella necessità di rivolgersi alla Francia per il suo trasporto in luogo sicuro (vedi mio telegramma 21) (1), pur riaffermando il suo vivo desiderio di dovere anche questa volta all'Italia la sua salvezza.

Certo la condizione di Essad è assai precaria; senza soldati, rimastogli soltanto Governo Durazzo dove suo potere è di fatto reso quasi nullo della presenza nostro generale regolante per superiore necessità militare ogni atto della vita della scarsa popolazione rimasta entro le nostre linee, con la minaccia continua a cadere in mano ai suoi nemici che vendicherebbero certo in lui impiccagione capi insorti giugno scorso.

Visto quindi lo scarso aiuto che nelle presenti circostanze ci viene da Essad e visti i vantaggi che potrebbero derivarci dallo avere le mani assolutamente libere nel paese senza inciampi formali che la presenza di Essad ci procura,

V. E. giudicherà se la domanda di Essad, se non per Fieri almeno per lasciare Durazzo, sia da prendersi in considerazione, anche perché il pericolo per Essad esiste realmente, mentre occorre ai nostri fini futuri in Albania che egli sia salvato e si allontani da Durazzo con nostro aiuto e in modo onorevole.

Prego V. E. darmi istruzioni (2).

(l) -Cfr. n. 453. (2) -Sonnino rispose con t. gab. 281/25 del 19 febbraio, ore 10,45, quanto segue: «Vista domanda Essad ritengo opportuna una sua immediata venuta in Italia e dispongo conseguentemente che R. marina mandi subito costà mezzo italiano a questo scopo. Prego annunciarmi telegraficamente imbarco Essad >>.
477

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. GAB. 279. Roma, 18 febbraio 1916, ore 20,40.

Mio telegramma gabinetto n. 258 (l).

Da più parti è confermata voce del ritiro del Senusso a Giarabub, ritiro che era appunto una delle condizioni poste dal generale Maxwell al Senusso per poter discutere sulla proposta di trattative fatte da quest'ultimo. Un accordo tra Senusso e Inghilterra all'infuori di noi non potrebbe attualmente essere da noi considerato che come atto non amichevole e contrario in modo assoluto ai nostri interessi.

Indipendentemente da ciò è opportuno definire sollecitamente questione accordo italo-inglese per il Senusso. Prego V. E. intrattenerne codesto Governo e telegrafarmi una risposta che mi auguro favorevole e conclusiva (2).

478

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (3)

T. GAB. 280. Roma, 18 febbraio 1916, ore 21.

Ho riferito a Barrère dei ripetuti accenni che si facevano da qualche tempo per parte francese e serba a che gli albanesi seguaci di Essad che lasciassero Durazzo dovessero raccogliersi a Corfù per essere riuniti ai serbi e ai montenegrini; aggiungendogli che io era contrario in massima a tale progetto. Avevo già risposto a Essad che ci aveva chiesto se poteva eventualmente rifugiarsi in Italia, che eravamo dispostissimi ad ospitarlo, lui e i suoi aderenti o seguaci. La situazione degli armati albanesi essere assai diversa da quella delle truppe di leva serbe e montenegrine; e il volerli concentrare tutti insieme a Corfù avrebbe dato facilmente luogo a dissidi e contese. La situazione poi dell'Albania centrale essere definita in modo speciale dalla convenzione di Londra, e non conveniva incoraggiare direttamente o indirettamente le mire serbe o montenegrine a suo riguardo.

Quanto precede per opportuna norma di linguaggio di V. E.

(l) -Cfr. n. 461, nota 2. (2) -Per la risposta cfr. n. 521. (3) -Ed. In Sonnino, Diario, cit., p. 319.
479

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. 428. Roma, 18 febbraio 1916, ore 21,30.

Barrère mi ha chiesto se volevo che la Francia trattasse con l'Austria-Ungheria pel tramite degli Stati Uniti, perché essa restituisse il nostro agente consolare di Antivari contro la consegna del console austriaco arrestato a Salonicco (2).

Ho risposto che ringraziavo della cortese offerta ma che mi pareva pericoloso mettersi su questo terreno di scambio di consoli. Avevo già protestato contro l'arresto del nostro agente consolare di Antivari, arresto che non aveva giustificazione di sorta, non avendo noi fatto nulla di simile verso nessun rappresentante consolare austriaco.

480

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 806/153. Londra, 18 febbraio 1916, ore 22,11 (per. ore 7,40 del 19).

Nella discussione di ieri un deputato armatore ebbe a dire non avere Italia diritto chiedere navi britanniche perché, essendo in guerra solo con AustriaUngheria, non aveva requisito navi germaniche nei proprii porti. Questa asserzione contraria al vero non fu rettificata da Runciman nel suo discorso.

Avendo dovuto oggi conferire con lui per la questione dei marmi, ho, previa intesa con Mayor, attirata attenzione di Runciman su omissione che doveva ritenersi involontaria, consegnandogli nuovo particolareggiato elenco, fornitomi dall'addetto navale, delle navi germaniche requisite dal R. Governo. Runciman mi ha detto che, il discorso del deputato essendo durato due ore, egli erasi momentaneamente assentato dalla Camera e pertanto eragli sfuggita erronea osservazione che ha promesso provvederà a rettificare in risposta ad una interrogazione che si farà rivolgere prossimamente.

Runciman ha detto che mi avrebbe inviato i dati statistici dimostrando che del lamentato aumento dei noli armatori neutri ed italiani hanno profittato in proporzione maggiore degli inglesi. Ha aggiunto che, ad onta delle amare lagnanze nostri giornali, specialmente della Tribuna, egli non sarebbe entrato ieri in quell'argomento se deputato interpellante non avesse sostenuto che Inghilterra profittava dell'occasione per arricchirsi a spese delle sue alleate. Sotto questa falsa impressione non era possibile lasciare Camera ed opi

nione pubblica in Inghilterra ed all'estero, donde protesta di Balfour e rilievi suoi in base predetti dati statistici.

Nel corso della conversazione, a proposito prossima conferenza (probabilmente martedì) itala-francese-britannica, Runciman mi ha rinnovato promessa, già datami, di scrupolosa eguaglianza nell'assegnazione piroscafi alla Francia ed a noi.

Circa questione marmi mi ha dato buone speranze, ma mi riservo di riferire al riguardo quando esse si saranno trasformate in affidamento concreto.

Runciman mi ha da ultimo annunziato, con grande compiacimento, che negoziati in corso (io nulla ne sapevo) fra rappresentante Credito italiano ed alta finanza inglese sono a buon punto ed accordo è alle viste.

(l) -Ed. !n SONNINO, Diario, c!t., pp. 319-320. (2) -Cfr. n. 255.
481

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 440/73. Atene, 19 febbraio 1916, ore 12 (per. ore 22).

Ho trovato ministro di Francia grandemente irritato per la notizia giunta ieri qui circa nuova violazione avvenuta del territorio greco da parte anglofrancese coll'arresto a Chio dei consoli nemici e di alcuni sudditi greci. Ministro di Francia dice che queste azioni sono in aperta contraddizione colle istruzioni da esso costantemente ricevute di blandire Grecia e assicurarla che periodo di vessazioni è chiuso. Egli aveva ottenuto che il Ministero intero accettasse di assistere banchetto che egli offre lunedì in occasione venuta Sarrail. In seguito anzidetta notizia ministri gli hanno fatto sapere che non sarebbero più intervenuti.

Alla Camera quei nuovi atti di violenza furono oggetto di una interpellanza e di dichiarazioni di Skuludis, ma la moderazione del linguaggio tenuto fa penoso contrasto colle ingiurie lasciate pronunziare quattro giorni fa contro Italia.

482

IL CONSOLE A DURAZZO, PIACENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 442/29. Durazzo, 19 febbraio 1916, ore 20 (per. ore 3,45 del 20).

Durazzo 19 febbraio ore 14.

Mio telegramma n. 26 gabinetto (l) già partito quando giunsero telegrammi di V. E. 21 e 22 (2) e telegramma del ministro della Guerra al generale Fer

rero comunicante autorizzazione R. Governo per la partenza di Essad per l'Italia con mezzo italiano (l).

Intanto Essad nel pomeriggio di ieri aveva visitato con generale Ferrera nostre posizioni avanzate constatando con viva compiacenza l'entità dei lavori compiuti in pochissimi giorni da truppe poco numerose.

Stamane mi sono recato da lui a comunicargli che R. Governo metteva a sua disposizione nave italiana per recarsi in Italia. Lo ho però esortato a riflettere incoraggiandolo ad aver fede in noi; facendogli considerare necessità di tener alto suo prestigio personale e assicurandolo circa sua salvezza nel caso d'imminente pericolo. Sull'animo di Essad sentimento onore ha prevalso ed egli mi ha risposto che da soldato rimarrebbe a fianco del nostro generale e delle nostre truppe fin quando sarà possibile. Resterebbe quindi sospesa ogni decisione circa sua partenza e circa suo trasferimento a Fieri. Essad mi ha però ripetuto che suoi informatori concordi confermano nostra situazione difficilissima per stridente sproporzione tra numero assalitori e numero nostri soldati di cui circa un migliaio messi fuori servizio da epidemia colerica. Stando così le cose è mio dovere rappresentare a V. E. che danno politico nostro sgombero Durazzo. ripercussione che esso avrebbe nel nostro paese e affrettamento minaccia nemica su Valona sarebbero evitati se si volesse tornare su decisione presa e inviare a Durazzo oltre truppe sostituenti ammalati anche altri tre o quattro mila uomini cosa che non può non sembrare fattibile di fronte ai grandi vantaggi politico-militari che arrecherebbe.

Ho comunicato quanto precede al generale Bertotti (2).

(l) -Cfr. n. 476. (2) -T. gab. 268/21 del 16 febbraio e t. gab. 277/22 del 18 febbraio non pubblicati: comunicavano la favorevole disposizione del governo italiano ad accogliere In Italia 1 soldati di Essad.
483

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROG RADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 287. Roma, 19 febbraio 1916, ore 21.

Questo ambasciatore d'nghilterra mi ha comunicato che sir Ed. Grey, in vista del fatto che le tre potenze hanno ora tutte sbarcato truppe a Corfù, ritiene sarebbe desiderabile, e smusserebbe le suscettibilità, se i Governi italiano britannico e francese dessero subito al Governo greco una assicurazione formale e collettiva che lo sbarco delle truppe alleate non è diretto in nessun modo a sminuire i diritti sovrani della Grecia nell'isola e che questa misura è stata presa unicamente in causa di una urgente necessità ed ha carattere puramente provisorio relativo ad una emergenza improvvisa ed inaspettata.

Ho risposto a sir Rennel Rodd che dato il contegno poco soddisfacente, anzi addirittura scorretto, del ministro degli esteri Skuludis nella Camera greca

)53

in occasione delle volgari ingiurie dirette contro l'Italia ed a S. M. il Re dal deputato Sokolis, non mi parrebbe oggi opportuno fare un nuovo passo, che del resto appare superfluo, per ripetere le assicurazioni già date dalle tre Potenze.

(l) -Non pubblicato. (2) -Con successivo t. gab. 443/30, delle ore 20, Piacentini chiese conferma a Sonnino degli ordini contenuti nel t. gab. 281/25 (cfr. n. 476, nota 1). Per la risposta cfr. n. 488.
484

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 446/71. Londra, 19 febbraio 1916, ore 23,08 (per. ore 7,10 del 20).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 263 (l).

Osservazioni di V. E. non potrebbero essere più opportune. Col vento oggi spirante in Inghilterra una lega con programma nettamente antiprotezionista troverebbe qui limitatissime aderenze e non sarebbe vitale. Avvocato Boston Bruce venutomi giorni fa a vedere mi intrattenne del noto progetto chiedendo mio parere. Premesso beninteso che io parlavo a titolo esclusivamente personale ignorando pensiero ed intenzioni di V. E. risposi essere ovvio che qualunque movimento destinato a consolidare cordialità relazioni itala-inglesi non poteva non aver mie simpatie. A titolo accademico osservai che se si vuoi fare opera seria e conseguire risultati pratici occorrerebbe a parer mio:

lo -che lega abbia carattere prettamente nazionale itala-inglese nel senso cioè di comprendere i rappresentanti di tutti i partiti politici di due paesi;

2° -che lasci fuori dal programma teoriche generiche affermazioni di principii in questioni politiche ed economiche, di competenza esclusiva del Governi, alcune delle quali suscettibili di controversie interne in Italia come in Inghilterra;

3° -che scopo precipuo essenziale sia di facilitare migliore e più esatta conoscenza della mentalità usi sistemi commerciali italiani ed inglesi preparando e favorendo così sviluppo di relazioni sulla base della reciproca cooperazione e del reciproco e identico tornaconto.

Avvocato osservò che tali concetti collimavano con impressione raccolta al Foreign Ojjice e che ne avrebbe riferito al suo amico onorevole de Viti. All'infuori di questa accademica conversazione io mi sono tenuto affatto estraneo al movimento qui iniziato dal predetto signore col concorso di pochi deputati radicali. Da informazioni pervenutemi in via indiretta avrei motivo di ritenere che idea in principio avrebbe incontrato favore al Foreign Ojjice specialmente presso sottosegretario di stato parlamentare lord Robert Ceci!. Il quale però avuto sentore del programma e delle tendenze limitate alle aspirazioni e tendenze di un solo partito, avrebbe rappresentato necessità modificare programma.

A me il progetto in tesi generale in se stesso pare eccellente e sarebbe peccato !asciarlo cadere. Poiché Rodd ne ha parlato a V. E., crederebbe ella utile io ne dica a titolo personale una parola a lord Robert esprimendogli concetti suaccennati qualora beninteso ella li approvi? (l).

(l) Cfr. n. 467.

485

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 821/53. Washington, [19] febbraio 1916, ore ... (per. ore 2,30 del 20).

Mio telegramma n. 48 (2).

Segretario di Stato ha dichiarato all'ambasciatore di Germania che questo Governo mantiene fermo riconoscimento del diritto navi mercantili armate a scopo difensivo; che la proposta sottoposta agli alleati circa il disarmo di dette navi non altera il principio riconosciuto dal diritto internazionale, né esime la Germania dal dovere del preavviso e della salvezza dei non combattenti prima di affondare la nave; che la Germania deve quindi modificare recente ordine dell'ammiragliato pel quale le navi mercantili armate sarebbero silurate senza preavviso; che questo Governo, sebbene consideri raggiunto l'accordo circa la vertenza Lusitania, non la dichiarerà chiusa prima di avere esplicita garanzia per l'avvenire e che perciò vuole sapere se la Germania intende mantenere impegno presò nella nota susseguente all'affondamento dell'Arabic e in quella relativa alla condotta dei sottomarini nel Mediterraneo.

Perdura in ogni sfera impressione profonda per il repentino, radicale mutamento di Wilson, sebbene il suo nuovo atteggiamento, liberando il paese dall'incubo di più gravi complicazioni cogli alleati, è accolto con generale sollievo.

Più sorpreso di tutti deve esserne il Governo tedesco che ha dimostrato con la sua mossa intempestiva di ritenere Wilson cosi bene impigliato nella rete tesagli da non potersene più svincolare. Con ciò intanto si riaprirà l'intera vertenza con Berlino.

486

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. PER CORRIERE RR. 462/74. Londra, 19 febbraio 1916 (per. il 23).

Telegramma di V. E. n. 250 (3). Dopo gli accenni amichevoli del novembre precedenti la firma del patto di Londra, né Grey né altri hanno mai fatto meco allusione diretta o indiretta

alla nostra situazione verso la Germania. Come V. E. avrà potuto rilevare dagli articoli da me segnalatile in occasione della visita di Briand, il Times ed altri giornali, più o meno ispirati, hanno accennato incidentalmente alla delicata questione in forma correttissima. Ovvia spiegazione del silenzio dei ministri francesi in Roma, accoppiato alla scrupolosa riserva qui meco serbata, potrebbe essere che i due Governi, per la piena fiducia dovutaci, convinti che la questione troverà a suo tempo naturale soluzione, intendono !asciarci soli giudici della scelta del momento, astenendosi dal crearci imbarazzi con premurose ed a noi sgradite insistenze. Ciò premesso mancherei al mio dovere se dissimulassi che nel grosso pubblico inglese, per la proverbiale unilaterale mentalità sua incapace di distinzioni e ravvisante nel tedesco l'unico vero nemico, la nostra situazione verso la Germania continua a provocare sorpresa e commenti. Di ciò profittano i nost1.1i nemici jugoslavi e gli energumeni, loro paladini, per seminare ad ogni occasione di!Ildenze, lanciare mostruose calunnie contro di noi (esempio l'articolo di Evans nel Manchester Guardian del 17 corrente circa il Montenegro). A me naturalmente nessuno osò né oserebbe fare al riguardo benché menoma allusione, ma, da quanto mi riferiscono connazionali più in contatto con il cosi detto man in the street preaccennata impressione si può dire universale. Eliminarla riesce tanto più malagevole in quanto la sua reale origine è piuttosto di ordine sentimentale ed essa serpeggia ma non viene mai chiaramente a galla. In questi ultimi tempi poi, il linguaggio di alcuni nostri giornali contro l'Inghilterra per la questione dei noli e trasporti, e le ripetute deplorazioni per gli insufficienti sforzi militari, hanno, secondo ho ragione di supporre, generato anche nei circoli governativi e parlamentari alquanta sorpresa. Ne ebbi fugace barlume in recenti vaghissime allusioni in via incidentale ed in colloquii privati fattemi da Grey alla inesatta valutazione da parte degli «alleati» dei molteplici pesanti sacrifici inglesi per la causa comune, alle persistenti ingiuste recriminazioni contro l'egoismo britannico ecc. ecc. Taccio poi di certe false impressioni venute da Roma su pretese correnti anglofobe prevalenti in certi circoli della capitale, perché, se esse producono un certo effetto nella così detta società, sono dal Governo e da quelli che sanno, valutate alla loro giusta stregua. In complesso a me sembra intuire che se le relazioni fra i due Governi nulla lasciano a desiderare, sia nondimeno per un verso o per l'altro sorta in questi ultimi tempi nella opinione pubblica italiana ed inglese qualche leggera nuvola che nell'interesse reciproco presente e futuro dei due paesi alleati ed amici, mi parrebbe desiderabile dissipare. Sul delicato argomento delle nostre relazioni colla Germania o su altri che ad esso avrebbero potuto condurre, ho creduto scrupolosamente astenermi dal prendere con chicchessia iniziativa di conversazione dando chiarimenti e spiegazioni non chiestimi. In tale contegno, salvo ordini contrari di V. E., conterei perseverare (l).

(l) -Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta che Sonnino abbia risposto. (2) -Cfr. n. 463. (3) -Cfr. n. 431.

(l) Per la risposta d! Sonnino cfr. n. 501.

487

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 288. Roma, 20 febbraio 1916, ore 13.

Prego E. V. esprimere a Sazonov mie vivissime felicitazioni per presa di Erzerum.

È probabile che S. M. il Re diriga a S. M. lo Zar un telegramma di felicitazioni su questo argomento come hanno fatto il Re d'Inghilterra ed il presidente della repubblica francese.

A questo proposito occorre osservare che, secondo hanno pubblicato i giornali francesi, lo Zar ha telegrafato il 15 febbraio al signor Poincaré le felicitazioni per l'aiuto accordato dalla Francia all'armata serba che si trova al riparo da ogni pericolo «grazie agli sforzi del Governo francese». Nessuna parola è invece pervenuta a S. M. il Re, mentre è noto quanto Italia, anche con proprio sacrificio, ha fatto per lo stesso scopo.

V. E. vorrà con il suo provato tatto fare opportunamente rilevare la cosa (l).

488

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CONSOLE A DURAZZO, PIACENTINI

T. GAB. 291. Roma, 20 febbraio 1916, ore 13.

Telegrammi di V. S. nn. 29 e 30 (2).

Nuove determinazioni di Essad modificano necessariamente istruzioni contenute nel mio telegramma 25 (3) che partivano dal presupposto che fosse Essad a desiderare perentoriamente di lasciare Durazzo. Conviene evitare trasferimento a Fieri, per non avvicinare Essad a Valona dove imbarazzerebbe.

Per imbarco di Essad lascio giudice autorità militare che vedrà che cosa sia più conveniente secondo la situazione militare e si metterà eventualmente in diretta comunicazione con il comando dell'armata per fornire al pascià il necessario mezzo italiano.

Avverto V. S. che ad ogni modo non converrà dare a partenza di Essad significato solenne di partenza del Capo dello Stato che ebbero quelle del Re di Serbia e del Re del Montenegro. Perciò è desiderabile che, salvo estrema necessità, V. S. e gli altri membri della legazione non lascino Durazzo con Essad ma soltanto successivamente a lui e con altro mezzo. Per stessa ragione il seguito di Essad che parte in sua compagnia dovrebbe essere il più possibile limitato salvo trasportarlo Italia in viaggi successivi.

(l) -Per la risposta di Carlotti cfr. n. 503. (2) -Cfr. n. 482 e 482 nota 2, p. 353. (3) -Cfr. n. 476, nota 2.
489

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. 457. Roma, 21 febbraio 1916, ore 10,45.

Prego smentire assurda notizia pubblicata da cotesta stampa essere situazione italiana sull'Isonzo molto critica ed avere noi dovuto abbandonare prima linea trincee. Nostra situazione sull'Isonzo è invece fortissima.

Tranne piccole posizioni senza importanza, delle quali si fece esplicita menzione nei bollettini di guerra, nessuna linea di trincee venne abbandonata, anzi con metodo fiancheggi e operazioni approccio si rettificano e si migliorano nostre linee.

490

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 454/26. Corfù, 21 febbraio 1916, ore 11,30 (per. ore 0,05 del 22).

In seguito al desiderio da me espresso, il generale Mondésir mi ha diretto una nota ufficiale relativa all'accordo fra noi due, con piena adesione di Marra, circa l'impiego dei carabinieri italiani a Corfù.

È detto in questo documento che gli alleati offrendo qui un asilo momentaneo alle truppe hanno contratto di fronte alla popolazione greca un impegno morale di sottrarla alle esazioni vessazioni e conflitti che potrebbero seguire nell'inatteso contatto comune con una massa molto considerevole di uomini, nella quale vi sono necessariamente elementi di disordine. A mantenere tale impegno sono stati finora e sono tuttora adibiti gendarmi francesi col compito di assicurare la polizia militare del porto, della città (salvo ciò che concerne le truppe greche), delle strade e dei villaggi vicini ai campi serbi.

Questo servizio sarà diviso tra i gendarmi francesi e i carabinieri italiani.

Inoltre per analogia col posto militare della gettata dell'Achilleion dove vi sarà fra poco un certo movimento di rifornimenti marittimi si pensa di installare degli appostamenti di carabinieri agli scali di Beniza e di Moraitika.

La nota finisce come segue:

« per quanto concerne servizio di contro spionaggio che giustamente vi interessa per la vicinanza di Valona ho organizzato un ufficio militare di informazioni diretto da uno dei miei ufficiali al quale è aggiunto un ufficiale di riserva inglese. Ritengo non vi sarebbe che vantaggio aggiungendo ugualmente uno dei carabinieri, con la riserva però che la direzione rimarrà al capitano della mia missione che è un ufficiale dello Stato Maggiore dell'esercito attivo».

Ho risposto per conto mio, dopo aver inteso generale Marro, ringraziando e accettando e sono ben lieto di questa soluzione perché questione stava per degenerare in grave e pericoloso conflitto.

La mia speranza è ora che l'E. V. l'approvi. Se così non fosse troverò il modo di dare alla mia accettazione un carattere personale e quindi non impegnativo per il R. Governo (l).

491

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 459/69. Bucarest, 21 febbraio 1916, ore 14,30 (per. ore 12,35 del 22).

Take Jonesco è stato ricevuto in udienza dal Re Ferdinando ed ha felicitato Sua Maestà della resistenza opposta alle pretese austro-tedesche di imporre un cambiamento di Ministero. Re di Romania ha risposto che tali pretese erano rimaste nel campo delle semplici allusioni senza prendere forma concreta pur essendo accompagnate da lamenti e recriminazioni, ma che in ogni caso egli si opporrebbe ad ogni ingerenza straniera negli affari interni della Romania, non intendendo che il paese torni nello stato in cui era all'epoca dei principi Fanarioti.

Take Jonescu ha ripetuto ancora una volta a Sua Maestà che qualsiasi Gabinetto che volesse seguire una politica favorevole agli Imperi centrali sarebbe immediatamente rovesciato.

Linguaggio del Sovrano ha dato al suo interlocutore una impressione di fermezza non disgiunta però da un certo scetticismo circa azione dell'Intesa e da una idea esagerata delle forze della Germania e da un eccessivo ottinismo circa perdite di uomini subite da essa Sua Maestà reputerebbe ad esempio che la Germania non abbia perduto tra morti feriti e prigionieri più di

600.000 uomini. Take Jonescu considera il Re come in perfetta buonafede, ma provvisto solamente di informazioni di fonte tedesca, e deplora che l'Intesa nulla opponga a questa propaganda presso capo dello Stato.

Da tutte le altre fonti mi risulta che in questi ultimi tempi i fratelli e le cognate del Re Ferdinando nonché i figli dell'Imperatore di Germania hanno ripreso ad assediare Sua Maestà con pressanti lettere per spingere la Romania a schierarsi a fianco degli Imperi centrali. Sempre da parte tedesca vengono poi continuamente fatte rimettere al Sovrano riassunti di telegrammi e di giornali (di cui trasmetterò colla prima occasione qualche esemplare all'E. V.)

allo scopo di falsarne il giudizio. A tale proposito debbo confermare che negli ambienti che avvicinano Sua Maestà si ripete continuamente che il grande sforzo austro-tedesco verrà fatto contro di noi. Filippesco è partito ieri sera per la Russia. Sabato è stato ricevuto dalla Regina Maria al quale gli ha dato una lettera per sua sorella la granduchessa Cirillo. Filippesco ha riportato una ottima impressione dalla conversazione avuta colla Regina. Bratianu vede il viaggio di Filippesco in Russia senza entusiasmo.

Prego mantenere segreto su quanto precede.

(l) Sonnino rispose con t. gab. 297 del 22 febbraio, ore 16, quanto segue: «Non ho obiezioni circa le note scambiate da V. S. col generale Mondésir. Dovrà però restare ben inteso e stab!l!to che i RR. carabinieri addetti sia al servizio di polizia sia a quello delle informazioni non debl:jano mai essere mandati in territorio greco e occupato dai greci fuori dell'isola di Corfù. A questa riserva sono indotto dagli ultimi incidenti della Camera greca e dallo stato attuale delle relazioni italo-elleniche ».

492

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, E A BUCAREST, FASCIOTTI (l)

T. GAB. 294. Roma, 21 febbraio 1916, ore 20.

Coromylas essendosi mostrato dolente dell'incidente Sokolis avvenuto alla Camera greca (2), pur professando di non essere bene informato di tutte le circostanze del fatto e avendo accennato alle pretese spiegazioni date da Skuludis a De Bosdari (3) con espressioni di lamento sulla durezza della mia nota, gli ho risposto ripetendogli che la mia impressione sincera sul contegno del capo del governo ellenico in quella occasione era stata ed era tuttora quella di sorpresa a insieme di disgusto. Le spiegazioni date a De Bosdari non giustificavano nulla, perché non si può lasciare insultare un paese e un Sovrano amici pel solo desiderio di evitare qualche incidente o qualche rumore parlamentare. Di fronte alle intemperanze della stampa il Governo greco era solito scusarsi col dire che manca di poteri per mettervi freno; esso aveva avuto dunque di fronte alle intemperanze del Sokolis alla Camera una buona occasione per assumere una attitudine corretta e conciliante in correlazione con quella che era sempre stata la nostra. Non l'ha voluto. Esso sembrava invece credere opportuno, nel momento in cui mostrava di volersi riavvicinare alla Francia e all'Inghilterra, di accentuare la sua condotta malevola e aggressiva verso l'Italia. Deploravo tutto questo ma non sapevo che farci. Non avevo messo avanti nessuna esigenza, contentandomi di esprimere il mio sentimento. Avevo detto a Coromylas nella nostra precedente conversazione che per riguardo a lui e a Skuludis avrei forse, pur senza prenderne alcun impegno, non aumentato il numero dei carabinieri componenti la prima spedizione. Dopo il contegno dello Skuludis non mi ritenevo ora più vincolato a checchessia e avrei agito secondo le sole convenienze nostre e degli alleati. Non avevo oggi nessun consiglio da dare.

(l) -Ed. In SONNINO, Diario, clt., pp. 320-321. (2) -Cfr. n. 464. (3) -Cfr. n. 465.
493

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

L. P. Roma, 22 febbraio 1916 [mattina].

In questi giorni è interceduta fra il re, il generale Cadorna e me, una corrispondenza telegrafica, in seguito alla quale si è stabilito che alla conferenza preparatoria militare indetta dal generale Joffre pel 1° marzo, sarebbe intervenuto, in rappresentanza del generale Cadorna, il generale Porro, riservandosi il Cadorna d'intervenire insieme a chi rappresenterà il governo nella successiva conferenza politico-militare. Mi è parso bene di far così per evitare anticipate mezze compromissioni del comando supremo; mentre Porro non potrà che impegnarsi a riferire sia al governo sia a Cadorna.

Porro trovandosi qui per una commissione militare venne da me ieri sera; chiederà di vederti in giornata o domani. Vorrebbe intonarsi col governo prima di andare a Parigi. Egli prevede che gli chiederanno insistentemente l'intervento nostro a Salonicco, sia pure con forze esigue: per esempio un reggimento o una brigata di alpini. Io osservai che, su tale base, il nostro intervento non avrebbe potuto essere richiesto se non col fine di farci sparare contro i teleschi; e ciò Porro ammise. Ma egli, come tutto lo Stato Maggiore, ha la tendenza favorevole alla nostra partecipazione a Salonicco. Io penso invece che -appunto perché il fine, pel quale essa ci è richiesta, è più politico che militare -la decisione spetti a noi, governo. Ad ogni modo, se guerra dichiarata deve essere contro la Germania, il momento per costringerci a dichiararla, o a farcela dichiarare, non deve essere scelto da un generale francese, cioè dal comandante delle forze alleate a Salonicco. Se tu la pensi come me, bisognerà dire a Porro che, circa la eventuale partecipazione a Salonicco, egli non debba prendere alcun impegno, neanche condizionato. Avrà sempre una buona ragione nella importanza delle forze da noi impegnate in Albania.

Con Porro non si parlò punto né di Durazzo né di Valona. Ma io sono sempre angosciato dal quesito: «Che cosa facciamo a Durazzo?» Essad e i suoi vogliono andarsene. Lo abbiamo trattenuto, a quanto risulta dagli ultimi telegrammi che ho letti, ma per quanto tempo ancora? Si aggiunga il colera,

o gastro-enterite che sia, che diminuisce le nostre forze e temo accresca le difficoltà di uno sgombero frettoloso. Si aggiungono le crescenti difficoltà della navigazione anche nell'Adriatico meridionale. In questi ultimi giorni abbiamo avuto tre affondamenti per mine, fortunatamente di piccole navi. Il re, in un telegramma di ieri che riguardava altri argomenti, conclude manifestando la sua preoccupazione per la situazione delle nostre truppe a Durazzo.

Io temo che assumiamo una grave responsabilità non decidendoci allo sgombero, se questo, come pare, è inevitabile. Meglio farlo ora senza fretta precipitosa e prima che la Camera si aduni. Tutti sanno che noi concentre

remo la resistenza a Valona; e su questo punto concordo pienamente con te nel non ammettere dubbii né risparmio di mezzi. Di altre cose minori parleremo quando ci vedremo. Se vuoi, potremmo vederci oggi nel pomeriggio o domattina.

(l) Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SoNNINO, Carteggio, clt., n. 509.

494

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (l)

L. P. Roma, 22 febbraio 1916 [mattina].

Ricevo la Tua oggi (2). Porro ha chiesto or ora quando poteva ve dermi, e ho fissato per oggi alle 17,30 alla Consulta. Approvo che vada lui per la riunione preparatoria a Parigi, piuttosto che Cadorna che dovrebbe intervenire a quella deliberativa. Mi propongo dire a Porto che esamini le varie ipotesi di possibili azioni coordinate degli alleati, ma dal punto di vista strettamente militare, approfondendo le possibilità e disponibilità di ciascuno e la praticabilità di qualche azione comune al di fuori delle rispettive fronti nazionali di ciascuno.

Per Durazzo non ho fatto alcun passo dopo l'ultima volta che ci parlammo. È stato Bertotti che di sua iniziativa ha trattenuto Ferrero dicendogli che a lui la situazione non risultava così grave; e Piacentini che di sua iniziativa ha persuaso Essad a rinviare la sua partenza. I tre telegrammi miei relativi a Essad (3) arrivarono in ritardo e tutti e tre insieme. Io non mi sono occupato che di assicurare che Essad venga via sopra una nave italiana, e non francese. Credo che il miglior partito sia di lasciar decidere la questione di Durazzo esclusivamente dal comando militare di Valona, secondo le mutevoli vicende della situazione locale albanese.

Venendo da Te nel pomeriggio, temo che con la visita di Porro non si abbia il tempo di chiacchierare. Sarà meglio fissare per domani mattina. Ti va le 10? oppure le 10,30?

495

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 183/61. Madrid, 22 febbraio 1916 (per. il 5 marzo).

La trasmissione per mezzo del Governo spagnuolo al Re del Montenegro della domanda dei ministri montenegrini rimasti in paese, d'esser muniti dei poteri necessari per negoziare la pace con l'Austria, non è ancora avvenuta,

anzi da quanto ho potuto sapere la cosa non ha fatto alcun passo in questi ultimi giorni. Il presidente del Consiglio ha dichiarato spontaneamente a questo ambasciatore di Francia che il Governo spagnuolo avrebbe fatto in questo argomento né più né meno di quello che volesse il Governo francese, e sembra che egli mantenga la sua parola. Il Governo francese infatti ha fatto capire qui che esso preferisce che la comunicazione dei ministri montenegrini non si trasmetta, e non sembra ormai che il Governo spagnuolo si presti a trasmetterla.

Secondo il telegramma da Pietrogrado (l) comunicatomi dall'E. V. il Re di Spagna sarebbe stato desideroso di assumere la parte che gli si offriva d'intermediario. La cosa può apparire verosimile per due ragioni, la prima che Re Alfonso anela costantemente a rappresentare una parte attiva nei gravissimi avvenimenti ai quali assiste, la seconda che Egli, forse non rendendosene interamente conto, subisce assai l'influenza della Regina Madre e del suo entourage tutto devoto agli interessi austriaci. In questa occasione però mi risulta in modo indubbio che la iniziativa fu tutta del Governo austriaco e chè essa trovò presso questo Governo, e senza che vi fosse nell'atteggiamento di questo la minima esitazione, la più fredda accoglienza. Appena questo Governo ebbe notizia della domanda dei ministri montenegrini e pare realmente che ne avesse la prima notizia dal singolare comunicato del principe di Fiirstenberg riferito dal mio rapporto n. 142/49 del 13 corrente (2), il signor Villanueva chiamò il signor Geoffray per dichiarargli che l'autorizzazione all'ambasciatore di Spagna a Vienna di ricevere la comunicazione dei ministri montenegrini non sarebbe data se non dopo averne informato il Governo francese e che questa condizione preliminare era stata posta fin dal primo momento al Governo di Vienna. Questo avendola accettata e l'Ambasciatore di Francia essendo stato informato della cosa, il signor Castro y Casaleiz ebbe l'autorizzazione di trasmettere la comunicazione dei ministri montenegrini. Non risulta chiaro se il signor Castro dovesse trasmetterla al suo collega a Parigi ovvero a Madrid al suo Governo, ma sta in fatto che intervenne poi la esplicita dichiarazione del conte di Romanones che ho sopra riferito, che il Governo francese fece sapere all'ambasciata di Spagna a Parigi che la trasmissione della comunicazione al suo alto indirizzo non gli sarebbe riuscita gradita e che a quanto si sa qui la cosa non ebbe altro seguito. Il fiasco della manovra austriaca non poteva come opportunamente osserva il Temps del 21 essere più completo. Quanto essa sia dispiaciuta a questo Governo lo si può rilevare dal tono insolitamente asciutto dei due comunicati ufficiosi di cui ho inviato il testo con il mio rapporto n. 49 del 13 corrente. La stampa di qui evidentemente per raccomandazione venuta dall'alto non si occupò affatto dell'incidente, ma sarebbe molto opportuno che come questo venne rilevato dalla stampa francese cosi lo fosse anche dalla nostra poiché esso mette in buona luce i raggiri talvolta ingenui della diplomazia dei nostri nemici.

(l) -Da BCL, Archivio Salandra, ed. in SoNNINo, Carteggio, clt., n. 510. (2) -Cfr. n. 493. (3) -Cfr. n. 488 e n. 476, nota 2. Il terzo telegramma è 11 t. gab. 277 del 18 febbraio, non pubblicato, con 11 quale Sonnino comunicava che Il Governo ltallano era disposto ad accogllere l soldati albanesi di Essad. (l) -Cfr. n. 466. (2) -Cfr. n. 450.
496

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 478/72. Atene, 22 febbraio 1916 (per. il 3 marzo).

La visita del generale Sarrail, che secondo la versione ufficiale di questa legazione di Francia, ed anche secondo quanto il Re Costantino disse al giornalista americano Hibbins ed affermano tutti i giornali di questa mane (vedi annesso al presente rapporto) (l) altro intento non aveva che di regolare tra due militari alcune questioni di indole strettamente militare, si è invece risolta in una importante manifestazione di gallofilia. Il popolo di Atene acclamò calorosamente il «vincitore di Verdun » e molti gridi di «viva la Francia» risuonarono nelle strade di Atene. Come telegrafai a V. E. il governo in seguito agli arresti di Chio e di Creta operati dagli anglo-francesi alla vigilia dell'arrivo del generale si astenne dall'intervenire al banchetto offerto dal ministro di Francia; ma vi erano presenti il capo ed i membri principali dello stato maggiore dell'esercito greco, il maresciallo di corte ed il direttore generale del ministero degli affari esteri.

Al momento della partenza del generale era sentimento unanime delle persone con cui mi è avvenuto di parlare, che qualche cosa forse era mutata nell'atmosfera ateniese e che, a parte i suoi speciali intenti tecnici, la visita di Sarrail avesse prodotto un grande e duraturo effetto politico.

Già nel mio telegramma di gabinetto n. 71 (2) ebbi a segnalare a V. E. che qualche cosa si sta mutando in Grecia. È forse ancora troppo presto per potere determinare con previsione almeno approssimativa la vera natura ed i limiti di tale mutamento. Mi basti per ora cercare di analizzare alcuni dei motivi che sembrerebbero poterlo spiegare e giustificare.

La Francia e l'Inghilterra (parlo di questi due paesi soltanto visto l'assenteismo totale della Russia e la nostra scarsa partecipazione) dopo molti errori e tentennamenti, hanno finalmente, mi sembra, capito come dovevano comportarsi verso la Grecia. Esse hanno rinforzato in modo formidabile la loro difesa di Salonicco al punto da far ritenere a molti che quella base da difensiva si trasmuterà presto in offensiva, e sarà l'inizio del prossimo ricupero del Balcano ora perduto; hanno occupato tutte le isole che loro è sembrato necessario allontanandone senza remissione gli agenti nemici che vi avevano acquistato influenza e potere; hanno organizzato in Atene stesse potenti agenzie di controspionaggio che agiscono senza nemmeno mettere la maschera. Tale spettacolo di forza e di organizzazione cui il mondo balcanico non era avvezzo da parte delle potenze dell'Intesa, ha profondamente impressionato i greci, e fatto loro comprendere che essi sono completamente nelle mani della Francia e dell'Inghilterra. D'altra parte l'azione germanica dopo la riapertura della via di Costantinopoli si è singolarmente rallentata qui, e sembra essersi persuasa che

da una parte non vi sia più modo, e dall'altra non vi sia più motivo, per una azione emcace in Grecia.

Quanto all'attacco contro Salonicco, vige ancora la più grande incertezza se esso avrà luogo o no. Ma anche quelle alte sfere militari che solo poco tempo fa erano, o pretendevano essere, tanto convinte che il buttare a mare le forze alleate dovesse essere per i germani questione di pochi giorni, ora non possono celare la loro incertezza sia sul realizzarsi stesso dell'attacco sia sull'esito che esso avrà. Questa incertezza dello stato maggiore generale si traduce nella pubblica opinione in convincimento che, come sugli altri fronti della guerra, cosi anche sul fronte balcanico, l'azione germanica sarà stata rapida ed emcace ma non definitiva.

Le considerazioni che precedono, ed altre minori che ometto per amore di brevità, sono sumcienti a spiegare la verosimiglianza di un mutamento in Grecia, di cui d'altra parte, come qui sopra ho detto, effettivamente si vanno osservando alcune manifestazioni.

Si risolverà questo mutamento nella tanto discussa, e da alcuni tanto desiderata, uscita della Grecia dalla neutralità a fianco degli Alleati? Non lo so; ma io stesso che, attraverso tutte le vicissitudini della politica interna della Grecia e sopratutto della politica venizelista, non ho un istante cambiata la mia persuasione che la Grecia non si sarebbe mossa, ora debbo arrendermi all'evidenza che gli avvenimenti vanno rapidamente maturando e che conviene seguirli con vigile cura.

Ignoro le esatte idee del R. Governo su questo punto. Per conto mio sono piuttosto freddo nel desiderare che la Grecia a noi si unisca. Non posso credere che le tenui e mediocri forze militari che questo paese potrebbe porre a nostra disposizione, non siano sostituibill con altre migliori scelte nella grande massa di uomini di cui l'Intesa dispone. Ciò che poteva interessare! in Grecia era il suo territorio; e questo lo abbiamo preso in parte e più lo potremo prendere se più ci occorrerà.

Tanto dal punto di vista militare. Dal punto di vista politico non è dubbio che la Grecia entrerebbe nell'Intesa col deliberato proposito di valersi della Francia contro di noi. Ignoro quali presentemente siano le reali disposizioni della Francia verso l'Italia, e non ho la pretesa di volere parlare di argomenti di cui non so pressoché nulla. Ma non posso scancellare dalla mia memore esperienza il periodo di storia cui fu mio triste privilegio assistere e prendere qualche modesta parte, in cui la Francia, durante la liquidazione delle questioni nate dalle due guerre balcaniche, si serviva della Grecia per tenerci in iscacco, e per mezzo dei suoi diplomatici qui ed a Londra ci denunziava a Venizelos come gli oppressori delle aspirazioni panelleniche.

Temo che pur mutatesi le grandi costellazioni politiche dell'Europa, l'entrata in campagna della Grecia si presenterebbe sotto una analoga forma di rivalità italo-greche nelle quali la Francia non terrebbe per noi.

Il penoso contrasto che in questi giorni mi è dato osservare fra le simpatie della Grecia per la Francia che la schiaccia e l'umilia, e l'odio per noi che non le abbiamo mai fatto nulla di male, suscita in me queste preoccupazioni che

probabilmente, dato l'alto senno politico di V. E. e del R. Governo, sono totalmente infondate; ma che pure è mio dovere di modesto operatore da così secondario teatro della grande tragedia europea, di esprimere in quella forma vaga ed imprecisa in cui mi si presentano alla mente.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 474.
497

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A LIONE, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. P. 5/3. Lione, 22 febbraio 1916 (per. il 25).

Ho l'onore di ringraziare V. E. per essersi compiaciuta di darmi comunicazione dei telegrammi (l) coi quali gli Ambasciatori in Parigi e Madrid la informavano dei passi fatti dal Governo austro-ungarico per entrare in comunicazione col Re Nicola relativamente alle trattative di pace col Montenegro.

Per l'assenza del signor Mijuskovic e la riserva della Corte non mi è dato di aggiungere nulla alle informazioni che sono, a tal riguardo, già in possesso di V. E. Non è tuttavia inutile osservare come la mossa del Governo austroungarico abbia trovato il suo fondamento e la sua ragione d'essere nelle condizioni in cui il Re del Montenegro abbandonò il suo paese.

Nel mio rapporto del 27 gennaio u.s. (2) io facevo già notare l'ambiguità della situazione derivante dal fatto che erano colà rimasti tre ministri tuttora in carica ed un principe della famiglia reale. Ne ho fatto cenno anche nel mio rapporto del 5 febbraio (2) riferendole come il mio collega francese aveva richiamato l'attenzione del suo Governo sulla necessità di chiedere al Re ed al Governo del Montenegro delle dichiarazioni categoriche ed ufficiali a tale riguardo da farsi ai Sovrani e Governi della Quadruplice.

Alle pressioni del Governo della Repubblica in tal senso è probabilmente dovuto il comunicato che il Presidente del Consiglio, s1ignor Mijuskovic fece alla stampa il 12 corrente e di cui unisco copia (2), quantunque certamente Ella ne abbia già conoscenza.

Ma né questa né altre dichiarazioni possono ancora menomare la constatazione che il Governo di fatto risiede tuttora in Montenegro dove amministra in nome del Re Nicola e che quivi si trova pure la totalità, meno poche eccezioni del Parlamento, sicché un accordo concluso da tal Governo sarebbe eseguito nel paese.

Le Neue Freie Presse del 9 corrente riporta un telegramma pubblicato in Berlino della Vossiche Zeitung, la quale, a sua volta, riferisce un'intervista comparsa nel giornale Intro, di Sofia, coi due ministri rimasti in Montenegro, Marco Radulovic e Risto Popovic (il terzo è il generale Vessovic). Essi avrebbero detto che non solo avevano avuto i poteri del Re Nicola per concludere la pace, ma

che secondo il paragrafo 16 della Costituzione montenegrina essi erano di diritto autorizzati a farla. Il Re aveva rimesso loro tutti i poteri ministeriali (Ministerportefeuilles) così che, ad eccezione del Presidente del Consiglio che era all'estero, non vi erano altri ministri all'infuori di loro.

Il comunicato di Vienna del 17 corrente poi, comparso nella Gazzetta di Losanna ed altri giornali spiega la richiesta trasmessa per mezzo del Governo Spagnuolo nel seguente modo: «Il 2 febbraio il Ministro Plenipotenziario Popovic, accompagnato dal Segretario al Ministero degli Affari Esteri: Signor Ramadanovic, si è presentato al rappresentante del Ministero Imperiale e Reale degli Affari Esteri a Cettigne, pregandolo di ricevere una proposta del Presidente del Consiglio (ad interim) Signor Marko Radulovic, Ministro della Giustizia all'indirizzo del Re Nicola per la rimessa di questo documento al Sovrano. In tale documento i Ministri montenegrini pregano ill Re, poiché i delegati austroungarici sono sopra luogo, di autorizzare l'apertura dei negoziati di pace chiesti dallo stesso Re e di designare immediatamente i negoziatori e di munirli di pieni poteri».

A chiunque è rimasto nel Montenegro fino all'entrata degli austriaci, questa relazione dei fatti appare, secondo ogni verosimiglianza, esatta, poiché è la conseguenza logica degli avvenimenti precedenti.

E non è da escludere che, compiuta questa procedura e non ricevendo risposta dal Re, i Ministri passino ad usare di quei diritti che la Costituzione loro attribuisce.

D'altra parte il signor Mijuskovic potrebbe pubblicare pei giornali che il Governo montenegrino da lui rappresentato non è consenziente. Ma per quale motivo dovrebbero queste affermazioni avere un valore diverso dalle domande di pace fatte all'Austria che vennero posteriormente attribuite a stratagemma dettato dalla necessità di prendere tempo?

Coloro che attorniano il Sovrano del Montenegro dichiarano di non aver più notizie da Cettigne sin da quando ne partirono. In verità essi sono in continuo contatto col Montenegro attraverso persone che giungono dalla Svizzera, fra le quali l'antico precettore del principe Danilo.

Tutto rafforza il dubbio che si tenda anche nelle attuali circostanze a riprodurre quell'equivoco che è stato finora il fondamento della politica montegrina.

Il quale equivoco però potrebbe anche essere rivolto a nostro danno se, come potrebbe apparire nelle presenti circostanze, il Governo francese se ne rendesse partecipe.

Le conddzioni in cui si trova il Governo del Montenegro sono ben diverse da quelle dei Governi di Serbia e del Belgio. La politica che sembra voglia seguire la Francia di isolare il Re e di considerare a qualunque costo il signor Lazaro Mijuskovic come il rappresentante legale di quel paese può parere diretta a salvaguardare il principio che nessuno dei paesi in guerra con la Germania e l'Austria faccia con loro una pace separata.

Ma se tutto ciò si riducesse ad una finzione, non sbaglierebbe forse il Governo francese nell'insistervi, e non correrebbe esso il rischio di far nascere nel Governo italiano il dubbio ch'esso tenga in ostaggio questa sembianza di Governo montenegrino per farlo servire più tardi a costituire l'equilibrio dell'Adriatico secondo mire che, come apparve in occasione dell'occupazione di Scutari, non coincidano con le nostre? Non potrebbe forse far ricordare che, qualunque sieno le attuali direttive del Signor Briand, è concetto ben radicato degli uffici dei Quai d'Orsay di opporci in quel mare e Austria e Serbia e Montenegro?

Queste domande sorgono tanto più quando si considerano le persone che attorniano il Sovrano del Montenegro, il quale, ormai, per la grave età, può dirsi completamente da esse sopraffatto.

Il signor Mijuskovic è sempre stato aperto partigiano dell'Austria. È lo stesso che nella conferenza di Londra negoziò col barone Giesl un trattato per lo scambio del Lovcen contro Scutari. Tale accordo fu rifiutato dal Ministero Martinovic considerando che il Montenegro andando a Scutari diveniva necessa:riamente uno Stato vassallo dell'Austria.

Il signor Pietro Plamenatz prese parte al consiglio tenuto nel gennaio del 1913 a Grodno per discutere le proposte relative ad un accordo con l'Austria sulle basi precedentemente esposte. Ed è stato sempre noto come il principale attore delle segrete intese con quella potenza.

Infine il signor Zhifkovic era ancora nel 1907 una spia austriaca al servizio della polizia bosniaca. Egli condusse a Cettigne quel Nastic che fu il principale denunziatore nei celebri processi di Agram del 1904-1905 contro la Slovenski Yug, e ne fece il principale testimone nei processi di Cettigne contro i radicali serbi nel 1907. Fu nominato, con generale scandalo, segretario del Re.

Mi è parso opportuno richiamare l'attenzione di V. E. su questi fatti, in un momento in cui il Governo francese potrebbe essere tentato di assumere verso tali rappresentanti del Montenegro impegni di qualche specie ed indurre la Russia e l'Inghilterra a seguirlo.

(l) -Non pubblicati ma cfr. nn. 450 e 466. (2) -Non pubblicato.
498

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 474/73. Bucarest, 23 febbraio 1916, ore 14,30 (per. ore 20,45 del 24).

Mio telegramma n. 118 (1).

Padre Lucio Fetz è partito di qua domenica scorsa insieme al noto deputato e membro del centro germanico Erzberger. Questi veniva da Sofia e fu ospitato durante due giorni in questo arcivescovato cattolico ave venne tenuto addirittura nascosto. Domenica mattina egli ebbe un colloquio, presente l'arcivescovo, col Re Ferdinando che si era recato a sentire la messa all'arcivescovato.

Viaggio a Roma del padre Fetz può quindi assumere un'importanza maggiore di quello che non sia la semplice nomina del nuovo vescovo di Jassy. Può darsi che si cerchi valersi dell'influenza della Santa Sede per far prendere al Re Fer

dinando un atteggiamento favorevole agli Imperi centrali. Codesto Ministero vorrà tener presente che il Re di Romania pel fatto che i suoi figli sono ortodossi è colpito da interdetto e desidera vivamente esserne prosciolto.

Dato temperamento del Re può divenire in date circostanze pericolosissimo, come ho riferito più volte, il non essere in grado opporre altre influenze a quelle che possono essere esercitate su lui.

Prego mantenere segreto su quanto precede.

(l) T. 860/118 del 21 febbraio, ore 8,40, non pubblicato: riferiva che il padre Lucio Fetz era partito per Roma dove avrebbe posto la propria candidatura a vescovo di Jassy.

499

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 470/76. Atene, 23 febbraio 1916, ore 15 (per. ore 6,55 del 24).

Ministro di Francia mi ha assicurato che nel colloquio fra Re Costantino e il generale Sarrail non si parlò di politica.

Soltanto il generale rinnovò e provò con argomenti di fatto al Re le assicurazioni già stategli fatte tante volte che l'Intesa non intende affatto obbligare la Grecia ad uscire dalla neutralità.

Dal punto di vista puramente militare il generale spiegò a Re Costantino i motivi tecnici che imposero la distruzione del ponte Dermir Hissar e l'occupazione del forte di Karabourun.

Sembra che Re Costantino rimanesse convinto e confessasse che in parte era stato mal informato.

Non si giunse a nessuna conclusione circa la difesa opere d'arte della ferrovia Monastir questione che da più di un mese trascinasi negli uffici Stato Maggiore ellenico e che evidentemente Sarrail un giorno o l'altro risolverà colla forza.

Nel colloquio fra generale e Skuludis la cosa più importante fu la domanda che presidente del consiglio fece nel senso che se autorità anglo-francesi dovessero fare nuovi arresti di sudditi greci o stranieri su territorio greco prevenissero almeno le autorità prefettizie elleniche.

Sarrail promise che avrebbe tenuto conto dei desideri; non ne prese impegno formale giacchè disse che speciali circostanze di fatto avrebbero in certi casi potuto rendere inefficace tale preavviso.

500

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. AB. 467/91. Pietrogrado, 23 febbraio 1916, ore 17,40 (per. ore 19).

Ministro di Russia presso Re del Montenegro riferisce da Lione che Sua Maestà ha incaricato Mijuskovic di smentire presso gli alleati le trattative del Montenegro per una pace separata.

Cambon avrebbe dovuto ricevere Mijuskovic ieri od oggi per udire le sue dichiaraziond al riguardo. Islavine informa altresì che Mijuskovic si dispone recarsi in Svizzera per un giorno.

Questa ultima notizia produce qui cattiva impressione (1).

501

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. GAB. 302. Roma, 23 febbraio 1916, ore 20.

Telegramma di V. E. gabinetto n. 74 (2).

Approvo il contegno riservato di V. E. circa la nostra situazione con la Germania e La prego di volere in esso perseverare. Circa visita di lord Kitchener a Roma osservo che per il modo e le circostanze in cui essa si è svolta non è chiaramente apparso che essa sia avvenuta come visita formale di membro del Governo, tanto più che l'Italia era sulla sua strada. Non sembrami quindi il caso di parlare di restituzione di visita da parte del Governo mentre la restituzione verrà fatta dal generale Cadorna. Per queste ed altre diverse considerazioni è opportuno che V. E. non conforti e non lasci diffondersi in coteste sfere la ipotesi di una mia prossima visita in Inghilterra.

502

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 303. Roma, 23 febbraio 1916, ore 20,30.

Nel resoconto ricevuto dalla Stefani del discorso pronunciato ieri alla Duma da Sazonov trovo il seguente passaggio: «oggi mercè gli sforzi degli alleati e specialmente della Francia l'esercito serbo è stato trasportato a Corfù~.

Questo silenzio che si fa dell'opera principale assunta invece dall'Italia nel trasporto delle truppe serbe, con accenno preferenziale alla Francia, è assolutamente ingiusto, e mi sorprende sgradevolmente ancor più perché esso viene a confermare l'atteggiamento già rilevato nel mio telegramma n. 288 (3) cui sarebbe stato opportuno e facile porre riparo in questa occasione. Ciò mi fa credere che codesto Governo non si sia reso adeguatamente conto dell'opera veramente precipua da noi svolta in favore dell'esercito serbo.

Prego V. E. richiamare opportunamente l'attenzione di Sazonov.

(l) -Ritrasmesso a Londra, Parigi, Berna e a Romano Avezza.na con t. gab. 304 del 24 febbraio, ore 20. (2) -Cfr. n. 486. (3) -Cfr. n. 487.
503

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 472/93. Pietrogrado, 24 febbraio 1916, ore 16 (per. ore 23).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 288 (1). Sazonov ringrazia sentitamente V. E. delle sue felicitazioni per la presa di Erzerum.

Egli mi ha detto che stamane S. M. l'Imperatore ha ricevuto un telegramma di felicitazioni di S. M. il Re e che S. M. Imperiale desiderava rispondere oggi al nostro Augusto Sovrano per manifestargli la sua viva riconoscenza.

Ne ho tratto argomento per rammentare al ministro a titolo personale che l'occasione sarebbe propizia perché l'opera compiuta dall'Italia, sfidando ogni pericolo e sottostando sì gravi sacrifici per salvare i serbi, venisse riconosciuta nella risposta che il suo Sovrano si proponeva di indirizzare al nostro Re. Ho ricordato pure che parole di felicitazione per concorso francese allo stesso scopo erano contenute in un recente telegramma di S. M. Imperiale a Poincaré stesso e ho soggiunto che trattandosi di mia idea personale non poteva che !asciarne a lui l'apprezzamento.

Sazonov mi ha risposto che il telegramma al presidente della repubblica francese da me accennato fu in risposta a quello con cui Poincaré [annunciava] allo Zar il compiuto salvamento dei serbi e che nel telegramma al Re d'Inghilterra non fu fatta menzione alcuna di questo argomento ma che, ad ogni modo, di assai buon grado avrebbe preso oggi stesso in proposito gli ordini di S. M. Imperiale.

A quanto ho motivo di credere nella risposta al nostro Augusto Sovrano,

S. M. l'Imperatore manifesterà propri sensi di riconoscenza per concorso italiano al salvamento dei serbi.

504

IL CONSOLE A DURAZZO, PIACENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 437/s.N. Cacciatorpediniere Impetuoso, 24 febbraio 1916, ore 16,25 (per. ore 17,45).

Iniziato sgombero Durazzo. Parto ora mezzogiorno su cacciatorpediniere con Essad cinque persone seguito membri colonia italiana archivio legazione. Soldati Essad circa trecento seguiranno piroscafo. Prego V. E. impartirmi istruzioni Brindisi presso ammiraglio Cutinelli.

(l) Cfr. n. 487.

505

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 906/129. Pietrogrado, 24 febbraio 1916, ore 16,30 (per. ore 1,45 del 25).

Oggi, in occasione riapertura Duma, S. M. l'Imperatore vi si è, per la prima volta, recato e, dopo avere assistito nella grande sala ad un servizio religioso, ha pronunziato una breve allocuzioni' in cui ha manifestato suo compiacimento di trovarsi in mezzo ai rappresentanti della nazione e di celebrare con loro una vittoria delle armi russe. Presidente della Duma rispose ringraziando Sovrano della sua augusta presenza e attestando che, se già fin dall'inizio delle ostilità tutta la Russia era unita e determinata raggiungerne gli scopi, oggi ancor più ha la coscienza della propria incrollabile solidarietà nel sentirsi così vicina al proprio Sovrano. Sua Maestà visitò quindi l'aula e gli uffici e, acclamatissimo come alla sua venuta e durante visita, lasciò il palazzo di Tauride, ave rimasero però nella tribuna imperiale, il granduca Michele fratello dello Zar e il granduca Nicola Mihailovic. Presidente aprì poi seduta con un discorso in cui celebrò la grande giornata emozionante; parlando poi della guerra rese omaggio al prezioso concorso degli alleati. I deputati in piedi e rivolti alla tribuna diplomatica fecero ai rappresentanti delle nazioni alleate, fra cui mi trovavo, una lunga e calorosa ovazione.

Il discorso del nuovo presidente consiglio, signor Stiirmer, fu sottolineato da applausi nei passaggi relativi alla coordinazione dei poteri pubblici con le forze del paese, ma in generale ebbe un [consenso] di stima non senza qualche riserva da alcune parti della Camera.

Acclamatissimi furono i discorsi del ministro della guerra e del ministro della marina e frequentemente applaudito fu quello del ministro degli esteri.

Manifestazione analoga a quella sovraccennata fu fatta dalla Duma ai rappresentanti delle nazioni alleate alle quali Sazonov fece particolarmente accenno per segnalarle e quindi anche all'Italia. Ometto detti passaggi che V. E. avrà già potuto leggere nella Stetani. Sorse poscia a parlare deputato Seidlovsky che a nome blocco liberale espose i principi ai quali questo s'informa e innanzi tutto l'incrollabile sua volontà di continuare la guerra sino vittoriosa fine. Egli non risparmiò Governo di Goremikine che qualificò basato sulla diffidenza dei poteri pubblici verso il popolo. Blocco liberale che comprende la grandissima maggioranza della Camera accolse discorso del suo portavoce entusiasticamente. La giornata è da annoverarsi fra le memorande della storia interna della Russia e dal punto di vista della guerra essa è una nuova testimonianza dello spirito di unione di tutto il paese e del proposito, ognora più vivo, della Russia di non deporre le armi prima di avere raggiunto la meta.

Testè reduce dalla Duma mi reco al consiglio dell'Impero che sarà al pari onorato dalla presenza di S. M. l'Imperatore.

506

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 907/13. Pietrogrado, 24 febbraio 1916, ore 16,30 (per. ore 7,40 del 25).

Alcuni deputati polacchi da me incontrati ieri alla Duma mi hanno espresso loro viva riconoscenza per sentimenti di simpatia che causa dei polacchi in generale ispira presso di noi senza distinzione di parte, e anche nei circoli estranei alla politica internazionale, sentimenti che trovano non di rado espressione nelle nostre riunioni politiche e popolari.

Ho risposto a quei deputati che infatti esistono in Italia veraci simpatie per i polacchi in generale, create da una tradizione secolare, dalla analogia di cultura, da relazioni di arte e personali, perenni, e oggi rese più vive dal compianto destato dai loro dolori. Li ho poi ringraziati delle simpatie che a loro volta essi manifestarono per il nostro paese, ed ho affermato compiacimento per reciprocità sentimenti.

507

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 910/136. Pietrogrado, 24 febbraio 1916, ore 16,30 (per. ore 14,15 del 25).

Intenzione del tutto personale dello Zar di visitare Duma ed il Consiglio dell'Impero, in occasione riapertura della Camera, sembra risalire ad alcuni giorni or sono, poiché ne ebbi qualche vago sentore, in via riservata, ma nessuna delle mie indagini in proposito me ne lasciò argomentare conferma.

In realtà, decisione imperiale non fu presa che avanti ieri, alla vigilia riapertura della Camera ed all'arrivo dello Zar a Czarskoe Belo dal fronte, donde non fu comunicato ai presidenti dei due rami del Parlamento che a sera inoltrata.

In dieci anni di esistenza della Duma, è questa la prima volta ,che lo Zar si è recato a visitarla, ed impressione riportata dall'avvenimento è qui grandissima.

Non conviene credere, però, che nei circoli parlamentari liberali si attribuisca alla visita imperiale significato di un mutamento radicale nell'indirizzo Governo.

Se vero, linguaggio usato dal rappresentante del blocco liberale per i metodi di Governo sinora prevalsi e di cui si servì Goremikine, fa impressione non minore degli applausi continui con cui fu accolto il discorso del deputato Dilovski.

Questo deve considerarsi come il secondo avvenimento della giornata di ieri e acquista, del primo, anche maggior valore, poiché dimostra che visita imperiale, la quale è in sostanza una concessione verso elemento liberale, anche in vista della pacificazione degli animi necessaria alla guerra, non ha disarmato il blocco che ha tenuto a riaffermare vivacemente propri principi e innanzi tutto quello dell'avvicinamento del Governo al popolo.

Visita imperiale conserva, però, soprattutto grande importanza come punto di partenza per allontanamento del pericolo della ripetzione di un conflitto fra Governo e rappresentanza nazionale poichè, evidentemente, spiana la via ai compromessi come si dice fondatamente [dai] fautori nuovo presidente del consiglio. Va però notato che discorso di quest'ultimo produsse una pallida impressione e, sebbene applaudito da una parte della Camera, è stato accolto, in generale, con ... (l) riserva di quel che parole di Sturmer sembravano contenere.

In sostanza il blocco liberale non se ne è appagato e, come le disse Seidlovski, il paese attende, non solo parole, ma fatti che dimostrino il fermo proposito del Governo di valersi effettivamente collaborazione della Duma.

Dal punto di vista internazionale, è ovvio che visita imperiale alla Duma produrrà ottima impressione nei paesi liberali alleati e particolarmente in Inghilterra, che vi ravviserà una nuova garanzia della solidarietà del Governo e popolo in Russia per alacre cooperazione e continuazione guerra, con pieno spiegamento di tutte le forze morali e materiali del paese.

Le dichiarazioni dello Zar, del Governo e della Duma, ieri solennemente ripetute a questo proposito, ne sono persuasiva conferma.

508

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', SQUITTI

T. GAB. 307. Roma, 24 febbraio 1916, ore 17,50.

Questo ambasciatore di Russia mi ha comunicato i ringraziamenti di Sazonov per le congratulazioni da me inviategli per la presa di Erzerum.

Ho risposto pregandolo di ringraziare pure Sazonov per le sue parole relative all'Italia nel discorso alla Duma, aggiungendo però in via confidenziale che mi aveva fatto pena di rilevare, nella frase del ministro relativa al felice trasporto compiuto delle truppe serbe dall'Albania a Corfù, come manchi nelle sfere ufficiali russe un giusto apprezzamento della parte principale presa dall'Italia e in primo luogo dalla sua marina per compiere l'opera di salvataggio del serbi, opera che, come ben sapeva il mio interlocutore, ci aveva costato tanto cumulo di lavoro, di spese, di rischi e di sacrifici.

509

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 166/62. Cristiania, 24 febbraio 1916.

La stampa norvegese ha raccolto ed ha dato una larga circolazione alle voci di fonte americana ed inglese circa un preteso tentativo fatto dalla Svezia per

l l) Gruppi indecifrati.

ottenere l'adesione degli Stati Uniti ad un piano di collaborazione fra tutti i paesi neutrali allo scopo di far argine, con una protesta comune, alle restrizioni imposte dalla Gran Bretagna al commercio neutrale marittimo a motivo del blocco della Germania. I medesimi giornali hanno pubblicato altresì le smentite le modifiche, gli apprezzamenti, in proposito, apparsi nella stampa straniera, lasciando l'impressione che quelle voci non siano del tutto campate in aria. Ho perciò profittato di un amichevole colloquio avuto con questo ministro degli affari esteri ieri l'altro per far cadere il discorso su l'argomento. Il signor Ihlen non ha escluso che qualche passo in quel senso abbia avuto luogo, ma mi ha detto che il Governo svedese non si è rivolto al riguardo al Governo norvegese. Di sua iniziativa ha poi aggiunto che, quand'anche la Sve2lia lo avesse fatto, la Norvegia si sarebbe ben guardata di entrare in tale ordine d'idee. E di seguito: «Noi siamo piccoli e gli Stati Uniti sono grandi. Una volta ammesso il principio della collaborazione fra forti e deboli, questi sono forzati a seguire la volontà dei primi e ciò specialmente, nelle presenti condizioni non può convenire alla Norvegia l>.

In tali termini semplici e chiari, forse non a caso, il ministro ha anche implicitamente manifestato il suo giudizio circa i pretesi tentativi della Svezia presso la grande Repubblica nord-americana.

510

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 486/75. Bucarest, 25 febbraio 1916, ore 9 (per. ore 20,20).

Mio telegramma gabinetto n. 73 (l).

Re di Romania interpellato da persona di mia fiducia ha detto che il suo incontro col deputato Erzberger è stato puramente accidentale. Il Re non lo conosceva nè sapeva che fosse qui ed all'uscire dalla messa l'arcivescovo glielo ha presentato come un suo compagno di studi.

Re Ferdinando ha detto all'arcivescovo che è bene sia nominato vescovo di Jassy un italiano. Prego di mantenere segreto su quanto precede.

511

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 912/61. Washington, [25] febbraio 1916, ore ... (per. ore 15,45).

Il fatto che Wilson ha connesso soluzione vertenza Lusitania alla questione navi mercantili armate, il cui diritto si è compromesso ormai sostenere aperta

mente, e le informazioni di Berlino, che preannunziano rifiuto della Germania cedere su questo terreno, hanno suscitato, in una parte del Congresso, un tumultuoso e artificioso pronunciamento contro nuova politica del presidente, accusato condurre paese alla guerra. Per arrestare o compromettere Wilson nei suoi negoziati, gli si è minacciata pertanto votazione nella Camera e nel Senato di una risoluzione obbligante il Governo diffidare cittadini americani imbarcarsi su piroscafi armati.

Questo movimento del Congresso obbedisce, nella maggior parte, a imposizioni di un comitato tedesco di vigilanza parlamentare, insediatosi a Washington, che domina, con ogni mezzo, parecchi membri delle due Camere; obbedisce ai dettami di Bryan, il quale manifesta ora il suo livore contro presidente e vorrebbe rivendicare trionfo della sua politica, e obbedisce alle tendenze di quella parte della popolazione, soprattutto del West che è pacifista a tutta oltranza.

Wilson ha saputo sfidare la tempesta e, mentre i giorni scorsi aveva deciso invocare assistenza Congresso, ha dichiarato, adesso, che non è disposto tollerare inframmettenza in materia pertinente al potere esecutivo.

Segretario di Stato mi ha detto stasera che il Congresso può considerarsi, per ora, calmato, e che amministrazione cercherà risolvere conflitto nel modo migliore possibile. Ma egli teme che prevalga nuovamente, in Germania, influenza di von Tirpitz con pericolose conseguenze.

Lansing non m'ha dissimulato inoltre sua irritazione contro quest'ambasciatore Germania, ai cui velati attacchi contro Wilson, alle cui manovre e indebite inframmettenze, attribuisce gravità della situazione presente.

Conte Bernstorff non ha esitato, infatti, fra altro, a dichiarare a membri del Congresso che il suo richiamo significherebbe la guerra e che è ciò che Wilson mostra ormai desiderare.

È ognor più manifesto mutamento radicale di Wilson, che, ravvedutosi in tempo, assume di fronte al paese nobiltà di contegno, e si appropria, man mano, programma col quale repubblicani intendono specialmente combatterlo.

Quanto al Segretario di Stato, esso mi ha parlato come uomo liberato da un incubo: quello di aver dovuto sostenere prima d'ora una politica non rispondente alle sue tendenze ed ai suoi sentimenti. Ciò nondimeno egli non si nasconde che la situazione è assai delicata.

(l) Cfr. n. 498.

512

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 918/137. Pietrogrado, 25 febbraio 1916, ore 16 (per. ore 21,50).

Passaggi della dichiarazione di Sazonov relativi Giappone sono considerati in questi circoli politici, e con ragione, a mio modo di vedere, come espressione voti di più intimi rapporti fra Russia e quell'Impero.

D'altra parte, impressione riportata dal granduca Giorgio dalla sua missione presso Mikado, e dalla sua visita in vari centri giapponesi, è che in quegli Stati sia vivissimo e generale desiderio di uno stretto avvicinamento alla Russia.

Le reciproche disposizioni dei due paesi vanno facendosi sempre più propizie al momento opportuno conclusione di una formale alleanza.

Confermo che missione granduca [non ha avuto] alcuno speciale scopo politico, ma soltanto quello di interpretare sentimenti di amicizia della Russia e compiere un atto di cortesia che sapevasi sarebbe tornato particolarmente gradito.

Ciò, a quanto si afferma, avrebbe ancora più impegnato Giappone a prestare spontaneamente attiva cooperazione in favore Russia come risulterebbe provato anche dalla domanda di un credito (1010 milioni di yen) fatta da quel ministro d.ella marina al Parlamento per esecuzione ordinazioni militari russe.

513

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 921/141. Pietrogrado, 25 febbraio 1916, ore 16 (per. ore 2 del 26).

Accenni, fatti nel discorso Sazonov, alla Bulgaria, sono interpretati, in questi circoli politici, come indizio della persistente idea del ministro di distinguere la politica del Re Ferdinando dai sentimenti e dalle tendenze del popolo bulgaro, della cui resipiscenza non conviene disperare.

Si osserva però, da non pochi, che il Re fece, abilmente, coincidere sua politica con rivendicazioni e sentimento popolo, di cui Intesa non si rese adeguato conto, aggravando cosi difficoltà compito opposizione, che fu infatti debolissima. Stessa resipiscenza dei bulgari mi sembra ben difficile che possa sopravvenire disgiunta da quei più o meno sinceri ... (l) del Re, conoscitore profondo psicologia del suo popolo, e che saprebbe virare di bordo quando venti spirassero in altra direzione. Attualmente, però, e finché dura effettiva padronanza militare germanica in Bulgaria, può bensì maturarvisi una modificazione di idee, ma non già sorgervi un nuovo indirizzo.

514

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 482/40. Parigi, 25 febbraio 1916, ore 20 (per. ore 22,40).

Briand congratuiandosà. meco pel discorso di Nizza (2) mi disse essere pronto intendersi coll'Italia su tutte le questioni politiche ed economiche ripetendomi rtei termini più calorosi le assicurazioni date a V. E. a Roma.

Venendo poi a discorrere dell'articolo pubblicato da Clemenceau sul mio discorso e nel quale dopo aver appoggiato altamente programma di accordo economico e coloniale coll'Italia chiede all'Italia di dichiarare guerra alla Germania, Briand mi ha detto che al Senato e alla Camera si biasimava unanimamente Clemenceau e si diceva che dopo quanto ha fatto l'Italia non si devono più esercitare pressioni su di essa ma si deve !asciarla libera di regolarsi come crede.

Ciò corrisponde a quanto io ho ripetutamente constatato in questi ultimi giorni e cioè che dopo il viaggio di Briand le disposizioni verso di noi sono assolutamente migliorate.

(l) -Gruppo !ndec!frato. (2) -Il 21 febbraio Titton! aveva pronunciato a Nizza un discorso in francese !n cui, rivolgendosi al sindaco della città aveva tra l'altro .affermato la necessità di proseguire i rapporti amichevoli fra Italia e Francia ·anche dopo 11 confl!tto e ·sottolineata la sproporzione esistente tra 11 crimine individuale commesso da Principe a Sarajevo e l'aggressione dell'Austria-Ungheria al~a Serbia. Tale dlscorso è edito !n T. TrrroNr, Il giudizio della storia sulle responsabi~ità della guerra, M11ano, Tre·ves, 1916.
515

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 488/76. Bucarest, 25 febbraio 1916, ore 21 (per. ore 21,30 del 26).

Avverto ad ogni buon fine che questo ministro di Germania manifesta convinzione che Bratianu si sia già legato colla Russia all'insaputa degli altri Stati dell'Intesa, mediante un trattato segreto. Bussche si lamenta dei persistenti armamenti e concentramenti di truppe romene alla frontiera bulgara. Bratianu li nega quantunque essi sussistano come risulta dai telegrammi di questo addetto militare.

516

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 481/77. Londra, 25 febbraio 1916, ore 23,02 (per. ore 6 del 26).

Telegramma di V. E. n. 307 (l). Come V. E. avrà certo rilevato dai giornali, al doveroso tributo di Asquith alla efficace cooperazione italiana per il trasporto dei serbi si è avantieri aggiunto quello di Balfour. Il quale in replica ad interrogazione del solito King disse

che fra le varie importanti azioni delle flotte alleate nel Mediterraneo non ultima in importanza era stato il trasporto dell'esercito serbo dall'Albania «risultato precipuamente dovuto all'abilità ed energia della flotta italiana».

(l) Cfr. n. 508.

517

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 487/18. Stoccolma, 26 febbraio 1916, ore 16,30 (per. ore 23,25).

Questo ministro affari esteri, sebbene mi avesse dichiarato a più riprese di essere avverso a qualsiasi tentativo di mediazione a meno che la Svezia non ne fosse contemporaneamente richiesta da tutti i belligeranti, ha in questi ultimi giorni tenuto coi miei colleghi di Inghilterra e di Francia discorsi che sono sembrati loro un invito ad esaminare la questione della pace: al secondo egli ha direttamente domandato a che condizioni la Francia sa.rebbe disposta a fare pace. I miei colleghi hanno risposto che il momento non è ancora venuto di occuparsi di ciò.

Mi risulta anche da buona fonte che il principe Carlo, fratello del Re di Svezia, avrebbe di recente fatto chiamare uno dei maggiorenti della colonia svedese di Parigi che sta per ritornare in Francia e l'avrebbe incitato a fare colà propaganda per la pace dicendo che Germania è pronta ad evacuare i dipartimenti francesi ed il Belgio, domandando solo la restituzione delle sue colonie, indennità dall'Inghilterra.

Finalmente conte Douglas -gran maresciallo del Regno -appartenente a famiglia tedesca e intermediario fra la Regina Vittoria ed il partito germanofilo militante ha pubblicato in questi giorni un articolo in cui sostiene la necessità di concludere sollecitamente pace ed afferma che il popolo tedesco pur essendo pronto a condurre guerra a fondo colla massima energia è animato dalle disposizioni più sinceramente pacifiste e più concilianti.

Questi diversi sintomi inducono a supporre che la Germania cerchi ora di servirsi della Svezia per svolgere una larga azione intesa a mettere fine alla guerra.

518

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 489/77. Bucarest, 26 febbraio 1916, ore 20,40 (per. ore 14,40 del 27).

Mio telegramma gabinetto n. 75 (1). Deputato germanico Erzberger ha avuto colloquio con un partigiano di Bratianu e cioè coll'ex deputato ed ex segretario generale del ministero di agri

coltura Baicoiano attualmente direttore della Banca Nazionale romena. Egli ha detto che gli Imperi centrali sono già e rimarranno vittoriosi, che però Germania non vuole la distruzione dei suoi nemici: il Belgio verrà ricostituito imponendovi però una legislazione di tipo germanico; alla Russia verranno tolte la Polonia e l'Ucraina la quale ultima verrà costituita in Stato indipendente. Checché possano pensare in Austria-Ungheria anche la Serbia verrebbe ricostituita ed avrebbe un accesso all'Adriatico; Bulgaria dovrebbe essere notevolmente ingrandita costituendo in interesse vitale per la Germania esistenza d'una Bulgaria forte; tutti questi Stati coll'Austria-Ungheria e la Turchia costituirebbero uno Zollverein sotto l'egemonia germanica. Romania rimarrà quindi isolata senz'altra riserva di quella di entrare in questo Zollverein se pure la Germania consentisse ammettervela.

(l) Cfr. n. 510.

519

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 492/79. Atene, 27 febbraio 1916, ore 15 (per. ore 19,10).

Questi miei colleghi di Francia e Inghilterra seguitano ad occuparsi della domanda greca per un prestito di centocinquanta milioni in oro. Ho avuto visione dei dispacci mandati a tale proposito da Skuludis a Parigi e Londra. Motivo addotto dalla Grecia in appoggio sua domanda è necessità mantenere mobilitazione per far fronte possibili eventualità e d'altra parte mancanza mezzi che va diventando assoluta per mantenerla. Sembra evidente ai miei colleghi che hanno in proposito anche consultato Venizelos che non sia possibile accordare un prestito alla Grecia al solo intento di permetterle il mantenimento della mobilitazione. Dal punto di vista politico occorrerebbe sapere a che debba finalmente servire questa mobilitazione ostinatamente mantenuta. Dal punto di vista finanziario denaro dato alla Grecia col solo proposito mantenere mobilitazione non migliorerebbe in nulla le sue condizioni finanziarie e fra pochi mesi (essendo secondo asserzione Skuludis spese mensili occorrenti per mantenere mobilitazione di quaranta milioni) si sarebbe da capo.

Sembra quindi ai miei colleghi che non si può accordare prestito che o alla condizione che la Grecia entri a patti da determinarsi a fianco dell'Intesa o alla condizione che smobilizzi.

A me sembrerebbe molto preferibile questa seconda ipotesi. Col mio rapporto già indicai sommariamente a V. E. motivi per i quali non mi parrebbe presentemente desiderabile entrata della Grecia nella Intesa (1). D'altra parte nella nostra nota del 23 novembre promettemmo soccorso alla Grecia senza esigere da essa collaborazione politica militare. Mi sembrerebbe quindi assai preferibile, se si vorrà accordare prestito (per il che non vedrei necessità assoluta)

chiedere alla Grecia smobilizzazione e ciò non già come condizione politica ma semplicemente nell'intento di assicurarsi che denaro che si dà a questo paese andrà effettivamente a migliorare le gravissime condizioni del suo Tesoro e non sia in pochi mesi consumato in una spesa assolutamente improduttiva.

(l) Cfr. n. 496.

520

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. PER CORRIERE 502/78. Londra, 27 febbraio 1916 (per. il 2 marzo).

Riservatissimo alla persona di S. E. il Ministro.

Mia moglie ed io fummo ieri invitati da questi Sovrani alla colazione di famiglia; cui non partecipava alcun personaggio di Corte, ma esclusivamente il principe e la principessa figliuoli. A tavola le Loro Maestà discorsero con grande libertà di vari importanti argomenti. Il Re menzionò anzitutto con l'usata cordiale ammirazione operazioni militari su così difficile nostra fronte; di esse segue andamento con speciale interesse, grande fiducia. Chiese poscia la Regina se esatte notizie stampa avversaria circa Albania. Interruppe il Re, osservando strombazzate vittorie austriache in Albania sono inesistenti per non avere finora essi incontrata resistenza. Se si spingeranno più al sud vanterie cesseranno perché quivi incontreranno italiani preparati a dar loro filo da torcere. Sua Maestà non dissimulava tuttavia rincrescimenti per caduta altro porto adriatico nelle mani nemiche, pur deridendo velleità principe di Wied ad una stabile occupazione del trono di Albania. Si compiacque vivamente Sua Maestà per valida efficace cooperazione nostra all'ottimo risultato difficile impresa trasporto esercito serbo. Ad un rilievo successivamente fatto dalla Regina allo spadroneggiamento assoluto dei tedeschi, di cui alleati diventati semplici vassalli, il Re in tono scherzoso nullamente ironico mi fece di punto in bianco: «A proposito, scusate la mia indiscrezione, ma come va che dopo nove mesi non siete ancora in istato di guerra con quei signori?». Preso così alla sprovvista replicai subito, senza mostrare esitazione o imbarazzo, che, troncata ogni relazione diplomatica, cessata qualsiasi relazione commerciale, la proclamazione ufficiale dello stato di guerra sembravami una formalità destituita di pratico valore. Data infatti l'impossibilità materiale per motivi geografici di ogni contatto diretto fra i due eserciti, unico ed efficace modo per noi di combattere la Germania essere quello di offendere vigorosamente l'Austria principale alleata sua e nemica nostra. Ciò stiamo appunto vittoriosamente facendo, da mesi, immobilizzando contro di noi imponenti forze, con riconosciuto, incontestabile giovamento causa comune. Di che parve convenire il Re, il quale, dopo una frase generale interpretabile con espressione di fiducia che quanto non avvenne finora, finirà per avverarsi più tardi, mutò argomento.

Il modo affatto incidentale, i termini semplici, cordialissimi di questa toccata del Re al delicato tasto, parvemi escludere qualsiasi premeditata intenzione di serio ragionare e rivelassero invece semplicemente il fondo del suo pensiero, cne, data notoria françhezza riesce assai difficile a Sua Maestà. dissimulare a coloro coi quali l'la acquistata fiduciosa.dimesticllezza.

Menzionata poi ':elle ebbe la visita di Briand; manifestatane soddisfazione, qualificatala completo successo,. soggiunse il Re, poicllé .era in vena di indiscrezione, anclle un'altra ne avrebbe commessa nel confidarmi, sotto il sigillo del segreto, molto probabile visita a Roma di Grey e Lloyd George. Visita è vivamente caldeggiata dal Re, elle annettendo specialissima importanza al consolidamento delle relazioni presenti e future itala-britanniche, la considera utilissima a siffatto intento. Intanto aspetta Sua Maestà :.prossima visita generale Cadorna, del quale avrà particolar~ interesse e piacere fare personale conoscenza. Altra questione che questo Sovrano disse stargli assai a cuore per i precipui__ vantaggi che se ne ripromette è la contemplata conferenza a Malta degli ammiragli comandanti le forze navali alleate del Mediterraneo. Più volte nel corso della lunga animata conversazione i Sovrani insistettero su personale simpatia; amicizia con i nostri Augusti Reali. Superfluo entrare in partiColari facilmente immaginabili su asprezza linguaggio Loro Maestà sul conto di · Imperatore. Dato carattere colloquio· privato familiare, ritengo doveroso non fare cenno a chicèhessia, compreso Grey, delle confidenze reali. Ciò anche per non dare appiglio a conversaziòni su argomenti delicati. Oso ·sperare che V. K approverà mia improvvisata riSposta alla subitanea allUsione reale circa nostre relazioni con ·la Germania. Diversamente le sarei assai grato darmi qualche direttiva per norma· eventuale linguaggio mio se nuovamente esposto a simili interrogazioni da· parte altri personaggi.

521

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 490/79. Londra; 27 febbraio 1916, ore 21,20 (per. ore 2,10 del 28).

Circa dieci giorni fa ricevei dal Foreign Office promemoria responsivo al mio circa progetto accordo Senusso. Risposta vaga dilatoria non mi piacque. Assente. Grey, dichiarai subito al suo capo di gabinetto che prima di comunicarlo credevo doveroso non dissimulare mia convinzione che esso avrebbe prodotto pessima impressione come qu~llo che prestavasi a ravvis_are sospetto ampiamente giustificato dal precedente contegno anglo-egiziano verso Senusso. Il punto sul quale insistevo specialmente era l'impegno esplicito di nessuna trattativa separata con Senusso. Tale impegno costituisce base indispensabile di qualunque intesa per azione militare .che noi non potremmo certamente intraprendere se esiste un possibile dubbio improvvisa intesa anglo-senussità.

Restituii pertanto promemoria con preghiera di maggiore riflessione. Del telegramma di V. E. gabinetto n. 279 (l) giuntomi l'indomani mi valsi per ribadire osservazioni della vigilia che rinnovai poi personalmente a Grey.

Egli mi disse che rendendosi conto fondamento miei rilievi aveva subito fatto telegrafare al Cairo invitando quelle autorità a riesaminare questione. Finora non ebbi risposta né mi fu ripresentato promemoria da me restituito. Da quanto precede V. E. rileverà che come al solito anche circa accordo decisione questo Governo è s~bordinata all'approvazione del Cairo.

In att_esa di una risposta concreta non avevo riferito a V. E. circa mie pratiche personali ma ora credo opportuno metterla al corrente per il caso che ella, senza menzionare queste mie confidenziali informazioni, creda valersene nelle sue conversazioni con Rodd per persistere su Pronta conclusione accordo con Senusso a titolo di compenso per eventuale condiscendenza nella questione dei tribunali misti.

(l) Cfr. n. 477.

522

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO, A LIONE, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 8/6. Lione, 27 febbraio 1916.

Ho l'onore di rimettere, qui unito, a V. E. il testo delle dichiarazioni (l) che il Presidente del Consiglio Montenegrino ha fatto pubblicare pei giornali relativamente al passo fatto dal Governo austro ungarico per far pervenire al Re Nicola, pel tramite del Governo di Spagna, il messaggio col quale i suoi ministri rimasti al Montenegro chiedevano i poteri per trattare definitivamente la pace.

Il signor Mijukovic mi ha detto che, in seguito a questo incidente, egli era stato oggetto a Parigi,_di molti sospetti, sicché, per non accrescerli, aveva rinunziato al viaggio che si proponeva di fare in !svizzera per vedervi i suoi figliuoli che sono in educazione a Ginevra. Sua moglie l'aveva raggiunto a Parigi.

Il comunicato comparso sui giornali era stato da lui consegnato al signor Cambon che si era incaricato di trasmetterlo alla stampa. Egli aggiunse che non avendo avuto conoscenza del messaggio incriminato, nulla poteva dire in merito ad esso. Era stato, sempre, né lo nascondeva, partigiano di una pace separata con l'Austria, considerando che un Montenegro neutralizzato durante la guerra poteva essere agli alleati di maggiore utilità che l'attuale simulacro di resistenza. Tanto il Re che egli stesso erano sempre stati convinti che non conv~nisse all'Austria di attaccare a fondo il Montenegro e che, ad ogni modo avesse tutte le convenienze per fargli condizioni di pace accettabili. Attribuiva al momentaneo sopravvento del partito militare i termini imposti dopo la presa di Cettigne che avevano obbligato il Re a partire, e si rendeva conto che, dopo questo passo, al Re stesso non convenisse di entrare in discussione con il Governo austriaco.

Il Signor Mijukovic mi parve alquanto amareggiato pel trattamento fattogli a Parigi così da Izvolskij che da Cambon che voleva, frl;t l'altro, gli spiegasse perché il Lovcen era caduto senza resistenza.

{l) Non si pubblica.

Mi disse che i diplomatici dell'Intesa si curavano più delle apparenze che della sostanza, ed a questo attribuiva il loro attaccamento alla formula: «nessuna pace separata neppure da parte del Monteneg,ro ». Ad Izvolskij che lo assicurava che il regno sarebbe stato ricostituito, egli avrebbe risposto che ogni montenegrino preferiva a ciò la sparizione del proprio paese, non essendo desiderabile l'esistenza d'uno Stato obbligato, per mancanza di territorio e di risorse corrispondenti, a vivere stendendo la mano ai suoi vicini.

Dall'insieme del discorso ho ricevuto l'impressione ch'egli abbia fatto tentativi per entrare in discussione sulla eventualità di una pace separata od almeno sul futuro assetto del Montenegro, ma che sia stato mal ricevuto.

Tanto in relazione al telegramma di V. E. del 23 febbraio u.s. n. 304/8 Gabinetto (l) .

523

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 494/80. Atene, 28 febbraio 1916, ore 13,40 (per. ore 17,45).

Oltre considerazioni di che mio telegramma 79 (2) questi miei colleghi dell'Intesa hanno sottoposto ai loro Governi altre due condizioni che secondo essi dovrebbero imporsi alla Grecia per la conclusione del noto prestito; ossia prlmo. rinvio di Skuludis e assunzione Zaimis alla presidenza del consiglio. Secondo, ingerenza dell'Intesa nella polizia segreta che ora si esercita per mezzo dei tedeschi o per lo meno di elementi germanofili.

Ho detto ai miei colleghi che avrei riferito quanto precede a V. E., ma cne a quanto pensiero di V. E. mi poteva essere noto, non credeva sarei stato da lei autorizzato immischiarmi in tale questione (3).

524

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 997/157. Pietrogrado, 28 febbraio 1916, ore 18,15 (per. ore 24).

Interpretazione data in questi circoli diplomatici alle parole di Sazonov relative alla Romania, è che, trovandosi questa, in realtà, in posizione assai delicata e difficile, Governo russo non reputa sia il caso di spingerla ad entrare in azione e preferisce assicurarla che non la abbandonerebbe quando avesse a difendere indipendenza delle sue decisioni.

Nelle sfere militari di Pietrogrado, non si crede che Germania voglia estendere proprie operazioni in Bessarabia, per attaccare su duplice fronte alla sinistra d'Ivanov ed avanzarsi Russia meridionale; ma si tiene presente tale eventualltà e si presuppone, non tanto pericolo di atti ostili tra Germania e Romania, quanto quello di acquiescenza di quest'ultima al transito dei tedeschi per la Moldavia, acquiescenza che dopo un successo tedesco, potrebbe diventare concorso, per quanto mal conforme agli interessi avvenire ed a savia politica estera e nazionale di quel prudente Governo. Contro questo pericolo, dicono i militari, deve principalmente premunirsi la Russia e tenersi pronta a tal uopo ed avere già sul luogo forze adeguate che rassicurino Romania, che mantengano indipendenza sue decisioni oppure servano a respingere tentativi di invasione nemica.

Frattanto, non dispiace alla Russia la neutralità romena che, salvo misure prudenziali suddette ed altre da convenire con il Gabinetto romeno, la dispensa da nuova azione guerresca che aumenterebbe suo già enorme fronte, mentre così grande opera l'attende altrove.

Le potenze dell'Intesa, e ciò per Sazonov, « s'accontentano » di tale situazione, persuase che Romania non tradirà propri interessi, e che, alla sua ora, saprà [difendere] unità nazionale al prezzo del proprio sangue.

Un prematuro intervento della Romania, la quale, giusta sue stesse dichiarazioni, non potrebbe prolungare guerra al di là di alcuni mesi, sarebbe pericoloso per tutti e, in caso di disgrazia, onerosissimo per la Russia; è necessario che Romania, le cui comunicazioni con l'estero sono cosi infelici e che produce finora poco materiale di guerra, sia provvista abbondantemente di quanto occorre prima di entrare in campagna. Non sono di poco momento la quantità e qualità forze nemiche che dovrebbe affrontare, oggi, soprattutto, che la Serbia è scomparsa, e che i bulgari si sentono sempre più padroni del campo da che turchi devono preoccuparsi dell'Anatolia.

D'altro canto, Romania nutre rivendicazioni che·, se realizzate, raddoppierebbero quasi sua popolazione territorio; e non mai, con minore alea e con minore sacrificio, le sue aspirazioni potrebbero sortire successo, che con l'approfittare della guerra presente e della cooperazione dei russi. Se occasione fosse lasciata sfuggire, quale sarebbe situazione Romania circondata dall'antagonismo dei bulgari, dalla sospettosa ostilità degli ungheresi, dall'indifferenza, per dire poco dei russi? Qualche alea, in siffatte condizioni, bisogna pure correrla e, dopo che preparazione interna e intesa con l'estero siano compiute, una ulteriore attesa della Romania per entrare in campagna non farebbe che aggravarne le diHl.coltà, dando il tempo agli austro-tedeschi, sui quali la rapidità ha grande effetto, di prendere tutte le precauzioni.

Si aggiunge che, ove frattanto sopravvenisse momento propizio a negoziati di pace, Potenze Intesa non aspetterebbero, per attaccarli, che Romania si fosse impadronita della Transilvania e del Banato.

Questo, in sostanza, è il senso dei discorsi nei circoli militari e circoli politici Romania, e, da ultimo, dei commenti alle parole di Sazonov circa Romania.

Quanto poi alla «scelta del momento » come dice Bratiano, «alla sua ora » come dice Sazonov, tutti si accordano nel prevedere che essa coinciderà con il risultato positivo e solido di una serie di successi degli alleati.

Diamandy mi ha detto avere avuto buona impressione dal discorso del ministro, e crede che tale sia pure quella avuta a Bucarest. Egli ha poi rilevato, incidentalmente, passaggio del discorso che allude agli sbocchi marittimi della Russia, là dove si dice «non è verso sponde Scandinavia che Russia si sente attirata dalla sua storia, è in tutt'altra direzione che essa deve ottenere sbocco al mare libero l> (l).

(l) -Cfr. n. 500, nota l, p. 370. (2) -Cfr. n. 521. (3) -Sonnino rispose con t. gab. 322 del 29 febbraio, ore 19: «Approvo risposta data da V. s.».
525

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 497/100. Pietrogrado, 29 febbraio 1916, ore 15 (per. ore 20,25).

Telegrammi di V. E. gabinetto 175 e 177 (2).

Ho richiamato attenzione di Sazonov sul contenuto dei telegrammi suddetti ed ho per parte mia ripetuto quanto da V. E. e da altre fonti avevo appreso circa alte benemerenze dell'Italia, e in primo luogo della sua marina, nel salvataggio dei serbi esprimendo mio rammarico che queste non venissero riconosciute pubblicamente e in modo adeguato anche dal Governo russo.

Sazonov mi ha risposto che con le sue parole egli aveva appunto voluto rievocare l'opera prestata dagli alleati in questa circostanza e non pensava certo nel menzionare l'antica alleata Francia che Italia o Inghilterra potessero adombrar'sene ma che per confermare gli apprezzamenti e le sue disposizioni a nostro riguardo ben volentieri avrebbe colta la prima occasione per rendere un nuovo pubblico omaggio alle benemerenze della nostra marina.

526

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 501/19. Stoccolma, 29 febbraio 1916, ore 20,50 (per. ore 10,20 del 1° marzo).

Nove marzo avrà luogo a Copenaghen un convegno dei presidenti del consiglio e dei ministri degli affari esteri di Svezia, Norvegia e Danimarca. Tale convegno non è determinato da nessuna questione speciale e probabilmente non [darà] risultati concreti, ma è una nuova affermazione del buon accordo fra i tre Stati scandinavi e come tale va salutata con soddisfazione, specialmente dopo le note ambiguità della politica di Hammarskjold. Sembra che l'iniziativa sia partita dal Governo svedese il quale probabilmente ha voluto anzitutto [rassicurare] Norvegia dopo voci corse di possibile mobilitazione e forse ha agito anche per

considerazioni di politica interna, poictié-certamente il convegno produrrà ottima impressione su questa opinione pu'Qblica. È sintomatico che questa nuova manifestazione di solidarietà scandinava avven~a in un momento in cui i rapporti, senz~ essere tesi come al tempo del convegno di Ma.lmo, presentap.o di nuovo qualche ditncoltà per le ragioni da me esposte hel rapporto n. 36 (1).

Da parte della Danimarca si sarebbe insistito perché il convegno avvenisse a Copenaghen e non a Stoccolma come il Governo svedese avrebbe voluto e si avrebbe anche qualche vaga preoccupazione per la possibilità che Hammarskjold ne profitti per fare qualche proposta imbarazzante.

Prego V. E. di tenere per il momento segrete queste informazioni che debbo ad una confidenza personale.

(1) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Bucarest con t. 554 del 29 febbraio, ore 18. (2) -Numeri particolari di protocollo per Pietrogrado del nn. 502 e 508.
527

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. 561. Roma, 29 febbraio 1916, ore 24.

Suo telegramma n. 62. (2).

Una prima risposta a proposta americana per disarmo navi mercantili fu consegnata 19 corrente questo Ambasciatore di America ed Ambasciatori Francia, Inghilterra, Giappone. Fu spedita per posta a V. E. Olt.re punti comunicatile con mio telegramma 403 (3) risposta. conteneva seguenti altre considerazioni.

L'esercizio effettivo della facoltà di difesa, riconosciuta nel diritto delle principali Potenze marittime ed ammesso dalla stessa Germania nonché consentita dal Governo americano, può bensì spogliare nave delle prerogative attribuitele dal diritto dell~ genti; ma affermare che sola possibilità di resistenza per presenza armi a bordo basti privarla ogni protezione giuridica sia di fronte belligeranti sia di fronte neutrali, come codesto Governo pareva ammettere, è assolutamente contrario tutte le norme vigenti.

Nota concludeva che, salvo intesa con alleati, R. Governo non sarebbe alieno consentire modificazione queste norme e rinunciare armamento suoi piroscafi quando tutti belligeranti ammettessero contemporaneamente divieto assoluto affondare navi mercantili nemiche, anche dopo messo al sicuro il personale di bordo, salvo nelle ipotesi di violazione di blocco, resistenza o fuga e mentre resistenza o fuga durano. Ciò· sarebj)e stato secondo R. Governo, in armonia coi migliori principii diritto di guerra contemporaneo e progresso civile ed anche con regole della dichiarazione di Parigi circa diritti dei neutri:

V. E. vorrà fare rilevare a codesto Governo che nostra risposta ufficiale definitiva sarà concertata con i nostri alleati.

(-3) Cfr. n. 468.
(l) -Non pubblicato. (2) -Con t. 992/62 del 29 febbraio, non pubblicato, Cellere aveva comunicato che 11 segretario di Stato aveva «fatto annunziare dai giornali di aver ricevuto la rispost.a. dell'Italia alla sua proposta per li disarmo delle navi mercantili».
528

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 325. Roma, 1° marzo 1916, ore 14.

(Meno Atene) -Ho telegrafato a R. ministro ad Atene quanto segue: (Per tutti) -Comandante forze italiane in Albania telegrafa in data 29 febbraio quanto segue:

«Forze irregolari vanno accentrandosi a Berat: nostro informatore fa ascendere a 13 mila e non ritiene numero sia esagerato. Richiamo attenzione su fatto che tali bande non potrebbero organizzarsi senza valido aiuto autorità greche. Da Coriza a Berat vanno alcuni capi-banda greci, noti per aver preso parte eccessi Macedonia e quelli Epiro; fra essi informatore Mitzociorri di Kimara e capitano Krumida di Janina, noti ministero esteri. A capitano Krumida attribuito piano attacco fronte sud, che svilupperebbe secondo due direttrici, cioè da Vasuri per Zemblan verso Maia-Tartarit e da Kuci per Kalarat verso Vraniste. Tale piano non potrebbe essere messo in azione senza tacita connivenza autorità di Argirocastro, di Tepeleni e di Kimara, poiché per prima direttrice occorre aiuto da Tepeleni, e per seconda devesi attraversare territorio ove Grecia ha propri distaccamenti ordinari. A noi converrebbe occupare alcune cime prossime, ma oltre il confine, per migliorare sistemazione nostra difesa e ci asteniamo per riguardo verso Grecia; mentre essa viene mercanteggiare in modo evidente doveri sua neutralità. Sembrerebbemi che fosse necessaria energica rimostranza, con minaccia occupare punti necessari prevenire pericolo. Creduto doveroso rappresentare situazione».

Prego V. S. chiedere spiegazioni e fare rimostranze a codesto Governo, astenendosi per ora dal minacciare nostre occupazioni, ma avvertendo che se Governo ellenico non provvede potranno derivarne spiacevoli conseguenze.

529

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 503/83. Atene, 1° marzo 1916, ore 15,20 (per. ore 19,20).

Mio telegramma gabinetto n. 80 (1).

In ulteriori conversazioni avute con Elliot, Venizelos si è dimostrato favorevole di porre come condizioni del prestito alla Grecia smobilitazione e Ministero Zaimis lasciando al tempo e alle circostanze la cura di preparare e di maturare intervento della Grecia a lato dell'Intesa. Dalle notizie che qui giungono sembra che né a Parigi né a Pietrogrado si è favorevoli all'idea della smobilitazione

greca. Credo che vi si abbia torto e che tutto considerato convenga favorire quell'idea nel modo più emcace possibile. Una Grecia mobilizzata ed anche materialmente alleata è ormai da considerarsi più come un peso che un vantaggio per l'Intesa.

(l) Cfr. n. 523.

530

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 509/105. Pietrogrado, 1° marzo 1916, ore 16 (per. ore 15 del 2).

Questo rappresentante ellenico mi ha detto che passaggi del discorso Sazonov che più saranno discussi in Grecia sono: primo quello relativo alla preventiva distinzione fra Sovrano e popolo in Bulgaria e, secondo, quello che richiama articolo 8 del trattato di Londra del 1830.

Per quanto riguarda primo passaggio Caclamanos mi ha velatamente lasciato intravedere sue preoccupazioni di una possibile riconciliazione della Russia con il popolo bulgaro. Circa il secondo egli si è limitato ad osservare che per la prima volta veniva citato quell'articolo la cui lata interpretazione vincolerebbe la sovranità della Grecia.

Osservo per parte mia (ma naturalmente non ne ho fatto cenno al mio interlocutore) che trattato del 1830 non poteva riguardare Salonicco e Corfù e che articolo 8 non menziona ma non esclude la necessità del consenso dello Stato ellenico alla cui sovranità giusta spirito del trattato non veniva imposta limitazione. Sugli altri passaggi riguardanti Grecia e che non nascondono risentimento per mancato concorso ellenico in favore della Serbia, Caclamanos mi ha detto che non si aspettava diverso linguaggio da parte di Sazonov e che questione era già stata ampiamente discussa in Grecia ove però si tornerà a parlarne. In generale Caclamanos non mi è sembrato soverchiamente impressionato dalle dichiarazioni poco lusinghiere del ministro degli affari esteri russo ed ha tenuto a sottolineare (come lo fece ieri presso questo Governo) favorevole risultato della udienza accordata a Sarrail e smentita di Skuludis alla asserzione di Radoslavov che Grecia si è impegnata ad osservare neutralità sino a fine guerra.

531

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. POSTA R. 515/7. Berna, 1° marzo 1916 (per. il 4).

Del processo dei colonnelli ho discorso oggi a lungo con il consigliere Motta.

Egli si è scusato meco di non avermi parlato più chiaramente nella nostra conversazione dei primi di gennaio (e di cui riferii a V. E. col mio rapporto n. 8/50 del 13 gennaio) (1). Egli ed i consiglieri Hoffman e Décoppet, che erano soli a parte del segreto, si studiarono anzi allora di tener nascosta la cosa persino agli altri quattro loro colleghi del Consiglio federale per vedere se fosse possibile di impedire quello scandalo che scoppiò invece portroppo, pochi giorni dopo, con tanto danno per il prestigio svizzero. Il Motta mi ha detto che, se fosse stato giudice, egli non si sarebbe pronunciato diversamente da quel che fece ieri il tribunale, perchè la deposizione del Langie, che avrebbe dovuto essere il gran testimone d'accusa, fu pov(;lrissima e senza prove (e ciò mi.è pure confermato da varie parti e da testimoni degni di fede), mentre poi per la comunicazione del bolletino, il tribunale trovò che quel documento non aveva caratteri di un vero documento segreto «Un bollettino segreto tirato a 70 esemplari! » Gli ho osservato allora che anche i nostri documenti diplomatici ed i cifrari sono tirati a molti esemplari, ma che ciò non toglie che siano documenti segreti.

Il Motta ·ha dovuto convenir meco che il colonnello von Sprecher uscì da quella sfera di riserva nella quale avrebbe dovuto tenersi. Del resto i Considerando del tribunale suonano, come egli mi ha aggiunto (naturalmente a titolo confidenzialissimo), come una severa lezione al capo di Stato Maggiore.

Ho potuto capire da alcune parole del Motta che il Consiglio federale, d'accordo col generale Wille, prenderà le misure necessane per aar soddisfazione a quell'opinione pubblica, che, senza leggere i Considerando della sentenza ha male interpretato il verdetto. Il consiglio federale si radunerà stasera. Credo che si proporrà la messa in disponibilità dei due colonnelli, ciò dal punto di vista militare, e la sospensione dello stipendio, come impiegati federali, sino a tutta la durata della guerra. Si spera di calmare così gli animi già eccitati della Svizzera romanda.

I resoconti dei giornali monchi ed incompleti, non parlano delle informazioni del bollettino fatte dai colonnelli ai due addetti degli Imperi centrali. So che si tratta di ben 170 comunicazioni riguardanti il nostro paese, mentre appena 50 concernono la Francia e l'Inghilterra. Queste informazioni si riferivano alla dislocazione di truppe alla frontiera, al movimento dei treni militari ed alla ubicazione dei cannoni.

532

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 1023/25. Cristiania, 2 marzo 1916, ore 1,15 (per. ore 7,20).

Il nove corrente avrà luogo a. Copenaghen un convegno al quale parteciperanno il presidente del consiglio dei ministri ed il ministro degli affari esteri. rispettivamente, di Svezia, Norvegia, Danimarca.

La cosa è tenuta, tuttavia, segreta.

Governo svedese avrebbe presa l'iniziativa della riunione.

(l} Non pubbllcato.

Sembra che Governo norvegese, persuaso dagli argomenti impiegati; avrebbe aderito subito senza difficoltà, quello danese inv2ce avrebbe annuito a condizione che il .convegno non avesse luogo a Stoccolma.

Questo ministro degli affari esteri ha dichiarato ai miei colleghi di Francia e Inghilterra che il convegno ha, unicamente, per iscopo scambio di vedute onde rinforzare politica di neutralità scandinava; ma, a mio avviso, si tratta di un tentativo di collaborazione dei cosidetti clubs degli interessi comuni commerciali, che sotto le apparenze di fare argine contro i due campi del conflitto europeo, potrebbe essere diretto specialmente contro l'Inghilterra.

Per quanto concerne atteggiamento della Norvegia, la presenza nel convegno del presidente del consiglio dei ministri norvegese decisamente favorevole àgli [alleati]. potrebbe costituire una certa garanzia.

533

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1028/64. Washington, [2] marzo 1916, ore ... (per. ore 15,10).

Mio telegramma n. 61 (1).

Dopo aver esplicata la massima energia per impedire che il congresso, votando una risoluzione intesa diffidare i cittadini americani dall'imbarcarsi su piroscafi armati, lo indebolisse nei negoziati con la Germania, Wilson con pari energia invoca oggi d'improviso, sostanzialmente per le stesse ragioni, che il Congresso si pronunzi al riguardo senza ritardo.

In una lettera al presidente della commissione del regolamento della Camera egli dichiara infatti che crede necessario sortire dal pronunziamento dei giorni scorsi, che cioè il Congresso sia diviso nel giudicare la politica estera del Governo in modo da esporre il paese a gravi rischi, e che occorre quindi che il Congresso, attraverso una pubblica discussione ed un voto, sopprima al riguardo ogni dubbio e congettura. così da eliminare perniciosi equivoci.

Mi consta che Wilson si è deciso a questo passo dopo aver saputo che si è fatto credere a Berlino che il Congresso gli è contrario in ragione di cinque contro uno; mentre in seguito all'intenso lavorio da lui fatto i giorni scorsi, egli si ritiene ormai sicuro di una maggioranza che vuole pubblicamente affermata per ridurre possibilmente la nuova pericolosa resistenza della Germania.

Quei democratici, il cui precedente atteggiamento fu motivato soprattutto dalla paura dei propri elettori tedeschi, sono irritatissimi contro Wilson per il bivio nel quale li pone. di ribellarglisi o di perdere i rispettivi collegi. In questa condizione è probabile che, per girare la difficoltà, i democraticti dovranno contraddirsi a loro volta dichiarando che la politica estera è affare del potere esecutivo; con che, mentre daranno mandato di fiducia al presidente, eviteranno di compromettersi direttamente sul tema in discussione.

I repubblicani appoggeranno in questa occasione quasi unanimemente Wllson. Da questa situazione interna, che suscita grave fermento, emerge però il proposito del presidente di giuocare ormai con la Germania a carte scoperte.

(l) Cfr. n. 511.

534

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. 579. Roma, 2 marzo 1916, ore 15,30.

Mi riferisco mio telegramma n. 325 O). Comando corpo speciale in Albania telegrafa quanto segue: « Comunico informazioni situazione nemico partecipate anche Comando

Supremo. Attualmente risulta avanzata due corpi d'armata austriaci da Durazzo Tirana con imprecisato concorso bulgari da Elbassan dietro fitto velo bande irregolari collegantesi con vasta agitazione greco-epirota che sembrerebbe occultare anche notevoli spostamenti austro-bulgari verso Argirocastro oer concorrere attacco Kaza Valona da est e da sud».

535

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1048/145. Bucarest, 2 marzo 1916, ore 21 (per. ore 18 del 3).

Telegramma di V. E. n. 554 (2). Mi risulta Bratiano aveva esitato lasciare pubblicare qui brano del discorso Sazonov relativo alla Romania, e solo all'ultimo momento si era deciso rinunziare ad attenuarlo. Mio collega Russia mi riferisce avergli Bratiano detto a tale proposito che egli non aveva nulla da osservare all'insieme delle dichiarazioni di Sazonov, ma che avrebbe preferito che fosse stato omesso brano in cui si parlava della fiducia che la Romania non avrebbe tradito propri interessi ed avrebbe realizzato unità nazionale a prezzo del proprio sangue. Ciò tanto più in quanto non era ben chiaro che si trattasse di un apprezzamento personale di Sazonov e non di impegno

formale preso dalla Romania. Bratiano ha aggiunto di aver dato istruzioni a Diamandy di esprimersi in questo senso con Sazonov.

Poklevsky ha poi osservato che quasi tutte le volte che Sazonov ha parlato pubblicamente della Romania, Bratiano si è lamentato di essersi inutilmente compromesso. Circa accenno di Sazonov all'accesso della Russia al mare libero attraverso Dardanelli, non si può negare che questa prospettiva riesce qui piuttosto ostica (mio telegramma 134) (1).

(l) -Cfr. n. 528. (2) -Cfr. n. 524, nota l, p. 386.
536

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1050/57. Cairo, 3 marzo 1916, ore 13,55 (per. ore 18,30).

Procuratore Generale, ha presentato, ieri, conclusioni corte d'appello mista Alessandria, affermando incompetenza assoluta tribunali misti per italiani, siano attori che convenuti.

Ha aggiunto che magistrati italiani, dal 1° febbraio, non hanno più qualità per giudicare nei tribunali misti: ha concluso che prolungamento situazione pregiudica esercizio giustizia, e che Governo egiziano sarà costretto tutelare interessi giudicabili nei rapporti con sudditi italiani.

Tale larvata minaccia è variamente giudicata, essendo impossibile che autorità egiziane possano attaccare regime capitolare nei nostri riguardi.

Si aspetta ora sentenza corte d'appello.

Sarebbe vivamente desiderabile una pronta soluzione, anche per calmare preoccupazioni colonia e, specialmente, ceto forense che, da un mese, sospese tutti gli affari.

537

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 516/107. Pietrogrado, 3 marzo 1916, ore 16 (per. ore 14 del 4).

Nel suo colloquio con Sazonov Filippesco ha espresso l'opinione che la Romania entrerebbe in azione decisamente a fianco dell'Intesa quando le quattro potenze prendessero simultaneamente l'offensiva e quando Romania avesse ricevuto munizioni esplosivi e in genere il materiale e il macchinario da essa ordinati all'estero, particolarmente in Inghilterra.

Filippesco . ha pure accennato alla condizione che Romania non abbia a combattere che sopra una sola. fronte e cioè quella occidentale. Su quest'ultimo argomento sono stato pregato di osservare segreto.

Sazonov ha ih sostanza parafrasate le sue dichiarazioni alla Duma ma naturalmente non ha nascosto la sua speranza che Romania entri in azioni a fianco dell'Intesa.

Colloquio è stato cordiale e Sazonov ne è soddisfatto. Dal canto suo Diamandy che forse temeva soverchia espansività di dichiarazioni fra i due interlocutori, mi è sembrato del tutto tranquillizzato. Egli mi ha detto che prima aveva ricevuto per via indiretta invito recarsi visitare fronte germanica, ciò che egli aveva declinato allegando non solo i suoi principii politici ma anche la delicata posizione in cui si sarebbe trovato visitando entrambe le fronti. Fronte che egli visiterà in Russia sarà probabilmente quella meridionale. A quantp sembra egli avrebbe rinunciato a recarsi a Londra e Parigi. Diamandy gli avrebbe suggerito di recarsi in Svezia ma nessuna decisione è stata da lui presa in proposito.

(l) T. 969/134 del 27 febbraio, ore 15,10, non pubblicato: riferiva i commenti dell'organo marghilomanista La Politica circa le opinioni russe sui Dardanelli.

538

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T; GAB.. 513/85. Atene, 3 marzo 1916, ore 18,05 (per. ore 21,35).

Ho parlato Skuludis nel senso del telegramma di V. E. gabinetto n. 325 (l) e gli ho lasciato nota scritta al riguardo. Gli ho anche ricordato domanda da me fattagli in seguito al telegramma di V. E. gabinetto n. 274 (2), domanda a cui non era stata data ancora risposta. A titolo confidenziale e personale gli ho dato conoscenza telegramma V. E. n. 579 (3). Facendogli tale comunicazione ho seriamente richiamato attenzione di Skuludis sulla necessità assoluta favorirci rapide esaurienti informazioni allorquando gli presentiamo domande di questo genere e ciò nell'interesse dei buoni rapporti tra le nostre autorità e le autorità greche dell'Epiro. Ho aggiunto che tali rapporti che erano stati sempre ottimi dal principio delle nostre reciproche occupazioni, occorre restino tali e non conviene che in seguito al sospetto che le autorità greche siano lente o negligenti le nostre autorità militari si veggano costrette a prendere misure che possano sembrare indispensabili per la loro sicurezza.

(-3) Cfr. n. 534.
(l) -Cfr. n. 528. (2) -T. gab. 274 del 17 febbraio, ore 21, non pubblicato: ritrasmetteva ad .Atene un .tela, gramma del generale Bertotti circa lo sconfinamento di un reparto greco in territorio italiano aggiungendo l'istruzione di chiedere informazioni in proposito al Governo ellenlço.
539

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMEASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SERRA

T.. 594. .Roma. 4 marzo 1916, ore 15.30.

(Per Cairo): Suo telegramma n. 57 (1).

La questione dei tribunali misti ha formato oggetto di coiloqui con Rodd. Gl1 ho fatto osservare che non posso accettare la formala proposta per la nota italiana anche perché contiene una contraddizione in termini che la rende oscura e fonte inevitabile di spiacevoli discussioni e di future divergenze. Ho proposto invece un testo che mi sembra più logico perché quadra colla politica sempre· seguita dall'Italia verso l'Inghilterra nei riguardi dell'Egitto. Questa politica fu sempre ispirata al concetto di appoggiare lealmente la Gran Bretagna nelle varie questioni internazionali sorte in Egitto, ma con la riserva di non ammettere mai che gli interessi e la situazione dell'Italia in Egitto fosse posta in condizione di inferiorità di fronte a qualsiasi altra potenza. Non vogliamo stare un gradino più in alto di altre Potenze, ma non ammettiamo essere posti in gradino più in basso. Ho quindi offerto di confermare nella nostra nota la dichiarazione fatta a Londra nell'ottobre 1912 in occasione della abolizione del regime capitolare in Tripolitania. Quanto alla formula della nota inglese responsiva, l'ho accettata in seguito alla formale assicurazione di Rodd che essa, colle perifrasi inevitabili in Egitto, significa che la nomina del giudice italiano sarà fatta entro due mesi.

Qui appresso riproduco testo delle due note:

l a NOTA ITALIANA

In vista delle spiegazioni circa il carattere del tutto eccezionale delle recenti nomine, il Governo italiano ha dato istruzioni al suo agente diplomatico in Cairo di significare la sua incondizionata adesione alla proroga dei tribunali misti.

Essendosi nel corso della predetta discussione fatta allusione all'eventualità della scomparsa dei tribunali misti, il Gonrno italiano, ricordando le sue dichiarazioni dell'ottobre 1912, ne prende occasione per confermare la sua adesione all'eventuale abolizione delle capitolazioni in Egitto qualora vi consentano le altre potenze e restando bene inteso che sarà rispettata la perfetta eguagllanza tra il trattamento dei nostri interessi in Egitto con quello delle altre potenze.

2a NOTA INGLESE

Nel prendere nota delle assicurazioni date dal Governo italiano nella nota di V. E. il Governo di Sua Maestà conferma che avrà il piacere di attirare la attenzione del Governo egiziano sulla utilità di nominare un giudice italiano nelle medesime condizioni delle nomine. dell'anno scorso qualora si faccia una nomina addizionale tra due mesi.

Esso aggiunge che la condizione dei tribunali al Cairo rende questa nomina estremamente probabile. Rodd ha accettato per conto suo questi testi e ha detto avrebbe appoggiato tale soluzione.

Prego V. E. agire nel senso suddetto.

(l) Cfr. n. 536.

540

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1063/66. Washington, [4] marzo 1916, ore ... (per. ore 15,50).

Mio telegramma n. 64 (l).

Senato, compreso della gravità situazione e per influire sulla Camera che si mostra riluttante all'appello del presidente, ha assunto la precedenza e, dopo aver discusso ieri mozione del Gore intesa a diffidare cittadini americani dall'imbarcarsi su piroscafi armati, ne ha voluto oggi aggiornamento (con che l'ha sostanzialmente respinta) con 68 voti contro 14.

Una manovra del senatore Gore, che per ingenerare l'equivoco ha modificato all'ultimo momento testo della propria mozione, non altera significato del voto, col quale Senato ha inteso rafforzare azione presidente sgombrandogli terreno da ogni inframmettenza del potere legislativo, suscettibile di equivoci e perniciosa interpretazione.

Segretario di Stato che ho veduto testè non mi ha nascosto il suo compiacimento per questa manifestazione che se, come egli spera, troverà eco nella Camera, sarà di monito alla Germania nel proseguimento dei negoziati, al presente, deliberatamente sospesi da Wilson.

541

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 518/108. Pietrogrado, 4 marzo 1916, ore 16 (per. ore 23,40).

Mi è stato riferito da... (2) che un rappresentante del ministero della guerra inglese ha avuto occasione recente di intrattenere il ministro della guerra francese circa la progettata offensiva da Salonicco per l'epoca in cui grandi forze potranno esservi concentrate. Non ho finora notizie circa il risultato di quel colloquio. Mi risutla soltanto che il War Office considera come assai grave la questione dei rifornimenti di un grande· esercito (per lo meno il doppio delle attuali forze) mediante il solo insufficiente porto di Salonicco. Può darsi che pertanto venga ventilata l'idea di concentrare il futuro esercito serbo a oriente di Salonicco sia nella Calcidica (che è vuota) sia nella regione di Cavalla e Drama qualora essa venisse evacuata in seguito ad eventuale smobilitazione ellenica. Ciò avrebbe il duplice vantaggio di mantenere impegnate in vari punti e indebolire le forze bulgare e ridurre la loro pressione sulla frontiera romena. Mi sembra non manchi di valore, anche per noi, l'argomento della inopportunità di

aumentare soverchiamente il concentramento di Salonicco come quello della convenienza di distrarre forze bulgare su vari punti, nostra presenza a Valona e possibilità minacciare bulgari da ponente contribuendo appunto a quello scopo.

(l) -Cfr. n. 533. (2) -Gruppo indeclfrato.
542

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 333. Roma, 4 marzo 1916, ore 18.

(Meno Atene) -Il R. ministro ad Atene telegrafa quanto segue: <<Ho parlato Skuludis..., ecc.» (come telegramma n. 513/85) (l). (Per Atene) -Nel comunicare ai RR. ambasciatori a Parigi, Londra e Pietrogrado il telegramma di V.S. n. 85 ho soggiunto quanto segue:

(Per tutti) -Prego V. E. intrattenere codesto ministro degli affari esteri su quanto forma oggetto dei mieni telegrammi n. 325 e 579 (2) e della comunicazione di De Bosdari surriferita sollecitando istruzioni ai rispettivi rappresentanti ad Atene perché appoggino le nostre domande. V. E. vorrà fare osservare che è interesse evidente degli alleati che la Grecia ci risponda e si comporti in modo da non obbligarci a immobilizzare troppe forze militari italiane per la sola difesa di Valona.

543

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (3)

T. GAB. 334 Roma, 4 marzo 1916, ore 20.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro in Atene quanto segue:

(Per tutti) -Barrère mi comunicava che erano state impartite istruzioni dal suo Governo al ministro francese ad Atene di dare notizia al Governo ellenico che le autorità militari ritengono necessaria per la sicurezza del presidio di Corfù la provvisoria occupazione dello scoglio Tignoso situato al nord di Corfù all'entrata del canale ed inoltre dell'isola Sivota presso l'Epiro. Egli mi pregava di dare istruzioni al R. rappresentante di associarsi a tale passo, come vi si associava anche il ministro inglese.

Ho risposto consentendo.

Prego V. S. agire in conformità di quanto precede.

(l) -Cfr. n. 538. (2) -Cfr. nn. 528 e 534. (3) -Ed. In SONNINO, Diario, cit., pp. 322-323.
544

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 543/84. Atene, 4 marzo 1916 (1)

Facendo seguito al mio telegramma di ieri gabinetto n. 85 <2>, ho l'onore di trasmettere qui unito la copia della nota che io rimisi a Skuludis relativamente ai sospetti che l'attitudine delle autorità greche dell'Epiro settentrionale ha suscitati nel generale Bertotti. Nella redazione di questa nota e nelle spiegazioni verbali con cui ne accompagnai la rimessa al signor Skuludis, procurai di conformarmi alle intenzioni di moderazione che V.E. volle indicarmi. Come peraltro riferii nel precitato mio telegramma, non nascosi a Skuludis che la questione avrebbe potuto assumere molta gravità se avessimo dovuto costatare da parte greca malvolere, o semplicemente negligenza, nel fornirci le spiegazioni che domandavamo, come purtroppo già si era verificato nel caso precedente. La risposta del signor Skuludis fu come al solito vaga e dilatoria. Poco mi aspetto da lui e dallo stato maggiore ellenico, che sembrano credere che la Grecia possa indefinitivamente contare sulla indulgenza italiana. Non escludo quindi la possibilità che le nostre autorità militari di Valona debbano quanto prima trovarsi costrette ad agire a loro guisa. In ogni caso, vengano o non vengano da Skuludis assicurazioni in apparenza soddisfacenti, sarà certo opportuno non contare soverchiamente su di esse.

ALLEGATO

DE BOSDARI A SKULUDIS

Atene, 16 febbraio/2 marzo 1916.

NOTA VERBALE

D'après un rapport du Commandant du Corps d'occupation de Valona des forces irrégulières d'à peu près 13.000 hommes sont en train de se concentrer à Berat. Le Général Bertotti considère que ces forces ne sauraient s'organiser sans l'appui des autorités grecques de l'Epire. Des chefs de bandes helléniques, bien connus pour avoir pris part aux mouvements de la Macedoine et à ceux de l'Epire viennent de Koritza à Berat; entre autres le nommé Mizzochieri de Kimara et le nommé Krumide de Janina, bien connus par le Gouvernement Italien. On attribue à Krumida un pian d'attaque au front sud qui serait développé dans deux directions, de Vasuri par Zemblani vers Maia-Tartarit et de Cuci par Calarat vers Vranisti. Ce plan ne pourrait etre mis en éxécution sans la connivence des autorités helléniques d'Argyrocastro, Tepelen et Kimara, parce que dans la première direction il serait nécessaire de recevoir une aide de Tepelen, et dans la duxième il serait nécessaire de traverser un territoire où la Grèce a des détachements. Il serait très utile pour l'armée d'occupation italienne, pour entraver ces plans, d'occuper certains sommets situés dans le territoire occupé par la Grèce, mais jusqu'à présent les forces italiennes s'en sont abstenues par égard pour la Grèce. Si cependant les autorités grecques ne pourvoiront pas à écarter les dangers susindiqués, le Gouvernement Royal ne peut pas garantir que cela ne puisse avoir de facheuses conséquences.

En portant ce qui précède à la connaissance de S. M. Skouloudis le Comte de Bosdari lui serait reconnaissant de bien vouloir lui donner aussitòt que possible des explications satisfaisantes sur l'attitude des autorités grecques en Epire, telle qu'elle est signalée par le Général Bertotti.

Le Comte de Bosdari prend l'occasion pour rappeler à S. M. Skouloudis sa Note Verbale du 5/18 fevrier sub. N. 427 qui n'a pas encore reçu de réponse quoique celle ci fiìt considérée comme urgente.

(l) -Manca l'Indicazione della data d'arrivo. (2) -Cfr. n. 538.
545

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI

T. GAB. PER CORRIERE 339. Roma, 5 marzo 1916.

In relazione al telegramma di V. E. gabinetto n. 79 del 27 febbraio (1), Le comunico il seguente pervenutomi dal ministero delle colonie (n. 478) del 4 marzo: «Trascrivo qui appresso l'estratto di un telegramma n. 59, in data 28 corrente àel Generale Ameglia da Bengasi, intorno all'annunziato ritiro di Sidi Ahmed Scerif a Giarabub:

Circa ritiro Gran Senusso verso sud con numerosi armati corrono due versioni: prima essere sua intenzione continuare ostilità contro Egitto; seconda Gran Senusso volersi astenere da guerra contro Egitto ed avere seco forte nucleo armati per sua difesa caso molestie da parte turchi.

Data situazione interna sembra più attendibile seconda versione».

Già con mio telegramma espresso n. 395 del 19 febbraio u. s. (2) informai

v. -E. che, avendo chiesto al R. agente diplomatico in Cairo di accertare le informazioni pervenutemi da Tripoli circa l'avvenuta partenza del Senusso con tutti gli Acuan e circa 500 armati per Giarabub, aveva avuta la risposta che correva voce che il Senusso sarebbe giunto a Siva con l'intento di attaccare l'Egitto su diverse fronti tenendo le oasi come base di operazioni. V. -E. con telegramma-posta n. 2472 del l o marzo corrente (2), riferendosi appunto, al mio n. 395 del 19 febbraio u. s. sopra ricordato, mi ha comunicato, quanto le ha telegrafato il 29 stesso mese il R. agente diplomatico al Cairo, che, cioè, il Senussi travasi a Siva con 3000 armati, 12 ufficiali turchi, 2 cannoni 2 mitragliatrici e intende stabilirsi nelle oasi come centro della sua difesa. V. -E. conchiude: « La questione che era sorta in seguito alle discordanti notizie giunte sui movimenti del Senusso sembra così essere chiarita per ciò che riguarda l'atteggiamento del Senusso stesso verso gli inglesi».

Se ho bene interpretato il pensiero dell'E. V., ella arguisce che il Senusso si sia ritirato a Siva non con propositi di offesa contro l'Egitto, ma di difesa contro gli inglesi.

Io credo che non solo il Senusso, ritiratosi nelle oasi, non medita offesa contro l'Egitto, ma neanche teme di esservi attaccato dagli inglesi. Mi pare pertanto

verosimile la versione ritenuta atendibile anche dal generale Ameglio, che, cioé, il Senusso organizzi a difesa le oasi nelle quali si è ritirato per il caso di molestia da parte dei turchi, cioè degli elementi turchi entrati in Cirenaica da Costantinopoli.

Mi induce in questo pensiero il fatto che fin dall'inizio delle ostilità alla frontiera occidentale dell'Egitto, il Senusso ha ostentato di essere estraneo agli attacchi contro gli inglesi e di lamentarsi di non essere riuscito nonostante ogni buona volontà, a tenere in freno Nury bey e compagni che premevano per attaccare l'Egitto e che l'Inghilterra, almeno fino a che non scoppiò il conflitto, l:la mostrato di adagiarsi in queste spiegazioni.

Sappiamo che i beduini senussiti del Mariut non hanno fatto causa comune con gli arabo-turco-tedeschi di Nury bey, e cioè deve attribuirsi a ordini dei capi zauia e del Senusso stesso. Forse, se questa circostanza non si fosse avverata, le sorti del conflitto avrebbero potuto essere diverse.

Questo è il mio modo di vedere, desunto dagli elementi che sono in mio potere e dalla lunga storia delle relazioni tra Senusso e Inghilterra, e dalla costante politica di quest'ultima verso Ahmed Scerif.

Certo però, non può arrivarsi a precise conclusioni data la grande incertezza di notizie. Senonchè, il tenore del telegramma del marchese Imperiali (Londra n. 79 del 27 febbraio u. s.), l'indugio nel rispondere definitivamente alla nostra proposta di accordo, il fatto che sir E. Grey ha creduto di dover fare nuovamente ricorso alle autorità del Cairo che sappiamo contrarie all'accordo col Senusso da noi proposto, tutto ciò mi induce nuovamente a mettere sotto l'occhio della E. V. il pericolo e il danno che ora a noi deriva dall'indugio nell'avere una risposta concreta dal Governo britannico; poiché, non essendo sicuri di averla affermativa, anzi, essendo fondato il dubbio che essa non sia per essere quale noi la desideriamo, corriamo il rischio di perdere il contatto con i personaggi senussiti, compreso Sidi Hamed Scerif, e di rimaneve quindi scoperti sia verso il Senusso, sia verso l'Inghilterra.

Invoco, pertanto, tutta la cura della E. V., affinché la R. ambasciata a Londra non si stanchi di vigilare in modo che la risposta inglese non si faccia lungamente attendere» (1).

(l) -Cfr. n. 521. (2) -Non pubblicato.
546

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI (2)

T. GAB. 341. Roma, 5 marzo 1916, ore 13.

Oggi Rodd mi ha accennato alla eventualità che Asquith o Grey, ossia quello dei due che andrebbe a Parigi per la riunione politico-militare, venisse poi a farci visita in Italia, insieme con Lloyd George, e mi domandava quando io credessi che la riunione a Parigi potesse aver luogo.

Ho risposto che la progettata visita non poteva farci che piacere, nutrendo io la speranza che di qui a lì sarebbero pienamente sistemate di mutuo accordo le nostre non gravi questioni riguardanti l'assetto giudiziario in Egitto. Quanto all'epoca della riunione di Parigi non potevo ancora dirgli nulla di preciso, tanto più che n rinvio dal lo al 12 marzo della preliminare conferenza esclusivamente militare portava inevitabilmente ad una proroga della riunione plenaria. Supponevo che potesse aver luogo verso il 20 del mese o poco dopo. Che probabilmente il ritardo non avrebbe nuociuto, poiché la battaglia di Verdun avrebbe forse portato tra le sue conseguenze un ritardo nella offensiva generale degli alleati sui vari fronti.

(l) -Per la risposta cfr. n. 629. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, clt., pp. 324-325.
547

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SERRA (l)

T. 606. Roma, 5 marzo 1916, ore 16.

Rodd mi ha chiesto se nella nostra progettata dichiarazione a proposito della eguaglianza di trattamento in Egitto verso l'Italia in confronto delle altre potenze, s'intendesse comprendere nella espressione «altre Potenze» anche l'Inghilterra, potenza protettrice dell'Egitto. Ho risposto che nel mio intendimento quella espressione si riferiva alle terze Potenze, e non comprendeva l'Inghilterra a cui rivolgevamo la dichiarazione stessa, e della quale ammettevamo la posizione privilegiata.

Rodd fece qualche obiezione a che noi esigessimo il riconoscimento del protettorato per parte di tutte le altre Potenze, come condizione preventiva al riconoscimento nostro. Egli però disse di voler aspettare ancora la risposta da Londra ai suoi telegrammi (2) prima di discutere ufficialmente la questione.

Ho risposto suggerendo in primo luogo di restringere la formula alle sole grandi Potenze; e poi continuandosi la conversazione ho accennato che forse mi sarei contentato dell'adesione preventiva o simultanea di tutte le altre Potenze alleate.

548

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A LIONE, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 14/11. Lione, 5 marzo 1916.

Ho l'onore d'informare V. E. che il mio collega d'Inghilterra, n Conte di Salis, ha da poco lasciato Lione per recarsi a Parigi e Londra.

Scopo di questo suo viaggio è quello di riferire personalmente a Sir Edward Grey circa gli avvenimenti che precedettero l'invasione del Montenegro nonché sulla situazione sorta con la venuta del Re Nicola in Francia.

Il Conte di Salis che ha sempre coscienziosamente seguito durante la sua missione le istruzioni del suo Governo, secondo le quali egli doveva sopratutto << rispettare le suscettibilità italiane nel Montenegro » non ha mai appoggiato la politica separata e poco rispettosa dei nostri interessi che, come è noto a V. E., è stata sempre fatta colà dai rappresentanti della Russia e della Francia. Egli mi ha confidenzialmente mostrato parecchi suoi rapporti in cui ne faceva cenno disapprovvandola. In questo ultimo incidente, occasionato dalla domanda del Governo spagnuolo di far pervenire al Re Nicola il messaggio col quale i suoi Ministri al Montenegro gli chiedevano i poteri per negoziare la pace coll'Austria, il Conte di Salis credeva di scorgere i segni di una continuazione dello stato di cose precedente. Senza entrare in esame sull'opportunità o meno di non permettere che il messaggio giungesse al Re, egli rilevava che le decisioni relativamente a questo affare sono state prese, apparentemente, esclusivamente fra il Governo francese e l'Ambasciata russa a Parigi, poiché né a lui né a me risultava che le nostre rispettive Ambasciate o Governi fossero stati consultati in proposito. Ciò poteva far nascere l'impressione che i Governi di Francia e Russia, che già pretendevano monopolizzare le questioni serbe, considerassero anche quelle relative al Montenegro come di loro speciale giuridisdizione. Egli intendeva attirare in modo speciale l'attenzione del suo Governo sopra la diffidenza che un tale atteggiamento poteva suscitare in Italia, i cui interessi nell'Adriatico sono dall'Inghilterra riconosciuti come predominanti, e sulle conseguenze che una tale politica potrebbe, da questo lato, avere su quella fiduciosa intesa che da ogni parte si va predicando debba esistere fra gli Alleati.

(l) -Ed. !n SONNINO, Diario, cit., l p. 325. (2) -Cfr. n. 553.
549

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, E AL PRIMO AIUTANTE DI CAMPO DEL RE, BRUSATI (l)

T. GAB. 342. Roma, 6 marzo 1916, ore 13.

(Per Brusati) -Prego V. E. comunicare a S. M. il Re quanto segue:

(Per tutti) -Questo ministro di Serbia mi ha comunicato che il principe reale serbo desidera venire a ringraziare personalmente i capi degli Stati alleati che hanno cooperato al salvamento dell'esercito serbo e mettersi nello stesso tempo in contatto diretto coi rispettivi Governi. Vorrebbe fare ciò in un momento di relativa calma e si proporrebbe quindi di mettersi in viaggio verso la metà del

mese corrente. Il principe pregava espressamente che data la situazione non sl facessero ricevimenti e solennità di nessuna specie.

Ho risposto che era difficile oggi fare previsioni anche sul più prossimo avvenire che probabilmente la riunione interalleati politico-militare a Parigi avrebbe luogo nella seconda metà di marzo, essendo stata prorogata al 12 la riunione preparatoria militare; che avrei comunicato a S. M. il Re i propositi del principe Alessandro, come pure al presidente del Consiglio.

Alla mia domanda se Pasic avrebbe accompagnato il principe, Ristic rispondeva che supponeva di si ma che Pasic non gliene faceva parola.

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 325-326.

550

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 527/110. Pietrogrado, 6 marzo 1916, ore 17,15 (per. ore 7,40 del 7).

Filippesco partirà di qui per Mosca il 7 corrente e di là si recherà a visitare il fronte meridionale russo.

Egli mi ha detto che stante la ristrettezza di tempo non può recarsi a Londra e Parigi. Non sono alieno dal supporre che ne sia stato dissuaso da questa legazione di Romania che gli fu di guida costante durante il suo soggiorno Pietrogrado. Suo linguaggio è stato qui molto misurato e secondo l'impressione di questo ministro affari esteri sostanzialmente conforme a quello di Bratianu. La sua visita non ha pertanto modificato opinione nelle sfere russe circa contegno e intenzioni della Romania già da me segnalata e che posso riassumere nella formula « la Romania conserverà neutralità fino a quando la situazione militare internazionale non sia positivamente chiarita».

Dal canto suo Filippesco ha riportato impressione soddisfacente dai suoi colloqui con Sazonov, Scebeko e uomini politici. Parlando meco egli ha però molto insistito nel mostrarsi preoccupato del fenomeno, che gli sembrò aver qui constatato, delle non completamente obliterate simpatie verso la Bulgaria e delle non perdute speranze in una resipiscenza dei bulgari. Immemore della proposta accennata a suo tempo dalla Russia di attraversare la Dobrugia per andare a colpire la Bulgaria, egli pareva dubitare del concorso russo contro eventuale attacco bulgaro alla frontiera romena; dubbio che fino a prova contraria non mi sembra giustificato e che per parte mia cercai di dileguare dall'animo di Filippesco.

Quanto all'eventualità di una effettiva pressione germanica sulla Romania, avendo io manifestato la personale opinione che la Germania non vorrebbe accollarsi una nuova guerra con un potente esercito quale è il romeno, salvo il caso in cui stimasse necessario attaccare la Russia meridionale, Filippesco ha sostenuto che la Germania dubita fortemente del contegno della Romania e che perciò potrebbe prevenire i suoi attacchi per non subirli più tardi in condizioni sfavorevoli. Alla mia diretta domanda circa atteggiamento della Romania qualora la Germania volesse attraversare ad ogni modo territorio romeno, Filippesco rispose che la Romania dichiarerebbe la guerra.

Filippesco ha avuto parole molto gentili a nostro riguardo rievocando ricordo (l) e costante amicizia dei due Paesi, accennando pure alla parte così simpatica verso la Romania presa dall'Italia nella conferenza di Pietrogrado del 1913.

551

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (2)

T. GAB. 344. Roma, 6 marzo, 1916, ore 21.

Mio telegramma n. 333 (3).

Giers mi ha comunicato che Sazonov ha telegrafato al ministro russo ad Atene perché diffidi il Governo greco dal permettere che bande si organizzino nell'Epiro, oppure in Albania con l'appoggio di elementi epiroti, per dare molestia agli italiani dal lato sud di Valona.

552

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 522/90. Londra, 6 marzo 1916, ore 22,50 (per. ore 5 del 7).

Colonnello House ripartito per America. Mi risulta che ad una signora sua compatriota egli disse aver fondata impressione che la guerra sarà terminata in autunno. Chiestogli su quali elementi basasse tale impressione declinò di rispondere dicendo che per essere di fresco tornato dalla Germania, ora era tenuto alla massima discrezione. Come già mi disse Grey tutte le simpatie del colonnello sono per la causa nostra.

553

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1106/191. Londra, 6 marzo 1916, ore 22,50 (per. ore 3,45 del 7).

Telegrammi di V.E. 594 e 606 (4). Nicolson mi ha detto, oggi che ha, stamane, telegrafato a Rodd ulteriori osservazioni di questo Governo circa nota questione.

Ha aggiunto che, dal momento che la questione è stata oramai sottoposta direttamente a V. E. pareva preferibile, a scanso d'equivoci, evitare duplice discussione.

A quanto ho capito, Rodd è incaricato di trovare una formula destinata a tener conto del punto .di vista egiziano sulla libertà d'azione, pure dando richiesta assicurazione su assoluta parità di trattamento di fronte qualsiasi altra potenza.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 326. (3) -Cfr. n. 542. (4) -Cfr. n. 539 e 547.
554

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MIIDSTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 1104/27. Cristiania, 6 marzo 1916, ore 23,30 (per. ore 5 del 7).

Seguito mio telegramma 25 (l). Ulteriori indagini mi permettono ritenere che ciascuno dei Governi scandinavi andrebbe alla conferenza di Copenaghen con intenzioni differenti. Governo danese puramente con fini di politica commerciale; Governo norvegese nella speranza, abilmente insinuata (2) nel suo presidente del consiglio dei ministri (2) di scongiurare eventuale pericolo intervento armato svedese nella guerra; Governo svedese con il proposito di rendere, magari con la involontaria acquiescenza degli altri due, più emcace la sua azione di resistenza all'Inghilterra e di favoreggiamento della Germania. Non è da escludersi neppure che nella circostanza, Svezia tenti, almeno parzialmente, attuazione del noto programma di collaborazione scandinava del barone Eclegeer, in merito al quale riferii con i miei telegrammi 55 e 56 ed il rapporto 142 dell'ottobre 1915 (3). La fondata impressione [è] che la riunione di Copenaghen, malgrado le premure dei Governi dell'Intesa, sotto mentite spoglie ha carattere eminentemente politico, e che, in caso di accordo fra i partecipanti potrà avere entro i limiti stessi della neutralità, ripercussione nel contegno degli Stati del nord di fronte al conflitto europeo. Mi risulterebbe infine, che la diplomazia germanica è assai compiaciuta dell'avvenimento. Le manifestazioni contrarie di qualche importante giornale tedesco si direbbero essere una manovra per dissimulare ancora meglio la macchinazione svedese.

(l) -Cfr. n. 532. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Non pubblicati.
555

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 402/100. Berna, 6 marzo 1916 (per. il 9).

Le vicende di questo piccolo «Affaire Dreyfus » svizzero, [ché tale può chiamarsi l'incidente dei colonnelli] (1), la denunzia, la sentenza e le sanzioni della autorità federale e militare suggeriscono, post tactum, una serie di considerazioni d'ordine vario che sono quasi la morale della favola.

Mi studierò di qui riassumerle brevemente.

È certo che la compagine delicata della Svizzera soffri dalla denunzia dello scandalo un colpo sì rude da far credere un istante che il forte edificio fosse scosso sin dalle fondamenta. Le passioni politiche e le rivalità etniche che ebbero momentaneamente il sopravvento, travolsero gli animi, rendendo i confederati tedeschi invisi e sospetti ai confederati francesi, e questi a quelli, da giungere, se non alla guerra civile, alla minacciata denunzia del patto federale. Le verdi frondi delle aspirazioni comuni, che colmavano e nascondevano l'antico fossato divisorio, parvero ad un tratto appassite e si intravide confusamente la profondità della separazione tra le due razze. Ma non durò a lungo questo periodo di crisi dolorosa: il patriottismo ed il buon senso della maggioranza ebbero tosto ragione del grave dissidio, e davanti all'incubo del pericolo l'anima svizzera seppe riaffermarsi malgré et contre tout. L'affare Dreyfus svizzero, a differenza di quello francese, avrà avuto una durata di solo poche settimane.

La dura lezione è riuscita salutare nei suoi effetti alla individualità svizzera, rimettendo fra i due contendenti quel giusto equilibrio che era da qualche tempo turbato. Nella conquista del terreno elvetico lo spirito di germanofilia era penetrato, oltre che nei più bassi strati delle popolazioni di lingua tedesca, anche nelle file degli intellettuali. La Svizzera settentrionale cominciava a pensare ed a sentire come la Germania, piena di ammirazione cieca per tutto quanto venisse da quel paese. La mancanza di dignità e di pudore in quel sentimento era giunta a tal punto da non far stupire alcuno che un antico giudice federale, Leo Weber, potesse in un suo opuscolo difendere a spada tratta sin la violazione della neutralità del Belgio! Lo statismo, pianta d'importazione germanica, avea prosperato nei principali cantoni di lingua tedesca, battendo in breccia lo spirito democratico dell'antica Elvezia. L'individuo, sotto la spinta dell'influenza germanica, rinunziava così alla propria personalità per rifugiarsi nelle braccia tutelari dell'autorità, cui tutto era devoluto. La Svizzera mutava poco a poco la sua fisonomia nazionale preparandosi inconsciamente a rifare, foggiandolo su Berlino, tutto il proprio organismo politico, economico ed intellettuale. La propaganda fatta con arte, su vastissima scala, guadagnava sempre nuovi proseliti... Dove sarebbe finita la Svizzera? Le rivelazioni fatte nel gennaio sulla condotta più che scorretta dei colonnelli e sulla loro colpevole parzialità, così per la Germania come per la sua alleata, mossero a furore i cantoni francesi.

Nella chiara comprensione critica della situazione e nella nobile reazione contro l'ingiustizia e la sopraffazione, essi gettarono il grido d'allarme, svegliando i cantoni tedeschi che dormivano.

Ne seguirono le tergiversazioni del Consiglio federale, il processo, nel quale il capo principale di accusa, quello cioè della comunicazione dei telegrammi cifrati, non fu potuto provare dal teste che apparve un ingenuo illuminato, mentre per le comunicazioni del bollettino il capo dello stato maggiore, seguendo l'esempio di quanto si era fatto nel celebre affaire in Francia, fece pesare tutta la sua influenza sul tribunale. Ma i considerando della sentenza, che sono la condanna morale dei colonnelli e del loro alto difensore, non che la punizione inflitta all'Egli ed al Wattenwyll, nonostante il verdetto assolutorio, costituiscono certo un trionfo della denunzia dei cantoni francesi che hanno cosi ottenuto almeno l'intento di purgare l'esercito svizzero da due tristi personaggi. La minoranza ebbe così ragione della maggioranza: che i più tirino i meno venne confermato anche in questa vertenza dalla quale la Germania e la sua propaganda escono indebolite, mentre la posizione degli alleati, e più in particolare la nostra, ne è avvantaggiata.

L'opinione dell'istessa Svizera tedesca, se potè invero applaudire all'assolutoria dei suoi due ufficiali superiori, fu quasi unanime nella disapprovazione di quel mercanteggiare delle informazioni militari, di cui l'Italia, cui si riferiscono ben 170 comunicazioni del bollettino, faceva le spese. Il fondo di rude lealtà che forma il sustrato del carattere svizzero fu dolorosamente sorpreso da tali inattese rivelazioni. L'Italia non era mai apparsa qui come vittima, ma invece come la sola potenza, fra i quattro vicini, che avesse disegni ambiziosi e mire ostili alla Confederazione. Una reazione salutare compensa oggi l'Italia, e lo comprovano le ultime dimostrazioni di deferenza e d'amicizia di cui ci fu prodigo recentemente il Governo elvetico (cito per esempio: la restituzione del velivolo e le solenni dichiarazioni fatte fare dal Motta, per mezzo della Legazione di Svizzera, all'on. Luzzatti, alle quali si riferisce il mio rapporto del 2 corr.

n. 376-92 A) (l). Se l'affare dei colonnelli rivelò lo stato malaticcio della Svizzera tedesca, invasa dal morbo della germanofilia, esso palesò, in modo anche più chiaro, a quei pochi ostinati che negavano la verità conosciuta, quale spirito di accanita

ostilità a nostro riguardo ed a quello dei nostri alleati si annidasse nello stato maggiore. Del resto il colonnello von Sprecher nel coprire i suoi dipendenti e nell'enunciare le sue teorie, cresciute all'ombra di una indelicata Realpolitik, sui diritti della neutralità, non fece mistero alcuno dei sentimenti che l'anima

vano. II capo di stato maggiore non ebbe una sola parola per deplorare l'atto ostile compiuto contro una potenza amica. Mi chiedo, e la domanda la posai pure pochi giorni fa in alto luogo, quale sarebbe stata l'attitudine dello Sprecher, e quale pure la sentenza del tribunale, se i due colonnelli, invece di aver tradito i propri doveri a prò dell'Intesa e contro l'Italia, lo avessero fatto in favore del nostro paese e contro gli Imperi centrali! Lo stato maggiore, da non confondersi col resto dell'esercito, è disceso nella stima di quei confederati che non ammet

tono, con ragione, che il comando supremo faccia della politica. La .posizione dello Sprecher, che lo incarna, e di cui i due colonnelli erano le creature, è seriamente compromessa. I considerando della sentenza di Zurigo, e le dichiarazioni ufficiali fatte dal capo del Dipartimento politico davanti alle commissioni delle due Camere ed alla presenza pure del Generale, sono la condanna esplicita delle sue teorie. In un altro paese un funzionario, al suo posto, avrebbe già presentato le dimissioni! Il Governo esita naturalmente sulle misure da prendere al riguardo, trattandosi di un personaggio che gode ancora di non poco prestigio, ma tutto porta a creaere che il Consiglio federale approfitterà della prima occasione propizia per liquidarlo, rimettendo l'equilibrio fra le due Svizzere, colla nomina a quel posto d'un ufficiale superiore di un cantone francese.

Della disgrazia del suo antico rivale approfitta il Generale Wille, sebbene egli non si sia certo mostrato all'altezza della situazione e dei suoi doveri, massime all'inizio dell'affare, quando, per false ragioni di delicatezza (essendo l'Egli suo nemico personale) non volle punirlo, e, pur riconoscendo la necessità della sua rimozione dallo stato magiore, gli dava un posto ancor più importante e delicato coll'affidargli il comando delle fortificazioni dell'Hauenstein. Ma il Generale ha potuto vincere la corrente delle ostilità, scindendo la propria responsabilità da quella dello stato maggiore. Egli resta per tutta la Svizzera una istituzione sacra, cui non è lecito toccare, in quella stessa posizione privilegiata che era altra volta il monopolio del Consiglio federale.

Quest'alto consesso non esce certo rinvigorito dalla lotta: il Consiglio federale, o almeno più d'uno dei suoi membri, ha perduto buona parte dell'antico prestigio. Senza peccare di soverchia severità, è lecito affermare che il Consiglio non fu sempre pari alle dificoltà della situazione, sia perchè non intuisse il pericolo, sia piuttosto perchè non si sentisse in forza da opporsi recisamente alla sopraffazione militare. Si cercò dapprima di nascondere tutto, ed i tre privilegiati (il Decoppét, l'Hoffmann ed il Motta) che soli, fra i sette seggi, erano al corrente della cosa, tentarono anzi di nasconderla interamente sino agli altri quattro loro colleghi! Pur sapendo poi l'Egli colpevole, il Consiglio, cedendo al Generale, ne approvava la promozione a comandante dell'Hauenstein, e rimoveva dal posto, senza ragione alcuna, ma per unico timore dell'elemento germanico, il colonnello Chayannes unico rappresentante della Svizzera francese nelle alte cariche dello stato maggiore. Quando poi la verità usci malconcia dal pozzo e che si trattò di applicare la legge ai due ufficiali felloni, il Consiglio federale fu tutt'altro che pronto nelle sue decisioni. Rettificando e completando quanto già ebbi l'onore di comunicare a suo tempo telegraficamente all'E. V., so da ottima fonte che si ebbero da principio tre soli consiglieri (il Motta, il Decoppét e lo Schulthess) da una pa11te, contro tre dall'altra (il Forrer, il Mtiller ed il Calonder) ed un esitante, l'Hoffmann. Fu solo, dopo lunghi sforzi, che il Motta ed il generale Wille poterono convincere dapprima l'Hoffmann e poscia gli altri colleghi a deferire i due colonnelli all'autorità giudiziaria.

Il presidente Decoppét, nè ciò potrà stupire V. E. dopo quanto io ne scrivevo nel mio rapporto del 17 dicembre u. s. n. 5607-1106 (1), si è mostrato persona

debole e dappoco, rovinando completamente la sua posizione. I suoi concittadini che l'avevano tanto festeggiato ed onorato, or sono appena poche settimane al momento della sua elezione, lo gettano adesso nella polvere, giungendo sino a pretendere, nell'ultima riunione della « Nouvelle Société Helvétique ~ di dieci giorni fa, il suo ritiro. Degli altri membri del Consiglio federale, il Forrer che, invecchiando, rinnega i suoi antichi principii democratici, ha perduto pure influenza e simpatie, ed il Calonder, che non è nè carne nè pesce, non ha certo consolidato la propria posizone. Oltre al Motta, che in quest'affare pure, nonostante le inC·ertezze e le debolezze dei primi passi, seppe dimostrare senno ed avvedutezza, ha affermato la propria personalità lo Schulthess, conscio appieno del pericolo che corrono i cantoni tedeschi, causa l'infiltrazione germanica. Il Miiller invece resta più che mai italofobo, e l'Hoffmann, sfortunatamente, ciurla un po' nel manico.

L'assemblea federale che si riunirà oggi, giudicherà se dei pieni poteri affidatigli il Consiglio federale abbia abusato, o non se ne sia piuttosto spogliato troppo facilmente a favore dell'autorità militare! Fortunatamente, meglio tardi che mai, il Consiglio federale ha saputo, con un energico sforzo, riprendere in mano la direzione degli affari, e porre fine alla vera dittatura militare imperante in !svizzera sin dall'agosto 1914.

Questa ripresa di possesso dell'autorità civile, colla relativa limitazione di quella militare, cui è tolto sovratutto la polizia, è la più importante conseguenza dell'affare dei colonnelli.

(l) Cfr. n. 531.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

556

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO, A CORFù, GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

T. GAB. 536/31. Corfù, 7 marzo 1916, ore 6 (per. ore 2,30 dell' 8).

Telegramma V. E. gabinetto n. 33 (1).

Jovanovic mi ha confermato che intenzione di Pasic sarebbe, come già egli aveva detto al barone Squittì, di recarsi qualche giorno prima del principe reggente a Roma Parigi e Londra per mettersi in contatto coi rispettivi Governi e intrattenerli di questioni che difficilmente si potrebbero trattare con agio nella circostanza del viaggio ufficiale del principe. Sopratutto nei riguardi dell'Italia, ha soggiunto Jovanovic, Pasic terrebbe a dissipare quegli equivoci e malintesi che hanno potuto in qualche modo turbare le cordiali relazioni fra i due paesi.

Ora però che Ristic gli aveva comunicato le considerazioni dell'E. V. sull'epoca della riunione della conferenza politico-militare di Parigi, Pasic pensava che nel caso il viaggio potesse effettuarsi entro il 25 corrente, egli avrebbe preceduto di qualche giorno il principe; qualora invece dovesse venire prorogata avrebbe rinunciato partire prima e avrebbe accompagnato il principe onde non ritardarne ulteriormente il viaggio.

Quanto all'itinerario sia del principe che del presidente del consiglio Jovanovic mi ha detto sembrargli probabile che si inizi con la visita a Roma ma che le disposizioni per il viaggio stesso avrebbero dovuto essere prese dal Governo francese di cui il Governo serbo si considera il principale ospite.

Non ho mancato da parte mia di rilevare che il tragitto da Corfù a Taranto

o Brindisi è di gran lunga il più facile e sicuro e ciò perchè da parte francese mi è sembrato si progetti viaggio per Marsiglia onde principe visiti per primo la Francia (l) .

(l) Numero particolare di protocollo per Corfù del n. 549.

557

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 531/47. Parigi, 7 marzo 1916, ore 15,55 (per. ore 20,30).

È qui il noto deputato croato Supilo proveniente da Londra. Persona ben informata mi ha detto in via confidenziale aver ragione di credere che il Supilo, incoraggiato da alcuni uomini politici inglesi, debba recarsi in Italia per saggiare terreno circa possibilità consenso Italia all'annessione della Croazia alla Serbia contrariamente a quanto stabilisce patto di Londra.

558

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 538/70. Atene, 8 marzo 1916, ore 8 (per. ore 15,05).

Secondo quanto riferisce ministro di Grecia a Vienna, Re Ferdinando starebbe negoziando a Vienna le condizioni di una ulteriore collaborazione bulgara.

Esclusa pare in modo assoluto ipotesi Salonicco bulgara, Re Ferdinando vorrebbe almeno che gli fosse garantita un'uscita sull'Adriatico, ma sembra AustriaUngheria si rifiuti anche a questo.

In sostanza andrebbesi già delineando quel conflitto austriaco-bulgaro che, raggiunto scopo di forse trenta anni di azione comune a danno della Serbia. doveva fatalmente nascere fra l'ingrandito Stato bulgaro e l'Austria-Ungheria che non ammette nei Balcani altra grandezza che la propria.

(l) Per la risposta di Sonnino cfr. n. 563.

559

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1130/115. Atene, 8 marzo 1916, ore 14,30 (per. ore 15,20).

Secondo parecchi giornali Governo greco avrebbe deciso procedere per mezzo decreto reale assimilazione economica amministrativa Epiro settentrionale col resto della Grecia (l).

560

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

T. R. 1138/28. Cristiania, 8 marzo 1916, ore 19,15 (per. ore 1,35 del 9).

Ieri questo ministro affari esteri, da me interpellato in proposito, mi disse che conferenza di Copenaghen è un seguito del convegno di Malmo; escluse in modo positivo che essa abbia a far capo ad alleanze; accennò tuttavia che ne possa risultare un programma di collaborazione nel campo economico. Il che, mi sembra, dal punto di vista degli interessi politici dell'Intesa, non sarebbe desiderabile. All'Intesa conviene più che non esista collaborazione di alcun genere fra gli Stati scandinavi, poiché altrimenti sarebbe sempre Svezia ad imprimerne la direttiva.

561

IL COMMISSARIO GENERALE PER I RIFORNIMENTI, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

T. 1141/11. Londra, 8 marzo 1916, ore 19,23 (per. ore 0,30 del 9).

La previsione che formò oggetto del mio rapporto r. generale 121, speciale 67, in data del 4 marzo (2), si viene confermando.

Si è d'avviso che convenga alle nazioni alleate di considerare la possibilità di una riduzione del consumo del pane mediante razionamento introdotto nei paesi alleati con misura uniforme e simultanea.

Mantienesi il segreto per evitare inopportune discussioni. Prego V. E. prendere in esame la questione ed, al caso, dare le istruzioni sulla condotta da tenere.

Potrebbe anche il R. Governo uniformare la politica di calmiere finora seguita alla situazione del mercato. Un aumento del prezzo del pane in Italia, sempre in misura tollerabile, restringerebbe forse il consumo automaticamente (3).

(l) -Ritrasmesso a Parigi, Londra, e Pietrogrado (t. 637 dell'8 marzo, ore 23) con l'aggiunta della seguente istruzione: «Comunico a V. E. quanto precede perché parmi opportuno concertare una richiesta collettiva di informazioni ed eventuali spiegazioni alla Grecia». Con successivo t. 1154/118 del 9 marzo, ore 18,30 De Bosdari comunicò ancora quanto segue: «Ministero della Guerra, con lettera indirizzata al ministero dell'Interno, fa sapere che legge marziale In Epiro settentrionale è stata abolita e che, d'ora innanzi, amministrazione di quella provinciasarà affidata ad autorità civile». (2) -Non pubblicato. (3) -Per la risposta cfr. n. 583, nota l, p. 429.
562

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI (l)

T. GAB. POSTA 358. Roma, 8 marzo 1916, ore 20.

Il generale Cadorna ha diretto al presidente del Consiglio seguente comunicazione: « Come è già noto all'E. V., in questi ultimi tempi, alcune manifestazioni di disagio nella repubblica elvetica, per le mal soffocate tendenze verso l'una

o l'altra parte dei popoli belligeranti, hanno rimesso in discussione il valore e la portata della neutralità svizzera, e richiamata su di essa la seria attenzione dei paesi che, come il nostro, vi sono direttamente interessati. Basti accennare alle calorose dimostrazioni anti-tedesche di Losanna, al cosiddetto «scandalo dei colonnelli ~(2), all'atteggiamento diverso che sulle questioni più essenziali alla vita del paese, hanno assunto i cantoni tedeschi e quelli romandi.

Il Governo svizzero, sulla cui sincerità e correttezza non si può dubitare, ha effettivamente svolto in questa circostanza un'alta azione moderatrice, e riaffermando solennemente la sua autorità su ogni altro potere, ha represso e soffocato tutte le velleità sia di intervento, sia anche di esagerata simpatia verso i belligeranti più affini alle varie nazionalità; e questi provvedimenti sono manifesti anche nel maggiore equilibrio dato alle nazionalità stesse per quanto riguarda la scelta dei capi militari e le misure di difesa nazionale.

Ho voluto premettere questa constatazione per affermare che, in quanto starò per dire, non è in me dubbio alcuno sulla volontà del Governo e della grande maggioranza del popolo svizzero di uscire dalla neutralità solennemente proclamata, e che è del resto pel paese la vera garanzia di vita e d'integrità.

Ma ciò che mi lascia dubbioso, e mi obbliga a portare tutta la mia attenzione su quello che chiamerò l'incognita svizzera, si è la persuasione che l'accentuarsi dei dissensi nella confederazione, sia dovuto ad un subdolo e continuo lavorio di agenti tedeschi, i quali evidentemente preparano e vogliono rendere meno contrastata la via ad una violazione del territorio neutrale, pel giorno in cui lo Stato Maggiore tedesco ritenesse necessario farlo allo scopo di aggirare le linee avversarie, dopochè ogni tentativo di sfondamento si fosse dimostrato impossibile.

Anche se la cosa dovesse apparire poco probabile, io non credo che la si possa escludere in modo assoluto, donde il dovere che m'incombe di correre ai ripari, per quanto riguarda direttamente la nostra frontiera verso la Svizzera.

Questa frontiera è ora completamente aperta e indifesa, senza ostacoli naturali che possano essere prontamente sfruttati in caso di invasione; la quale, per portarsi nelle nostre più ricche e vitali plaghe della Lombardia, dispone di ben sette comode vie, di cui le più centrali sboccano in territorio nostro a poco più di 50 km. da Milano.

(-1) Ed. in SoNNINo, Carteggio, cit., n. 514.

Questa grandiosa porta aperta sul fianco sinistro della nostra linea viene ad avere così una importanza maggiore ancora del saliente tirolese nei riguardi di una invasione austro-tedesca. Ora, soltanto una solida linea di difesa, organizzata secondo i criteri che la presente guerra suggerisce, e che potrebbe venire sistemata in tempo relativamente breve può dare a noi la necessaria tranquillità e sicurezza.

È ben vero che simili lavori, in mancanza di una preventiva intesa, potrebbero urtare la giusta suscettibilità del Governo svizzero, come se noi diffidassimo delle sue ripetute assicurazioni di leale neutralità.

Occorre, perciò, che il nostro Governo, approfittando dell'attuale cordialità di rapporti fra i due paesi, faccia ben intendere preventivamente a quello svizzero, che tutte le misure di difesa che noi fossimo per adottare alla frontiera, non sono dirette contro il paese amico, ma contro l'avversario che intendesse violarne la neutralità, per invadere il nostro suolo. Si dovrebbe dimostrare al Governo svizzero come tutte le misure che noi potessimo adottare in questo senso, anzichè essere un attentato, o almeno un segno di diffidenza verso la sua neutralità, ne sarebbero invece il miglior ausilio, giacchè l'avversario tanto più riluttante sarà a violarla, quanto più difficile ed arduo gli parrà il raggiungimento dello scopo per tale via. Per cui, in defintiva, noi lavoreremmo non solo all'interesse nostro, ma nell'interesse stesso della Svizzera.

D'altra parte risulta che la stessa Francia, si è preoccupata di una tale eventualità ai propri confini, ed ha esteso le proprie linee difensive nella zona di Belfort fino a comprendere le ragioni di Delle e di Blamont di fronte al saliente svizzero di Porrentruy.

Io confido che l'E. V. vorrà rendersi perfetto conto della gravità e dell'urgenza dei provvedimenti da me invocati, e vorrà quindi adoperarsi perchè venga raggiunta prontamente una piena intesa al riguardo col Governo elvetico.

Un'invasione nemica attraverso la Svizzera sarebbe, allo stato attuale, un vero e proprio disastro senza rimedio, mentre, rassicurato da questa parte, il nostro esercito potrà volgersi senza preoccupazione verso gli agognati obbiettivi ~.

Richiesto al generale Cadorna in che consisterebbero nelle loro linee generali le misure di difesa da adottarsi al confine svizzero, egli rispose quanto segue:

«Informo che le regioni nelle quali si dovrebbero eseguire lavori di difesa per parare ad una minaccia tendente dal territorio svizzero alla pianura lombarda, sono: la Val d'Ossola, per sbarrare la via del Sempione e la LocarnoDomodossola; la riva occidentale del lago maggiore per chiudere la strada litoranea del lago stesso e la regione di Varese compresa all'ingrosso fra la strada Laveno-Varese-Como, a sud, ed il confine svizzero a nord, a protezione del punto per noi più pericoloso, cioè del saliente del Canton Ticino. La Valtellina è già difesa da fortificazioni permanenti che, naturalmente verrebbero rafforzate con altri lavori di fortificazione campale.

Il valico del Gran San Bernardo, per la sua eccentricità rispetto alle operazioni che ora si considerano, non richiede, per il momento, particolari provvedimenti.

I lavori di difesa non consisterebbero che in linee di trinceramenti protetti da difese accessorie (reticolati ecc.) ed in appostamenti per batterie, che l'espe

rienza della guerra odierna ha dimostrato costituire il più formidabile e sicuro sistema difensivo anche contro forze numericamente superiori». Succesivamente sono stati emanati gli ordini opportuni per la esecuzione dei lavori di difesa lungo la frontiera svizzera.

Stante l'estensione della fronte di circa 120 km. ed il genere dei lavori da eseguire non è possibile che tale sistemazione rimanga celata. Si è perciò che sembra indispensabile considerare l'opportunità di una franca dichiarazione preventiva al Governo elvetico.

Su tale opportunità richiamo attenzione di V. S. affinchè la consideri con ogni più profondo esame e se lo ritenga utile provveda in conseguenza. Nel caso che Ella giudichi conveniente fare una comunicazione a codesto Governo Ella potrà insistere sulla nostra ferma fiducia nel contegno del Governo svizzero, di che ci dette per ultimo solenne affidamento la lettera che il presidente Motta ha diretto all'onorevole Luzzatti e l'avvenuta cortese comunicazione di essa per il tramite di V. S. e vorrà, sempre in una ipotesi positiva, insistere sul carattere esclusivamente difensivo dei nostri lavori, che corrispondono all'interesse stesso della Svizzera in quanto tendono ad evitare una eventuale invasione germanica. Infatti mentre questa invasione sarebbe tentante se conducesse ad un fronte indifeso, (come avvenne per l'invasione del Belgio rispetto alla Francia) mancherebbe invece ogni stimolo per la violazione della neutralità svizzera, quando sia noto che la violazione di essa condurrebbe ad un fronte potentemente munito e pronto alla difesa (1).

(2) -Cfr. n. 531 e 555.
563

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI

T. GAB. 359. Roma, 8 marzo 1916, ore 20,30.

(Meno Corfù) -Mio telegramma n. 342 (2) R. legazione in Corfù telegrafa quanto segue: « Jovanovic... ecc.» (come nel telegramma da Corfù n. 536/31 (3).

Ho risposto quanto segue:

Telegramma di V. S. n. 31.

(Per tutti) -Presi gli ordini da S. M. il Re e sentito il presidente del Consiglio ho comunicato a questo ministro di Serbia che siamo ben lieti della visita preannunciata da S. A. R. il principe di Serbia per la metà del mese corrente. Per notizia personale di V. S. avverto che sarebbe prefeil'ibile Sua Altezza Reale cominciasse le sue visite a Roma poichè cominciarle per Parigi mentre Roma è sulla strada non produrrebbe buona impressione sul pubblico italiano, e sembrerebbe quasi uno esplicito atto poco riguardoso per l'Italia la quale poi nel trasporto dell'esercito serbo si è sobbarcata indubbiamente a rischi maggiori delle sue alleate.

(l) -Per la risposta di Paulucci de' Caùboli cfr. n. 605 (2) -Cfr. n. 549. (3) -Cfr. n. 556.
564

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 546/90. Bucarest, 8 marzo 1916, ore 21,30 (per. ore 18,50 del 9).

Ho chiesto a questo ministro degli affari esteri se egli avesse notizia del malcontento che si manifesta in Austria-Ungheria Bulgaria e Turchia del prolungarsi della guerra.

Circa Austria-Ungheria il ministro affari esteri mi ha detto di non avere notizie ufficiali nè se ne meraviglia data la ben nota inerzia di quel ministro di Romania. Da fonte privata ho però saputo che effettivamente sentesi in tutta la monarchia una grande stanchezza e un grande malcontento per la scarsezza ed il caro prezzi dei viveri. Vi è pure una grande impazienza di sbarazzarsi dei tedeschi la cui presenza si fa duramente sentire. Odio contro l'Italia sarebbe meno accanito di quello che non si creda.

Circa Bulgaria ministro degli affari esteri ha avuto notizie di un certo malcontento contro i tedeschi e per assicurarsene oggi stesso ha fatto ripartire per quella volta Derussi il quale è accompagnato come consigliere da Langarascano che conosce bene l'ambiente essendo già stato per parecchi anni a Sofia. Questo provvedimento è reso anche necessario dagli incidenti di frontiera che si verificano quotidianamente.

Dalla legazione di Romania in Turchia ministro affari esteri non ha notizie di qualche importanza e ciò per il solito motivo dell'insufficienza del titolare tanto che si riserva mandare colà una persona di fiducia sua. Ha aggiunto però che secondo informazioni da altra fonte anche in Turchia vi è un malessere generale il quale dà l'impressione che i turchi si sentano tirati più in avanti di quel che non avrebbero voluto sicchè si trovano in una situazione di cui vedano i pericoli ma non i vantaggi.

D'altra parte i tedeschi si sono convinti che non vi è nulla di buono da ricavare dall'esercito turco.

565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (l)

L. P. Roma, 8 marzo 1916.

Barrère, venuto alla Consulta stasera tardi, mi ha detto che Briand chiede quando si potrà fissare la riunione plenaria a Parigi, esprimendo la speranza che essa potesse aver luogo verso il 15, cioè subito dopo quella preliminare militare.

Ho risposto che non era ancora possibile fissare la data con precisione, dovendoci rendere conto della situazione parlamentare che risulterà al termine

della grande discussione economico-guerresca che si svolgerà probabilmente nella settimana ventura. Che ti avrei diferita la domanda di Briand, ma che prevedevo la impossibilità di fissare la riunione per prima del 20 corrente; e probabilmente conveniva prevedere un giorno tra il 23 e il 25. A ogni modo non ero oggi in grado di determinare nulla. Anche Porro non avrebbe probabilmente potuto essere di ritorno prima del 17, né Cadorna avrebbe potuto lasciare il fronte prima del ritorno del suo vice.

Barrère mi chiedeva pure chi sarebbe andato a Parigi oltre di te, se io, se anche Dallolio, ed altri. Ho risposto che nulla era stato ancora precisato, ma che l'avremmo avvertito anche di ciò appena possibile. Egli prega di dargli una risposta al più presto.

(l) Da BCL, Archivio .salandra, Ed. in SoNNINO, carteggio, c!t., n. 513.

566

L'AMBASCIATORE A TOKIO, CUCCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 550/1. Tokio, 9 marzo 1916, ore 2,50 (per. ore 9,25 del 10).

Allo scopo di coadiuvare gli inglesi in Mesopotamia viste le difficoltà di un congiungimento dal nord, H Governo russo preparerebbe segretamente una spedizone militare da Vladivostock-golfo Persico, trasportandola sopra navi giapponesi scortate dai tre incrociatori venduti adesso dal Giappone al Governo russo a tale scopo. Governo russo ritirerebbe tutte le truppe dalla Manciuria; esecuzione di questo piano avrebbe formato oggetto precipuo della visita del granduca a Tokio; Giappone riceverebbe Saghalien estendendo influenza Manciuria oltre Mukden in zone d'influenza russa; Governo giapponese mantiene segreto, smentisce fin qui vendita incrociatori ma mi si assicura che primo ministro avrebbe invocato silenzio giornalisti sulle voci dell'accordo segreto Russia.

567

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1150/141. Parigi, 9 marzo 1916, ore 15 (per. ore 17,55).

Ho firmato, in questo momento, con Briand, la dichiarazione per i renitenti e disertori e quella per la rinuncia alle capitolazioni al Marocco, e Briand mi ha consegnate le due note convenute circa quest'ultima.

Trasmetto a V. E. con telegrammi in chiaro i quattro documenti e la mia risposta alle note pregandola di provvedere affinchè siano pubblicati dall'Agenzia Stetani domani, venerdì, alle ore 14, perchè, alla stessa ora, saranno pubblicati dall'Agenzia Havas a Parigi (1).

(l} Cfr. n. 581.

568

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCID DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. CONFIDENZIALE 1159/69 GAB. (l) Washington, [9] marzo 1916, ore ... (per. ore 18).

Colonnello House, testè tornato dall'Europa, dopo aver visto Wilson, ha avuto colloquio confidenziale con questo ambasciatore d'Inghilterra. Gli ha detto che la proposta per il disarmo delle navi mercantili (2), è stato un errore, per quanto in buona fede, del Segretario di Stato, del quale il Presidente, preoccupato d'altre faccende, si è avviato appena in tempo per rimediarvd, riaffermando, in presenza insidiosa nota tedesca, il diritto dei belligeranti di armare le proprie navi a scopo difensivo. Ha aggiunto che Wilson è ormai fermamente deciso perseverare in questa linea e non offrire più motivi agli alleati di sospettare in lui propositi nonché benevoli. Ha aggiunto che per rafforzare la sua situazione negli ulteriori negoziati con la Germania e di fronte suoi nemici interni. Wilson, dacché la proposta Lansing ormai esiste, amerebbe che gli alleati vi rispondessero sollecitamente e che a giustificare il loro rifiuto non ne accentuassero troppo le ragioni.

Converrebbe ai suoi fini e desidererebbe quindi che la risposta si limitasse stabilire che non possono modificarsi durante guerra i principi di diritto esistenti; riaffermare che armamenti sono a scopo difensivo; dichiarare che eventuali modificazioni alle norme vigenti al riguardo, optrebbero essere esaminate di comune accordo a guerra finita.

Questo messaggio ufficioso e segreto del Presidente è stato confidato dall'ambasciatore di Francia ed a me.

Mi permetto sotoporre a V.E. opportunità adoperarci facilitare esaudimento desiderio di Wilson. Il momento si è fatto quanto mai propizio agli alleati. Ci conviene quindi, secondo la politica ormai definita del Presidente, sfruttare enorme irritazione del Segretario di Stato contro la Germania, agevolando ad entrambi la resistenza contro Berlino, foriera forse di più decisivi avvenimenti (3).

569

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 551/111. Pietrogrado, 9 marzo 1916, ore 23 (per. ore 14 del 10).

Filippesco è partito ieri per Mosca donde si recherà alla fronte meridionale russa.

Mi consta che prima della sua partenza egli si recò una seconda volta da Sazonov il quale desiderava soprattutto dimostrargli l'infondatezza delle sue apprensioni circa le disposizioni della Russia verso Bulgaria.

Non so se sia ar.rivato a persuaderlo. Anche Diamandy ha intrattenuto di questo argomento Schilling il quale gli ha risposto che la Russia aveva già dimostrato sua volontà di colpire la Bulgaria allorché chiese al Governo romeno quale accoglienza farebbe alla proposta di attraversare a tal uopo il suo territorio.

Schilling ha inoltre richiamato attenzione di Diamandy sull'invio di Tatarinov a Bucarest con ampia facoltà di trattare tecnicamente l'eventuale cooperazione russa sulle disposizioni che la Russia prende per agevolare transito munizioni e materiale da guerra destinato alla Romania e proveniente dall'Inghilterra e dalla Francia.

(l) -Partito come telegramma di gabinetto è stato protocollato in arrivo nella serle ordlnarta. (2) -Cfr. n. 358. (3) -Con t. 663 del 10 marzo, ore 23 Sonnino comunicò un sunto del presente telegramma a Londra, Parigi e Pietrogrado, aggiungendo quanto segue: «Prego V. E. present.ire pensiero codesto Governo in proposito e suggerire che per ragioni di praticità e rapidità la redazione della risposta da darsi dal quattro Governi interessati e da quello giapponese venga fatta a Londra :o.
570

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 549/33. Corfù, 9 marzo 1916, ore ... (1) (per. ore 4 dell' 11).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 36 (2).

Pasic mi ha dichiarato di aver oggi stesso comunicato al generale Mondesir che il principe ereditario desidera partire da qui per Roma il 15 o il 16 corrente e che egli partirebbe pure per Roma in forma privata il 12. Così egli attenderebbe Sua Altezza Reale.

Il locale comando francese non gli avea ancora fatto conoscere le disposizioni che avrebbe preso.

Avendo io nel corso della conversione accennato alla opportunità che le visite si iniziano da Roma, Pasic mi ha assicurato che questa è appunto l'intenzione del principe.

Pasic mi ha infine espresso il desiderio che la data del viaggio del principe sia ancora tenuta segreta e ciò per ragionevoli motivi di sicurezza.

571

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

APPUNTO

Roma, 9 marzo 1916.

CONFINI ITALIANI-FRANCESI TRA

LIBIA E TUNISIA (Ghat -Ghadames)

La Convenzione anglo-francese 21 marzo 1899 delimitò la sfera d'influenza francese ed inglese nell'Africa centrale superiore, dividendo il continente in

due grandi zone, l'una orientale all'Inghilterra, l'altra occidentale alla Francia. I limiti settentrionali di queste due immense zone sono costituiti (dall'est all'ovest) dall'Egitto, dalla Cirenaica, dalla Tripolitania, dall'Algeria e dal Marocco.

La linea di demarcazione anglo-francese si arrestò, nel suo estremo punto nord, al confine del Vilayet di Tripoli, e la carta geografica che fu annessa alla Convenzione anglo-francese tracciò con puntini i confini di quel Vilayet e del Mutessariflik di Bengasi (la Cirenaica propriamente detta).

Quest'atto provocò proteste della Turchia e per noi fu res inter alios acta fino alle intese del 1901. Queste intese furono note al pubblico dalle dichiarazioni che il Ministro Prinetti fece il 14 dicembre 1901 alla nostra Camera dei Deputati e da quelle del Signor Delcassé nella seduta della Camera Francese del 21 gennaio 1902.

Ecco le dichiarazioni del Marchese Prinetti: «Il Governo Francese ha avuto cura di significarci che la Convenzione franco-inglese del 21 marzo 1899 segnava per la Francia, rispetto alla regione attigua alla frontiera orientale dei suoi possedimenti africani e precisamente rispetto al Vilayet di Tripoli, un limite che essa non aveva alcuna intenzione di varcare; aggiungendo non essere neppure nei suoi progetti di intercettare le vie carovaniere che dalla Tripolitania conducono nel centro dell'Africa».

Ecco le dichiarazioni del Signor Delcassé: «La Convention africaine du 21 mars 1899, qui, en enveloppant définitivement dans notre sphère d'influence les territoires du Bornou, du Tibesti, du Kanem, du Baghirmi et du Ouadai, a relié la rive française du Congo à la rive algérienne et tunisienne de la Méditerranée, forme ainsi pour nous, par rapport aux autres pays et régions attenant à la frontière orientale de nostre domaine africain, une limite que nous n'avons pas l'intention de dépasser ».

Questa era la situazione diplomatica tra· Italia e Francia circa il confine Tripoli-possedimenti francesi in Africa, quando noi ottenemmo (28 ottobre 1912) dalla Francia il riconoscimento della nostra sovranità sui territori di Tripolitania e Cirenaica già appartenenti alla Turchia.

Per completare il quadro occorre ricordare che nella sua protesta contro la Convenzione anglo-francese del 1899, la Turchia pretese che il confine occidentale del Vilayet di Tripoli doveva esser tracciato molto più ad ovest della linea a puntini della carta geografica annessa a quella Convenzione. Tra le pretese francesi e quelle turche v'era dunque un divario marcato dalla zona territoriale situata tra le due linee di confine; quella della carta del 1899, quella pretesa dalla Turchia.

Altro punto da tener presente, per ben comprendere la situazione odierna della questione, e le dichiarazioni del signor Delcassé è il seguente:

Il confine del Vilayet tripolino, quale descritto nella carta geografica annessa alla Convenzione anglo-francese, rade le località di Ghadames e di Ghat, !asciandole in territorio tripolino; descrive fra esse un forte saliente col vertice internante in Tripolitana, in modo da lasciare in zona francese tutte le vie di comunicazione tra le due oasi.

Altro fatto da tener presente è il seguente: vicino all'oasi di Ghat propriamente detta vi è quella di Barakat: vi è tra di esse una distanza di 4 a 5 km.

Infine per completare il quadro della situazione dei confini al 28 ottobre 1912 occorre aggiungere che il confine tra Tripolitania e Tunisia era stato delimitato sul terreno solo fino a Ghadames nel 1910 tra Francia e Turchia.

Sorse subito tra Francia e Italia la questione dell'oasi di Barakat. La Francia la pretese sua, noi nostra. La questione fu interlocutoriamente risoluta con un'intesa che né noi né i francesi l'avremmo occupata fino a delimitazione sul terreno del confine tripolo-tunisino. La Francia non si attenne all'impegno; ma si scusò dicendo che i suoi ufficiali quando issarono la bandiera francese su El Barakat non conoscevano l'intesa con noi: assicurò l'avrebbero dimessa ed avrebbero evacuata la località, attendandosi vicino.

Quale poi sia lo stato di fatto odierno non lo si sa. Ma su questo punto converrebbe ricordare alla Francia l'impegno formale assunto con noi.

Quanto alle delimitazioni sul terreno del confine tripolo-tunisino, esso doveva essere ripreso nell'autunno 1914 da una missione itala-francese. I due Capi di Missione, Maggiore Maussier e Capitano Nieger tennero una conferenza a Berna il 19 luglio. Il loro lavoro fu interrotto e sospeso dalla guerra europea.

La più grossa questione da risolvere è quella del saliente Ghadames-Ghat, non tanto in se stesso, giacché è terreno desertico, ma per le vie carovaniere che lo attraversano.

A questo proposito vi sono due tesi: l) quella francese: che noi siamo legati dalla nostra adesione alla Convenzione anglo-francese del 1899; 2) l'altra: che questa adesione è da intendersi nel senso della dichiarazione del signor Delcassé. La linea della carta geografica francese è cioè il punto massimo di espansione che la Francia si è prefisso, cosi come la linea pretesa dai turchi è quella loro di massima espansione: il terreno tra le due linee non effettivamente occupato dalla Francia al 28 ottobre 1912, può tuttora venire discusso dall'Italia, che ha ereditati i beni della Turchia in Tripolitania. In ogni caso il signor Delcassé ha dichiarato che non si intende intercettare le comunicazioni carovaniere tra Ghadames e Ghat. Siccome queste linee sono due, tutte e due comprese nel saliente in discussione, esse dovevano rimanere libere: ed allora il meglio sarebbe che una fosse dichiarata italiana e l'altra francese, salvo poi a reciprocamente servirsi dell'una e dell'altra se necessario per motivi locali.

Questa questione è tuttora da risolversi. La tendenza francese, da quanto il Maggiore Maussier poté appurare a Berna, è di attenersi rigidamente al confine tripolo-tunisino secondo il tracciato della tante volte menzionata carta geografica del 1899: per poi cedere il saliente reclamando in compenso l'oasi di El Barakat.

Noi possiamo legittimamente sostenere che l'uso delle linee carovaniere Ghadames-Ghat ci è assicurato dagli accordi del 1901: -non possiamo cedere Barakat perché è come cedere Ghat (visto che quest'ultima località è economicamente dipendente da quella di Barakat) e perché sosteniamo che le due località appartengano alla stessa oasi; possiamo ragionevolmente domandare che poiché rebbe cosa pratica che, poiché sono due, l'una venisse attribuita a noi, l'altra alla Francia.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Numero particolare di protocollo per Corfù del n. 563.
572

IL MINISTRO A LISBONA, KOCH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1157/17. Lisbona, 10 marzo 1916, ore 0,12 (per. ore 10).

Oggi alle 18 ministro di Germania ha presentato a questo ministro degli affari esteri una nota nella quale dichiara che il [Reich] si considera, per vari fatti, e da ultimo per la requisizione piroscafi, in istato di guerra col Portogallo.

573

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 553/91. Atene, 10 marzo 1916, ore 14 (per. ore 16,40).

Mio telegramma 85 (l). Alla mia nota del 18 febbraio Skuludis mi risponde oggi che le informazioni pervenute al generale Bertotti non sono esatte. Da un rapporto del comandante il quinto corpo risulta che il distaccamento greco di Balena è stato attaccato alla frontiera dalla banda del brigante Dzaledin -SterianFasly-Mersin e del suo fratello Saky che spesso facilita incursioni al di quà della frontiera greca. I due briganti furono uccisi. Questa risposta mi sembra evasiva e nulla affatto concludente come l'avevo chiesta. D'altra parte nonostante le mie insistenze non ho avuto risposta alla mia ulteriore nota del 2 marzo. Non vorrei precipitare avvenimenti ma non posso fare a meno di esprimere opinione che il comandante del nostro corpo d'operazione a Valona se si sente minacciato da parte dei greci farebbe bene a prendere misure necessarie senza attendere che il lento scambio di note ad Atene non dia ai greci la possibilità premunirsi e rendere più difficile ciò che il generale Piacentini avesse intenzione di fare.

R. Governo non conti al momento attuale su nessuna benevolenza da parte dei greci: sarebbe un ingenuo errore.

Questo ministro d'Inghilterra ha rimesso ieri Skuludis una nota in cui lo invita seriamente a prendere le misure necessarie affinché venga impedita preparazione nel territorio occupato dalla Grecia di incursioni di bande evidentemente dirette contro gli italiani alleati dell'Inghilterra.

Ministro di Russia e di Francia faranno oggi credo altrettanto.

(l) Cfr. n. 538.

574

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 558/97. Londra, 10 marzo 1916, ore 22,48 (per. ore 3,20 dell'11).

Ieri lord Crewe confermava nulla qui risultare delle pretese tendenze turche circa pace separata, aggiungeva anzi avere il governo turco in questi ultimi giorni inviato nuovi rinforzi alle sue truppe in Siria. Osservai personalmente non ritenevo verosimili tutte queste notizie, non foss'altro per la ragione del nord trovarsi le Potenze alleate in condizione di poter offrire alla Turchia alcun serio allettamento a concludere la pace. In queste asserzioni convenne Sua Signoria; continuando di questo passo, diceva egli, non vi sarebbe da sorprendersi se russi arrivassero a realizzare le note loro aspirazioni.

Chiestogli da me se operazioni russe in Asia minore procedono con criteri di cautela tale da escludere pericolo ripetizione avvenimenti dell'anno scorso in Polonia, rispose Lord Crewe queste autorità militari si mostrano soddisfattissime andamento complessivo operazioni militari russe in Turchia e dal punto di vista strettamente militare le giudicano tutte, comprese quelle contro Trebisonda, perfettamente sound.

575

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

T. 664. Roma, 10 marzo 1916, ore 23.

Imperiali e Mayor si stanno interessando per carbone cui deficienza diviene per noi sempre più impressionante. Scarsezza si rileva soprattutto per industrie lavoranti munizioni. Questione presentandosi tecnicamente di difficile soluzione, Imperiali ha rimesso lord Crewe forte memorandum trattando lato politico. E' da sperarsi nostre osservazioni siano prese dovuta considerazione, ma previsione peggio, anche per consiglio Mayor, prego V. E. chiedere codesto Governo cederci suoi carboni. Qualora poi non potesse assolutamente spossessarsi alcuna parte sua scorta, dovrebbe darci efficace mano scongiurare pericoli cui andiamo incontro assecondando Londra nostre richieste. Occorre richiamare speciale attenzione codesto Governo sul fatto che mancanza carbone avrebbe fra altre conseguenze diminuire nostro munizionamento e nostra potenzialità ferroviaria, rallentando quindi e svigorendo nostre attività sul fronte nel momento generale ripresa grande guerra. Governo francese deve desiderare ciò sia evitato epperò aiutarci (l).

(l) Per la. risposta d! T!ttoni cfr. n. 590.

576

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. POSTA 579/9. Berna, 10 marzo 1916 (per. il 14).

Mi riferisco al mio telegramma gabinetto n. 7 (l) del primo corrente ed alla notizia i vi trasmessa a V. E. circa il numero delle informazioni del bollettino militare, concernenti l'Italia e le Potenze alleate, che sarebbero state comunicate dai due colonnelli agli addetti militari degli Imperi centrali.

Parlando oggi della cosa con questo ambasciatore di Francia, il signor Beau ha suggerito che si potrebbe forse, tanto da lui, quanto da me e dal nostro collega inglese, chiedere al dipartimento politico, in via amichevole, che come prova della affermazione fatta in tribunale del poco o nessun valore che avrebbero avuto quelle informazioni, ci sia data comunicazione dei numeri del bollettino che le contenevano.

Un simile contegno da parte del Governo federale distruggerebbe qualunque sospetto che potesse ancor oggi sussistere sulla importanza delle rivelazioni fatte a nostro danno.

Prima di fare un analogo passo presso codesto Governo, sarei grato V. E. farmi conoscere se R. ministero lo approva (2).

577

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 562/35. Corfù, 11 marzo 1916, ore 11,50 (per. ore 19,30).

Pasic partirà domani 12 per Brindisi dove giungerà nel pomeriggio. Proseguirà subito per Roma, egli, che sarà accompagnato da Jovanovic, viaggia in forma strettamente privata.

Partenza del principe ereditario per l'Italia è fissata per 11 15 corrente. Non è ancora deciso se sbarcherà a Brindisi o a Taranto e data è tenuta riservata.

578

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 371. Roma, 11 marzo 1916, ore 14.

Questo ambasciatore di Francia mi ha chiesto ripetutamente se R. Governo poteva fissare l'epoca del suo intervento alla riunione diplomatico-militare di

Parigi. Sentito il presidente del consiglio ho risposto che la situazione parlamentare non permetteva stabilire alcuna prossima data fissa poiché tutta la settimana prossima sarebbe stata probabilmente occupata da discussioni involgenti tutta la politica del Ministero.

Avendo però Barrère insistito dicendo che si rendeva conto della necessità della situazione e che lo stabilire una data non escludeva che essa potesse prorogarsi per casi di forza maggiore, gli ho risposto, d'accordo col presidente del consiglio, che sotto questa riserva del caso di forza maggiore si poteva stabilire la data del 27 corrente.

(l) -Cfr. n. 531. (2) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 604.
579

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 561/92. Atene, 11 marzo 1916, ore 16,20 (per. ore 18,30).

Miei telegrammi nn. 115 e 118 -Telegramma di V. E. n. 637 (1).

Trovo miei colleghi unanimi nel ritenere che sarebbe opportuna una rimostranza alla Grecia per questi continui atti che costituiscono implicita annessione Epiro settentrionale. Il tacere ora compromette senza dubbio l'avvenire di quella regione di cui Grecia avrebbe gratuitamente acquistato incontestato possesso ( 2) .

580

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 560/93. Atene, 11 marzo 1916, ore 16,20 (per. ore 18,30).

Mio telegramma n. 91 (3).

Ricevo risposta mia nota due corrente (4). In essa è detto che le informazioni ricevute dal generale Bertotti sono false almeno per ciò che concerne ingerenza autorità greche e dei capi-banda nel movimento che si preparerebbe.

(-4) Cfr. n. 538.

Secondo le informazioni dello Stato Maggiore greco Berat fu occupata 10 giorni fa da 550 albanesi cattolici e greci sotto il comando di Kassaim bey di Elbassan. Vi si trovano ora 900 mirditi 200 toschi 500 malissori sotto il comando di 4 ufficiali austriaci. Ma Stato Maggiore greco non ha conoscenza di una concentrazione cosi formidabile come quella segnalata al comando italiano. È strano che il generale Bertotti supponga che le autorità greche vi siano mischiate mentre esse non hanno nulla da vedere a Berat città occupata dai bulgari dagli austriaci che possono farvi affluire dal nord quante bande vogliono.

Secondo le informazioni del Governo greco antarti greci non partecipano al movimento. Però per più sicurezza le autorità dell'Epiro hanno ricevuto l'ordine arrestare Crumidas e Mitsotiades se si trovano in quella regione. Quanto ai piani attribuiti a Crumidas basta conoscere l'individuo per comprendere che essi non possono essere serii.

Resto in attesa conoscere da V. E. se e come replicare a tale nota (l).

(l) -Cfr. n. 559 e nota l allo stesso. (2) -Nel ritrasmettere 11 presente telegramma a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. gab. 377 del 12 marzo, ore 14 Sonnino aggiunse la seguente istruzione: «Prego intrattenere su quantoprecede codesto ministro degli Affari Esteri e telegrafarml ». Tittoni rispose con t. gab. 570/52 del 13 marzo, ore 14,40: « Briand mi ha assicurato aver impartito istruzioni al ministro di Francia in Atene conformemente ai desideri di V. E.». Imperlali con t. gab. 573/102del 13 marzo, ore 23,16: «Nulla ha ancora riferito Elllot cui si telegraferà per informazioni». Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta, invece, che Carlotti abbia risposto. (3) -Cfr. n. 573.
581

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, LAGO

T. 673. Roma, 11 marzo 1916, ore 23.

Agenzia Stejani ed Havas hanno oggi pubblicato accordi itala-francesi per abolizione capitolazioni zona francese Marocco. Accordi portano data 9 marzo e clausola entrata vigore entro 10 giorni da quella data. Essi dispongono circa regime giudiziario transitorio. Pregola dare istruzioni consolati dipendenti.

« Déclaration. Les soussignés dil.ment autorisés par leurs Gouvernements respectifs font d'un commun accord la déclaration suivante: prenant en considération les garanties d'égalité juridique offertes aux étrangers par les tribunaux français du protectorat le Gouvernement italien renonce à réclamer pour ses Consuls, ses ressortissants et ses établissements dans la zone française de l'Empire chériffien tous les droits et privilèges issus du régime des capitulations. Les traltés et conventions de toute nature en vigueur entre la France et l'Italie s'étendent de plein droit sauf clause contraire à la zone française de l'Empire chériffien. La présente déclaration produira effet dans les dix jours de la date de sa signature. Fait en double exmplaire à Paris le 9 mars 1916. Signé: BriandTittoni ~.

s. E. M. Aristide Briand, président du conseil et ministre des affaires étrangères à s. E. M. Tommaso Tittonl, ambassadeur d'Italie: «Le Gouvernement de la république ayant pris connaissance de la décision du Gouvernement italien de renoncer au bénéfice des capitulations dans la zone française de l'Empire chériffien en faveur de ses nationaux j'ai l'honneur de déclarer à V. E. confermé

ment au désir qu'elle m'en a exprimé que les tribunaux consulaires italiens continueront à connaitre des affaires qu'ils avaient commencé à traiter. D'autre part malgré l'état de guerre rien n'est présentement changé à l'état de droit résultant de l'adhésion de l'Italie à la convention franco-allemande du 4 novembre 1911. Agréez les assurances de la très haute considération avec laquelle j'ai l'honneur d'étre etc.

Signé: A. Briand, Paris le 9 mars 1916 ».

S.E. Aristide Briand, président du Conseil ministre des affaires étrangères à S. E. Tommaso Tittoni, ambassadeur d'Italie: «M. l'ambassadeur, le Gouvernement royal ayant à plusieurs reprises marqué l'intérét avec lequel il envisageait la possibilité pour les sujets italiens enfants et adultes établis dans la zone française de l'Empire chériffien d'y apprendre leur langue maternelle dans les écoles primaires italiennes V. E. a bien voulu me demander dans quelles conditions ces écoles pourraient étre ouvertes. J'ai l'honneur de vous faire savoir que rien ne s'oppose à l'ouverture d'écoles italiennes au Maroc exclusivement fréquentées par des enfants et adultes italiens mais que le Gouvernement chériffien tient à réserver toute sa liberté en ce qui concerne la réglementation scolaire. En conséquence V. E. peut étre assurée que le Gouvernement chéri!Ilen ne s'opposera pas au maintien ou à la création d'écoles italiennes permettant d'assurer l'enseignement en langue italienne aux enfants et aux adultes italiens établis au Maroc à la condition bien entendu que ces écoles se soumettent à la législation scolaire qui s'appliquera aux autres écoles européennes du protectorat. De son còté le Gouvernement de la république pour des raisons qui ont été exposées aux représentants de l'Italie au Maroc et dont V. E. a reconnu toute la valeur dans son entretien avec le général Lyautey du 11 février dernier compte bien qu'on attendra la fin de la guerre actuelle pour donner suite aux projets qui auraient été formés d'ouvrir des écoles italiennes dans la zone française de l'Empire chérifllen. Le Gouvernement royal a également exprimé le désir de connaitre quelles étaient les intentions du Gouvernement chériffien en ce qui concerne la réglementation sur les accidents du travail. Je suis heureux de confirmer à V. E. les déclarations qui lui ont été faites par le général Lyautey. Le résident général de la république au Maroc se propose de faire mettre à l'étude sans plus tarder en vue de sa prochaine promulgation une réglementation sur la matière. Enfin j'ai l'honneur de porter à la connaissance de V. E. que si la peine capitale était prononcée dans la zone française de l'Empire chériffien conformément au code pénal en vigueur contre un sujet italien ou un individu extradé par le Gouvernement italien, l'attention du président de la republique française serait appelée d'une manière toute spéciale en vue de l'istance en grace pour la commutation de cette peine sur l'etat actuel en Italie à l'égard de la peine de mort. Etant donné le parallélisme établi par la déclaration du 28 octobre 1912 entre la situation des italiens au Maroc et celle des français en Tripolitaine, le Gouvernement de la république considère d'ailleurs comme hors de toute discussion que les français en Tripolitaine jouiront en ce qui concerne l'ouverture d'écoles primaires pour les

sujets français enfants et adultes et la réglementation sur les accidents du travai! des memes avantages et facilités qui y sont et seront accordés aux italiens eux-memes par la législation italienne. Agréez les assurances de la trés-haute considération avec laquelle j'ai l'honneur d'etre etc. etc. Signé: Aristide Briand ~

S. E. M. Tommaso Tittoni, ambassadeur d'Italie à S. E. M. Aristide Briand, président du Conseil et ministre des affaires étrangères: «Je Vous accuse réception des deux notes n. 14 et 17 en date du 9 mars par lesquelles V. E. me donne les assurances que j'avais eu honneur de demander à savoir dans la première note à propos des affaires que les tribunaux Consulaires ont commencé de connaitre au Maroc et de l'état de droit résultant de l'adhesion de l'Italie à la Convention franco-allemande du 4 novembre 1911, et dans la seconde à propos des écoles italiennes au Maroc, de la réglementation sur les accidents du travail et de l'application de la peine capitale. J'ai l'honneur d'en donner acte à V. E et je saisis l'occasion pour lui renouveler les assurances de la trés-haute considération avec laquelle j'ai l'honneur d'ètre etc etc.

Signé: Tittoni. Paris, le 9 mars ~.

(l) Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta che Sonnino abbia risposto.

582

IL MINISTRO A LISBONA, KOCH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

R. 191/37. Lisbona, 11 marzo 1916 (per. il 18).

Il resoconto ufficiale delle adunanze parlamentari tardando di solito molto ad essere pubblicato, credo opportuno trasmettere intanto a V. E. quello che è comparso stamattina nel «Diario de Noticias ~ il giornale più serio di questa città.

Nella .esposizione fatta dal ministero degli affari esteri merita speciale attenzione, oltre al testo della dichiarazione rimess·a dal ministro di Germania, la nota della Legazione britannica, in data 17 febbraio 1916, della quale il signor Soares ha dato lettura per mostrare come «il Governo inglese sia interamente compenetrato della responsabiità che andava ad assumere insieme al Portogallo » e nella quale si chiedeva che non soltanto quelli di cui il Governo della Repubblica potesse aver bisogno, ma tutti i piroscafi rifugiati nelle acque portoghesi fossero requisiti, pei bisogni della Gran Bretagna, e dei Paesi che mantengono con essa buone relazioni.

Il signor Soares ha inoltre fatto menzione della requisizione da parte dell'Italia dei piroscafi tedeschi ancorati nei porti del Regno, senza che il Governo Imperiale abbia sollevato dififcoltà alcuna. È questo un punto in merito al quale sono stato spesso interrogato dai colleghi o da altri, ed io ho dovuto rispondere sempre tenendomi sulle generali, poiché non mi è risultato in nessun modo che sia realmente stata ordinata tale requisizione, di cui hanno spesso parlato i giornali esteri, ma della quale i giornali italiani non hanno dato, che io mi sappia, alcuna notizia tranne quella pubblicata dal «Corriere della Sera» a

proposito di un piroscafo germanico da noi convertito in nave ospedale, che sarebbe stato catturato e poi rilasciato dalle forze navali austro-ungariche. Il Presidente del Consiglio mi disse anzi che il decreto portoghese del 23 febbraio era, in certa guisa, calcato sull'analogo decreto reale n. 29 del 29 gennaio 1915 e contiene anche disposizioni tratte di peso da quest'ultimo; ma allora qui hanno preso equivoco, poiché il decreto nostro non riguarda che le navi mercantili e altri galleggianti coperti dalla bandiera nazionale. Sarei grato a V. E. se, anche per norma di linguaggio, volesse favorirmi in proposito qualche indicazione.

Confermo il telegramma di oggi n. 26 (l) nel quale ho avuto l'onore di comunicare all'E. V. che, in seguito al voto del Congresso, il signor Affonso Costa ha presentato al Presidente della Repubblica, che le ha accettate, le dimissioni dell'intero Gabinetto, il quale rimarrà in carica per la gestione degli affari fino alla assunzione al potere del nuovo Ministero di difesa nazionale, per la cui costituzione il dott. Bernardino Machado ha cominciato fin da ieri sera ad avere colloqui coi principali uomini politici di tutti i partiti.

La tutela degl interessi dei cittadini tedeschi in Portogallo è stata affidata alla Legazione di Spagna, il cui titolare nutre notoriamente sentimenti germanofili. Anche quelli portoghesi in Germania sono stati affidati alla Rappresentanza di S. M. Cattolica.

Nessuna disposizione è stata presa per la mobilitazione cui provvederà eventualmente il Governo Nazionale. Per ora è stato soltanto affisso un ordine del Ministero della Marina che richiama in servizio duecento riservisti.

Come risulta da rapporti precedenti, il Portogallo che in omaggio ai suoi antichi legami coll'Inghilterra e alla sua amicizia per gli alleati è disposto a fare qualunque sacrificio a vantaggio della nostra causa e ne ha dato fino adesso non indifferenti prove, poco o nessun concorso potrà prestare dal punto di vista militare, concorso del quale del resto qui non si parla affatto, e si crede anzi non sarà probabilmente né offerto né richiesto.

583

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO {2)

L. P. Roma, 11 marzo 1916.

Mi ha molto impressionato il telegmmma di Mayor degli 8 marzo n. 1141 (3) dove si prospetta la possibilità di introdurre nei paesi alleati «una riduzione del consumo del pane mediante razionamento con misura uniforme e simultanea).

A giudizio mio occorre che Mayor sappia, si convinca e dica come tale disegno sia inattuabile per l'Italia. Ti accenno soltanto le principali ragioni che tu intendi meglio di me:

l. -L'essere il pane in Italia, più che in ogni paese straniero, la base della alimentazione del popolo, talvolta, spesso anzi, l'unico alimento: onde impossibile una misura di consumo uniforme con altri popoli che hanno succedanei ed abitudini diverse.

2. --Il razionamento implica la confisca di tutto il grano esistente nello Stato: ciò che nelle nostre campagne è impossibile. 3. --Non abbiamo organi di governo adatti ad eseguire una simile misura.

Occorre che Mayor dica chiaro che è inammissibile a priori per noi un simile disegno; amnché si persuadano in Inghilterra che debbono darci i mezzi per portare il grano in Italia pur pagandolo noi caro o carissimo.

Altrimenti cascherà tutto; e sarà inutile parlare di guerra intensificata, dj alleanza etc. (l).

(l) -Non pubblicato. (2) -Da Archtvto Sonntno, Montespertoli, ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 516. (3) -Cfr. n. 561.
584

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 567/115. Pietrogrado, 12 marzo 1916, ore 16,10 (per. ore 22,30).

Voce giusta la quale Turchia penserebbe ad una pace separata è in relazione con quella del ferimento e della morte di Enver pascià. Entrambe sembrano aver trovato un certo credito in America e in Inghilterra. Qui vi si presta scarsissima fede. Si apina infatti che padroni della Turchia sono oggi i tedeschi e che quand'anche Enver pascià sparisse Germania avrebbe mezzi sumcienti grazie ai suoi legami con elementi militari ottomani per dominare la situazione. Germania naturalmente non permetterebbe pace separata. Non vi sarebbe che un pronunciamento militare che potrebbe mutare situazione. Nessun movimento della popolazione ha mai sortito effetto quando non accompagnato e promosso dall'esercito.

Ora nonostante disagi e disinganni non si hanno fin qui notizie che lascino prevedere un colpo di mano da parte esercito. È notevole che all'ultimo Salamlik a Santa Sofia i tedeschi schierarono sul passaggio del Sultano tutte le artiglierie da essi comandate a Costantinopoli.

(l) Sonnino inviò in pari data a Mayor il t. 670 che riproduce il senso di questa lettera. Per la risposta di Mayor cfr. n. 592.

585

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AI MINISTRI A LISBONA, KOCH, PRESSO IL GOVERNO BELGA A LA HAVRE, CARIGNANI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI (l)

T. GAB. 375. Roma, 12 marzo 1916, ore 18.

Barrère mi riferisce che Briand ritenendo opportuno che Serbia e Belgio siano invitate alla riunione politico-militare di Parigi desiderava sapere se Governo italiano era d'accordo. Chiedeva pure l'avviso nostro, intorno alla convenienza di invitare anche il Giappone.

Ho risposto che oramai la questione pel Belgio parevami pregiudicata dal fatto dell'intervento del delegato belga alla riunione preliminare militare di Parigi. Non avere io del resto nulla da opporre alla ammissione cosi del Belgio, come della Serbia, e del Giappone, e magari anche del Portogallo, oggi che fa parte dei belligeranti, una volta che si esca dalla primitiva base delle quattro Potenze firmatarie della convenzione di Londra, base che si prestava forse maggiormente a deliberazioni pronte e conclusive, ma che importava sopratutto avere ben chiaro il concetto come punto di partenza che nella riunione di Parigi non si tratta di discutere della futura pace e delle sue condizioni, ma soltanto del modo migliore di condurre innanzi la guerra per portarla a buon fine.

586

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 1263/322. Parigi, 12 marzo 1916 (per. il 16).

Il deputato croato Supilo del quale è oggetto il mio telegramma di gabinetto

n. 47 (2), mi ha chiesto di essere ricevuto. Venuto stamane mi ha pregato di ascoltare la narrazione che desiderava farmi. Esprimendosi correttamente in italiano mi ha detto che al momento dello scoppio della guerra egli non si trovava in Austria e deve a ciò la sua salvezza perché certamente sarebbe stato arrestato e tradotto innanzi a Consiglio di Guerra mentre invece ha subito soltanto la confisca dei beni. Egli dapprima si recò in Italia dove vide l'on. Fradeletto, del quale è molto amico; poi andò in Serbia, dove s'intese completamente con Pasic per l'unione della Serbia e della Croazia e munito di una lettera di raccomandazione di Pasic per Sazonov proseguì per Pietrogrado. Sazonov lo ricevette

molto cortesemente e gli parlò con molta franchezza. Gli disse che il principio dominante di tutta la politica russa interna ed estera è il dominio ed il trionfo della religione ortodossa (! ! ) perciò la Russia era contraria all'unione della Croazia alla Serbia, poiché i 5 milioni di croati cattolici avrebbero dal punto di vista religioso dominato completamente sui serbi ortodossi, perché i cattolici croati sono attaccatissimi alla loro religione, mentre i serbi sono in generale indifferenti all'ortodossia o addirittura miscredenti. Sazonov licenziò Supilo dicendogli che nulla avrebbe potuto concludere in Russia e lo consigliò di andare in Inghilterra.

A Pietrogrado Supilo conferì anche col nostro Ambasciatore marchese Carlotti, il quale si espresse con lui con molta riserva.

In Inghilterra Supilo aveva già molti amici. Quindi vi fu benissimo accolto e trovò molte adesioni alla causa della riunione di tutti gli slavi dell'Adriatico e dei Balcani. Fu ricevuto da Asquith, Grey e Cecil, i quali lo ascoltarono con molta attenzione e gli dimostrarono simpatia alla sua causa. Da essi ebbe il consiglio, che ora segue, di recarsi in Italia e di abboccarsi costi con i principali uomini politici e del Governo. Passando da Parigi, vi si è fermato alquanto, ma qui ha trovato maggiore indifferenza che in Inghilterra, poiché la F'rancia attratta altrove da grandi interessi e da grandi aspirazioni da realizzare, si mostra più indifferente ai problemi dell'Adriatico.

A Roma Supilo si presenterà a V. E. per cui ha una lettera di raccomandazione. Si propone di patrocinare a Roma l'unione intima degli italiani e slavi nell'Adriatico e l'unione della Croazia alla Serbia.

Io che l'ho ascoltato durante la sua narrazione senza interromperlo, a questo punto gli ho detto che lo consigliavo di parlare a Roma soltanto del primo punto ed astenersi di parlare del secondo. Supilo mi ha detto che Briand, dal quale era stato ricevuto, gli ha dato lo stesso consiglio.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 326-327. (2) -Cfr. n. 557.
587

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, PATERNO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI. SONNINO

R. 18/13. Bordeaux, 12 marzo 1916.

Ho l'onore d'informare V. E. che il Presidente del Consiglio montenegrino ha fatto chiedere, tre settimane or sono, il gradimento per la nomina a ministro del Montenegro a Corfù del noto signor Pietro Plamenatz. ex ministro degli Affari Esteri.

Nel comunicarmi quanto precede, il signor Mijuskovic mi ha anche detto che la nomina di un rappresentante montenegrino presso il Governo serbo gli era stata suggerita a Parigi dal signor Cambon e dal signor Izvolsky ed ha aggiunto che a malgrado del tempo trascorso non gli era tuttora pervenuta alcuna risposta da Corfù.

Il signor Miuskovic crede ravvisare in questo ritardo una nuova prova della tendenza del Governo serbo a cogliere ogni propizia occasione per menomare la mdividualità politica del Montenegro, mentre i consigli dati in proposito dal Governo francese e dall'Ambasciatore di Russia dimostrerebbero l'interesse delle due potenze alleate al mantenimento della personalità giuridica del Regno di Re Nicola. Senza voler dare troppo peso, per ovvie ragioni, agli apprezzamenti del signor Mijuskovic, sembrami tuttavia opportuno informare V. E. che da una conversazione avuta con questo Ministro di Serbia ho riportato l'impressione che il Governo serbo preferirebbe non avere presso di sè un rappresentante montenegrino e ne ritarderebbe la nomina forse nella speranza di riuscire ad evitarla.

588

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

T. R. 1213/32. Cristiania, 13 marzo 1916, ore 0,15 (per. ore 7).

Le sedute della conferenza Copenaghen iniziata 9 corrente, interrotte ed accorciate da una quantità di visite e pranzi protocollari, hanno avuto termine ieri.

Comunicato ufficiale apparso qui stamane e divulgato dalle agenzie telegrafiche è incolore, ma non esclude ipotesi accennata nei miei precedenti telegrammi (1).

Si è quindi d'avviso che il convegno, a cagione degli interessi divergenti e dell'atteggiamento differente dei tre Stati durante guerra europea, non avrà alcun risultato politico. Tuttavia, a mio modo di vedere, avvenimento è un successo morale per la Svezia che procurerà, in quanto possibile, sfruttarlo ai suoi fini. Giornale ufficioso del Governo cerca, in un articolo di fondo odierno, diminuire importanza. Si ha motivo di credere che la stampa norvegese abbia ricevuto parola d'ordine in tal senso.

Giudizio concreto circa vero carattere e la portata convegno Copenaghen non potrà emettersi che più tardi: è tuttavia opportuno a priori diffidare, dati i fattori divergenti e le circostanze peculiari su cui riposa l'incerto equilibrio scandinavo.

589

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 569/95. Atene, 13 marzo 1916, ore 14 (per. ore...) (2).

Ministro d'Inghilterra mi ha dato lettura di un telegramma di Grey da cui risulta che questi sarebbe disposto accettare condizione al prestito proposto da Elliot: chiedere cioè controllo sulla polizia greca le cui ripetute vessazioni a

carico degli agenti francesi ed inglesi irritano grandemente queste legazioni d'Inghilterra e di Francia.

Grey proporrebbe inoltre domandare alla Grecia nuove importanti facilitazioni anzi addirittura il concorso greco per la sorveglianza degli agenti germanici e delle basi di rifornimento sottomarini. Escluderebbe ogni ingerenza della Intesa nella questione attitudine politica Grecia mantenimento mobilitazione.

(l) -Cfr. nn. 532, 554 e 560. (2) -Manca l'Indicazione dell'ora d'arrivo.
590

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1227/155. Parigi, 13 marzo 1916, ore 20,50 (per. ore 2,45 del 14).

Telegramma di V. E. n. 664 (l).

Mentre ministri competenti stanno esaminando se e quanto carbone potrebbero concederci: malgrado strettezza nella quale anche qui si trovano e in attesa di una risposta concreta che mi è stata promessa sollecita, Briand ha telegrafato a Cambon Paolo di appoggiare premurosamente Imperiali e Mayor nella loro azione presso Governo inglese in tutto ciò che riguarda interessi economici italiani.

A proposito carbone non posso trattenermi da osservare che con mio telegramma n. 72 del 9 febbraio (2) io trasmisi a V. E. una offerta per 250.000 tonnellate di carbone alla quale non fu mai data risposta dai ministri competenti, benché io l'avessi sollecitata con altro mio telegramma n. 113 del 24 febbraio (2). Io non mi pronuncio circa convenienza di tale proposta: mi sembra però che, dato grande interesse che ha per noi questione del carbone, valeva la pena che, invece essere messa nel cestino, fosse presa in esame e che una risposta affermativa o negativa, poco importa, a me fosse comunicata.

591

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 1226/156. Parigi, 13 marzo 1916, ore 20,50 (per. ore 1,30 del 14).

Ieri Cambon mi disse con suo sommo dispiacere non aveva potuto mantenere promessa della pubblicazione del testo dei documenti del Marocco (3) perchè alcuni ministri avevano persuaso Briand che testo avrebbe potuto non piacere ai coloniali più intransigenti e non essere accolto con uguale favore da tutta la stampa. Io gli ho fatto osservare che [dietro] debita autorizzazione avevo telegrafato a V. E., che testo sarebbe stato pubblicato da agenzia, e che

ritenevo un errore non averlo fatto perchè i coloniali lo conosceranno lo stesso a mezzo giornali italiani e potranno a ragione rimproverare al Governo francese di averlo tenuto nascosto.

Cambon mi ha detto era pienamente d'accordo meco, ma di parlarne a Briand che infatti ho veduto stamane.

Briand si è scusato dicendo che quando Cambon gli riferì non comprese bene che doveva essere pubblicato testo dei documenti. Che aveva mandato alla stampa una prima nota in cui si parlava soltanto dell'abolizione delle capitolazioni perchè non sembrasse che questa avesse avuto luogo sulla base di compensi. Che riconosceva giusta la mia osservazione che non pubblicando altro si sarebbe potuto muovere accusa di tener celato il resto e quindi oggi stesso avrebbe mandato alla stampa un comunicato dicendo che Italia e Francia avevano discusso e constatato il loro pieno accordo a base di reciprocità per consegna dei renitenti e disertori e per le scuole ed infortuni sul lavoro al Marocco e Tripolitania.

Quanto renitenti Briand tiene molto che si annunzi soltanto che un accordo fra i due Governi ha avuto luogo senza indicare testo.

Quanto al Marocco egli ha detto che publicazione del testo fatta da noi era giusta e opportuna. Che per Francia avrebbe provveduto con la nota che inviava ai giornali perchè oramai preferiva non pubblicare tardivamente testo tranne che io non ne avessi fatto una questione sine qua non. Ho risposto a Briand che io avrei preferito che testo fosse stato pubblicato contemporaneamente in Francia e Italia, ma che oramai non avrei più insistito.

Quanto stampa francese, essa nella sua quasi totalità ha accolto l'annunzio

ufficioso commentando favorevolmente nostra rinunzia alle capitolazioni. Fanno

eccezione soltanto Journal che ha detto trattarsi di cosa di poca importanza e

Journal des Débats che ha detto pubblico francese sarà meravigliato di appren

dere soltanto ora una rinunzia che Italia avrebbe dovuto fare da molto tempo.

(l) -Cfr. n. 575. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 581.
592

IL COMMISSARIO GENERALE PER I RIFORNIMENTI, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1228/136. Londra, 13 marzo 1916, ore 21,02 (per. ore 2,45 del 14).

Riferiscomi al telegramma di V. E. n. 670 (1).

Premetto che la proposta di razionamento non fu formulata nè formalmente

preannunziata dal Governo inglese. L'ambasciatore di Francia apertamente la

patrocinava e si poté credere da qualche accenno che il suo suggerimento potesse

venire preso in considerazione. Donde la necessità di sapere come comportarci.

In base alle istruzioni impartite da S. E. il presidente del consiglio, il prof.

Attolico ha dichiarato stamane nella commissione dei grani in presenza presi

dente del Board di agricoltura che il nostro fabbisogno è irreducibile. Nello stesso senso e con indiretto riferimento alla proposta sul razionamento non ancora sollevata mi esprimo oggi in una mia comunicazione a lord Selborn. Del resto giova notare che, facendo assegnamento solo sopra 100.000 tonnellate di secondi (sic) viaggi di piroscafi italiani requisiti possono a tutt'oggi ritenersi coperti circa 8 milioni e mezzo di quintali di grano; poiché siamo ora a metà marzo possiamo sperare di completare il nostro fabbisogno.

Invio per posta copia mia comunicazione suddetta.

(l) Cfr. n. 583, nota l, p. 429.

593

L'AMBASCIATORE A TOKIO, CUCCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. S. 578/2. Tokio, 13 marzo 1916, ore 22,45 (per. ore 3,40 del 14).

Tutte le voci correnti confermano spedizione militare russa, quindici vapori giapponesi noleggiati dal Governo francese sarebbero concentrati Porto Arthur ove si trova questo addetto navale francese: spedizione militare 40 mila uomini trasportabili in tre viaggi al golfo Persico ed in Siria conformemente al piano di querra di isolare Turchia dagli altri musulmani specialmente da quelli delle Indie.

Governo giapponese consegnerà incrociatori venduti Russia soltanto dopo firma protocollo relativo Manciuria.

594

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 576/99. Londra, 13 marzo 1916, ore 23,26 (per. ore 5 del 14).

Esprimevo testè a Grey mio compiacimento per progettata visita ministri inglesi a Roma. Dalla sua risposta ho veduto che viaggio sorride molto a lui e Asquith, ma che non sarà forse possibile ad entrambi assentarsi contemporaneamente. Grey ha aggiunto che dopo decisione di massima presa nel consiglio dei ministri non aveva più, per essere stato in breve licenza, avuto occasione di discorrere dell'argomento col primo ministro al quale proponevasi tenerne parola presto.

Ministri andrebbero Roma appena terminata conferenza Parigi; ciò mi fa calcolare epoca visita ai primi di aprile.

Converrebbe forse ciò stante a mio remissivo parere evitare che visita Londra generale Cadorna avvenga proprio al momento in cui principali ministri britannici sono in Italia ciò che sicuramente si verificherebbe se S. E. giungesse qui dopo anziché prima della conferenza Parigi.

595

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 574/101. Londra, 13 marzo 1916, ore 23,26 (per. ore 2,45 del 14).

In tutti questi passati giorni non ho cessato di insistere per favorevole risposta circa conclusione accordo Senussi. Grey mi ha detto stamane al suo ritorno in ufficio che ha nuovamente scritto al ministro della guerra raccomandando di trovare una formula che senza intralciare la libertà d'azione militare politico-coloniale dia a noi l'affidamento escludente qualunque pace separata anglo-senussita. Io ho ripetuto a Grey quello che dissi avant'ieri a lord Crewe l'obbiettivo che a me importa sistemato è quello pel quale stavamo cercando formula prima dello scoppio della guerra in base al concetto fondamentale nel quale tanto egli quanto San Giuliano avevano consentito ossia la comune difesa contro il comune pericolo.

Raggiunta l'intesa che è la base essenziale politica dell'accordo spetta alle competenti autorità militari di prendere accordi tecnici qualora se ne ravvisi utilità.

596

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE

T. 689. Roma, 13 marzo 1916, ore 24.

(Per Washington): Suo telegramma gab. n. 69 (l).

(Per Pietrogrado, Parigi, Londra): Mio telegramma n. 663 (2).

(Per tutti): Ambasciatore d'Inghilterra mi ha informato che il suo Governo ha accettato il testo francese come risposta alla comunicazione americana del 22 gennaio sull'armamento delle navi mercantili.

(Per tutti, meno Washington): Ho dato istruzioni al R. ambasciatore a

Washington di consegnare contemporaneamente ai suoi colleghi alleati la nostra

seguente risposta:

(Per Washington): Prego V. E. di prendere accordi coi suoi colleghi alleati

per presentare contemporaneamente con essi al Governo americano la nostra

risposta seguente:

(Per tutti): <<Colla nota verbale del 19 febbraio scorso il Governo di S. M.

il Re ha già avuto l'onore di comunicare all'ambasciata degli Stati Uniti in

Roma le sue considerazioni in merito alla proposta fatta il 22 gennaio dal

Governo americano ai rappresentanti in Washington delle potenze alleate sulla

questione dell'armamento dei piroscafi mercantili a scopo difensivo.

In seguito ad uno scambio di idee con le potenze alleate, il Governo di Sua Maestà ha l'onore di comunicare oggi al Governo americano la sua risposta definitiva.

Il Governo di Sua Maestà si trova nella necessità di confermare tutte le considerazioni esposte nella sua nota del 19 febbraio. La guerra dei sottomarini come è stata finora praticata dal Governo austro-ungarico e dai suoi alleati implica una violazione di quei principi di diritto e di umanità che è stretto dovere dei belligeranti di rispettare qualunque sia lo strumento bellico di cui esso si serve. Questa violazione è stata causa di gravi illeciti danni alle persone ed ai beni non solo delle nazioni belligeranti, ma anche di quelle neutrali.

È superfluo ricordare l'affondamento dell'Ancona avvenuto in gravissime circostanze che lo stesso Governo austro-ungarico non ha potuto smentire.

Il Governo italiano stima pertanto impossibile rinunciare senz'altro ai mezzi legali di protezione ammessi dal diritto ed usati dalle navi mercantili italiane ad esclusivo scopo difensivo.

Lo stesso Governo americano ha del resto consentito all'inizio della guerra a siffatte norme. Non sarebbe consentaneo ai principi formulati nella stessa convenzione dell'Aja che le regole da esso accolte venissero mutate durante il corso delle ostilità.

Pur rendendo omaggio alle intenzioni altamente umanitarie che hanno ispirato la proposta americana, il Governo italiano, in vista delle considerazioni qui sopra esposte, non può dare la sua adesione alla proposta del Governo americano, la quale, in sostanza, porrebbe le navi mercantili alla completa mercè dei sottomarini ad esse togliendo una limitata possibilità di difesa, e si basa su un obbligo fatto ai sommergibili di provvedere alla salvezza delle persone imbarcate, che nella pratica quelle navi non possono adempiere, attesi gli scarsi mezzi di cui dispongono a tal uopo».

(l) -Cfr. n. 568. (2) -Cfr. n. 568, nota 3.
597

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1262/29 GAB. (l). Stoccolma, 14 marzo 1916, ore 18,55 (per. ore 9,10 del 15).

A quanto mi ha detto questo ministro degli affari esteri, e mi risulta altrimenti in via confidenziale, gli uomini di Stato che hanno partecipato alla recente conferenza scandinava di Copenaghen ne hanno riportata ottima impressione. Come si prevedeva, nessuna questione è stata specialmente trattata e nessuna decisione concreta è stata presa. Non solo da parte della Svezia nessun tentativo è stato fatto per attirare gli altri Stati ad una politica meno amichevole verso l'Inghilterra, ma al contrario la Danimarca e la Norvegia hanno fatto

intendere al Governo svedese che saluterebbero con viva soddisfazione un ac~ cordo fra esso ed il Gabinetto di Londra, non solo perchè la situazione politica se ne avvantaggerebbe, ma anche perchè sperano poterne profittare in seguito esse stesse, la Svezia potendo ottenere dall'Inghilterra migliori condizioni di loro.

La conferenza non si sarebbe affatto occupata della pace nè di una eventuale mediazione.

(l) Partito come telegramma di gabinetto, è stato protocollato in arrivo nella serle ordinaria.

598

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 590/96. Bucarest, 14 marzo 1916, ore 20 (per. ore 21,45 del 15).

Mi risulta in via confidenziale che mentre principe Wied seguita a dichiararsi convinto che tornerà sul trono dell'Albania, questi ministri di Germania e di Austria-Ungheria tengono linguaggio completamente diverso.

II primo dichiara che, per quanto egli sa, se pure vi sarà ancora una Albania alla fine della presente guerra, essa sarà ridotta a ben poca cosa ed in ogni caso non sarà governata dal principe Wied. Secondo il ministro di Germania la parte settentrionale dell'Albania sarà attribuita alla Serbia per assicurarle un accesso sull'Adriatico. Egli sostiene infatti che il più grave errore dell'AustriaUngheria è stato appunto quello di aver negato alla Serbia tale accesso giacché questa se lo avesse avuto non avrebbe complottato altrove contro l'AustriaUngheria.

Aggiunge poi che la Serbia nell'Adriatico presenterebbe vantaggio di procurare difficoltà all'Italia.

Parte meridionale dell'Albania verrebbe data alla Grecia per compensarla del suo contegno verso Imperi centrali. Infine anche le regioni centrali dell'Albania verrebbero diminuite di una parte interna da attribuire alla Bulgaria.

Ministro d'Austria-Ungheria è più spicciativo giacché non ammette ricostituzione nè della Serbia nè dell'Albania. Mi risulta d'altra parte che in questi ambienti albanesi circola proposta di dare la corona d'Albania al principe Cirillo di Bulgaria. Ignoro da chi venga tale idea e che fondamento essa abbia.

599

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 591/97. Bucarest, 14 marzo 1916, ore 20,30 (per. ore 2,45 del 16).

Mi risulta che Bratianu è molto preoccupato del contegno della Bulgaria e teme che essa attacchi da un momento all'altro la Romania. Tale allarme sarebbe provocato dai movimenti di truppe bulgare alla frontiera romena.

Avverto tuttavia che taluno ritiene avere queste truppe bulgare semplicemente lo scopo di sostituire le truppe germaniche che si trovavano colà e che sono state trasportate altrove. Le apprensioni di Bratianu sono state comunicate al ministro di Germania il quale esclude che esse abbiano qualsiasi fondamento.

Credo utile avvertire a tale riguardo che il Governo bulgaro fece giorni sono delle osservazioni a questo Governo circa truppe che sarebbero state richiamate sotto le armi dalla Romania e dirette verso la frontiera bulgara. Bratianu replicò negando tali nuove chiamate ed asserendo anzi che a decorrere dal 28 febbraio numerosi richiamati sarebbero stati rinviati alle loro case.

Avverto però confidenzialmente che ciò non concorda con quanto mi ha detto ieri ministro delle finanze, secondo il quale vi sarebbero in Romania in questo momento sotto le armi oltre 400.000 uomini con una spesa quotidiana superiore ai 400.000 lei mentre fino a poco tempo fa non ve ne erano più di 300.000.

600

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI, A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 383. Roma, 14 marzo 1916, ore 21.

Barrère mi ha comunicato che si vorrebbero utilizzare le truppe serbe appena riorganizzate inviandole a Salonicco, e per evitare i pericoli del lungo trasporto per mare, si penserebbe di mandarne una gran parte a Patrasso e di là farle proseguire per terra via Atene fino a destino. Egli chiedeva se volessi dare istruzioni a De Bosdari di appoggiare i passi dei colleghi presso il Governo ellenico in tale senso.

Ho risposto che mi pareva che, anche per un riguardo verso il Governo serbo, la questione della destinazione ed utilizzazione migliore delle truppe serbe riorganizzate dovesse essere tra quelle di cui la decisione fosse riservata alla prossima riunione politico-militare di Parigi, alla quale era stata pure invitata la Serbia; e ciò tanto più in quanto la riorganizzazione avrebbe richiesto per la grandissima maggioranza delle truppe stesse un periodo di tempo più lungo di quanto non ci separasse dalla riunione interalleati fissata pel 27 corrente (2).

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 328. (2) -Il presente telegramma fu comunicato anche ad Atene e Corfù con t. gab. 397 del 18 marzo, ore 20, con l'aggiunta della seguente istruzione: «Prego V.S. conformare sua condotta alla risposta da me data a Barrère ».
601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI, A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 384. Roma, 14 marzo 1916, ore 21.

Mio telegramma gabinetto n. 375 (2).

Barrère mi comunica che Briand si dichiara pienamente d'accordo con me che la prossima riunione politico-militare degli alleati a Parigi deve occuparsi soltanto del migliore coordinamento delle varie azioni allo scopo di condurre innanzi la guerra e non deve affatto trattare di eventuali sistemazioni per la futura pace.

602

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 255/87. Madrid, 14 marzo 1916 (per. il 2 aprile).

La dichiarazione di guerra della Germania al Portogallo ha prodotto qui molta impressione. Ho avuto occasione di vedere il Presidente del Consiglio poco dopo che l'Ambasciatore di Germania era andato da lui per annunciargli l'imminente dichiarazione di guerra e pregarlo di assumere la protezione degli interessi germanici in Portogallo, e ho trovato il conte di Romanones non poco preoccupato. Egli non mi nascose anzitutto che gli era riuscita poco gradita la domanda del principe di Ratibor e si comprende facilmente che al conte di Romanones il quale ha sempre orientato prima della guerra la politica della Spagna in senso benevolo alle potenze occidentali, non piaccia eccessivamente questa protezione quasi universale che per fatto dei suoi precedessori la Spagna ha assunto degli interessi germanici. Ma, come egli mi disse, non era possibile dopo avere accettata quella missione in tutti gli altri Stati belligeranti declinarla per il Portogallo. Egli aggiunse che la guerra avvicinandosi così al territorio spagnuolo la situazione della Spagna neutrale si faceva assai più delicata che non fosse fin qui; l'importanza del porto di Lisbona cresceva d'altrettanto ed egli pensava affidare quella legazione ad un uomo politico di sua speciale fiducia. Infatti è già nominato Ministro di Spagna a Lisbona il signor Lopez Mufi.oz già ministro di Stato nel primo ministero Romanones. È la prima volta che un exministro di Stato assume la direzione d'una semplice legazione e tutti i giornali lodando lo spirito d'abnegazione del Lopez Mufi.oz lo giudicano adeguato alle gravi esigenze del momento.

Queste preoccupazioni si spiegano per varie circostanze. La Spagna non solo apprezza molto la sua situazione di potenza neutrale ma sente altresì che non è

in misura d'abbandonarla quando volesse, dimodoché il suo atteggiamento attuale le è imposto non solo da un saggio calcolo dei suoi veri interessi ma anche dalla impossibilità in cui si troverebbe di fare qualsiasi esperimento serio di mobilitazione delle sue forze di terra e di mare. Ma a misura che l'incendio si estende e che uno dopo l'altro gli Stati d'Europa vengono trascinati nel vortice. essa si sente più isolata in questo atteggiamento d'inazione forzata, sente scemare sempre più il peso che essa può esercitare sugli avvenimenti, e a questo timore di vedere diminuito il suo prestigio s'aggiunge quello non meno fondato di trovarsi, al momento in cui si conchiuderà la pace, sola e in posizione assai delicata fra tanti belligeranti giustamente avidi di assicurarsi compensi ai sacrifici sostenuti. Ciò crea qui un senso di disagio che si manifestò già quando l'Italia entrò in guerra, e che malgrado la minore importanza del fatto si rinnova oggi che anche il Portogallo prende posto fra i belligeranti. Di più con il concetto che hanno le masse spagnuole dell'onnipotenza germanica, vi è già chi vede i porti lusitani devastati dai sottomarini tedeschi e forse anche sbarchi di truppe di grandi potenze nel territorio portoghese, e non vi è spagnuolo che non frema alla idea della presenza, ad esempio, di truppe inglesi nella penisola iberica. Inoltre e forse è questo il pericolo più probabile, la tutela della neutralità spagnuola diventa assai più difficile e laboriosa, da un lato per la contiguità del territorio portoghese e le abitudini di promiscuità delle popolazioni di confine, dall'altro per il numero stragrande di sudditi tedeschi che già si trovano in Spagna e che vengono ora aumentati del grosso contingente passato nel Regno dopo la dichiarazione di guerra !uso-germanica. I tedeschi hanno preso anche troppo qui l'abitudine di organizzarsi di irregimentarsi agli ordini dei loro consolati, e di servire con tutti i mezzi gli interessi della loro causa, sfruttando ove possono la complicità delle autorità locali e in caso contrario violando o eludendo le loro disposizioni. È molto probabile che essi approfittino della loro vicinanza al Portogallo per fomentare e all'uopo ove occorra anche organizzare dei movimenti o delle incursioni rivoluzionarie accrescendo così gli attriti che per tale motivo si produssero tra i due Stati iberici fin dalla proclamazione della repubblica a Lisbona, e che non furono mai interamente eliminati. Gli equipaggi poi dei vapori tedeschi requisiti in Portogallo si sono rifugiati in Spagna, e come naturale sono ricoverati a bordo dei vapori delle stesse compagnie che si trovano nei porti spagnuoli. Si teme che questa pletora di equipaggi induca qualche capitano dallo spirito avventuroso a tentare qualche ardito colpo prendendo il mare e facendo la guerra di corsa ovvero anche aggredendo qualche punto indifeso del territorio portoghese, e creando cosi al Governo spagnuolo gravi imbarazzi. Infine la stampa spagnuola al servizio degli imperi centrali incomincia già contro il Portogallo una campagna di denigrazione che provocherà certamente nella vicina repubblica una viva reazione, mentre la stampa germanica non mancherà d'approfittare delle presenti circostanze per attizzare le latenti ambizioni spagnuole sul Portogallo, e tutto ciò contribuirà a scemare vieppiù la già scarsa cordialità di relazioni fra i due Stati.

Il Governo spagnuolo si rende perfettamente conto di tutto ciò, e ha già preso una prima misura per fronteggiare la nuova situazione mutando il titolare della sua legazione a Lisbona. Il marchese di Villasinda sembra essersi alquanto compromesso ostentando vive simpatie per la Germania ed era del resto tutt'altro che persona grata a Lisbona. Egli non era pertanto il funzionario più indicato per assumere colà la tutela degli interessi germanici. Si può osservare che per gli stessi motivi egli non dovrebbe essere il titolare più opportuno della ambasciata di Pietrogrado alla quale viene destinato, ma egli era l'unico candidato possibile per quell'alto posto rifiutato, sopratutto per ragioni finanziarie da molti altri personaggi spagnuoli, e così gli si applica il promoveatur dum amoveatur. Il signor Lopez Mufioz che lo sostituisce è una bravissima persona che gode qui di universali simpatie e ne acquisterà certamente anche a Lisbona; egli fu però nel suo breve passaggio al ministero di Stato un semplice esecutore dei cenni del Presidente del Consiglio e non sembra probabile che egli potrà rappresentare nella sua nuova missione una parte adeguata alla importanza del posto che egli occupa nel mondo parlamentare spagnuolo.

Un altro argomento di preoccupazione ignorato dal pubblico presenta per questo Governo il soggiorno forzato sul territorio spagnuolo del signor Rosen che partito da Lisbona non può tornare in patria se non attraversando territorio nemico. Egli è uno di quei rappresentanti diplomatici à poigne che abbondano nella carriera germanica, e se sarà costretto a rimanere in Spagna non rimarrà per questo inattivo e sarà un prezioso ausiliario per i promotori d'intrighi a danno degli alleati, tanto più che egli fu al Marocco ed è buon conoscitore del mondo arabo. Per questo i miei stessi colleghi di Francia e d'Inghilterra vedrebbero con piacere che gli fosse dai loro Governi accordato un salvacondotto che però fin qui non fu chiesto. E certamente il conte di Romanones non è meno desideroso di sbarazzarsi d'un ospite alquanto pericoloso.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 328. (2) -Cfr. n. 585.
603

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 598/100. Bucarest, 15 marzo 1916, ore 15,15 (per. ore 2,10 del 17).

Mi si assicura che questo ministro d'Austria-Ungheria d'accordo col ministro di Bulgaria e col consigliere di legazione di Germania conduce una campagna per giungere alla caduta del Gabinetto Bratianu ed alla formazione di un Gabinetto Majoresco-Marghiloman od alla rottura delle relazioni colla Romania. Viaggio di Bussche a Berlino (mio telegramma n. 165) (l) sarebbe appunto dovuto al fatto che tra le informazioni da lui date e quelle date dal suo consigliere vi sarebbero divergenze, quest'ultime essendo più pessimiste e che Governo germanico vuole assicurarsi a viva voce del ministro sul vero stato delle cose.

È significativo il fatto che stasera un giornale pagato dai tedeschi pubblichi che a Berlino deve aver luogo una conferenza prevalentemente militare la quale dovrà decidere anche del contegno da tenersi verso la Romania e che ad esso deve partecipare anche Bussche.

Majoresco frattanto che da vario tempo si teneva in grande riserbo ha chiesto udienza al Re Ferdinando. Taluni qui temono che la Bulgaria d'accordo coll'Austria-Ungheria faccia un colpo di testa contro la Romania.

D'altra parte ministro d'Austria-Ungheria dice francamente che è giunto momento di chiarire la situazione della Romania essendo preferibile la guerra alla continuazione della presente situazione. Non so se venuta qui del ministro di Svezia (mio telegramma odierno n. 173) (l) possa essere messa in relazione con questo stato di cose. Debbo tuttavia avvertire che scorso autunno Beldimann fece qui presente possibilità ed opportunità di accordarsi colla Svezia per un'azione comune a favore Imperi centrali. Questo Governo non diede allora alcun corso a tale suggerimento e neppure si curò di accertarsi se si trattasse d'un atto personale di Beldimann, di cui è ben nota la germanofilia ad oltranza, o del Governo tedesco oppure del Governo svedese. Ad ogni modo è certo che debbono essere messe in relazione anche colle attuali mene per la caduta del Gabinetto Bratianu le notizie di fonte tedesca intorno alla situazione ministeriale in Italia di cui è piena questa stampa. Si cerca infatti di distogliere Romania dal conservare al potere un Gabinetto ligio all'Intesa con l'esempio dell'Italia ave la politica ostile agli Imperi centrali e l'andamento della guerra avrebbero sollevato nella opinione pubblica tale malcontento da rendere inevitabile un cambiamento per l'estero. Anche adunque nell'interesse della situazione in Romania oltre che nel nostro interesse sarebbe utile opporsi alle tendenziose notizie austro-tedesche con telegrammi veritieri di fonte italiana.

Prego mantenere segreto sulla provenienza di queste informazioni.

(l) T. 1248/165 del 13 marzo, ore 21.35, non pubblicato: riferiva circa la partenza di Bussche per Berlino.

604

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI

T. GAB. PER CORRIERE 385. Roma, 15 marzo 1916.

Telegramma S. V. gabinetto n. 9 (2).

Non ho per mio conto nessuna difficoltà che ella d'accordo con il suo collega d'Inghilterra e con quello di Francia osservi in via amichevole ed in corso di conversazione che sarebbe buona prova dell'affermazione fatta in tribunale del poco o nessun valore che avrebbero avuto le informazioni comunicate dai due colonnelli svizzeri agli addetti militari degli Imperi centrali, se venisse data comunicazione dei numeri del bollettino che contenevano le informazioni stesse.

Parmi convenga fare la cosa più come osservazione che come domanda e col massimo tatto per non dovere troppo reagire a un eventuale rifiuto del Governo svizzero (3).

(l) -T. 1287/173 del 15 marzo, ore 15,15, non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 576. (3) -Per la risposta cfr. n. 613.
605

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. POSTA 603/12. Berna, 15 marzo 1916 (per. il 18).

La comunicazione riservata fattami da V. E. col telegramma-posta n. 358 del1'8 corrente (2) ha formato oggetto di un lungo colloquio che ho avuto col Capo del dipartimento politico.

Ho esposto al signor Hoffmann per quali ragioni il nostro Governo, pur dando il massimo valore tanto alla sincerità e correttezza del consiglio federale quanto alla sua provvida azione moderatrice, deve oggi considerare la dolorosa ipotesi di una violazione della neutralità svizzera da parte delle truppe tedesche e la dura necessità di provvedere alla difesa della linea della nostra frontiera verso la Svizzera. Noi non facevamo che seguire, in gran ritardo, quanto avevano già fatto la Germania e la Francia; e lo facevamo in un momento critico, quando i replicati tentativi delle armate germaniche contro il fronte occidentale facevano purtroppo temere l'aggiramento delle linee avversarie e l'invasione del territorio elvetico. Mi lusingavo che l'esposizione sommaria ch'io gli faceva dei motivi che «obbligavano» il Governo del Re a prendere questa determinazione, convincessero pienamente il consiglio federale e che questi non trovasse nel nostro progetto di lavori un indizio di diffidenza, ma bensì un argomf'nto sussidiario di quel senso di rispetto della neutralità, la quale sarebbe stata certo assai più difficilmente violata quando il nemico sapesse che, dopo vinto gli ostacoli svizzeri, troverebbe la frontiera italiana fortemente difesa.

Il consigliere Hoffmann mi ascoltò con evidente attenzione, dicendomi sorridendo che le prime parole del mio discorso lo avevano fatto dubitare che la questione della dichiarazione prossima di guerra dell'Italia alla Germania spiegava, meglio che l'agitazione svizzera per l'affare dei colonnelli, il timore del nostro paese. Egli mi ringraziava della importante comunicazione fattagli di cui apprezzava tutta la delicatezza. Mi pregava di rendermi interprete dei suoi sentimenti presso V. E. Non vi era bisogno di convincerlo (io mi ero molto dilungato su quel punto) che questi progettati lavori non avevano carattere antisvizzero. Egli comprendeva esattamente i doveri dell'autorità militare e l'obbligo di envisager n'importe quelle hypothèse. L'Hoffmann mi ha espresso il desiderio di avere per iscritto, come semplice annotazione, il nome delle regioni dove si farebbero i lavori di difesa ed io gli ho promesso di inviarglielo al più presto.

Ad una mia domanda sul contegno che avrebbe tenuto il consiglio federale davanti ad eventuali indiscrezioni della stampa svizzera ed a malevoli commenti provocati dai nostri nemici, l'Hoffmann rispose che, le cas échéant, avrebbe provveduto informandomene a suo tempo: ma egli sperava che noi avremmo potuto fare i lavori senza che gli altri se ne interessassero.

In complesso la comunicazione fu accolta dall'Hoffmann con palese riconoscenza, ma la nostra decisione lo ha al tempo stesso profondamente turbato, per quanto il capo del dipartimento politico sia uomo che sa nascondere con fine arte il suo sentimento.

(l) -Ed. in SoNNINo, Carteggio, cit., n. 517. (2) -Cfr. n. 562.
606

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 783/193. Pietrogrado, 15 marzo 1916 (per. il 1° aprile).

Facendo seguito ai miei telegrammi riguardanti l'esposizione di politica estera fatta alla Duma ed al Consiglio dell'Impero dal signor Sazonov (1), ho l'onore di farne qui unita pervenire all'E. V. la traduzione (2). Essa è ricavata dal noto testo inviato alle Agenzie telegrafiche, che il Ministero degli Affari Esteri riconosce per ufficiale.

Poco di nuovo ha aggiunto il Ministro in questa occasione alle dichiarazioni da lui già fatte in varie riprese alla stampa ed alla Commissione parlamentare del bilancio. Le spiegazioni da lui date circa la politica estera della Russia nei riguardi degli Stati balcanici riproducono infatti le note apologie comparse di volta in volta nei giornali amici del Governo ad ogni insuccesso dell'Intesa nei Balcani. Nonostante le favorevoli e calde accoglienze fatte al discorso di Sazonov, delle quali dirò appresso i motivi, quelle apologie non hanno soddisfatto il pubblico russo, il quale non può a meno di riconoscere i fieri colpi subiti dallo slavismo durante la guerra e di chiederne conto alle sfere dirigenti.

Le illusioni nutrite dal Governo sul contegno della Bulgaria sono particolarmente oggetto di critiche da parte del pubblico, il quale però erra a sua volta nel rendere responsabile il solo Governo del fallimento della sua politica. In realtà l'opinione russa si era ipnotizzata nella sua distinzione tra il Re Ferdinando ed il popolo bulgaro senza accorgersi della coincidenza delle personali vedute di quel Sovrano con le passioni e con importanti interessi del suo paese. Se il Re, ben a ragione sospettoso della Russia per sè e per la sua dinastia, cercava appoggio nel germanismo, il popolo, nel suo antiserbismo acuto e nelle sue rivendicazioni territoriali, non meno che l'esercito anelante alla rivincita e stimolato continuamente dagli agitatori macedoni, cercavano appoggio presso chiunque avesse potuto aiutarli nel conseguimento delle loro aspirazioni. Oltre a ciò il programma russo di dominazione sugli Stretti e di contiguità territoriale con la Bulgaria non poteva considerarsi da quest'ultima senza vive apprensioni. Eran questi elementi bastevoli a rendere parallele, se non ad identificare la politica del Re con quella della nazione; ed il Re, quanto la Germania, che prometteva «tutta» e «subito » la Macedonia, seppero abilmente sfruttare circostanze così favorevoli alle loro mire. Contro siffatta compagine di interessi e di passioni

qual valore potevano mai avere i ricordi troppo rievocati di antichi benefici e di affinità di stirpe ormai sopraffatti dal potente sviluppo della coscienza nazionale del bulgari? Quale accoglienza potevano trovare presso di loro le idee d'una conciliazione serbo-bulgara e di un compromesso territoriale avanzato dall'Intesa tardivamente, incompletamente senza l'energia voluta per applicarlo?

Non pochi pensano che se la Bulgaria non ha tosto chiarito l'orientamento della sua politica non è stato già perché fosse incerta sui suoi fini e sulla via da scegliere per attuarli, ma solo perché non le apparivano ancor sicuri i mezzi all'uopo indispensabili. Il signor Filippescu mi ha riferito che, trovandosi a Berlino nell'agosto del 1914, Zimmermann gli dichiarò in presenza d'altri che l'accordo germano-bulgaro era stato firmato pochi giorni dopo scoppiata la guerra .Non so qual fede meriti la «rivelazione» interessata di Zimmermann (che evidentemente voleva influenzare l'interventista romeno), ma non v'ha dubbio, a mio credere, che se la Bulgaria non entrò in campo accanto agl'Imperi centrali che quando vide assicurato l'effettivo loro intervento nei Balcani, essa doveva però aver pattuito con loro di lunga mano accordi da applicarsi in tale eventualità. Supporre il contrario equivarrebbe a dimenticare le sue lunghe tergiversazioni per causare ogni compromissione con l'Intesa, la sua condotta ed i suoi negoziati con la Turchia sotto gli auspici della Germania, le notizie trapelate di tratto in tratto circa le laute promesse germaniche, i prestiti a Berlino e insomma tutto quel copioso materiale indiziario sull'influenza tedesca in Bulgaria che il nostro rappresentante a Sofia, profondo conoscitore del paese, veniva segnalando e che anche il Governo russo non deve aver ignorato.

Le illusioni di Pietrogrado fondate in buona parte sulla creduta divergenza fra la politica del Re e quella nazionale in Bulgaria non avrebbero pertanto potuto sussistere se fossero stati considerati gl'interessi e la psicologia del popolo bulgaro e tanto più avrebbero dovuto poi dileguare di fronte al contegno del Governo di Sofia.

Una volta perduta la Bulgaria, conveniva alla Russia di assicurare almeno una valida difesa della Serbia. Ma in quest'opera, per la quale l'Italia vide fin dall'inizio il da farsi e lo indicò ripetutamente, la Russia non si mostrò alla altezza del compito che le incombeva come protettrice della Serbia e come prima interessata a non permettere l'isolamento della Romania. Certamente va tenuto conto delle difficoltà materiali che il suo soccorso armato avrebbe dovuto incontrare, ma quando ed in qual modo ha essa spiegato la propria azione per salvare la Serbia? Dal discorso di Sazonov ben poco risulta ed anzi resta pur sempre a spiegarsi il consiglio da essa dato a Pasic di astenersi dall'attaccare la Bulgaria. Il misconoscimento del casus joederis da parte della Grecia si è verificato egualmente e se l'ottimo e già pronto esercito serbo fosse piombato sulla Bulgaria prevenendone la mobilitazione, gli avvenimenti avrebbero forse preso altra piega e in ogni modo i serbi avrebbero potuto ripiegarsi ad oriente ed operare la loro congiunzione con gli anglo-francesi a Salonicco anziché perdersi miseramente nelle montagne albanesi.

La difesa di simili errori non era facile e quella esposta dal signor Sazonov è sembrata insufficiente. Ma se i gravami che gli vengono mossi non verranno meno per lungo tempo, il successo del suo discorso non ne è rimasto per il momento offuscato. Egli gode personalmente alla Duma di molte simpatie in ispecie presso i cadetti, sia perché son note le sue temperate tendenze in fatto di politica interna, sia perché i deputati non ricorrono invano alla sua affabile comunicativa in colloqui privati ogni qual volta abbisognino d'informazioni e di chiarimenti. Ma le calorose accoglienze fatte alle sue dichiarazioni son dovute principalmente allo spirito profondamente germanofobo cui esse sono improntate. La ge11manofobia della Russia è oggi arrivata al suo stato più acuto e, senza tema di esagerazione, può dirsi che la vita pubblica come quella privata in questo paese risentono in tutte le loro manifestazioni la pervadente influenza dell'antigermanismo. Il blocco liberale della Duma -ossia la grande maggioranza dell'assemblea -è poi il vero esponente di tale impressionante stato d'animo della popolazione e per chi vive in quest'atmosfera appassionata riesce perfettamente spiegabile che la profonda animosità contro il «prussianismo :. da cui è inspirato il discorso di Sazonov abbia trovato così larga e viva eco di simpatia nella Camera da farle scordare per il momento le recriminazioni contro la politica balcanica del Governo. In ciò sta il segreto del successo riportato da Sazonov.

(l) -Cfr. nn. 505, 512 e 513. (2) -Non si pubblica.
607

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 497/124. Berna, 16 marzo 1916 (per. il 18).

Dopo undici lunghe sedute e quaranta discorsi, il Consiglio nazionale chiuse ieri il dibattito, votando, con 159 voti contro 15, il testo concordato fra la commissione ed i deputati della Svizzera francese sul punto più importante della discussione, quello cioè della neutralità. Si approvarono così le dichiarazioni del Consiglio federale e del generale sul mantenimento della neutralità elvetica e sull'osservanza della più rigorosa imparzialità verso tutti i belligeranti, perché queste dichiarazioni, agli occhi dell'immensa maggioranza della Assemblea, «costituiscono un obbligo per tutti coloro che hanno la missione di vegliare sull'indipendenza e la neutralità del paese :..

Ma se questo voto platonico sulla neutralità valse a ricongiungere le membra sparse ed a riaffermare solennemente la fiducia di tutta la Svizzera nella suprema autorità civile e militare, le altre votazioni, principalmente quella sull'emendamento Fazy, dimostrarono invece che parte dell'assemblea, nonostante gli sforzi tentati in questi giorni, è tutt'altro che convinta del buon uso fatto dalla autorità militare di quei pieni poteri che le erano stati affidati dal paese con immeritata confidenza.

La discussione, condotta con lealtà e franchezza da ambo le parti, fu la consacrazione, colle prove di fatto, di quanto era già stato affermato, a camera chiusa, sullo spettro della dittatura militare, sul nuovo spirito di casta della ufficialità e sulla diminutio massima del potere civile. Emerse chiaramente come poco a poco la direzione della cosa pubblica tendesse a concentrarsi nello stato maggiore, che sovente, colle sue misure maladroites, quali le definì lo stesso Governo, aveva lavorato a rinfocolare le divisioni fra le due razze.

È innegabile che se nella prima passe d'armes, chiusa colle sanzioni del Consiglio federale, la Svizzera francese aveva ottenuto un successo morale, è adesso invece quella tedesca che ha preso la rivincita, principalmente nelle dichiarazioni di stima e fiducia fatte al Capo di stato maggiore.

Al Consigliere Hoffmann, col quale parlavo ieri stesso della votazione e del significato che essa aveva pel colonnello Sprecher, non nascosi che la glorificacazione di questo alto ufficiale, il quale aveva enunciato idee così a noi contrarie difendendo poi colla sua autorità i due ufficiali a noi ostili, non poteva certo tornarci gradita. Il Capo del Dipartimento Politico tentò allora di convincermi che lo Sprecher, che pur era stato disapprovato dal Governo pel suo linguaggio, aveva parlato come teste al tribunale e come teste aveva detto il suo pensiero in forma piuttosto oscura, ma che aveva poi spiegato, in maniera soddisfacente, le sue idee.

La discussione, chiusasi ieri, ha pure avuto un'altra conseguenza: la Svizzera romanda, che si era finalmente accorta come l'esame degli affari politici, finanziarli e militari fosse sfuggito dalle mani della Camera, ha rivendicato i suoi diritti, reclamando così ed ottenendo, la restaurazione del controllo parlamentare.

608

IL MINISTRO A LISBONA, KOCH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 213/45 Lisbona, 16 marzo 1916 (per. il 25).

Neppure lo stato di guerra ha valso a stabilire fra i vari partiti in cui il Paese è diviso un punto di contatto e di accordo, e al fallimento dei tentativi fatti dal Presidente della Repubblica per riuscire allo scopo hanno contribuito efficacemente gli odi personali da cui i capi dei partiti sono animati gli uni verso gli altri.

Si sapeva a priori che i monarchici avrebbero rifiutato di far parte del progettato Ministero di difesa nazionale, e del resto anche volendo interpellarli, il Presidente della Repubblica non avrebbe saputo a chi indirizzarsi perché, quantunque numerosi, essi non sono un partito praticamente costituito, non hanno un capo riconosciuto, e se sono d'accordo nello struggersi in voti platonici pel ritorno della monarchia, non lo sono poi nel fine preciso da raggiungere, parteggiando gli uni per Don Manuel, altri per Don Miguel, altri, che ritengono ambedue incapaci di ridare la vita al Paese, per una forma monarchica di governo con a capo essi stessi non sanno chi vorrebbero collocare.

I cattolici che sono numerosi specialmente nel Nord, che hanno una piccola rappresentanza in parlamento e dei quali alcuni pure nutrono sentimenti republicani, era naturale rifiutassero di entrare in un gabinetto che deve applicare la legge di separazione che è stata fin qui istromento di una vera persecuzione di ogni manifestazione religiosa.

Ma quello che ha sorpreso è il rifiuto che il partito unionista e per esso il suo capo dr. Brito Camacho ha opposto alla offerta insistentemente fattagli di partecipare al Ministero nazionale. Nella tornata del Congresso del 10 corrente, il dr. Brito Camacho aveva infatti anch'egli perorato caldamente a favore della mozione per la costituzione di un governo nazionale, e tutti si aspettavano che sarebbe entrato nella combinazione. E vi sarebbe entrato infatti, ma a condizioni cui né il dr. Bernardino Machado, né Alfonso Costa, né gli altri ministri designati a restare al potere avrebbero mai potuto consentire. Le condizioni da lui poste erano l'abolizione della legge di esclusione dei funzionari di tendenze monarchiche, la riforma in senso molto più favol"evole ai cattolici della legge di separazione della chiesa dallo stato, la attribuzione al Presidente della Repubblica della facoltà di sciogliere il parlamento, le dimissioni del Comandante interinale della squadra, signor Leote do Rego, il famigerato rivoluzionario del 14 maggio.

La costituzione di un vero gabinetto di difesa nazionale non è stata quindi possibile, e il Ministero formato nella nottata, dopo cinque giorni di incubazione, e annunciato dai giornali di stamane, sebbene sia presieduto dal capo degli evoluzionisti, Dr. Antonio José d'Almeida, che ha preso per sé il portafogli delle colonie, ed abbia al Commercio, alla Giustizia e all'Istruzione Pubblica tre evoluzionisti e all'Interno un così detto indipendente, non ha in realtà di nazionale che il nome; mentre a far parte di esso rimangono cinque membri del gabinetto democratico dimissionario, fra i quali il dr. Alfonso Costa che continuerà a padroneggiare la situazione, facendosi forte della grandissima maggioranza dei democratici nel Parlamento, nel quale gli evoluzionisti non hanno fra Senato e Camera, che una quarantina di voti.

Oggi il nuovo gabinetto si presenterà al Parlamento e se formulerà un programma interessante non mancherò di comunicarlo a V. E. Intanto Le accludo il resoconto ufficiale dell'adunanza del Congresso che fu oggetto del rapporto dell'll corrente n. 191/37 (l).

Qui corrono voci svariate e spesso contraddittorie sulla effettiva partecipazione del Portogallo alla guerra, voci che non parmi il caso di riferire, perché se non altro premature, atteso che nulla può essere stato realmente deciso fino a questo momento.

Ho detto già che gli alleati non potranno sperare di ottenere dal Portogallo un aiuto efficace dal punto di vista militare. Non mancano gli uomini, ma la maggior parte di questi non hanno ricevuto alcuna istruzione, e quelli destinati a formare le otto divisioni di prima linea previste dai quadri hanno avuto una istruzione preliminare ben lontana dal farne dei buoni soldati. Anche gli ufficiali sono insufficienti, almeno pel numero; e in ogni modo seppure le Commissioni che il governo ha inviato all'estero e più che altrove agli Stati Uniti per fare acquisto di armi, di munizioni, di camions sono riuscite, come si dice, a provvederne una discreta quantità, occorrerà tuttavia un certo spazio di tempo e superare grandi difficoltà per provvedere tutto il restante materiale, specialmente logistico, di cui abbisogna un esercito che entra in campagna, e che per ora difetta.

In quanto concerne la guerra marittima, un qualche concorso potremo forse sperare nella polizia dei mari, sebbene pure in misura assai limitata, non pos

sedendo il Portogallo che poche unità e anche queste di modesta efficienza, pur essendo servito da marinai ed ufficiali abili e coraggiosi. Di buono non ha che due caccia-torpediniere e un piccolo sommergibile: alla fine dell'anno avrà altri due caccia-torpediniere, ora in costruzione qui a Lisbona, che saranno fra poco varati, e tre sommergibili commessi alla Fiat San Giorgio. Il rimanente della squadra consiste in vecchie navi, alle quali saranno aggiunti, quando si potrà alcuni dei piroscafi requisiti da armarsi in guerra.

In assenza dell'addetto militare che mi promise sarebbe venuto presto a Lisbona, ma che deve essere stato trattenuto pel disimpegno delle sue funzioni a Madrid, a me che non ho pratica di cose militari riesce difficile raccogliere su queste materie dati positivi e particolareggiati. Procurerò tuttavia di informarmi, e ne riferirò poi a V. E.

Quello che posso dire fin da ora come cosa non dubbia si è che il Portogallo continua, in quanto può, a fare dei preparativi per mettere su piede di guerra un certo numero di truppe, chi dice due, chi quattro divisioni. Una prima divisione (20,000 uomini) sarà concentrata a Tances alla fine di aprile; gli ordini relativi sono stati già impartiti. Ma anche quando una certa quantità di truppe abbia potuto essere preparata, il governo non ne disporrà né per iniziativa propria, né su domanda di qualunque degli alleati, senza aver prima avuto il benestare del governo britannico.

Nella nota di dichiarazione di guerra presentata dal barone Rosen, il Portogallo è qualificato uno stato « vassallo dell'Inghilterra, il quale subordina ogni altra considerazione agli interessi e ai desideri inglesi'>. L'espressione e lmpropria se si pensa che è applicata ad uno Stato il quale gode in diritto della sua piena indipendenza, ma in fatto non è senza avere fondamento di verità. Il Portogallo se ha conservato una tal quale libertà d'azione nella politica interna, non ne ha oggi che una assai limitata nella politica internazionale. Alleato da secoli dell'Inghilterra, ne ha sempre subito direttamente o indirettamente l'intluenza. Allo scoppiare dell'attuale conflitto, fedele ai patti dell'alleanza, si è schierato deliberatamente contro gli imperi centrali o piuttosto contro la Germania, la vera nemica della Gran Bretagna, ed ha proceduto ad una serie di atti che hanno gradatamente inasprito i comuni rapporti, fino a giungere allo stato di guerra. Ma questi atti ha compiuto per suggestione, o colla approvazione, o nell'intento di far cosa gradita all'alleata, sulla cui gratitudine e generosità fa assegnamento per tenere a bada il suo incomodo vicino, e per salvaguardare, allorché sarà trattata la pace, il suo ricco quanto mal governato patrimonio coloniale.

E ben a ragione vi conta. Sir Lancelot Carnegie mi diceva tempo fa che fosse o non fosse il Portogallo entrato a partecipare al conflitto armato, gli alleati avrebbero dovuto manifestargli un giorno tutta la loro riconoscenza per quanto esso aveva fatto e andava facendo a pro della causa comune. Ed ora. per istruzione avutane dal Foreign Otnce, egli ha diretto al governo della Repubblica una nota nella quale dichiara che il governo della Gran Bretagna non cesserà di tenersi a lato del Portogallo contro il nemico comune, e che il Portogallo deve avere piena fiducia nella sua antica alleata che gli presterà tutto l'aiuto di cui potesse aver bisogno.

Questo peculiare stato di cose, al quale ho accennato spesso nella mia corrispondenza scritta e telegrafica, credo dover far presente all'E. V. anche più esplicitamente nel momento in cui il Portogallo è entrato con noi nel numero dei belligeranti, e potrà cominciare ad aver voce, siccome apparisce dal telegramma del 12 corrente, Gabinetto 375/1 (1), nei consigli che il gruppo degli alleati terrà per deliberare su gravi argomenti di carattere politico e militare.

(l) Cfr. n. 582.

10

Nei futuri negoziati di pace il ministro penserà personalmente ai nostri essenziali interessi; ma le molte questioni minori -di cui le più han lunghi e intricati precedenti e che sarebbe forse facile, colla pace, di risolvere -non potrebbero esser tenute vive che dagli uffici del ministero.

Urge dunque far si che questi uffici sian qualcosa più della vana odierna apparenza.

E anche appunto perché urge, occorre una riforma rapida, dall'apparenza empirica, che non cresca uffici, spese e funzionari. (Le riforme anteriori del ministero non han mai avuto che scopi personali, anche se legittimi; sotto belle frasi generali non si aveva di mira che il miglioramento della situazione quando di un gruppo di funzionari quando di un altro).

110

Tenendo presenti:

1. --la necessità di dar una fisionomia a uffici che ora non vivono che sulla carta e renderli meno incompetenti; 2. --il fatto che le questioni commerciali si intrecciano ormai quasi sempre colle politiche e che, comunque, gli stessi scopi teorici della nostra direzione generale degli affari commerciali son, da noi, molto meglio perseguiti presso un altro dicastero; 3. --e l'impossibilità in cui ora si trova una R. legazione di rappresentare utilmente l'insieme di una situazione ove elementi politici ed economici sian fusi:

si propone che la direzione generale politica e quella degli affari commerciali sian fuse in modo che ad uno stesso ufficio vadano gli affari tutti, e politici ed economici, di un dato paese.

Anche per non danneggiare gli attuali due direttori generali, le due direzioni generali resterebbero: l'una degli affari d'Europa, l'altra degli affari di Oltremare (o con quale altro nome si voglia).

Bisognerebbe poi, e in queste due e nelle altre direzioni generali, sopprimere la gerarchia delle sezioni e divisioni, e costituire uffici dipendenti tutti dal direttore generale rispettivo.

Ciò, oltre il vantaggio essenziale di evitare l'impersonalità di un lavoro che passi, anonimo o svogliato, da capo-sezione a capo-divisione, avrebbe una utilità non lieve con un personale come quello degli Esteri, e cioè l'eliminazione o per ol meno la diminuzione del malcontento di vecchi consoli generali che richiamati dall'estero si vedon posti a fare i capi-sezione.

(l) -Cfr. n. 585. (2) -Da ArchiVio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SoNNINo, Carteggio, cit., n. 518.
609

Ecco come potrebbero venir divise le due nuove direzioni generali:

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA:

Uf!icio Europa settentrionale (Russia, Scandinavia, Germania, Olanda, Belgio); Uf!icio Europa occidentale (Gran Bretagna, Francia, Spagna, Portogallo, con Marocco ed Egitto);

U/!icio Europa orientale e Levante (Austria-Ungheria, Stati balcanici, Turchia, Persia).

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA:

Uf!icio Estremo Oriente (India, Cina, Giappone, Filippine, Australia);

Uf!icio America Latina;

Uf!icio America del Nord (Stati Uniti e Canadà).

È, press'a poco, lo stesso numero che le sezioni attuali.

(Nota. Se non fosse un indulgere nel facile giuoco dei progetti si potrebbe continuare la nuova divisione e nomenclatura anche per le altre due direzioni generali; ma esse, già come sono, funzionano, nel complesso, soddisfacentemente. In caso di nuova nomenclatura, e poiché nel nostro ministero l'apparenza ha anche più valore che altrove, sembrerebbe opportuno cambiare il nome della direzione generale degli affari privati in direzione generale degli affari contenziosi e amministrativi).

IV.

Per trar dalle due nuove direzioni generali maggior rendimento possibile (che i nuovi uffici sian capaci di trattar con un rappresentante estero per un dato negoziato, ecc.) mi sembra che potrebbero servire due semplicissimi provvedimenti:

l. -come si bada ad inviar la persona adatta a un posto all'estero di una certa importanza, cosi badare che in ognuno degli uffici che più lo richiedono si trovi almeno un agente che ha servito nei paesi che da tale ufficio dipendono;

2. -per stimolare gli zeli personali, e per rompere l'attuale irresponsabile anonimia di lavoro, stabilire che le relazioni che su una data questione si presentano al ministro sian firmate dall'agente che realmente le redasse (che firmi: Il consigliere relatore, Il console relatore. ecc.). In calce a detta relazione il direttore generale dovrebbe solo apporre o il visto approvativo con sua firma, o una postilla contenente sue personali osservazioni.

610

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 600/98. Atene, 17 marzo 1916, ore 15,30 (per ore 17,50).

Ministro di Francia mi ha dato lettura di un telegramma di Briand relativo al trasporto di truppe serbe da Corfù. Secondo detto telegramma dovrebbe essere

fatto per terra attraverso territorio greco. Si dovrebbe all'uopo fare un comunicato al Governo greco da questa legazione di Francia, legazione d'Inghilterra cui dovrebbe aderire legazione d'Italia legazione di Russia.

Ho detto al .mio collega che non avevo avuto ancora da V. E. nessuna istruzione al riguardo.

611

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 395. Roma, 17 marzo 1916, ore 19.

Ebbi una conversazione con Pasic 15 corrente {1). Essa si mantenne nel campo delle generalità. Pasic non fece parola di aver notizia degli accordi di Londra. Abbiamo ammesso entrambi che sarebbe cosa ottima poterei intendere fra Italia e Serbia sulle questioni adriatiche con mutue transazioni per fronteggiare poi d'accordo durevolmente i comuni nemici austro-tedeschi che da ora in poi sarebbero strettamente uniti a nostro danno.

Non credo però affatto che sia facile arrivare praticamente a una simile mutua intesa preventiva vista poca cedevolezza normale serba. Pasic nel parlare delle eventuali sistemazioni balcaniche dopo la pace opinava che converrebbe che Bulgaria non ottenesse nessun incremento né in Macedonia, né nella Dobruscla né per Cavala.

S. E. Salandra mi ha riferito che si è mantenuto nella sua conversazione con Pasic nel campo più generico.

Stamane S. A. R. principe reggente mi ha concesso udienza. Mi ha chiesto notizie sulla situazione, ma non abbiamo discorso di problemi interessanti da vicino le relazioni fra Serbia e Italia.

612

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 606/101. Bucarest, 17 marzo 1916, ore 21,55 (per. ore 1,45 del 19).

Mio telegramma gabinetto n. 93 (2).

Ministro di Russia mi ha detto che il segretario generale del ministero della guerra ha ricevuto finalmente ieri di nuovo addetto militare russo e gli ha esposto il piano secondo il quale la Romania potrebbe collaborare colla Russia ad una eventuale azione militare. Segretario generale pur mantenendosi

sulle generali e non prendendo nessun impegno di data o di modalità positive avrebbe formulato le diverse ipotesi in modo che l'addetto militare le ha trovate ragionevoli.

Ministro di Russia mi ha detto che l'addetto militare era stato autorizzato a dichiarare formalmente che la Russia assumeva la difesa della Dobrugia. Ministro di Russia mi ha detto poi che il comando russo non può impegnarsi ad una offensiva contro la Bulgaria dal momento che la Romania considera indispensabile per la sua entrata in azione che l'esercito russo abbia posto piede in Bucovina in modo da proteggere il fianco dell'esercito romeno il che richiede naturalmente una energica azione militare russa da quella parte.

D'altro lato Russia non può tenere immobilizzate ed inutilizzate grandi forze nella Bessarabia meridionale per attendere che la Romania si decida mentre le forze stesse possano essere impiegate etllcacemente altrove. Bisogna, egli ha concluso, che la Romania abbia fiducia nella garanzia che la Russia le ha dato per la Dobrugia. Tuttavia divisioni vengono trasportate verso Reni ed Odessa.

Ho riferito a V. E. il più fedelmente che ho potuto parole del mio collega di Russia. Da parte mia non intendo entrare in discussioni d'ordine militare per le quali mi manca necessaria competenza e dal punto di vista politico confermo puramente e semplicemente quanto ho avuto l'onore riferire alla

E. V. col mio teleg,Tamma gabiinetto n. 98 (l) e confermo che non sembrando prossima una cooperazione spontanea della Romania coll'Intesa sarebbe misura di saggia prudenza il mantenere nella Bessarabia meridionale una notevaie forza militare russa.

Prego mantenere segreto sulla provenienza di quanto precede.

(l) -Cfr. SONNINO, Diario, cit., pp. 328-329. (2) -T. gab. 583/93 del 13 marzo, ore 21,35, non pubblicato: riferiva che le trattative tra l'addetto mllitare russo e !l segretario generale del ministero della Guerra romeno non aveva ancora avuto Inizio.
613

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. POSTA 613/S.N. Berna, 17 marzo 1916 (per. il 20).

Risposta a telegramma gabinetto n. 385 (2).

Nel corso della conversazione di ieri l'altro col consigliere Hoffmann circa i lavori frontiera (di cui il mio telegramma gabinetto n. 12) (3) dopo aver parlato dei sospetti che qui si nutrivano contro di noi e delle scarse simpatie di questo Stato Maggiore per il nostro paese, ebbi cura di accennare alla pessima impressione che aveva fatto in Italia la notizia, constatata utllcialmente dal tribunale di Zurigo, delle 170 informazioni sulle nostre operazioni militari, che l'Egli ed il Wattenwyll avevan date agli addetti degli Imperi centrali. In quel gran numero vi dovevano essere certo delle notizie interessanti, benché si fosse asserito il contrario.

---·--

Il signor Hoffmann mi interruppe affermando che io mi ingannava; egli era stato un attento e diligente lettore del famoso bollettino e non vi aveva mai trovato rien de particulièrement remarquable. Replicai che un'informazione di poca importanza ai suoi occhi di svizzero, poteva averne invece una assai grande per i nostri nemici. Quella parte dell'opinione pubblica italiana che diffida della Svizzera avrebbe certo preteso qualche prova più palpabile di una semplice informazione. « Peccato » soggiunsi ridendo «che per convincerci del nessun valore di queste notizie, il Governo svizzero non abbia comunicato anche a noi quel bollettino di cui i nostri avversari avevano avuto compiacente visione». E, come se un'idea ne tirasse un'altra, «perché» dissi all'Hoffmann «il Governo federale non lo farebbe davvero adesso?»

Era questa una idea che io esponeva di mia propria iniziativa, senza nessun incarico del mio Governo, ma che mi pareva ottima perché avrebbe servito a dissipare ogni sospetto fra i due paesi... «Non le pare?», dissi di punto in bianco al mio interlocutore.

Il signor Hoffmann mi rispose che l'idea non era cattiva, che le riconosceva un'utilità pratica, ma che adesso, dopo che il tribunale ed il consiglio nazionale avevano messo una pietra su questo malaugurato affare dei colonnelli, sarebbe stato difficile riaprire la questione.

Ad ogni modo egli, per poterei dare visione di quei numeri del bollettino, ne avrebbe dovuto parlare ai colleghi del Consiglio. La cosa restò lì, avendo io lasciato cadere l'argomento per passare ad altro soggetto e non dare importanza alla mia idea.

V:edrò i miei colleghi di Francia e Inghilterra e mi concerterò con loro per esaminare, dopo questa prima avvisaglia, se e come possa farsi il passo progettato.

(l) -T. gab. 592/98 del 14 marzo. ore 14,45 non pubblicato: riferiva che lo Stato maggiore russo appariva restio ad inviare truppe in Dobrugla e preferiva collaborare con !"esercito romeno dalla parte dell'Austria-Ungheria. (2) -Cfr, n. 604. (3) -Cfr. n. 605.
614

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 604/99. Atene, 18 marzo 1916, ore 14,30 (per. ore 16,45).

Mio telegramma gabinetto n. 98 (1).

Trovo miei colleghi (tranne forse quello di Francia) come pure i RR. addetti militari unanimi nel considerare l'impresa del trasporto delle truppe serbe per terra come difficile in sommo grado. Potenzialità della linea ferroviaria Patrasso-Pireo è talmente scarsa che non si potrà su di essa trasportare più di 2500 o 3000 uomini al giorno e ciò sospendendo per circa due mesi ogni altro traffico: per giungere Salonicco accorreranno non meno di tre trasbordi (Patrasso-Pireo e ... (2) ) .

Ciò dal punto di vista tecnico. Dal punto di vista politico siccome quasi certamente Grecia rifiuterà la propria autorizzazione converrà addivenire a veri e propri atti di violenza per impadronirsi delle sue linee e del materiale ferroviario.

(l) -Cfr. n. 610. (2) -Gruppo indecifrato.
615

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 608/120. Pietrogrado, 18 marzo 1916, ore 15 (per. ore 6,50 del 19).

È stato qui ieri di passaggio gep.erale Calvell che è tosto ripartito per il quartiere generale donde si recherà a Tiflis presso Nicolaievic e probabilmente alla fronte dell'esercito del Caucaso. A quanto mi viene riferito da buona fonte egli è incaricato dal War Office di rendersi conto esattamente dell'andamento e della portata delle operazioni di quell'esercito nonché di concertare tutti i mezzi più opportuni per il collegamento delle forze russe e britanniche sul Tigri.

Qui si afferma che situazione degli inglesi a Kutel Amava non è favorevole ma che essi verranno presto disimpegnati dai rinforzi che attendono da Bassora. Conviene riconoscere che Russia potrà rendere notevoli servizi dall'Inghilterra in Mesopotamia ma che anche Inghilterra ne ha resi alla Russia. Mi consta infatti in via riservatissima che generale Juflminch non divisò attaccare Erzerum che dopo aver appreso partenza da quella piazzaforte di un corpo d'armata ottomano segretamente spedito contro inglesi nel sud.

616

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 610/102. Bucarest, 18 marzo 1916, ore 21 (per. ore 20,25 del 19).

Bratianu mi ha detto non essersi ancora potuto fare un concetto esatto intorno al contegno ed ai propositi della Bulgaria. Ha aggiunto che il segretario generale del ministero della guerra non crede che la Bulgaria si trovi presentemente in condizioni tali dal punto di vista militare da prendere essa l'iniziativa di ostilità contro la Romania. Tuttavia egli, Bratianu, non può essere completamente assicurato in considerazione situazione interna quello Stato del temperamento uomini di Stato e popolo bulgaro per precedenti (seconda guerra balcanica) ed infine delle misure che Austria-Ungheria e Bulgaria presero quasi contemporaneamente. La prima infatti già da vari giorni chiuse la frontiera romena (mio telegramma 153) (l) e la seconda ha ieri interrotto tutti i tra

sporti di merce per ferrovia (mio telegramma odierno 182) (l) ed oggi interrompe anche circolazione dei viaggiatori.

Bratianu ha poi osservato che potrebbe essere indotta attaccare Romania dalla convinzione che i russi non siano ancora in grado di intervenire in sostegno di essa.

Per quanto Bratianu abbia attribuito questa convinzione ai bulgari io traggo argomento da tale linea per insistere nelle considerazioni esposte col mio telegramma di ieri gabinetto n. 101 (2).

(l) Non pubblicato.

617

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 609/107. Londra, 19 marzo 1916, ore 15,35 (per. ore 18,15).

Mio telegramma gabinetto n. 79 (3).

Avrei motivo di credere che risposta per accordo Senussi sia ora in preparazione. Se mie informazioni sono esatte premessa dichiarazione esplicita circa nessuna intenzione di questo Governo di prolungare indefinitamente guerra conterrebbe finalmente importante assicurazione che Governo britannico è disposto a non considerare eventualmente domanda di pace da parte Senussi senza previo scambio di vedute con Governo di Sua Maestà. Così stavano le cose venerdì scorso.

618

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (4)

T. GAB. 403. Roma, 19 marzo 1916, ore 19.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. Ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -Barrère osserva che nell'Epiro sono stati nominati in sostituzione delle autorità militari alcuni prefetti assimilando ivi l'amministrazione a quella del resto del Regno ellenico. È questo un secondo passo nella stessa direzione di quello della ammissione dei deputati epiroti nella Camera greca. Mi chiede se non converrebbe che gli alleati facessero d'accordo qualche rimostranza presso quel Governo per fare ogni riserva intorno alla sorte finale dell'Epiro, non riconoscendo che i cambiamenti introdotti nello stato di fatto pos

(-3) Cfr. n. 521.

sano costituire un titolo in diritto. Occorreva pure rilevare il modo con cui tali cambiamenti avvenivano senza darne alcuna comunicazione o spiegazione alle potenze.

Ho risposto convenendo completamente con lui. Avrei date istruzioni al

R. rappresentante in Atene perché si mettesse d'accordo coi colleghi alleati

per fare un passo in tal senso. Prego V. S. agire in conformità di quanto precede (l).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 612. (4) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 329-330.
619

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, PATERNO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. POSTA 629/6. Bordeaux, 19 marzo 1916 (per. il 23).

Presidente consiglio dei ministri montenegrino mi ha informato che Re Nicola ha manifestato a questo ministro di Russia [proposito] di recarsi a Parigi, Londra e Pietrogrado.

Mijuscovic mi ha detto altresì che non é soddisfatto dell'isolamente in cui Governo francese lo ha posto relegandolo con la Corte a Bordeaux e mi ha lasciato comprendere che si fa strada un certo rimpianto per non aver domandato a tempo opportuno ospitalità in Italia, cosa che egli crede ormai difficile, dato il desiderio del Governo francese di trattenere il Re Nicola sul territorio della repubblica.

Effettivamente, in occasione della partenza del principe Pietro per l'Italia, questo ministro di Francia, conversandone meco, non ha potuto nascondere disappunto provato per questo viaggio.

Avendo io chiesto al signor Mijuskovic di precisare meglio il suo pensiero egli mi ha detto «che ritiene necessario che Italia non rimanga estranea alla politica degli alleati nei riguardi del Montenegro così pure alle conversazioni relative al futuro assetto balcanico essendo convinto del nostro interesse alla indipendenza e sopratutto alla vitalità del Montenegro mentre invece teme che per la Russia e per la Francia il problema montenegrino sarebbe semplicemente subordinato a quello serbo e non avrebbe quel carattere antitetico che ha in realtà di fronte alla Serbia. Esso pertanto secondo il punto di vista francorusso potrebbe essere risolto mediante una fusione serbo-montenegrina la quale assicurando la realizzazione dell'equilibrio nell'Adriatico in conformità del principio slavo distruggerebbe per sempre la indipendenza e la individualità del Montenegro ».

Il signor Mijuskovic si recherà a Parigi.

(l) Per la risposta di De Bosdar! cfr. n. 640.

620

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 611/100. Atene, 20 marzo 1916, ore 15 (per. ore 17,35).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 397 (1).

Avendo comunicato a questo mio collega di Francia contenuto di esso telegramma egli, asserendo parlarmi a titolo puramente personale, ha osservato che ove si volessero impiegare truppe serbe altrove che a Salonicco si incontrerebbe certamente grande resistenza da parte del generale Sarrail che conta in modo assoluto su quelle truppe per preparare la propria azione offensiva.

621

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 615/14. Berna, 20 marzo 1916, ore 17,30 (per. ore 19,30).

Rispondo suo telegramma gabinetto n. 396 di stamane (2) col quale V. E. mi prega di attendere sue ulteriori istruzioni prima di inviare all'Hoffmann l'appunto promessogli circa le regioni dove si farebbero i lavori di difesa.

Duolmi che questo ordine di V. E. mi sia giunto dopo che già fin da ieri l'altro, interpretando lo spirito del telegramma n. 358 dell'8 corrente (3), io aveva creduto poter soddisfare il desiderio del consigliere Hoffmann quale conseguenza logica dell'importante comunicazione che V. E. mi aveva autorizzato a fargli. Dovendo pure insistere, giusta quanto il R. ministero mi ingiungeva fare, sul carattere «esclusivamente difensivo» dei nostri lavori, mi parve più che utile, doveroso di abbondare in un senso ed in una dimostrazione di fiducia quale era la consegna dell'appunto richiesto. Una nostra reticenza od un nostro più o meno velato rifiuto avrebbe fatto perdere al mio passo ogni valore. Osservo poi che il mio appunto sommario deve aver aggiunto assai poco a quello che il mio interlocutore (colonnello provetto che resse più volte il dipartimento della guerra) suppose subito al semplice accenno del nostro progetto di lavori e che mi espose con franchezza militare, soddisfatto quasi di mostrarmi quanto gli fosse facile l'indovinarlo. Trascrivo ad ogni buon fine il testo del mio appunto al consigliere Federale Hoffman:

(-3) Cfr. n. 562.

«Il s'agit d'abord, comme vous l'avez du reste deviné, de la vallée d'Ossola où aboutissent les routes du Simplon et de la Locarno-Domodossola, et, en deuxième lieu, de la cote occidentale du lac, et de la région de Varese, entre la route Laveno-Varese-Como au sud et la frontière suisse au nord».

Mi lusingo che questa mia comunicazione complementare non avrà esorbitato da quella che ella mi aveva autorizzato fare a questo Governo sul delicato argomento.

(l) -Cfr. n. 600, nota 2. (2) -T. g,ab. 396 del 18 marzo, ore 19, non pubblicato.
622

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI

T. GAB. 406/6. Roma, 20 marzo 1916, ore 21.

Suo telegramma gabinetto n. 12 (1). Ho fatto fare a Pianta una comunicazione verbale nel senso del mio telegramma gabinetto n. 358 (2).

Pianta rispose che prendeva atto con viva compiacenza della nostra dichiarazione che i lavori militari alla frontiera svizzera non avevano alcun carattere ostile verso la Confederazione, del che egli non avrebbe mai dubitato. Aggiunse che si rendeva pienamente conto della situazione e delle ragioni che possono motivare quei lavori. Egli però non crede verosimile che la Germania pensi a violare la neutralità svizzera. Così esclude assolutamente l'ipotesi altrove affacciata che la Svizzera possa fare un simulacro di resistenza in caso di aggressione tedesca; nonostante le simpatie di alcune regioni, tutto il popolo svizzero si leverebbe come un sol uomo contro l'aggressore, essendo generalmente radicata la convinzione delle disastrose conseguenze che un diverso atteggiamento avrebbe per la compagine della nazione. Planta aggiunse confidenzialmente che prima di assumere la presente sua carica aveva tenuto ad assicurarsi non solo presso il Governo centrale ma anche personalmente presso Sprecher delle loro intenzioni lealmente amichevoli verso l'Italia, e ne era stato personalmente e categoricamente assicurato. Del pari egli non aveva mai prestato fede alle insinuazioni ripetutamente formulate circa progetti aggressivi dell'Italia riguardo il Canton Ticino.

Durante il colloquio Pianta manifestò l'impressione che il Governo italiano, colla presente comunicazione, preludesse ad una dichiarazione di guerra alla Germania. Gli fu risposto che, nel caso concreto, si trattava, al contrario, della eventualità di una aggressione germanica contro l'Italia.

In complesso Pianta si rese conto ed apprezzò lo scopo amichevole della nostra comunicazione e la accolse con compiacimento.

(l) -Cfr. n. 605. (2) -Cfr. n. 562.
623

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, PATERNO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1388/7. Bordeaux, 21 marzo 1916, ore 15,20 (per. ore 23,40).

Ministro di Russia in occasione presentazione credenziali ha ieri pronunziato un discorso nel quale non ha fatto alcuna allusione alla indipendenza del Montenegro.

Sua Maestà, cui non poteva sfuggire omissione, ha invece voluto nella sua risposta farne chiaramente menzione. Conversando di ciò con il ministro di Russia, egli non ha nascosto che la cosa era stata da lui voluta per sottolineare il punto di vista russo che vorrebbe se non una immediata fusione serbo-montenegrina, per lo meno una stretta unione che toglierebbe al Montenegro quella libertà d'azione di cui godette nel passato.

624

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 620/124. Pietrogrado, 21 marzo 1916, ore 16 (per. ore 20,20).

Telegramma di V. E. gab. n. 221 (l).

Idea di trasportare le truppe serbe a Salonicco per via di terra dopo averle sbarcate a Patrasso viene qui considerata poco pratica, ferrovie elleniche e specialmente quelle di Tessaglia e del tronco Larissa-Ciaiessi non prestandosi a trasporti militari e rimanendo sempre una ottantina di chilometri da far percorrere a piedi dalle truppe serbe fra Ciaiessi e Salonicco. Si crede invece che malgrado difficoltà di altro genere sia più agevole il trasporto per mare via canale di Corinto. All'uopo sembra che naviglio mercantile ellenico sarebbe utilizzabile. Mi viene riferito anzi da buona fonte che esso viene già utilizzato e che a Corfù si stanno organizzando spedizioni per gruppi di soldati serbi alla volta di Salonicco. Governo serbo non si oppone alla partenza ma intende che truppe serbe una volta a Salonicco formino un esercito a parte strettamente unito e che non si incorpori alcun reparto serbo nelle truppe anglo-francesi. domanda questa cui Francia aderisce di buon grado.

(l) Numero particolare di protocollo per Pietrogrado del n. 600.

625

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1384/203. Pietrogrado, 21 marzo 1916, ore 16 (per. ore 21,20).

In questi ultimi giorni ebbero luogo alla Duma vivaci dibattiti provocati da accuse di germanofilia mosse da deputati del blocco liberale contro alcuni membri dell'estrema destra. Deputato Savenko denunciò un documento segreto firmato da questi ultimi in cui si accenna alla opportunità di esaminare le eventuali proposte di pace che la Germania avanzasse. Sebbene tenore di quello scritto fosse in sostanza anodino ed inspirato più che altro dalle apprensioni che i conservatori estrema [destra] nutrono per la tranquillità interna in seguito al prevedibile disagio economico, la rivelazione provocò violenta e generale protesta. Un deputato di estrema destra il Samuele Owski, che si credette preso di mira da Savenko, cercò reagire spiegando sincerità propria intenzione respingendo accusa di germanofilia. Dibattito ha dimostrato una volta di più acutezza dell'agitazione antigermanica in Russia, agitazione che, come più volte ebbi occasione accennarvi, non è soltanto diretta contro i nemici esterni, ma anche contro gli elementi conservatori interni imputati di aspirare ad un riavvicinamento fra la Russia e la Germania per simpatie col regime e coi metodi del germanismo e per avversione alle idee liberali degli Stati d'occidente.

626

IL MINISTRO A BERNA, P AULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. CONFIDENZIALE 535/134. Berna, 21 marzo 1916 (per. il 24).

Ho l'onore di ringraziare V. E. della comunicazione datami, col telegramma gabinetto 406/6 del 20 corrente (1), delle dichiarazioni verbali del Ministro de Pianta.

Esse corrispondono a quanto già mi disse il consigliere Hoffmann (mio telegramma gabinetto n. 12) (2) e a quanto mi confermò ieri il signor Motta.

L'ex-Presidente, prima di partire in breve congedo di salute, aveva espresso il desiderio di vedermi anche per dissipare certi ultimi malintesi, strascico più

o meno naturale, del malaugurato incidente Caburi.

Il Motta mi disse come egli si rendesse pienamente conto delle responsabilità che incombevano al Governo e al Comando Supremo e della serietà dei motivi che avevano provocato la nostra determinazione di procedere ai lavori di difesa della frontiera. Ma egli era d'avviso che l'ipotesi da noi affacciata di una violazione del territorio svizzero da parte della Germania per gettarsi

contro l'Italia fosse improbabilissima. La Germania sapeva che la Svizzera era un osso duro, ben altra cosa che il Belgio. « Per ora » -egli aggiungeva -« non abbiamo avuto il menomo sentore di aggruppamenti sospetti di grandi forze tedesche alla nostra frontiera: ché se l'avessimo, il nostro esercito sarebbe mobilizzato nelle ventiquattr'ore. Credo inutile ripeterle quanto le ho già dichiarato più volte, vale a dire che la nostra resistenza sarà una resistenza seria, accanita, una resistenza svizzera, e che i soldati ed ufficiali che si batteranno meglio saranno quelli dei cantoni tedeschi perché più offesi e disillusi». Proseguendo animatamente, il Motta affermava che egli si sentiva di poter garantire assolutamente la condotta, in tutto e per tutto leale, del Capo di Stato Maggiore e persino di quella dell'anima dannata dello Sprecher e della sua cattiva stella, vale a dire del colonnello Egli.

Questo nome servì per far cambiare argomento alla conversazione che si aggirò allora sul tema del processo dei colonnelli e sull'imprudente contegno ivi tenuto dallo Sprecher. Io non celai al Motta che la glorificazione fatta in piena Camera del Capo di Stato Maggiore e la nota elogiosa, evidentemente forzata, del Consiglio Federale il quale aveva portato al quinto cielo le doti dell'ufficiale che colla sua autorità avea fatto assolvere i due colonnelli felloni che avevano tradito il loro paese ed il nostro, ci aveva fatto poco gradita impressione. Naturalmente io parlava per conto mio personale e per quello dei miei colleghi, ma non potevo nascondere al mio interlocutore, che ci attendevamo qualche misura un po' più severa verso chi si era reso colpevole almeno di grave imprudenza di linguaggio. II Motta mi narrò, in via confidenziale, che la rimozione dello Sprecher dall'alto suo grado era stata infatti domandata da varii deputati dei cantoni francesi nel lavorio confuso dei corridoi della Camera. Ma quelli stessi avversarii dello Sprecher si erano poi convinti della necessità di !asciarlo al suo posto per non creare un serissimo conflitto colla Svizzera tedesca. Rispondendo poi alla mia domanda se fosse esatto che il Capo dl Stato Maggiore avesse presentato le dimissioni, il Motta mi affermò che lo Sprecher, quando fu chiamato ad audiendum verbum davanti a lui Motta, all'Hoffmann ed al vice-presidente Schulthess, dichiarò che se avesse potuto indovinare la falsa interpretazione data alle sue parole e al suo pensiero, egli non avrebbe parlato in tribunale: egli approvava interamente ed assolutamente le dichiarazioni di neutralità ed imparzialità del Consiglio Federale. Fatta così una specie di ritrattazione, Io Sprecher aggiunse che egli avrebbe dato le sue dimissioni perché si sarebbe sentito diminuito davanti all'esercito, se il Governo non gli avesse rinnovata la propria fiducia.

Quanto poi alle notizie militari date dai due colonnelli agli addetti degli Imperi centrali a danno nostro, il Motta pure mi ripeté che si trattava di cose insignificanti. Gli raccontai allora quanto io aveva avuto occasione di esporre al signor Hoffmann, e gli dissi dell'idea che mi era venuta circa alla comunicazione che avrebbe potuto esserci fatta dello stesso bollettino per rimettere un po' di equilibrio, e per farci toccare con mano come i nostri timori fossero infondati. Veramente, osservai semi serio, per essere assolutamente equanimi, occorrerebbe darci 170 informazioni militari concernenti gli austro-tedeschi! Feci poi osservare che per rendere la cosa più facile, Io stesso colonnello Sprecher, che era in ottimi rapporti col nostro addetto militare, avrebbe potuto, prendendo la palla al balzo, profittare della prima occasione per comunicare al colonnello Bucalo, i famosi bollettini e darci così una prova dei suoi sentimenti amichevoli a nostro riguardo. Il Motta mi disse che trovava la mia idea per;onale assai giusta e di utilità pratica e che ne avrebbe parlato all'Hoffmann.

Egli si congedò da me lietissimo degli ottimi rapporti esistenti adesso fra l'Italia e la Svizzera, felice di constatare come non vi fossero più nubi sul nostro orizzonte e dicendosi infine soddisfatto dell'accoglienza della stampa ticinese alla sua lettera al de Pianta, di cui egli aveva autorizzato la pubblicazione nella Perseveranza.

(l) -Cfr. n. 622. (2) -Cfr, n. 605.
627

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, PATERNO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1395/8. Bordeaux, 22 marzo 1916, ore 12,45 (per. ore 16,13).

Sono informato che S. M. il Re ha chiamato ministro di Russia per consegnargli un memoriale da inviare all'Imperatore nel quale lo prega di interessarsi alla indipendenza ed al futuro assetto del Montenegro.

La questione di Scutari vi sarebbe anche trattata. Ministro avrebbe consigliato al Re di soprassedere da quest'atto e gli avrebbe anche accennato vagamente al punto di vista russo sull'argomento riferito a V. E. nel mio telegramma n. 7 (l).

Dopo di che, presidente del consiglio dei ministri è partito per Parigi dove sembra dovrà sottoporre al signor Izvolsky e probabilmente al Governo francese il memoriale in questione.

Ministro di Russia è pure ripartito.

Se V. E. crede opportuno che io segua da vicino questo intrigo, trovandosi il Corpo diplomatico, e oramai anche il Governo montenegrino, a Parigi, prego telegrafarmi d'urgenza se dovrò trasferirmi capitale (2).

628

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 632/104. Bucarest, 22 marzo 1916, ore 14,30 (per. ore 16,50 del 23).

È stata qui di passaggio diretta a Londra via Pietrogrado missione sanitaria inglese in Serbia capitanata da lady Paget. Questa è stata fatta oggetto di grandi riguardi in Bulgaria. Regina di Bulgaria l'ha invitata ad un the ed il

Re le ha fatto dare un treno speciale. A tale proposito essa racconta che il Re di Bulgaria aveva dato ordine che le fosse dato n treno sanitario tedesco più comodo e più pulito di quello bulgaro ma medico capo tedesco non ne ha voluto sapere. Essa aggiunge inoltre averle la stessa Regina di Bulgaria detto che il Re di Bulgaria è tornato dal suo viaggio molto malcontento della Germania e dell'Austria-Ungheria.

Radoslavov le avrebbe poi detto che la Bulgaria si accontenta della Macedonia e di... (1). Essa dice che se continua la guerra la Bulgaria finirà per cadere sulla Romania non volendo impegnarsi nell'impresa contro Salonicco. In conclusione sembra che lady Paget abilmente circuita dai bulgari patrocini · una pace separata colla Bulgaria.

Io non so se una sdmile pace sia o non una utopia ma debbo ad ogni modo rivelare che anche il noto corrispondente del Times Boucher, sempre più infatuato dei bulgari, parla qui liberamente di dar loro non solo Macedonia ma anche tutta la Dobrugia con opportuni compensi alla Romania.

Ora tutta questa benevolenza per la Bulgaria che ha tradito l'Intesa fa qui pessima impressdone.

Altro membro della missione sanitaria ha detto che così in Serbia come in Bulgaria qualsiasi soldato austro-ungarico o germanico isolato è un uomo perduto, giacché le popolazioni seviziate li ucCidono senza pietà.

Benché tutto quanto precede non sia stato detto a me personalmente avverto che lady Paget desidera sia mantenuto segreto in proposito.

(l) -Cfr. n. 623. (2) -Sonnino rispose con t. 782 del 22 marzo, Informando Paternò di aver incaricato Tittonl di seguire gli affari montenegrini a Parigi.
629

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

T. GAB. 626/112. Londra, 22 marzo 1916, ore 22,16 (per. ore 3,40 del 23).

Mio telegramma di gabinetto n. 107 (3). Oggi Grey mi ha consegnato memorandum di cui riproduco parte essenziale:

« Governo di Sua Maestà I"iitiene necessario di stabilire che, pur essendo animato dalle migliori e più leali intenzioni verso l'Italia, non può impegnarsi a proseguire indefinitamente le ostilità contro il Senussi e suod seguaci. Esso però conviene nel non considerare alcuna apertura da parte dello Sceik per conclusione di una pace definitiva senza entrare previamente in uno scambio di vedute con il Governo itaHano. In risposta ad una precedente domanda del Governo italiano il Governo di Sua Maestà sarebbe pronto a raccomandare al Governo egiziano l'ammissione di un agente consolare italiano a Solum ~

In replica ad alcune mie osservazioni già fatte a Nicolson circa mancanza dell'impegno di non riaprire la frontiera senza previa intesa con noi Grey ml

ha detto che il pro-memoria rimessomi oggi è il risultato di lungo esame da parte del supremo consiglio di guerra e delle autorità anglo-egiziane e che pertanto egli non avrebbe potuto introdurvi modificazioni senza nuova consultamone la quale avrebbe provocato nuova perdita di tempo. Ha aggiunto che sarebbe stato lieto discorrere personalmente con V. E. a Parigi su qualche altro punto accessorio.

(l) -Gruppi indecifrat!. (2) -Ed. in F. MARTINI, Diario 1914-1918, a cura di O. De Rosa, Verona, 1966, p. 666. (3) -Cfr. n. 617.
630

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (l)

T. GAB. 418. Roma, 23 marzo 1916, ore 21.

Giers mi chiede che cosa c'è di vero nella affermazione di Skuludis rispondendo nella Camera ellenica a Spiromilio agitatore di Chimara, che la linea di occupazione greca dell'Epiro fosse stata riconosciuta dall'Italia con una dichiarazione scritta e che le truppe italiane avrebbero avuto l'ordine di non passarla.

Ho risposto che ai tempi di Venizelos cercammo accertare quale fosse l'occupazione di fatto delle truppe greche per evitare incidenti colle nostre, occupanti l'hinterland di Valona. Il Governo greco ci fece quindi avere una carta indicante tale situazione, alla quale opponemmo qualche osservazione facendo scendere il punto di confine sul mare ad Aspri Ruga. Non vi era mai stato alcun riconoscimento di diritto della occupazione greca, la nostra tesi essendo di riservare tutto alle deliberazioni dell'Europa al termine della guerra. In questi giorni avevo dato istruzioni a De Bosdari (2) di unirsi ai colleghi della Quadruplice per fare le rimostranze e le riserve relative alle nuove disposizioni del Governo greco nell'Epiro con le quali cercava di compromettere a proprio vantaggio la questione di diritto di fronte all'Europa.

631

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (3)

T. GAB. 419. Roma, 23 marzo 1916, ore 21.

(Meno Atene) -Ho telegrato al R. ministro in Atene quannto segue:

(Per tutti) -Barrère mi rileva la gravità delle parole di codesto ministro degli affari esteri quando chiudendo la discussione sollevata da Spiromilio, esprimeva la sicurezza che l'Epiro settentrionale nella sua delimitazione attuale formi fin d'ora parte integrante del regno ellenico.

Ho risposto che questa affermazione del ministro greco dimostrava l'opportunità e l'urgenza del passo collettivo da farsi dai rappresentanti della Quadruplice per riservare i diritti dell'Europa nel deliberare sulle sorti defintive dell'Epiro (vedi mio telegramma gabinetto n. 403) (l); le parole dette ufficialmente dal Governo greco fornivano una buona occasione per giustificare che un tale passo si facesse ora e non si fosse fatto prima.

Prego agire in conformità di quanto precede. (Meno Atene) -Prego V. E. adoperarsi vivamente presso codesto Governo conformemente a quanto io ho detto a Barrère (2).

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 330. (2) -Cfr. n. 618. (3) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 330-331.
632

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

T. GAB. 420. Roma, 23 marzo 1916, ore 19.

Personale per S. E. l'Ambasciatore.

Sta bene per nostro arrivo a Parigi alle ore 17 di domenica e per il programma telegrafatomi da V. E. (3). Poiché rilevo che il pranzo in onore esclusivo della missione italiana avverrà domenica sera e suppongo vi sarà scambio di brindisi prego, d'accordo con Saiandra, V. E. di procurare conoscere testo del brindisi francese e preparare schema del brindisi italiano di risposta, che sarà pronunciato da Salandra.

Riteniamo opportuno che brindisi italiano abbia intonazione sobria.

633

L'AMBASCIATORE A TOKIO, CUCCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1471/4GAB. (4). Tokio, 24 marzo 1916, ore 11,20 (per. ore 19,55 del 25).

Fallito evidentemente accordo segreto con Yuan-shi-hai, Giappone continuava inviare armi e munizioni e denaro, allargare ribellione Cina, sperando necessità proprio intervento armato. Per queste ragioni, si crede, Yuan-shi-kai preferisca rinunziare monarchia, benchè tale mossa abbia sconcertato Governo giapponese. Ho potuto comprendere Governo giapponese spera rinunzia Yuanshi-kai non riuscendo pacificazione, lascerà da un momento all'altro adito intervento giapponese.

Questo ministro affari esteri dice infatti situazione seria.

(l) -Cfr. n. 618. (2) -Per la risposta cfr. n. 640. (3) -Con t. gab. 624/s.n. del 22 marzo, ore 20, non pubblicato. (4) -Partito come telegramma di gabinetto, è stato protocollato in arrivo nella serie ordinaria.
634

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO,

T. GAB. 651/41. Corfù, 24 marzo 1916, ore 16 (per. ore 21,15).

Ministro ad interim degli affari esteri, che era al corrente della proposta di V. E. di attendere che la riunione politico-militare di Par~gi decida circa il trasporto delle truppe serbe riorganizzate e di sentire per questo anche il parere del Governo serbo, mi ha detto oggi che le alte autorità militari sono d'accordo nel ritenere che tutte le truppe debbano essere trasportate a Salonicco.

Da principio si era ventilata l'idea di impiegarne eventualmente una parte in Albania sbarcandovela direttamente, ma detta idea incontrò opposizione della maggioranza anche per la considerazione che le truppe avendo recentemente riportato una pessima impressione di quella regione mal volentieri vi intraprenderebbero una nuova campagna.

Ha poi aggiunto che la proposta francese di sbarcare le truppe serbe a Patrasso e di farle proseguire per terra sarebbe ottima dal punto di vista della sicurezza ma veniva considerata poco pratica date le condizioni della rete ferroviaria greca. Preferibile forse sarebbe il trasporto per mare attraverso il canale di Corinto e per questo si potrebbero anche adibire piroscafi greci di un grande tonnellaggio.

Grecia, d'altra parte, a suo avviso, sarebbe di tanto più disposta a concedere navi qualora avesse fondate ragioni di temere il trasporto per terra, ciò che essa vorrà evitare ad ogni costo.

Finora si è trasportato a Salonicco soltanto un piccolo contingente di truppe del genio per preparare gli accampamenti. Nessun trasporto però è avvenuto con piroscafi greci.

635

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 652/130. Ptetrogrado, 24 marzo 1916, ore 16,25 (per. ore 0,20 del 25).

L'ex ministro degli affari esteri ottomano ambasciatore in Persia Assim bey, colà fatto prigioniero dai russi nelle note circostanze, transitò recentemente da Pietrogrado diretto alla frontiera di Svezia donde via Germania si recherà a Costantinopoli. Nel suo passaggio qui vide suo ex collega a Sofia signor Diamandy il quale mi ha riferito che Assiro bey gli ha ripetutamente dichiarato di essere un convinto fautore della neutralità della Turchia, sebbene ora non vedesse altra via da seguire che la continuazione della guerra. Egli ha qualificato di chimera la conquista dell'Egitto osservando che quando anche Turchia potesse impadronirsene non si troverebbe poi in grado di conservarlo. Assim bey non

ha dissimulato sua viva disapprovazione contro suo collega di Germania a Teheran signor Reuss uomo incapace quanto autoritario e caparbio che trascinò Turchia e Germania nell'impresa persiana predestinata al fallimento. Circa pace Assim bey non si pronunziò ma Diamandy ha riportato impressione che nonostante sua obbligata dichiarazione egld. si rende conto delle enormi difficoltà e dei pericoli che sovrastano al suo paese.

Ambasciatore di Spagna che ha veduto Assim bey mi ha detto che questi pur sollevando eccezione giuridica al suo arresto su territorio neutro diceva che trattamento fattogli dalle autorità russe era stato perfettamente corretto.

636

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI (l)

T. GAB. 428. Roma, 24 marzo 1916, ore 21.

Ieri Barrère mi ha comunicato il testo di una dichiarazione che il Governo francese si propone di fare a quello belga relativamente al Congo e quello delle successive dichiarazioni che dovrebbero fare in proposito l'Inghilterra e la Russia da un lato e Italia e Giappone dall'altro.

I testi sono i seguenti: «Se référant d'une part aux accords franco-belges des 23 et 24 avril 1884, 5 février 1895 et 23 décembre 1908, d'autre part à l'adhésion qu'il a donné à la note remdse le 19 septembre 1914 au Gouvernement belge par le ministre de Grande Bretagne au sujet du Congo ainsi qu'à la déclaration des Puissances garantes de l'indépendance et de la neutralité de la Belgique en date du 24 février 1916 le Gouvernement français tient à déclarer qu'il prètera son concours au Gouvernement royal lors des négociations de paix en vue de maintenir le Congo beige dans son état territorial actuel et de faire attribuer à cette colonie une indemnité spéciale pour les dommages subis au cours de la guerre. Le Gouvernement britannique et le Gouvernement russe donnent leur adhésion à la déclaration du Gouvernement français. Le Gouvernement italien et le Gouvernement japonais prennent acte de

leur còté de la dite déclaration ». Mi riservai di esaminare la questione e di dargli una risposta. Stamane ho scritto a Barrère che riservandomi di esaminare più esattamente

la situazione dell'Italia in relazione ai trattati citati nella dichiarazione progettata, mi sembrava, a prima vista, che la dichiarazione che facesse l'Italia non dovrebbe avere forma differente da quella dell'Inghilterra e della Russia,

poichè la sua situazione diplomatica circa il Congo era identicM-a quella di queste due potenze, non essendo questione qui, come a proposito della dichiarazione del 14 febbraio (1), di potenze garanti e non garanti.

(l) Ed., ad eccezione dei testi delle dichiarazioni, in SONNINO, Diario, cit., p. 332.

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (2)

T. GAB. 429. Roma, 24 marzo 1916, ore 15.

Coromylas deplorava che dietro l'incidente Sokolis alla Camera ellenica la situazione diplomatica fra Italia e Grecia si sia inacidita. Se De Bosdari potesse meglio spiegare la parola «disgusto » adoperata da me relativamente al contegno di allora di Skuludis (vedio mio telegramma gabinetto n. 294) (3) sarebbe reso possibile a questi di fare qualche comunicazione che dissipasse la cattiva impressione creata in Italia dal suo contegno alla Camera nell'incidente suddetto.

Ho risposto che non era possibile che De Bosdari prendesse alcuna iniziativa in questo senso, ma invece toccava al Governo greco; che se questi veramente facesse un passo che mirasse a una perfetta conciliazione degli animi, avrei capito che si potesse quindi da parte nostra mitigare l'asprezza delle espressioni usate, per iniziare una vita nuova nei rapporti fra i due Governi.

Passando a parlare delle occupazioni per parte delle truppe italiane di qualche posizione nell'Epiro ho dichiarato che data la situazione incerta ed agitata di quella regione, e le minacce di incursioni di bande sobillate dagli austriaci e dai bulgari contro il lato meridionale del territorio da noi occupato intorno a Valona, non potevo, benchè mancassi di notizie precise, escludere che il comando locale, non ordinasse qualche occupazione di posizioni indispensabili per la sicurezza di tale territorio al di là della linea tracciata da Venizelos e Caclamanos agli inizi dell'anno scorso, come corrispondente all'antica occupazione greca prima della ritirata effettuata nel 1913 per decisione delle potenze. Noi non avevamo nessuna aspirazione di conquiste nell'Epiro, la cui sorte doveva dipendere esclusivamente, compresa ogni delimitazione di confine, dalle decisioni dell'Europa alla fine della presente guerra.

Coromylas rispondeva che sapeva comprendere le necessità della situazione nostra, ma che da ora in là la più completa annessione ufficiale dell'Epiro alla Grecia avrebbe potuto e dovuto garantire l'Italia da ogni offesa per parte dei bulgari o degli austriaci.

Replicai che non potevo non considerare tali dichiarazioni di annessione come un errore per parte del Governo ellenico non potendo esse venir consentite dalle Potenze.

(l) -Cfr. n. 456. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 331-332. (3) -Cfr. n. 492.
638

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 663/113. Bucarest, 25 marzo 1916, ore 21 (per. ore 5 del 26).

Notizia che Bratianu fosse più tranquillo circa il contegno della Bulgaria (mio telegramma gabinetto 110) (1), mi era stata data dal ministro di Russia in base ad un colloquio avuto con Bratianu dal ministro d'Inghilterra.

Ho chiesto stamane a Bratianu stesso come stessero realmente le cose.

Egli ha risposto che effettivamente Radoslavoff ed in generale i membri del Governo bulgaro tengono un linguaggio amichevole con Derussi e che questo solo egli aveva detto a Barclay. Ciò non impediva però che il bulgari continuassero impertubabilmente i loro movimenti di truppa verso la frontiera romena.

Per lui quindi non vi era dubbio che i bulgari aspettano il momento opportuno per mettere le mani sulla Dobrugia, tanto più che essi sanno che l'Intesa non è in grado di prendere l'offensiva da Salonicco e sono convinti che la Russia non vuole o non può attaccarli.

Bratianu ha aggiunto che il ritardo dell'offensiva generale dell'Intesa annunziata prima per gennaio poi per marzo quindi per maggio ed ora per l'estate pone la Romania in una posizione difficilissima. Egli teme che la Bulgaria ne approfitti per attaccarla o la Germania per imporle un cambiamento di Governo od anche un trattato di neutralità definitiva.

Ho chiesto allora a Bratianu se egli persisteva a ritenere necessaria la presenza di un adeguato contingente russo nella Bessarabia meridionale come mi aveva detto allorchè si parlò per la prima volta di un ultimatum germanico e come riferii a suo tempo all'E. V. Bratianu mi ha risposto affermativamente, tanto più che la Romania non può contare sopra una offensiva da Salonicco e che egli mantiene il suo ben noto punto di vista di non voler che la guerra sia portata sul territorio romeno.

D'altra parte egli ha confermato che l'esercito romeno non può difendere la Dobrugia col rischio di farsi tagliar fuori dal resto del paese.

Esercito romeno deve ritirarsi al di quà del Danubio per proteggere la capitale e completare la propria mobilitazione, affidando alla divisione rinforzata della Dobrugia il compito di tenere a bada i bulgari.

Del resto, egli ha aggiunto, i primi interessati a difendere la Dobrugia dovrebbero essere gli stessi russi se non vogliono che i bulgari, appoggiati da tedeschi, cadano loro addosso anche da quella parte e nel frattempo si impadroniscano della relativa costa del Mar Nero. Bratianu però parlava con un certo

scetticismo della possibilità di questo concorso russo e con una più grande amarezza ha concluso: «Figuratevi che una potenza dell'Intesa non ha perso sper:mza di giungere ad una pace separata colla Bulgaria e mi ha fatto chiederE: se non saremmo disposti di cedere alla Bulgaria Dobrie ».

Non ho domandato a Bratianu di che potenza si trattasse e se fosse questione di un passo di persona autorizzata ma non sarei alieno dal credere che vi sia di mezzo lady Paget (mio telegramma gabinetto n. 104) (1). Questa conversazione con Bratianu mi ha confermato nella convinzione che sarebbe oltremodo imprudente non riunire il più presto possibile nella Bessarabia meridionale importanti forze militari. Finchè ciò non avrà avuto luogo non rinascerà qui la fiducia nel soccorso che l'Intesa può dare alla Romania in caso di pericolo. Per ora infatti la sfiducia è completa ed è giustificata dalle frequenti delusioni avute dalla Romania a cui ad esempio fu detto (non da noi beninteso) che a Salonicco vi erano oltre trecentocinquantamila soldati mentre ve ne sono molto meno e che i russi avevano avuto a suo tempo a Reni Ismail ecc. oltre duecentocinquantamila uomini, mentre non ve ne sono mai stati più di centodiecimila.

D'altro lato non posso nascondere all'E. V. che informatori e giornalisti seguitano a ripetere che la Bulgaria si prepara a rompere le relazioni diplomatiche con la Romania.

Io non sono in grado di controllare queste voci, ma non posso non tener conto del fatto che le apprensioni sono troppe e da troppo tempo diffuse (vanno dal Re a Bratianu a Take Jonescu ed ai circoli politici e giornalistici) perché si possa ammettere che esse siano assolutamente prive d'ogni fondamento. Mi risulta che il Governo francese è molto preoccupato di questo stato di cose.

(l) Con t. gab. 648/110 del 23 marzo, Fasciotti aveva comunicato quanto segue: «Bratianu è più tranquillo circa contegno della Bulgaria, in seguito alle dichiarazioni rassicuranti che Radoslavoff avrebbe fatto a Derussi. Re di Romania era invece stamane molto preoccupato ».

639

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 656/107. Atene, 26 marzo 1916, ore 15,35 (per. ore 21,30).

Telegramma V. E. gabinetto n. 94 (2).

Ringrazio l'E. V. della risposta data a Coromylas.

Il fare un primo passo verso Skuludis mi porrebbe in situazione assai difficile anche in presenza di questi nostri connazionali i quali (non debbo nasconderlo a V. E.) si attendevano da parte nostra la più energica e soprattutto più pubblica reazione.

Debbo anche aggiungere (cosa che prima non ebbi pensiero di riferire a V. E.)

che allorquando io ebbi ripetuto parole di V. E. a Skuludis questi (dopo cinque

giorni dall'incidente) spinse l'impudenza al punto di dire che aveva avuto

intenzioni farmi delle scuse ma che dopo le parole di V. E. non ci si credeva

più obbligato.

Skuludis personalmente non merita nulla, e a sola speranza di migliorare nostri rapporti, è meglio che egli se ne vada presto: cosa assai probabile.

Passo Coromylas presso V. E. mi consta essere stato fatto non già per istruzioni di Skuludis ma per iniziativa personale e pressoché privata di Politis cui premerebbe assai veder sparire attuale freddezza.

Gli ho detto che effettivamente anche a me ciò premeva molto ma che evidentemente ciò non poteva farsi col cambiarmi le carte in mano e coll'obbligarmi far io delle scuse che invece a me erano dovute.

Credo che meglio sia di non parlarne più.

Ho trasmesso Parigi Roma.

(l) -Cfr. n. 628. (2) -Numero particolare di protocollo per Atene n. 637.
640

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 657/109. Atene, 26 marzo 1916, ore 15 (per. ore 21,20).

Nonostanti reiterati passi Barrère di cui V. E. mi ha informato (1), questo ministro di Francia seguita dire essere senza istruzioni sufficienti pel passo collettivo per l'Epiro settentrionale. Siccome mi sembra tutti siano d'accordo che sopratutto dopo impudentissime dichiarazioni del presidente del consiglio alla Camera tale passo sia urgente, sarebbe necessario vivamente sollecitare presso Gabinetto di Parigi invio istruzioni precise.

Comunico ministro degli affari esteri Parigi.

641

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 658/132. Pietrogrado, 26 marzo 1916, ore 16 (per. ore 20).

Da ottima fonte mi viene riferito che ambasciatore degli Stati Uniti a Costantinopoli che si trova ora a Washington sta colà adoperandosi per rendere possibile alla Turchia di comunicare per via indiretta i suoi punti di vista per eventuali trattative di pace. Autorevole persona che mi ha riferito quantò precede ritiene che Morgenthau sia autorizzato a tale tentativo ma presta fede scarsa alla possibilità che Governo ottomano possa presentemente sottrarsi ai voleri della Germania e attribuisce ai passi di quel rappresentante il valore di sintomo della situazione in Turchia più che in una iniziativa destinata a conseguenze.

Ho comunicato quanto precede a Parigi.

(l) Cfr. nn. 618 e 631.

642

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1488/76. Cairo, 27 marzo 1916, ore 13,35 (per. ore 18).

Ho avuto una conversazione col colonello Clayton bey il quale, per la partenza del generale Maxwell, ha assunto comando del corpo di Stato Maggiore per frontiera.

Egli mi ha detto che è giunto il momento agire per Italia ed Inghilterra per risolvere questione Senussi.

Si potrebbe facilmente mettere Idris contro Sidi Hamed Sceriff, e poi riconoscere il primo come capo religioso. Si potrebbe stringere con lui un accordo segreto, !asciandogli Kufra e Giarabub, con garanzie di semi-indipendenza come per la integrità.

Occorrerebbe prender subito una decisione, perchè Sidi Hamed, che momentaneamente ha pochi seguaci, potrebbe risollevarsi.

Prego telegrafare quale risposta debbo dare colonnello Clayton bey, il quale mi sembra animato sincero desiderio concretare una azione politica e militare, a vantaggio comune.

643

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 667/110. Atene, 27 marzo 1916, ore 14,20 (per. ore 18).

Essendo finalmente giunte istruzioni definitive a questo ministro di Francia abbiamo presentata nota di cui invio a V. E. testo per posta (l). Al Quai d'Orsay ne hanno testo completo avendolo ministro di Francia telegrafato integralmente.

Siamo stati unanimi a non accettare aggiunta proposta da Briand in quanto essa si sarebbe prestata ad equivoci e Skuludis non avrebbe mancato dedurne che le potenze, ove consultate, avrebbero sancito mutazioni che Governo ellenico ha di propria iniziativa introdotte nell'Epiro settentrionale.

Ci è parso meglio lasciare assolutamente impregiudicata la questione dell'assentimento o meno che le Potenze darebbero, ove richieste, a mutazioni del genere.

Confido che V. E. vorrà approvare questo modo di vedere.

Comunicato ministro affari esteri a Parigi.

(l) Cfr. n. 647.

644

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 669/134. Pietrogrado, 27 marzo 1916, ore 16,20 (per. ore 5,15 del 28).

Da ottima fonte mi hanno riferito che Russia ha posto a disposizione dell'esercito francese una brigata di novemila uomini di sceltissime truppe comandate da ufficiali parimente scelti fra i migliori e li ha mandati via VladivostokIndie al Mediterraneo. Generale Sarrail ha domandato che quelle forze siano destinate a Salonicco ma non è stata ancora presa definitiva decisione in proposito. Personaggio che mi ha confidato quanto precede da me interpellato se brigata prenderà imbarco sulle tre navi da guerra recentemente cedute dal Giappone alla Russia (l) e che questa ultima aveva perdute alla battaglia di Tsuscima

o se invece su trasporti all'uopo noleggiati mi ha risposto le tre navi suddette (si tratta di 3 incrociatori di scarso valore) dovevano recarsi ad Arcangelo all'aprirsi della stagione ma che ora esse potrebbero forse servire al trasporto che conduce in Europa la brigata e concluse però dicendo che intorno a ciò non aveva notizie.

Prego V. E. voler mantenere segreto su provenienza delle surriferite informazioni. Telegrafato anche a Parigi.

645

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 673/118. Bucarest, 27 marzo 1916, ore 21 (per. ore 12,50 del 29).

Mio telegramma gabinetto n. 82 (2). Filippesco è tornato ieri l'altro dalla Russia. L'ho visto stamane e mi ha detto di aver riportato ottima impressione dell'esercito russo. Ha percorso fronte da Dvinsk alla Bucovina ed ha avuto occasione di intrattenersi col generale Alexeiev e coi principali comandanti d'armata. Ha veduto l'Imperatore al quartiere generale e Sua Maestà gli ha detto di aver dato ordine che si cerchi di contentare nel miglior modo possibile la Romania. Avendo egli accennato alla necessità che circa 250.000 uomini si trovino nella Bessarabia meridionale per difendere la Dobrugia, Sua Maestà l'ha invitato a parlare a questo proposito col generale Alexjev. Questi a sua volta si è scher

mito dal prendere impegni in proposito ed ha osservato che si tratterebbe. d'una immobilizzazione di truppe per scopi non militari ma diplomatici. Sazonov che nella prima conversazione avuta con Filippesco aveva evitato di pronunziarsi ebbe con lui la vigilia della sua partenza da Pietrogrado un secondo colloquio in cui gli disse genericamente che anche su questo terreno domande romene sarebbero accolte.

Impressione complessiva di Filippesco è che in Russia si tiene a ménager la Romania in ragione della importanza nelle circostanze presenti ma che si ha verso essa una certa diffidenza.

Filippesco dice che in Russia si fa difficoltà ad accogliere domande di materie prime della Romania e che egli ha l'impressione che malgrado tutte le promesse quando giungeranno munizioni non si lasceranno entrare in Romania ma verranno trattenute nelle vicinanze della frontiera romena finchè Romania non sia entrata in azione.

Paléologue ha parlato a Filippesco della possibilità di trattare colla Romania nello stesso modo come la Francia trattò coll'Inghilterra prima deUa guerra attuale: allora l'Inghilterra non potendo per ragioni costituzionali stipulare un trattato vero e proprio, furono fatti semplicemente degli accordi preliminari che vennero quindi messi in pratica al momento opportuno.

Paléologue proporrebbe che si procedesse analogamente facendo trattare e firmare da appositi designati un accordo non impegnativo di carattere prevalentemente militare che diverrebbe esecutivo solo al momento dell'entrata in azione della Romania.

Paléologue non tiene però conto del fatto innegabile che Bratianu non vuole assumere per ora nessun impegno mentre Sazonov sembra averlo ben capito dal momento che ha detto a Filippesco che, dato contegno del Governo romeno, trattative colla Romania presentano difficoltà superiori a quelle che si riscontrano con qualsiasi altro paese.

(l) -Cfr. n. 654. (2) -T. gab. 535/82 del 6 marzo, non pubblicato: riferiva circa la decisione di Flllppescu di recarsi solo in Russia e non anche in Francia e Gran Bretagna.
646

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 670/119. Bucarest, 27 marzo 1916, ore 21 (per. ore 8,35 del 29).

Sazonov ha telegrafato al ministro di Russia che da fonte straniera gli giungeva notizia che Bratianu attribuiva alla Russia delle «vedute recondite» circa Romania. Sazonov ha incaricato ministro di Russia di protestare energicamente con Bratianu e lo ha in pari tempo informato di aver egli stesso tenuto analogo linguaggio con Diamandy.

Sazonov ha dato anche istruzioni a Poklevsky di lamentarsi perché, dopo che Bratianu aveva sollecitato l'invio di un nuovo addetto militare per trattare questione militare, ora autorità militari romene, non entrano in negoziati concreti col colonnello Tatarinov benché egli sia provvisto dei necessari poteri.

647

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 715/116. Atene, 27 marzo 1916.

Facendo seguito alle mie precedenti comunicazioni e da ultimo al mio telegramma di stamane gabinetto n. 110 (l), ho l'onore di qui unito trasmettere a V. E. la copia della nota rimessa ieri da me e dai miei colleghi dell'Intesa al signor Sculudis. Il progetto di essa nota fu da me redatto sulla scorta delle conversazioni che V. E. aveva avuto col Barrère (tel. V. E. n. 87 e 92 di gabinetto) (2) ed i precedenti esistenti in ufficio. Ministro di Francia dopo avere fatto al mio progetto lievi emendazioni di forma credette opportuno di sottoporne l'intero testo al suo governo per approvazione; e ciò cagionò un ritardo di parecchi giorni nella consegna della nota. Il governo francese propose di abbreviare alquanto la parte storica e, di aggiungere alla fine una frase indicante il rammarico delle quattro Potenze che i mutamenti avvenuti nello status dell'Epiro del nord fossero avvenuti senza il loro consenso. La prima proposta fu respinta perchè a tutti sembrò opportuno mantenere il rapido riassunto dei precedenti, che meglio di ogni altra cosa valeva a dimostrare come la Grecia sotto l'attuale governo avesse repentinamente mutata strada. Quanto all'aggiunta proposta dal governo francese essa era evidentemente inammissibile in quanto che Skuludis non avrebbe mancato di attaccarsi a quella frase per trovarvi un'implicita ammissione di quanto egli aveva operato tranne un certo platonico rimprovero di non averlo detto prima. Parve a tutti noi più opportuno (quali debbano essere le definitive risoluzioni dei governi sull'argomento di lasciare assolutamente impregiudicata la questione.

Per sè stessa la questione evidentemente resta quel che era. Il governo ellenico profittando della confusione prodotta dalla guerra europea, del fatto che l'attenzione delle altre grandi potenze era maggiormente attirata altrove e che quella dell'Italia sembrava tendere a più benevole intenzioni verso le aspirazioni elleniche, credette di potere giungere a fare trovare l'Europa intera davanti ad un fatto compiuto. Senonchè, come giustamente osservò Venizelos nel suo discorso alla Camera dell'Agosto scorso la questione dell'Epiro poteva dirsi risolta dalla Grecia « a meno di qualche grave errore»; e lo Skuludis colla solita improntitudine e mancanza assoluta di senso politico, non ha mancato di commettere un tale errore. Difatti accelerando e lasciando che venissero a conoscenza di tutte le misure legislative necessarie per l'unificazicne dell'Epiro alla Grecia, non opponendosi nemmeno per la forma all'entrata ed alla attività dei deputati epiroti nella camera ellenica, finalmente proclamando che l'Italia era consenziente a quell'annessione, e ciò sulla base di indiscrezioni e di fatti poco e malamente accertati, richiamò l'attenzione del mondo politico su di una

questione ormai assopita. Ed ora per inizativa di quella Francia stessa che, anche in contrasto colle nostre idee, era stata la potenza più favorevole all'annessione dell'Epiro alla Grecia, la questione travasi ad avere certamente fatto un passo indietro.

La consegna della nostra nota risaputa immediatamente dalla stampa, ha dato luogo ad alcuni anodini commenti di cui ho l'onore di annettere un breve riassunto (l).

ALLEGATO

NOTA VERBALE

Atene 13!26 marzo 1916.

Par son mémoire du 31 Octobre 1914, le Gouvernement royal hellénique en notifiant aux Gouvernements de France, Grande Bretagne, Italie et Russie sa décision de faire avancer l'armée hellénique dans l'Epire autonome, donnait l'assurance formelle que «l'avance de ces troupes n'avait qu'un caractère provisoire et que la Grèce en s'y décidant se proposait de se conformer strictement aux décisions de la Conférence des Ambassadeurs auxquelles elle avait adhéré par la note du 8/21 Février 1914 aux Grandes Puissances ». Les Gouvernements susdits tenant compte des circonstances du moment qui paraissaient justifier dans une certaine mesure la décision du Gouvernement hellénique, ne crurent pas nécessaire de s'y opposer et se bornèrent à en prendre acte.

Lors de la réunion de la Chambre hellénique au mois d'aoiì.t 1915 un certain nombre d'épirotes s'y présentèrent en s'attribuant la qualification de « députés de l'Epire du nord»; mais le chef du Gouvernement (M. Gounaris) se trouva d'accord avec le chef de l'opposition (M. Venizelos) pour déclarer que les élections n'ayant pas été proclamées par le Gouvernement hellénique dans l'Epire du Nord, des représentants de cette région n'auraient pu etre convalidés.

Or, certains événements qui se sont produits ces derniers temps pourraient faire croire à un changement de conduite dans cette question. Ainsi à la réouverture de la Chambre hellénique au mais de février dernier, des soi-disants représentants de l'Epire du Nord ont de nouveau fait leur apparition, et quoique leur convalidation formelle n'ait pas été officiellement annoncée (ce qui d'ailleurs serait en contradiction avec les assurances données verbalement par S. E. M. Skouloudis aux Ministres des quatre Puissances que cette fois aussi le Gouvernement hellénique n'avait pas proclamé les élections dans l'Epire du Nord) néanmoins ces personnages continuent à siéger au Parlement, à prendre part aux votes et les membres du Cabinet répondent à leurs interpellations.

D'autre part les journaux ont annoncé que le Gouvernement grec avait procédé par décret royal à l'assimilation économique et administrative de l'Epire du nord avec le reste de la Grèce; à la date 9 Mars le Ministre de la Guerre aurait adressé au Ministère de l'Intérieur une lettre en lui faisant savoir que la loi martiale dans l'Epire du Nord avait été abolie et que d'or en avant l'administration de cette région avait été confiée à des autorités civiles; finalement un décret royal publié dans les journaux le 13 Mars institue des postes d'ingénieurs à Argirocastro et à Koritza.

Les Légations de France, Grande Bretagne, Italie et Russie ont reçu l'ordre de leurs Gouvernement de s'adresser au Gouvernement hellénique en le priant de leur faire connaitre de quelle façon il croit pouvoir concilier les dites mesures legislatives et la présence active au Parlement hellénique de représentants de l'Epire du Nord avec le respect que ce méme Gouvernement doit aux déclarations solennelles contenues dans le mémoire du 31 octobre 1914.

GUILLEMTN -ELLIOT -BOSDARI -DEMIDOFF

(l) -Cfr. n. 643. (2) -Numeri particolari di protocollo per Atene dei nn. 618 e 631.

(l) Non si pubbl!ca.

648

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 264/101. Cristiania, 27 marzo 1916.

Come è noto dopo il «gran rifiuto » che inibì alle proposte Ford di mediazione per la pace, l'accesso alla Conferenza dei Ministri scandinavi in Copenaghen, i delegati della spedizione americana che ne prese l'iniziativa decisero d1 rivolgersi direttamente, allo stesso fine, a ciascuno dei tre Governi del Nord. Essi furono ricevuti il 18 corrente dal Ministro degli Affari Esteri norvegese il quale, secondo un comunicato appar3o nella stampa, all'invito rivoltogli, rispose nei termini seguenti:

« Il Governo norvegese con la maggiore attenzione vigilerà su ogni indizio che possa essere interpretato come un desiderio rispettivo delle parti belligeranti di valersi della mediazione di altre potenze per intendersi e concludere la pace. Il Governo norvegese in tal senso assai volentieri offrirà il suo contributo nell'opera di ristabilimento della pace».

Il Presidente dello Storthing che pure ricevette la delegazione Ford si espresse nello stesso senso aggiungendo peraltro che gli Stati Uniti, come la maggiore potenza neutrale, molto più facilmente potrebbero porsi alla testa dell'iniziativa.

Giorni addietro chiesi accademicamente al signor Ihlen qualche schiarìmento sul passo fatto presso di lui dai pacifisti americani e circa la risposta ad essi data. Il Ministro mi espresse allora di aver detto ai suoi visitatori che tutti vogliono la pace, ma che tuttavia non v'ha segno che essa possa pel momento realizzarsi in quanto una delle parti belligeranti è contraria a tale idea e che quando dai due lati si facesse comprendere di essere disposti a cessare la lotta, certamente il Governo norvegese, insieme ad altri, sarebbe lieto di collaborare al raggiungimento della pace.

Senza dilungarmi nei particolari del nostro amichevole colloquio mi limiterò ad accennare che le cose dettemi dal Ministro mi hanno fatto nascere l'impressione che veramente dal governo norvegese, ed in generale dagli altri due scandinavi, si nutre la speranza o l'illusione di potere rappresentare una parte di qualche importanza nella conclusione della pace. A mio modesto avviso è un concetto sorto se non alla conferenza di Copenaghen, come un derivato di essa.

Intanto nello stesso ordine di idee merita di essere notato che, mentre all'epoca dell'arrivo della spedizione Ford a Cristiania, il Ministro degli Affari Esteri norvegese esitava ad abboccarsi col Capo di essa, ora non solo ha ricevuto una sua delegazione ma non si è astenuto, con buone parole, di lasciare intendere che eventualmente l'appello non sarebbe diretto invano.

La propaganda germanica, per quanto dubbia nella sua efficacia pratica, si fa strada nel Nord. Dopo avere avuto buona presa in Svezia, accenna a far breccia in Norvegia.

649

IL MINISTRO DELLE COLONIE, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, A PARIGI

T. GAB. 678/1984. Roma, 28 marzo 1916, ore 19,40 (per. ore 12 del 29).

Per Barone Sonnino -Personale.

Ministero degli affari esteri mi comunica telegramma n. 76 del 27 corrente della R. agenzia italiana al Cairo (l) circa apertura del colonnello Clayton bey per risolvere questione Senussi mediante accordo segreto di Italia e Inghilterra con Sidi Idris sulla base del riconoscimento di quest'ultimo come capo religioso in luogo di Sidi Amed Sceriff. Serra telegrafa che occorrerebbe prendere subito una decisione. L'E. V. ha già avuto diretta integrale comunicazione della Consulta del telegramma del Cairo. Dopo il memorandum del 22 corrente (2) nel quale Grey non accoglieva nessuna delle nostre proposte di accordo circa il Senussi, non posso nasconderle che la presente comunicazione del Cairo a distanza di soli 5 giorni ha non poco meravigliato per la diversa intonazione delle due comunicazioni, sebbene preveda che l'apertura del colonnello Clayton ci sarà presentata con un invito a quello scambio di vedute di cui parla appunto il memorandum di Grey del 22 corrente. In conformità di quanto io ho scritto all'E. V. nella mia lettera riservatissima del 25 corrente n. 2462 (3) speditale direttamente a Parigi sulla eventualità di potere ancora trovare un terreno di intesa con l'Inghilterra per un accordo circa il Senussi, non ho da parte mia difficoltà esaminare aperture Clayton, ma è necessario esse ci siano confermate dal Governo di Londra. Rimane però beninteso in conformità delle istruzioni della detta mia lettera, nella quale era appunto preveduto il caso di continuazione di trattative con l'Inghilterra, che noi manteniamo intanto nostra libertà d'azione, la quale in ogni caso non pregiudica, ma prepara l'accordo in attesa che si possa giungere ad un accordo con l'Inghilterra circa la Senussia su basi sia pure diverse da quelle delle nostre proposte presentate a Londra il 18 gennaio ultimo scorso ( 4).

Ho voluto dirigerle a Parigi la mia lettera del 25 corrente mese ed ora questo telegramma sapendo che l'E. V. ha modo di vedere costà Grey ed il marchese Imperiali (5).

650

PROTOCOLLO DI CHIUSURA DELLA CONFERENZA INTERALLEATA DI PARIGI (6)

Parigi, 28 marzo 1916.

I. -Les représentants des gouvernements alliés, réunis à Paris les 27 et 28 mars 1916, affirment l'entière communauté de vues et la solidarité des Alliés.

(2)Cfr. n. 629.
(-4) Cfr. n. 335.

Ils confirment toutes les mesures prises pour réaliser l'unité l'action sur l'unité de front.

Ils entendent, par là, à la fois l'unité d'action militaire assurée par l'entente conclue entre les Etats-majors, l'unité d'action économique dont la présente Conférence a réglé l'organisation, et l'unité d'action diplomatique qui garantit leur inébranlable volonté de poursuivre la lutte jusqu'à la victoire de la cause commune.

II. -Les gouvernements alliés décident de mettre en pratique dans le domaine économique leur solidarité de vues et d'intéréts. Ils chargent la Conférence économique qui se tiendra prochainement à Paris de leur proposer les mesures propres à réaliser cette solidarité.

III. -En vue de renforcer, de coordonner et d'unifier l'action économique à exercer pour empécher les ravitaillements de l'ennemi, la Conférence décide de constituer à Paris un Comité permanent dans lequel tous les Alliés seront représentés.

IV. --La Conférence décide: l. --De poursuivre l'organisation entreprise à Londres d'un Bureau centrai international des affrètements;

2. -De procéder en commun et dans le plus bref délai à la recherche des moyens pratiques à employer pour répartir équitablement entre les nations alliées les charges résultant des transports maritimes et pour enrayer la hausse des frets.

(l) -Cfr. n. 642. (3) -Non rinvenuta. (5) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 651. (6) -Ed. in Trattati e convenzioni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. 23, cit., pp. 393-394.
651

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTERO DEGLI ESTERI

T. 1513. Parigi, 29 marzo 1916, ore 13,45 (per. ore 19,15).

Prego comunicare Ministero delle Colonie quanto segue:

Conversando meco Grey e Kitchener mi hanno detto che sono pronti impegnarsi formalmente a fare del loro meglio (to do their best) perché non passino né ora né poi armi e munizioni al Senussi finché fa guerra agli italiani, né per mare né per terra. Non possono però fermare tutti gli approvvigionamenti agli arabi. Consentii che reciprocamente fissassimo almeno questo punto.

Non ritengono poter sostituire la parola agreement, accordo allo «scambio di vedute» che secondo nota consegnata da Grey a Imperiali il 22 corrente (l) dovrebbe precedere qualunque accomodamento tra inglesi e Senussi.

Anche noi siamo liberi trattare se abbiamo mezzi. Kitchener si dichiara pronto, se R. Governo gli comunica a quale condizione sarebbe disposto riconciliarsi con Senussi con un modus vivendi che tenga conto della sua qualità di capo religioso, di trattare anche per conto nostro. Dice in tal caso occorre

mutua fiducia e mandato largo, afferma sarebbe questo momento per cercare di sostituire al Senussi attuale il nipote col quale sarebbe più facile accomodarsi.

Grey e Kitchener non obiettano a nostro agente a Solum, ma non consentono ivi nostra rappresentanza militare affermando che sua presenza sarebbe incitamento ostilità.

Esposi rudemente nostre lagnanze (Vedi Nota Ministero Colonie 2468 in data 25 marzo) (1). Dissi avrei riferito Ministro Colonie. Per parte mia ero favorevole a che si prendesse reciprocamente per l'avvenire almeno obbligo non lasciare passare entro limiti possibilità materiale bellico al Senussi.

(l) Cfr. n. 629.

652

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 675/112. Atene, 29 marzo 1916, ore 16 (per. ore 21,30).

Con nota che invio per posta Governo greco assicura non aver mai perduto di vista assicurazione da lui data ottobre 1914.

Varie misure prese in questi ultimi tempi hanno avuto unicamente lo scopo di assicurare l'ordine nell'Epiro settentrionale. Legge marziale fu soppressa perché lo spirito liberale degli ellenici vi ripugna. Nessun cambiamento di attitudine si è quindi verificato nel Governo greco.

Siccome nella nota greca non si fa menzione alcuna delle nostre domande di spiegazioni relative ai deputati epiroti, così mi proporrei salvo ordini contrari di V. E. rispondere unitamente ai colleghi che anche su questo punto desidero conoscere modo di vedere del Governo greco.

Prego telegrafarmi eventuali istruzioni (2).

653

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. CONFIDENZIALE 1145/147. washington, 29 marzo 1916.

La missione militare rumena, qui giunta l'anno scorso per procedere ad eventuali acquisti di materiale bellico, sebbene modificata negli elementi che la componevano e ridotta di numero, è rimasta sempre negli Stati Uniti ove per altro, a cagione forse delle stesse incertezze del Gabinetto di Bucarest, ha conchiuso poco o nulla.

Nei giorni scorsi il capo della m1sswne si rivolse premurosamente al colonnello Robinson, capo della Colt's Fire Arm Co. di Hartford, Conn. invocando la pronta fornitura di mille mitragliatrici. A parte il fatto che la Colt per le soverchianti ordinazioni in corso non avrebbe potuto consentire a questa domanda, il colonnello Robinson, che è devoto alla causa degli alleati, oppose all'ufficiale rumeno l'ambiguità della politica del suo paese e il dubbio che le mitragliatrici avessero potuto servire per combattere a fianco degli eserciti delle Potenze centrali. Al che l'ufficiale non soltanto rispose che ciò era da escludere in ogni modo, ma confidò che le istruzioni ricevute erano di tenersi pronti per l'agosto dovendo in quell'epoca la Romania entrare in guerra a fianco degli Alleati.

Quanto valore abbia siffatta dichiarazione non io posso sapere. Ho stimato, comunque, ad ogni buon fine, di darne notizia a V. E. nel telegramma odierno

n. 83 (l) che ho qui l'onore di confermare.

(l) -Non rinvenuta. (2) -Sonnino rispose con t. gab. 448 del 31 marzo, ore 20, quanto segue: «V. S. può conformarsi condotta suoi colleghi circa deputati epirot.l ».
654

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 679/138. Pietrogrado, 30 marzo 1916, ore 16,20 (per. ore 14,50 del 31).

Da fonte ufficiale ho avuto conferma dell'acquisto da parte della Russia di tre unità della flotta giapponese già appartenenti alla prima e perdute a Tsuchima. Dette unità che giapponesi avevano da tempo riparate e rimodernate sono tre incrociatori circa i quali confido avere presto da altra fonte ragguagli sul tonnellaggio, l'armamento ecc.

Succitati sono già in viaggio per Vladivostok e come lo supponevo scorteranno secondo ogni probabilità trasporti che condurranno in Europa la brigata russa.

Mi consta in via confidenziale che si sta studiando il modo di aggiungere una seconda brigata alla prima. Destinazione di queste forze non è definitivamente decisa ma confermo che maggiori probabilità sono per Salonicco.

655

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 688/120. Bucarest, 30 marzo 1916, ore 20,15 (per. ore 13,30 del 2 aprile).

Mio telegramma gabinetto 119 (2). Circa accusa rivoltagli di aver attribuito delle «vedute recondite» alla Russia, Bratianu ha detto a Poklevsky che si tratta d'una calunnia, e che egli

desidera vivamente che sia messo in chiaro chi l'abbia posta in circolazione. Bratianu è tornato sui passi per una pace separata colla Bulgaria (mio telegramma gab. 113) (l) e l'ha qualificata d'illusione.

Alla richiesta del ministro di Russia circa provenienza di tali passi Bratianu si è limitato a rispondere che essi non sono stati fatti a Bucarest.

Circa la conclusione di una ·convenzione militare Bratianu ha dichiarato che non se ne potrà parlare se non alla condizione di una imminente offensiva generale dell'Intesa e [se] la Romania avrà ricevuto materiale da guerra che le occorre.

A tale riguardo riferisco confidenzialmente che Buchanan avrebbe telegrafato al Foreign Otlì.ce che Sazonov avrebbe dichiarato a Diamandy che in mancanza di una convenzione militare Russia non potrebbe sostenere Romania, ove questa fosse attaccata.

Ignoro se veramente Sazonov abbia tenuto simile linguaggio a Diamandy, ma se lo avesse fatto ciò costituirebbe, a mio avviso, un pericoloso errore.

(l) -T. gab. 674/83, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 646.
656

IL MINISTRO A LISBONA, KOCH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 261/55. Lisbona, 30 marzo 1916 (per. il 10 aprile).

Sono oggi tre settimane dacché la guerra è stata dichiarata al Portogallo: il Ministero che il Presidente della Repubblica, in seguito al voto del Congresso per la costituzione d'un governo di difesa nazionale, ha potuto mettere insieme è in carica da due settimane, ma fin qui poco è stato fatto che corrisponda alla nuova situazione delle cose, e, non fossero gli articoli mirabolanti e pieni di sfida che si leggono in ogni numero dei giornali locali, non ci si accorgerebbe di vivere in una capitale di uno stato in guerra.

Dopo la prima legge votata per acclamazione che accordava al Governo i poteri eccezionali, altre leggi sono state votate successivamente per autorizzare la mobilitazione totale o parziale, la censura preventiva sulla stampa quotidiana ecc. Speciali decreti sono stati emanati per stabilire l'obbligo di presentazione di passaporti in piena regola all'uscita del Portogallo, il divieto di uscita dai domini della Repubblica degli uomini atti alle armi dai 16 ai 45 anni, una nuova visita ai riformati fino ai 45 anni, la sospensione delle disposizioni in vigore circa i limiti di età degli ufficiali, per regolare le requisizioni militari ed altre cose. In esecuzione di queste disposizioni legislative e regolamentari sono stati presi dei provvedimenti intesi ad assicurare una maggiore sorveglianza della costa e la difesa della città di Lisbona dai temuti attacchi dei sottomarini.

Ora si sta preparando la spedizione a Mozambico di 5.000 uomini destinati ad operare colle forze inglesi contro la colonia tedesca dell'Africa Orientale.

Si vuole che la spedizione sia pronta a partire verso la metà di aprile; ma non arriverà troppo tardi, come quella che fu mandata in Angola a combattere i tedeschi dell'Africa Occidentale?

Da fonte degna di fede mi è stato anche assicurato che uscirà fra non molto l'ordine di mobilitazione di altre tre divisioni. Ma l'esecuzione dell'ordine quando sia stato dato, oltre che alla lentezza abituale innata in questo paese, andrà soggetta a tutte le difficoltà cui ho accennato nel rapporto del 16 corrente (l). Sembra anzi che anche la concentrazione a Tancos della prima divisione ordinata già da tempo per la fine di aprile sarà probabilmente ritardata, perché, in mancanza di fabbricati adatti, i richiamati dovranno essere alloggiati in baracconi la cui costruzione non è ancora compiuta. E come a Tancos, sembra che anche negli altri luoghi di concentrazione non sianvi locali sufficienti ad alloggiare tanti soldati, quanti sono quelli di cui si annunzia la mobilitazione.

Oltre a queste difficoltà materiali io credo poi che altre circostanze consiglino il Governo della Repubblica ad andare cauto, e preparare pian piano il terreno prima di forzare troppo cogli ordini di mobilitazione.

I ministri democratici hanno sempre sostenuto che il popolo portoghese voleva la guerra colla Germania, che la guerra avrebbe condotto infallibilmente alla deprecata unione dei partiti, che solo colla guerra si sarebbe evitato il rinnovarsi dei tentativi di rivoluzioni, dalle quali il paese in questi ultimi anni ha avuto tanto a soffrire. Se a questo i democratici credevano sinceramente, devono essere rimasti adesso alquanto disillusi. La dichiarazione di guerra accolta dal Congresso con discorsi ispimti a sensi di patriottismo e di orgoglio nazionale, è stata invece accolta dalla massa della popolazione con incredibile freddezza. Non parlo dei monarchici, i quali, se non altro per odio alla Repubblica, sono in gran parte germanofili, e i quali solo a parole, e anche queste assai misurate, hanno dichiarato di sottomettersi all'invito fatto loro dal Re Manuel per mezzo di un telegramma da Twickenham all'antico suo Gran Maestro di Cerimonie, di dimenticare, nel grave momento, ogni altra idealità e di offrire pel bene della patria i loro servigi al Governo. (Alleg. A) (2).

Ma la popolazione in generale, e anche gran parte di quella che non è recisamente ostile ai principi repubblicani, è in sostanza contraria a una partecipazione effettiva del Portogallo alla guerra. Non alieni di andare nelle Co· lonie a battersi per difendere il possesso dei loro territori ultramarini; pronti ad accorrere con ardore, e magari a farsi macellare nella eventualità, che ora tuttavia non si teme, di una irruzione nel continente di truppe spagnole, ufficiali e soldati si mostrano contrariati dalla possibilità di essere mandati a combattere i tedeschi in Francia o in Belgio o in qualsiasi altro campo in Europa. Un vero odio della popolazione contro i tedeschi non c'è, e inutilmente il Governo si sforza di destarlo mediante la stampa che gli è devota, mediante proclami alle truppe di terra e di mare, mediante dimostrazioni popolari preparate da lunga mano in omaggio al Presidente della Repubblica, alle nazioni alleate e ai loro rappresentanti. Pochi riflettono che la vittoria delle armi germaniche

sarebbe la rovina o segnerebbe forse la fine del Portogallo; gli altri pensano che la guerra al Portogallo l'ha voluta l'Inghilterra, che non c'è ragione di andare a battersi per l'Inghilterra, di mostrare verso questa tanta servilità e giustificare viemmeglio l'accusa di vassallaggio lanciata dalla Germania «alla fiera, nobile e forte nazione portoghese».

Tutto questo in un altro paese di rigida disciplina militare non darebbe eccessivamente a pensare, ma qui dove l'indisciplina regna sovrana in tutte le istituzioni, e non meno delle altre in quelle militari, deve il Governo procedere con molta circospezione, se vuole evitare brutte sorprese.

E pare che di questa necessità il Governo sia conscio, se è vero che la mobilitazione cui ho sopra accennato sarà indetta adesso, per avere un principio di attuazione alla metà di maggio o più in là.

(l) Cfr. n. 638.

(l) -Cfr. n. 608. (2) -Non si pubblica.
657

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 683/140 Pietrogrado, 1° aprile 1916, ore 1,30 (per. ore 8,20).

Incrociatori acquistati dalla Russia al Giappone erano denominati allorché appartenevano alla prima Pobedena, Poltava, Voroghia. Dati intorno ad essi sono pertanto reperibili in un calendario navale anteriore guerra russo-giapponese.

Due di essi erano stati colati a Porto Arthur, il Poltava a Chemulpo. Brigata russa ha già lasciato Vladivostock in rotta per il Mediterraneo. Sembra oramai decisa sua destinazione Salonicco. Ho motivo di credere che si allestisca una seconda brigata da spedirsi parimenti nel Mediterraneo.

658

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 695/123. Bucarest, 1° aprile 1916, ore 3 (per. ore 20,10).

Mi risulta confidenzialmente da fonte sicura, che circa una settimana fa ha avuto luogo una spiegazione tra Re di Romania e Bratianu circa la situazione. Bratianu avrebbe sostenuto che tutte le probabilità sono per la sconfitta definitiva della Germania. Linguaggio che tiene, dopo d'allora, Re Ferdinando sembrerebbe dimostrare che Sua Maestà è dello stesso avviso.

Giorni sono Bratianu ha veduto Majoresco.

Credo di sapere che il colloquio ha avuto luogo, a richiesta di Bratianu, ed ha avuto per scopo di calmare apprensioni di Majoresco, circa eventuali impegni già assunti dalla Romania.

Bratianu anche nell'ipotesi della prossima chiusura del Parlamento (mio telegramma gabinetto n. 114) (l) cerca calmare l'opposizione per evitare che fomenti agitazione popolare contro caro viveri e se ne valga.

Tale agitazione potrebbe infatti assumere carattere minaccioso in un paese come questo in cui la jacquerie è tradizionale. Domenica scorsa si è avuto a tale riguardo una seria manifestazione a Ploessili.

Prego mantenere segreto su quanto precede.

659

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 1560/45. Cristiania, 1° aprile 1916, ore 12,15 (per. ore 16,45).

Malgrado le tranquillanti affermazioni di pace e neutralità degli uomini di Stato scandinavi, sembra che la Norvegia stia facendo segretamente alacri speciali preparativi militari per premunirsi contro eventuali sorprese da parte della Svezia, della quale in realtà qui non si è tuttavia completamente sicuri.

Apprendo altresì da fonte attendibile che in Danimarca si seguirebbe uguale linea di condotta.

660

IL REGGENTE IL CONSOLATO A JANINA, DE SANTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 694/77. Janina, 1° aprile 1916, ore 18,30 (per. ore 7,45 del 2).

Generale Milistis, comandante va corpo armata Janina e governatore generale Epiro settentrionale, venuto oggi appositamente in consolato, mi ha dichiarato quanto segue:

«Mi consta che truppe italiane Valona dopo occupazione Fagheon continuano ad avanzare verso il confine nord Epiro ed hanno recentemente occupato Soliari e Kato Soliari presso. Tepeleni, dove costruiscono trincee e collocano artiglierie. Non posso nascondere che in seguito a tale procedimento del comando militare di Valona sono stato io pure costretto a prendere misure analoghe ordinando cioè fortificazioni al confine nord Epiro. È facile comprendere quanto sarebbe grave la mia responsabilità nel caso in cui truppe italiane continuando ad avanzare penetrassero in territorio Grecia. Verificandosi tale caso sarei obbligato, malgrado i miei sentimenti personali, di ordinare alle

mie truppe attaccare quelle italiane. Se comando militare Valona considera indispensabile per la difesa di Valona e per la sicurezza delle sue truppe l'occupazione di posizioni strategiche nel territorio nord epirota, lo potrebbe facilmente fare, però dopo che il Governo italiano abbia preso accordi col Governo ellenico e provocato analoghe istruzioni per me. Da parte mia ritengo molto opportuno questo accordo onde evitare complicazioni. Mi è stato inoltre segnalato che due bande di albanesi mussulmani di cui l'una sotto il comando di tal Salim Uarem, agirebbero sulla frontiera nord epirota d'accordo con le truppe italiane. Non so se ciò sia vero. In ogni modo sarebbe interesse reciproco che le autorità militari italiane perseguitassero tali bande, poiché la loro azione potrebbe provocare come reazione la formazione spontanea di bande greche nel confine nord-epirota. Posso assicurarla nel modo più categorico che fino ad oggi nessuna banda greca esiste nell'alto Epiro. Da parte mia mi sono ado·· perato con tutti i mezzi in mio potere per impedire la formazione di bande nella regione suddetta ed è per ciò che trattengo a Janina, tuttora sotto severa sorveglianza della polizia, vari capi banda fra i quali Cromidas e Bollas ».

Ho risposto al generale Milistis che questo R. consolato non ha alcuna notizia circa i movimenti delle truppe italiane in Valona ed ho smentito la circostanza che le bande albanesi operanti sulla frontiera nord-epirota fossero d'accordo con le nostre truppe.

Ho creduto doveroso segnalare quanto precede alla particolare attenzione di V. E. e di telegrafarlo alla R. legazione. Il cav. Nuvolari in seguito ad autorizzazione di V. E. di cui nel telegramma

n. 658 del lO marzo scorso (l), partito per Atene, affidandomi reggenza ufficio e consegnandomi soltanto il cifrario K 8 di cui prego V. E. servirsi per eventuali comunicazioni telegrafiche.

(l) T. gab. 660/114 del 25 marzo, non pubblicato.

661

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 687/63. Parigi, 1° aprile 1916, ore 20,50 (per. ore 24).

Briand mi ha intrattenuto stamane della futura conferenza economica degli alleati. Mi ha detto che in questi ultimi giorni terminerà lo studio del programma, che mi parteciperà confidenzialmente prima della mia partenza per Roma in guisa io possa dare tutti i necessari dettagli verbalmente a V. E., a S. E. Salandra e a S. E. Cavasola che, secondo quanto fu detto qui, dovrebbe insieme a me rappresentare l'Italia alla conferenza. Briand tiene che si mettano d'accordo prima della conferenza. Mi ha detto inoltre che egli vorrebbe che durante la conferenza stessa i delegati di Francia, Italia, Inghilterra e Russia

si riunissero per esaminare le rispettive situazioni finanziarie e avvisare ai possibili aiuti reciproci.

Inoltre tra i delegati delle quattro Potenze dovrebbesi esaminare questione del cambio. Briand non si illude di poter artificialmente regolare uno dei fenomeni più complessi e delicati della finanza internazionale, ma crede che le quattro Potenze possano prendere accordi per disciplinare i loro acquisti all'estero e questa ricerca di divisa estera per pagarli e possano altresì frenare la speculazione che qualche volta influisce sull'aumentare il cambio stesso. A me pare che a noi convenga secondare Briand nell'applicazione di un programma che mi sembra pienamente rispondente ai nostri interessi e riservando maggiori dettagli alla mia prossima venuta a Roma mi sembra che intanto

R. Governo potrebbe far preparare uno studio ben maturato circa gli aiuti finanziari che noi potremmo eventualmente e legittimamente chiedere agli alleati e circa le risposte concrete che potremmo presentare alla conferenza per la questione del cambio.

Mi parrebbe opportuno che per recare qualche sollievo alla crisi dei trasporti che diventa sempre più inquietante e diminuire i nostri pagamenti all'estero da cui sopratutto dipende il cambio, varrebbe la pena di studiare se convenga adottare in Italia un provvedimento analogo a quello dell'Inghilterra che ha proibito l'importazione degli oggetti di lusso e cioè automobili per uso privato, strumenti musicali, chincaglierie, abiti confezionati, cappelli, scarpe da uomo e donna, acque minerali, bevande alcoliche, ecc.

Prego comunicare presente telegramma S. E. Salandra e S. E. Cavasola.

(l) Non pubblicato.

662

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1570/189. Parigi, 1° aprile 1916, ore 20,50 (per. ore 2,15 del 2).

Avendo giornali pubblicato che Pasic e Vesnic erano stati ricevuti da Briand col quale avevano conferito lungamente circa le aspirazioni serbe nei Balcani e nell'Adriatico, mi sono recato appositamente da Briand per sapere che cosa gli avevano detto. Briand ha smentito recisamente la notizia e mi ha detto che Pasic recatosi da lui con Vesnic si era trattenuto soltanto pochi minuti e lo aveva ringraziato per le accoglienze fatte al principe ed a lui e la simpatia dimostrata dai francesi verso serbi. Null'altro era stato detto.

Briand mi ha confermato che anche nei discorsi precedenti non vi era stato nulla di concreto e che soltanto il principe e Pasic gli avevano mostrato vivo desiderio di intendersi coll'Italia e procedere d'accordo con esso. Così contrariamente a quanto Re del Montenegro crede, non vi è impegno di sorta per l'annessione del Montenegro alla Serbia. I timori del Re debbono essere determinati dal fatto che egli sa che la sua condotta verso Austria-Ungheria non appare ancora chiara ai Governi alleati.

663

IL REGGENTE IL CONSOLATO A JANINA, DE SANTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1580/78. Janina, 2 aprile 1916, ore 11.30 (per. ore 19,20).

Generale Milistis mi ha riferito che nessun movimento di truppe austrobulgare è stato segnalato in prossimità frontiera nord Epiro. Concentramenti di truppe austriache avvengono invece a Elbassan e Fieri dovP. >mstriaci stanno riparando sollecitamente strada per trasportare artiglieria.

Da altra fonte apprendo che austriaci avrebbero acquistato a Berat tutto il granturco esistente pagandolo a tre corone l'oka. Mi venne riferito da fonte sicura che autorità militari greche continuano fortificare confine nord Epiro specialmente Tepelen. Jeri sera partì da Janina per Argirocastro, destinata a Tepelen, una compagnia di euzoni.

Ho potuto apprendere che l'altro jeri sera partirono per la stessa destinazione due compagnie del 25mo reggimento di fanteria di riserva. Complessivamente partirono per Tepelen circa 700 uomini.

Comunicato alla R. legazione.

664

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 691/118. Atene, 2 aprile 1916, ore 15,45 (per. ore 17,50).

Questo ministro di Francia mi ha detto che egli ha istruzioni fare entro questa settimana, con o senza il ministro d'Inghilterra a seconda che questi avrà avuto o no istruzioni al riguardo, una comunicazione per esportare truppe serbe attraverso territorio greco nel senso di quanto esposi col mio telegramma

n. 98 (1).

Ministro di Francia mi ripeteva senza che io avessi menomamente provocato questa rinnovata affermazione che Francia si sarebbe opposta a che una parte qualsiasi delle truppe serbe fosse impiegata altrove che sul fronte Salonicco.

« Riorganizzazione esercito serbo» -egli mi ha detto -« è da noi considerata come opera nostra ed intendo debba a noi giovare».

665

IL MINISTRO DELLE POSTE E TELEGRAFI, RICCIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (l)

L. P. Roma, 2 aprile 1916.

Il Signor O' Boirne, capo del dipartimento militare del Ministero degli esteri inglese (head of war Department of Foreign Office) che ha accompagnato

Asquith da Londra a Parigi e che lo accompagnò ieri dal Papa, mi ha dato questi particolari sulla visita fatta al Pontefice.

Benedetto XV principalmente si fermò a considerare gli orrori della guerra e le necessità della pace, e disse che l'Inghilterra doveva contribuire alla pace, ispirandosi a sentimenti di umanità. Asquith rispose in tono rispettoso ma secco e reciso: l'Inghilterra per le ragioni stesse della civiltà e della umanità avrebbe condotto la guerra sino in fondo (jusque au bout), non avrebbe smesso se la Germania non fosse vinta, definitivamente vinta. Su questo punto Asquith disse che era dolente di non poter seguire il Pontefice, ma ne profittò per dire quale avrebbe dovuto essere l'opera del Papato nel protestare contro gli orrori commessi dalla Germania. Asquith si è fermato molto su di ciò, aspettando dal Pontefice una parola di risposta; ma il Papa abilmente ha cambiato discorso, senza dire parola che potesse comprometterlo. Il discorso dopo di ciò è stato molto freddo.

L'impressione che ne hanno tratto gli inglesi è che il Papa è uomo con molto ingegno, ma che vuoi fare l'uomo politico, più che non convenga ad un sacerdote, e che in fondo il Pontefice ha più simpatie per la Germania che per l'Intesa, per quanto i suoi sentimenti siano abilmente larvati.

Avrei saputo qualcosa di più, se non fossero venuti ad interrompere il nostro discorso per invitarci a pranzo.

De Giers, entusiasta del tuo discorso, mi ha domandato se tu parli sempre cosi alla Camera. Alla mia risposta affermativa, ha detto che si comprende così il successo parlamentare tuo.

Marazzi mi scrive una lunga lettera per dirmi la pessima impressione che farebbe la nomina di Morrone a ministro della guerra. Lo chiama il più inetto per caratere e per capacità fra tutti i generali che si trovano alla guerra.

Ti riferisco la cosa per dovere di ufficio.

(l) Cfr. n. 610.

(l) Da BCL, Archivio Salandra.

666

IL MINISTO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE, CADORNA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE

T. GAB. 457. Roma, 3 aprile 1916, ore 21.

(Meno Atene) -R. consolato a Janina telegrafa quanto segue:

1° <<Generale Milisitis ecc. (come da telegramma ufficio cifra n. 1580/78 sino a... 700 uomini ») (l).

2° « Generale Milistis ecc. (come da telegramma gabinetto n. 694/77 sino a... con le nostre truppe)» (1).

Ho telegrafato a De Bosdari quanto segue:

(Solo Atene) -Telegrammi nn. 78 e 77 del R. console a Janina.

(Per tutti) -Ho interessato Comando Supremo a farle telegrafare dal generale Piacentini quali punti egli considera indispensabili per la difesa di Valona. Appena le perverranno tali elementi V. S. tenterà con opportune comunicazioni a codesto Governo attenerne acquiescenza e dissiparne le diffidenze su supposte nostre ulteriori aspirazioni. Ella dovrà basarsi sull'attuale stato di fatto dell'occupazione ellenica facendosi, ave occorra, appoggiare dai colleghi.

V. S. non dovrà però subordinare nostra occupazione detti punti indispensabili al preventivo consenso di codesto Governo.

(Solo Comando Supremo) -Prego V. E. interessare generale Piacentini nel senso di quanto precede favorendomi copia delle sue comunicazioni alla

R. legazione ad Atene (2).

(Per Parigi, Londra e Pictrogrado) -Prego informare codesto Governo di quanto precede, ottenendo che invii opportune istruzioni ai suoi rappresentanti ad Atene. È interesse comune provvedere alla sicurezza di Valona ed evitare possibilmente un eventuale conflitto itala-ellenico nell'alto Epiro.

(l) Cfr. n. 663.

667

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 702/144. Pietrogrado, 4 aprile 1916, ore 2 (per. ore 13,50).

In un colloquio da me oggi avuto con Sazonov discorso essendo tosto caduto sulla recente conferenza di Parigi egli ebbe a dire che aveva provato la più viva soddisfazione nell'apprendere gli ottimi risultati degli alleati e ne traeva le migliori speranze per l'avvenire nel quale come egli distingue si colmeranno anche da parte dell'Italia tutti i voti comuni e le alleanze funzioneranno in tutta la pienezza della sua potenza materiale e morale.

D'altro canto Marsengo mi comunica dal quartiere generale che S. M. l'Imperatore gli ha espresso suo vivissimo compiacimento per i risultati conferenza di Parigi aggiungendo che giusta sue notizie conversazioni fra rappresentanti paesi alleati procedettero nel massimo affiatarilento ed hanno in particolar modo suggellato cordialità fra Italia e Francia, il che, disse Sua Maestà è tanto più apprezzabile in quanto è più difficile intendersi fra vicini che fra lontani.

(l) -Cfr. n. 660. (2) -Per la risposta cfr. n. 673.
668

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 701/121. Atene, 4 aprile 1916, ore 3,40 (per. ore 17).

Ministri di Francia e d'Inghilterra hanno fatto ieri presso Skuludis passo prescritto loro dai rispettivi Governi circa passaggio attraverso territorio greco delle truppe serbe. Risposta Skuludis è stata perentoriamente negativa. Ha posto specialmente in rilievo che questa volontaria infrazione di neutralità da parte della Grecia avrebbe attirato su di essa rappresaglie dell'altro gruppo belligeranti, intendendo forse dire che la promessa di rispettare la neutralità del territorio che questo paese sembra aver ottenuto da Germania e Bulgaria verrebbe in questo caso ritirata. Ha aggiunto che Francia e Inghilterra avendo padronanza del mare non si vedeva motivo perchè dovesse scegliersi via di terra ciò che può anche presentare pericolo di diffusione nei territori greci di epidemie esistenti fra le truppe serbe. Alla domanda dei ministri di Francia e Inghilterra se il suo rifiuto dovesse considerarsi come defintivo Skuludis rispose di si e che per ciò non era per lui necessario consultare nè il Re nè i suoi colleghi.

Ministro di Francia è d'opinione che Governo francese e Governo inglese non insisteranno e che trasporto si farà per mare pel canale di Corinto con piccoli trasporti. Quanto all'appoggio del ministro di Russia e mio che ministro di Francia disse a suo tempo essere desiderato dal Governo francese (mio telegramma n. 98) (l) dopo risposta così perentoriamente negativa di Skuludis ministro di Francia e d'Inghilterra sono d'accordo nel non ritenerlo più necessario.

669

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

T. 878. Roma, 4 aprile 1916, ore 16.

Nel colloquio del 29 marzo scorso tra de Martino Cambon de Margerie fu esaminata questione confine Ghadames Ghat. I rappresentanti francesi accettarono nostra richiesta che il confine della carta annessa dichiarazione anglofrancese 21 marzo 1899 sia modificato nel senso che delle due grandi carovaniere colleganti Ghadames con Ghat l'orientale resti all'Italia e l'occidentale alla Francia salvo l'uso reciproco di entrambe. Secondo lo schizzo delle comunicazioni con Ghat mostrato da De Martino, la prima è quella che passa per Suiret e Taghma, e la seconda è quella che passa per Imolei, e Eguele. Per maggiore precisione, riferendosi ad una carta geografica ufficiale che è quella francese a due milioni del « Service Géographique de l'armée 1895 ». La carovaniera orientale italiana è quella che passa per Zouiret, Taghma, Takiomet, Tarz Culli

la carovaniera occidentale francese è quella che passa per Imolei, Chnaee, Eguele. Accettazione francese fu però solo di principio giacchè nelle presente situazione non è possibile procedere alla delimitazione sul terreno.

Prego ora V. E. voler provvedere perchè questa intesa di massima venga consacrata per iscritto ed in forma impegnativa nel senso che la delegazione francese della commissione itala-francese che, appena la situazione lo consentirà procederà al tracciamento sul terreno del confine tra Ghadames e Ghat riceverà istruzione di tracciarlo seguendo la linea mediana tra le due carovaniere suddette.

Cambon e Margerie, senza darvi carattere di espressa subordinazione insisterono però vivamente e ripetutamente perchè si venga ad un accordo circa le operazioni di polizia rese necessarie dai movimenti delle tribù indigene che vivono a cavallo del confine. Essi accennarono al fatto che una razzia può essere preparata in territorio francese e finire in territorio italiano e vicever1'a. Circa questo punto prego V. E. far sapere che sono per parte mia disposto ad addivenire ad un accordo in proposito ma che prima di stringerlo mi è necessario intedermi col ministro delle colonie e che in ogni modo mi pare convenga che questo negoziato se pure contemporaneo abbia però ad essere tenuto distinto da quello del confine Ghadames Ghat e risultare da un atto separato. Prego intendersi con Briand in proposito mentre prendo accordi col ministro colonie.

(l) Cfr. n. 610.

670

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 790/133. Atene, 4 aprile 1916 (per. il 16).

Ho l'onore di trasmettere qui unito a V. E. nella traduzione francese datane dal Messager d'Athènes, e di segnalare all'attenzione speciale di V. E. un articolo del Kyrix dovuto senza alcun dubbio alla penna di Venizelos stesso che di quel giornale ebdomadario si è fatto uno speciale strumento di guerra.

Quest'articolo prende le mosse da quell'intervista che il re Costantino accordò al corrispondente del Berliner Tageblatt il giorno stesso in cui riceveva il generale Sarrail dando a tutti l'impressione di un sincero suo ravvicinamento all'Intesa, secondo cui ebbi a suo tempo a riferire a V. E. In quell'intervista il re Costantino, con un senso alquanto dubbio di opportunità, accusò Venizelos di lasciarsi trasportare dall'immaginazione e di aver sognato per la Grecia smisurati acquisti in Asia minore. Venizelos ora pretende di dimostrare quanto invece seria e positiva fosse la base su cui appoggiava le sue speranze che ad eque e limitate concessioni della Grecia alla Bulgaria nella direzione di Cavalla, avrebbero corrisposto aumenti di territorio incomparabilmente maggiori. Ed a prova del suo dire cita la dichiarazione che questo Ministro d'Inghilterra gli avrebbe fatto il 24 gennaio 1915 da cui risultava chiaramente che le potenze dell'allora Triplice Intesa riconoscevano i diritti dell'ellenismo nell'Asia minore. Di quella dichiarazione avemmo allora sentore come risulta da un mio telegramma del 1° febbraio 1915 n. 52 in risposta ad uno dell'E. V. del giorno precedente (1). Nè Venizelos si limita nel suo articolo alla questione dell'Asia minore ma anzi con ampia documentazione che, a mia conoscenza si può ritenere come sufficientemente esatta ed esauriente, fa il processo di tutta la più recente politica della Grecia condotta si può dire esclusivamente dal re Costantino, dopo che Venizelos ebbe per la prima volta nel mese di febbraio 1915 abbandonato il potere.

Fra i fatti citati dall'articolo in esame che più direttamente ci possono interessare, vi è anche l'accenno ad una promessa germanica di cessione alla Grecia di Cipro e del Dodecanneso, promessa che Venizelos respinge come assurda, visto che presupporrebbe una disfatta navale dell'Inghilterra, ipotesi che i germanofili più spinti non oserebbero sostenere.

A mio credere l'importanza capitale di quest'articolo consiste in ciò che Venizelos mi riconferma in un modo che non ammette più ritrattazione, i due cardini della sua politica, ossia da una parte la sua personale opposizione al proprio sovrano e dall'altra l'appoggio incondizionato ed indiscusso che egli cerca nell'Intesa. Se nel concetto di Venizelos l'Intesa si intenda tuttora come « Triplice » o se egli si senta ormai costretto ad ammettere che da molti mesi, e probabilmente per un periodo assai lungo, essa sia divenuta «Quadruplice», è lecito di discutere. Certo nella sua presente pubblicazione egli si appoggia sopratutto su documenti anteriori all'epoca dell'entrata in campagna dell'Italia, e non sfuggirà a V. E. che asserendo che «le rivendicazioni elleniche nell'Asia minore non si urtavano all'opposizione di nessuna potenza dell'Intesa» egli ha cura di aggiungere «almeno in quel momento». D'altra parte direttamente dell'Italia non evvi in tutto l'articolo nessuna menzione. Tutto ciò non può, quantunque si tratti di argomenti tenuti ed in gran parte negativi, che confermare il concetto che tante volte mi è parso necessario di sostenere, che pel Venizelos del passato, del presente, e certamente anche del futuro (se egli, come è probabile, avrà anche un futuro politico) la fusione fra Italia e le potenze che costituivano l'antica triplice Intesa, non è ancora un fatto avvenuto né irrevocabile.

Credo che la pubblicazione di questo giornale ebdomadario di cui già per la seconda volta ho ora l'occasione di segnalare articoli di intonazione eminentemente personale, segni il principio di quel risveglio di attività nel Venizelos che da tanto tempo si aspetta. In quali forme essa si stia manifestando nell'interno, io ignoro tuttora e non saprei dire con precisione. Per ciò che concerne la politica estera mi consta che le visite di Venizelos a questi Ministri di Francia e d'Inghilterra sono continue. Egli si adopera del suo meglio per impedire che nell'attuale governo da parte della Francia e dell'Inghilterra si dimostri benevolenza veruna, anzi non è troppo ardito l'affermare che la più parte delle misure vessatorie che la Francia e l'Inghilterra hanno messo in opera e continuano senza pietà veruna contro la Grecia furono adottate per istigazione di Venizelos. Sopratutto nella questione del prestito egli si dimostra di una ferocia intransigente, e giunse a dire a Guillemin che se la Francia

avesse dato un soldo all'attuale governo ciò avrebbe costituito un varo e proprio tradimento francese contro il partito venizelista. Altri giudicherà fino a che punto tale condotta possa conciliarsi con i sani principi del patriottismo e con quel rispetto del proprio paese che ogni uomo politico, per quanto offeso e calpestato, dovrebbe pur conservare in faccia allo straniero.

Il Ministro di Francia è oramai cascato completamente nelle reti di Venizelos, e non parla e non agisce più senza prima consultarlo. Dato il convincimento di Venizelos che appare da tante cose, ed anche dall'articolo di giornale che forma oggetto del presente rapporto, Dio non voglia che questa tendenza nel nuovo Ministro di Francia ad Atene lo renda emulo del suo predecessore, al quale va in gran parte attribuito questo lungo e purtroppo non ancora terminato periodo di tensione fra Italia e Grecia! (l)

(l) Non pubblicato.

671

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

'I'. GAB. 708/145. Pietrogrado, 5 aprile 1916, ore 15,45 (per. ore 15,40 del 6).

Nuovo addetto militare di Russia a Bucarest, siccome mi consta, è munito di piene facoltà per trattare con quel Governo circa misure e modalità del concorso russo.

Ritengo altresì che questione di riunire nuovamente nella Bessarabia meridionale buon nerbo di truppe russe potrebbe venir regolata.

Questo Supremo Comando e naturalmente anche Sazonov osservano però che qualsivoglia comune azione militare esige un previo piano concordato e quindi una reciproca comunicazione di tutti quei dati (obiettivi da ripartire, dislocamenti di truppe ecc.) che permettono di concretare e concertare tale azione e conferirle la maggiore efficacia e probabilità di buon successo.

Russia non ha mancato di affermare sue disposizioni interamente favorevoli per propri sudditi romeni di religione cattolica ed in linea di fatto contribuisce continuamente alla preparazione bellica della Romania (treni riversatili, materie prime, facilitazioni transito materiale di guerra seimila cavalli per l'artiglieria ecc.).

Ma se si desidera che la Russia concreti misure e modalità proprie dirette di natura militare un previo accordo diventa anche tecnicamente indispensabile e Romania dovrebbe a sua volta prestarvisi nel suo e comune interesse.

Se Romania -dichiara inoltre Sazonov -non crede giunta l'ora di determinare data della sua entrata in azione, Russia non muove a ciò alcuna obiezione e ammette che data sia lasciata in so::peso, ma un accordo che al momento opportuno possa venire prontamente applicato è pur sempre necessario.

Questo è il piano adottato dal Governo russo il quale però si astiene dall'esercitare influenza qualsiasi a Bucarest che possa apparire meno che riguardosa e si adopera invece per coltivare nel miglior modo possibile le buone

disposizioni della Romania nella persuasione che questa non tarderà ad avviarsi sulla strada indicatale dai propri interessi che è parallela a quella degli alleati.

Diamandy mi ha detto effettivamente che Russia spiega la migliore volontà per soddisfare i desideri romeni e che se operazioni di transito e le altre sopra accennate non si compiono con la desiderabile rapidità, ciò dipende in gran parte dalle difficoltà di comunicazioni in cui la Russia stessa si trova.

Da me interrogato circa risultato sperabile della missione Tartarinov, egli dimostrò conoscere modo di vedere di questo Governo, ma si mantenne riservato nell'apprezzarlo osservando soltanto che esistenza di un accordo potrebbe trapelare in Germania e provocarvi la decisione di immediate ostilità contro Romania che non ha ancora completato suoi preparativi.

Colonnello Tartarinov a quanto mi disse Schilling deve prossimamente venire a Pietrogrado (l).

(l) Copia di questo rapporto fu inviata alle ambasciate a Londra, Parigi e Pietrogrado.

672

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE (2)

T. GAB. 463. Roma, 5 aprile 1916, ore 21.

Coromylas mi ha comunicato oggi di aver telegrafato al suo Governo consigliandolo di occupare con truppe greche i passi dell'Epiro verso Valona, per poter così garantire esso stesso agli italiani che non verranno attaccati da quella parte, e prevenire con ciò ogni nostra occupazione motivata dalla necessità della difesa di Valona di fronte a incursioni ostili.

Non ho risposto nulla, ma conviene tener presente questo accenno, e non dare quindi preventiva notizia al Governo ellenico dei nostri propositi di occupazione di quei punti che riteniamo indispensabili per la difesa di Valona. Ciò in relazione al mio telegramma n. 457 (3).

673

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 711/42. Corfù, 6 aprile 1916, ore 16 (per. ore 23,15).

Generale Mondésir è ritornato qui stamane da Salonicco. Egli si dimostra alquanto contrariato dalla risposta negativa data dal Governo ellenico circa il passaggio delle truppe serbe per il territorio greco e mi ha dichiarato nessuna

concreta disposizione è stata finora presa per Il trasporto delle truppe stesse. Si afferma che il battaglione di cacciatori francesi che si trova qui lascerà prossimamente Corfù e che a sostituirlo verrà uguale contingente di truppe della milizia territoriale francese.

(l) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Bucarest con t. gab. 468 del 7 aprile, ore 21. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 334. (3) -Cfr. n. 666.
674

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1660/87. Washington, [7] aprile 1916, ore ... (per. ore 12,30).

Le prove raccolte della colpabilità tedesca degli ultimi clamorosi siluramenti, sono, ormai, ritenute evidenti da questo Governo il quale, ciò malgrado, non si pronunzierà se non dopo aver ricevuto e vagliato le dichiarazioni che attende tuttora da Berlino.

A giudicare dal pensiero e dal linguaggio delle sfere più autorizzate, una brusca rottura relazioni sarebbe tutt'altro che da escludersi. Ma, mai come ora, il fatto internazionale rimane subordinato alle speculazioni della politica interna.

Il partito repubblicano si astiene, almeno finora, dallo stimolare l'energia di Wilson, sia per non dargli occasione di fare il gesto che lo consoliderebbe, sia per non alienare i voti che alimentano il partito medesimo, il quale preferirebbe perciò in sostanza l'inazione del presidente per potergliela rinfacciare a momento opportuno.

Wilson sa, d'altra parte, di giuocare, in questa circostanza, la sua suprema carta e procede con massima circospezione.

Qualunque previsione sarebbe dunque arrischiata. Non stupirebbe però che, se calcoli elettorali ve Io inducano, Wilson si decidesse a rompere soltanto alla vigilia delle elezioni di partito da tenere nel prossimo giugno, così da creare una situazione che lo faccia apparire indispensabile al potere.

675

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 714/123. Atene, 7 aprile 1916, ore 14,40 (per. ore 2,30 dell'8).

Telegrammi di gabinetto n. 99 e 100 (1). Generale Piacentini d'ordine del comando supremo mi prega comunicare al R. ministero degli affari esteri quanto segue: «Nostre truppe si sono limitate occupare due chilometri circa sud linea frontiera convenzionale monte Bogunica di quota 1650 e monte Kundrovica

di quota 1840 necessari per assicurare nostra difesa. (Carta al 200000 dell'Isti~ tuto Geografico di Vienna). ».

Come V. E. ben vede comunicato Piacentini non risponde precisamente a quanto V. E. mi preannunziò nel primo dei precitati telegrammi. Si tratta difatti di punti già occupati dalle nostre truppe e non di quelli che sarebbero da occupare. Ad ogni modo a seconda delle istruzioni contenute nel secondo dei precitati telegrammi mi astengo fino a nuovo ordine di far comunicazioni di sorta a questo Governo.

In generale riterrei miglior partito agire senza discorrere coi greci che forse accetteranno il fatto compiuto mentre di una discussione preventiva profitterebbero per sollevare ogni sorta di difficoltà teorico-pratiche (l).

(l) Numeri particolari di protocollo per Atene dei nn. 666 e 672.

676

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 721/129. Bucarest, 7 aprile 1916, ore 20,45 (per. ore 0,15 del 9).

Bratianu mi ha detto stamane che la Romania ha assolutamente bisogno tanto di alcuni prodotti necessari all'esistenza normale della popolazione (per esempio solfato di rame semi di ortaggi ecc.) quanto di alcune parti essenziali del suo armamento munizionamento. Per l'una cosa e per l'altra Governo romeno si è rivolto principalmente all'Inghilterra ma pare che a Londra gli si sia risposto di non poter accontentarlo dovendo sovvenire anche ai bisogni dell'Italia. Ad esempio per quanto riguarda solfato di rame già acquistato dagli agenti romeni Governo inglese avrebbe ritirato autorizzazione da principio concessa di farlo passare per l'Olanda. Bratianu osserva che dovrebbe essere interesse di tutte le Potenze dell'Intesa di accogliere e le une e le altre domande della Romania perché se le prime non fossero sollecitamente soddisfatte malcontento della popolazione andrà crescendo e gli avversari dell'Intesa e del Gabinetto se ne varrebbero per cercare provocare agitazione ed un cambiamento di Governo e ciò tanto più facilmente in quanto le Camere non possono rimanere ultimamente aperte dopo quattordici corrente (mio telegramma 114) (2) ; in quanto poi al materiale di guerra Bratianu mi ha ripetuto che l'Intesa deve convincersi che la Romania non entrerà assolutamente in guerra se non avrà prima ricevuto quanto le è necessario a tale riguardo.

Ora Bratianu dice sapere che l'Intesa non potrà fare offensiva generale prima prossima estate sicché Romania potrebbe ricevere in tempo utile materiale da guerra che le occorre purché esso le venga fornito immediatamente.

Mi limito a riferire fedelmente quanto Bratianu mi ha incaricato di comunicare al R. Governo e sarei d'avviso che V. E. mi autorizzasse a dargli delle generiche assicurazioni sulla buona volontà dell'Italia come delle altre Potenze

dell'Intesa. Circa i due ordini di domande del Governo romeno e le considerazioni con cui Bratianu le accompagna osserverò in primo luogo che il malcontento della popolazione è innegabile ed è anche destinato ad aumentare in proporzione delle maggiori difficoltà di approvvigionamento. Esso è però più sentito nelle città che nelle campagne ove pure vive la massima parte della popolazione romena ed in ogni caso, data l'organizzazione di questi partiti politici, non è tale da compromettere esistenza del Gabinetto la quale è più che altro legata alle sorti della guerra e quindi ai successi militari dell'Intesa.

In quanto materiale da guerra ho già emesso mio parere nel telegramma gabinetto n. 126 (1).

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 683. (2) -T. gab. 660/114 del 25 marzo, ore 21,15, non pubblicato.
677

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 719/130. Bucarest, 7 aprile 1916, ore 15 (per. ore 14,45 dell' 8).

Ho ragione di credere che trattative tra questo ministero della guerra e l'addetto militare russo hanno fatto un passo avanti e che si stia concretando base dell'eventuale operazione dei due eserciti. Ciò non giustifica beninteso che la Romania possa o voglia impegnarsi fin d'ora circa la sua entrata in azione, giacché ogni decisione in proposito dipende dalla situazione militare che andrà creandosi sui principali teatri della guerra.

Prego mantenere segreto su quanto precede.

678

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 723/131. Bucarest, 7 aprile 1916, ore 20,15 (per. ore 3,50 del 9).

Stamane Bratianu mi ha chiesto se alla conferenza di Parigi si fossero presi semplici accordi economici se questi andavano al di là della durata della guerra presente e venendo quindi a parlarmi della questione militare mi ha pure domandato se si fosse trattato d'una azione nei Balcani. A quest'ultimo proposito ha aggiunto essergli pervenute notizie che nelle sfere governative bulgare si ostenterebbe di considerare Serbia come definitivamente distrutta; relativo territorio dovrebbe essere diviso tra la Bulgaria e l'Austria-Ungheria.

Bratianu inclina a credere che Bulgaria ed Austria-Ungheria possano essere d'accordo su tali basi ma esita credere che la Germania vi consenta.

Parlandomi poi del discorso di Bethmann Hollweg, Bratianu mi ha detto di non essersi ancora potuto render conto se dichiarazioni del cancelliere circa Belgio e Polonia indichino preciso proposito di disporre di questi territori o siano dirette a preparare terreno per i futuri negoziati di pace dando alla diplomazia germanica così il modo di far concessioni su tali questioni.

(l) T. gab. 703/126 del 3 aprile, con il quale Fasciotti esprimeva il punto di vista secondo il quale l'Intesa aveva ogni interesse a facilitare l'acquisto di mitragliatrici da parte della Romania in America o in altri paesi. «Salvo a trattenerle poi in Russia ed a non consegnarle alla Romania se non quando essa parteciperà alla guerra a fianco dell'Intesa ».

679

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI (1)

T. 930. Roma, 7 aprile 1916, ore 24.

Rodd mi informava avergli Essad chiesto da Parigi un biglietto di raccomandazione per quell'ambasciatore inglese e mi chiedeva che cosa sta a fare costà Essad.

Ho risposto di non saperlo; che mi risultava che Essad si lamentava dell'Italia, dicendo di non esservi tenuto in sufficiente considerazione e che i suoi soldati rifugiati non erano trattati bene. Che io avevo incaricato il nostro ambasciatore di rassicurarlo, e che pei soldati si sarebbe provveduto. Ritenevo che egli sperasse grandi cose dalla Francia, forse messo su dal ministro serbo accreditato presso di lui a Durazzo e che gli stava sempre vicino. Che non avevo nessuna obiezione a che Rodd gli desse un biglietto per Bertie: che ciò avrebbe potuto anche servire per meglio sapere a che gioco Essad intendesse giocare.

680

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, MERCATELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 577/48. Rio de Janeiro, 7 aprile 1916 (per. il 13 maggio).

Avendo fin del novembre scorso potuto constatare un lento ma gradualmente continuo cambiamento nell'opinione pubblica di certe classi di questo paese in favore degli imperi centrali, i quali, al principio della guerra, erano fatti segno a patenti e non dubbie manifestazioni di antipatia, mi sono rivolto ai R. Consoli dipendenti da questa Legazione per essere informato dei rapporti intercedenti tra stampa e opinione pubblica brasiliana in relazione con le manovre adoperate dai nostri nemici per guadagnare terreno in Brasile.

Secondo le risposte che mi sono pervenute ho l'onore d'informare l'E. V. che nonostante l'intensificar~! della propaganda germanica, si può francamente affermare che le migliori e più intime simpatie brasiliane sono assicurate tuttora alla causa degli alleati. Ciò è dovuto al fatto che questo paese vive sotto

l'influenza della cultura francese che qui si è irradiata fin dai tempi dell'impero, infiltrandosi in quasi ogni abito civile e che ha continuato anche in tempi a noi prossimi a traverso ben noti rivolgimenti costituzionali ad alimentare le correnti intellettuali che hanno maggiore peso nell'azione del Governo.

Ma il lavorio delle colonie tedesche, per lo più scelte e fornite di mezzi sufficienti, disseminate nella città di Rio e negli Stati di Rio Grande do Sul, Santa Caterina, Paranà ed Espirito Santo, sostenute da istituti religiosi (benedettini) e forti istituti bancari, si è andato intensificando per molte vie, a mano a mano che la guerra si è allargata in estensione e durata. Esse e col danaro raccolto dai più facoltosi, e seguendo ispirazioni ricevute dall'alto, hanno contribuito a spostare in parte la somma dei sentimenti che era quasi anninamente acquisita alla causa della quadruplice, aiutate in ciò dal malcontento determinato nelle classi esportatrici brasiliane dalle misure adottate dagli alleati rispetto al commercio dei neutri per evitare il contrabbando, malcontento che è stato assai abilmente sfruttato dai tedeschi con una propaganda tendente a dimostrare statisticamente che a tali misure era dovuta la diminuzione delle esportazioni brasiliane e delle entrate doganali, che, come è risaputo, costituiscono il cespite principale del male assestato bilancio federale.

Per quel che riguarda più specialmente la campagna di denigrazione, anche altrove verificatasi -contro il nostro paese -essa si fece sentire violenta subito allo scoppio della nostra guerra, mentre, più tardi, i tedeschi pur senza troppo risparmiarci, si sono studiati di scindere gli attacchi contro gli alleati da quelli contro l'Italia. Solo i due giornali austriaci di lingua italiana la Squilla, clericale francescana di S. Paolo, ed il Trentina, di Porto Alegre, sono stati diretti esclusivamente contro di noi, ed hanno contribuito ad illanguidire il primo naturale sentimento di entusiasmo che presso i nostri coloni, si era svegliato all'annunzio della nostra dichiarazione di guerra.

Ora l'entrata del Po·rtogallo nella guerra ha ridestato le simpatie generali di questa stampa per gli alleati in ragione dell'attitudine assunta da quel piccolo paese, sebbene nel primo momento non siano mancati aperti ed ironici rilievi alla politica della repubblica lusitana, specialmente per la operata requisizione delle navi tedesche, e si sia tentato anche da qualche giornale di suscitare ed alimentare discordie tra monarchici e repubblicani portoghesi in Brasile facendo apparire come partigiana ed asservita all'Inghilterra la politica portoghese. Ben presto però un completo cambiamento di tono e di indirizzo ebbe a verificarsi, e manifestazioni di solidarietà per il Portogallo si sono avute accompagnate da commenti anche esagerati sulle conseguenze della partecipazione alla guerra del piccolo stato alleato. Ma più che la ricordanza dell'antica patria, e la comunanza di lingua parlata tra i due popoli, cui corrisponde una maniera di sentire quanto mai diversa, spesso influenzata da un sentimento di superiorità da parte dei brasiliani che guardano con occhio dubbioso tutto quanto loro rammenta il popolo colonizzatore e conquistatore che credono di aver oltrepassato ed offuscato, è valsa la fitta rete di interessi creata dalla colonia portoghese di Rio e del Brasile, che nella Banca e nel commercio ha un posto di prim'ordine. Si è parlato di cittadini portoghesi che hanno minacciato le redazioni di alcuni giornali dubbi di privarli della loro reclame commerciale e di altri che hanno dichiarato di voler vendere nelle borse di Londra e Parigi i titoli brasiliani che possiedono, coll'immancabile conseguenza di svalutarli più di quanto già non lo siano, nel caso che antipatiche campagne contro il loro paese fossero intraprese o tollerate.

Tutto sommato però questa stampa si mantiene favorevole agli alleati e se qualche attacco contro l'Inghilterra, e qualche cosciente oblio verso l'Italia, viene ostentato da alcuni giornali esso non arriva a mutare il fondo dei sentimenti di questo paese, che, ben dice il signor Olemenceau, rappresenta, colle inevitabili deformazioni dovute alla nascente sua vita sociale, la propaggine più vicina alla cultura francese nell'America del Sud.

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 335.

681

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 728/149. Pietrogrado, 8 aprile 1916, ore 0,30 (per. ore 0,15 del 9).

Nel corso di confidenziali conversazioni che ho non di rado con il mio collega d'Inghilterra ho potuto constatare che, sebbene rigidamente ligio alle istruzioni del suo Governo e perciò costantemente concorde con Sazonov nei riguardi della politica balcanica egli conserva intorno ad essa opinioni sue personali.

A base di queste egli pone due considerazioni e cioè: 1° -che la Bulgaria, quando anche debellata, non cesserà dal rivendicare la Macedonia e ricomincierà la guerra contro Serbia se questa ne rientra in possesso ; 2° -che la Serbia sarà così debole dopo la sua ricostituzione da dover considerare già grave compito per essa l'occupare e conservare le provincie che, strappate all'Austria le venissero assegnate. Difendere in pari tempo la Macedonia contro i bulgari soverchierebbe le sue forze ed una nuova crisi si riaprirebbe nei Balcani visto che alleati non potrebbero mantenere indefinitamente un esercito in Macedonia per assicurarne il possesso alla Serbia. Perciò se si vuole un assetto di una certa stabilità è necessario far desistere la Serbia dalle sue rivendicazioni sulla Macedonia ricompensandola altrove e stabilendo un equo compromesso territoriale fra Serbia e Bulgaria. Ma qualora serbi rimettessero piede colle armi in Macedonia tale compromesso diverrebbe poi difficilissimo. Sarebbe quindi il caso di non trascurare l'occasione che eventualmente si presentasse di una separata pace dell'Intesa colla Bulgaria. Siffatta pace che dovrebbe dar modo di pattuire quel compromesso procurerebbe in pari tempo all'Intesa i tre grandi vantaggi seguenti: 1° -Turchia minacciata da lato europeo e premuta dal lato asiatico si troverebbe bentosto in così difficile situazione da dover capitolare; 2° -minaccia bulgara contro la Romania si dileguerebbe e Governo romeno riacquisterebbe buona parte della sua libertà d'azione;

3° -presenza alleati a Salonicco non sarebbe più necessaria e quelle loro forze diverrebbero disponibili per altro teatro della guerra (forse anche per aiutare Bulgaria ad occupare Tracia sino linea Enos-Midia).

Buchanan non si dissimula attuale impossibilità che Bulgaria si induca a separata pace con l'Intesa ma forse sotto impressione delle recenti affermazioni di lady Paget crede alla esistenza colà di forti correnti favorevoli alla pace colle quali converrebbe mettersi in comunicazione.

L'intermediaria più indicata sarebbe Romania che a detta pace ha grandissimo interesse sia per il ristabilimento dell'equilibrio balcanico sia per avere mano libera e poter concentrare suoi sforzi contro Austria-Ungheria. Mio collega non disconosce però, a prescindere dalle altre difficoltà, che trattative per quanto dirette fra Re Ferdinando e l'Intesa sarebbero quasi impossibili e dinnanzi a questi ostacoli arresta le sue confidenze senza esprimere, se pure lo ha il suo pensiero in proposito. Non credo che Sazonov abbia cognizione di questa personale idea di Buchanan. Mi consta soltanto che in occasione del recente passaggio di lady Paget da Pietrogrado Sazanov chiamò a sé Buchanan e dopo espostogli colloquio avuto con quella sua connazionale (mio telegramma gabi· netto n. 136) (l) lo pregò istantemente di raccomandarle la più prudente circospezione di linguaggio sul delicato argomento e gli disse che farebbe prova di scarsa conoscenza della psicologia russa chi credesse possibile che Russia patteggi con un Coburgo e col suo Governo di rinnegati. Accennando con la mano alle invetrate della sala ove questa conversazione avveniva «non uno di quei vetri rimarrebbe intatto», esclamò Sazonov «se si sapesse che io tratto con la Bulgaria».

Ripeto che personalmente opinione di Buchanan non influisce in alcun modo sulla sua condotta ma mi è sembrato opportuno il riferirla a S. E. Sono però a pregarla di volerla mantenere del tutto segreta prova di fiducia del mio collega, esigendo tanto maggiori riguardi in quanto una eventuale indiscrezione potrebbe essergli di nocumento.

682

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. SONNINO

T. GAB. 724/126. Atene, 8 aprile 1916, ore 15 (per. ore 17,25).

Questo ministro di Francia mi ha letto un telegramma di Briand da cui risulta che Governo francese ha riportato pessima impressione della risposta di Skuludis relativamente al trasporto per terra delle truppe serbe.

Briand dice che ciò, unitamente agli indizi sicuri che addetto navale francese pretende di aver raccolto di partecipazione attiva del Governo ellenico ed

anche della Corte all'azione dei sottomarini nemici, permette di concludere ad una rinnovata tendenza ostile della Grecia ed obbliga prendere in considerazione nuove misure di rigore contro questo paese.

Nel telegramma si accenna chiaramente ad una ripresa del progetto del blocco al Pireo.

(l) T. gab. r. 677/136 del 30 marzo. non pubblicato: riferiva circa il colloquio di Sazonov con lady Paget nel corso del quale quest'ultima aveva cercato di dimostrare al ministro degli Esteri russo l'opportunità di iniziare scambi d'idee con la Bulgaria in vista di una pace separata.

683

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE

T. GAB. 471. Roma, 8 aprile 1916, ore 20,40.

(Meno Atene) -R. ministro ad Atene telegrafa quanto segue: «Telegramma di V. E. n. 99 e 100... » (come nel telegramma n. 714/123) (1).

Ho risposto a De Bosdari quanto segue:

(Solo Atene) -Telegramma di V. S. n. 123.

(Per tutti) -Lascio giudice V. S. sulla opportunità di dare comunicazione ora a codesto Governo delle occupazioni da noi già eseguite delle quali è cenno nel telegramma del generale Piacentini.

In caso affermativo ella dovrà giustificarle con le necessità impellenti della nostra difesa di Valona. Approvo che ella si astenga da comunicazioni preventive. Eventuali comunicazioni dovranno essere fatte ad occupazione avvenuta nel caso che nostro comando proceda ad ulteriori occupazioni e V. S. vorrà gim:tificarle con i motivi su riferiti. Interesso a tal fine il comando a partecipare direttamente a V. S. ed a questo ministero ogni eventuale ulteriore occupazione appena questa abbia avuto luogo.

(Per il comando supremo) -Prego V. E. voler dare disposizioni in conformità di quanto precede favorendomi cortese cenno di riscontro.

684

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. CONFIDENZIALE 731/91. Washington, [8] aprile 1916, ore ... (per. ore 12 del 9).

Mio telegramma n. 87 (2).

La consistenza che ha preso in questi ultimi giorni la candidatura di Roosevelt alla presidenza induce Wilson a contrapporle dal canto suo un qualche atto di energia che riaffermi il suo prestigio.

Wilson si è consigliato col fido colonnello House e questi ha invitato oggl a colloquio segreto in New York l'ambasciatore di Germania per dirgli che una rottura relazioni può essere evitata ormai soltanto a condizione che la Germania si dichiari colpevole degli ultimi siluramenti, offra soddisfazione tangibile e dia aftìdamenti per l'avvenire. Una crisi colla Germania gioverebbe in questo momento a Wilson anche per giustificare di fronte all'opinione pubblica il ritiro dal Messico della spedizione militare contro Villa che si è risolta in un insuccesso e che perdurando può determinare complicazioni serie.

Questa la situazione odierna che mi risulta da fonte sicura.

(l) -Cfr. n. 675. (2) -Cfr. n. 674.
685

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. SONNINO

T. GAB. 734/152. Pietrogrado, 10 aprile 1916, ore 10,30 (per. ore 12,15).

Non ho mancato di intrattenere Neratov del contenuto del telegramma di

V. E. n. 264 (l) senza però entrare in particolari e insistendo invece da un lato sul capitale interesse di assicurare difesa di Valona e dall'altra di evitare attriti e forse anche conflitti fra greci e italiani nell'alto Epiro. Egli mi ha risposto che ne conveniva interamente e che rappresentante russo in Atene era già munito di istruzioni generali per appoggiare il pacifico regolamento di ogni nostra eventuale divergenza con la Grecia. Gli ho replicato che sarebbe opportuno rinnovasse istruzioni a Demidov per il caso presente. Avendo egli chiesto i precisi termini della nostra domanda, ossia le località che intendevamo occupare, gli risposi che queste non mi erano ancora note ma che istruzioni a Demidov potevano frattanto riguardare i due punti essenziali della difesa di Valona e dell'acquiescenza greca.

Avendo appreso che nuovo ministro di Grecia farà domani sua prima visita ai miei colleghi di Francia e Inghilterra ho pregato entrambi di far presente al signor Panas l'opportunità che egli informi suo Governo che anche qui si condivide nostro punto di vista.

686

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 738/128. Atene, 10 aprile 1916, ore 15,15 (per. ore 17,55).

Il colloquio fra ministri d'Inghilterra e di Francia con Skuludis intorno all'occupazione della base di Argostoli, da me preannunziato col mio telegramma

125, (l) fu tempestoso. Presidente del consiglio disse ai ministd che comprendeva che quella misura costituente nuova e più clamorosa violazione della neutralità Grecia era presa in vista di trasportare truppe serbe via canale di Corinto, dopo il rifiuto greco di !asciarle passare via di terra ed egli che governa non avrebbe ammesso tale divisamento e che vi si sarebbe opposto con ogni mezzo; aggiunse parole violente e quasi ingiuriose all'indirizzo della Intesa. Ministro d'Inghilterra interruppe quindi colloquio dicendo a Skuludis che parole da lui pronunciate assumevano tale gravità che egli non aveva altro da fare che riferirle al proprio Governo e prenderne ordini. Stamane egli vedrà Re Costantino.

Piega presa da questo affare è piuttosto seria e riconduce episodio del novembre scorso quando intempestive discussioni sulla occupazione Salonicco misero in serio pericolo nostre relazioni colla Grecia. Per questo vedere mia corrispondenza del tempo.

Tutto mi conferma nella idea da me molte volte esposta e sostenuta che qui convenga agire parlando il meno possibile. E siccome per ciò che riguarda nostra occupazione dell'Epiro settentrionale V. E. ha promesso col suo telegramma

n. 102 (2) !asciarmi una libertà di giudizio di cui le sono sommamente grato, io mi proporrei, salvo speciali circostanze, di attenermi coscientemente ai su esposti criteri.

(l) Numero particolare di protocollo per Pietrogrado del n. 666.

687

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB 736/66. Parigi, 10 aprile 1916, ore 21,30 (per. ore 23,40).

Discorrendo con Briand e Cambon circa formula di garanzia al Belgio per i danni della guerra al Congo ho detto che essendo questi soltanto danni indirietti non era possibile dare loro altra garanzia che la promessa di un trattamento uguale a quello che per danni analoghi potranno ottenere le Potenze dell'Intesa, mentre la garanzia pura e semplice senza tale accenno sembrerebbe creare un privilegio pel belgio rispetto agli altri belligeranti.

Briand e Cambon mi hanno detto che l'osservazione sembrava loro giustissima, che non potevano ritornare su adesione data ma che avrebbero volentieri accolto l'osservazione, se V. E. avesse creduto di farla sua (3).

(l) -T. gab. 718/125 dell'8 aprile, ore 15, non pubblicato. (2) -Numero particolare di protocollo per Atene del n. 683. (3) -Sonnino rispose con t. gab. 485 del 13 aprile, ore 19, quanto se,gue: «Concordo con l'osservazione di v. E. e prego di farne a mio nome oggetto di comunicazione al Governo francese».
688

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 739/68. Parigi, 10 aprile 1916, ore 21,12 (per. ore 1,30 dell'11).

Briand vedrà nuovamente domani principe ereditario di Serbia e propone ripetergli che è necessario che la Serbia vada d'accordo con Italia e si astenga dal formulare per ora domande concrete che le potenze dell'Intesa non potrebbero prendere seriamente in esame non essendo possibile prevedere quando ed in quali condizioni potrà farsi la pace.

Avendo avuto poscia una conversazione con Vesnic ed avendogli riferito i savi suggerimenti di Briand, Vesnic mi ha detto che ne riconosceva pienamente la opportunità e ragionevolezza.

689

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, PATERNò, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. POSTA 1808/34/10. Bordeaux, 10 aprile 1916 (per. il 15).

S.M. il Re Nicola mi ha detto che, dopo visita che si propone di fare al presidente della repubblica, non appena sarà partito il principe di Serbia, sarebbe suo desiderio recarsi in Italia, per rivedere S. M. la Regina.

Nel corso della conversazione il Re mi ha parlato incidentalmente di un suo progetto, consistente nel chiedere ai francesi di armare un corpo di quattromila volontari, composto di montenegrini e dei rifugiati della Bosnia Erzegovina, attualmente a Corfù, con l'intendimento di aggregarlo, previo nostro consenso, alle R. truppe operanti in Albania.

Su entrambi gli argomenti, senza mancare alla dovuta deferenza per il Re, ho mantenuto il ne,cessario riserbo. Per il caso Sua Maestà me ne parli nuovamente, prego V. E. telegrafarmi, se crede, le sue istruzioni (l).

690

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 735/67. Parigi, 11 aprile 1916, ore 1 (per. ore 4,35).

Conversando con Briand gli ho ricordato come il patto di Londra riconosce il predominio e l'influenza italiana in Albania affidandone la rappresentanza

all'Italia. Briand mi ha risposto conveniva pienamente meco che già aveva detto a Essad che doveva sopratutto andare d'accordo coll'Italia e mi ha promesso che ora gli dirà di tornare in Italia e di non muoversi più fino alla fine della guerra.

Riterrei opportuno che Governo inglese telegrafasse a Bertie di tenere con Essa d lo stesso linguaggio (l).

(l) Per la risposta di Sonnino cfr. n. 713.

691

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 740/70. Parigi, 11 aprile 1916, ore 1 (per. ore 6,10).

Faccio seguito al mio telegramma gabinetto n. 63 (2).

Briand mi ha detto oggi che, benchè studi circa programma della conferenza non siano terminati e senza entrare in dettagli, egli desiderava espol.'!re le sue idee personali in argomento e udire le mie.

Dalla lunga conversazione è risultato che ci troviamo pienamente d'accordo. Naturalmente questo accordo non avrà valore se non sarà confermato per quello che riguarda Briand dal programma che è allo studio e per quello che riguarda me dalla E. V. e dai suoi colleghi direttamente interessati. Ecco riassunto della nostra conversazione:

Per quel che riguarda l'accordo durante guerra si riterrebbe desiderabile che i ministri tecnici e gli ambasciatori di Francia, Inghilterra, Italia e Russia tenessero una conferenza segreta nella quale esporrebbero le risorse finanziarie di ciascun paese studiando il modo col quale in caso di prolungamento della guerra gli Stati che hanno maggiori risorse potrebbero venire in aiuto di quelli che ne hanno meno. Dovrebbero inoltre discutere tra loro la questione del cambio e intendersi per la costituzione di un ufficio comune che regolasse nel miglior modo possibile i pagamenti all'estero e frenasse la speculazione.

Nel mio telegramma 63 io aveva messo in rilievo l'opportunità per noi di seguire l'esempio dell'Inghilterra proibendo l'esportazione degli oggetti di lusso.

Partecipo a V. E. ora che il Governo francese per attenuare la crisi dei trasporti e influire favorevolmente sul cambio con la diminuzione dei pagamenti all'estero, ha deciso di entrare risolutamente in questa via e ha presentato un progetto di legge al Parlamento chiedendo la facoltà durante guerra di proibire l'entrata in Francia di merci straniere ovvero di aumentare i diritti doganali. Credo che noi dovremmo fare lo stesso.

In quanto all'accordo economico dopo la guerra si è ravvisata la necessità che le potenze dell'Intesa, prima di discutere qualsiasi misura contro la Germania, dichiarino se e quali reciproche concessioni possano fare per aprire più

largamente i mercati al traffico tra alleati e si è riconosciuto che è molto difficile per non dire impossibile un accordo contro la Germania quando questo dovesse avere per conseguenza di chiudere completamente il mercato tedesco alle potenze che più largamente fino ad ora ne avevano profittato.

Su questo tema si dovrà dunque procedere con grande cautela e contentarsi di dichiarazioni generali evitando impegni precisi i quali del resto non avrebbero alcun valore se non fossero ratificati dai rispettivi Parlamenti i quali non rinuncieranno certo ai loro diritti costituzionali.

Mi riservo su tutto ciò tornare a riferire a V. E. Prego intanto comunicare alle LL. EE. il presidente del consiglio dei ministri e ministro d'agricoltura industria e commercio.

(l) -Nel rltrasmettere all'incaricato d'affari a Londra il presente telegramma con t. 967 dell'H aprile, ore 21, Sonnino aggiunse la seguente istruzione: «Prego V. S. intrattenere Governo britannico nel senso accennato da Tltton1 ». (2) -Cfr. n. 661.
692

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 743/71. Parigi, 11 aprile 1916, ore 21,15 (per. ore 0,10 del 12).

Facendo seguito ai miei telegrammi nn. 63 e 70 (1). Aderendo volentieri al desiderio di Briand ho avuto oggi una lunga conversazione con Ribot circa la conferenza economica.

Egli condivide pienamente le idee su cui Briand ed io ci eravamo trovati d'accordo e che ho riferito a V. E. nei telegrammi precitati, soltanto mentre Briand si era mantenuto nelle linee generali Ribot è entrato in maggiori precisioni. Egli conviene debba tenersi una riunione limitata ai rappresentanti delle quattro Potenze senza intervento di quelli del Giappone Serbia e Portogallo e che circa le loro istruzioni e deliberazioni debbasi mantenere il segreto.

Egli dice che la questione dei bisogni finanziari di ciascuno Stato si compenetra con quella del cambio, infatti per i pagamenti da farsi all'interno ciascuno Stato dovrà fare appello ai risparmi dei propri cittadini mentre per i pagamenti all'estero è assolutamente indispensabile che l'Inghilterra apra nuovi e maggiori crediti alla Francia e all'Italia. Occorrerà seguire il sistema già iniziato del deposito d'oro per il quarto del credito aperto.

Secondo Ribot mentre l'apertura del credito modera il cambio, il deposito d'oro non influisce a inasprirlo perchè l'oro essendo prestato e non venduto la riserva metallica a garanzia dei biglietti non viene ad essere scemata. Però Ribot non mi ha nascosto le sue gravissime preoccupazioni nel caso la guerra dovesse troppo prolungarsi e l'Inghilterra dovesse finire per trovarsi essa stessa in situazione imbarazzante. Due mesi fa l'Inghilterra aveva venduto in America per cinque miliardi di titoli americani e gliene restavano altri cinque. Quando saranno terminati anche l'Inghilterra sarà esposta all'inasprimento del cambio. Quanto alla Germania essendo ad essa quasi interamente preclusi gli acquisti all'estero può più facilmente ricorrere a espedienti; sia pure non conformi alle

buone norme finanziarie per i pagamenti all'estero. Ad ogni modo Ribot ritiene utile, come Briand, la costituzione di un organo permanente tra gli alleati per regolare i cambi accettando in principio l'idea di Luzzatti senza però trarre tutte le conseguenze alle quali quest'ultimo vorrebbe giungere. Avendo io chiesto a Ribot quale diminuzione nei pagamenti all'estero si ripromette Governo francese mediante la proibizione che prepara dell'importazione delle merci di lusso, egli mi ha detto che il ministro di agricoltura industria e commercio la calcola in annui trecento milioni ma che crede questa cifra esagerata. In ultimo Ribot non solo è d'accordo con Briand e con me che gli alleati prima di discutere le misuse economiche contro la Germania debbano discutere le concessioni che possano farsi reciprocamente tra loro, ma è anche d'avviso che la questione della lotta economica contro la Germania debba essere rinviata a dopo la guerra non ritenendo che sia possibile intendersi ora su misure suscettibili di attuazione e ritenendo chimeriche o contrarie all'interesse di tutti o di parte degli Stati alleati talune misure delle quali, colla abituale superficialità, hanno parlato l giornali.

(l) Cfr. nn. 661 e 691.

693

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1747/293. Londra, 11 aprile 1916, ore 23,25 (per. ore 4,35 del 12).

Asquith al banchetto offerto ieri parlamentari francesi qui convenuti, in risposta discorso cancelliere germanico, ha dichiarato che punto di vista degli alleati non essere distruzione Germania, sua vita nazionale, ma impedire solamente suo minaccioso predominio militare.

Sullo stesso argomento, lord Cromer, in una lettera odierna al Times osserva che scopo presente guerra dovrebbe essere quello di far modificare in parlamentare l'attuale rigido regime costituzionale irresponsabile germanico, a mezzo di azioni e riforme compiuta spontaneamente nell'interno e non già con forzate imposizioni esterne.

694

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 744/131. Atene, 12 aprile 1916, ore 3 (per. ore 19,20).

Ministro di Serbia è intervenuto nell'affare trasporto truppe serbe dichiarando presidente del consiglio che ove l'attitudine intransigente del Governo ellenico dovesse cagionare la perdita di un solo soldato serbo fra Serbia e Grecia tutto sarebbe finito.

Questa energica dichiarazione del ministro di Serbia, nonchè un telegramma di Romanos da Parigi indicante quale sfavorevole influenza nei rapporti fra Francia e Grecia eserciterebbe intransigenza Governo greco, sembra aver condotto questi a più miti consigli ed indotto a studiare il modo migliore per procedere sicuramente e sollecitamente al trasporto via canale di Corinto con qualche aiuto della ferrovia Patrasso-Atene.

695

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE (l)

T. 970. Roma, 12 aprile 1916, ore 24.

Questo ambasciatore di Russia mi ha chiesto quale è stata la nostra risposta riguardo alla proposta della conferenza degli ammiragli tenutasi a Malta, per l'estensione a tutto il Mediterraneo della «zona di guerra».

Ho risposto che avevo chiesto alla marina vari schiarimenti sulla portata di tale proclamazione, e sugli effetti che essa potrebbe avere, sia destando reclami e proteste dei paesi neutrali e specialmente della Spagna e degli Stati Uniti, sia decurtando il già scarso tonnellaggio con cui l'Italia possa provvedere ai propri più indispensabili rifornimenti. Ogni nuova formalità o restrizione che s'imponga al naviglio neutrale non può non avere per conseguenza, per le inevitabili perdite di tempo e le vessazioni che cagionerebbe, di diminuire il tonnellaggio utilizzabile e utilizzato. E la dichiarazione importerebbe per le navi neutrali un permesso speciale per ogni viaggio e spesso l'imbarco obbligatorio di una guardia che ne sorvegliasse i movimenti.

Questo era il lato che più mi preoccupava nei riguardi della proposta degli ammiragli, i quali non avevano considerata la questione che dal solo punto di vista militare. L'Inghilterra era disinteressata in tutto ciò e così pure la Russia per cui oggi era chiuso ogni accesso al Mediterraneo, mentre la Francia poteva rifornirsi dalla parte dell'Atlantico.

Non così l'Italia la cui vita dipendeva tutta dalla navigazione mediterranea.

696

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1756/244. Pietrogrado, 12 aprile 1916, ... (2).

Relazioni russo giapponesi sono sempre in via perfezionarsi. Da ambo i lati, e particolarmente da quello giapponese, vi sono fautori di una vera e pro

pria intesa scritta, ma questa non è qui considerata come imminente. Cessione da parte del Giappone di artiglierie, fucili ed altro materiale da guerra, nonchè delle tre unità navali, è stata liquidata con pagamento pecuniario.

Di cessione territoriale da parte della Russia nell'isola di Sakalin, a quanto mi si assicura, non si è fatto finora parola. Giappone è oggi arbitro della situazione in Estremo Oriente, ma, nonostante suo attivo interesse per gli avvenimenti in Cina, v'ha luogo a presumere che non vi proceda a novità senza essersi assicurata acquiescenza Inghilterra, che osserva finora riservata attitudine. Intesa con Russia ftt queste circostanze è tanto più desiderabile dal Giappone, ma si comprende che Russia preferisca temporeggiare.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 335-336. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza e di arrivo.
697

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE

T. GAB. 486. Roma, 13 aprile 1916, ore 12,20.

(Meno Parigi) -Mio telegramma n. 485 (l). Ho telegrafato al R. ambasciatore a Parigi quanto segue:

(Solo Parigi) -Mio telegramma n. 485.

(Per tutti) -Questo ambasciatore di Francia e questo ministro del Belgio fanno insistenze per ottenere una nostra risposta circa dichiarazione per il Congo. Prego perciò V. E. telegrafarmi i risultati della sua comunicazione cui si riferiva il mio telegramma suddetto: formulando il preciso testo con cui ci potremmo trovare d'accordo col Governo francese o almeno con la Russia e l'Inghilterra per fare al Belgio la dichiarazione di cui si tratta (2).

698

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 748/133. Bucarest, 13 aprile 1916, ore 21,30 (per. ore 23,35 del 14).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 468 (3).

Il ministro di Russia mi ha detto che il colonnello Tatarinov partirà probabilmente per Pietrogrado lunedì prossimo. Come ho riferito col mio telegramma gabinetto n. 130 (4) egli ha ricevuto da questo ministero della guerra ampie informazioni su questo esercito. Sull'attendibilità di tali informazioni mi riservo

tornare ulteriormente. Addetto militare si è anche recato a fare un sopraluogo in Dobrugia accompagnato da un incaricato di questo ministero della guerra. Frattanto osservo che, a quanto mi ha detto il mio collega di Russia, le esigenze formulate, sia pure in modo piuttosto vago e nebuloso, da questo Governo, non sono tali da far sì che si possa contare sopra un'entrata in azione della Romania per un'epoca prossima. Segretario generale del ministero della guerra incaricato da Bratianu di trattare coll'addetto militare russo avrebbe infatti formulato seguenti condizioni per l'entrata in azione della Romania a fianco dell'Intesa:

1° -completamento del materiale da guerra di cui Romania ha bisogno;

2° -offensiva generale;

3° che i russi coprano il fianco destro dell'esercito romeno;

4° -che essi intervengano in Dobrugia e contro la Bulgaria.

In quanto al primo punto è opinione del ministro e dell'addetto militare di Russia, da me pienamente diviso, non essere necessaa-io che tutto il materiale giunga in Romania, ma occorre che ne giunga una parte per rassicurare questo Governo sulla pratica possibilità di attenerlo, mentre la massima parte potrebbe essere trattenuta in Russia in vicinanza della frontiera romena pronta a passarla non appena Romania entri in azione.

Perchè ciò sia possibile è però indispensabile che si lascino dare subito dalla Romania ordinazioni e si avviino materiali che altrimenti non potrebbero arrivare in tempo utile (mio telegramma gabinetto n. 129) (1).

Per quanto riguarda poi mitragliatrici il numero di 1000 (telegramma di

V. E. gabinetto n. 446) (2) è ritenuto eccessivo bastandone quattro o cinquecento.

Sul secondo punto si osserva che non basta che l'offensiva sia decisa ma occorre, come risulterà dall'esame del terzo e quarto punto, che essa debba essere già spinta molto innanzi.

Che cosa si intenda qui precisamente per la copertura del fianco destro dell'esercito romeno di cui al terzo punto né Bratianu né segretario generale avrebbero detto.

Poklevsky e Tatarinov ritengono naturalmente trattarsi dell'occupazione della cresta dei Carpazi e della seconda linea di difesa austro-ungarica in Bucovina e cioè della linea Dorbivatra-Kirlibaba.

Ora questa richiesta sarebbe ritenuta ammissibile da Poklevsky e Tatarinov se Romania consentisse all'esercito russo di passare per la Moldava prendendo a tergo Cernovitz, e Bratianu ha ripetuto ad ogni occasione che non consentirà transito di alcun esercito estero per il proprio territorio senza aver prima deciso di far marciare con esso esercito romeno mentre d'altro lato egli sembra volere che la copertura del fianco destro romeno da parte dei russi preceda l'entrata in campagna della Romania.

Anche il quarto ed ultimo punto ha riservato al mio collega ed al suo addetto militare una delusione: essi avevano creduto che Bratianu si sarebbe contentato

che 1 russi assumessero la difesa della Dobrugia mentre Bratianu e il segretario generale hanno detto ora rispettivamente a Poklevsky ed a Tatarinov che l'esercito russo dovrebbe attaccare la Bulgaria ed occupare Rusteiuk per coprire Bucarest.

Ministro di Russia reputa che l'accoglimento di tali pretese da parte della Russia potrebbe constringere Stato Maggiore russo a distrarre dalla fronte principale ingenti forze, compromettendo forse l'azione principale, per uno scopo in ultima analisi secondario quale sarebbe quello d'assicurare la cooperazione della Romania. Del resto ministro di Russia mi ha detto che Alexiev è contento della neutralità benevola della Romania e non tende a cercare di forzarle la mano per farla entrare in azione prima del momento che non fosse reputato opportuno.

Ministro di Russia ritiene quindi che il meglio è di continuare nelle conversazioni con questo Governo senza attendere risultati immediati.

Dal mio lato non posso che confermare quanto ho sempre riferito a codesto ministero: è inutile chiedere alla Romania quello che essa non vuole e forse non è in grado dare: è inutile chiederle cioè di impegnarsi finché esito della grande guerra europea non appaia certo. Tutto quello che per ora si può attendere da essa è una neutralità benevola intramezzata da quelle concessioni ai nostri avversari che la paura e le necessità dell'esistenza le imporranno.

È tuttavia prudente che la Russia, potendolo, tenga nella Bessarabia meridionale forze sufficienti per ispirare a volta a volta coraggio e paura alla Romania a seconda che le circostanze la facciano pendere da una parte o dall'altra.

Ormai condotta della Romania dipende dalle vicende della guerra europea: l'Intesa e la Russia in particolare debbono solamente porsi in grado di trarre profitto anche qui della prima favorevole circostanza.

Gradirei che di quanto precede non fossero informati nè Governo russo nè le missioni romene all'estero.

(l) -Cfr. n. 687, nota 3. (2) -Cfr. n. 708. (3) -Cfr. n. 671,nota l, p. 497. (4) -Cfr. n. 677. (l) -C!r. n. 676. (2) -Rltrasmetteva a Bucarest il t. gab. 674/83 da Washington, cfr. n. 653, nota l, p. 483.
699

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 747/134. Bucarest, 13 aprile 1916, ore 21,40 (per. ore 6 del 15).

Codesto ministero avrà certamente avuto notizia dell'accordo romenogermanico relativo allo scambio di merci tra i due paesi pubblicato ieri dall'agenzia Wolf.

Si tratta in ultima analisi dello svolgimento delle intese corse tra questo Governo e il Governo germanico sia per la vendita di cereali romeni alla Germania (mio telegramma n. 152) (l) sia per l'importazione in Romania di locomotive ed altri prodotti germanici.

Bratianu, interpellato in proposito da questo ministro di Russia, ha dichiarato che in pratica Romania non potrà esportare in Germania null'altro che cereali, esportazione degli altri prodotti essendo proibita.

Accordo comprende anche una clausola relativa al transito di merci attraverso Romania ma Bratianu confida che essa non verrà quasi mai applicata dato che vi è ormai una comunicazione diretta tra la Germania ed i suoi alleati balcanici.

Accordo è destinato secondo Bratianu principalmente a stornare sospetto che i tedeschi potrebbero avere circa contegno Romania.

Posto così nella sua vera luce accordo in questione, non posso tuttavia far a meno di constatare a titolo riservatissimo quanto sia mutata qui la situazione per l'Intesa e non certamente in meglio; lo scorso anno nn simile accordo, come del resto i due precedenti relativi forniture di cereali agli Imperi Centrali, sarebbe stato impossibile.

(l) T. 1146/152 dell'8 marzo, ore 2,45, non pubblicato: riferiva circa l'acquisto di 100 mila vagoni di cereali da parte degli austro-tedeschi in Romania.

700

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 746/135. Bucarest, 13 aprile 1916, ore 21,40 (per. ore 23,55 del 14).

Mio telegramma gabinetto n. 133 (1).

In vista partenza dell'addetto militare russo ministro di Russia è andato a vedere ieri sera Bratianu il quale gli ha detto che naturalmente Governo romeno reputa completamente . . . (2) considerazioni ed esigenze d'ordine militare da essa formulate ma è pronto ad esaminare le eventuali obiezioni del generale Alexeiev.

Bratianu ha aggiunto che del resto quando si presentino circostanze favorevoli l'accordo militare può essere concluso in un minuto, mentre quello che non può improvvisarsi è l'approvvigionamento in materiali di guerra per il quale perciò occorre provvedere in tempo utile.

701

IL MINISTRO A BERNA, PAULUGCI, DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 722/180. Berna, 13 aprile 1916 (per. il 16).

Rapporti germano-elvetici. Gli ultimi avvenimenti di carattere politico-militare, succeduti al noto affare dei colonnelli, non solo non hanno in modo alcuno modificato gli

ottimi rapporti già esistenti tra il Governo della Confederazione e quello dell'Impero tedesco, ma hanno anzi invece stretto vieppiù il legame di dipendenza, se pur questa parola non è troppo espressiva, della Svizzera verso il suo forte vicino. Così pel bombardamento di Porrentruy, succeduto a sì breve intervallo a quello di La-Chaux-de-Fonds, come per la scoperta dell'importante congegno di spionaggio del Behrmann, che avrebbe dovuto convincere le autorità elvetiche del vasto pericolo dell'impresa germanica, il Consiglio Federale si è mostrato troppo lieto di chiudere al più presto ogni incidente. E' poi sintomatico quanto avvenne per l'affare Draycott. Questo suddito inglese, arrestato in seguito a denunzia dell'addetto militare tedesco von Bismarck, era stato riconosciuto innocente dalla sentenza del Tribunale. Eppure, nonostante la vivissima opposizione del mio collega britannico, il Consiglio Federale ha preteso che il Draycott, se pur non voleva essere espulso, si allontanasse dalla Svizzera. Quanto alla pretesa rimozione del Bismarck che sarebbe stata richiesta dal Governo Federale, posso assicurare che non ne fu fatta parola. La consegna è ora di tacere e di sopportare. Se l'allontanamento di questo imprudente ufficiale potrà essere tra poco un fatto compiuto, ciò lo si dovrà piuttosto alla richiesta dello stesso ministro germanico, che ha disapprovato lo spirito di iniziativa del suo subordinato in varie occasioni. Un Consigliere Federale, col quale parlavo recentemente dell'Addetto militare tedesco, mi diceva che lo stesso barone di Romberg narrava con una certa compiacenza come l'Imperatore avesse accolto poco cortesemente il maggiore Bismarck, facendogli duri rimproveri per la sua imprudenza e mancanza di tatto.

Un altro affare ci darà tra poco la misura di questa attitudine remissiva del Governo elvetico davanti a quello germanico.

E' nella seduta di domattina che il Consiglio Federale discuterà la relazione presentata dal Procuratore Generale nel noto affare della dinamite di Lugano. Il signor Kronauer conclude non esistere una seria base per un'azione penale. So che nella seduta di martedì scorso gli argomenti e le conclusioni del Procuratore Generale dettero luogo a viva discussione. Ma è da prevedersi che per ragioni d'ordine interno, ma sovratutto per motivi politici, dovuti al timore di far cosa sgradita alla Germania, il Consiglio Federale, nonostante i seri indizi contro il Bassenheim, farà sue le conclusioni del rapporto.

(l) -Cfr. n. 698. (2) -Gruppo lndeclfrato.
702

IL MINISTRO A BUCAREST, F ASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 752/136. Bucarest, 14 aprile 1916, ore 21,40 (per. ore 14,40 del 16).

Ho chiesto a Bratianu a che punto sia scambio di idee tra Romania e Grecia. Egli mi ha risposto che è completamente interrotto, specialmente per il fatto che egli ha declinato a suo tempo tutte les avances greche, anche quelle che venivano dal Re Costantino. Naturalmente, avendo egli dimostrato una grande diffidenza, anche il Re e il Governo greco si sono astenuti dall'intavolare conversazioni. Secondo le notizie giuntegli da Atene movimento in favore Venizelos sarebbe molto intenso. Ma Bratianu ritiene che non si riusciva per ora a far cadere il Gabinetto Skoludis e tanto meno a trarre il Re di Grecia alla guerra. Per riuscirvi occorrerebbe occcupazione della Macedonia da parte dell'Intesa.

703

IL MINISTRO A BUCAREST, F ASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 755/137. Bucarest, 14 aprile 1916, ore 21,40 (per. ore 19,50 del 16).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 468 (1).

Ministro di Russia mi ha detto che Sazonov gli ha telegrafato confermandogli di aver fatto a Diamandy dichiarazione che Buchanan ha telegrafato al Foreign Office e di cui Poklevsky stesso mi aveva informato.

Sembra però che Diamandy non l'abbia riferita a Briatianu, come del resto aveva fatto in altre occasioni in cui Sazonov si era espresso con lui in termini che potevano riuscire sgraditi a questo Governo.

Circa le disposizioni di Bratianu per la conclusione almeno di una convenzione militare confermo quanto ho riferito precedentemente e da ultimo col mio telegramma gabinetto n. 135 (2). Del resto colonnello Tatarinov potrà dare a Pietrogrado più precise notizie al riguardo.

704

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 208/88.

I rapporti russo-svedesi non hanno in questi ultimi tempi subito modificazioni considerevoli. Tuttavia si sono verificati alcuni avvenimenti, che li interessano e che ritengo perciò utile di segnalare a V. E.

Qualche settimana fa quella parte della stampa svedese, che più direttamente obbedisce alle influenze tedesche e cioé l'Ajtonbladet, il Nya Dagligt Allehanda e lo Sveriges Losen (quest'ultimo di recentissima creazione) hanno tentato di ricominciare l'agitazione anti-russa a proposito dell'arcipelago Aland insistendo specialmente sulla questione delle fortificazioni, che

vi sarebbero di recente state costruite, e sul periodo che da quelle isole aeroplani e dirigibili russi possano con grande facilità venire a bombardare Stoccolma. Ma questi tentativi, non ancora completamente abbandonati, non hanno fatto presa sull'opinione pubblica: la stessa stampa conservatrice seria vi si è tenuta completamente estranea.

Alla fine di marzo, la polizia di Copenaghen ha proceduto all'arresto di un danese, certo Pietro Larsen, il quale sarebbe a capo di un servizio di spionaggio, fatto per conto della Russia, con ramificazioni abbastanza larghe in Svezia. L'individuo in questione è una vecchia conoscenza delle autorità danesi, che già nella scorsa estate Io avevano arrestato e condannato per lo stesso motivo. II mio collega di Danimarca mi ha assicurato che il governo svedese non ha affatto sollecitato i provvedimenti presi dal suo. Quest'ultimo ha già da qualche anno, prima dello scoppio dell'attuale conflagrazione mondiale, sentito l'imbarazzo in cui veniva ad esser messo pel fatto che agenti russi, o al servizio della Russia, si servissero del suo territorio per organizzare Io spionaggio a danno sia della Germania sia della Svezia ed aveva quindi fatto votare dal Parlamento una legge che punisse tali maneggi. L'arresto di Larsen non sarebbe che una spontanea applicazione di tale legge. La stampa svedese ne ha riprodotto la notizia senza mostrare di annettervi speciale importanza.

All'infuori di questi fatti, si sono però prodotti alcuni piccoli incidenti, che sono sfuggiti all'attenzione del pubblico.

Negli ultimi giorni di marzo il governo svedese ha espulso sui due piedi, dandogli cioè appena 24 ore di tempo per lasciare Stoccolma, un ufficiale russo il quale, senza carattere ufficiale, era stato mandato qui per coadiuvare l'addetto militare di Russia in tutto ciò che concerne le forniture e gli acquisti. Invano il mio collega Nekljudov ha tentato di ottenere una breve proroga e qualche spiegazione circa i motivi dell'improvviso provvedimento. Sul primo punto gli è riuscito soltanto di ottenere qualche riguardosa facilitazione circa le forme della partenza: sul secondo gli è stato risposto che non si riteneva necessario di fornire schiarimenti, visto che nello stesso modo procede il governo russo (e ciò è esatto) quando sfratta qualche suddito svedese.

Quasi contemporaneamente il Ministro di Russia era stato incaricato di far sapere, in via affatto confidenziale, a questo Ministro degli Affari Esteri che le autorità imperiali avevano arrestato e stavano per sottoporre a processo un individuo, indiziato di aver favorito l'invio di merci russe (specialmente cereali e panelle per foraggio) in Germania. Dal suo carteggio sequestrato era risultato in modo incontestabile che la Legazione di Svezia a Pietrogrado aveva facilitato tali scambi, incaricandosi di trasmettere le comunicazioni, che vi si riferivano, nei suoi pieghi ufficiali; e che uno dei principali intermediari fra il commerciante russo arrestato ed il suo corrispondente in Germania era un noto uomo d'affari di Stoccolma, certo du Riez, per cui le autorità svedesi mostravano grande deferenza e fiducia, e che era stato dal governo preposto all'ufficio, incaricato di acquistare i cereali per conto dello Stato! Naturalmente, egli ne è stato ora rimosso, ma sulle ragioni del provvedimento si è mantenuto il più assoluto segreto.

Finalmente il governo russo era stato informato dalle autorità di Omsk che la commissione della Croce Rossa svedese, che si era recata in Siberia a distribuire regali ai prigionieri di guerra autro-ungarici, si era rifiutata di visitare i campi, dove si trovavano dei soldati di nazionalità slava dei reggimenti ottavo e ventottesimo di fanteria, affermando di aver ricevuto ordini in tal senso dal Ministro di Svezia a Pietrogrado, il Signor Nekljudov era stato incaricato di chiedere anche in proposito schiarimenti alla Presidenza della Croce Rossa svedese ed a questo Governo. Durante un breve congedo, passato recentemente a Stoccolma, il generale Briindstrom è andato a fargli visita e gli ha detto che la sua richiesta aveva penosamente impressionato il Principe Carlo, fratello del Re di Svezia, Presidente della Croce Rossa; che egli (Briindstrom) effettivamente aveva dato istruzione ai delegati, recatisi in Siberia, di evitare i soldati slavi dei due citati reggimenti, perché il governo austro-ungarico gli aveva fatto sapere che desiderava ciò, trattandosi di truppe che erano passate al nemico a tradimento.

Il signor Nekljudov gli ha replicato che era a sua volta assai stupito di sentirsi confermare il fatto, a cui non aveva voluto dapprima prestar fede; che il governo russo non poteva ammettere che si procedesse a distinzioni fra i varii prigionieri, allo scopo di premiare taluni e di punirne taluni altri; che la delegazione della Croce Rossa svedese, recatasi in Russia, avrebbe dovuto compiere soltanto una missione umanitaria, senza ingerirsi in questioni politiche o militari; che egli non sapeva rendersi conto come mai il generale Briindstrom avesse potuto ricevere ed eseguire istruzioni del governo austroungarico. E su tale ultimo punto egli ha anche mosso rimostranze a questo Ministro degli Affari Esteri.

La concomitanza di questi non serii, ma spiacevoli incidenti aveva reso un po' nervoso il mio collega di Russia, tanto più che negli stessi giorni era stato pubblicato un manifesto di propaganda a favore della Croce Rossa svedese, firmato dal principe Carlo, in cui si leggeva la frase seguente: «I tempi sono molto gravi pel popolo svedese. Fra breve possono essere in gioco i vostri figli, i vostri fratelli, i vostri amici, il bene e l'avvenire della patria».

Ma sarebbe, a mio avviso, errato il volerne indurre che la situazione sia peggiorata. Il pericolo di un intervento svedese è sempre remoto: anzi, la situazione politica è qui veramente soddisfacente. I piccoli incidenti, che ho più sopra riferito, provano soltanto che Ia Svezia, anche quella ufficiale, è profondamente germanofila. Ma su questo punto sarebbe puerile ormai farsi illusioni.

Del resto questa germanofilia a fior di pelle finirà per far più male alla Svezia che ai nemici degli Imperi Centrali. Essa non avrà conseguenze seriamente dannose per le potenze della Quadruplice durante la guerra. Ma -a guerra finita -queste ultime non dovranno dimenticare, e probabilmente non dimenticheranno, che della Svezia non c'è da fidarsi. Specialmente per quel che riguarda la Russia, la politica attuale del governo svedese è di una leggerezza, che confina coll'incoscienza e che può solo spiegarsi colla fede cieca nell'invincibilità delle armi tedesche.

(l) -Cfr. n. 671, nota l, p. 497. (2) -Cfr. n. 700.
705

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 748 bis/96. Washington, [15] aprile 1916, ore ... (per. ore 12,20)

Mio telegramma n. 91 (1).

La crisi colla Germania sembra approssimarsi e potrebbe essere imminente. Wilson, in seguito alla comunicazione di Berlino circa gli ultimi siluramenti, ha convocato per domani alla White House le commissioni per gli affari esteri della Camera e del Senato per manifestare loro che la situazione venutasi formando dal Lusitania ad oggi non è più tollerabile e che è necessario pertanto di porvi termine.

Da fonte solitamente ben informata mi viene riferito che l'azione già decisa da Wilson sarebbe stata approvata nell'odierno consiglio dei ministri. Essa consisterebbe nel dirigere alla Germania una nota che ricapitoli e commenti la storia dei fatti e dei negoziati e nell'invitare contemporaneamente l'ambasciatore degli Stati Uniti a partire da Berlino. Questa nota che potrebbe essere inviata domani stesso e che verrebbe pubblicata subito è circondata oggi da segreto il più assoluto anche per non influenzare la borsa di New York che domani sabato sarà invece chiusa nelle ore pomeridiane.

706

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 1823/156 GAB. (2). Pietrogrado, 15 aprile 1916, ore 15 (per. ore 19).

Notizie che pervengono a questo ministero affari esteri dimostrano che rivolta contro Yuan-shi-kai va sempre pm estendendosi. Ultimo telegramma segnala rivolta del Che-Kiang.

Salvo abili concessioni di Yuan-shi-kai e ritorno manifesto alla costituzione, qui si crede che sua causa corre grave pericolo ed anche in tale modo si giudica difficilissima sua situazione, che suo atto conciliativo dovendo fatalmente apparire effetto di debolezza.

Del resto rivolta sembra qui tanto meno dominabile in quanto vi ha mano 11 Giappone, dichiarato nemico di Yuan-shi-kai, rappresentante dell'idea unitaria e dell'indipendenza cinese.

Al Giappone non si attribuiscono però mire territoriali sulla Cina, bensl l'intento di es~rcitarvi influenza ponendovi al Governo uomini di sua fiducia che parteggiano per il disgregante regime repubblicano e che sono da esso attualmente aiutati con armi e danaro per la rivolta.

Odierne mire potrebbero tuttavia rimanere frustrate almeno in parte se, come non è escluso, Stati Uniti dell'America del Nord (sotto forma forse di private associazioni) intervenissero nelle cose di Cina, aiutando per loro conto i nemici di Yuan-shi-kai e distogliendoli così dall'esclusiva influenza giapponese. Rimarrebbe inoltre vedere quale sarebbe atteggiamento dell'Inghilterra se vedesse compromessi suoi grandi privilegi conquistati Yangtse.

Dal punto di vista legale qui si nota che, se Yuan-shi-kai venisse spodestato, egli potrebbe venire sostituito dal Vice Presidente Li Yuan-Hung che, circondandosi di uomini nuovi, potrebbe forse addivenire ad un compromesso con i vincitori. Ma, evidentemente, la legalità verrà interpretata da questi ultimi nel modo che sarà loro più conveniente. Si crede però che, in ogni caso, sia da escludere una prossima disgregazione della Cina e che Governo costituzionale di Pechino sarà conservato. Russia assiste con interesse vivissimo allo svolgersi degli avvenimenti, ma senza allarmarsi, i suoi interessi diretti, che riguardano regioni nordiche, non essendo in questione (l).

(l) -Cfr. n. 684. (2) -Partito come telegramma di gabinetto, è stato protocollato !n arrivo nella serie ordinaria.
707

L'AMBASCIATORE A TOKIO, CUCCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. CONFIDENZIALE 114/47. Tokio, 15 aprile 1916.

La mia prima impressione politica sul Giappone è che trovo qui una situazione la quale rassomiglia a quella che ho avuto dinanzi agli occhi per tanti anni a Sofia.

La scena è smisuratamente allargata, poiché si tratta di immensi territori e gli uomini si contano a decine di milioni, ma il fenomeno politico mi sembra analogo sostituendo al termine « Bulgaria » quello del « Giappone » ed al termine «Macedonia» quello della «Cina». Ed analoghe mi appaiono le conseguenze, già verificatesi nella penisola balcanica ed invece in gestazione nell'estremo Oriente.

Il Giappone che appena sorto a nuova vita (come la BulgarLa) ha concentrato tutti gli sforzi a dar incremento alla sua potenza militare, è stato incoraggiato (come la Bulgaria) dalla continua e interessata benevolenza delle grandi potenze a suo riguardo ad accarezzare il sogno delle più smisurate ambizioni e del soddisfacimento di appetiti d'ogni sorta. Il pensiero del Giappone è rivolto ad estendere la sua influenza generale sul Pacifico e la sua influenza particolare sovra un territorio vicino, ricco d'ogni bene, dove è andato man

«Prego V. E. dirmi se crede che gli Stati Uniti date le numerose questioni loro d'ordine esterno ed interno potrebbero ora assumere atteggiamento attivo negli affari cinesi Incontrando così diffidenze giapponesi e se Ingh!lterra ve li spinge ».

Per la risposta cfr. n. 721.

mano creandosi un'ipoteca che è tanto più valida in quanto che è basata sul prestigio dei grandi successi militari conseguiti in passato.

Come la Bulgaria non viveva che per realizzare le sue aspirazioni macedoni e la sua propaganda favoriva il disordine in quella sventurata regione, così il Giappone tende i suoi avidi sguardi alla Cina su cui ha gettato la rete di tutti i possibili intrighi. Basti il vedere la situazione in cui oggi si dibatte YuanShi-Kal, grazie alla sottile perfidia nipponica, concomitante colle mene degli agenti tedeschi nelle varie parti del già celeste Impero.

Nella penisola balcanica qualsiasi gruppo di potenze non poteva aver con sé la Bulgaria (e i fatti l'hanno provato) che aprendole la via della Macedonia. Credo si possa affermare che, analogalll.ente, nell'Estremo Oriente il Giappone si intenderà con quelle potenze che gli faranno la miglior parte del bottino cinese. Che queste potenze siano le alleate dell'Intesa o i suoi avversari sarà pel Giappone indifferente. Ciò sia detto a sopprimere ogni rosea illusione.

Vero è che qui anche il campo delle opposizioni è allargato, dovendosi tener conto non solo degli interessi europei in Cina, ma anche di quelli nordamericani. Nel momento attuale in realtà il prestigio del Governo di Washington nell'Estremo Oriente è stato fortemente scosso dalla remissività del Presidente Wilson verso la Germania, ma la presente Amministrazione democratica non è infine che un episodio transitorio, e un uomo energico al Governo degli Stati Uniti potrebbe cambiare d'un tratto le cose.

Credo di segnalare a V. E., in modo sintetico, questa mia prima impressione sulle tendenze della politica giapponese, tanto più che nel congedarmi Ella ha voluto ricordare che le prime impressioni hanno pure il loro valore.

(l) Nel r!trasmettere 11 presente telegramma a Washington con t. gab. 994 del 17 apr!le, ore 16, Sonnino aggiunse quanto segue:

708

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, E A PARIGI, RUSPOLI

T. GAB. 494. Roma, 17 aprile 1916, ore 121

(Solo Parigi) -Telegramma di V. S. n. 72.

(Meno Parigi) -R. incaricato d'affari a Parigi telegrafa quanto segue:

«Testo relativo alla dichiarazione per Congo fu proposto dal Governo francese. È identico a quello della prima dichiarazione a favore del Belgio ed è stato già accettato da Inghilterra e Russia. Briand non ha ancora risposto alla comunicazione cui si riferiva telegramma di V. E. Gabinetto n. 485 (l) ma Margerie mi ha detto sembrargli

difficile che la Francia come pure l'Inghilterra e la Russia possano rivenire sul testo già approvato, tanto più che questa seconda dichiarazione è corollario di quella dello scorso febbraio e doveva essere fatta contemporaneamente». (t. gab. 750/72 del 16 aprile, ore 20,45).

Ho risposto a Ruspoli quanto segue: (Per tutti) -Come risulta dal mio telegramma n. 428 (l) a me era già noto il testo proposto dalla Francia per seconda dichiarazione al Belgio per Congo. Non comprendo come V. S. dichiari che esso è identico a quello della prima dichiarazione. Prego favorirmi delucidazioni. Il testo che io chiedevo a cotesta ambasciata di formulare è un nuovo testo che tenesse conto della osservazione fatta da S. E. Tittoni a Briand e Cambon, osservazione in cui io ho concordato, e che Briand e Cambon avevano trovata giustissima dichiarandosi pronti ad accoglierla. Resto quindi in attesa che V. S. abbia dato seguito alle istruzioni contenute nel mio telegramma n. 485, comunicandomi un testo di dichiarazione accolto dalla Francia e sul quale possano concordare Italia, Inghilterra e Russia {2).

(l) Cfr. n. 687, nota 3.

709

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 758/73. Parigi, 17 aprile 1916, ore 20,50 (per. ore 24).

Mio telegramma n. 72 (3). Briand mi informa che Francia come principalmente interessata avendo proposto essa la formula di dichiarazione al Belgio e questa essendo stata accettata da Belgio, Inghilterra e Russia gli sembrava difficile portarvi ora la modificazione di cui al telegramma di S.E. Tittoni n. 66 (4), non vede però difficoltà a che Italia per quanto la concerne si intenda a questo riguardo col Belgio. Questa risposta parendomi in contraddizione con quanto Briand e Cambon dissero a S. E. Tittoni sono andato da Cambon per mettere la cosa in chiaro. Egli mi ha detto che aveva presente la conversazione intervenuta sull'argomento fra S. E. Tittoni e Briand ma che nella sua memoria la risposta di quest'ultimo non gli pareva avere avuto la formula di una adesione completa al nostro punto di vista. Ha aggiunto che ne riparlerebbe questa sera col presidente del consiglio e mi darebbe una risposta.

« Col mio telegramma n. 72 ho inteso dire che testo proposto dalla Francia per la dichiarazione al Belgio per il Congo è identica a quella della prima dichiarazione per il Belgio dello scorso febbraio per quanto solo concerne la formula di garanzia per i danni della guerra al Congo, oggetto del telegramma di V. E. al quale risponderò. Con altro telegramma ho comunicato a V. E. risposta Briand al passo da me fatto in conformità istruzioni contenute nel telegramma n. 485 per concordare nuovo testo».

(l) -Cfr. n. 636. (2) -Ruspoli rispose con t. gab. 759/74 del 17 aprile, ore 20,50, quanto segue: (3) -Cfr. n. 708. (4) -Cfr. n. 687.
710

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 389/119. Madrid, 17 aprile 1916 (per. il 23).

Per la prima volta dall'inizio della guerra la bandiera spagnuola è stata in questi ultimi giorni fatta segno agli attacchi dei sottomarini germanici. Già nella estate scorsa due navi spagnuole, l'lsidro e il Pena Castillo, si erano perdute in modo da lasciar sospetti di attentato da parte di sottomarini, ma vennero poi subito spiegazioni ufilciose che affermavano avere la prima urtato contro una mina vagante e l'altra in uno scoglio, dimodoché la perdita di quei due bastimenti non implicava la responsabilità diretta d'alcuno dei belligeranti. L'opinione pubblica spagnuola si calmò allora rapidamente, ma tornò recentemente a commuoversi nell'occasione del siluramento del Sussex a bordo del quale viaggiava il maestro Granados, distinto musicista spagnuolo reduce dall'America del Nord dove una sua opera aveva avuto trionfale accoglienza e che scomparve insieme con la moglie. Il doloroso fatto che privò la Spagna di una delle sue maggiori pevsonalità artistiche, produceva già non lieve impressione quando avvenne il siluramento del Vigo compiuto a 120 miglia dalle coste francesi per opera d'un sottomarino tedesco che concesse soltanto una brevissima dilazione all'equipaggio per prendere le scialuppe sulle quali venne poi raccolto in tristi condizioni dopo avere errato per ventiquattro ore in balia delle onde. A questo più grave fatto tenne dietro la scomparsa del Santanderino perduto presso Quessant dopo essere stato, a dichiarazione del suo comandante, silurato senza preavviso alcuno da un sottomarino. Questo nuovo attentato provocò nella parte della popolazione spagnuola che segue con qualche attenzione gli avvenimenti del giorno, e che è purtroppo una minoranza, molta indignazione e a quanto mi si assicura scosse molti animi fin qui ostinatamente germanofili ai quali i nuovi metodi di guerra tedeschi, ora che accennano a colpire direttamente gli interessi e la dignità della Spagna, incominciano a sembrare meno legittimi di quanto si sosteneva per lo passato. I giornali germanofili osservano è vero uno strano silenzio sull'accaduto, e quelli che meglio rifiettono il pensiero del Governo hanno commenti molto misurati e raccomandano molta calma nei giudizi per non compromettere l'opera della diplomazia, ma i giornali liberali e più quelli dell'estrema sinistra protestano vivamente ricordando non senza opportunità che questi attentati alla bandiera spagnuola si compiono mentre che la Spagna osserva da quasi due anni una scrupolosa neutralità, mentre offre nei suoi porti asilo a una numerosa squadra di transatlantici tedeschi e si apparecchia ad ospitare, oltre i numerosissimi sudditi tedeschi rifugiati qui alla dichiarazione di guerra, anche qualche migliaio di soldati germanici che dal Camerun hanno sconfinato nella Guinea spagnuola. Acchiudo qui due articoli (l) fremebondi del Radical organo repubblicano ed un altro più misurato ma appunto perciò più emcace del Liberal che danno la

misura della reazione provocata in quella parte della stampa spagnuola dagli attentati germanici. L'ambasciata di Germania mostra di preoccuparsi della cosa ed intervenne con dei comunicati assai poco felici, come del resto tutte le manifestazioni del principe di Ratibor dall'inizio della guerra in poi. Essa incominciò prima a dichiarare esserle stato ufficialmente confermato dal suo governo che la marina germanica nulla aveva a che fare con il sinistro del Sussex; ma l'ambasciata di Francia rispose tosto con altro comunicato in cui dichiarava che il Governo della repubblica era in possesso del numero del sottomarino che aveva silurato il Sussex e del nome del suo comandante. Questa affermazione del signor Geoffray passò senza replica alcuna del principe di Ratibor, il quale invece pubblicò una lunga nota dolendosi dell'atteggiamento di una parte della stampa spagnuola e mettendo in rilievo che il Santanderino non poteva essere stato silurato l) perché invece di recarsi in Inghilterra faceva rotta per la Spagna, 2) perché il comandante aveva dichiarato d'aver veduto prima del sinistro una luce verde e i sottomarini non recano luce alcuna. Ma oltre che questi argomenti risultano di scarso valore, nulla la nota diceva del Vigo il siluramento del quale per opera di un sottomarino tedesco non fa ombra di dubbio, e questa circostanza toglie molta efficacia all'appello che l'ambasciata di Germania ha inteso fare all'equanimità del pubblico. Pertanto l'effetto della nota come l'E. V. potrà rilevare dal secondo articolo del Radical fu soltanto di rendere più veementi le proteste che essa si proponeva di confutare.

Il Governo come ho riferito per telegrafo all'E. V. è molto infastidito dell'avvenuto. Esso si preoccupa da un lato dell'offesa recata alla bandiera spagnuola e sopratutto del pericolo che minaccerebbe l'approvvigionamento del paese se questi fatti si ripetessero e le bandiere neutrali non fossero più sicure sul mare. Dall'altra esso teme il fanatismo germanofilo di molti elementi influentissimi i quali sono disposti a tollerare tutto piuttosto che apparire di parteggiare contro la Germania, e si valgono dell'argomento, spauracchio potentissimo sulle masse, che, prendendo un atteggiamento troppo risoluto in questa circostanza di fronte al governo imperiale, la Spagna sarebbe poco a poco trascinata alla guerra. Questa tendenza d'una parte dell'opinione pubblica che nessun attentato tedesco giunge a smuovere, costituisce nei presenti incidenti una cagione di debolezza per il Gove,rno spagnuolo. Il conte di Romanones mi parlò infatti molto energicamente appena ebbe notizia del siluramento del Vigo dicendomi che avrebbe reclamato non solo una indennità adeguata ma anche la promessa formale che la bandiera spagnuola sarebbe in avvenire rispettata. Ma quando lo rividi dopo il secondo incidente del Santanderino egli mi parve desiderosissimo di dimostrare a se medesimo che questo ultimo piroscafo era perito vittima di un disgraziato accidente, e lo stesso ministro della marina, cioè in questo caso il primo consigliere tecnico del Governo, espresse, parlando con i rappresentanti, il giudizio che secondo ogni probabilità il Santanderino aveva urtato in un basso fondo o in uno degli scogli che abbondano nei paraggi di Ouessant, ciò che provocò una rispettosa ma prec~sa protesta pubblica del capitano accusato così di non saper distinguere uno scoglio da una torpedine. Intanto per calmare l'opinione il Diario Universal organo ufficioso pubblicò un comunicato per render noto che i reclami spagnuoli trovano a Berlino la più amichevole accoglienza, e che vi è da confidare che si daranno ai sottomarini tedeschi istruzioni di rispettare la bandiera 3pagnuola. E non vi è da dubitare infatti che assicurazioni di quel genere verranno date a Berlino; resta a vedere se poi si conformeranno lungamente alle medesime i comandanti dei sottomarini.

È mia impressione che i recenti siluramenti hanno portato alla tendenza germanofila il colpo più grave che essa ha avuto dal principio della guerra in poi; però, come suole avvenire in questo paese, l'effetto non sarà duraturo, e se il governo germanico troverà. come è da prevedersi, il modo di prolungare amichevolmente la discussione e se i siluramenti almeno per qualche tempo non si rinnoveranno, presto l'emozione di questi giorni si dileguerà, le cause che determinano le simpatie del pubblico spagnuolo per la Germania riprenderanno la loro efficienza e tutto rimarrà qui come prima. Così non sarebbe invece se si producessero prossimamente altri attentati a navi spagnuole, ovvero se altri Stati neutri specie gli Stati Uniti prendessero una iniziativa qualsiasi per ottenere maggior rispetto alle bandiere neutrali, nel qual caso non è dubbio che la Spagna si assocerebbe tosto a quell'azione.

(l) Non si pubblicano.

711

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 760/101. Washington, [18] aprile 1916, ore ... (per. ore 14,30).

Mio telegramma gabinetto n. 96 (1).

Comunicazioni pervenute al Dipartimento di Stato da Germania che sembrerebbe desideroso evitare conflitto e le tendenze pacifiste manifestate a Wilson dai presidenti delle commissioni parlamentari hanno determinato breve sosta nell'invio della nota a Berlino la cui presentazione si vuole per altro imminente e che conterrebbe ora domande perentorie dal cui accoglimento o rifiuto dipenderebbe mantenimento o rottura di relazioni.

712

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 761/135. Atene, 18 aprile 1916, ore 14 (per. ore 19).

Giornali governativi pubblicano telegrammi dalle provincie in cui si fa credere che vi domina grande agitazione per il trasporto dei serbi. Vi è detto che il popolo protesta e che si mette al fianco del Re e del Governo per una resistenza armata. Si annunciano comizi di protesta in parecchie città.

(l) Cfr. n. 705.

713

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL MONTENEGRO A BORDEAUX, PATERNO'

T. GAB. 496. Roma, 18 aprile 1916, ore 21.

Telegramma di V. S. n. 34 (1).

Pregola continuare a mantenere riserbo con Re Nicola né riprendere conversazione se egli non la inizi. In questa ipotesi per quanto concerne suo progetto di aggregare truppe montenegrine alle RR. truppe operanti in Albania, ella vorrà esprimersi recisamente in senso contrario.

Per notizia personale di V. S. osservo che a parte ogni altra considerazione, presenza truppe montenegrine accanto alle nostre a Valona mentre non ci sarebbe di apprezzabi1e aiuto bellico potrebbe anzi suscitarci maggiori ostilità da parte degli albanesi. Non possiamo certamente apparci alla venuta del Re Nicola in Italia per rivedere la Regina, ma è bene V. S. sappia, che riteniamo oggi poco opportuna la presenza del Re del Montenegro in Italia.

714

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 764/158. Pietrogrado, 19 aprile 1916, ore 0,30 (per. ore 13).

Sazonov mi ha confermato che fra Russia e Giappone si stanno trattando basi di una intesa di reciproche garanzie per rispettivi interessi in estremo Oriente e che gli ottimi rapporti esistenti fra i due Governi fanno sperare che accordo possa raggiungersi; ma ha soggiunto che nulla è stato finora stabilito.

715

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RUSPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 768/86. Parigi, 19 aprile 1916, ore 15,15 (per. ore 17,50).

Mio telegramma gabinetto n. 74 (2).

Cambon mi scrive di aver parlato con Briand il quale non ritiene possibile di modificare dichiarazione ora che il Governo belga è d'accordo colla Francia come pure con Inghilterra e Russia.

Cambon mi dice aver ricordato al presidente del consiglio quanto il R. ambasciatore gli espose nella conversazione tenutasi in sua presenza (l). Briand ha risposto: «che scambio di idee in proposito non aveva avuto nel suo pensiero la portata né il significato preciso che pargli abbia attribuito S. E. Tittoni e che in ogni caso la domanda di modificazione si produceva troppo tardi),

Briand confermava così l'impressione che egli stesso (Cambon) aveva avuto e che mi fece conoscere ieri l'altro. Da tutto ciò devesi trarre la conclusione che Briand parlando con l'ambasciatore non era al corrente della accettazione da parte tre Stati alleati.

Quanto a Margerie, che mi disse in via personale il punto di vista adottato in seguito da Briand e da Cambon, del quale credetti ad ogni buon fine dar comunicazione subito a V. E. (mio telegramma gabinetto n. 72) (2), egli non aveva avuto nessuna notizia della conversazione intervenuta fra Briand, Cambon e l'ambasciatore prima che io gliene parlassi. Cambon aggiunge nella sua lettera che nulla si oppone a che Governo italiano, dando la sua adesione alla dichiarazione quale fu formulata, faccia rimarcare al Governo belga che naturalmente le potenze che avessero a trovarsi in una situazione analoga a quella del Belgio avranno diritto a uguale trattamento.

(l) -Cfr. n. 689. (3) -Cfr. n. 706, nota l, p. 524.
716

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 769/43. Corfù, 19 aprile 1916, ore 20 (per. ore 4,50 del 20).

Ministro ad interim degli affari esteri mi ha detto che principe ereditario ha riportato della sua visita in Italia una ottima impressione, che sopratutto lo ha toccato la cordiale accoglienza fattagli da S. M. il Re a Udine e che lo ha vivamente interessato la visita al fronte.

Ha dichiarato anche che l'esito dei colloqui avuti da Pasic con V. E. sono stati molto soddisfacenti. Mi ha aggiunto che, mentre Governo serbo aveva qualche ragione di dubitare delle disposizioni del Governo inglese verso la Serbia, risultato dei colloqui avuti a LondTa sia dal principe ereditario che da Pasic è stato ottimo.

717

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 770/44. Corfù, 19 aprile 1916, ore 20 (per. ore 4 del 20).

È cominciato il trasporto delle truppe serbe a Salonicco. Fra ieri e oggi sono stati imbarcati e sono partiti per via de'l capo Matapan 6000 uomini.

Circa la questione del transito per via di terra da Patrasso questo ministro ad interim degli affari esteri mi ha dichiarato che il Governo serbo ha fatto ad Atene un passo indipendentemente da quello già fatto a suo tempo dalla Francia e dall'Inghilterra invocando l'articolo del trattato di alleanza grecoserba che vi si riferisce. Nessuna risposta ha dato finora il Governo greco ma si crede che la Grecia entrerà in trattative. Frattanto continueranno ad avviarsi trasporti per mare sia per la via del capo Matapan che del canale di Corinto.

Anche dopo la partenza delle truppe il Governo continuerebbe a rimanere a Corfù almeno per qualche mese.

Idea che si era ventilata di chiedere ospitalità alla Grecia in qualche altra località più prossima a Salonicco come Volo oppure l'Eubea è stata abbandonata. Ministro degli affari esteri ha aggiunto che aveva visto stamane ministro di Francia e che gli era sembrato che anche questi sarebbe d'accordo per permanenza Governo serbo a Corfù. Qualora, come tutto porta a credere, la Francia non abbia intenzione di abbandonare l'occupazione dell'isola prima della fine della guerra, mi sembrerebbe opportuno che il Governo serbo continuasse a risiedervi ciò che conserverebbe all'occupazione il carattere di essere fatta in nome di tutti gli alleati.

(l) -Cfr. n. 687. (2) -Cfr. n. 708.
718

IL MINISTRO A BUCAREST, F ASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 776/139. Bucarest, 19 aprile 1916, ore 21,30 (per. ore 10 del 21).

Mio telegramma gabinetto n. 134 (1).

Governo francese essendo preoccupato dell'accordo romeno-germanico, Bratianu ha incaricato Lahovari di dichiarare al Quai d'Orsay che l'accordo stesso aveva un carattere puramente commerciale.

Alcuni miei colleghi dell'Intesa essendosi lamentati con Bratianu di non esserne stati preavvertiti, presidente del consiglio ha risposto finora essersi trattato di una dimenticanza ed ha confermato che l'accordo era puramente commerciale.

719

FRANO SUPILO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

L. P. Roma, 19 aprile 1916.

L'onorevole Bissolati ieri mi ha comunicato il risultato di quella sua conversazione con V. E. ed io mi inchino con rispetto.

Credo di avermi già potuto formare un'impressione, parlando con uomini politici di diversi partiti che concetto si formerà in Italia sulla questione della nostra unità nazionale jugoslava. Per molti la cosa era ancora poco nota e si presentava piuttosto sotto la forma di una semplice invasione e conquista dell'ortodossia serba. Su questo, dopo quell'infelice atteggiamento della Serbia, in seguito alla démarche della Quadruplice per la Macedonia avevo presentato un «promemoria » di sette punti al governo inglese. I criteri lì esposti furono approvati da tutti i specialisti inglesi e francesi, che conoscono le nostre condizioni nazionali.

Mi permetta di consegnarLe una copia, acclusa qui, insieme ad una lettera che portavo a V. E., perché, questa ultima, forse, contiene qualche cosa oltre la semplice presentazione.

ALLEGATO I

PROMEMORIA

Londra, ottobre 1915.

I. The Croats, the Serbs and the Slovens are geneticaliy one nation, with three names, with different historical traditions, with different State and Constitutional rights, with different form of culture and civilization, but with a single language and of a single racial stock.

II. Within the Habsburg Monarchy, the leading politica! part among the CroatSerb-Slovene Nation belongs to Croatia as prima inter pares. Outside the Habsburg Monarchy, the same part of leadership devolves upon, and belongs to Serbia. In the case of Serbia, as in that of Croatia, the principle of complete equality between the elements of different politica! denomination holds good, as does also the principle of complete religious equality and freedom.

III. Croatia proper, with her capitai, Agram, appears to ali Croats, wherever they may be situated, as the head and the heart of the Croat cause; just as Serbia proper, with her capitai at Belgrade, is the head and heart of the Serb cause. To Croats, Croatia with Agram stands as the essential part of their being as a politica! and constitutional entity. The other regions inhabited by Croats, outside Croatia proper, regard themselves as member of this Croat body-politic.

IV. -The idea of Serb-Croat-Slovene national unity involves, politicaliy, the logica! conclusion of aspiring to, and working for political union in a free national State, in which each branch or denomination, would bring to the common national fund the contribution of their special tradltions and of their best capacities and energies. This new unitary formation would have to be the harmonious product of ali our forces, by the fusion of minds, traditions and hopes in a single effort to assure our common future. Thus there would be created a State of some 12 to 13 millions (7 millions Orthodox, 5 millions Catholics and 800.000 Slav Musulmans) strong enough to contest the passage of German imperialist expansion through its natural gateway to the East. This State would therefore be the natural aliy of ali those who oppose Germanic hegemony and dominations. V. -But the process of national unification and fusion cannot be carried to a successful end without the wholehearted cooperation of Croatia (with Agram) as the true representative of the Croat cause.

VI. If forces stronger than the inherent justice of the unitary national idea should impede its realisation -that is to say, if, for instance, Croatia should be escluded from the complex of Yugoslav lands joined to Serbia and formed into a separate entity -it would then be necessary that Serbia should, at the right moment, so reform herself nationally, polit1caliy, constitutionaliy and in quality of culture, as to render impossible the development of a second, or competing, Southern Slav State and the growth of a national movement in favour of such competing State. In other words it would be necessary for Serbia so to transform herself internally, that she alone would be the standardbearer of the unitary Southern Slav cause.

VII. Otherwise instead of the liberation, union and fusion of the Croats and Slovenes with the Serbs, it would, on the contrary, be a simple case of conquest and domination inspired by Serb-orthodox exclusivism. In this case, Serbia would show that she either could not, or would not accept, as the basis of her policy the principle of Yugoslav national unity, and the achievement of that unity would then have to be post-poned until a more favourable moment.

Pending the arrivai of such a moment, it would be the duty of all Croats so to act, that all the Yugoslav regions in which the majority of the population might, of its own free will, declare itself in favour of Croatia, should be united to Croatia .

.ALLEGATO II BISSOLATI A SONNINO Parigi, 7 febbraio 1916.

Mi permetto di presentarle e di pregarla di ricevere il mio buon amico Supilo il cu\ nome le sarà conosciuto.

È importante che egli possa abboccarsi direttamente con Lei.

Egli è un uomo fido, intelligente e molto influente nel mondo jugoslavo. A Londra ha veduto Grey e Asquith e a Parigi Briand.

(l) -Cfr. n. 699. (2) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. !n SONNINO, Carteggio, clt., n. 523.
720

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 773/137. Atene, 20 aprile 1916, ore 2 (per. ore 17).

Questo ministro di Serbia ha ricevuto ordine dal suo Governo di insistere presso il Governo greco per trasporto truppe serbe via terra. In appoggio alla sua domanda egli deve invocare alleanza greco-serba, la promessa di neutralità benevola ed anche motivi di umanità. Questi ministri di Francia e di Inghilterra hanno istruzione di appoggiare il passo del ministro di Serbia. Prego V. E. volermi dare qualche direttiva per il caso che i colleghi invocassero anche mio appoggio (l).

721

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1901/103 GAB. (2). Washington, [20] aprile 1916, ore ... (per. ore 13).

Telegramma di V. E. n. 994 (3). Avvenimenti cinesi non sfuggono all'attenzione di questo Governo. Ma da un atteggiamento attivo esso non è soltanto

distolto dalle altre questioni che lo assorbono, ma trattenuto pure dal timore che suscita diffidenza e ostilità del Giappone, che oggi, più che mai, potrebbe creare a questo Governo seri imbarazzi e che in sostanza è fortemente temuto. Disinteresse già mostrato dal Governo degli Stati Uniti in occasione ultimo cambiamento regime Cina rivela tanto più inutilità per chicchessia tentare indurlo al presente intromettersi colà. A questo riguardo credo poter assicurare

V. E. che Inghilterra, di ciò consapevole, non ve lo spinge. Non escludo che, se influenza giapponese in Cina minacciasse affermarsi con soverchie preponderanze, questo Governo potrebbe dirigere più innanzi a Pechino un nuovo monito platonico per mantenimento porta aperta.

Governo cinese può anche conseguire qualche lieve prestito da banche americane senza che Washington si opponga. Ma, perdurando al potere amministrazione Wilson, nulla di più è da prevedere. Intorno al presente argomento politica generale, attiro attenzione di V. E. sul mio rapporto n. 166 in data del 1° maggio 1915 (1).

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 728. (2) -Partito come telegramma di gabinetto, è stato protocollato in arrivo nella serle ordinaria. (3) -Cfr. n. 706, nota l, p. 522,
722

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 772/104. Washington, [20] aprile 1916, ore ... (per. ore 12).

Mio telegramma n. 102 (2).

Wilson, dopo aver ricapitolato questione sottomarini dalla modificazione tedesca della zona di guerra ad oggi, ha annunciato al Congresso di aver dichiarato al Governo tedesco che, se persistesse nel proposito di continuare la inumana guerra dei suoi sottomarini contro le navi mercantili malgrado l'oramai dimostrata impossibilità di condurla in conformità delle norme sacre ed indiscutibili di diritto internazionale e dei dettami umanitari universalmente riconosciuti, non rimarrebbe al Governo degli Stati Uniti che una via da seguire; e che, perciò, se la Germania non dichiarerà immediatamente ed effettuerà in pari tempo l'abbandono dei suoi attuali metodi di guerra con le navi mercantili, siano esse destinate al trasporto passeggeri ovvero di merci, questo Governo romperà interamente le relazioni con il Governo tedesco.

La nota è stata telegrafata a Berlino ieri sera.

(l) -Cfr. serie V, vol. III, n. 539. (2) -Con t. gab. 765/102 del 18 aprile Macchi di Cellere aveva riferito circa l'improvvisa convocazione da parte di Wilson dei due rami del Congresso « per esporre situazione determinatasi nei rapporti colla Germania che avrebbe raggiunto uno stadio acuto».
723

IL MINISTRO A L'AJA, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1908/85. L'Aja, 20 aprile 1916, ore 14,37 (per. ore 19,20).

Impressione e grande malcontento hanno prodotto in Olanda le due misure prese dal Governo inglese. Prima: di sequestrare e trattenere tutto il carbone di provenienza tedesca a boTdo navi neutre. Seconda: di esigere da parte navi, che faranno carbone in Inghilterra, la cessione del 30 per cento del loro tonnellaggio.

Vi furono conferenze a tale riguardo fra ministri competenti e rappresentanti delle grandi compagnie di navigazione e della lega olandese degli armatori.

A tale proposito, questo ministro degli affari esteri disse a me ed a questo mio collega inglese, essere a deplorare che ora, che l'opinione pubblica olandese era nuovamente rassicurata e ben disposta verso Inghilterra, queste misure verrebbero fatalmente ad alienarle nuovamente e gravemente le simpatie degli olandesi. E il ministro si domandava se tali misure contro le quali il Governo olandese non mancherà di protestare energicamente, porteTanno tale vantaggio all'Inghilterra, da compensare l'ostilità e le difficoltà che ciò le attirerà da parte dei neutri.

724

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 774/21. Le Hàvre, 20 aprile 1916, ore 20,55 (per. ore 0,50 del 21).

Ministro affari esteri di sua iniziativa mi ha parlato delle osservazioni di

V. E. al testo di dichiarazioni per il Congo delle quali era stato perfettamente

informato da Parigi.

Egli mi ha fatto vive premure affinché telegrafassi a V. E. quanto segue:

«Secondo Governo belga indennità speciale non vuole dire privilegiata ma una indennità distinta da quella che sarà richiesta per il territorio belga; qualora siffatto schiarimento non soddisfacesse V. E., Governo belga non avrebbe alcuna difficoltà fosse nella dichiarazione specificato che detta indennità sarebbe analoga a quella che potrebbero ottenere le altre potenze belligeranti».

Questa spiegazione potrebbe essere forse oggetto d'un riservato scambio di note tra ministro degli affari esteri e me contemporaneamente alla nostra adesione alla dichiarazione affine di evitare lungo indugio che deriverebbe dalle trattative con le potenze per la modificazione del testo essendo questo Governo vivamente interessato ricevere dichiarazione (1).

(l) Per la risposta di Sonnino cfr. n. 729.

725

IL MINISTRO A L' AJA, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 616/137. L'Aja, 20 aprile 1916 (per. il 1° maggio).

Alla domanda rivoltagli dai due deputati socialisti, i signori Schaper e Albarda, i qua:li avevano chiesto al Presidente del Consiglio e Ministro dell'Interno di ristabilire i congedi militari in occasione delle Feste di Pasqua, il signor Cort van der Linden rispose che la disposizione presa dal Governo di sopprimere i congedi periodici non poteva essere né ritirata, né modificata per il momento ed aggiunse queste te,stuali parole: «I pericoli che H Governo teme non sono ancora scomparsi completamente. Essi aumenterebbero nuovamente in seguito al ritiro della mism:a che è stata presa, e tale ritiro farebbe dubitare della nostra ferma volontà di mantenere la nostra neutralità. Lo scopo della misura presa è esclusivamente quello di tenerci al di fuori della guerra, e di non !asciarci sorprendere dagli avvenimenti~.

Questa dichiarazione del Capo del Governo ha fatto una profonda impressione nel paese, ed è sintomatico vedere il grande giornale socialista Het Volk esprimersi in proposito nei termini seguenti: «Il Presidente del Consiglio dei Ministri sapeva che la domanda fatta dai deputati Schaper e Albarda era molto importante ed urgente. Il Ministro sapeva che quei signori parlavano in nome di migliaia e migliaia di soldati. Se il Presidente del Consiglio avesse creduto possibile soddisfare a tale domanda, siamo sicuri che lo avrebbe fatto. Per rifiutare il Ministro deve aver avuto dei motivi che egli ritiene perentori. E se il comunicato che è stato pubblicato non dà spiegazioni dettagliate circa tali ragioni, se il Ministro non ha dato tali spiegazioni ai due deputati socialisti, ciò ci conferma nel nostro convincimento che l'opinione da noi formulata non è lontana dalla verità. L'una o l'altra " sorpresa " ci minaccia. L'una delle parti belligeranti, temendo che noi siamo troppo deboli per impedire che una parte del nostro territorio diventi una base di operazioni per l'avversario, minaccia di occupare intanto quella parte di territorio. Un fatto di tale natura ci precipiterebbe immediatamente nella guerra. È contro una tale eventualità che il mantenimento delle nostre truppe sul piede di guerra si impone imperiosamente. Quale è la Potenza che dubita della nostra forza di resistenza? Non vi è bisogno di domandarselo. Crediamo adunque molto verosimile che il motivo del ritiro dei congedi militari deve essere ricercato nel fatto che una diminuzione nello stato di preparazione del nostro esercito porterebbe con sé il pericolo di una violazione della nos.tra neutralità da parte della Germania, e ciò per prevenire una violazione della nostra neutralità, supposta possibile, da parte dell'Inghilterra. Purtroppo, temiamo che la soppressione dei congedi militari sia il risultato di una triste necessità che ci è imposta dal di fuori~.

Nello stesso senso che il Ministro Cort van der Linden si è espresso questo Ministro degli Affad Esteri in una conversazione avuta ieri con il mio collega di Russia e da questi riferitami. Avendo il signor Swetchine chiesto al signor Loudon se poteva dargli l'assicurazione che 11 Governo olandese, in seguito alle formali e categoriche rassicuranti dichiarazioni dei Governi francese ed inglese, considerava la situazione senza più alcuna inquietudine questo Ministro degli Affari Esteri, dopo un momento di esitazione e di riflessione, rispose: «No, io considero che un pericolo latente per noi persiste tutt'ora». Da queste parole il mio collega ed io crediamo di poter logicamente dedurre ciò che del resto ha detto chiaramente il giornale Het Volk, e ciò che ha lasciato intendere il Ministro Cort van der Linden, vale a dire, che il Governo olandese non teme più un attacco da parte dell'Inghilterra, ma crede ancora possibile e paventa che ad un momento dato la Ge11mania voglia invadere il territorio olandese.

726

IL CONSOLE A JANINA, NUVOLARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 311/89. Janina, 21 aprile 1916 (per. il 10 maggio).

Ho l'onore di segnalare alla particolare attenzione di V. E. una voce che corre tra l'elemento musulmano dell'Epiro settentrionale e che si sussurra segretamente anche tra gli ortodossi di quella regione, vale a dire, che con l'acquiescenza e probabilmente anche con l'aiuto indiretto del Governo ellenico, truppe austriache scenderebbero dall'Albania nell'Epiro settentrionale e con un movimento aggirante attaccherebbero di fianco dal lato di Tepelen e Chimara le truppe italiane che difendono Valona.

Tale notizia mi è stata data da diverse fonti. È sicuro che essa circola nell'Epiro del nord. Probabilmente sarà conosciuta anche dal Comando Militare di Valona; noto però al riguardo che una vera e propria insistenza essa non ha assunto che in questi ultimi giorni e specialmente in Argirocastro.

Con tale notizia sembra possa collegarsi il lavorio di bande greche nell'Epiro settentrionale (sul quale riferisco con rapporto separato) evidentemente per iniziativa delle autorità elleniche, poichè si deve essere ben persuasi che quando le autorità greche non lo permettono e non forniscono i fondi ed i mezzi necessari, le bande non possono assolutamente formarsi ed esistere.

Vi è qui l'impressione che n Governo greco non potrebbe schierarsi contro l'Italia apertamente, anche in caso di una avanzata nostra nell'Epiro del nord. L'insufficienza del numero di truppe greche esistenti alla frontiera attualmente, ed il fatto che nessun provvedimento è stato finora adottato per il ritorno in Albania dell'VIIP e IXa divisione provano che militari greci non intenderebbero resisterei, rendendosi perfetto conto delle conseguenze che l'apertura delle ostilità ufficiali contro noi avrebbero per essi, cioè secondo ogni probabilità, la guerra contro Intesa. Le autorità greche quindi seguendo la solita politica d'intrigo provvederanno invece, come pare oramai accertato, alla formazione di bande per molestarci e forse anche per favorire le infiltrazioni di elementi austriaci che verrebbero a rinforzare le bande ed a favorire una discesa austriaca nell'Epiro autonomo.

Premesso questo, io mi permetto di sottoporre all'esame di V. E. la proposta dell'occupazione di truppe alleate italiane del porto di Santi Quaranta.

A mio remissivo parere con tale occupazione si otterrebbero i seguenti risultati:

1°) garantire il fianco delle nostre truppe a Tepelen e Chimara e prendere eventualmente alle spalle o di fronte truppe nemiche, disperdendo comunque facilmente bande greche od anche albanesi penetranti dall'Albania meridionale in Epiro sotto la guida di ufficiali austriaci.

2°) paralizzare ogni velleità nelle autorità greche di crearsi impicci e molestie con la formazione di corpi irregolari impedendo col semplice fatto della nostra presenza i Santi Quaranta l'organizzazione di simili corpi. A questi verrebbe così precluso il naturale campo di azione, cioè il territorio dell'ex Epiro autonomo dovendo escludersi la possibilità di una azione di bande greche in territorio già riconosciuto alla Grecia, quale quello dell'Epiro compreso nei confini segnati nel protocollo di Firenze dalla Commissione Internazionale di Delimitazione delle frontiere greco-albanesi.

3°) Facilitare e rendere veramente utile e proficuo e più spedito il servizio di informazioni militari che si intende istituire nell'Alto Epiro e che la cattiva volontà delle autorità greche non potrebbe più intralciare.

4°) Esercitare un'influenza grandissima sullo spirito pubblico ne·l suddetto territorio tanto con riferimento alle popolazioni musulmane che ortodosse orientandole definitivamente a nostro favore creando un ambiente ed uno stato d'animo a noi propizio, circostanze queste indubbiamente non prive di importanza ed a sfruttare in seguito, specialmente in occasione del regolamento definitivo della questione epirota al Congresso della pace (nel mio rapporto odierno

n. 88 (1) ho già accennato al fatto che l'opinione pubblica nord-epirota dopo l'avanzata delle nostre truppe sino confine epirota-albanese comincia a manifestarsi a nostro favore).

5°) Stabilire fin d'ora una base di cui gli alleati potrebbero servirsi in seguito nello sviluppo delle operazioni di guerra sia degli anglo-francesi risalenti da Salonicco verso Florina Monastir Koritza, sia da parte delle truppe italiane contro truppe austriache e elementi greci.

L'occupazione di Santi Quaranta darebbe il dominio dell'Epiro Settentrionale di cui è l'unico sbocco e per così dire la chiave, ed il mezzo di utilizzare in seguito (la prospettiva di una lunga durata della guerra può rendere opportuno e forse necessario di tener presente anche l'eventualità di doversene servire per scopi militari, vettogliamento ecc.) la strada carrozzabile Santi Quaranta Leskovik Koritza Monastir, gran parte della quale è compresa nel territorio assegnato dalla Conferenza di Londra all'Albania.

Si deve notare che la suddetta strada è l'unica via di comunicazione che

allaccerebbe truppe anglo-francesi, operanti verso Monastir, con altre truppe

alleate e italiane operanti sul versante adriatico.

6°) L'attuale momento sarebbe opportuno per l'occupazione di Santi Quaranta perchè non esistono truppe greche che possano ostacolarla. In ogni modo

sarebbe meglio cogliere questo momento per compiere simile operazione, piuttosto che attendere a farla allorquando il quinto corpo d'armata fosse stato trasportato, come ne è corsa voce però non confermata, dalla Macedonia nell'Epiro.

Se questa mia proposta fosse accolta in serio esame, potrei adoperarmi presso questi miei colleghi di Francia e Inghilterra perchè anche essi la patrocinassero presso i loro Governi.

A tale proposito rilevo anzi che Vice Console francese sarebbe favorevole in massima detto provvedimento, avendo già richiamato da tempo l'attenzione del suo Governo sulla necessità di una strettissima sorveglianza del porto di Santi Quaranta.

Infine non è fuori di luogo aggiungere che una occupazione di quella località è certissimo verrebbe accolta con profonda soddisfazione dall'elemento musulmano dell'Epiro settentrionale e favorevolmente anche dalla popolazione cristiana dell'Epiro in genere, e particolarmente di quella settentrionale, sui cui sentimenti ebbi a riferire come già dissi con rapporto n. 88. Identica comunicazione ho fatta alla R. Legazione ed al generale Marro pel tramite del R. Console a Corfù.

(l) Non pubblicato.

727

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 781/139. Atene, 22 aprile 1916, ore 2,15 (per. ore 16,50).

Oggi o domani giunge qui da Corfù un ufficiale serbo per discutere da un punto di vista tecnico questione trasporto truppe serbe. Questo ministro di Serbia, uomo abile e misurato, sembra avere efficacemente preso in mano l'affare e sono sicuro che se lo lascian fare lo mena a buon fine sottraendo intempe,ranze ed improntitudini di questo ministro di Francia che, come in tutte le altre questioni, cosi in questa, assai più che alla cosa in sè mira a creare mezzi di dominazione in Grec1a.

728

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, E A PARIGI, RUSPOLI

T. GAB. 504. Roma, 22 aprile 1916, ore 17,30.

(Meno Atene) -Il R. ministro ad Atene telegrafa quanto segue: «Questo ministro... » (come nel telegramma n. 773/137) O).

Ho risposto a Bosdari quanto segue:

(Solo Atene) -Telegramma di V. S. n. 137.

(Per tutti) -Perché V. S. non si differenzi dai rappresentanti degli alleati la autorizzo ad unirsi eventualmente ad essi si omnes per raccomandare al Governo greco trasporto delle truppe serbe per la via di terra. Ma naturalmente azione di V. S. dovrà avere lo scopo anzidetto, senza dimostrare alcuna speciale atività da parte nostra in questa azione (l).

(l) Cfr. n. 720

729

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, E A PARIGI, RUSPOLI

T. GAB. 505 Roma, 22 aprile 1916, ore 20.

(Solo per le Havre) -Telegramma di V. E. n. 21 (2).

(Meno Parigi) -R. incaricato d'affari a Parigi telegrafa quanto segue:

1° -Col mio telegramma... (come nel telegramma n. 759/74) (3).

2° -Briand m'informa... (come nel telegramma n. 758/73) (4).

3° -Cambon mi scrive... (come nel telegramma n. 768/86) (5).

(Solo Parigi) -Telegrammi di V. S. nn. 73, 74 e 86.

(Meno Le Havre) -R. ministro a Le Havre telegrafa quanto segue: «Ministro degli affari esteri...» (come nel telegramma n. 774/21).

Ho risposto a Carignani quanto segue: (Per tutti) -Poiché non pare ormai più possibile modificare il testo proposto dalla Francia, come sarebbe stato preferibile conformemente alle conversazioni Tittoni-Briand, non sembrami necessario, dopo quanto si è passato e le delucidazioni verbali espresse, che Governo belga ci faccia una speciale dichiarazione riservata. Accettiamo quindi puramente e semplicemente la proposta francese comunicatami da Barrère (vedi mio telegramma n. 428) (6) cioè che «l'Italia prende atto della dichiarazione fatta dalla Francia al Belgio » relativa al Congo. Prego V. S. agire in conseguenza. Attendo di conoscere quando il passo sia avvenuto e se ed in che forma precisa debba darsene comunicazione alla Stejani (7).

(l) -Per la risposta cfr. n. 746. (2) -Cfr. n. 724. (3) -Cfr. n. 708, nota 2, p. 524. (4) -Cfr. n. 709. (5) -Cfr. n. 715. (6) -Cfr. n. 636. (7) -Per la risposta di Carignani cfr. n. 733.
730

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AL COMANDANTE DELLE TRUPPE D'ALBANIA, PIACENTINI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (1).

T. 1033. Roma, 22 aprile 1916, ore 23.

(Meno Atene) Ho telegrafato ad R. ministro in Atene quanto segue:

(Per tutti) Coromylas mi ha letto un dispaccio del suo Governo in cui si esponeva in modo diverso l'incidente dello sconfinamento greco, dicendo che i greci erano stati chiamati ad avvicinarsi dai soldati nostri, suggeriva che i due comandanti facessero fare una inchiesta sui fatti. Egli aggiungeva che per meglio evitare in avvenire involontari sconfinamenti di soldati e di civili converrebbe che ufficiali superiori delegati dai due comandi definissero d'accordo sul terreno in alcuni tratti, il preciso confine tra le due zone di occupazione. Il Governo greco aveva intanto mandato ordini severi al generale Milistis perché impedisse qualunque incidente che potesse dare agli italiani motivo di giustificato lamento. Egli mi scongiurava di impedire che generale Piacentini mettesse in atto la minaccia dopo il 25 corrente di farsi giustizia da sé.

Ho risposto che quanto alla opportunità del tracciamento più palese del confine avrei comunicato il suo suggerimento al comando militare, non potendo io deciderne.

Riguardo all'inchiesta sugli ultimi ratti non ne vedevo la utilità dopo le precise affermazioni della nostra autorità militare locale. La riconsegna dei militari arrestati era stata fin dal primo momento decisa dal generale Piacentini. Si sarebbe fatta ora a Corfù.

Confidavo che, avendo il Governo greco dato gli ordini di evitare qualunque ripetizione dei fatti, il generale Piacentini non avrebbe dato alcun seguito alla sua minaccia di inseguire sul territorio occupato dai greci qualunque eventuale trasgressore singolo.

731

IL MINISTRO AD ATENE, BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 784/140. Atene, 23 aprile 1916, ore 3,20 (per. ore 15,15).

Sembra che gli austro-tedeschi abbiano dichiarato al Governo greco che se esso non si opporrà colla forza al trasporto per terra o per acque territoriali greche delle truppe, essi lo considereranno come atto ostile: in tal guisa potrebbe Gtecia trovarsi involta nella guerra senza volerlo. Ciò senza dubbio risponde ai desideri Francia e potrebbe spiegare l'insistenza di questa pel trasporto per terra.

Intanto Bonnier, tornato ieri dalla Francia, ha detto chiaramente che se a mezzo truppe serbe Francia riuscirà prendere possesso delle ferrovie non le lascierà fino alla fine della guerra per servirsene per i propri trasporti a Salonicco evitando pericolosa vi,a del Capo Matapan.

(l) Ed. In SONNINO, Diario, clt., pp. 336-337.

732

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, PATERNO', AL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, SONNINO

T. 1960/15 Bordeaux, 23 aprile 1916, ore 20 (per. ore 0,45 del 24).

Il Re ha accettato dimissioni dell'attuale presidente del Consiglio. S.M. mi ha dichiarato che voleva da tempo sbarazzarsi del signor Mijuskovic, ma che le difficoltà per rimpiazzo glielo avevano impedito. Come successore si fa il nome del Radovic, ex-delegato montenegrino in Italia.

733

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 787/22. Le Hàvre, 24 aprile 1916, ore 19,30 (per. ore 23,15).

Telegramma di V.E. gabinetto n. 505/17 (l).

Per dichiarazione Congo si procederà cosi: ministro di Francia consegnerà a questo ministro affru-i esteri nota contenente il testo della dichiarazione (identica a quella comunicata a V.E. da Barrère oggetto telegramma V.E. gabinetto n. 428 (2); nel giorno stesso il ministro d'Inghilterra e l'incaricato affari Russia invieranno separatamente a questo ministro affari esteri nota per informarlo dell'adesione dei loro governi alla dichiarazione francese della quale riprodurranno il testo; io farò altrettanto ma ben inteso in luogo dell'adesione dirò che il R. Governo prende atto.

Ministro affari esteri accuserà ricevuta delle quattro note e comunicherà subito alla Havas il testo delle dichiarazioni, aggiungendo che la Gran Bretagna e la Russia aderiscono e l'Italia ne prende atto.

Rimetterò immediatamente all'E. V. tale comunicazione per telegrafo come per la dichiarazione 14 febbraio p.p. in modo possa essere pubblicata contemporaneamente qui a Le Hàvre e Roma.

Si intenderebbe procedere anche se non fosse giunta risposta del Giappone.

Credo utile avvertire che il riservato scambio di note (ultima parte mio telegramma n. 21) (l) fu una mia idea e non ne feci neppure accenno al ministro affari esteri.

(l) -Cfr. n. 729. (2) -Cfr. n. 636.
734

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 1970/333. Londra, 24 aprile 1916, ore 22 (per. ore 2,30 del 25).

Essad pascià venuto stamane farmi visita all'ambasciata. Nella conversazione d'indole generale gli chiesi se aveva intenzione fermarsi a lungo qui e se sarebbe dopo tornato in Italia.

Egli ne prese occasione per informarmi delle ragioni che lo facevano evitare di tornare, almeno per ora, in Italia. Mi disse avere già esposto situazione durante il suo soggiorno a Parigi a S. E. Tittoni, il quale non potè dargli risposta essendo partito per Roma due o tre giorni dopo sua visita.

Non sto quindi a ripetere ciò che certamente è già noto a V. E. In riassunto Essad pascià si protesta affezionato amico Italia, cui avrebbe già reso importanti servizi; reputa che egli dovrebbe ricevere trattamento nelle stesse qualità con gli stessi diritti e privilegi già riconosciutigli a Durazzo e in conformità accordi intervenuti colà con Piacentini.

Dichiara aver ricevuto accoglienze più conformi sua pos1Z10ne in Francia ed in Inghilterra di quello che ebbe in Italia, dove, egli dice, avere constatato una certa indifferenza a suo riguardo.

Pascià mi ha espresso il desiderio sia portata a conoscenza di V. E. sua incresciosa impressione perché V. E. abbia semplicemente accennato a lui come generale Essad pascià, senza far menzione nè della sua posizione come capo del Governo di fatto, albanese, nè degli aiuti da lui prestati e delle prove di devozione date alla causa italiana, diminuendo cosi prestigio suo e sua posizione, sia fra albanesi che in Italia stessa.

Egli mi lasciò intendere sua intenzione restare in Francia o altrove, qualora accordi intervenuti con Piacentini non potessero essere mantenuti.

ln base notlzle contenute telegramma di V. E. n. 967 (2), esposi pascià mio convincimento personale che sua assenza dall'Italia, nelle circostanze attuali, rappresenterebbe, oltreché una scortesia, anche mossa assai poco abile da parte sua, dov<mdo egli ricordarsi che sull'Italia poteva fare completo affidamento, anche nell'interesse stesso dell'Albania.

Sarei grato a V. E. se volesse telegrafarmi d'urgenza, qualora ritenesse opportuno io faccia qualche comunicazione in proposito a Essad pascià, avendo egli detto che, probabilmente, partirebbe prestissimamente (3).

(l) -Cfr. n. 724. (2) -Cfr. n. 690, nota l, p. 509. (3) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 740.
735

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 790/142. Atene, 25 aprile 1916, ore 3 (per. ore 18,50).

Questo ministro di Serbia ha avuto un lungo colloquio col Re Costantino circa il trasporto di truppe serbe.

Il Re gli ha confermato la minaccia autro-tedesca (l) per la eventualità che la Grecia non resista colla forza a quel passaggio pel territorio e per le acque territoriali elleniche.

I due ministri hanno detto in quell'eventualità che i due Imperi centrali dovrebbero «considerare la Grecia come paese non neutrale».

Personalmente Re Costantino teme soprattutto che francesi vogliano profittare di quel passaggio per restare su territorio greco e dominare permanentemente le vie di comunicazione. Ha lasciato incerte e vaghe proprie conclusioni pratiche.

Oggi avranno luogo primi colloqui dell'ufficiale serbo giunto a Corfù collo Stato Maggiore greco (2).

A dissipare allarme del Re e dell'opinione pubblica sulle vere intenzioni francesi questi ministri di Francia e d'Inghilterra faranno oggi al presidente del consiglio dichiarazione che le truppe serbe non si fermeranno in Atene che il tempo strettamente necessario per loro trasbordo».

736

IL MINISTRO A BUCAREST, F ASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 793/144. Bucarest, 25 aprile 1916, ore 14,30 (per. ore 12,15 del 26).

Mio telegramma n. 139 (2).

Questo mio collega di Russia mi ha detto di aver ricevuto un telegramma con cui Sazonov gli manifestava il suo vivo malcontento per la convenzione romeno-germanica.

Ministro di Francia è stato anche egli informato che la convenzione stessa ha fatto pessima impressione a Pietrogrado.

E' opportuno avvertire che le concessioni ai nostri nemici non si sono limitate a questa convenzione e ad esportazione di cereali in Germania ed Austria-Ungheria. Si esportano anche farine in grandi quantità e non solo nei due Imperi ma anche in Bulgaria e in Turchia. Ciò ha preso un crescente sviluppo, non senza fondato sospetto di corruzione, da quando tutta la ma

teria delle esportazioni è passata dal ministero delle finanze a quello dell'agricoltura.

Ufficio britannico per l'acquisto dei cereali ha tentato invano di concludere un accordo coi mulini uniti di Romania, affinché contro una grossa somma si impegnassero a lavorare esclusivamente pel consumo interno: i prezzi offerti dagli Imperi centrali e dai loro alleati sono stati tali da mandare all'aria tale progettato accordo.

(l) -Cfr. n. 731. (2) -Cfr. n. 727.
737

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 794/165. Pietrogrado, 25 aprile 1916, ore 16,15 (per. ore 15,30 del 26).

Per quanto in questi circoli ufficiali si affetti di non attribuire molta importanza all'accordo germano-romeno (l), constami in via riservata, che Sazonov è rimasto colpito dalla coincidenza dell'accordo stesso con la dichiarazione di Bratianu a Poklewsky circa l'atteggiamento della Germania e Bulgaria Romania. Contrariamente alle consuete apprensioni ripetutamente manifestate a tale riguardo, Bratianu si è dimostrato infatti negli ultimi tempi rassicurato sul contegno della Germania e Bulgaria e Sazonov sarebbe indotto a supporre che l'accordo commerciale copra l'intesa da parte Germania e Bulgaria di non attaccare Romania e da parte di quest'ultima di non uscire dalla neutralità.

738

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, DURAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. POSTA 802/16. Berna, 25 aprile 1916 (per. il 27).

Seguito al mto rapporto in data 20 corrente n. 796/201 (2).

Il Bund di oggi, che è spesso il portavoce di queste alte sfere militari, a proposito di un articolo della Gazzetta Ticinese nel quale si accenna ai nostri lavori di fortificazione alla frontiera itala-svizzera come ad una prova della nostra ditfidenza verso la Svizzera in caso di una violazione della sua neutralità da parte della Germania o dell'Austria-Ungheria, commenta come segue:

«La ditfidenza dell'Italia, se veramente esiste, è assolutamente infondata. Centinaia di volte è stato ormai assicurato, utficialmente e non utficialmente, nella forma più chiara e recisa, che la Svizzera è decisa a difendere la sua neutralità contro chiunque osasse violarla. È quasi offensivo che tali assicurazioni vengano di nuovo poste in dubbio. Del resto basta un elementare criterio nel giudicare la situazione generale della guerra per comprendere che

presentemente una violazione del territorio svizzero da parte dell'Austria-Ungheria o della Germania è ora da temersi meno che mai, non fosse che per il motivo che queste due Potenze belligeranti procurerebbero con ciò a se stesse i più grandi danni. Questi nuovi sospetti contro la Svizzera sono forse causati dal fatto che l'Italia si vede nella necessità di trovare dei pretesti per giustificare i suoi lavori di fortificazione alla nostra frontiera meridionale che in questi ultimi tempi hanno preso un grande sviluppo (e non si tratta solo di trinceramenti, come dice la Gazzetta Ticinese) ».

È la prima volta che un giornale svizzero accenna ai nostri lavori di fortificazione ed il commento del Bund non è certamente fatto per metterli in buona luce. È prevedibile che parecchi altri giornali svizzeri a noi ostili o semplicemente diffidenti -per non parlare della stampa austro-tedesca svilupperanno largamente questo primo spunto e, forse, se ne approfitteranno per iniziare contro di noi una nuova campagna di denigrazione e di calunnie, allo scopo di intorbidare i rapporti tra i due paesi.

Per troncare, se possibile, il male alle radici ed in attesa delle istruzioni che l'E. V. crederà impartire al marchese Paulucci (che sarà di ritorno domani), ho oggi stesso pregato questo R. addetto militare di attirare personalmente sulla pubblicazione del Bund l'attenzione del signor Decoppet, presidente della confederazione, nonché capo del dipartimento militare, chiedendogli se a lui paresse giusto ed opportuno che, dopo l'attitudine aperta e leale da noi tenuta, giornali svizzeri potessero permettersi di svisare le nostre intenzioni e di elevare gravi insinuazioni contro misure da noi prese a puro scopo difensivo e per f,ronteggiare qualsiasi, anche lontana, eventualità.

Il signor Decoppet si affrettò a far rilevare che il comunicato non aveva nulla di ufficiale né di ufficioso e che quindi non poteva rappresentare che un'opinione personale del redattore. Avendo il colonnello Bucalo fatto rilevare l'insinuazione contenuta nella chiusa del commento, il signor Decoppet riconobbe che la pubblicazione era regrettable et absurde ed assicurò che domattina, in unione col capo del dipartimento politico, signor Hoffmann, avrebbe concertato un mezzo per temperare l'impressione che l'articolo del Bund potrebbe produrre (1).

(l) -Cfr. n. 699. (2) -Non pubblicato.
739

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 240/103. Stoccolma, 25 aprile 1916.

In abbedienza alle istruzioni impartitemi dall'E. V. col dispaccio n. 7 (Gabinetto) del 21 marzo (2) u.s., ho rigorosamente evitato ogni contatto colla

«Nel segnar ricevimento del telegramma 25 aprile n. 16 gabinetto che fa seguito al rapporto n. 796/201 del 20 corrente, la ringrazio delle cortesi comunicazioni e la prego di voler continuare a tenere lo stesso atteggiamento ove codesta stampa prenda a pretesto i lavori di fortificazione alla frontiera itala-svizzera per svisare le nostre intenzioni nel riguardi della Confederazione elvetica».

conferenza neutrale per la mediazione continuata. Questa mi ha però ora fatto pervenire « per mia informazione » il testo francese di un « appello » che essa ha rivolto ai Governi, ai Parlamenti ed ai popoli dei paesi belligeranti. Data la forma dell'invio non ho creduto necessario di respingerlo; ma mi sono astenuto da qualsiasi risposta.

Trasmetto ad ogni buon fine a V. E. il documento in questione (l), di cui Ella avrà forse avuto già altrimenti cognizione. In esso si accenna anche ad eventuali condizioni di pace, fra cui sono altresì compresi un nuovo esame della questione dell'Alsazia-Lorena ed un nuovo regolamento delle frontiere austro-italiane che soddisfi, per quanto è possibile, le nazionalità interessate.

Come ho già avuto occasione di accennare, la conferenza in questione, derivata dalla missione Ford, non è stata e non è presa sul serio. Tuttavia il suo appello potrebbe, specialmente per i due punti citati, avere un interesse sintomatico ove si potesse stabilire che, come talvolta è stato detto e come altre parti dell'appello stesso potrebbero far supporre, essa subisca in qualche modo influenze tedesche.

A tale proposito va rilevato che le condizioni di pace, enumerate nell'accluso appello, corrispondono, con qualche sfumatura diversa, a quelle contenute in una pubblicazione dell'Anti-Oorlog Raad olandese, apparsa quasi simultaneamente.

Può esserci un nesso fra queste due manifestazioni? Tale nesso consiste in una comune ispirazione da Berlino?

Senza volermi pronunciare per quel che riguarda la pubblicazione olandese, mi limito a riferire a V. E. che, secondo le investigazioni che ho fatto finora, risulterebbe che la conferenza di qui non ha avuto rapporti con agenti tedeschi serii e che anzi gli elementi di essa più nettamente favorevoli agli Imperi Centrali, come Rosika Schwimmer, sarebbero stati messi da parte. Se le indagini, che continuo, dovessero farmi avere qualche informazione attendibile in senso contrario, mi affretterei a comunicarla a V. E.

Questa stampa germanofila ha accolto freddamente l'appello e la stampa tedesca ha protestato appunto contro le due clausole da me rilevate. Lo stesso Berliner Tagblatt, che pure è fra i più moderati e concilianti, ha scritto nel numero serale del 20 corrente: «La pretesa di riprendere in esame la questione dell'Alsazia-Lorena basta a dimostrare che tale scritto non può servir di base ad una discussione seria, poiché non c'è bisogno di riaffermare ora che da parte tedesca nessuno pensa al nuovo esame. Anche il nuovo regolamento delle frontiere austro-italiane conforme, per quanto possibile, al principio di nazionalità, non può esser preso sul serio, vista la situazione di fatto della guerra austro-italiana; e dall'assieme del manifesto, malgrado le osservazioni circa la Polonia, circa la restituzione delle colonie tedesche, ecc., si ha l'impressione che i suoi autori hanno sopra tutto cercato l'approvazione delle potenze occidentali, dell'Inghilterra, della Francia e dell'Italia».

(l) Sonnino rispose con t. gab. per corriere 523 del 28 aprile quanto segue:

(2) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

740

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, E A PARIGI, RUSPOLI

T. 1058. Roma, 26 aprile 1916, ore 15.

(Solo per Londra) Nel comunicare alla R. ambasciata a Parigi il telegramma di V. S. n. 333 (l) ho aggiunto quanto segue:

(Solo per Parigi) R. incaricato d'affari a Londra telegrafa quanto segue: « Essad pascià... ecc. (come nel telegramma da Londra n. 1970/333).

(Per tutti). Non ritengo opportuno che Borghese faccia ulteriori comunicazioni ad Essad pascià. Quando questi ritornato in Francia chieda a V. E. mia risposta alle comunicazioni fattele in passato, V. E. potrà dirgli che, ove egli rientri e resti in Italia pel tempo della guerra, saremmo disposti a fargli il trattamento seguente:

1°) Il Governo comunicherà con Essad per mezzo di speciale rappresentante che per ora resterebbe Aliotti. Non potranno essere rappresentate ufficialmente presso di lui altre potenze.

2°) Egli potrà risiedere dove vuole. Si consiglia Napoli.

3°) Gli verranno passate L. 50.000 mensili per suo uso e altre 50.000 restando a suo carico il mantenimento dei suoi ex funzionari, ufficiali e soldati.

4°) Gli ufficiali potranno circolare liberamente. Potranno rivestire l'uniforme. I soldati per ora debbono restare a Ponza.

741

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 795/108. Washington, [26] aprile 1916, ore ... (per. ore 15,30).

Segretario di Stato, pur discorrendo accademicamente, dichiarandomi mancare di notizie ufficiali, mi ha confermato ieri che la Germania rifugge da un conflitto cogli Stati Uniti.

A quanto mi risulta Wilson ricevette un telegramma di Gerard nel quale semplicemente dav'a per probabile che il Governo tedesco avrebbe offerto una soddisfazione (2). Ctò non garoa a Wilson al cui interesse personale converrebbe ormai la rottura. Egli, che ha perduto irrimediabilmente il voto tedesco, guadagnerebbe infatti attraverso la crisi il voto schiettamente americano di qualunque partito. Ma se la Germania offrirà il ramo d'olivo gli sarà difficile non raccoglierlo data la tendenza pacifista specialmente degli Stati del centro con progressiva accentuazione nel Congresso. Non stupirebbe che la soddisfazione

tedesca a somiglianza di quella offerta in passato, consistesse nell'impegno di una sospensione temporanea dell'impiego dei sottomarini condizionatamente a un futuro modus vivendi ne'l quale dovrebbe essere riconsiderata la questione del blocco degli alleati e delle navi armate. Come siffatta risposta potrebbe conciliarsi con la perentoria domanda americana è difficile dire. Ma nella vertenza concorrono troppi elementi disparati per non doversi attendere qualunque sorpresa.

(l) -Cfr. n. 734. (2) -Cfr. nn. 711 e 722.
742

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2012/143 GAB. (1). Atene, 26 aprile 1916, ore 23,30 (per. ore 1 del 27).

Mi riferisco mio telegramma n. 194 (2).

Mio collega di Francia mi aveva detto ieri che, avendo egli suggerito a Skuludis di indirizzarsi al Governo italiano per appianare la questione delle due navi arrestate a Corfù, Skuludis gli aveva detto che egli desidera trattare questa questione colla Francia e coll'Inghilterra e che considera l'Italia come una «intrusa». Avrebbe aggiunto impressioni disaggradevoli circa la nostra attitudine nell'Epiro.

Mi sono recato stamane da Skuludis e gli ho detto che non intendevo discutere con lui per il momento la questione delle navi, in quanto stavo facendo inchiesta ed attendevo ordini definitivi di V. E., ma che in principio tenevo a dichiarargli che egli andava grandemente errato se credeva poter escludere l'Italia da questa questione. Razionamento Grecia era interesse comune dell'Intesa, le note relative erano state firmate da me non meno che dai miei colleghi ed intendevo in ogni affare fosse o no di speciale interesse dell'Italia, aver voce in capitolo.

743

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 798/166. Pietrogrado, 27 aprile 1916, ore 0,50 (per. ore 15).

In questi circoli parlamentari, ove accordo germano-romeno non aveva prodotto sul principio molta impressione, incominciasi ora commentarlo con espressioni diffidenti verso la Romania e non senza una punta contro la diplomazia russa cui rimproverasi soverchia condiscendenza alle domande del Gabinetto Bucarest.

Non escluderei che qualche giornale e particolarmente Novoe Vremia riprendendo pubblicazioni dopo feste sfruttino questione per campagna contro Sazonov.

(l) -Partito come telegramma di gabinetto, è stato protocollato in arrivo nella serie ordinaria. (2) -T. 1995/184 del 26 aprile, ore 2, non pubblicato: riferiva circa l'arresto a Corfù di due battelli greci, il cui carico era sospettato di essere destinato al vettovagliamento di bande ostili all'Italia formate nell'Epiro settentrionale.
744

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 801/168. Pietrogrado, 27 aprile 1916, ore 0,30 (per. ore 3 del 28).

Signori Tucek e Reiman, organizzatori della brigata cecoslovacca in Russia, mi hanno accennato giorni or sono, ad un loro progetto di costituire in Italia analogo distaccamento da formarsi coi prigionieri di quella località che si trovano presso di noi.

Essi mi hanno oggi indirizzato una breve memoria nella quale svolgono tale progetto e chiedono se R. Governo sarebbe disposto accoglierlo in principio.

Nel caso affermativo invierebbero in Italia tre dei loro ullìdali per relative intese e per organizzazione e costituzione distaccamenti pei quali dispongono di ullìciali cecoslovacchi residenti in Russia perfettamente a conoscenza delle fortificazioni austriache sulla fronte italiana.

Dei prigionieri presi dai serbi si formerebbero distaccamenti speciali da destinarsi alla fronte di Salonicco ove sono due divisioni austriache composte in buona parte di cechi.

Questo ministro affari esteri al quale ho chiesto informazioni in proposito mi ha risposto aver cognizione del progetto ma non intende di far passo alcuno e limitarsi soltanto a certificare che brigata cecoslovacca ha reso buon servizio e si è formata una buona parte con elementi presi dai coloni cechi e SUC',cessivamente con i prigionieri di quella nazionalità.

Il Governo fornì loro uniformi armi e messo a disposizione in certa misura del danaro. Questione mi sembra doversi considerare essenzialmente dal lato militare sul quale non mi arbitro quindi pronunziarmi. Dal punto di vista politico mi sembra che favorire il progetto non sia senza compromissioni. Moralmente si assumerebbe gravi responsabilità esponendo alla pena capitale prigionieri che Austria eventualmente facesse fra quei distaccamenti.

Su questo punto ho insistito anche presso signori Tucek e Reiman ai quali ho riferito che R. Governo ha dispensato dal servizio militare persino prigionieri di nazionalità italiana che venissero rimpatriati dalla Russia. Eventuale nostro rifiuto dovrebbe in ogni modo venir accompagnato da ringraziamenti e lusinghiere parole all'indirizzo dei capi di detta iniziativa e dei loro bravi soldati (l).

(l) Sonnino rispose con t. gab. 544 del 4 maggio, ore 12,30, quanto segue: «Ministero Guerra associandosi pienamente considerazioni di V. E. non ritiene opportuno costituire un distaccamento di prigionieri austriaci di nazionalità cecoslovacca. Nel declinare l'offerta dei signori Tucek e Reiman prego ringraziarli della loro iniziativa ed esprimere lusinghiere parole all'indirizzo loro e dei loro soldati».

745

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 811/145. Bucarest, 27 aprile 1916, ore 9,40 (per. ore 11,30 del 30).

Miei telegrammi gabinetto nn. 133 e 135 (l).

Ministri d'Inghilterra e dì Francia sono stati informati da Pietrogrado e dal quartiere generale russo che le domande romene sono state trovate dal generale Alexeiev esagerate ed incompatibili colle esigenze militari russe.

Capo di Stato Maggiore russo avrebbe detto che in tali circostanze il meglio sarebbe che la Romania rimanesse neutrale. Secondo quanto riceve questo ministro d'Inghilterra sembrerebbe che in Russia si accusino questo ministro e l'addetto militare di Francia di aver fatto venire in mente ai romeni di chiedere che i russi attacchino i bulgari e non si limitino (transito doganale era stato chiesto prima) a difendere Dobrugia contro di essi.

Verità è che Bratianu per ora non si vuole impegnare e che avanzerà sempre nuove pretese via via che quelle precedenti sembreranno prossime allo scioglimento finché non gli sembri certo che la bilancia penda decisamente dalla parte dell'Intesa.

746

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 800/144. Atene, 27 aprile 1916, ore 15,50 (per. ore 18,15).

Conformandomi direttive che V. E. volle darmi col suo telegramma n. 110 (2) ed a ricnie.sta di questi miei colleghi ho espresso a Skuludis in termini generici solidarietà del R Governo nelle domande rivolte dalle altre potenze dell'Intesa al Go-.·erno ~lknico relativamente al trasporto delle truppe serbe. Egli mi ha confermat.l ri~posta perentoria ed irriducibilmente negativa per ciò che concerne via di terra. Quanto via canale di Corinto egli si è limitato a dire che protesterà, intendendo senza dubbio che lascierà fare. Ma Governo francese non sembra aver rinunziato alla via di terra inquantoché da un telegramma del Governo francese al ministro di Francia a Corfù risulta che si procura ora di adottare il progetto di condurre truppe serbe per mare fino ad Itea o ad altro punto della sponda nord del golfo di Corinto e di là farle proseguire per la ferrovia di Larissa e Tessaglia. Forse difficoltà tecniche di questo progetto sarebbero minori, ma esso non diminuisce il sospetto che fra i greci ed anche

fra molti di noi ha sollevato l'insistenza francese per una soluzione che, a dire la verità, non sembrerebbe imposta dalla necessità delle cose. Si parla frattanto di grandi trasporti serbi che in questi giorni si verificherebbero via capo Matapan ma su ciò V. E. sarà meglio da altra fonte informata.

(l) -Cfr. nn. 698 e 700. (2) -Numero particolare di protocollo per Atene del n. 728.
747

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 807/146. Bucarest, 27 aprile 1916, ore 21,35 (per. ore 7,20 del 30).

Mio telegramma gabinetto n. 144 (l).

Sazonov ha manifestato a questo ministro di Russia il dubbio che nella convenzione commerciale romeno-tedesca vi possa anche essere un accordo politico.

Sazonov sembra supporre che il Governo germanico abbia garantita la Romania contro un attacco bulgaro. Dal mio lato osservo che tale garanzia era stata data dalla Germania fin dal momento dell'entrata in azione della Bulgaria e quindi non occorreva rinnovarla. Piuttosto potrebbe trattarsi di qualche assicurazione di eventuali vantaggi per la neutralità romena, al quale proposito ricordo confidenzialmente quanto ebbe a dirmi Bratianu nel febbraio scorso e riferii col mio telegramma gabinetto n. 58 (2).

Io però non ho per ora alcun dato positivo per credere all'esistenza di un accordo politico colla Germania.

Ministri di Russia, Inghilterra e Francia sono decisi a manifestare il loro malcontento a Bratianu per il contegno assunto in questi ultimi tempi dal Governo romeno in generale e dal ministro dell'agricoltura in particolare verso gli Imperi centrali ed i loro alleati in fatto d'esportazione.

748

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2031/111. Washington, [27] aprile 1916, ore ... (per. ore 8,10 del 28).

Dipartimento di Stato ha pubblicato ieri sera un memorandum nel quale sono enunciati i principii ai quali il Governo degli Stati Uniti intende di attenersi nella questione delle navi mercantili armate.

Il memorandum non solo ribadisce il diritto di armare navi mercantili a scopo difesa, ma riconosce alle navi mercantili armate il diritto di usare dei proprii mezzi di difesa anche quando abbiano semplice certezza di un attacco imminente da parte navi di guerra nemiche.

(l) -Cfr. n. 736. (2) -Cfr. n. 428.
749

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2048/S.N. Asmara, 28 aprile 1916, ore 10,10 (per. ore 22,30) (1).

Addis Abeba, 27 aprile, ore 20,35.

Ritorno Ligg Jasu ad Addis Abeba, dopo quasi un anno di assenza, è troppo recente p€r poter affermare se e quale cambiamento sostanziale esso apporterà nell'atteggiamento e nelle persone del suo Governo e nella situazione interna dell'Abissinia: è probabile che qualche cambiamento di persone, tanto tra ministri che nei grandi capi, avvenga prontamente.

Situazione interna permane pertanto alquanto oscura e non è da escludere che da un giorno all'altro debba sorgere e divampare la rivoluzione e il malcontento che cova negli animi di tutti gli abissini per gli intrighi e le tendenze all'islamismo di Ligg Jasu, che egli ha potuto esplicare per la disunione dei partiti e per la debolezza e la servilità degli uomini che lo circondano, ma che finiranno indubbiamente per costargli il trono e per portare l'Abissinia alla guerra civile.

Mi credo invece in grado di confermare che il suo Governo, anche all'infuori delle tendenze personali di Ligg Jasu, sembra evidentemente deciso persistere nella sua linea di condotta perfettamente neutrale di fronte conflitto europeo ed a mantenere, tanto con noi che colle altre potenze, le relazioni stabilite da Menelik.

È bensì vero, però, che esso approfitta di tale conflitto per opporre la maggiore resistenza passiva a tutte le esigenze, anche le più giustificate, d'ordine politico ed economico provenienti da noi o dalle altre potenze nostre alleate, che al pari di noi hanno in Abissinia interessi diretti ed immediati che sono oggi pregiudicati tanto dalla situazione interna che dalla condotta di Ligg Jasu e del suo Governo.

Nel suo complesso, quindi, la situazione in Abissinia non può a parere mio portare per ora minaccia diretta ed immediata, né contro noi né contro gli altri; ma essa costituisce innegabilmente una preoccupazione non trascurabile per il definitivo assetto che, al momento opportuno, sarà necessario di dare nelle relazioni e negli interessi esistenti fra Impero etiopico e le potenze confinanti.

(l) Trasmesso tramite il governatore dell'Eritrea.

750

IL CONSOLE A CORFU', MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2042/177. Corfù, 28 aprile 1916, ore 15 (per. ore 17).

Comunicale seguente telegramma del R. console Janina:

<< Questo vice console di Francia signor Dusap parte oggi con il maggiore serbo Savic onde ritirare due cifrari e conferire con generale Mondesir e ammiraglio francese.

Il suddetto mio collega mi ha informato dell'arrivo a Koritza da vario tempo di una missione militare francese proveniente da Salonicco. Da parte mia l'ho pregato d'insistere presso le autorità militari francesi perché missione predetta si fissi stabilmente a Koritza e perché possibilmente sia mandato qualche ufficiale francese anche ad Argirocastro. A mio avviso questi provvedimenti faciliterebbero grandemente servizio d'informazioni militari che intendiamo stabilire lungo frontiera epirota. Infatti nostri agenti potrebbero aggregarsi alla missione militare francese a Koritza e ad Argirocastro e la loro presenza non desterebbe in questo senso alcuna preoccupazione e sospetto presso le autorità greche che, in caso diverso, è da prevedere farebbero tutto ciò che è possibile per ostacolare predetto servizio e per isolare nostri agenti in modo da frustrare almeno in parte lo scopo del loro invio nelle varie località che verranno scelte.

Presenza ufficiali francesi sarebbe inoltre utilissima per giustificare anche di fronte alle autorità greche ed alla popolazione la circolazione delle nostre automobili nell'Epiro e soprattutto per garantire la sicurezza, perché, se come sembra certo si formeranno bande, non è da escludere la possibilità di qualche fucilata all'indirizzo delle automobili italiane, incidenti dei quali autorità greche declinerebbero probabilmente responsabilità dichiarando di non poter rispondere di quello che definiranno come eccitazione della popolazione, ben estranea invece alla cosa.

A sua volta questo vice console inglese mi ha dichiarato di aver proposto già da otto giorni per telegrafo alla legazione di istituire un servizio di polizia lungo tutta la frontiera epirota per controllare e reprimere il contrabbando.

Anche questo provvedimento, se realizzato, potrebbe esserci utilissimo.

Il signor Dusap mi disse del pari che intende proporre lo sbarco di un piccolo distaccamento francese a Santi Quaranta per tenersi in contatto con Janina a mezzo automobili ed eventualmente anche con Argirocastro e Koritza, sebbene sembri che lo stato attuale della carrozzabile tra Ersak e Koritza non permetta il passaggio delle automobili, ma delle sole vetture.

Io l'ho incoraggiato a chiedere quanto precede ed a tale riguardo mi riferisco al rapporto n. 89 del 21 corrente (l) che spero sia già pervenuto a V. E. Lo sbarco di un distaccamento francese a Santi Quaranta potrebbe for

nire il motivo per uno sbarco di truppe italiane in quel porto.

Tanto sulle questioni della missione militare francese a Koritza ed Argirocastro e della istituzione di un servizio di polizia inglese per la repressione del contrabbando alla frontiera epirota quanto sull'altra dello sbarco di un distaccamento francese a Santi Quaranta V. E. giudicherà se sia il caso d'intervenire presso codesti ministri di Francia e Inghilterra ed anche presso

R. Ministero al quale comunico questo telegramma pel tramite del R. Console a Corfù, affinché ne dia conoscenza al generale Marro » (l).

(l) Cfr. n. 726.

751

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AL COMANDANTE DELLE TRUPPE D'ALBANIA, PIACENTINI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE (2)

T. 1083. Roma, 29 aprile 1916, ore 3.

Coromylas mi ha comunicato la versione del comandante militare greco sull'incidente di frontiera dell'Epiro e vorrebbe che in qualche modo s'indagasse di concerto tra le autorità militari dei due paesi come la cosa sia andata, e come si possa specialmente evitare la ripetizione di consimili incresciosi incidenti. Mi ha lasciato un appunto in questo senso.

Ho risposto che riguardo al passato non potevo che rimettermene all'autorità superiore militare; che del resto non vedevo grande utilità a rivangare le minute circostanze di un incidente che sostanzialmente non aveva prodotto gravi conseguenze. Quanto all'avvenire avrei sottoposto alle autorità militari tutte le considerazioni che consigliavano di prendere i concerti o i provvedimenti più atti a prevenire la ripetizione anche involontaria di fatti consimili dalle due parti.

(Solo pel Comando Supremo e pel generale PiacentinO

L'appunto !asciatomi da Coromylas è, tradotto. del tenore seguente:

«Contrariamente alle informazioni pervenute al Governo Italiano e comunicate per mezzo dell'Agenzia Stefani, l'incidente dell'arresto di una pattuglia greca alla frontiera dell'Epiro si è svolto, secondo il Comandante delle forze greche, nella maniera seguente:

« Una pattuglia italiana composta di un sottufficiale e di quattro uomini era penetrata il 3/16 aprile nel territorio dell'occupazione greca a 150 metri dalla frontiera e si teneva imboscata nella proprietà del musulmano Tsiouman bey. Una pattuglia greca composta del sergente Koumi, di un caporale e di tre soldati, si avvicinò ad essa. Gli italiani cominciarono col rivolgere la parola nel modo più amichevole e si era ai complimenti quando d'improvviso sbucarono 14 soldati italiani e due albanesi che gettandosi di sorpresa sopra i soldati

greci li disarmarono e li condussero in territorio d'occupazione italiana. Questi fatti sono assolutamente esatti e non possono essere infirmati. D'altronde il 27/9 aprile una altra pattuglia si era comportata nella stessa maniera. Essa era penetrata nel territorio greco per il passaggio di Kalarà a 300 metri al di qua della frontiera ed aveva cercato di portar via un gregge di 80 montoni appartenenti a Kiasim Ganni di Kalarat. Inseguita da una pattuglia greca essa dovette abbandonare il suo divisamento. Nessun soldato greco è mai entrato nel territorio di occupazione italiana».

Questa relazione contraddice così completamente la versione del generale Piacentini che la franca e sincera proposta dello Stato Maggiore greco di mandare sopra luogo due ufficiali, uno italiano ed uno greco incaricati di fare una inchiesta e di stabilire i fatti quali si sono passati, dev'essere favorevolmente accolta. Quanto all'invio dei soldati greci a Corfù, la legazione di Grecia è stata incaricata dal suo Governo di dichiarare che il procedimento non è in alcun modo giustificato e non è punto in uso in casi consimili. Secondo la regola costantemente seguita bisognava riconsegnarli alle loro proprie unità e nel luogo stesso ove essi sono stati arrestati.

(l) -Per la risposta cfr. n. 752. (2) -Ed. in SoNNINo, Diario, cit., p. 338. Il testo dell'appunto dl Coromylas non vi è riportato.
752

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, E PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI

T. 1086. Roma, 29 aprile 1916, ore 16.

(Meno Corfù e Atene);

R. console a Janina telegrafa quanto segue:

«Questo vice console ecc. ecc. (telegramma 2042/177) O)

(meno e a tale riguardo)

(Per Corfù e Atene) Telegramma n. 177 del R. console a Janina.

(Meno Atene) Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue.

(Per tutti): Concordo nell'opportunità che missione francese si stabilisca a Koritza ed Argirocastro e vi siano aggregati elementi italiani. Concordo pure circa opportunità che Inghilterra istituisca servizio di polizia lungo tutta la frontiera epirota. Ma non sono favorevole ad uno sbarco francese a Santi Quaranta, cui in ogni modo riterrei poco consigliabile ci associassimo, creando nuovo motivo di contrasti ed agitazioni con la Grecia.

(Per Parigi e Londra) Quanto precede per norma di linguaggio di V. E.

(l) Cfr. n. 750.

753

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

T. 1089. Roma, 29 aprile 1916, ore 16.

Agenzia Stefani ha ricevuto in data di ieri notizie da Madrid della firma dichiarazione nostra rinunzia capitolazioni zona spagnuola Marocco (l). Ho fatto pubblicare in proposito comunicato seguente che rende inutile pubblicazione del testo preciso dichiarazione:

« Inspirandosi alla dichiarazione italo-spagnuola del 4 maggio 1913 colla quale l'Italia e la Spagna s'accordarono di non crearsi reciprocamente ostacolo alcuno nella realizzazione delle misure che ciascuno dei due Stati avrebbe giudicato opportuno di prendere rispettivamente, l'Italia in Libia e la Spagna nella sua zona d'influenza al Marocco, e convennero reciprocamente pei propri sudditi in quelle regioni il più lato regime della nazione più favorita, è ora stato firmato a Madrid tra l'ambasciatore di S. M. il Re d'Italia debitamente autorizzato ed il presidente del consiglio dei ministri signor Romanones una dichiarazione in forza della quale, viste le riforme dalla Spagna introdotte nel regime giudiziario nella sua zona d'influenza al Marocco, l'Italia ha colà rinunziato ai privilegi capitolari finora godutivi dagli italiani e la Spagna ha ad essi assicurato di dare a quei nostri connazionali la stessa protezione che agli spagnuoli e continuare loro il trattamento assicurato dalla dichiarazione del 4 maggio 1913.

754

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 810/17. Berna, 29 aprile 1916, ore 17,30 (per. ore 18,55).

Mi riferisco telegramma V. E. di ieri gabinetto n. 523 e mio del venticinque corrente n. 16 (2).

Ho parlato adesso col signor Motta dei nostri lavori di frontiera e dei malevoli commenti fatti dal Bund. Commenti in parte rettificati dal comunicato di ieri. Egli mi ha detto in via del tutto riservata e confidenziale che lettere e rapporti pervenuti al ministro ed a personaggi importanti accennavano alla penosa impressione prodotta su molta parte della nostra popolazione e sulla numerosa colonia svizzera ospite del nostro paese da questi lavori di frontiera, interpretati naturalmente quale indizio di non buone relazioni attuali fra i due paesi che avevano mostrato fino ad ora tanta fiducia reciproca. Mi ha aggiunto che il console svizzero a Milano aveva riferito essergli stato assicurato

da un alto ufficiale italiano che non sarebbe stato impossibile l'occupazione del Canton Ticino da parte delle nostre truppe. Egli naturalmente si ricusava di crederlo ma trovava che questo solo accenno era di per sé eloquentemente sintomatico.

Gli ho risposto che nulla era mutato in queste ultime settimane e che il Consiglio federale non poteva ignorare quale intima e piena fiducia il nostro Governo avesse nella Svizzera, di cui era prova il passo da noi fatto presso il Consiglio federale prima di intraprendere i lavori. Della presupposta occupazione del Ticino non credevo necessario parlare perché ridicolosamente assurda. Ammettevo che l'opinione pubblica avesse potuto dare una erronea interpretazione a dei lavori diretti, non contro il vicino paese neutrale, ma contro un probabile nemico lontano. Avrei ad ogni modo fatto conoscere al mio Governo quale era l'attuale stato d'animo perché il R. ministero vedesse se fosse possibile, per mezzo della stami)a, di chiarire l'equivoco. E su questo punto mi permetto richiamare rispettosamente l'attenzione di V. E. Mi permetto aggiungere che, essendo io stato sullo scorcio dell'ultima settimana in Italia (previa autorizzazione ministeriale), potei constatare nelle poche conversazioni avute che l'interpretazione cui alludeva il consigliere federale Motta era purtroppo quella data dalla maggioranza ai nostri lavori.

(l) -La notizia della firma era stata data da Bonin con t. 2040/153 del 28 aprile, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 738 e nota 1 allo stesso, p. 545.
755

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 813/49. Corfù, 30 aprile 1916, ore 11 (per. ore 13,20).

Generale Marro ha segnalato al ministero della guerra che le sue informazioni particolari e diversi indizi, primo fra i quali insolito invio di rifornimenti nell'Epiro settentrionale, portano a credere che Grecia favorisca discesa nel territorio da essi occupato degli austro-albanesi onde circondare dal sud Valona. Governo greco oltre dalla sua politica generale in favore degli Imperi centrali sarebbe indotto a ciò dal fatto che Austria garantirebbe di poi alla Grecia il possesso dell'intera regione cui essa aspira e che verrebbe ad eliminare per tal modo una eventuale occupazione italiana.

A sventare insidie greche generale Marro propone occupazione militare per la sorveglianza di Santi Quaranta e in ogni caso massima restrizione nei rifornimenti da concedersi all'Epiro settentrionale. Da un telegramma giunto recentemente a questo console inglese e da lui comunicato al generale si rileverebbe invece che ministro d'Inghilterra favorisce invio cereali in quella regione ciò che generale Marro considera esiziale ai nostri interessi dal punto di vista della difesa di Valona (l).

t. -gab. 531 del 30 aprile, ore 20, Sonnino aggiunse per Imperlali le seguenti istruzioni: «Prego assumere al Foreign Office informazioni circa l'atteggiamento del ministro d'Inghilterra ad Atene, facendo, se del caso, gli opportuni rlllevi ».
(l) -Nel ritrasmettere Il presente telegramma a Parigi, Londra, Pietrogrado e Atene con
756

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, E A LISBONA, GAZZERA (l)

T. 1102. Roma, 30 aprile 1916, ore 23.

Questo ministro del Portogallo mi ha chiesto a nome del suo Governo di acconsentire al passaggio per Genova o per altro porto e quindi attraverso il territorio nazionale sino alla frontiera Svizzera del personale diplomatico e consolare germanico e austriaco che si trovava in Portogallo. La Germania impedirebbe l'uscita dei consoli portoghesi e l'Austria dell'incaricato d'affari di Portogallo se i rispettivi funzionari, parecchi dei quali sono già in territorio spagnuolo, non potranno conseguire i salvacondotti necessari per ritornare in patria. Il ministro stesso mi avvertiva poi che analoghe pratiche venivano contemporaneamente fatte presso il Governo francese ed inglese.

Gli ho risposto che esaminerei la questione d'inte,sa coi Governi francese ed inglese, che gli facevo però osservare che, se la Francia è disposta a lasciare transitare il personale germanico, questo potrebbe passare in Svizzera per ferrovia attraverso la Francia; se la Francia poi non acconsentisse, sarebbe inutile che noi accordassimo il permesso di passare per l'Italia, visto che i francesi potrebbero fermare le navi in alto mare nel passaggio dalla Spagna a Genova. Il punto essenziale sta adunque nell'ottenere il consenso della Francia che è la sola che può ammettere o negare il passaggio di detti funzionari austrotedeschi.

(Meno Lisbona). Prego telegrafarmi decisioni di codesto Governo (2).

757

IL MINISTRO A L'AJA, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 663/155. L'Aja, 30 aprile 1916 (per. il 10 maggio).

La Direzione del Consiglio pacifista olandese Nederlandsche Antioorlograad ha fatto un nuovo passo presso questo questo Ministro degli Affari Esteri, il quale è stato pregato di esaminare se non sarebbe ora il caso per l'Olanda di provocare la riunione di una Conferenza dei neutri in favore della pace, o per lo meno di dichiarare che l'Olanda è disposta a partecipare ad una tale conferenza.

L'Antioorlograad si basa, per indirizzare una tale domanda a questo Ministro degli Affari Esteri, sul voto emesso in tale senso dalla Conferenza dei neutri tenutasi a Stoccolma.

Mi risulta che il signor Loudon non ha l'intenzione di rispondere all'invito rivoltogli dal Consiglio pacifista olandese, e che sino ad ora non ha ancora preso alcuna decisione sulla eventuale risposta da darsi all'analogo invito venutogli da Stoccolma.

Malgrado le conosciute tendenze pacifiste del signor Loudon, egli, in conversazioni avute con me e con altri miei colleghi, non nascose il suo convincimento essere per ora prematuro ed inopportuno ogni tentativo di mediazione fra i belligeranti. E d'altra parte, come ebbi più volte occasione di riferire, il Governo olandese si è mostrato sino ad ora sempre contrario a partecipare ad una azione comune con gli altri stati neutri, sia quando trattavasi di far valere le proprie ragioni con proteste da rivolgersi ad uno dei belligeranti, sia quando trattavasi di tentativi per una mediazione. Il Governo olandese è di avviso che la sua posizione geografica di fronte ai belligeranti ed ai suoi interessi speciali lo consigliano a non aver legami con alcuno e ad agire isolatamente e secondo le circostanze. Ed i miei colleghi dell'Intesa ed io siamo persuasi che in tale senso il signor Loudon ha dovuto rispondere al signori Hagerup, Ministro di Norvegia presso questa Corte, qui venuto per presentare le sue lettere di richiamo perché nominato a Stoccolma. Abbiamo motivo di credere che il signor Hagerup, uno dei più distinti giureconsulti posseduti dalla Norvegia, avesse ricevuto dal suo Governo l'incarico di profittare della sua venuta all'Aja per investigare se il Governo olandese non vorrebbe prender parte in un modo o in un altro ad un'azione o ad un'intesa fra gli Stati neutri, onde agire di comune accordo sia per far valere i propri diritti di fronte ai belligeranti, sia per arrivare ad una mediazione.

(l) -Ed. In SONNINO, Diario, clt.. pp. 338-339, ove Il testo della richiesta del ministro del Portogallo è pubblicato nell'originale portoghese. (2) -Londra e Parigi non risposero. Per la risposta di Lisbona cfr. n. 771.
758

IL MINISTRO PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 817/S.N. Le Hàvre, 1° maggio 1916, ore 8,45 (per. ore 10,30).

Dichiarazione per il Congo.

Le 29 avril M. Klobukowski, ministre de la république française auprès du Gouvernement belge, a remis au ministre des affaires étrangères de Belgique une déclaration conçue dans les termes suivants.

Se référant d'une part aux accords franco-belges des 23-24 avril 1884, 5 février 1895 et 23 décembre 1908 d'autre part à l'adhésion qu'il a donnée à la note remise le 19 septembre 1914 au Gouvernement belge par le ministre de la Grande Bretagne au sujet du Congo ainsi qu'à la déclaration des puissances garantes de l'indépendance et de la neutralité de la Belgique en date du 14 février 1916, le Gouvernement de la république française tient à déclarer qu'il prètera son concours au Gouvernement royal lors des négociations de paix en vue de maintenir le Congo belge dans son état territorial actuel et de faire attribuer à cette colonie une indemnité spéciale pour les dommages su bis au cours • de la guerre.

Le meme jour sir Hyde Francis Villiers, ministre de la Grande Bretagne et M. de Hoeck, chargé d'affaires de Russie ont informé le ministre des affaires étrangères de l'adhésion de leurs Gouvernements à cette déclaration.

Le marquis Carignani, ministre d'Italie et M. Chiyuki Jamanaka, chargé d'affaires du Japon, lui ont fait savoir que leurs Gouvernements en prenaient acte.

Le baron Beyens a exprimé aux représentants des Puissances alliées la vive reconnaissance du Gouvernement beige pour ce nouveau témoignage d'amitié et de solidarité (l) .

759

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 815/146. Atene, 1° maggio 1916, ore 14,30 (per. ore 16,30).

Questo ministro d'Inghilterra mi ha letto un telegramma di Grey da cui risulta che il Governo britannico ha proposto al Governo francese di abbandonare il progetto di trasportare truppe serbe per via di terra in vista della facilità con cui si sta compiendo per mare. Come V. E. saprà da altra fonte oltre ventimila serbi sono per quella via già giunti Salonicco.

760

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 818/149. Bucarest, 1° maggio 1916, ore 15,30 (per. ore 8,10 del 2).

Colonnello Tatarinov è tornato ieri mattina.

Mio collega di Russia mi ha detto che egli riferisce aver recente accordo romeno-tedesco fatto in Russia peggiore impressione nei circoli politici che non in quelli militari e di Corte.

Circa il teatro della guerra asiatica osserva che in Russia la caduta di Kut-el-Amara era già scontata e che lo Stato Maggiore russo aveva proposto a quello inglese di cercare di salvare la divisione Townshend mediante una diversione ad Alessandretta fatta dalle truppe britanniche che si trovano a Lemnos.

Stato Maggiore russo ha provveduto rinforzare proprie truppe in Asia.

Circa Salonicco addetto militare russo dice che le truppe colà riunite sono state grandemente ridotte, esse non raggiungerebbero ormai neppure 150.000 uomini e vi sarebbe anzi tendenza a ritirarle completamente quando fossero colà giunti i serbi ai quali verrebbe esclusivamente affidata la difesa di quella piazza.

(l) Il testo della dichiarazione è edito in Trattati e convenzioni tra il regno d'Italia e gli altri Stati, cit., pp. 397-398.

761

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 1626/555. Londra, 1° maggio 1916 (per. l' 8).

La resa di Kut (l) ha prodotto una viva, ma non profonda impressione. L'avvenimento era preveduto e già scontato da questa opinione pubblica, la quale pertanto ne ha tratto piuttosto motivo, insieme con la maggior parte della stampa, per ripetere in modo ancor più violento e preciso le sue critiche all'opera del presente gabinetto.

Invero i recenti avvenimenti quasi simultanei, e ciascuno d'una tale gravità che in altri paesi sarebbe valso a produrre le più intense crisi di governi, hanno scosso, ma non infranta la compagine ministeriale.

La rivolta d'Irlanda, il raid navale sulla costa orientale, il ritiro del bill di Long sul reclutamento militare, la resa di Kut sono infatti avvenimenti che stanno a dimostrare la scarsa previdenza del gabinetto e gli infelici risultati dei suoi metodi di governo non solo all'interno ma anche nella preparazione delle operazioni militari, ed in genere nell'apprestamento del maggior sforzo bellico della nazione.

Quasi tutti i giornali infatti, commentando la resa dell'esercito del generale Townshend, hanno vivamente criticato i concetti che ispirarono la spedizione, che si definisce un'« ingiustificabile avventura», e le misure militari adottate per la sua effettuazione, per l'apprestamento dei rifornimenti e per il suo buon esito, dichiarandoli insufficienti, od avventati, od inutili.

Gli stessi giornali non commentano diversamente gli altri avvenimenti; ed i moti d'Irlanda suggeriscono aspri apprezzamenti sull'opera del ministro Birrell e sull'inconsulta indulgenza governativa; e la questione del reclutamento, di cui si attendono le decisioni per domani, viene messa innanzi ancora una volta per porre in rilievo le esitanze, le remore ed i dubbiosi differimenti, cui il gabinetto Asquith sembra ispirare da tempo la sua azione.

Ma tutte questi critiche invero non mirano tanto a provocare le dimissioni di questo o quel ministro, sia Kitchener, Birrell o Chamberlain od altri, ma quanto, siccome già ebbi l'occasione di segnalarlo a V. E., a por termine al gabinetto di coalizione, che da ogni lato si accusa di essere troppo numeroso e disparato, e pertanto lento ed ambiguo nelle decisioni, sostituendolo con un gabinetto di partito, che trovi un vigile e severo controllo nel partito d'opposizione.

L'eventualità d'una crisi ministeriale è pertanto non interamente da escludersi. Essa è peraltro qui prevista dall'opinione pubblica, dall'ambiente parlamentare ed anche dagli stessi alti funzionari dei ministeri, come ebbi ad 8ipprenderlo giorni fa in un ministero, dove il mio interlocutore non mi escluse che egli pensasse che fra breve non avesse a trattare gli affari con gli stessi ministri.

Certo, per l'avveramento di tale eventualità molto dipenderà dalla risoluzione della questione del reclutamento, di quella irlandese e della posizione in cui si troverà l'esercito di Mesopotamia dopo la resa di Kut; e non è da escludersi che il signor Asquith vorrà decidere domani la prima di tali questioni nel modo che gli sembrerà il migliore per diminuire le differenze così chiaramente manifestatesi nel Paese e nel Parlamento.

(l) Città dell"Iraq sud-orientale che gli inglesi avevano dovuto cedere li 29 aprlle all'esercito turco.

762

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 825/170. Pietrogrado, 2 maggio 1916, ore 1,40 (per. ore 8,40 del 3).

Nel primo breve colloquio avuto con Sazonov Pasic si è limitato a riassumere le sue impressioni circa le accoglienze fattegli a Roma, Parigi e Londra. Egli si è mostrato soddisfatto delle sue conversazioni con gli uomini politici italiani nei quali ha detto di aver trovato disposizioni veramente amichevoli verso Serbia.

763

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 820/147. Atene, 2 maggio 1916, ore 14,50 (per. ore 16).

Telegramma di V. E. n. 111 (1).

Sulla occupazione militare di Santi Quaranta proposta dal generale Marro e da Nuvolari (2), V. E. si è già pronunziato in modo così perentorio (telegramma di V. E. gab. 1086) (3) che non mi credo lecito aggiungere una parola sull'argomento.

Quanto alla questione dei rifornimenti per l'Epiro già riferii a V. E. (mio telegramma 194) (4) che sono in corrispondenza su questo argomento col

R. console a Janina. Ho avuto anche un colloquio col console di Francia a Janina che trovai qui per qualche giorno e spero fra breve poter fare unitamente ai miei colleghi proposte concrete tenendo conto delle direttive contenute nel precitato telegramma n. 1086 che ho reputato opportuno comunicare a Nuvolari.

Insinuazione a carico di questo ministro d'Inghilterra è a mio avviso assolutamente infondata. Egli è uomo di scarsa intelligenza ma perfetta buona fede e sempre pronto a rimettere cose al posto dove il suo ufficio commerciale ecceda come fu nel caso del rifornimento Dodecaneso.

Frattanto apparendo reali bisogni delle popolazioni epirote e dando esP' luogo a clamorose dimostrazioni di cui naturalmente Italia sopporta tutto il peso essendo saputo che il fermo si dovette all'iniziativa ael generale Marra, mi sembrerebbe indispensabile dare istruzioni a quest'ultimo di facilitare ulteriori invii.

(l) -Numero particolare di protocollo per Atene del t. gab. 531, per il quale cfr. n. 755, nota l. (2) -Cfr. n. 726. (3) -Cfr. n. 752. (4) -Cfr. n. 742, nota 2.
764

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 822/148. Atene, 2 maggio 1916, ore 14,50 (per. ore 16,25).

Trasporto delle truppe serbe a Salonicco.

Ieri ebbe luogo su questo argomento colloquio col Re Costantino da parte ministro di Russia e del colonnello Vasic. Il Re pur tenendosi assai moderato ne,la forma ed astenendosi dalle invettive di cui suole gratificare la politica dell'Intesa, insiste nella impossibilità in cui travasi di accogliere la domanda pel trasporto serbi via di terra, sopratutto in vista di una rottura cogli Imperi centrali che, secondo lui, sarebbe la conseguenza fatale di una sua adesione.

Fece poi chiaramente comprendere a ministro di Russia che, qualora l'Intesa gli imponga colla forza quella soluzione, egli non avrebbe colla forza resistito. Teme però reazione ed atti di violenza da parte della popolazione eccitata su questo punto.

Del resto mi sembra chiaro che la questione è ormai caduta. Continua il trasporto via capo Matapan e d'altra parte da ulteriori telegrammi comunicatimi da questo ministro d'Inghilterra risulta che il Governo britannico ha detto a Londra al ministro di Grecia che secondo lui il passaggio per il canale di Corinto costituirebbe una soluzione soddisfacente. Ministro di Grecia a Londra è stato autorizzato a far comprendere a Grey che il Governo ellenico non si oppone a tale soluzione.

765

IL MINISTRO ALL'AJA, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 667/157. L'Aja, 2 maggio 1916 (per. il 13).

In una conversazione che ho avuto l'occasione di avere ieri con questo Presidente del Consiglio dei Ministri il signor Cort van der Linden, parlandomi della situazione internazionale e della difficile e delicata posizione in cui si trovava l'Olanda, mi disse queste testuali parole: «Abbiamo ricevuto delle assicurazioni tanto dall'Inghilterra e dalla Francia quanto· dalia Germania che le une come l'altra non intendevano minacciare l'integrità del territorio dell'Olanda ed il Governo olandese ha fiducia in tali assicurazioni. Ma per l'Olanda vi è e rimarrà ancora sempre il pericolo che una delle parti belligeranti, adducendo come pretesto di non credere alle assicuirazioni date dalla parte avversa e di dover premunirsi contro una invasione del territorio olandese da parte dell'avversario, prenda delle misure che minaccino la neutralità e l'integrità dell'Olanda. E' contro tale pericolo che noi dobbiamo premunirei. E' per questo che dobbiamo e vogliamo esser pronti a respingere una possibile aggressione da qualunque parte essa venga». Queste parole, le quali confermano quanto ebbi l'onere di riferire con il mio rapporto n. 137 (1), riassumono esattamente lo stato di spirito del mondo ufficiale in Olanda e spiegano il mantenimento delle misure militari prese il 31 marzo scorso e di quelle adottate susseguentemente.

766

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 827/149. Atene, 3 maggio 1916, ore 16 (per. ore 17,40).

Da un telegramma di Briand a Cambon lettomi da questo ministro di Francia risulterebbe che governo francese non ha accolto punto di vista inglese sulla accettabilità della via canale di Corinto (2), cosicché questione del trasporto per via terra che sembrava messa in tacere ora rinascerebbe per insistenza inesplicabile dei francesi.

Noto che in questa questione greca esperienza fino ad ora ci ha insegnato che quando vi è conflitto fra punto di vista inglese e francese quest'ultimo suole prevalere.

767

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 835/151. Bucarest, 3 maggio 1916, ore 21 (per. ore 7,35 del 5).

Ho avuto un lungo colloquio stamane con Bratianu ritornato dalla campagna ove aveva passato 15 giorni per le feste di Pasqua. Egli ha incominciato col lamentarsi della diiDdenza di cui l'Intesa fa prova a suo riguardo. Bratianu dice di non poter ammettere che ogni atto della Romania debba essere considerato con sospetto dall'Intesa mentre intende riservare al suo paese piena libertà d'azione nella politica interna. È venuto quindi a parlare della convenzione romeno-germanica insistendo sul carattere puramente commerciale della convenzione stessa.

Ha soggiunto che è assurdo supporre che dietro ad essa vi possano essere degli accordi politici giacché, se tali accordi egli avesse voluto concludere, si sarebbe ben guardato dal porli in relazione con una convenzione di tale natura la quale appena nota al pubblico doveva richiamare su di essa l'attenzione dell'Intesa. In fondo egli ha osservato che convenzione germanica non concede alla Germania nulla che questa non avesse già ottenuto giacché praticamente Germania non può ricavare dalla Romania altro che cereali per i quali esistevano già due accordi contro cui Intesa non aveva sollevato alcuna obiezione. In cambio Germania concede alla Romania delle merci di cui questa abbisogna per sovvenire alle necessità della popolazione sicché il Governo può in tal modo eliminare alcune almeno delle cause più gravi di malcontento all'interno.

Dal suo lato, se Germania consente all'esportazione di certe determinate merci, essa lo fa per migliorare il tasso del cambio colla Romania, mentre Romania diminuisce in tal modo per proprio conto i crediti verso la Germania e quindi i rischi della propria situazione economica. Bratianu mi ha poi confermato la sua propria fiducia nel successo finale dell'Intesa, ma ha aggiunto che tale successo non può essere molto sollecito. Egli afferma a tale riguardo avergli un alto personaggio di una potenza dell'Intesa, il quale non l'ha mai ingannato, dichiarato che la guerra non può finire entro corrente anno. Ciò gli viene confermato dalle notizie che gli giungono così dagli Stati dell'Intesa come dagli Imperi centrali; per quanto concerne Intesa la stessa offensiva tedesca a Verdun, per quanto fallita, prova che l'iniziativa delle operazioni è sempre dalla parte della Germania, mentre Russia non è certo ancora né lo sarà prima di parecchi mesi in grado di respingere i tedeschi dal proprio territorio; circa Imperi centrali, Germania è certamente stanca ed accetterebbe volentieri senza dubbio qualsiasi proposta onorevole di pace ma è ben !ungi dall'essere inginocchiata ed è in grado di opporre ancora una tenace ed energica resistenza se Intesa vuole ottenere una vittoria completa e quindi una pace duratura. La stessa Austria-Ungheria può tener testa a lungo: quindi se non cede Turchia (nel qual caso la situazione sarebbe radicalmente mutata per la Romania che potrebbe rifornirsi in armi e munizioni per il Mar Nero) guerra durerà ancora a lungo.

Bratianu ha poi ripreso e maggiormente svolto l'argomento dei servizi resi dalla Romania all'Intesa (mio telegramma gabinetto n. 58) (l) ed è andato più in là osservando che tali servizi continuano ancora giacché contegno Romania permette alla Russia di agire liberamente senza preoccuparsi di quello che avviene lungo parecchie centinaia di chilometri di frontiera lungo la quale la Romania le serve da cuscinetto protettore. Né ciò basta; infatti la Romania chiudendo alle forze austro-ungariche germaniche accesso a quel tratto del corso del Danubio di cui ambo le rive le appartengono protesse contro attacchi degli Imperi centrali forze navali russe del Mar Nero e la stessa Odessa.

Romania, ha concluso Bratianu, non entrerà in azione se non quando avrà settantacinque probabilità su cento di non essere schiacciata ed in ogni caso egli, Bratianu, non considererà come veramente ottenuto altro che quel materiale di guerra che gli sarà già arrivato e come reale nessun altro concorso

militare, all'infuori di quello delle truppe che saranno già effettivamente sui luoghi.

Per il materiale da guerra egli ha infatti osservato che tanto poco si può contare su quello che non è ancora giunto qui che gli inglesi insistono perché un piroscafo romeno il quale è già in carico e pronto a partire per Arcangelo venga diretto invece a Vladivostok con una maggiore durata del viaggio di oltre tre mesi sostenendo che le linee ferroviarie che fanno capo ad Arcangelo sono già congestionate; circa concorso militare lo stesso Stato Maggiore serbo ha distolto Bratianu dal fidarsi delle promesse ricordando che l'Intesa aveva promesso alla Serbia il soccorso effettivo di 300.000 uomini mentre non vi furono che 60.000 anglo-francesi ed a Salonicco.

Ho chiesto poi informazioni a Bratianu della sostituzione di cui era corsa la voce di questo addetto militare di Germania. Bratianu mi ha detto che effettivamente Bronsart è partito a quanto si afferma in congedo ed è venuto a sostituirlo colonnello Hammerstein già capo di Stato Maggiore non so se di un'armata o di un corpo d'armata. Bratianu dice che questo ufficiale fu già qui come addetto militare parecchi anni fa ma che non è una personalità eminente ma bensì un modesto e coscenzioso ufficiale.

Ad ogni buon fine aggiungo che in certi ambienti militari romeni rispunta la nota allarmista circa preteso invio di truppe austro-tedesche da queste parti ed una campagna marghilomanista contro il Gabinetto Bratianu in favore potenze centrali. Bratianu però non me ne ha fatto cenno.

Io non posso concludere questo telegramma altrimenti di quello che ho fatto per tutte le altre comunicazioni sullo stesso argomento: cioè se Intesa ha delle apprensioni, esse è probabile siano per ora infondate, ma non è da escludersi che possano non esserlo più da un giorno o l'altro. L'unico modo per essa di garantirsi è quello di concentrare truppe sufficienti nella Bessarabia meridionale.

(l) -Cfr. n. 725. (2) -Cfr. n. 764.

(l) Cfr. n. 428.

768

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 834/152. Bucarest, 3 maggio 1916, ore 21,10 (per. ore 21,05 del 4).

Mio telegramma gabinetto n. 149 (1).

Stasera colonnello Tatarinov sarà ricevuto da Bratianu. Mio collega di Russia mi ha detto che Alexeiev ha incaricato Tatarinov di comunicare a Bratianu che la Russia non può impegnarsi di prendere Rustciuk (mio telegramma gabinetto n. 133) (2) ma solo d'inviare in Dobrugia forze necessarie per la difesa di quella regione da un attacco bulgaro. Ciò non significa che tali truppe dovrebbero rimanere nelle trincee ma che non potrebbero essere così numerose da far una offensiva a fondo contro la Bulgaria.

Analogamente Stato Maggiore russo non può [pensare] ora ad una azione a fondo in Bucovina tanto più che si attende ad una prossima offensiva probabilmente verso Dwinsck -Riga. Punto di vista del capo di Stato Maggiore russo è che nelle circostanze attuali teatro balcanico è un teatro della guerra secondario al quale non si potrà tornare se non dopo esaurite od almeno ben avviate azioni sui teatri principali.

Generale Alexeiev dice di non poter indebolire le fronti principali per aderire richiesta romena. Aggiunge però di aver riunito e tenere da parecchi mesi due corpi d'armata con un effettivo complessivo di circa settantamila combattenti nella Bessarabla meridionale al duplice scopo di venire eventualmente in soccorso della Romania o di far fronte ad una sorpresa da questa parte.

Colonnello Tatarinov è incaricato ripetere a Bratianu che egli è autorizzato a trattare ed eventualmente concludere una convenzione militare quando Governo romeno lo reputerà opportuno. Ln conclusione generale Alexeiev si sarebbe mostrato soddisfatto della neutralità romena soggiungendo che il momento dell'entrata in azione della Romania potrà venire ulteriormente con una certa utilità per l'Intesa, ma non col risultato decisivo che avrebbe potuto avere nel febbraio dello scorso anno quando russi erano sui Carpazi.

(l) -Cfr. n. 760. (2) -Cfr. n. 698.
769

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DELLO STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AL COMANDANTE DELLE TRUPPE D'ALBANIA, PIACENTINI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE

T. 1142. Roma, 3 maggio 1916, ore ... (1).

(Solo Piacentini) Telegramma di V. E. 5383. (Meno PiacentinO Generale Piacentini mi telegrafa in data 2 maggio quanto segue: «Giorno 26 aprile comandante brigata Verona generale Roversi, accompagnato da ufficiali e militari truppa in ricognizione in Bogunica, fu fatto segno colpi fucile da posto greco su alture verso Chimara. Comunico avere ordinato che ripetendosi tale incidente, venga da nostra parte risposto col fuoco». (t. 2127/5383 del 2 maggio, ore 23,30). (Solo Comando Supremo e PiacentinO: Ho telegrafato alla R. rappresentanza Parigi, Londra Pietrogrado, Atene quanto segue: (Per tutti): Come risulta da precedenti comunicazioni monte Bogunica, benché a sud della linea convenzionale, fu occupato dalle nostre truppe perché necessario ad assicurare la nostra difesa di Valona cui non possiamo rinunciare assolutamente. Le fucilate, di cui mi giunge notizia solo oggi, sono fatto

molto grave e, se si rinnovassero, potrebbero condurre a conseguenze gravissime. Prego far ciò presente a codesto Governo. (Solo Comando Supremo) Prego V. E. inviare istruzioni al generale Piacentini di evitare possibilmente conflitto.

(l) Manca l'Indicazione dell'ora di partenza.

770

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 833/35. Stoccolma, 4 maggio 1916, ore 17,55 (per. ore 2,30 del 5).

Nella prima Camera della Dieta svedese un membro socialista dissidente, già escluso dal partito per le sue notorie tendenze germanofile interventiste, ha presentato avantieri una interpellanza circa fortificazioni fatte dai russi nelle isole Aland in cui vede una violazione della convenzione del 1856 ed una grave minaccia per gli interessi svedesi. Essa ha fatto una certa impressione perché è stata preceduta da un violento articolo contro la Russia e l'Inghilterra pubblicato nel Giornale di Stoccolma che spesso rappresenta il pensiero di Hammarsl{jold.

Siamo evidentemente in presenza di una intensificazione degli intrighi tedeschi la quale era preveduta per il momento forse prossimo in cui Germania preparerà qualche nuovo colpo sul fronte orientale. Interpellanza ha quasi lo stesso contenuto di un recentissimo articolo della Deutsche Tageszeitung sulla medesima questione di Aland. Comunicazioni postali colla Germania sono da tre giorni interrotte come avviene quando si effettuano colà grandi movimenti truppe.

Argomento è stato incontestabilmente scelto bene per provocare una agitazione poiché tutta l'opinione pubblica svedese si è sempre interessata molto alla questione e gli stessi capi dei partiti democratici nel 1908 durante negoziati per l'accordo sullo statu quo territoriale nel Baltico hanno esplicitamente dichiarato che la Svezia non può ammettere fortificazioni permanenti nell'arcipelago. Però mentre ora partito conservatore si mantiene passivo di fronte all'agitazione, il che fa supporre che di sottomano la favorisca, i partiti democratici vi si oppongono energicamente denunziando gli intrighi tedeschi ed affermando che una cosa sono fortificazioni permanenti in tempo di pace ed altro provvedimenti difensivi in tempo di guerra.

Questo ministro degli affari esteri mi ha detto ieri che il Governo non ha ancora deciso se, quando e come risponderà alla interpellanza protestando che egli non pensa a contestare alla Russia diritto di difendere arcipelago durante guerra e intende regolare questione in via amichevole direttamente colla Russia a guerra finita. Ha convenuto con me che l'attuale agitazione non può che compromettere tale regolamento e nuocere quindi agli interessi svedesi. Sarebbe opportuno che rispondendo all'interpellanza egli si esprimesse in tal senso sventando gli intrighi tedeschi ma non è escluso che altre correnti no

toriamente esistenti nel Gabinetto non gli consentano di parlare con tutta la fermezza che sarebbe desiderabile.

In conclusione per ora non c'è nulla che possa sorprendere né seriamente inquietare. Situazione è sempre quella che io ho rappresentato in questi ultiml mesi a V. E. Solo pericolo vero potrebbe prodursi in conseguenza grave sconfitta russa verso Riga o Pietrogrado o in Finlandia.

771

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, GAZZERA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2171/37. Lisbona, 4 maggio 1916, ore 17,55 (per. ore 4,45 del 5).

Suo telegramma n. 1102 (1).

Questo ministro degli affari esteri, cui esposi considerazioni di V. E., mi ha detto convincersi ministro Portogallo Roma mal interpretate istruzioni impartitegli.

Governo francese non accorda passaggio sopra il territorio francese, data troppa vicinanza frontiera svizzera alla linea guerra; disposto invece rilasciare salvacondotto per la via di mare fino a Genova.

772

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 836/150. Atene, 4 maggio 1916, ore 18,30 (per. ore 0,50 del 5).

Suo telegramma n. 1142 (2).

Ho fatto subito a Skuludis comunicato ordinatomi da V. E. e gli ho lasciato una nota scritta. Egli mi ha detto che non aveva avuto mai conoscenza dell'incidente da me riferitogli, che lo Stato Maggiore insisteva grandemente e che Governo ellenico non aveva cessato un istante di dare le più severe istruzioni affinché ogni incidente alla frontiera epirota venisse evitato.

Gli ho risposto che non dubito che tali istruzioni fossero state mandate. Soltanto che da parte della stampa e non senza connivenza del Governo si era, e non da poco tempo, talmente lasciata eccitare l'opinione pubblica contro l'Italia che non mi faceva specie che le cose fossero giunte al punto che soldati greci credessero lecito anzi doveroso tirare su soldati italiani. Badasse alla gravissima responsabilità che incombeva su lui e sugli altri uomini di Governo e cercasse ogni modo di evitare l'irreparabile.

Alla sua osservazione che il punto indicato travasi nella zona d'occupazione greca ho risposto che una vera e propria demarcazione sul luogo non essendo stata fatta ma.i né parendo possibile nel momento attuale, occorreva che il Governo ellenico non sofisticasse e si rendesse conto delle ineluttabili necessità difesa in cui poteva trovarsi generale Piacentini. L'Italia era in diritto di attendersi dalla Grecia la stessa benevola neutralità che essa aveva, senza reagire colla forza, accordato alla Francia e all'Inghilterra.

(1) -Cfr. n. 756. (2) -Cfr. n. 769.
773

IL CONSOLE A DUBLINO, SALAZAR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 734/14. Dublino, 4 maggio 1916.

Riferendomi al mio Rapporto in data delli 16 febbraio corrente anno,

n. 338/7 (l) col quale tra le altre cose davo ragguaglio della ribellione latente in Irlanda e dell'intesa tra i volontari irlandesi e la Germania, mi onoro, col presente, di fornire all'E. V. ulteriori particolari, compendiando la storia del movimento e portandola fino ad oggi.

Nel 1907, quando sorse la Società del Sinn Fein (in lingua gaelica: («Noi soli») un giornale umoristico di Dublino pubblicava la caricatura di Redmond cavalcante un asinello, velocemente sorpassato da una carrozza automobile lanciata a tutta corsa, guidata da un uomo giovane.

L'allegoria significava che col passo lento dell'asinello, il partito nazionalista era molto lontano dal raggiungere lo scopo, che viceversa la Sinn Fein si proponeva di conseguire fulmineamente.

Il nuovo partito era rappresentato a quel tempo da una minoranza audace, intraprendente, tenace, composta dai più disparati elementi, ma diretta da uomini colti.

Organo della società era il periodico settimanale Sinn Fein; letto da pochi, che durò poco, e finì dopo qualche anno.

Ma sorsero a sostituirlo altri giornaletti di minor formato, viventi vita effimera, succedentisi l'uno all'altro con titolo nuovo, ma col programma antico. Finché, nel 1913, la lotta impegnatasi con l'Ulster, infuse nuova vita in tutti gli opposti partiti, e parve amalgamarli nella difesa contro il nemico

comune.

Sorsero così gli Irish Volunteers (Volontari irlandesi) per contrapporsi ai volontari dell'Ulster; tale, senza dubbio fu la prima intenzione del nuovo corpo. Il Governo, che a quel tempo non esitava a mandare truppe e navi contro

l'Ulster, lasciò fare. E quando si avvide dell'errore commesso, era già tardi. Pochi mesi prima della guerra, capitò il primo conflitto tra le truppe regolari e gli Irish Volunteers.

Costoro si erano recati fuori di città a rilevare un carico di armi; le autorità ne ebbero notizia all'ultima ora e le truppe, accorse, comandate dal Vice Commissario capo di Polizia fecero per ritorglierle con l'inevitabile conseguenza.

Fortunatamente i volontari non avevano munizioni. Ma il sangue sparso per le vie di Dublino gridò vendetta, per bocca anche di Redmond e del partito nazionalista, e l'avere usato la forza contro i volontari, costò al Commissario, al Vice Commissario, ed al Sotto Segretario di Stato i rispettivi posti; il Vice Commissarlo fu processato; il reggimento scozzese che aveva fatto fuoco, fu allontanato dall'Irlanda.

Scoppiata la guerra, vennero le storiche dichiarazioni di solidarietà di fronte al comune nemico, pronunziate da Redmond e da Carson e coronate dalla benedizione di sir Edward Grey, che definì l'Irlanda: « l'unco punto luminoso» (the one bright spot) anche per far sapere al nemico che lo sperato e preparato ajuto irlandes'e gli veniva meno. Dico «preparato» perché indubbiamente la Germania aveva alimentato il fuoco durante la lotta tra Nord e Sud, con l'oro, con le armi, con ogni mezzo in suo potere; e ciò aveva fatto principalmente attraverso l'America.

In seguito all'appello di Redmond, al punto luminoso seguì il punto nero: lo scisma si dichiarò tra i volontari: gli irriconclliabili rimasero Irish Volunteers gli altri si chiamarono National Volunteers e si unirono alle forze dell'Impero.

Il programma dei primi rimase immutato, per quanto espresso in forma sibillina: << I volontari irlandesi si sono organizzati allo scopo di ottenere i diritti e le libertà di tutto il popolo d'Irlanda, e di mantenerli ».

Fatto sta che il « popolo d'Irlanda » da oltre venticinque anni a questa parte, ha ottenuto più diritti, libertà e privilegi degli inglesi stessi, raggiungendo fino l'assurdo di essere escluso dal servizio militare obbligatorio.

E i volontari, a cui si era tacitamente concesso anche il diritto e la libertà di armarsi, di rivestire una divisa e di esercitarsi militarmente per città e campagne, vollero, quando si crederono pronti, emulare le gesta dei volontari del 1798.

Ma gli antichi furono capitanati da un eroe: lord Edward Fitzgerald; ed i moderni ebbero alla testa un triunvirato composto da due professori ed un Sindacalista: Mac-Neill, Pearse e Connolly; costui ag.itatore sanguinario per natura, il quale era stato l'anima degli scioperi che funestarono Dublino nel 1913 e che nulla aveano di comune con l'autonomia irlandese. Il romanzo di lord Edward si circondava di una aureola di poesia per lo squislto profumo di nobile femminilità che aleggiò sulla tragedia, mentre lo Stato Maggiore dei Sinn Feiners contava anche tre o quattro scapigliate suffragette che di donna han soltanto il nome e che niuna affinità poteva ragionevolmente associare a ribelli di sesso maschile.

A coronare l'ibrida coalizione, il partito ebbe Ambasciatore in America prima e poscia a Berlino, sir Roger Casement, già Console Generale britannico, denunziatore umanitario di atrocità contro i selvaggi e fomentatore di atrocità selvagge nel proprio paese, che parodiando l'epico sbarco di Marsala,

capitò miseramente, senza colpo ferire e senza opporre difesa, tra le braccia di tre policemen ed insieme con un compagno venne ammanettato come un delinquente comune e mandato a Londra.

Che la sollevazione si sia verificata in giorno adatto quale il lunedì dopo Pasqua, allorché tutti, fin dal sabato erano in vacanza ed aveano potuto riversarsi su Dublino dai paesi limitrofi, armarsi e tenersi pronti; che poco prima il Casement era sbarcato sulla costa di Kerry da nave tedesca battente bandiera olandese e portante ventimila fucili, che aeronavi ed incrociatori nemici bombardavano coste e città inglesi, indicherebbe un'azione coordinata e già da tempo stabilita. Azione -come altre e maggiori, pensate in Germania -teoricamente ben piantata, ma destinata a fallire nella pratica, non senza tuttavia, creare grave imbarazzo, in un momento molto critico, e portando rovinose conseguenze alla povera Irlanda; e ciò proprio quando questa andava risorgendo magnificamente mercé l'ajuto di quella stessa Inghilterra che gli sconsigliati ribelli han tentato di colpire proditoriamente.

I fatti, quali si sono svolti, tra il 25 aprile ed il 2 maggio, sono ormai pubblicamente, per quanto non interamente, noti, essendo stati, per ovvie ragioni, attenuati nelle comunicazioni al Parlamento, alla stampa ed all'estero, come ho potuto constatare dalle anodine relazioni dei giornali di Londra e di Roma; che a Dublino, fino al 2 corrente in cui è uscito l'Irish Times, non si sono pubblicati giornali.

Si sa ora che una enorme quantità di truppe venne inviata dall'Inghilterra per domare la sollevazione, e che non essendovi locali sufficienti per acquartierare tanti uomini, il Comando li ha distribuiti nelle abitazioni, ed anche io ne ho accolti quindici in casa mia. È noto ora che il numero dei morti e dei feriti delle due parti e tra la popolazione, è stato rilevante; che in Irlanda è stato promulgato lo stato di assedio, e che il Tribunale di guerra siede in permanenza e le condanne rapidamente si succedono e si eseguono.

I giornali illustrati pubblicano vivide rappresentazioni delle rovine apportate dal cannone, dal fuoco e dal saccheggio.

Benché non tanto, quanto per loro numero poteva temersi, anche negozi italiani han sofferto in varia misura da tali devastazioni. Ed io mi propongo, non appena accertata l'entità dei danni, di chiederne il pieno risarcimento come con favorevole risultato, in altre occasioni ho fatto.

Si teme da molti che l'insana rivolta avrà per conseguenza l'abrogazione della legge per l'Home Rule che avrebbe dovuto entrare in vigore dopo la guerra.

Invece io credo che unionisti e nazionalisti verranno ora ad una intesa.

I nazionalisti han dato prova evidente di non volere dismembrare l'Impero, di non volersi separare dall'isola sorella, e han mandato le loro legioni a combattere eroicamente su tutti i teatri della guerra, non esclusa l'Irlanda stessa, ave i National Volunteers han prestato braccio forte alle truppe.

Tutto sommato, io reputo che la insurrezione, con la conseguente repressione, sia stata salutare come il ferro chirurgico che recide un tumore maligno minacciante tutto il corpo lasciando questo più sano di prima.

Estirpato il Sinn Fein, non avrà più ragione di essere il Clan nagael americano che lo alimentava di fondi e di armi.

Finita la guerra europea, una nuova alba di pace e di lunga prosperità a venire, sorgerà anche per l'Irlanda, a cui il Governo dell'Impero non rifiuterà l'agognata e già concessa autonomia amministrativa.

(l) Non pubbllcato.

774

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 841/173. Pietrogrado, 5 maggio 1916, ore 15,25 (per. ore 7,45 del 6).

A quanto confidenzialmente mi ha detto questo ministro di Serbia e da fonte attendibile mi è giunto, Pa:;ic dopo le sue visite a Roma, Parigi e Londra ha stimato tanto più indispensabile quella di Pietrogrado in quanto n:egli ultimi tempi dicerie di provenienza greca e romena abbastanza diffuse pretendevano che Russia fosse riluttante ad incrociare le armi con i bulgari e non fosse aliena in determinate eventualità da un contegno transattivo a loro riguardo. Dissipare completamente queste voci sia nella sostanza che di fronte ai terzi ed ai bulgari stessi sarebbe stato uno dei principali scopi della venuta in Russia del presidente del consiglio serbo.

In secondo luogo, a somiglianza delle entrature a Parigi e Londra, egli in forma ufficiale ha proposto a questo Governo di contribuire all'aiuto finanziario che Serbia urgentemente invoca.

Sui due indicati propositi ho motivo di credere che missione Pasic otterrà risultato soddisfacente.

Quanto all'ideale di un futuro Stato raggruppante serbi croati sloveni di cui si è fatto banditore principale il comitato di Londra insieme ai capi Trumbic e Supilo, mi è stato riferito che Pasic ha bensì perorato tale causa presso queste sfere dirigenti, dimostrando sopratutto che soltanto creazione dl un simile Stato sbarrerebbe perennemente la via al germanismo verso l'oriente, ma che gli è stato lasciato comprendere, come già al Supilo quando fu qui l'anno scorso, che questione è di prematura discussione e non può trattarsi che in base ai risultati della guerra.

Pasic ha inoltre insistito sulla opportunità di iniziare prontamente l'offensiva da Salonicco non appena vi siano arrivate truppe serbe che egli fa ammontare a centotrentacinque mila uomini. Gli è stato risposto che questione è ormai di carattere tecnico militare e dipende dalle decisioni degli Stati Maggiori e che Russia, per parte sua, sebbene non sia in causa nelle operazioni balcaniche, si adopera per affrettare l'ora di redenzione della Serbia.

A questo proposito Neratov mi ha detto che a Salonicco si trovano più di duecentomila uomini che insieme ai serbi formeranno un totale di oltre ... (l) note difficoltà al passaggio di questi ultimi opposte dalla Grecia va tenuto conto del fatto che armamento dei serbi a Corfù è ben lungi dall'essere compiuto né lo sarà probabilmente prima di un mese e mezzo. Quanto ai serbi giunti a

Salonicco essi non oltrepasserebbero secondo le sue informazioni i cinque o seimila. In conclusione dalle parole del mio interlocutore (che è specialmente incaricato da Sazonov di conferire con Pasic) ho potuto confermarmi nell'impressione che qui non si ritenga prossimo l'inizio dell'offensiva da Salonicco e che su questo punto le accoglienze fatte alla domanda di Pasic siano state piuttosto evasive.

Ho ieri restituito a Pasic visita da lui fattami.

Egli mi ha detto aver riportato la migliore impressione dalle amichevoli conversazioni avute con V. E. e con S. E. Salandra e di trarne argomento per confortare sua fiducia nelle relazioni di buon vicinato che Italia e Serbia son chiamate a mantenere per molteplici loro comuni interessi, primo del quali è il difendersi dal comune nemico. Pasic ha soggiunto che soltanto l'Italia può difendere Adriatico e proteggere frontiera orientale della Serbia e che perciò è naturale e necessario che Italia abbia in quel mare una posizione conforme a tale sua missione.

Egli mi ha poi parlato dell'esercito serbo esprimendo ferma fede che esso saprà rinnovare sue gesta e prestare valido aiuto alla guerra degli alleati sul cui esito finale non nutre menomo dubbio.

Non mi sono dipartito a mia volta, nel rispondergli, dal campo delle generalità, ma non ho mancato di reiterare a Pasic sentimenti di ammirazione e simpatia del Governo e popolo italiano verso l'eroica nazione serba e dal formare i più caldi voti per la sua vittoriosa resurrezione. Pasic dovrebbe essere ricevuto oggi in udienza da S. M. l'Imperatore. Egli si recherà fra breve a Mosca ed a Odessa. Nella prima città è invitato da quella sezione slava e nella seconda si reca a visitare i due reggimenti di recente formazione composti di ex prigionieri serbi presi dai russi in gran parte nella campagna 1914.

(l) Nota dell'Ufficio Cifra: «manca un intero periodo».

775

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 552. Roma, 5 maggio 1916, ore 19.

Colonnello Mombelli telegrafa al Comando Supremo in data 4 maggio quanto segue: «In seguito nuovo incidente frontiera Epiro presso Bogunica nostro ministro per ordine nostro Governo ha presentato oggi al Governo greco nota diplomatica in cui rilevando gravità incidente si comunica ordine comando Valona rispondere col fuoco in caso nuove provocazioni da parte di militari greci e si invita Governo greco provvedere. R. ministro concorda mio parere che ormai unico mezzo per ristabilire nostro prestigio in Grecia, sia compiere verso medesima qualche atto energico che dia prova tangibile nostra superiorità e induca Governo greco cambiare suo contegno nostro riguardo ».

Telegramma di V. S. n. 150 (l) conferma che ella lasciò a Skuludis una

nota scritta. Richiamo attenzione di V. S. sulla necessità di non l:~sciare note scritte quando a ciò ella non sia esplicitamente autorizzata. Prego telegrafarmi il testo integrale della nota da lei consegnata (l).

(l) Cfr. n. 772.

776

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 840/114. Washington, [5] maggio 1916, ore ... (per. ore 19,05).

Seg!"'etario di Stato mi ha detto stasera che contrariamente a quanto è stato pubblicato nessuna comunicazione preliminare della risposta tedesca era pervenuta a questo Governo ma che credeva sapere invece che il testo della risposta sarebbe stato già confidatO'" in Berlino al rappresentante della... (2) ed... (2) con riserva non pubblicarlo ancora. Qu:;~.si a secondare la sorpl"'esa che mi cagionavano le sue parole ha soggiunto con una certa amarezza: «non mi stupirei ormai che Governo tedesco agisse in modo che la sua risposta mi fosse conosciuta, prima che ufficialmente, per mezzo della stampa ». D'altro canto mi risulta che la nota della Germania sarà telegrafata a Washington questa notte. Da persona generalmente bene informata mi si :;~.ssicura che pur facendo qualche concessione la Germania rifiuterebbe ogni garanzia per i piroscafi armati.

777

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BORGHESE

T. GAB. 554. Roma, 5 maggio 1916, ore 20.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro in Atene quanto segue:

(Per tutti) -Questo ambasciatore d'Inghilterra mi ha comunicato il seguente progetto di nota che il Governo britannico propone di rilasciare per iscritto al Governo greco: «Il Governo britannico in risposta alla domanda rivoltagli dal Governo greco il 29 aprile u.s. ha l'onore di assicurare il Governo greco, giusta il suo desiderio, che ogni occupazione di territorio greco da parte di truppe britanniche ed ogni posa di reti in acque greche, sono misure puramente provvisorie, e che non appena saranno cessate le necessità militari per tali atti e purché la Grecia mantenga la sua neutralità, si ritornerà allo statu quo ante ed ai pieni diritti sovrani della Grecia. Il ministro di Sua Maestà britannica ha l'onore di aggiungere che questa assicurazione si riferisce a tutto il territorio ellenico quale era riconosciuto allo scoppio della presente guerra».

Sir Rennell Rodd mi ha chiesto se fossi disposto a dare istruzioni a V. S. nel senso suddetto avvertendo che analoga domanda era rivolta a Parigi e Pietrogrado.

Ho risposto che non avevo dimcoltà a dare a V. S. istruzioni richieste, tanto più che la comunicazione non comprendeva l'Epiro, anzi esplicitamente lo escludeva.

Prego V. S. rilasciare si omnes una nota scritta a Skuludis analoga a quella proposta dal Governo britannico. S'intende che trascrivo la mia osservazione a Rodd circa l'Epiro per sola notizia personale di V. S.

(l) -Per la risposta cfr. n. 782. (2) -Gruppo lndecifrato.
778

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 64/28. Bordeaux, 5 maggio 1916 (per. il 12).

Come ho telegrafato a V. E. in data d'oggi, (telegramma n. 22) (l) la crisi montenegrina apertasi con le dimissioni del signor Mijuskovic (telegramma

n. 15) (2) si è avviata verso la sua soluzione coll'accettazione del signor Radovic di assumere la Presidenza del Consiglio ed il portafoglio di ministro degli Affari Esteri.

Secondo quanto il signor Islavine scrisse ai suoi colleghi di Serbia e Francia, con la lettera di cui unisco copia, e secondo quanto il Re stesso mi ha detto, le dimissioni del signor Mijuskovic sarebbero state provocate da dissensi fra lui ed il seguito del Re. Sua Maestà credeva inoltre di scorgere nella politica seguita dal signor Mijuskovic una particolare tendenza a isolarlo, tendenza che si era manifestata già con la scelta fatta da lui, e non dal Governo francese, di Bordeaux come residenza del Sovrano. Sebbene i motivi sopra menzionati abbiano influito sulla decisione del Re le ragioni della crisi debbono ricercarsi altresì, secondo il mio avviso, nelle dichiarazioni che V. E. fece alla Camera riguardo al Montenegro. I Governi francese e russo, i quali mostrano pur sempre di voler conservare la direzione degli avvenimenti che riguardano le due nazioni serbe e l'Adriatico, passarono, dopo quelle dichiarazioni, dal disinteresse fino allora dimostrato riguardo al Montenegro ad una subitanea sollecitudine per chiarire la sua situazione rispetto agli alleati. Il signor Islavine pertanto, facendosi portavoce anche del Governo francese, venne espressamente a Bordeaux per dichiarare al Re che la permanenza al Governo del signor Mijuskovic, che aveva voluto negoziare una pace separata con l'Austria, non poteva essere tollerata. Le sue osservazioni trovarono una facile adesione nel Sovrano il quale considerava appunto l'opportunità di porre alla testa del suo Governo una persona che godesse maggiore credito nei circoli politici e

dirigenti italiani soddisfacendo al tempo stesso l'irritazione ea. i sospetti che la condotta del Mijuskovic aveva provocato nei suoi consiglieri.

Il Signor Radovic, prima di accettare l'incarico, volle recarsi a Parigi per conoscere il pensiero del Governo francese e dell'Ambasciata di Russia riguardo alla sua persona ed agli affari montenegrini. Le dichiarazioni che gli furono fatte dal signori Cambon e Margerie e dal Signor Iswolsky, che ho già comunicate col telegramma sopra menzionato confermerebbero l'evoluzione avvenuta nei Governi francese e russo nel modo di considerare la questione montenegrina, dopo l'iniziativa presa da V. E. di parlarne.

Oltre alle assicurazioni dategli sulla sorte futura del Montenegro, (secondo quanto mi ha detto il signor Radovic e come ho riferito) si sarebbe insistito presso di lui perché riformasse l'intero Gabinetto, allo scopo di poter dichiarare decaduti i Ministri rimasti al Montenegro e di poter sconfessare qualsiasi azione il principe Mirko abbia potuto esplicare a Vienna. Gli si fece sperare che, eliminati così i sospetti dell'opinione pubblica francese riguardo al Montenegro, si sarebbe potuto fare al Re, a Parigi, un ricevimento solenne e ulllciale con lo stesso cerimoniale usato per il Principe reggente di Serbia.

Questi ultimi avvenimenti sono stati di poco gradimento del Governo serbo.

Il signor Mihailovic ha visto tutt'altro che di buon occhio questo cambiamento ministeriale e l'interessamento preso, prima da noi, ed ora dai governi di Francia e Russia pel Montenegro. Egli avrebbe preferito che la situazione di questo paese rimanesse ambigua e sospetta agli alleati per tenerlo in sua mercè. In un discorso che mi ha tenuto a rigua,rdo del Montenegro, egli mi ha esplicitamente detto che la Serbia non era contraria al ristabilimento della dinastia montenegrina e del Montenegro, ed anche al suo ingrandimento proporzionato a quello della Serbia, a condizione però, che la questione montenegrina fosse considerata come una questione interna serba. Ma che le cose sarebbero andate diversamente qualora nascesse il sospetto che del Montenegro si voglia fare uno Stato in opposizione a quello serbo. È verosimile perciò che il signor Pasic, trovandosi a Pietrogrado, cerchi di far prevalere questo punto di vista. Il signor Mihailovic, ad avvalorare poi le sue affermazioni, mi ha confidato che erano già intavolati fra Serbia e Montenegro dei negoziati per i futuri accordi economici e militari fra i due paesi.

In attesa dello sviluppo che prenderanno queste varie tendenze, l'avvenimento più probabile e vicino, a meno che non sorgano altri ostacoli e non prevalga l'opposizione che i serbi cercheranno per vie dirette e indirette di farvi, è quello di una più o meno cordiale riconciliazione, consenziente il Governo russo, fra il Governo francese ed il Re Nicola, ed il ricevimento in forma ulllciale di quest'ultimo a Parigi.

Ora, quando ciò avvenisse, verrebbero meno, salvo il miglior parere dl

V. E., i motivi che ci facevano ritenere poco opportuna e prematura la visita del Re in Italia; motivi fondati sopratutto sul desiderio di evitare presso i nostri alleati ogni sospetto di voler fare, sia pure nei riguardi del Montenegro, una politica separata dalla loro.

Qualora V. E. convenga in questo modo di vedere, e cioè, che, confermandosi il nuovo orientamento dei Governi di Russia e di Francia verso il

Montenegro, noi non potremmo rifiutare! di ricevere il Re Nicola con gli stessi onori che gli venissero accordati a Parigi, sarebbe forse il caso di prepararvi l'opinione pubblica in Italia, prendendo occasione dal mutamento ministeriale avvenuto (quando sia completo e definitivo) per chiarire a mezzo della stampa, i sospetti ed i dubbi che ancora permangono presso di noi relativamente all'attitudine del Montenegro durante gli avvenimenti che precedettero e seguirono l'occupazione austriaca.

Nel frattempo io mi sono astenuto dall'entrare col Re e con le persone che lo circondano su tale argomento, e me ne asterrò fino a che V. E. non si sia compiaciuta di farmi conoscere il suo pensiero al riguardo.

Ed anche quando Ella consenta in questi miei apprezzamenti, non ne trarrei norma per il mio linguaggio che soltanto nel caso che vedessi precisarsi la situazione cui ho accennato più sopra (1).

(l) -T. 2192/22, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 732.
779

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 843/50. Corfù, 6 maggio 1916, ore 10,30 (per. ore 13,45).

Questo ministro degli affari esteri mi ha detto che trattative serbo-greche per il passaggio per il territorio ellenico delle truppe serbe continuano ma mi ha aggiunto che il Governo serbo intende con ciò di esercitare pressione morale sulla Grecia perché da parte sua adotti provvedimenti atti ad impedire che i sottomarini nemici abbiano a silurare trasporti serbi lungo le coste della Grecia. Data la negativa sulla quale il Governo greco si mantiene il Governo serbo lo riterrà responsabile di qualunque perdita, minacciando di occupare con la forza, insieme agli alleati, Patrasso e la rete ferroviaria greca qualora qualche siluramento di trasporti si dovesse verificare.

Truppe serbe finora avviate a Salonicco ammontano a circa trentacinquemila uomini e se il tTasporto si mantiene regolare si conta completare evacuazione entro un mese.

780

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 842/115. Washington, 6 maggio 1916, ore ... (per. ore 13,55).

Mio telegramma n. 108 e seguenti (2). I giornali hanno pubblicato oggi nel pomeriggio in edizione speciale il testo della risposta tedesca che sarà ormai noto a V. E.

Il governo mantiene il più assoluto riserbo rinviando ogni decisione a quando avrà preso conoscenza testo ufficiale non ancora pervenutogli sino ad ora avanzata del pomeriggio.

I giornali nei primi e affrettati commenti non celano una certa delusione ma mostrano di credere che il pericolo di una rottuTa possa essere per il momento almeno evitato.

Un alto funzionario del Dipartimento di Stato, dopo avermi manifestato proprio stupore per l'avvenuta pubblicazione della risposta prima che essa giungesse al Governo degli Stati Uniti, aggiunse non poter negare che la posizione presa dalla GeTmania era molto abile. Certo a nessuno sfugge ormai qui il proposito di Berlino di pregiudicare decisione di questo Governo con l'agitazione che la prematura conoscenza della risposta tedesca non mancherà di suscitare da parte di numerosi elementi germanofili di questo paese.

(l) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 811. (2) -Cfr. nn. 741, 748 e 776.
781

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 853/175. Pietrogrado, 6 maggio 1916, ore 16 (per. ore 9,40 dell' 8).

In questi ultimi giorni sono circolate a Pietrogrado voci pessimiste circa rapporti russo-svedesi. Nulla le giustifica a quanto mi viene assicurato da Sazonov il quale suppone che esse abbiano tratto origine dai nuovi crediti di guerra (54 milioni di corone) progettate dal Governo di Stoccolma nonché dal linguaggio della stampa attivista in quella capitale. Egli osserva però che la progettata richiesta di crediti riguarda il necessario e che linguaggio di alcuni giornali (che del resto sarebbero ben lungi dall'essere unanimi) sulla pretesa minaccia russa mira particolarmente a preparare terreno per la votazione dei progetti militari.

Ciò non toglie che in questi circoli ufficiali si continui a fare qualche riserva circa futuro atteggiamento della Svezia, poiché se è vero che attivisti rappresentano minoranza, non mancano però precedenti poco edificanti che dimostrano come audace politica di guerra della Germania sappia trascinare seco all'azione paesi ove pure predominano tendenze pacifiste. Sembra tuttavia difficile, sia pure nel caso di una catastrofe russa nel Baltico, il prospettare alla Svezia vantaggi adeguati ai sacrifici e rischi immediati di una guerra contro la Russia mentre si può ritenere per fermo che quest'ultima non nutre alcuna mira ostile verso la sua piccola vicina la quale ritrae enormi vantaggi economici dal suo stato di neutralità e potrà ritrarne anche dopo la guerra.

Quanto alla possibilità di una ... (l) in Finlandia di cui Svezia potesse approfittare per una base delle operazioni militari, essa è del tutto minima, a quanto da numerose e oggettive testimonianze è stato assicurato a varie riprese.

I finlandesi non sono certo contenti del trattamento e della diffidenza del Governo russo ma pur aspirando ad un maggiore rispetto delle loro libertà non rivelano la tendenza a cercare appoggi esteri per le loro rivendicazioni e propaganda tentata dalla Germania non ha avuto presa su quei spiriti positivi e alieni da avventure che potrebbero compromettere forse per sempre la loro soddisfacente situazione economica (1).

(l) Gruppo indecifrato.

782

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 846/153. Atene, 6 maggio 1916, ore 20,30 (per. ore 1 del 7).

Telegramma di V. E. n. 552 (2).

Ecco il testo della nota da me diretta a Skuludis:

«Le général Piacentini a télégraphié au Gouvernement du Roi dans les termes suivants:

"Le jour 26 avril le général Roversi commandant zone Brigade Vérone étant en tournée d'inspection sur la Bougonica accompagné par les officiers et soldats a été l'objet de coups de fusils du poste établi sur les hauteurs près de Chimara. J'ai ordonné que si un incident pareil se repète on ait à répondre par le feu ".

J'ai reçu l'ordre de communiquer au Governement grec ce qui précède et de l'informer que la position de Bougonica est nécessaire pour la défense de Valona et que nous ne pourrons pas y renoncer. L'incident est très grave et s'il se renouvelait cela pourrait avoir des conséquences incalculables ».

Come V. E. ben vede non ho fatto che tradurre letteralmente 11 telegramma di v. E. n. 1142 (3). Ho mutato soltanto la parola «gravissime» in « incalcolabili» e soppresso esplicita indicazione che Bougonica travasi al sud della linea convenzionale.

Detto telegramma mi prescriverà «fare ciò presente a questo Governo», ma evidentemente mi lasciava libero nella scelta della forma di comunicato. Desidero attenermi strettamente alle istruzioni che V. E. mi dà di « non lasciare note se'ritte quando a ciò ella non sia esplicitamente autorizzata».

Siccome però fino ad ora ho sempre seguito qui ed altrove, il sistema con

trario, ossia (a meno di esplicite istruzioni) ho sempre accompagnato i miei

passi verbali da memorie o note firmate secondo le circostanze, così sarei grato

a V. E. indicarmi se la sua istruzione si riferisce ad ogni genere di affari od

a qualunque speciale argomento (4).

Reputo opportuno aggiungere che non autorizzai mai Mombelli fare a mio nome il suggerimento del «atto energico » non essendo mio uso di dare al

R. Governo consigli non chiesti.

(l) -Rltrasmesso a Parigi, Londra e Stoccolma con t. gab. 570 del 9 maggio, ore 10. (2) -Cfr. n. 775. (3) -Cfr. n. 769.

(4) Sonnino rispose con t. gab. 561 del 7 maggio, ore 11,30: «Memorie oppure note firmate non dovranno essere rllasciate, per passi di natura polltica, a meno non siano espressamente autorizzate. Potranno, invece, rllasciarsi per altri affari di natura amministrativa~.

783

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 850/87. Cristiania, 7 maggio 1916, ore 19,35 (per. ore 1,20 dell' 8).

Nuova agitazione svedese in rapporto alla questione dell'armamento dell'arcipelago Aland provoca qui seria inquietudine. Trovasi strano e pericoloso l'atteggiamento passivo del Governo svedese che lascia discutere apertamente alla Camera Alta e nella stampa simili delicati argomenti. Si sospetta che tutto ciò nasconda progetto avventuroso Svezia che sarebbe fatta oggetto forte pressione da parte della Germania la quale vorrebbe n suo intervento armato affinché Russia contro cui prepara offensiva sia attaccata al nord contemporaneamente da due fronti con obbiettivo Pietrogrado. Si suppone anche che, in tal caso Germania manderebbe le proprie truppe in aiuto all'esercito svedese. Il Tidens-Tegn in un lunghissimo articolo stamane ha posto in chiaro la minaccia in tutta la sua gravità. Ieri sera il direttore dello stesso pe'Tiodico, persona autorevole ed equilibrata, dicevami che la situazione riguardo al contegno della Svezia di fronte al conflitto europeo non è mai stata così seria come ora. Sebbene sia probabile che la reazione dei partiti democratici e liberali svedesi sarà sufficiente a sventare il supposto pericolo ho creduto opportuno di porre direttamente a mezzo persona in intimi rapporti con questo ministro degli affari esteri il Governo norvegese in guardia contro la minaccia di una rottura nell'equilibrio scandinavo, insistendo sulla necessità che Cristiania faccia tosto e chiaramente intendere a Stoccolma che la Norvegia non solo non seguirebbe Svezia nella sua politica avventurosa ma si riserverebbe di assumere un atteggiamento dettato dalla difesa dei suoi interessi. Occorrendo reputo del caso che io stesso intrattenga a momento opportuno questo ministro degli affari esteri della [questione], tanto più che ministro d'Inghilterra è ammalato e ministro di Francia è partito da qualche giorno (1). Ho informato in tesi generale di quanto precede ministro di Russia qui giunto da qualche settimana.

Prego V. E. telegrafarmi se approva mia linea di condotta ed eventualmente istruzioni (2).

(l) -Cfr. n. 788. (2) -Sonnino rltrasmise il presente telegramma a Parigi, Londra, Pletrogrado e Stoccolma con t. gab. 566 dell'8 maggio, ore 14, senza aggiungere alcun commento né Istruzione.
784

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 852/116. Washington, [7] maggio 1916, ore... (per. ore 10,30 dell' 8).

In una conversazione che ebbi oggi con lui il signor Polk mi ha detto che la risposta ufficiale della Germania era pervenuta al Dipartimento di Stato soltanto ieri sera a tarda ora e che essendo il Segretario di Stato partito oggi per la campagna essa non verrà discussa prima di lunedì. Dopo aver anch'egli osservato che risposta era molto abile aggiunse che il Governo degli Stati Uniti voleva pesarne ogni parola prima di pronunziarsi sulla portata delle assicurazioni tedesche e che in nessun caso verrebbe accolta la condizione posta dalla Germania di subordinare le proprie concess~oni a concessioni corrispondenti da parte dell'Inghilterra. Avendo io accennato alla questione delle navi mercantili armate egli mi disse che il Governo degli Stati Uniti in proposito non ammetteva più discussione. Gli chiesi allora se sulla risposta verrebbero domandate spiegazioni a Berlino ed egli espresse il parere che ciò non sarebbe stato necessario e che si sarebbe potuto decidere in base al contenuto della nota. Alla mia osservazione che il linguaggio della maggioranza dei giornali lasciava supporre che il Governo avrebbe accettato le assicurazioni tedesche salvo regolare la sua futura condotta su quella del Governo tedesco mi rispose prontamente che dopo un più maturo esame i giornali avrebbero potuto anche mutare d'avviso.

785

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 855/157. Atene, 8 maggio 1916, ore 14 (per. ore 17,45).

Dovendo il Re recarsi quanto prima alla sua villeggiatura e seguendo l'esempio dei miei colleghi, ho chiesto udienza al Re Costantino.

Egli mi ha detto che responsabili dei colpi fucili tirati sul Bogunica contro nostre truppe erano stati puniti. Mi ha assicurato e chiesto di riferirlo a V. E. che simili fatti non si sarebbero più ripetuti. Ha ammesso che tanto in Grecia che in Epiro opinione pubblica sia artificialmente montata contro l'Italia. Ha sostenuto però che la colpa è da ambo le parti.

Riconosce che V. E. personalmente abbia fatto il possibile in favore Grecia ma dice di aver riscontrato in altri elementi dirigenti italiani tendenze diverse. Riconosce che Skuludis abooa mancato di tatto e coraggio in parecchie occasioni e lo ha biasimato senza ritegno.

Circa la situazione generale egli continua a considerare militarmente vincitori i tedeschi. Nelle operazioni di Verdun hanno guadagnato oltre 400 chilometri quadrati ed oggi riprendono con nuova energia gli attacchi. A che cosa

meneranno queste continue vittorie tedesche egli non sa; certamente il programma anglo-francese dell'annientamento della potenza degli Imperi Centrali non potrà riuscire. Spedizione inglese di Mesopotamia è stata un fiasco lamentevole né poteva essere diversamente, visto il modo con cui fu concepita e preparata. Intesa (secondo frase di Carson che egli ha citato) non fa che discorsi e le sue conferenze per preparare una gue·rra futura commerciale contro Germania sono del tutto senza base visto che nessuno può sapere come si presenterà la situazione alla fine della guerra. Crede sapere che su questo punto come su molti altri, ed in generale sui metodi e finalità della guerra vi sono profondi dissidi fra Italia e gli anglo-francesi, che trattano l'Italia male e non hanno per lei i riguardi dovuti. In certi casi come ad esempio nella questione del carbone l'Italia è trattata dall'Inghilterra altrettanto male che la Grecia.

Poco io ho parlato perché Sua Maestà ha tenuto continuamente la conversazione.

Per ciò che riguarda i rapporti dell'Italia coi suoi alleati, mi sono tenuto nel 'riserbo, anzi nel silenzio impostomi dalla mia assoluta ignoranza di tutto sull'argomento. Circa i rapporti italo-greci ho detto a Sua Maestà che da oltre tre anni, da che sono qui, non avevo mai, con mio grande rincrescimento, potuto constatare nessun miglioramento nelle disposizioni dell'opinione pubblica.

Attuale Governo non faceva certo nulla per arrecare un simile miglioramento. Supplicavo Sua Maestà a non permettere che l'antipatia greca contro l'Italia si manifestasse in atti irreparabili e gravidi di pericolose conseguenze in tempo di guerra.

Dell'interessamento di Sua Maestà in questo senso mi erano garanzia parole dettemi all'inizio del colloquio.

786

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

r. GAB. POSTA 567. Roma, 8 maggio 1916.

Circa la nostra partecipazione alla conferenza economica di Parigi indetta per il 5 giugno prossimo il ministro dell'agricoltura, industria e commercio mi comunica quanto segue: «In primo luogo la riunione dei rappresentanti dei Governi dell'Intesa a così breve distanza dalla conferenza interparlamentare, della quale non potrà avere la stessa eco rumorosa, la esporrebbe al pericolo di apparire come una fredda e pallida riproduzione ufficiale di quella, mentre dovrebbe essere intrinsicamente superiore; e difficilmente potrà esserlo perché prematura.

In secondo luogo la riunione ufficiale di Parigi coinciderebbe con la ripresa da noi dei lavori parlamentari. Ed è ovvio aspettarci la domanda: che cosa avete combinato a Parigi? Io non vedo la convenienza, né la possibilità di una risposta esauriente.

Quindi sarebbe sotto ogni aspetto opportuno, a mio avviso, il rimandare la conferenza almeno a luglio.

Comunque io ti dichiaro, per quanto mi riguarda, la impossibilità assoluta che io mi allontani da Roma per il 5 giugno. Entreremo allora nel periodo nostro della mietitura. E per quanto ci si adoperi presentemente, col concorso dei competenti, ad organizzare la mano d'opera e la maggiore utilizzazione delle macchine agrarie, è fuori dubbio che quello della mietitura rappresenterà un periodo critico della nostra annata agricola, dato il continuo richiamo dei lavoratori. Ed io non posso lasciare il mio posto di guardia nel momento della maggiore necessità di immediati e mutevoli spedienti di azione. Tanto peggio se poi si volesse -come pare -fare subito il censimento del grano sulle aie, con tutto il seguito delle provvidenze conseguenziali! ».

Prego V. E. espormi il suo pensiero su quanto precede e sulla possibilità di rimandare la riunione economica a luglio; muovendo, se del caso, gli opportuni passi presso codesto Governo (l).

787

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 859/120. Washington, [9] maggio 1916, ore... (per. ore 19).

Governo nord americano telegrafa oggi all'ambasciata degli Stati Uniti a Berlino H testo della sua risposta all'ultima nota tedesca. Ho potuto averne conoscenza. Trattasi di un documento breve e secco. Questo Governo vi prende atto delle dichiarazioni Germania in quanto concernono il proposito di limitare le future operazioni guerresche contro le forze armate dei belligeranti e in quanto definiscono le istruzioni ai comandanti dei sottomarini in conformità domande americane. Vi si dichiara però che sebbene talune frasi della nota tedesca potrebbero farlo supporre essa esclude che di Governo tedesco intenda fare dipendere l'adempimento dei proprii impegni dal corso o dal risultato di trattative diplomatiche fra Stati Uniti dell'America del nord e altri belligeranti. Ad eliminare comunque qualsiasi equivoco la nota conclude col notificare che questo Governo non potrebbe concatenare e meno ancora discutere che il rispetto dovuto dalle autorità navali tedesche ai diritti dei cittadini americani possa neanche lontanamente dipendere dall'atteggiamento di altri Governi nei riguardi dei diritti dei neutri e dei non combattenti. La nota sarà pubblicata soltanto domani. Con essa la vertenza rimane aperta e la crisi non superata.

(l) Tittoni rispose con t. gab. 871/82 dell'll maggio, non pubblicato, riferendo avergli detto !l ministro Clemente! che la conferenza avrebbe potuto essere ritardata di qualche giorno ma non rinviata d! un mese, essendo i delegati giapponesi già in viaggio e prossimi a sbarcare a Marslgl!a.

788

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 861/88. Cristiania, 9 maggio 1916, ore 19 (per. ore 23,15).

Faccio seguito al mio telegramma n. 87 <l).

Alla persona di fiducia che gli ha parlato il ministro affari esteri non ha nascosto la sua inquietudine per l'agitazione attivista svedese. Prendendo le mosse dagli articoli del noto giornale sul quale stamane ne è apparso uno più vibrato che mi risulta aver avuto in precedenza l'approvazione del ministro affari esteri, ho intrattenuto questi stamane in termini generali nel senso da me già accennato.

Il Ministro con me ha cercato di attenuare l'importanza della nuova agitazione attivista svedese e mi ha detto che se, come è probabile, Governo svedese farà alla Camera Alta delle dichiarazioni esplicite sugli aiD.damenti che avrebbe dato la Russia circa temporaneità delle fortificazioni nell'arcipelago Aland, terreno sarebbe sbarazzato da ogni equivoco.

789

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 575. Roma, 9 maggio 1916, ore 20,55.

Da tempo tale Ismail bey ha avviato conversazioni con un nostro fiduciario sprovvisto di veste um.ciale, accennando ad aspirazioni turche per una pace separata.

Ismail bey ed altri agenti turchi avrebbero avuto analoghe conversazioni con il capo di gabinetto di Briand e con lo stesso Briand. Fu asserito che i dirigenti del Comitato Unione e Progresso (quali Giavid, Talaat e lo stesso gran vizir) avrebbero deciso di passar oltre alla resistenza di Enver pascià per liberare il loro paese dal predominio germanico, concludendo la pace con l'Intesa. Ultimamente Ismail ci fece intendere che il ministro ottomano in Svizzera sarebbe disposto ad abboccarsi con un nostro fiduciario, qualora questi fosse anche dal canto suo assistito da un nostro funzionario che rivestisse una carica uiD.ciale. In una recente conversazione con Ismall bey, attualmente in Svizzera, fu cercato di chiarire se il ministro di Turchia considererebbe questo approccio italoturco come provocato da nostra iniziativa; e fu tratta l'impressione che gli agenti ottomani non si attendano ad una vera e propria iniziativa nostra dl proposte di pace generale o di proposte tendenti a staccare la Turchia dal novero dei nemici.

Sembra che essi vorrebbero dare a questa conversazione il carattere di uno scambio di idee itala-turche per sapere se e sino a che punto le idee esposte da agenti turchi, tanto per una pace separata della Turchia, quanto per una pace generale, verrebbero trovate degne di discussione da noi e nostri alleati. Se noi non intendiamo dar seguito alla cosa Ismail intenderebbe ritornare a Parigi per tenersi in contatto col gabinetto di Briand. Ismail non avrebbe però nascosta la speranza degii agenti ottomani a trattare coll'Italia « come quella che nel gruppo delle potenze alleate è più disinteressata di fronte alla Turchia almeno dal punto di vista delle pretese territoriali».

A me non par dubbio che in ogni caso deve risultare ben chiaro che l'iru ziativa delle trattative non parte da noi: ma anche cdò ammesso e constatato, mi sembra che noi non poss.iamo andare più innanzi a saggiare il terreno con nostri funzionari, senza avvertirne prima gli alleati e sentirne il giudizio.

Ma anche innanzi di procedere ad alcun passo in questo senso, e quindi sospendendo per ora qualsiasi accenno a codesto Governo, gradirò che V. E. mi telegrafi il suo pensiero in proposito (l).

(l) Cfr. n. 783.

(2) Ed. in SONNINO, Carteggio, clt., n. 531.

790

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 870/37. Stoccolma, 10 maggio 1916, ore 18,30 (per. ore 3 dell' 11).

Telegrammi di V. E. gabinetto nn. 566 (2) e 570 (3). Situazione politica svedese rimane nelle sue linee generali quella da me esposta nel mio telegramma n. 35 gabinetto (4).

Fin dal gennaio scorso col mio rapporto n. 12 (5) io previdi che gli intrighi tedeschi si intensificherebbero qua in primavera allo scopo di ottenere se non un intervento armato almeno una mobilitazione generale nel momento in cui Germania tenterebbe contro la Russia qualche operazione decisiva fra cui vi è ragione di credere possa essere compreso anche uno sbarco in Finlandia. Tale agitazione si sta appunto svolgendo ora sulla base abilmente scelta della questione delle fortificazioni nell'arcipelago Aland per opera degli agenti tedeschi dei circo1i germanofili svedesi ed anche di alcuni profughi finlandesi.

Ad essa si oppongono, colla più grande energia, i partiti democratici moralmente rafforzati dalle vittorie socialiste nelle ultime eiezioni amministrative. Anche deri essi hanno affermato la loro salda decisione di resistere alle correnti reazionarie ed interventiste, ottenendo che la seconda Camera della Dieta rifiutasse (se non contro la lettera della legge, non del tutto esplicita, certo contro

v. -E. che non convenga In alcun modo inoltrare! In pratiche con agenti turchi se non avvertendone nostri alleati e procedendo con loro di pieno accordo ».

la giurisprudenza tradizionale) di proclamare la decadenza dal mandato legislativo di un deputato socialista rivoluzionario condannato con sentenza non ancora passata in giudicato a tre anni di lavori forzati per eccitazione all'alto tradimento mediante propaganda a favore sciopero generale in caso di mobilitazione.

Punto debole della situazione è costituito dall'attitudine fiacca ed ambigua del Governo. Ancora avantieri questo ministro affari esteri disse al collega Russia che avrebbe risposto alla nota interpellanza ieri e in forma laconica e piuttosto evasiva.

Dopo colloquio ministro di Russia, seguendo mio consiglio, diresse al ministro affari esteri una lettera particolare in cui in termini sereni e cortesi ma col molta dignità, dopo aver ricordato le continue prove di amicizia che la Svezia e Re Gustavo hanno ricevuto durante la guerra attuale dallo Zar e dal Governo russo, tanto in generale quanto in particolare per la questione delle isole Aland, lo avvertiva che, se nella risposta alla interpellanza fosse mancata una parola di riprovazione per l'agitazione antirussa provocata ora nell'interesse della Germania, egli ne proverebbe penosa impressione.

Per suo desiderio ministro di Russia ha avuto poi nel pomeriggio di ieri una conferenza col ministro affari esteri e con Hammarskjold i quali gli hanno detto che la risposta alla interpellanza è stata rimandata alla settimana prossima e che essi desidererebbero continuare col Gabinetto di Pietrogrado le conversazioni circa questione Aland.

Ciò conferma informazioni confidenziali che ho avuto da altre parti che il Governo svedese vorrebbe avere assicurazione supplementare, possibilmente per iscritto, circa demolizione dopo la fine della guerra delle fortificazioni costruite nell'arcipelago. Ministro di Russia dopo aver ribadito le cose scritte nella sua lettera particolare, ha aggiunto che, a suo avviso, presupposto necessario per una eventuale continuazione del corso delle conversazioni è che il Governo svedese vi prepari un ambiente favore,vole mettendo fine alla presente campagna, perché altrimenti la Russia avrebbe l'aria di cedere ad un ricatto. Conferenza che in qualche momento fu piuttosto animata non ebbe un risultato positivo perché i ministri svedesi non formularono nessuna domanda precisa e dissero che un prossimo consiglio dei ministri deciderà il tenore della risposta da dare all'interpellanza.

Per quanto le esitazioni del Governo svedese siano deplorevoli io non credo che esso intenda intraprendere una politica avventurosa. La sua attitudine si spiega in parte col fatto che non vuole mettersi in urto coi circoli di Corte, apertamente germanofili, né col partito conservatore il quale, pur essendo in fondo contrario all'intervento armato, preferisce, per ragioni di politica interna, di mostrare una certa indulgenza verso i nazionalisti ed i militaristi ed in parte colla nota divergenza fra Hammarskjold ed il ministro degli affari esteri. Non escluderei che il Governo possa anche sperare di indurre con ciò i partiti democratici, finora recalcitranti, a votare i nuovi crediti mdlitari, ma però tale questione non può avere infiuenza diretta sulla situazione generale perché si tratta di fondi da erogare nel triennio 1917-1919 specialmente per colmare le deficienze dell'artigLieria pesante. Non bisogna dimenticare invece che per ragioni psicologiche, da me esposte più volte a V. E., la Svezia ha una smania morbosa di far parlare di sè e non si rassegnerà mai ad essere creduta incapace di intraprendere qualche cosa, ciò che però non significa che effettivamente la faccia.

Questo ministro di Norvegia, il quale sebbene giunto qua da poco tempo conosce bene l'ambiente e lo stesso Re Gustavo per i suoi precedenti da me già segnalati a V. E., mi ha detto di ritenere anch'egli tutt'altro che probabile intervento armato della Svezia. Dello stesso avviso è il mio collega di Danimarca il quale, pur comprendendo bene minaccia che intervento svedese costituirebbe per il suo paese, mi ha detto di non aver nessun indizio che il suo Governo consideri la situazione attuale come particolarmente pericolosa. Secondo me è indispensabile che il Governo russo, secondando atteggiamento molto opportunamente assunto da questo suo ministro, si guardi bene dal mostrare troppa condiscendenza verso la Sv,ezia. Se Governo svedese volesse concordare col Gabinetto di Pietrogrado risposta all'interpellanza, includendo una esplicita condanna della campagna attuale, Russia potrebbe forse fargli rimettere per iscritto testo delle comunicazioni verbali fattegli nel gennaio e nell'ottobre dell'anno scorso circa fortificazioni dell'arcipelago. Altrimenti sarebbe meglio che il Governo russo si chiudesse in un prudente riserbo, lasciando ministero svedese alle prese colle diverse correnti che agitano il paese e che lo obbligherebbero a riflettere bene alle sue azioni ed alle sue parole. Anche i miei colleghi di Francia e Inghilterra sono di questo parere. Se V. E. convenisse con me sarebbe utile che il R. ambasciatore a Pietrogrado procurasse di influire in tal senso su Sazonov poiché ci è sempre ragione di temere che in Russia si voglia continuare nel sistema seguito finora, e da me sempre disapprovato, di eccedere in condiscendenza verso la Svezia che ne ha tratto solo motivo per divenire più esigente e più turbolenta.

(l) -Per le risposte di Imperiali e Carlotti cfr., rispettivamente, l nn. 796 e 824. Tltton.i rispose con t. gab. 864/81 del 10 maggio, ore 20,45, quanto segue: «Convengo pienamente con (2) -Cfr. n. 783, nota 2. (3) -Cfr. n. 781, nota l, p. 580. (4) -Cfr. n. 770. (5) -Non pubblicato.
791

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 868/79. Parigi, 10 maggio 1916, ore 20,45 (per. ore 23,55).

Judet, direttore dell'Eclair, tornato dalla Svizzera, dice che in quelle sfere politiche e militari si esclude in modo assoluto la possibilità di una violazione della neutralità svizzera da parte dell'Austria e della Germania.

Egli dice inoltre che notizie che giungono dalla Germania confermano chP. penuria di viveri produce malcontento specialmente per l'insufficienza delle misure adottate dal Governo. Però esclude assolutamente che tale penuria, anche se il blocco commercriale sarà intensificato, possa giungere a tal punto da obbligare Germania a rendersi a discrezione.

La tesi svolta qui dal senatore Béranger che perdita del bacino minerario di Briey sarebbe per la Germania più fatale di qualsiasi intensificata azione del blocco commerciale è ritenuta nelle sfere competenti come pienamente corrispondente alla realtà.

Deputato socialista Brisson reduce da Kintal dove insieme ad altri due deputati socialisti francesi ha conferito con due socialisti tedeschi del giornale

Vorwarts dice aver saputo che senso di stanchezza per prolungarsi della guerra si va diffondendo in tutta la Germania e che desiderio della conclusione della pace è quasi generale.

792

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 867/130. Londra, 10 maggio 1916, ore 21,52 (per. ore 2,10 dell' 11).

Circa propositi di un intervento pontificio in favore di un'azione pacificatrice, disse Grey ieri non possedere informazione alcuna all'infuori delle notizie dei giornali.

Risultavagli però da varie parti che Germania si sente di giorno in giorno più uncomtortable e che andrebbe accentuandosi nell'animo dell'Imperatore il desiderio di affrettare pace.

Grey ignorava quale fondamento avesse la notizia della chiamata di Bulow; se esatta, vi si potrebbe ravvisare conferma delle aspirazioni pacifiche attribuite a Sua Maestà.

793

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. 1212. Roma, 10 maggio 1916, ore 24.

(Meno Atene): Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti): Coromylas mi ha parlato del passo fatto da V. S. presso Skuludis per l'inc.idente di Bogonitza, a due chilometri al sud della linea accettata come il limite di fatto della occupazione italiana di Valona. Egli espone che il Governo greco ha dichiarato più volte per mezzo suo a quello italiano che non lascerà passar nessuno nell'Epiro né per attaccare Valona né per altro. Esso con ciò riteneva di averci data una garanzia e di renderei un servigio. Il sergente che comandava la pattuglia greca che a Bogonitza tirò sul generale Roversi e il suo seguito è stato punito per avere subito spa.rato senza parlamentare. Non essere però ammissibile che le truppe italiane senza dare alcun preventivo avviso seguitino ad occupare di fatto territori riconosciuti fin qui in possesso greco: ciò potrebbe non avere limiti e renderebbe inevitabili i conflitti. Se veramente vi è qualche posizione ritenuta indispensabile per la difesa eventuale di Valona si cerchi di venire preventivamente ad una chiara spiegazione tra le autorità dei due paesi. Coromylas si raccomandava a me perché proponessi un mezzo di evitare guai maggiori. Bogonitza oggi non è rimasta occupata dagli italiani (1).

4l

Ho lasciato parlare Coromylas senza dichiarargli nulla. Riferendomi alla prece~ dente corrispondenza telegrafica rilevo che il Comando Supremo informava il 7 aprile che il generale Piacentini non riteneva «per ora» necessarie altre occu~ pazioni oltre alla nota linea all'infuori di quelle di Bogunitza e Kundreniza da lui accennate come occupate. V. S. suggerì poi di non fare comunicazioni preventive ai greci. Ma di fronte alla possibilità di nuovi incidenti ritengo opportuno chiarire la nostra occupazione con il Governo ellenico. Mi riservo perciò di farle ulteriori comunicazioni inviandole, se occorre, una carta in cui sia esattamente indicata la zona da noi occupata per la indispensabile difesa di Valona, carta da rimettersi al Governo greco.

(Solo Comando Supremo): Prego V. E. favorirmi colla maggiore possibile sollecitudine una carta particolareggiata circa la zona della nostra occupazione intorno a Valona da comunicarsi al Governo ellenico.

Prima di procedere ad eventuali ulteriori occupazioni oltre la linea che verrà indicata nella carta, sarà necessario che codesto Comando me ne favorisca preventiva notizia perché si possa avvisare nel modo che secondo le circostanze sembrerà più opportuno ad evitare pericolosi conflitti {1).

(l) Fin qui edito in SoNNINO, Diario, cit., p. 342.

794

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 869/158. Atene, 10 maggio 1916, ore... (per. ore 1,30 dell' 11).

In aggiunta alle cose dettemi nel colloquio di avantieri (telegramma

n. 157) (2) Re Costantino mi ha inviato oggi maresciallo di Corte farmi seguente dichiarazione che il maresciallo mi ha lasciato per iscritto: «L'Italia non deve temere che austriaci e bulgari passino per territorio greco per attaccare Valona. Situazione è del tutto diversa in Epiro ed in Macedonia. Gli alleati avendo in Macedonia violata la nostra neutralità ed essendosi stabiliti sul nostro territorio contro la nostra volontà, noi non possiamo impedire ai loro nemici di venirli ad attaccare senza uscire noi stessi dalla neutralità. In Epiro noi siamo veramente neutri e difenderemo la nostra neutralità con tutti i mezzi».

795

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

T. GAB. S.N. Udine, 11 maggio 1916, ore 8.

Facendo seguito a ciò che deve averti raccontato Orlando (4) richiamo la tua attenzione sul fatto che la conversazione a lui riferita trova qualche riscon~ tro in quanto mi hanno detto il re, Cadorna e Porro.

Il re trasse dalle recenti conversazioni con gli inglesi l'impressione che in Inghilterra vi fosse qualche preoccupazione per l'inazione dei russi.

Cadorna e Porro m'informano di non avere potuto avere notizie concrete circa l'inizio dell'offensiva russa che essi considerano come condizione necessaria e preventiva della nostra offensiva. Ne hanno chiesto a Joffre essendosi convenuto che presso il comando supremo francese si accentrassero le notizie militari dei varii Stati Maggiori della Intesa; ma Joffre ha risposto evasivamente forse perché nulla sa egli stesso di concreto, forse perché non ha voluto comunicare ad altri le sue apprensioni. Il nostro comando si proponeva insistere per avere qualche assicurazione fosse pure negativa e non conforme agli ultimi accordi di Chantilly circa le intenzioni della Russia.

Il punto centrale della situazione militare per ciò che concerne la progettata offensiva sta dunque nel sapere che cosa intende fare la Russia, la quale erasi impegnata ad andare avanti a fine maggio ma non fa cenno di seria preparazione specialmente sul fronte galiziano, che a noi più preme. A me parrebbe opportuno richiamare su tutto ciò l'attenzione di Tittoni di Imperiali e di Carlotti e incitarli a informarsi e a riferire, naturalmente non menzionando le fonti delle nostre preoccupazioni {1).

Io sarò di ritorno costà domattina.

(l) -Per la risposta cfr. n. 803. (2) -Cfr. n. 785.

(3) Da BCL. Archivio Salandra. Ed. In SONNINO, Carteggio, clt., n. 532.

(4) Cfr. SONNINO, Diario, cfr., pp. 341-342.

796

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

T. GAB. 873/133. Londra, 11 maggio 1916, ore 15,30 (per. ore 17,35).

Telegramma di V. E. n. 575 (3).

Mio subordinato parere collima appieno con quello di V. E.

Data attuale delicata situazione nostra verso gli alleati per la nota causa, l'intavolare senza previa perfetta intesa con essi qualsiasi conversazione anche dopo aver ben fatto constatare che l'iniziativa è partita dai turchi, mi sembrerebbe grave errore. Sui risultati pratici di predette trattative mantengo dubbi già sottoposti a V. E. Essi originano da due principali considerazioni:

1° -la tuttora predominante dominazione germanica a Costantinopoli;

2° -la estrema difficoltà da parte della Quadruplice di offrire ai turchi condizioni non dico attraenti, ma almeno accettabili, qualora fossero conformi al vero vociferati impegni anglo-franco-russi circa la sorte di Costantinopoli.

(l) Cfr. n. 799.

(2) Ed. in SONNINO, Carteggio, c!t., n. 533.

(3) Cfr. n. 789.

797

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2314/177. Madrid, 11 maggio 1916, ore 16,45 (per. ore 20,40).

Così presidente del consiglio come ministro di stato, coi quali conferii separatamente martedì scorso, mi parlarono con una certa insistenza della loro convinzione che la guerra volga al suo fine. Entrambi mi dissero credere che la pace sarà fatta in autunno.

Chiesi ai ministri da quale fonte venissero intavolate trattative sulle quali fondavasi loro impressione. Il presidente del consiglio evitò di precisare e mi rispose notizie provenire da tutti i lati; ma il ministro di stato mi disse che gli venivano da Berlino.

Nel comunicare ad ogni buon fine all'E. V. questa opinione dei ministri spagnuoli, osservo che il loro atteggiamento può essere in parte attribuito al vivo desiderio della Spagna di farsi mediatrice, desiderio di cui è traccia nello stesso discorso della Corona pronunziato ieri.

798

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A MADRID, BONIN, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AI MINISTRI A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, E A BUCAREST, FASCIOTTI (1).

T. GAB. 586. Roma, 11 maggio 1916, ore 17,30.

Giers dice aver notizie, però non ufficiali, che s'intensifica l'invio di agenti dalla Germania e specialmente dalla Baviera presso il Vaticano con l'intento dl promuovere una qualche sua azione nel senso della pace. Egli sembrava interpretare ciò come indizio del crescente disagio germanico.

Ho risposto che ignoravo il fatto ma che non lo ritenevo improbabile. Non doversi però, secondo me, dargli altro significato che quello di volersi propiziare maggiormente il Vaticano, che naturalmente era desideroso di rappresentare una parte nella conclusione della pace, mostrandosi la Germania disposta alle trattative in genere. Un analogo giuoco aveva indotto Jagow a parlare del suo desiderio di pace nella stessa nota diretta a Wilson sulla questione dei sottomarini (2).

(l) Ed. in SONNINO, Diario, Cit., p. 343.

(2) Cfr. n. 784.

799

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 587. Roma, 11 maggio 1916, ore 13.

Riservato alla persona.

Ci mancano notizie concrete circa l'inizio della offensiva russa che specie sul fronte galiziano consideravano come condizione necessaria e preventiva della nostra offensiva. A questa offensiva Russia erasi impegnata per la fine di maggio. Sinora non vi è cenno di alcuna seria preparazione. Inazione russa sul suo fronte occidentale desterebbe preoccupazioni a Parigi ed a Londra. Prego V. E. eseguire accurate indagini su quanto precede e telegrafarmi (1).

800

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 588. Roma, 11 maggio 1916, ore 20.

Come è noto Asquith ha dichiarato ieri che i due Governi britannico e russo si sono posti d'accordo tanto sulla questione della Turchia e della Persia quanto sugli altri punti in cui interessi russi ed inglesi si trovano in contatto. Poiché la questione della Turchia ci interessa molto da vicino prego V. E. assumere nel miglior modo informazioni sulla portata delle dichiarazioni di Asquith e possibilmente sui particolari degli accordi intervenuti ed annunciati pubblicamente (3).

801

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, ROMANO AVEZZANA (4)

T. GAB. 589. Roma, 11 maggio 1916, ore 21.

Giers dice aver saputo dal principe Pietro di Montenegro, partito ora per recarsi a Bordeaux, che intendeva chiedere di prendere parte alla guerra al fronte francese. Se il Governo francese non glielo consentiva, avrebbe rivolto

eguale domanda al Governo russo. Giers riteneva che anche il Re Nicola avrebbe intenzione di chiedere di passare in Russia, ma sperava che tutti questi progetti andassero in fumo; ritenendo preferibile che Re Nicola stesse tranquillo a Bordeaux. Giers ritiene che la partita montenegrina sia definitivamente perduta.

Ho risposto che conveniva pure tener presente il danno morale e politico che risulterebbe alla causa degli alleati se Re Nicola si concordasse definitivamente con l'Austria.

(l) Per le risposte cfr., rispettivamente, l nn. 806, 828 e 826.

(2) Ed in SONNINO, Carteggio, clt., n. 534.

(3) -Per le risposte cfr., rispettivamente, i nn. 807, 820 e 825. (4) -Ed. in SONNINO, Diario, clt., p. 343.
802

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. RR. 882/180. Pietrogrado, 12 maggio 1916, ore 16 (per ore 23,20).

Questo ambasciatore del Giappone ha informato Sazonov che il ministro di Germania a Stoccolma ha ricercato un colloquio col ministro del Giappone in quella capitale e gli ha fatto comprendere che se Giappone prende iniziativa di farsi intermediario colla Russia e colle altre Potenze in guerra contro la Germania per uno scambio di vedute circa possibili condizioni di pace, la Germania vi si presterebbe.

Sazonov ha risposto all'ambasciatore del Giappone che la Russia non ricusa di prendere cognizione delle eventuali comunicazioni germaniche ma alla condizione che queste siano fatte simultaneamente a Tokio, Londra, Parigi e Pietrogrado.

Qualora Germania desse effettivamente seguito a comunicazioni siffatte Sazonov avrebbe in animo di renderne edotta l'Italia.

So che Sazonov non attribuisce soverchia importanza al passo del ministro di Germania a Stoccolma presso suo collega giapponese ma lo considera come sintomo della situazione avendo egli indizi da numerose parti dell'esistenza in Germania di correnti favorevoli alla pace.

803

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 884/159. Atene, 12 maggio 1916, ore 18 (per. ore 22,55).

Telegramma V. E. n. 1212 (1).

Appoggio contro austriaci che Coromylas viene promettendo a V. E. e che Re Costantino sembra aver voluto a me promettere colla frase riferita col mio telegramma n. 158 (2) (anche se offerta fosse sincera del che dubito)

sarebbe pure sempre illusorio visto che Grecia non ha nell'Epiro piO. di quattro

o cinque mila uomini e che nonostante millanterie dei giornali non sembra vi siano disposizioni ad aumentarli.

Il fissare po.i sopra una carta i limiti della nostra difesa mi sembrerebbe precludere ancora più Ubertà di movimento di cui possiamo ad un dato momento aver bisogno nell'Epiro settentrionale. Di un documento scritto la Grecia non mancherebbe poi di abusare e di considerarlo come un nuovo titolo di possesso dell'Epiro. Nonostante quindi increscioso episodio, che presumo non si ripeterà, vista la severa rimostranza qui fatta, e continuando a partire dal punto di vista che la Grecia ci è nemica e come tale va trattata, non posso che confermare mia opinione che convenga alla nostra autorità militare provvedere alla difesa di Valona senza discutere coi greci e senza occuparsi di essi.

Ciò premesso resto in attesa di ordini di V. E. che eseguirò scrupolosamente.

(l) -Cfr. n. 793. (2) -Cfr. n. 794.
804

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 895/184. Pietrogrado, 13 maggio 1916, ore 15,30 (per. ore 1 del 14).

Ministro di Russia a Cristiania informa che opmwne pubblica norvegese è impressionata dall'agitazione manifestata alta società in Svezia per pretesa costruzione di nuove fortificazioni russe nelle isole Aland.

Dal canto suo ministro Russia a Stoccolma segnala una recrudescenza nell'agitazione degli attivisti svedesi che avrebbero preso a pretesto argomento suddetto per far credere a una minaccia russa contro la Svezia.

Sazonov, da me ieri interpellato in proposito, mi ha detto non doversi esagerare portata dell'agitazione suddetta che in buona parte è diretta a far passare progetto di nuovi crediti militari ma doversene tener conto come prova dell'accentuarsi della propaganda germanica in Svezia che potrebbe forse preludere ad una azione militare e navale della Germania nella zona del Baltico. Sazonov è tuttavia persuaso che Svezia non muoverebbe contro la Russia che nel caso in cui quest'ultima dovesse subire una grave sconfitta. Egli mi ha assicurato che nessuna nuova fortificazione è stata costruita nelle isole Aland e che le precauzioni prese dalle autorità militari e navali sono dirette unicamente a difendere quell'arcipelago (che potrebbe essere un ponte alla Finlandia) da un colpo tedesco.

Il parlare di minacce russe contro la Svezia è, a suo dire, frutto di malafede o ignoranza. Riferendomi al telegramma gabinetto n. 330 (l) mi sembra opportuno in merito al concorso che, in caso complicazioni russo-sv,edesi, Nor

n. -783, nota 2.

vegia potrebbe prestare agli alleati, il dover ricordare che agli inizi della guerra e cioè fin dall'agosto 1914, Svezia e Norvegia stipularono una convenzione di reciproca assicurazione e per cui qualunque fosse il campo nel quale ciascuno dei due paesi si fosse schierato si impegnavano a non portare le armi l'uno contro l'altro. Mi è stato confermato ultimamente trattarsi di una vera e propria convenzione scritta e non di una semplice intesa. Concorso norvegese non sembrerebbe pertanto destinato uscire dal terreno della influenza morale ed ancora questa sarebbe di efficacia relativa presso che eliminata mediante la partecipazione alle ostilità. Se non che non è da escludere che Svezia creda sul serio alla possibilità che Russia voglia impadronirsi del porto norvegese di Narvik con la acquiesc,enza della Norvegia e che perciò s'induca a concentrare forze da quel lato per impedirlo. In tal caso, cui Norvegia potrebbe dare interpretazione di minaccia svedese al suo territorio, la convenzione suddetta potrebbe rimanere senza effetto. Accenno a questa ipotesi perché ne ho udito parlare in queste sfere ma evidentemente è prematuro ogni apprezzamento in proposito (1).

(l) -Numero particolare di protocollo per Pietrogrado del t. gab. 566, per il quale cfr.
805

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 894/38. Stoccolma, 13 maggio 1916, ore 16,15 (per. ore 5,20 del 14).

Agitazione per la questione Aland si è un poco indebolita, ma non potrà uscire dallo stadio acuto prima della risposta del Governo ed appunto perciò i rappresentanti dei partiti democratici in una riunione del comitato segreto per gli affari esteri, tenutasi avantieri, hanno insistito perché essa sia data al più presto.

Sintomo rassicurante è il fatto che l'Enskilda Bank di Stoccolma, di cui è direttore il fratello di questo ministro degli affari esteri, sta per aprire al Crédit Lyonnais un credito di quaranta milioni di corone destinate al pagamento degli acquisti francesi in Svezia.

Avendo constatato da mie conversazioni con questo mio collega di Russia e con questo ministro degli affari esteri che entrambi sono personalmente desiderosi che la risposta alla nota interpellanza sia preceduta da un'intesa sulla base da me indicata alla fine del mio telegramma n. 37 (2), ma che nessuno dei due vuole prendere iniziativa per timore di urtarsi in difficoltà, mi sto adoperando in via strettamente confidenziale per facilitare tale intesa. Se questo ministro degli affari esteri potesse annunziare apertamente alla Dieta che la questione Aland ha già formato oggetto di trattative amichevoli colla Russia, la quale ha dato lealmente a suo tempo affidamenti soddisfacenti, e

che quindi le agitazioni attuali non sono giustificate e possono, continuando, nuocere piuttosto che giovare agli interessi svedesi credo che gli intrighi tedeschi perderebbero molto terreno. Si tratta ora appunto di vedere da un lato se Governo russo vuole dare testo scritto delle sue precedenti comunicazioni autorizzandone la pubblicazione ,dall'altro se Governo svedese (e specialmente Hammarskjold) vuole fare una dichiarazione precisa ed esauriente.

(l) -Rltrasmesso a Parigi, Londra, Cristiania e Stoccolma con t. gab. 603 del 14 maggio, ore 20. (2) -Cfr. n. 790.
806

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 888/83. Parigi, 13 maggio 1916, ore 20,45 (per ore 23,20).

Telegramma di V. E. n. 587 (1).

Da questo quartier generale si assicura che Russia è pronta per l'offensiva e che la data precisa della sua entrata in azione fu richiesta al Comando Supremo russo, pervenne qui pochi giorni f:;t e fu telegrafata al generale Cadoma (2).

Non mi è stata detta la data, circa la quale si mantiene rigorosissimo segreto.

807

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

T. GAB. 889/84. Parigi, 13 maggio 1916, ore 20,45 (per ore 23,30).

Telegramma di V. E. n. 588 (4). Cambon mi ha detto che Governo francese ignora i termini dell'accordo anglo-russo. Sono attese precisioni tanto da Londra quanto da Pietrogrado e mi ha promesso comunicarmele appena giunte. Ho fatto osservare a Cambon l:;t necessità che non si prendano accordi separati tra alcune delle quattro Potenze alleate ma che qualunque accordo sia prima discusso tra tutte. Cambon ha pienamente annuito (5).

(l) -Cfr. n. 799. (2) -Cfr. n. 813.

(3) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 535.

(4) -Cfr. n. 800. (5) -Ritrasmesso a Londra e Pietrogrado con t. gab. 602 del 14 maggio, ore 13.
808

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2344/25. Bordeaux, 13 maggio 1916, ore 20,50 (per. ore 2 del 14).

Telegramma di V. E. n. 1217 (1).

Radovic mi ha confermato che a Parigi Cambon e Margerie gli hanno esplicitamente detto che, chiarita con la formazione del nuovo Gabinetto e con la sconfessione del principe Mirko, la situazione del Re Nicola, si sarebbe pensato al suo ricevimento ufficiale.

Radovic si propone, ora che la sua nomina è definitiva, di tornare alla capitale per stabilire, d'accordo con ambasc~atore e ministro di Russia e del Governo francese, i termini della sconfessione del principe, e conta vedere Briand per definire con lui la questione della visita reale ed altri oggetti interessanti il Montenegro, nella speranza che l'azione, che egli teme sia stata spiegata nel frattempo dalla Serbia, non abbia mutato le favorevoli disposizioni constatate in occasione del suo ultimo viaggio (2).

809

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 600. Roma, 13 maggio 1916, ore 21.

(Per tutti) -Mio telegramma n. 554 (3).

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -«Rodd mi ha comunicato una nuova redazione della comunicazione da farsi al Governo ellenico. Essa è stata redatta dalla Francia ed è del seguente tenore:

"Les Gouvernements alliés de France et de la Grande Bretagne ont l'honneur, en réponse au désir exprimé par le Gouvernement grec, de lui donner l'assurance que toute occupation de territoire grec par leurs troupes ou pose de filets dans Ies eaux grecques constituent des mesures purement provisoires. Dès la disparition des nècessités que Ies justifient et pourvu que la Grèce renouvelle sa promesse de maintenir avec toutes ses conséquences une neutralité bienveillante et qu'elle y reste fidèle, il sera fait retour au statu quo ante et les droits souverains de la Grèce seront pleinement retablis. Ces assurances

s'appliquent à la totalité du territoire hellénique reconnu comme tel au commencement de la guerre actuelle.

Il demeure d'autre part entendu que, conformément aux notes échangées entre les Gouvernements français et britannique et le Gouvernement hellénique des 23 et 24 novembre 1915, la Grèce laissera aux Puissances de la France et de la Grande Bretagne la pleine liberté de leurs mouvements sur terre et sur mer et leur assurera toutes les facilités dont ils pourraient avoir besoin ».

Rodd ha soggiunto che Grey è disposto ad accettare questa redazione ma nel testo della nota dovrebbero figurare i quattro Governi Francia, Gran Bretagna, Italia e Russia e non solamente Francia e Gran Bretagna.

Rodd soggiunge che se ciò incontra difficoltà Grey chiede che i ministri d'Italia e Russia dichiarino al Governo greco che sono d'accordo per la parte che li concerne. Circa le difficoltà che si avrebbero ad includere Italia e Russia nel testo della nota, Rodd ha accennato che Francia ed Inghilterra si trovano in posizione diversa di Italia e Russia che non occupano territorio ellenico; ma a ciò si può rispondere che noi partecipiamo all'occupazione di Corfù come partecipammo all'occupazione di un forte presso Salonicco, e che Russia ha una nave a Salonicco.

Io sono disposto ad accettare il testo che precede con la prima modifica accennata da Grey e cioè con l'inclusione di Italia e Russia nel testo della comunicazione sia all'inizio sia al luogo ove si accenna alla nota del 23 novembre 1915 (1). Ciò tanto più che la nota del 23 novembre fu firmata da noi e dalla Russia oltre che dalla Francia e dalla Gran Bretagna.

Prego V. S. agire in conformità di quanto precede.

(Meno Atene) -Quanto precede per norma di linguaggio di V. E.

(l) -Rltrasmetteva il t. 2289/293 dell'H maggio da Parigi, con Il quale Tlttonl riferiva circa la richiesta del Governo francese relativa alla sconfessione del principe Mlrko e del ministri rimasti In Montenegro. (2) -Rltrasmesso a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. 1244 del 15 maggio, ore l. (3) -Cfr. n. 777.
810

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLO'ITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 908/185. Pietrogrado, 14 maggio 1916, ore 16 (per ore 0,45 del 15).

Secondo le informazioni riservate pubblicate nel bollettino di questo Stato Maggiore la Germania starebbe preparando con febbrile attività una offensiva contro la fronte settentrionale russa.

Oltre che dalla nota tendenza a conservare l'iniziativa delle operazioni la Germania sarebbe indotta ad affrettare l'offensiva dall'opinione che i russi difettino di munizioni per artiglieria.

Dalle informazioni attinte presso lo Stato Maggiore dal colonnello Romei risulta essere qui giunta notizia che il XV corpo d'esercito ed un corpo della guardia germanica sono stati spostati dalla fronte francese e diretti verso la fronte russa.

Pur accogliendo con le debite riserve siffatta notizia che merita conferma, rilevo la coincidenza di essa con l'arresto del traffico su alcune linee ferroviarie tedesche da me già comunicato giorni sono a V. E. (1).

(l) Cfr. n. 138.

811

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, ROMANO A VEZZANA

T. GAB. 607. Roma, 14 maggio 1916, ore 21.

Rapporto di V. S. n. 64 del 5 maggio (2).

Atteggiamento dell'Italia verso il Montenegro si mantiene nelle costanti direttive che discendono dal nostro vivo interesse al mantenimento di quello Stato. Ritengo, però, che, anche se Re Nicola ottenesse onori ufficiali dovutigli in occasione di un suo viaggio a Parigi, persistono le ragioni per considerare poco opportuno per ora un suo viaggio in Italia.

812

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 495/142. Madrid, 14 maggio 1916 (per. il 21).

Come sono venuto riferendo alla E. V. nella mia corrispondenza telegrafica (3) le voci di prossima pace in questi ultimi giorni non solo vennero largamente diffuse dalla stampa spagnuola, ma trovarono posto anche nelle conversazioni che questi ministri ebbero con me e con alcuni dei miei colleghL II conte di Romanones che io mi recai a visitare martedì scorso per parlargli di cosa che nulla aveva da fare con la situazione internazionale, entrò in questo argomento ex abrupto per dirmi che a suo giudizio la pace era assai più vicina che in generale non si pensasse. Già una quindicina di giorni fa mi aveva espresso la stessa idea, ma in forma assai più vaga, dicendomi allora che non si trattava d'una convinzione fondata su dati positivi ma, come disse, di una semplice «corazonada » (impressione, presentimento). Questa volta fu assai più preciso, e disse che ciò gli risultava da notizie ricevute. Gli chiesi naturalmente da quale fonte gli fossero giunte tali notizie, che, aggiunsi, non mi parevano concordare con quelle che giungevano a me e ai miei colleghi alleati. II presidente del Consiglio, evitando di precisare, mi rispose che quelle notizie gli venivano d'ogni parte, che ormai dopo l'insuccesso tedesco a Verdun

appariva evidente a tutti che nessuna delle due parti potrebbe schiacciare l'altra, e che questa convinzione doveva far fare rapidi progressi alle tendenze pacificatrici promosse in tutti i paesi da coloro che soffrono per la guerra. Soprattutto egli mi pareva attribuire grande importanza ai convegni dei rappresentanti socialisti dei paesi belligeranti. Gli risposi che ero lieto che egli avesse questa impressione, ma che il mio giudizio personale era assai meno ottimista non essendo dubbio che tutti i paesi alleati concordano nel non volere la pace se non a condizioni che gli imperi centrali non paiono disposti attualmente ad accettare. Aggiunsi che, almeno per quanto riguarda il socialismo italiano, i delegati che esso aveva mandati a Zimmerwald e a Kienthal non rappresentavano certamente le sue forze migliori né le più numerose. Vidi poi lo stesso giorno il ministro di Stato il quale, pure di sua iniziativa, mi ripeté quanto mi aveva detto il presidente del Consiglio, per cui non mi rimase dubbio che egli parlasse dietro accordo preso con il suo capo, tanto più che eguale discorso egli tenne al mio collega di Francia. Solamente il signor Gimeno fu assai più preciso che il conte di Romanones e ci disse chiaramente che quelle notizie gli venivano da Berlino. Egli accennò alla stanchezza economica, al difetto dei viveri in Germania, all'impossibilità in cui si trova ciascuno dei due gruppi avversi di rompere la fronte dell'altro, per conchiudere come il presidente del Consiglio che la pace si avvicinava. «Io sono convinto» egli disse «che la pace si farà in autunno». Ripetei per mio conto al ministro di Stato le stesse considerazioni circa la miglior situazione militare ed economica degli alleati e circa il loro fermo proposito di non accettare una pace non conveniente agli interessi per i quali avevano preso le armi.

L'impressione che io ho desunto da queste conversazioni e che veramente devono esser giunte da Berlino notizie di strettezze economiche della Germania e il desiderio di quel Governo di far la pace. Ma ho più volte notato come i rappresentanti della Spagna all'estero mandano al loro Governo le informazioni che raccolgono senza troppo vagliarle e si curano più della quantità delle notizie che inviano che della loro esattezza. Da quelle informazioni si deve pertanto a mio giudizio desumere non tanto che la Germania sia veramente disposta alla pace quanto che essa tenta diffondere tale opinione nei paesi neutri per cattivarsene le simpatie. È difatti buon metodo di propaganda, e del resto già da essa altre volte impiegato, quello di fare apparire la Germania vincitrice su tutta la linea ma pur disposta a far cessare, per poco che i suoi avversari si mostrino ragionevoli, lo spargimento di sangue e i disastri economici che affliggono tutta l'Europa. Con ciò la Germania tende ad ottenere un triplice vantaggio, attirarsi le simpatie dei neutri, scuotere la concordia degli spiriti nei paesi nemici, e rigettare sovra essi ove occorra la responsabilità del perpetuarsi della guerra. Quella manovra trova poi terreno particolarmente favorevole in Spagna per il vivissimo desiderio dal quale è animato Re Alfonso di rappresentare una parte importante al momento in cui si potrà seriamente parlare di pace. Nei primi tempi della guerra egli vagheggiò forse anche di potere intervenire come mediatore armato; svanito quel sogno dopo le proporzioni gigantesche prese dal conflitto, Sua Maestà non abbandona quello della mediazione pacifica e della scelta di Madrid come sede dei negoziati. Perciò tutte le voci vere o false di disposizioni pacifiche

delle potenze belligeranti trovano qui facile credito, e tutti i ministeri spagnuoli che si sono succedutl dall'inizio della guerra sono sempre stati alle vedette per cogliere a volo la prima occasione che si offrisse d'iniziare la vagheggiata azione mediatrice. Di questo desiderio vi è traccia evidente e forse troppo accentuata nel discorso della Corona, tanto che la Epoca di ieri in un articolo che allego al presente rapporto (l) ne rileva la inopportunità. Vi è finalmente un'altra ragione per la quale qui si presta facilmente fede a tutte le voci di pace che si diffondono, ed è che ognuno è disposto a credere vero quanto desidera che avvenga, e la Spagna, malgrado i vistosi guadagni realizzati con le forniture ai belligeranti, sente sempre più il disagio economico cagionato dalla guerra, e se questa durasse ancora a lungo si presenterebbe qui assai grave il problema dell'approvvigionamento pubblico soprattutto per quanto riguarda il grano e il carbone.

(l) -Rltrasmesso a Parigi e Londra con t. gab. 611 del 15 maggio, ore l. (2) -Cfr. n. 778. (3) -Cfr. n. 797.
813

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

T. GAB. 912/2165. Comando Supremo, 15 maggio 1916, ore 16,40 (per. ore 17,20)

Data inizio offensiva russa non ancora comunicatami benché da tempo richiesta al gran quartiere generale francese che promise informarmi quando fosse stata stabilita e partecipata da comando in capo russo.

Ne darò notizia al Governo italiano a meno che generalissimo Joffre esiga segreto il più assoluto.

814

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 914/85. Parigi, 15 maggio 1916, ore 20,15 (per. ore 0,15 del 16).

Mio telegramma di gabinetto n. 84 (3).

Circa dichiarazione di Asquith relativa all'accordo anglo-russo nelle questioni di Turchia e Persia, Margerie mi ha detto che era rimasto sorpreso nulla sapendo al riguardo a meno che Asquith abbia voluto alludere a intese di ordine generale intervenute alla fine del 1914 che erano a sua conoscenza per informazioni da parte russa. Secondo tali intese alla Russia sarebbero rispettati i suoi interessi specialmente nella questione armena e in quella degli Stretti. Però né

per l'una né per l'altra si sarebbe considerato una soluzione precisa. Cambon non mi ha fatto ancora nessun'altra comunicazione al riguardo.

Resta però assodato che Francia, all'infuori dell'intesa generica del 1914, non ha accordi precisi con la Russia e ignora ancora se l'Inghilterra ne abbia assunti ed in quali termini.

(l) Non si pubblica.

(2) Ed. In SONNINO, Carteggio, clt., n. 536.

(3) Cfr. n. 807.

815

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 614. Roma, 15 maggio 1916, ore 20,30.

Mio telegramma n. 575 (2).

Pregola presentire cotesto Governo se ritenga opportuno noi diamo seguito eventualmente ad assaggi coi fiduciari turchi ben s'intende con le debite cautele, e tenuto presente che noi abbiamo scarsa fiducia nella serietà delle conversazioni, che forse riflettono maneggi d'origine germanica.

816

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

RELAZIONE. Roma, 15 maggio 1916.

Il telegramma da Pietrogrado n. 882/180 del 12 corrente (3) dischiude improvvisamente una situazione che per l'Italia può dar luogo alle più gravi conseguenze. In apparenza si tratta di una pace separata della Germania, ma in realtà si tratta dell'esclusione dell'Italia dal preliminare negoziato della pace generale.

La Germania offre entrare in scambio di vedute circa possibili condizioni di pace colle potenze con cui essa è in guerra. L'omissione formale degli alleati della Germania, Austria-Ungheria, Turchia e Bulgaria, è frutto evidentemente di previe concrete intese e reciproche assicurazioni. Nessuna menomazione nuova ne risulta agli alleati della Germania, i quali già ad essa affidarono la direttiva sia militare che diplomatica.

Invece per l'Italia, sostanzialmente, si tratta di una grave menomazione morale e di un grave pericolo materiale.

Le questioni principali che sarebbero negoziate, secondo l'impostazione venutaci da Pietrogrado, sarebbero dunque le seguenti: questioni anglo-germaniche, Belgio e garanzie commerciali od altre a favore della Germania, colonie,

(-3) Cfr. n. 802.

regime della libertà dei mari; questioni franco-germaniche, evacuazione dei dipartimenti francesi, frontiera franco-tedesca, Belgio, colonie; questioni russogermaniche, Polonia, Curlandia, frontiera; questioni tedesco-giapponesi, Kiao Tchao, Cina.

Basta questa enunciazione per dimostrare quanto artificiosa e di pura apparenza sia la formale esclusione degli alleati della Germania, essendo chiaro che nessuno scambio d'idee possa la Russia intraprendere circa le suddette questioni che la interessano senza contemporaneamente trattare dell'Armenia, di Costantinopoli e degli Stretti, ciò che involve il problema stesso del Mediterraneo! L'intransigenza o la condiscendenza della Russia nel settore nord, deve assolutamente dipendere dalla situazione che le vien fatta nei riguardi dell'Impero Ottomano. L'una questione non si scinde dall'altra, a meno di fare esercizio di vane parole.

Inoltre: la questione della Polonia tocca vitali interessi dell'Austria-Ungheria. È mai possibile che l'Austria ne voglia o possa trattare senza sapere qual sorte le è serbata nell'Adriatico?

Ecco dunque dimostrato come le questioni vitali italiane, Adriatica e Mediterranea, entrerebbero forzatamente in campo nonostante la formula limitativa venutaci da Pietrogrado.

Ora il signor Sazonov, secondo il telegramma del marchese Carlotti, << avrebbe in animo » di rendere eedotta l'Italia dell'eventuale seguito delle comunicazioni germaniche. Questo espediente è tutto a nostro danno. L'Italia, da attore, passerebbe a spettatore. La quintuplice alleanza, diverrebbe quadruplice con una appendice: l'Italia. Il pericolo sta per noi nel punto di partenza: la nostra esclusione, notificata da Sazonov all'Ambasciatore del Giappone.

A parte le suesposte considerazioni circa la necessaria connessione dei problemi dell'Adriatico e del Mediterraneo con le altre che interessano più direttamente la Germania, occorre riflettere a questo: allorquando fosse raggiunta una intesa, sia pur di massima, della Germania coll'Inghilterra, Francia e Russia, ne sorgerebbe d'un tratto in Europa tutta, anzi nel mondo, una corrente spirituale, che diventerebbe travolgente, a favore della pace generale, per farla finita colla guerra. E la voce dell'Italia reclamante agli alleati l'esecuzione dei patti di Londra ne resterebbe sommersa; l'opinione pubblica dei paesi alleati si imporrebbe ai Governi, i quali nella mancata dichiarazione di guerra alla Germania da parte nostra avrebbero facile pretesto dell'abbandono, e l'Italia si troverebbe nell'alternativa di continuare la guerra da sola o sacrificarsi.

A queste previsioni pessimistiche si può rispondere che presumibilmente l'iniziativa germanica a traverso il Giappone non è destinata a conclusione, come sembra prevedere lo stesso Sazonov. Ma chi non vede l'importanza del precedente stabilito? E inoltre, il tentativo si può ripetere a breve scadenza. Lasciar sussistere la sola possibilità di così sfavorevole situazione, sarebbe, credo, per noi un errore.

Si noti inoltre l'importanza del fatto che la Russia ha risposto affermativamente al passo giapponese ed io tengo per fermo che è corsa una previa intesa tra Russia, Francia e Inghilterra. Come già fecero intravedere i discorsi dei Ministri inglesi e francesi, siamo lontani dal tempo in cui ogni apertura di pace dovesse respingersi prima del debellamento della Germania. È questo un

notevole avviamento a quella pace di assestamento, di accomodamento che per l'Italia potrebbe riuscire addirittura rovinosa. Ma tanto più rovinosa, se un istante ammettessimo di essere collocati in seconda linea nei negoziati, sia pure preliminari.

Si presentano due modi di uscire da questa impasse. l o -Togliere di mezzo senz'altro la causa stessa che permette tanto alla Germania quanto al signor Sazonov di escludere l'Italia dallo scambio d'idee; in altri termini procedere alla dichiarazione di guerra alla Germania. 2° -Richiedere la Russia e gli altri nostri alleati di notificare alla Germania che non si ammette il suo «distinguo», che l'alleanza forma un blocco, e che le sue comunicazioni debbono farsi anche a Roma. Il primo mezzo è dirimente al fine di superare questo speciale ostacolo, il secondo pecca contro la logica, ma si può anche sostenere. Sottopongo l'uno e l'altro ad esame spregiudicato, avvertendo che fra i due non vedo una via di mezzo.

lo -Dichiarazione di guerra alla Germania.

A quanto io possa sapere o presumere, le ragioni per cui il R. Governo non ha dichiarato guerra alla Germania sono tre: 0 ) Ragioni di ordine interno, opinione pubblica, socialisti, cattolici, ecc.

2°) Ragioni d'ordine militare. Pro-memoria del Comando Supremo dello scorso marzo circa possibile attacco attraverso la Svizzera che sarebbe «un vero e proprio disastro». Il Comando Supremo ritiene la cosa poco probabile, ma non da escludere in modo assoluto.

È vero che attualmente sono a buon punto opere di fortificazione lungo la frontiera svizzera; ma solo i tecnici sono in grado di asserire se esse ci pongono al sicuro da ogni pericolo.

3°) Per riservarci una contro-assicurazione nell'ipotesi che la sorte della guerra volga a favore degli Imperi Centrali, specie in difetto di una seria ripresa russa, e col pratico disfacimento del patto di Londra circa le paci separate. In questa ipotesi, si dice, l'Italia, per fatto degli alleati, riacquista la sua libertà d'azione e non le rimane che da giuocare la carta precaria di riannodare le relazioni colla Germania, per non trovarsi in definitiva dalla parte del vinto, colle intere conseguenze che si possono prevedere. A questo fine è necessario -si dice -non entrare in guerra colla Germania, onde lasciare a questa sussistere l'interesse di riservarsi, pel dopo guerra, una grande potenza colla quale non abbia debiti di sangue da saldare.

Di fronte alla gravità di queste considerazioni, vìen fatto di domandare: si conosce niente delle vere intenzioni della Germania a riguardo dell'Italia? Poiché né dall'una né dall'altra fu dichiarata la guerra, vi sono state o no conversazioni per mezzo di persone irrensponsabili? Furono fatte comunicazioni indirette non autorizzate, furono date assicurazioni da parte germanica? E in caso affermativo, ne fu preso atto in cambio di una assicurazione nostra di non dichiarare la guerra? Esiste o no, in una parola, il filo sotterraneo? Di fronte ai nostri alleati, noi ci troviamo dalla parte del torto, col non dichiarare la guerra alla Germania; ma si è sfruttata, in quanto sfruttabile, questa ibrida situa

zione? (Colla mia relazione del 16 ottobre scorso (l), dopo accennato che il Governo germanico «conversava» con elementi francesi e russi a cognizione di quei Governi, accennasi alla possibilità di utilizzare nei riguardi della Germania la difficile situazione valendosi del problema bulgaro-albanese).

Ma se non ci fosse «qualche cosa », vien fatto di domandare: e perché non si è dichiarata la guerra alla Germania, visto che per questo appunto resta falsata nella sua base, e compromessa nei suoi risultati, la nostra alleanza con Francia, Inghilterra e Russia?

Richiesta alla Russia e agli alleati di includerei senz'altro nel negoziato preliminar.e.

Come ho detto sopra, questa tesi pecca contro la logica, in quanto la Russia potrebbe risponderei logicamente che tutto va a posto se dichiariamo la guerra alla Germania: ipso facto e automaticamente l'apertura tedesca si estenderebbe all'Italia.

Tuttavia io ritengo che a dispetto della logica, ma in base ai nostri vitali interessi, noi possiamo sostenere, e probabilmente far prevalere, la nostra richiesta di fronte agli alleati. Tutto sta per portare buoni argomenti, i quali potrebbero delinearsi come appresso:

lo -La mossa tedesca ( « Potenze in guerra contro la Germania ») ha l'unico evidente obbiettivo di gettare la discordia e la sfiducia fra gli alleati. È dunque interesse comune rispondere che non si ammette il «distinguo» germanico, e che l'Alleanza forma blocco compatto.

2° -La mossa tedesca ha per fine, isolando praticamente l'Italia di fronte all'Austria, di accrescere a favore della Germania le possibilità di una azione mediatrice -ciò che è interesse opposto dei nostri alleati.

3° -Quanto alla mancata dichiarazione di guerra alla Germania, noi ci troviamo, come ho già detto, dalla parte del torto di fronte agli alleati. La presente alleanza, è alleanza di guerra e non di pace, e perciò non soffre restrizioni mentali. Tuttavia in presenza delle gravi considerazioni suesposte (e ai relativi punti interrogativi) ritengo si debba tentare il mezzo intermedio della richiesta di inclusione nel negoziato preliminare, e all'abbiezione della non dichiarazione di guerra alla Germania rispondere con buoni argomenti, che possono essere quello relativo all'opinione pubblica italiana, ma soprattutto quello attinente a ragioni militari. Certamente, non sono ragioni dirimenti, dal punto di vista degli alleati, ma offrono il campo a discussione, che è quanto ci occorre per ora. Del resto, se è vero che gli alleati hanno buon motivo di rimprovero, teniamo presente il vecchio adagio forense: « tout mauvais cas est niable ».

4° -E sotto questo aspetto possiamo aggiungere che nello scorso novembre fu solennemente riconfermato il patto di Londra, dopo sei mesi di guerra, nonostante non fossimo in guerra dichiarata colla Germania! Esso stabilisce: «lorsqu'il y aura lieu de discuter les termes de la paix, aucune des Puissances Alliées ne pourra poser des conditions de paix sans accord préalable avec cha

cun des autres alliés ». Ora, lo «scambio di vedute» cui mira il passo tedesco a Pietrogrado rientra categoricamente nella suddetta formula del patto di Londra che vieta con ciò qualunque discussione parziale circa la pace. Su questo punto, anche la logica è dalla parte nostra.

5° -Argomenti da far valere presso i nostri alleati sono anche quelli esposti in principio circa la necessaria connessione delle questioni più direttamente interessanti la Germania, con le questioni adriatica e mediterranea. Possiamo dunque sostenere la nostra tesi in nome dei vitali interessi dell'Italia.

6° -Altro buon argomento: l'effetto addirittura disastroso che produrrebbe nell'opinione pubblica italiana la notizia (dopo poco inevitabilmente pubblica) che i nostri alleati stanno negoziando la pace sulle principali questioni, e che noi stiamo aspettando. Aspettando che cosa?

Ai nostri alleati non conviene gettare l'Italia nelle agitazioni interne e nelle crisi parlamentari.

Se la richiesta fatta, cogli argomenti che precedono, alla Russia e ai nostri alleati, non fosse accettata, si otterrebbe però il vantaggio di chiarire questo punto: come intendono i nostri alleati adempiere alle stipulazioni del trattato di aprile 1915 qualora arrivassimo alla pace {pace di assestamento) senza aver dichiarato la guerra alla Germania?

Tale quesito, per la sua somma gravità, può involvere tutto l'avvenire del nostro Paese.

Come ebbi l'onore di osservare nella mia relazione del 25 marzo scorso {1), la discussione in proposito coi nostri alleati è prima o poi inevitabile. Meglio anticiparla, mentre essi hanno di noi bisogno e siamo in posizione più favorevole; e poi, secondo il risultato della discussione, prendere le necessarie risoluzioni.

Se viceversa la nostra richiesta viene accolta, ci mettiamo nella posizione che ci spetta circa i preliminari di pace, ed evitiamo lo stabilirsi di un pericoloso precedente qualora non abbia seguito l'iniziativa germanica. E per quest'ultima ipotesi, si potrebbe anche chiedersi se non l'Italia più che l'alleato giapponese possa a un dato momento farsi iniziatrice di una mediazione.

Se fossimo sorpresi dalla pace nella presente nostra situazione internazionale e militare, e coi presenti torbidi nostri rapporti nei riguardi degll alleati, e tanto più se questa pace dovesse scaturire dall'insidiosa proposta annunziata da Pietrogrado, vedrei assai oscuro l'avvenire dell'Italia. Occorre chiarire ed agire, e anzitutto mettere in sodo che con un mezzo o con un altro, non intendiamo subire menomazioni od esclusioni nelle preliminari trattative di pace.

Naturalmente, come di regola, prima di formulare la richiesta a Pietro

grado, Parigi e Londra, sarebbe da interrogare il parere di quei nostri Amba

sciatori, sia per la formulazione sia per il merito, prospettando come sopra i

varii lati della questione. Essi, trovandosi sui luoghi, possono fornire utili

apprezzamenti circa le disposizioni di quei Governi.

(l) Ed. 1n SONNINO, Carteggio, c!t., n. 537.

(2) -Cfr. n. 789.

(l) Non pubblicata.

(l) Non rinvenuta.

817

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 913/188. Pietrogrado, 16 maggio 1916, ore 0,30 (per. ore 5,50).

Ministro di Russia a Stoccolma ha telegrafato ieri che l'agitazione per la questione delle fortificazioni nelle isole Aland si è accentuata in questi ultimi giorni.

Sazonov ha fatto ripetere al Governo svedese le assicurazioni già date da lungo tempo circa la temporaneità di quelle fortificazioni ma non accetterebbe naturalmente eventuali imposizioni da parte della Svezia di distruggerle.

Germania spinge la Svezia a formulare tali esigenze e gli attivisti sembrano in preda a vera esaltazione per tale questione (1).

818

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 924/40. Stoccolma, 16 maggio 1916, ore 20 (per. ore 4,45 del 17).

Re Gustavo, ricevendo oggi ministro di Francia per la presentazione del nuovo addetto navale, non ha fatto nessuna allusione alla questione Aland, ha confermato che la Svezia resterà neutrale finché sarà possibile e ad accenno del mio collega alle polemiche della stampa attivista ha risposto di non notare una agitazione più intensa del solito e di trovare del resto che anche i socialisti il cui capo Branting sarebbe un «cattivo patriota» si agitano molto.

Sua Maestà ha poi ripetuto in forma vivacissima le sue solite diatribe contro i soprusi dell'Inghilterra, le violenze a danno della Grecia ecc., le quali però nel momento attuale hanno un carattere puramente platonico ed una importanza affatto secondaria.

Questo ministro degli affari esteri fece conoscere al ministro di Russia la prima parte delle dichiarazioni che farà alla Dieta. Esse cominciano con una chiara e precisa riaffermazione della politica di neutralità e assicurano che il governo svedese, ora come nel 1908, considera del massimo interesse che l'arcipelago non sia fortificato permanentemente. Seguirà poi la lettura della comunicazione russa dell'8 gennaio 1915 e di quella che i miei colleghi di Francia e d'Inghilterra sono stati incaricati di fare ove essi ottengano dai loro governi (come è probabile) autorizzazione di confermarla per iscritto.

Ministro degli affari esteri dovrebbe concludere assicurando Parlamento che con ciò gli interessi svedesi sono salvaguardati. Mi risulta da buona fonte che questo ministro di Germania va ora dicendo che egli disapprova campagna per la questione Aland, non ritenendo I'inter

vento armato della Svezia né possibile né opportuno dal punto di vista degli interessi tedeschi. Questo linguaggio che non sembra sincero vale a dimostrare che anche egli prevede l'insuccesso della campagna.

(l) R!trasmesso a Parigi, Londra e Stoccolma con t. gab. 620 del 16 maggio, ore 20.

819

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 921/143. Londra, 16 maggio 1916, ore 22,13 (per. ore 4,45 del 17).

Da buona fonte mi è stato assicurato avere Asquith riportato impressione complessivamente favorevole del colloquio col Sommo Pontefice. Sua Santità ebbe enfaticamente a dichiarare accentuate simpatie attribuitegli per Imperi Centrali essere calunniose invenzioni. Padre di tutti i fedeli non parteggiare egli per alcuno dei belligeranti, l'azione non essere determinata da alcun recondito motivo involgente interessi diretti Santa Sede, ma mirare unicamente a fare il possibile per arrestare al più presto terribile flagello travagliante umanità.

820

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. R. 925/144. Londra, 16 maggio 1916, ore 22,13 (per. ore 6,25 del 17).

Telegramma di V. E. n. 588 (2).

In risposta a domanda da me amichevolmente rivoltagli Grey cominciò ieri col dirmi che Asquith nel suo discorso non aveva alluso a recenti speciali accordi anglo-russi, aveva soltanto voluto mettere in evidenza avvenuta eliminazione di tutte le cause di passate divergenze tra i due paesi oramai intesisi in complesso sulle questioni di comune interesse. Di questa vaga ed evasiva risposta non potevo evidentemente accontentarmi. Ricordato quindi che a tre riprese durante l'anno decorso io ho di mia iniziativa accennato alla questione per dargli agio metterei spontaneamente al corrente dello stato esatto di questioni involgenti primordiali interessi italiani osservai che Asquith avendo precisato che fra i punti dell'intervenuta intesa eravi anche la Turchia con la quale noi siamo in guerra e dovendo io al riguardo ragguagliare mio governo mi pareva giusto e naturale il chiedergli qualche maggior particolare.

Rispose Grey con mal celata impazienza domandandomi perché io mi rivolgevo solo a lui per aver informazioni che si potrebbero pure chiedere a Parigi e Pietrogrado. Ripetendomi non esservi nuovi accordi disse che fra le tre potenze possono esservi state, anteriormente alla nostra entrata in guerra, intese di indole più o meno generiche sulle quali come mi aveva già detto eragli impossibile fare rivelazioni senza previo consenso di Parigi e Pietrogrado.

Del resto, soggiunse, sembrargli gli accordi dell'aprile scorso precisanti reciproci impegni tutelavano ampiamente interessi italiani nell'Impero ottomano.

Replicai che, abituato come sono a manifestargli mio pensiero con massima franchezza, non potevo dissimulargli che questa perdurante reticenza di tre alleati verso il quarto in una questione di tanto vitale interesse suo mi riusciva incomprensibile e mi procurava naturalmente spiacevole sorpresa che ritenevo condivisa pure da V. E.

Grey rispose essere inutile spingerlo perché egli non poteva parlare da solo, lasciò tuttavia intravvedere possibilità di una comunicazione collettiva previo eventuale scambio di vedute con Pietrogrado e Parigi in proposito e concluse nei termini che riproduco quasi testualmente «non vedo perché dovrei essere sempre io il portavoce fra vari alleati. Recentemente mi sono state rivolte pressanti insistenze per spingervi a dichiararvi in stato di guerra con Germania ed ho dovuto adoperarmi per calmare gli animi e spiegare i motivi che vi trattengono; ora siete voi che mi chiedete spiegazioni che non posso darvi senza consenso degli altri».

A questa sortita pronunziata in tono stizzito, risposi per quanto ci con

cerneva, era ben naturale che noi ci si rivolgesse a lui sia per estrema fiducia

in lui, sia pel fatto che le trattative per noto accordo si svolsero a Londra, sia

finalmente per l'amicizia antica che ci lega all'Inghilterra; considerazioni che

se per il momento potevano cagionare a lui qualche piccolo fastidio non erano

nel fondo meno lusinghiere per Governo britannico e meritevoli di apprezza

mento da parte sua.

Grey concluse riservandosi esaminare. E così ebbe termine non piacevole,

per quanto personalmente sempre cordialissima, conversazione.

(l) Ed. !n SoNNINO, Carteggio, clt., n. 539, prima. parte.

(2) Cfr. n. 800.

821

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 920/145. Londra, 16 maggio 1916, ore 22,12 (per. ore 4,45 del 17).

Mio telegramma gabinetto n. 133 (l). Che una intesa favorevole alla Russia per le questioni ottomane debba esistere sarei pure indotto a supporlo da una frase dettami settimana scorsa

da Margerie il quale a proposito della Turchia, di Costantinopoli, della pace, degli Stretti, ecc. lamentò in tesi generale supina acquiescenza dimostrata da Delcassé verso la Russia. Collega di Francia, cui chiedevo qualche ragguaglio sulle dichiarazioni di Asquith, mi rispondeva in termini sostanzialmente analoghi a quelli di cui telegramma di V. E. gabinetto n. 602 (1). Anche egli menzionava accordo generico intervenuto nel 1914 dopo entrata in guerra della Turchia circa questione degli Stretti. Nelle parole di Cambon non scorsi alcun accenno dal quale si potesse arguire che accordo contenga assoluta precisa definitiva decisione sulla sorte di Costantinopoli.

A proposito dichiarazione di Asquith Cambon disse poi relazioni anglorusse, a prescindere dal vincolo d'alleanza, essere comunque ora eccezionalmente intime e cordiali.

Chiestagli impressione circa fondamento voci circolanti di aspirazioni Turchia per pace separata rispose collega non escludeva elementi più illuminati in Turchia, accortisi finalmente fatale errore commesso, possano desiderare di uscire comunque da impossibile situazione, non vedeva però possibilità realizzazione pratica siffatta aspirazione visto e considerato che Germania oltre all'aver praticamente in mano Governo in Turchia, ha fra Costantinopoli, Bosforo e Dardanelli una forza calcolata a circa 30.000 uomini con che Germania dispone di ampi mezzi per prevenire ed all'occasione sanguinosamente reprimere qualsiasi velleità di rivolta contro pesante suo gioco (2).

(l) Cfr. n. 796.

822

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 923/146. Londra, 16 maggio 1916, ore 22,12 (per. ore 4,45 del 17).

Pur non traendone alcun motivo di speranze in un più o meno prossimo inizio di trattative di pace su basi accettabili dagli alleati, Cambon mi diceva ieri di essere stato colpito dalla molteplicità degli assaggi in questi ultimi tempi con insistenza fatti presso l'uno o l'altro degli alleati da diplomatici, banchieri e perfino Sovrani neutri per incarico dissimulato della Germania, allo scopo di ottenere anche in tesi generale qualche indicazione sulle condizioni che potrebbero formare base di eventuali negoziati. Cambon inclina a credere alla sincerità germanica nel desiderare la pace non tanto per ragioni militari quanto e soprattutto per sempre maggiori imbarazzi e difficoltà all'interno.

(l) -Cfr. n. 807, nota 5. (2) -Ritrasmesso a Parigi e Pietrogrado con t. gab. 626 del 17 maggio, ore 21.
823

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. R. 922/147. Londra, 16 maggio 1916, ore 22,12 (per. ore 4,45 del 17).

Mio telegramma n. 144 (2).

Dal colloquio di ieri in vista specialmente dell'imbarazzo e della nervosità manifestata da sir Edward Grey sarei indotto a trovare da un lato conferma dell'impressione già da tempo da me riferita a V. E. circa l'esistenza di una qualche più o meno generica intesa anglo-francese-russa circa Turchia (la farei all'incirca risalire alla fine del 1914) e d'altra parte a sospettare che uno

o l'altro dei due alleati (probabilmente Russia) interrogati da Grey in seguito agli anteriori miei accenni siasi mostrato riluttante a rendercene edotti.

Degno di nota sembrami pure lo sfogo di Grey relativamente alla nostra situazione di fronte alla Germania. Questione come mi viene assicurato continua come prima a formare nel grosso pubblico e nel mondo parlamentare politico oggetto di commenti, di sospetti ed anche di qualche recriminazione al punto che non sarei sorpreso se, nell'accennare alla cosa, Grey abbia avuto presenti oltre pressione degli altri alleati anche perduranti interrogazioni di ministri e deputati. Non voglio trarre deduzioni premature avventate sulla base di prime impressioni che potrebbero pur essere fallaci ma per il momento scrivendo liberamente a V. E., parmi doveroso riferirle essermi sembrato al mio ritorno qui (3) di trovare al riguardo nostro, e per considerazioni forse attinenti pure alle recenti discussioni e trattative economiche, un'atmosfera alquanto diversa da quella che avevo lasciata e non certo in correlazione adeguata coi nostri enormi sacrifici pro causa comune. Io non esiterei, su tutta questa antipatica situazione, a provocare risolutamente esauriente spiegazione per chiarire, rimettere cose a posto se non temessi, contrariamente alle intenzioni e direzioni di V. E., di dare appiglio ad una non desiderata discussione sull'increscioso argomento, per quanto non mi dissimuli, ricordando anche accenno fatto a Rodd e da me subito verbalmente riferito a V. E., che a tale discussione, per iniziativa o nostra ovvero degli alleati, presto o tardi si finirà per dover venire. Per la profonda conoscenza che ho ormai di Grey ritengo dover segnalare irritabilità insolita dimostrata nei due colloqui avuti meco dopo mio ritorno, la quale non saprei ancora se attribuire

a cause speciali concernenti noi, ovvero a condizioni della sua salute o preoccupazioni per attuale non lieta situazione generale interna ( 4).

(-3) Imperiali era rientrato in sede il 7 maggio.

(l) Ed. in SoNNINo, Carteggio, cit., n. 539, seconda parte.

(2) -Cfr. n. 820. (4) -Ritrasmesso a Parigi e Pietrogre.do con t. gab. 628 del 17 maggio, ore 21.
824

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. R. 927/189. Pietrogrado, 17 maggio 1916, ore 0,30 (per. ore 12,25).

Telegramma V. E. n. 334 (2).

Siccome V. E. lo avrà già rilevato dai precedenti, modo di procedere adottato dai gabinetti Londra e Pietrogrado, nel caso iniziative altrui di qualsivoglia natura e provenienza attinenti alla pace, è di tosto comunicarsi reciprocamente e rispondervi invariabilmente che ogni eventuale proposta a tale riguardo non può venire fatta ai tre gabinetti che in via simultanea ed in forma identica.

Questo modo procedere è stato convenuto per ovviare ai probabili tentativi della Germania di creare diffidenza e contrasti fra gli alleati mediante separate conversazioni od anche semplicemente di assaggiare il terreno negli Stati belligeranti prima che questi si siano messi fra loro d'accordo sulle varie questioni.

Mi sembra presumibile che ad una eventuale nostra comunicazione dell'iniziativa di Ismail ad essi, gabinetto di Pietrogrado ci domanderebbe se intendiamo seguire lo stesso sistema, molto più che Sazonov, siccome è probabile, ravviserebbe in quell'iniziativa, che apparisce concordata col ministro di Francia in Svizzera, la mano della Germania.

Ciò potrà fornire occasione al gabinetto di Pietrogrado, e probabilmente agli altri due, di farci rilevare diversa situazione in cui ci troviamo di fronte Germania. Ritengo pertanto che prima dar seguito alla comunicazione di cui si tratta converrebbe essere preparati a rispondere alla surriferita eventuale

domanda.
825

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

T. GAB. R. 928/190. Ptetrogrado, 17 maggio 1916, ore 0,30 (per. ore 14,20).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 346 (4). Secondo mie indagini esisterebbe un accordo trilaterale fra Russia Inghilterra Francia, giusta il quale le due ultime si sarebbero dichiarate disposte a prendere in considerazione favorevolmente le aspirazioni della prima in Turchia

e ad ammettere in suo favore le garanzie necessarie per assicurarle l'assoluta e permanente libertà commerciale fra il Mar Nero e il Mediterraneo nonché per premunirla contro la possibilità di nuovi futuri attacchi da parte Turchia. Quanto alla Persia ignoro se un accordo sia intervenuto, ma se fosse già stipulato esso sarebbe senza dubbio sulla base della conservazione della indipendenza persiana (teoricamente ben inteso) e sopra una nuova ripartizione delle zone di influenza convenute nel 1907.

(l) Ed. In SONNINO, Carteggio, cit., n. 540.

(2) Numero particolare di protocollo per Pietrogrado del n. 789. Implicitamente Carlotti risponde anche al n. 815.

(3) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 541.

(4) Numero particolare di protocollo per Pietrogrado del n. 800.

826

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. R. 930/192. Pietrogrado, 17 maggio 1916, ore 0,30 (per. ore 14,40).

Telegramma di V. E. n. 345 (2).

Indagini praticate nel modo più accurato e opportuno presso svariate fonti competenti e straniere m'inducono a ritenere che offensiva non sia per essere assunta prima dell'altra seconda metà di giugno (nostro stile).

Opinione prevalente dei circoli militari è che vi sia luogo ad attendersi fra breve grande attacco germanico sulla fronte settentrionale. Continuerò a seguire attentamente ogni dato ed indizio relativo all'offensiva russa e non mancherò di telegrafare a V. E.

827

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 926/193. Pietrogrado, 17 maggio 1916, ore 0,30 (per. ore 14,50).

Mi viene riferito da fonte sicura che anche il ministro di Germania a Pechino ha fatto presso quel ministro del Giappone un passo analogo a quello del suo collega di Stoccolma da me segnalato a V. E. con il telegramma di gabinetto n. 180 (3).

Simultaneità di detto passo dei due rappresentanti germanici presso rappresentanti dello Stato belligerante sembra confermare l'ipotesi che non si tratta di una iniziativa di Lucius e von Hintze ma bensì di istruzioni del loro Governo.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, clt., n. 542.

(2) -Numero particolare di protocollo per Pletrogrado del n. 799. (3) -Cfr. n. 802.
828

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 939/149. Londra, 17 maggio 1916, ore 15,16 (per. ore 19,50).

Telegramma V. E. gabinetto n. 587 (1).

Per consiglio di Grey conferii ieri lungamente con Kitchener. Egli mi disse di trovarsi in sostanza in una situazione analoga alla nostra. Non aver alcun indizio che permetta di supporre che russi abbiano rinunciato alla concordata offensiva per la fine di maggio sul fronte galiziano: non possedere d'altra parte informazioni denotanti adeguati preparativi malgrado frequenti insistenti telegrammi diretti al rappresentante britannico al quartiere generale russo. Aggiunse che con russi non si è mai sicuri di nulla anche pel fatto che non hanno la calma necessaria per aspettare adeguati accumulamenti di armi e munzioni. Non appena ne dispongono in una certa relativa quantità si affrettano a sciuparle in piccole azioni di più che secondario interesse che non possono dare seri risultati. Chiestogli se aveva notizie esatte sul contemplato inizio dell'offensiva germanica contro fronte settentrionale russa (telegramma

V. E. n. 611) {2) rispose non ritenere attendibile notizia corsa. Non risultargli che tedeschi abbiano ritirato truppe dalla fronte occidentale; avere invece recentissimamente constatato in Francia presenza due divisioni tedesche delle quali russi gli avevano segnalato invio al fronte occidentale. Kitchener osservava che se egli fosse comandante truppe tedesche a quest'ora avrebbe già iniziata poderosa offensiva in Russia. Fortunatamente vi ha luogo di credere che questo non possano ora fare i tedeschi impegnati come sono nell'impresa di Verdun destinata a suo parere al fallimento, ma alla quale essi non si sentono di rinunziare a motivi di politica interna e di considerazioni di prestigio di fronte ai loro minori alleati ed ai neutri, sconsigliando loro di ammettere tangibile successo.

Ad analoga mia domanda dichiarò assolutamente falsa la pretesa germanica di avere a Verdun esaurito i francesi, i quali mentre dispongono a sufficienza di munizioni hanno al massimo perduto 150 mila uomini mentre perdite tedesche secondo suoi calcoli ascendono a 275.000 uomini.

Il generale Kitchener considera soddisfacente la situazione militare ma non ritiene verosimile entro quest'anno la fine guerra che dovrebbe terminare a parer suo nella primavera dell'anno venturo se alleati vogliono sul serio dettare la pace. Vittoria è sicura, è questione soltanto di pazienza e di sopportare altri sacrifici.

Maresciallo mi parlò in generale del grande servizio che l'Italia, disponente di eccesso d'uomini, potrebbe rendere alla Francia ed all'Inghilterra se consentisse a permettere l'invio nei due paesi di operai adibiti nelle fabbriche di armi e munizioni liberando numero considerevole di operai francesi ed inglesi rinforzando cosi le fila dei rispettivi eserciti. Con che, grazie agli alti

salari eventualmente corrisposti ai nostri operai si verrebbe pure ad alleviare le difficoltà situazione economica.

Risposi che su questo argomento non ero competente a discutere. Osservai che in generale dal duplice aspetto morale e materiale mal provvede l'Inghilterra all'incremento dell'efficienza bellica di una nazione alleata non disponente come noi di illimitate risorse economiche intralciando sistematicamente commercio con tutte queste restrizioni di importazioni, che, non celavo, mi cagionavano serie preoccupazioni. Considerazioni queste che data ferrea e relativamente angusta mentalità di Kitchener temo hanno purtroppo ai suoi occhi scarso valore.

(l) -Cfr. n. 799. (2) -Cfr. n. 810, nota l, p. 600.
829

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 946/41. Stoccolma, 17 maggio 1916, ore 20 (per. ore 8,20 del 18).

In attesa della risposta alla nota interpellanza stamane nelle due Camere della Dieta svedese discutendosi un progetto di credito supplementare per il personale del ministero affari esteri è stata provocata dai democratici una discussione sulla situazione internazionale della Svezia con particolare riguardo alla questione delle isole Aland.

Ministro affari esteri ha confermato pienamente le precedenti dichiarazioni del Governo di mantenere una rigorosa ed imparziale neutralità salvaguardando indipendenza della Svezia di fronte a tutti nonché il desiderio vivissimo di evitare di essere trascinati in complicazioni bellicose. Dopo aver assicurato che il Governo si è tenuto estraneo a tutte le polemiche sulla politica estera ha condannato le manifestazioni atte a scuotere la fiducia nella questione essenziale della Svezia di difendere la sua indipendenza e la sua neutralità. Per la questione di Aland si è limitato a dire per il momento che il Governo come nel 1908 la riconosce di vitale importanza per il paese e non tralascerà nulla per salvaguardare i diritti e gli interessi della Svezia.

In entrambe le Camere i capi dei partiti liberali socialisti e conservatori hanno espresso quasi colle stesse parole la loro completa soddisfazione per le dichiarazioni del Governo circa mantenimento della neutralità riaffermando concordi che la sicurezza della Svezia esige che le isole Aland non siano fortificate (ben inteso in condizioni normali).

Questa manifestazione che è stata evidentemente concordata fra il Governo ed i capi dei vari partiti chiarisce la situazione sebbene la vera e propria risposta alla nota interpellanza ancora non abbia avuto luogo.

Riferendomi al telegramma di V. E. gabinetto n. 620 (l), credo potere affermare che anche nei passati giorni d'incertezza questi circoli governativi non hanno mai considerato seriamente eventualità non solo di mobilizzare o di intimare alla Russia di demolire le fortificazioni dell'arcipelago, ma nemmeno

di chiederle in forma comminatoria nuove e più precise assicurazioni. Le esitazioni sono state soltanto fra il rispondere alla nota interpellanza in termini evasivi senza accennare agli affidamenti verbali avuti dalla Russia, ciò che avrebbe indirettamente dato nuova esca all'agitazione ed il rispondere in modo esauriente dopo aver ottenuto qualche prova delle assicurazioni russe. Ma il timore di fare un passo che potesse essere interpellato a Pietrogrado come poco amichevole tratteneva Governo svedese anche dal chiedere tale documento scritto e fu appunto allora che io ho creduto opportuno di intervenire come intermediario fra questo ministro degli affari esteri ed il mio collega di Russia.

Ciò non esclude naturalmente che i circoli i quali più direttamente subiscono l'influenza tedesca si siano agitati per ottenere altre cose e mi è stato riferito da più parti che specialmente nelle sfere militari si sarebbe notato una viva effervescenza.

Ma questi intrighi non hanno avuto presa sul Governo e sembra che perfino il Re, sebbene imbevuto di idee tedesche, si sia mostrato avverso ad una politica avventurosa rendendosi conto che la stessa esistenza della dinastia potrebbe esser messa in giuoco.

(l) Cfr. n. 817, nota l

830

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 945/94. Cristiania, 17 maggio 1916, ore 22,45 (per. ore 6,30 del 18).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 603/1 (1).

Secondo quanto questo ministro degli affari esteri mi ha detto ieri esiste effettivamente una convenzione scritta e firmata 1'8 agosto 1914 con la quale Svezia e Norvegia si sono, per la durata della guerra, dichiarate reciprocamente di osservare neutralità verso i belligeranti e scambiate l'assicurazione impegnativa di non prendere le armi l'uno contro l'altro. L'azione moderatrice della Norvegia verso la Svezia sembrerebbe eventualmente non poter essere che di carattere morale, tuttavia dall'insieme del discorso del ministro degli affari esteri, dall'intonazione grave e di diffida di vari articoli ispirati testé apparsi in questa stampa e da altre circostanze si può dedurne essere qui piuttosto inclini a dare l'impressione che si considera come una violazione dei patti, intervento della Svezia nel conflitto specie se questa lo facesse a mezzo di azione militare spiccatamente offensiva.

In tale guisa la stessa pressione morale sarebbe destinata ad avere qualche efficacia lasciando la Svezia nel dubbio circa l'atteggiamento della Norvegia, spetta poi all'Intesa e particolarmente all'Inghilterra di agire in modo, là dove le cose fossero spinte agli estremi, che Norvegia non assuma contegno analogo a quello della Grecia (2).

(l) -Cfr. n. 804, nota l, p. 596. (2) -Ritrasmesso a Parigi, Londra, Pietrogrado e Stoccolma con t. gab. 641 del 18 maggio, ore 21.
831

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. 951/88. Parigi, 18 maggio 1916, ore 21,15 (per. ore 23,40).

Telegramma di V. E. n. 614 (2).

Briand crede che i fiduciari turchi che tentano intavolare trattative di pace coll'Italia siano degli agenti tedeschi come quelli che hanno fatto simili tentativi in Inghilterra e Francia.

Briand crede che tali manovre abbiano per scopo di creare diffidenze tra Russia e le altre Potenze dell'Intesa e perciò consiglia declinare qualsiasi conversazione con agenti che non abbiano regolare mandato del Governo ottomano.

832

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

T. GAB. 952/153. Londra, 18 maggio 1916, ore 23,15 (per. ore 2,40 del 19).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 614 (2). Grey mi ha detto oggi che tentativi ed assaggi analoghi a quelli indicati da

V. E. sono stati iniziati e con insistenza anche presso autorità britanniche al Cairo, alle quali si è persino fatto intravvedere probabilità di una rivoluzione.

Governo britannico ha, in base a stabilita linea di condotta, fatto sistematicamente rispondere che di tutte queste buone intenzioni di pace si potrà tener conto e accoglierle dopo e non prima che sia mutato attuale Governo in Turchia.

In merito ad una eventuale azione nostra Grey si è astenuto dall'esprimere parere in un senso o nell'altro. Circa scarsa serietà aperture turche Grey condivide impressioni di V. E.

833

IL COMANDANTE DELLE TRUPPE D'ALBANIA, PIACENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 955/671. Albania, 19 maggio 1916, ore 10 (per. ore 10,40).

Notizie pervenute questo Comando farebbero ritenere che truppe austriache, per ora in piccole quantità, sarebbero giunte a Clisura e in territorio di Tepelen, in territorio di occupazione greca. Che a Tepelen gli austriaci avrebbero fatto trasportare materiale in ferro e legname per completare ponte sulla Voiussa,

di cui esistono già pile. Che gruppo di ufficiali, che si credono austriaci, avrebbero percorso territorio Epiro lungo nostra fronte meridionale. Se tali notizie saranno confermate, costituendo atti di palese ostilità, riterrò senz'altro territorio di occupazione greca come territorio nemico con tutte le conseguenze che potranno derivarne. Quanto sopra comunicato anche Comando Supremo.

(l) -Ed. !n SONNINO, Carteggio, c!t., n. 544. (2) -Cfr. n. 815.

(3) Ed. !n SONNINO, Carteggio, c!t., n. 545.

834

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. R. 956/89. Parigi, 19 maggio 1916, ore 12,25 (per. ore 15,05).

Telegrammi di V. E. nn. 626 (2) e 628 (3).

Briand e Cambon Giulio mi hanno detto che essi, e con essi Cambon Paolo, ritengono che Asquith parlando dell'accordo con la Russia ha inteso riferirsi allo scambio di idee che ebbe luogo alla fine del protocollo e di cui ho riferito i termini, per ciò che riguarda la Francia, coi miei telegrammi 59 e 76 ( 4). Tanto Briand quanto Cambon Giulio escludono che vi siano accordi posteriori. Però Cambon Giulio sospetta che, alla fine del protocollo, Inghilterra si sia impegnata mentre Francia, malgrado la nota debolezza di Delcassé nei rapporti colla Russia e coll'Inghilterra che fu cagione della di lui caduta tenne maggior riserbo.

Sospetto di Cambon Giulio è anche avvalorato dal fatto che Grey nelle sue conversazioni con Cambon Paolo non è stato interamente chiaro ed esplicito ma ha usato un linguaggio alquanto dubbio e misterioso.

Briand poi con molta fermezza mi ha detto che interessi francesi e italiani in Asia Minore non potevano essere pregiudicati da alcuno.

835

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO CADORNA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 648. Roma, 19 maggio 1916, ore 14.

(Meno Comando Supremo) -Ho telegrafato al Comando Supremo quanto segue:

<Per tutti) -Generale Piacentini mi telegrafa quanto segue: «Notizie pervenute questo Comando... » fino alle parole «potranno derivarne» (come nel telegramma del generale Piacentini n. 955/671) (5).

(-3) Cfr. n. 823, nota 4.

Debbo rilevare a V. E. che il tono della comunicazione surriferita del generale Piacentini mi sorprende. Prego V. E. notificargli che prima di procedere ad atti ostili che ci possono portare ad un vero stato di guerra con la Grecia, generale Piacentini deve riferire ed attendere istruzioni dal Governo e da codesto Comando.

(Meno Atene) -Ho intanto telegrafato alla R. legazione ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -Prego V. S. interpellare Governo ellenico circa notizie giunte al generale Piacentini di truppe austriache giunte in territorio di occupazione greca (1).

(l) Ed. In SONNINO, Carteggio, cit., n. 546.

(2) -Cfr. n. 821, nota 2, p. 611. (4) -Cfr. serie V, vol. III, nn. 46 e 150. (5) -Cfr. n. 833.
836

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E AL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI

T. GAB. 652. Roma, 19 maggio 1916, ore 21.

(Solo Berna) -mio telegramma n. 576 (2).

(Meno Parigi e Berna) -Telegramma di V. E. n. 163 -R. ambasciatore a Parigi telegrafa quanto segue: « Briand crede... » (come nel telegramma Gabinetto n. 951/88) (3).

(Meno Londra e Berna) -Telegramma di V. E. n. 88 -R. ambasciatore a Londra telegrafa quanto segue: « Grey mi ha detto oggi..» (come nel telegramma Gabinetto n. 952/153) (4).

(Per tutti) -In vista delle disposizioni incontrate presso gli alleati riteniamo opportuno non dare ulteriore corso agli assaggi in Svizzera circa una pace separata della Turchia.

837

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2465/321. Parigi, 19 maggio 1916, ore 21,25 (per. ore 0,50 del 20).

Telegramma di V. E. n. 1244 (5). Radovic ebbe qui assicurazione nel senso che relazioni tra Francia e Montenegro si sarebbero messe su piede molto più cordiale quando Governo

Mi ha confermato aver Governo ellenico dato ordini severissimi alle truppe Epiro di non lasciar varcare frontiera della occupazione a nessuna forza regolare o irregolare a qualunque paese essa appartenga ».

Montenegro avesse dato seguito sconfessione Mirko e ministri rimasti Monte·negro. In tal caso Governo francese non avrebbe obiezione alla visita del Re a Parigi, visita alla quale esso aveva consentito a Pasqua perché non era a sua conoscenza a quell'epoca viaggio di Mirko a Vienna, né notizia pervenuta poscia circa azione ministri al Montenegro. Ad ogni modo tratterebbesi però di soggiorno non ufficiale nella capitale francese e non sarebbe ricevuto al suo arrivo con onori sovrani. Nel corso della sua permanenza a Parigi renderebbe visita a Poincarè (1).

(l) De Bosdari rispose con t. gab. 967/166 del 20 maggio, ore 18,30, quanto segue: «Skuludis mi ha assicurato non aver menomo sentore delle notizie riferite dal generale Piacen tini.

(2) -con t. gab. 576 del 9 maggio, ore 21, Sonnino aveva dato istruzioni a Paulucci de' Calboll affinché il consigllere della legazione a Berna, Durazzo, designato per prendere parte agi!eventuali colloqui italo-turchi, non si intrattenesse con il ministro ottomano se non dopo averne ricevuta esplicita autorizzazione dal ministero. (3) -Cfr. n. 831. (4) -Cfr. n. 832. (5) -Cfr. n. 808, nota 2.
838

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 1078/263. Berna, 19 maggio 1916 (per. il 22).

Da persona che ebbe recentemente occasione di parlare con uno dei segretari del principe di B'ii.low a Lucerna, mi è stato riferito che l'ex-Cancelliere sarebbe partito amareggiato e disilluso perché tutti i tentativi ed approcci da lui fatti, per diverse vie, allo scopo di porre le basi di possibili negoziati pacifici sarebbero completamente falliti.

Dall'istessa fonte mi fu pure assicurato che il sentimento del bisogno della pace, che in Germania va facendosi ognora più forte, è condiviso dal Principe, il quale in varie occasioni ne avrebbe fatto tema delle sue confidenze. Così i circoli politico-finanziari più influenti della Germania come, del resto, quelli pure della Svizzera, pensano non sia lontana l'ora in cui si deporranno le armi. Parlando della situazione particolare dell'Italia, l'ex-cancelliere avrebbe detto che probabilmente il Paese nostro potrebbe essere compensato dopo la guerra, con una rettifica di confine, ma questa sarebbe molto più limitata del famoso «parecchio» da lui offerto. L'Italia avrebbe già spesi in quest'anno cinque e più miliardi di franchi: come farebbe, ci si chiedeva, a trovare il necessario per andare avanti? Dai nostri alleati non avremmo avuto quanto ci attendevamo, e l'opinione pubblica italiana (il Principe lo avrebbe osservato con soddisfazione) non era soverchiamente entusiasta di quanto aveva fatto l'Inghilterra nel campo economico e nella questione dei noli. Su questo malcontento i suoi concittadini fondavano buone speranze per l'avvenire. L'Inghilterra restava pur sempre la grande nemica più implacabile, che formava il più poderoso ostacolo alla cessazione delle ostilità. La legge sulla coscrizione, passata con tanta facilità in Inghilterra, aveva prodotto una profonda impressione nei circoli militari tedeschi. Anche la Germania non era sovra un letto di rose, dopo tanti sacrificii sostenuti in questo terribile conflitto, ma l'ex-cancelliere

era convinto che essa avrebbe potuto risolvere con espedienti il grave problema finanziario, anche se il conflitto dovesse ancora durare qualche anno! Egli però guardava con terrore all'indomani della pace, alla posizione economica e finanziaria della Germania sì gravemente compromessa, ed all'altezza eccessiva cui sarebbero giunte le imposte!

Da altra persona che avvicinò sovente la Principessa di Biilow durante il suo lungo soggiorno a Lucerna, ho saputo infine che il cancelliere avrebbe sempre parlato con viva simpatia del suo ultimo soggiorno da noi e della cordialità dei suoi rapporti coi nostri uomini politici, lamentandosi che l'ostinazione dell'altro alleato non avesse permesso di condurre in porto le trattative.

(l) Ritrasmesso a Londra, Pietrogrado e Bordeaux con t. 1297 del 20 maggio, ore 23.

839

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 976/204. Pietrogrado, 20 maggio 1916, ore 16 (per. ore 14,15 del 21).

Uchida ha detto a Lucius che i Gabinetti di Tokio, Pietrogrado, Londra e Parigi sono disposti a prendere conoscenza di eventuali comunicazioni di Berlino qualora queste siano fatte loro in forma identica e simultanea.

Lucius ha risposto che avrebbe di ciò informato il proprio Governo.

Questa risposta e la coincidenza con i passi fatti presso legazione del Giappone a Pechino (mio telegramma gabinetto n. 193) (l) confermano l'ipotesi che si tratti di una iniziativa del Governo germanico e non personale di Lucius.

Qui però si continua a dare scarsa importanza alla cosa e si suppone che la Germania miri con questo maneggio a farsi bella presso i neutrali (specie in America) di tendenze pacifiche evidentemente soltanto apparenti.

840

IL MINISTRO DEGLI ESTERI SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, E AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 659. Roma, 20 maggio 1916, ore 17,20.

Ho rilevato a Giers l'importanza grandissima che avrebbe per noi, dato il forte attacco austriaco sul confine nostro Trentina, che si iniziasse prontamente l'offensiva russa, per impedire la concentrazione delle truppe nemiche a nostro danno.

Il ritardo nell'offensiva russa avrebbe dato, inoltre, maggiore ragione a coloro che da noi consideravano con terrore ogni possibile peggioramento delle nostre relazioni con la Germania. Nel maggio e giugno 1915 la mancata cooperazione della Russia al momento della nostra entrata in azione contro l'Austria, era dipesa da circostanze superiori ad ogni buona volontà del Governo imperiale; ma, dopo i concerti presi recentemente a Parigi dagli Stati Maggiori, non si saprebbe spiegare la deficienza nell'azione combinata.

Giers mi assicurò che avrebbe ritelegrafato in questo senso, avendolo già fatto in occasione della ultima nostra conversazione.

(l) -Cfr. n. 827. (2) -Ed. In SONNINO, Diario, cit., p. 344.
841

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 974/42. Stoccolma, 20 maggio 1916, ore 17,50 (per. ore 8,55 del 21).

Questo ministro affari esteri ha risposto ieri all'interpellanza sulle fortificazioni delle isole Aland confermando che il Governo considera suo dovere di seguire con assidua attenzione tale questione e non tralascia nulla per tutelare in ciò come nel resto i diritti e gli interessi della Svezia, ma che per ragioni evidenti non gli è possibile entrare in particolari. Interpellante ha preso atto di tale dichiarazione ma non senza qualche riserva.

Come V. E. rileverà tale risposta non è conforme all'intesa intervenuta fra il ministro affari esteri ed il mio collega di Russia. Avant'ieri il primo ha diretto al secondo una nota ufficiale in cui, ringraziando del testo scritto della comunicazione dell'8 gennaio 1915, diceva di vedere in essa un buon auspicio per il felice esito dei negoziati che i due Governi condurrebbero circa tale argomento, ma avvertiva che dopo le discussioni avvenute alla Dieta il 17 corrente, riteneva più opportuno per il momento non pubblicare comunicazione stessa. In seguito a ciò ministro di Russia si è fatto restituire testo scritto che aveva dato solo alla condizione che fosse letto alla tribuna.

Questo ministro affari esteri giustifica il suo inatteso voltafaccia dicendo che oramai situazione è chiarita e che non è il caso di dare nuova esca alle polemiche colla divulgazione del citato documento. Senza contestare che in ciò possa esservi del vero, rimane però sempre il fatto, poco rassicurante, che il Governo mantiene il paese nell'ignoranza del reale stato di cose, non facendogli conoscere che ha avuto non solo dalla Russia ma anche dalla Francia e dall'Inghilterra, quali potenze firmatarie della dichiarazione del 1865, tutte le assicurazioni che può ragionevolmente pretendere. Incoraggiato dalla condiscendenza di tali potenze, esso mira probabilmente ad ottenere fin da ora una soluzione definitiva della questione che potrebbe consistere o in un accordo diretto colla Russia o nell'accessione formale della Svezia alla dichiarazione del 1865.

Questo ministro di Russia propone al suo governo autorizzarlo a rimettere di nuovo testo scritto della comunicazione dell'8 gennaio 1915 al Governo svedese avvertendolo che Gabinetto di Pietrogrado lo pubblicherà senz'altro ove qui si riprenda agitazione per le isole Aland e che finché dura la guerra questione non può essere definitivamente risoluta.

Questa linea di condotta mi sembra prudente... (l) che anche i ministri di Francia e Inghilterra ricevessero istruzioni di esprimersi probabilmente in tal senso.

Non posso abbastanza insistere sul fatto che qui ogni condiscendenza dei nostri alleati è interpretata come debolezza e quindi costituisce un pericolo. Esempio dell'Inghilterra è istruttivo. L'estate scorsa quando Governo britannico faceva di tutto per contentare la Svezia questa era intrattabile: da quando l'Inghilterra ha preso attitudine ferma e risoluta qui si è addivenuti accomodanti e l'agitazione pubblica contro l'Inghilterra è cessata.

Ma in complesso situazione ora è molto più chiara e più calma. Principe Carlo e principessa Ingeborg recatisi alla frontiera finlandese per ispezionare servizi della Croce Rossa per lo scambio di prigionieri invalidi fra la Russia e gli Imperi centrali, si sono incontrati colle autorità russe e vi hanno scambiato cortesie. Principessa ha ricevuto decorazione della Croce Rossa russa di prima classe. Questo incontro ha un certo significato politico, progettato da qualche tempo, sembrava non dovesse aver più luogo per effetto dell'agitazione delle settimane scorse.

È anche significativo che i capi delle più grandi corporazioni economiche della Svezia, fra i quali vi sono uomini autorevoli del partito conservatore, hanno diretto un appello alla stampa per segnalare i danni che recano al paese le intemperanze di certi giornali contro alcune potenze belligeranti.

842

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2492/331. Parigi, 21 maggio 1916, ore 13,10 (per. ore 16,25).

Tutti i giornali si occupano dell'offensiva austriaca con parole di grande simpatia per noi ed esprimendo piena fiducia che riusciremo ad arrestarla.

Alcuni constatano malinconicamente che né russi né inglesi si muovono e quindi austro-tedeschi continuano combattere separatamente contro uno solo degli alleati, concentrando su di un fronte tutte le loro forze, senza essere molestati nel fronte che sguarniscono.

(l) Gruppo lndeclfrato.

843

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. 975/3249. Comando Supremo, 21 maggio 1916, ore 14,15 (per. ore 14,40).

Rispondo al suo telegramma di gabinetto n. 659/17 (2).

Ringrazio per la comunicazione del passo fatto presso Giers. Io pure, ieri l'altro, ho vivamente interessato il generale Joffre nello stesso senso e ho contemporaneamente ordinato al capo della nostra missione di agire presso il comando supremo russo. Ho anche esposto la necessità del concorso russo ai capi di questa missione militare russa e francese. Sarò grato V. E. se vorrà insistere presso Giers.

844

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (3)

L. P. Roma, 22 maggio 1916.

Ieri, dopo averti parlato al Quirinale, telegrafai al re dimostrandogli la necessità che alla nostra azione in via diplomatica, di cui aveva gli elementi nei telegrammi che tu gli mandi, si dovesse aggiungere una energica insistenza dello Stato Maggiore italiano per muovere, possibilmente, i russi. Mi rispose ier sera come segue:

«Avevo già parlato per mio conto al comando supremo per far sollecitare una azione russa e so che sono stati fatti passi in tal senso, ma ancora ne parlerò oggi stesso al generale Porro. Se Ella lo crede, potrebbe anche far compilare da Sonnino un telegramma che io potrei dirigere allo zar per mezzo della nostra ambasciata allo scopo interessarlo personalmente nel senso del nostro desiderio ».

Ti prego dunque di preparare il telegramma e di comunicarlo tu stesso al re, dandoti per inteso di quanto ti ho comunicato (4). Non so se giovi; ma nulla dobbiamo lasciare d'intentato.

Avrai visto il comunicato «Stefani >> diramato questa notte (5) per espresso desiderio del comando. Esso preoccuperà il paese, il quale è bene, a parer mio, che si preoccupi. Ma da esso si desume la condanna del comando, il quale, sapendo tutto quello che ora pubblica, aveva abbandonate a loro stesse le scarse forze poste a guardia degli altipiani.

(-4) Cfr. n. 850.

Ti accludo il bollettino riservato che ebbi iersera. Ti prego rimandamelo. Pare almeno che adesso si resista; ma il gioco è grosso e le conseguenze non potranno non essere serie.

Ho fatto chiamare Bissolati; ma ci vuole un certo ternpo per raggiungerlo. Egli è a tremila metri sull'Adamello.

(l) Ed. in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 547.

(2) -Cfr. n. 840. (3) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 548. (5) -Dava notizie del collocamento a riposo del generale Brusati, comandante della prima armata.
845

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 995/212. Pietrogrado, 23 maggio 1916, ore 1 (per. ore 11,55 del 25).

Queste sfere ufficiali, assicurate circa contegno Svezia, si mostrano disposte a confermare affidamenti ripetutamente dati a Stoccolma circa la provvisorietà delle fortificazioni di Aland escludendo però principio che il trattato imponga alla Russia di non fortificare dette isole Cl).

846

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 988/159. Londra, 23 maggio 1916, ore 14,15 (per. ore 17,35).

Discorrendo ieri con Cambon gli chiesi se avesse informazioni sui movimenti di truppe inglesi: mi disse che da qui continuansi inviare in Francia uomini armi e munizioni in abbondanza in piena conformità alle domande di Joffre.

Grande offensiva inglese non potrebbe tuttavia aver luogo se non congiuntamente a quella contemplata dai francesi, inizio della quale dipende dallo andamento delle operazioni di Verdun, dove i francesi sono costretti ad inviare sempre nuove truppe di rinforzo. Aggiungeva collega avere recentemente saputo da lettere private essersi constatato che fanterie tedesche sono ora di qualità inferiore a quelle del primo periodo dell'offensiva. Intensità azione artiglieria addirittura fantastica. Nel frattempo inglesi con piccole ma continue operazioni in vari punti tengono occupati i tedeschi.

Dei movimenti russi nulla di concreto risultargli. Sembra accertato che Russia dispone sull'estensione suo fronte di 1.600.000 uomini tutti benissimo armati di fucili e con larga quantità di munizioni. Vi è però deficienza relativa di artiglieria da campagna ed assoluta di grosse artiglierie. Grandi trasporti sono attesi da varie parti; soltanto a Brest se ne contano 10 che aspettano sfollamento porto Arcangelo, posto oramai sotto supervisione effettiva di un uffi

ciale di marina inglese ad arrestare grandi inconvenienti per molteplici ragioni derivanti dalla confusionaria direzione russa. Si è qui finalmente ottenuto provvedimento limitante scarico in quel porto alle sole navi trasportanti materiali militari. Forze nemiche in Polonia ascenderebbero a 900.000 uomini solidamente trincerati ed in grado di fronteggiare qualsiasi offensiva russa. Cambon mi chiese a sua volta se aveva sulle nostre operazioni informazioni più particolareggiate di quelle pubblicate dai giornali e se poderosa offensiva austriaca mi ispirava preoccupazione. Risposi che all'infuori di quella naturale intensa ansietà che ogni patriota non può provare in momenti simili, io mi sentivo calmo per la perfetta fiducia riposta nella sagacia del nostro comando e nel valore delle nostre truppe. Di particolari difettavo al pari di lui. Osservai pure in tesi generale che una maggiore attività dimostrata dai russi sul fronte galiziano, secondo gli accordi intervenuti, avrebbe forse impedito agli austriaci di dislocare tante truppe per fare impeto contro di noi. Al che rispose Cambon, ma come semplice impressione, non essere detto che i russi non facciano qualche cosa.

(l) Ritrasmesso a Parigi, Londra e Stoccolma con t. gab. 685 del 25 maggio, ore 21.

847

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 989/44. Stoccolma, 23 maggio 1916, ore 17,15 (per. ore 1,40 del 24).

Telegrammi di V. E. gabinetto nn. 603 (l) e 641 (2).

Fin col mio rapporto n. 71 del 5 novembre 1914 (3) io rilevai che accordo svedese-norvegese dell'agosto precedente non poteva avere una consistenza che nel caso in cui i due Stati rimanessero neutrali o prendessero insieme le armi per difendersi da un'aggressione comune. Non mi pare dubbio che, se la Svezia vulnera il primo punto di tale accordo con un intervento armato non avente carattere strettamente difensivo, non può pretendere che la Norvegia si senta vincolata dal secondo impegno. Di questo avviso è anche questo ministro di Norvegia, personaggio autorevole ed eminente giurista.

Norvegia segue certamente con attenzione assidua e non scevra di una qualche preoccupazione le minime oscillazioni della politica svedese e si adopererà per quanto è possibile a mantenerla sul terreno di una corretta neutralità. Fin da febbraio scorso Cvedi mio rapporto n. 28) (3) il Governo norvegese avrebbe fatto intendere qua che avrebbe mobilizzato in caso di mobilitazione svedese.

Questa costituirebbe non solo una pressione morale ma anche una precauzione materiale dovendo Norvegia temere che in caso di intervento armato la Svezia tenti un colpo di mano su Narvik per istigazione della Germania la quale vorrebbe farne una stazione di sottomarini da cui turberebbe le comunicazioni

marittime con Arcangelo (vedi mio telegramma n. 105 dell'll agosto 1915) (l). È inoltre da prevedere che, in caso di intervento armato della Svezia, la Norvegia, o spontaneamente o per effetto di pressioni inglesi, chiuderebbe la frontiera e ne completerebbe così blocco.

Tuttavia mi sembra difficile che, sebbene gli attivisti siano reclutati nelle stesse sfere che nel 1905 volevano reprimere nel sangue la rivolta norvegese, la Norvegia possa prendere l'iniziativa e la responsabilità di una guerra fra i due popoli scandinavi, tanto più che la sua preparazione militare è deficientissima in confronto di quella della Svezia (2).

(l) -Cfr. n. 804, nota l, p. 596. (2) -Cfr. n. 830, nota 2. (3) -Non pubblicato.
848

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 990/45. Stoccolma, 23 maggio 1916, ore 17,15 (per. ore 5,10 del 24).

Ministro di Russia, secondo le istruzioni ricevute, ha riconsegnato ieri al ministro degli affari esteri il testo firmato della comunicazione dell'8 gennaio circa le fortificazioni nelle isole Aland, senza far nessun accenno ad ulteriori negoziati. Contemporaneamente ha telegrafato a Sazonov facendogli rilevare che, specialmente dopo le mezze indiscrezioni del Temps e del Daily Telegraph, sarebbe opportuno che il Gabinetto di Pietrogrado pubblicasse i documenti, i quali provano la condotta leale ed amichevole della Russia verso la Svezia, ciò che sembra anche a me vivamente desiderabile.

Questo ministro degli affari esteri ha cercato di spiegarmi il suo voltafaccia dicendo che egli ha [comunicato] le assicurazioni russe francesi e inglesi nel comitato... (3) ai capi partiti i quali se ne sono mostrati soddisfatti e che quindi non ha voluto esporre tali assicurazioni alle critiche degli attivisti. Rimane però sempre il fatto che mentre 10 giorni fa egli ammetteva che un accordo definitivo fra Svezia e Russia circa la questione Aland non poteva che concretarsi che dopo la fine della guerra, egli vuol ora lasciare la discussione aperta. Sebbene egli abbia in via strettamente confidenziale accennato col ministro di Russia ad una lettera che Re Gustavo scriverebbe forse allo Zar io inclino a ritenere che per il momento il Governo svedese si asterrà tuttavia dall'insistere per una continuazione delle trattative, pur lasciando col suo silenzio credere al pubblico che esse sono in corso. Atteggiamento futuro dipenderebbe dalle circostanze e principalmente dallo svolgimento delle operazioni militari sul fronte orientale.

(l) -Non pubblicato. (2) -Ritrasmesso a Parigi, Londra, Pietrogrado e Cristiania con t. gab. 676 del 24 maggio, ore 18. (3) -Gruppo indecifrato.
849

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 72/29. Bordeaux, 23 maggio 1916 (per. il 26).

Ho l'onore di rimettere, qui unito, a V. E., copia della lettera (l) che S. M. il Re Nicola ha indirizzato al Presidente del Consiglio, signor Radovic, per essere comunicata ai rappresentanti delle Potenze Alleate, diretta a biasimare il viaggio del Principe Mirko a Vienna; a disapprovare qualsiasi sua eventuale azione che possa impegnare il Montenegro con le potenze nemiche; ed a precisare che i ministri rimasti al Montenegro sono decaduti in seguito alla formazione del nuovo Gabinetto, nè ebbero dal Re, prima della sua partenza, i poteri richiesti dell'art. 16 della Costituzione per funzionare come Reggenti.

Come ho tele grato in data di ieri col numero 28 (2), il progetto della lettera fu previamente sottomesso al Ministro di Francia ed a quello di Russia (venuto espressamente da Parigi ove abitualmente risiede), e fu da loro riveduto ed ampliato in alcune parti.

Il Ministro di Serbia che, come ho già informato precedentemente, ha fin dal principio guardato sfavorevolmente la sollecitudine apparentemente addimostrata dai colleghi di Francia e Russia per risollevare con tale dichiarazione la situazione del Re Nicola, ha fatto notare al signor Delaroche ed al signor Islavine ch'egli considerava l'interessamento da essi mostrato in tale circostanza come contrario alle vedute serbe (secondo cui le questioni montenegrine dovrebbero essere trattate atraverso la Serbia), facendo altresì intravedere che forse tale loro azione non corrispondeva al pensiero dei rispettivi Governi.

Sembra ch'egli, infatti, abbia ricevuto, al soggetto, da Parigi e Pietroburga, notizie rassicuranti (dal suo punto di vista) sul modo col quale quei due Gabinetti consideravano la situazione del Montenegro, e che, anche per quanto riguarda il viaggio del Re Nicola a Parigi siena state fatte al signor Vesnic, dal Quai d'Orsay, dichiarazioni anche più restrittive di quanto in proposito le ha riferito il R. Ambasciatore a Parigi e che mi è stato comunicato col telegramma numero 1297 (3).

Tanto il signor Delaroche che il signor Islavine hanno risposto al signor Mihailovic che essi non avevano inteso spiegare un'azione speciale nè, tanto meno, separata; ma avevano semplicemente, in via amichevole, largito quei consigli di cui il Re ed il signor Radovic li avevano richiesti.

V. E. avrà rilevato quella certa contraddizione che corre fra le notizie inviatele dalle R. Ambasciate di Parigi e Pietroburgo circa le faccende montenegrine e quanto io stesso ho riferito e probabilmente ancora riferirò, in base ai discorsi del signor Radovic e del signor Mihailovic.

Egli è, che tanto il nuovo Presidente del Consiglio montenegrino che il Ministro di Serbia esagerano l'importanza e la portata degli affidamenti generici che hanno ricevuto e ricevono dalla cancelleria russa e francese, e ne traggono conseguenze affrettate.

È più ovvio ritenere invece che nessuna Cancelleria intende per ora sollevare la questione montenegrina, pendenti maggiori preoccupazioni e più gravi problemi.

In attesa del momento in cui tale questione attrarrà l'attenzione dei governi, ciò che può effettivamente rilevarsi si è che, con le dichiarazioni fatte da V. E. alla Camera dapprima, e con l'incoraggiamento ricevuto di chiarire il sospetto che lo circondava e che ha condotto alla sconfessione del principe Mirko, la situazione del Re Nicola verso gli alleati è divenuta notevolmente migliore di quella che era quando giunse in Francia.

(l) -Non si pubblica. (2) -T. 2521/28, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 837, nota l, p. 621
850

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. 674. Roma, 24 maggio 1916, ore 10,45.

Prego V. E. far pervenire al suo alto destino seguente telegramma che

S. M. il Re dirige all'Imperatore di Russia: « Je me permets de m'adresser à ton amitié pour te prier de voir si tu peux intervenir personnellement dans le sens des démarches que l'Etat Major italien a faites à l'Etat Major de ton armée en vue d'une action russe sur le front autrichien. Ainsi que tu le sais un très considérable effort est en train de se développer sur notre front vers Trente, effort, qu'il nous convient d'arrèter aussi pour pouvoir aider l'action des braves armées russes. Je te remercie d'avance pour ce que tu voudras bien faire. Je te prie de croire à ma constante amitié. -Victor Emmanuel » (1).

851

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI

T. GAB. S. 678. Roma, 24 maggio 1916, ore 14,40.

(Meno Pietrogrado) -Ho telegrafato al R. ambasciatore a Pietrogrado quanto segue:

(Per tutti) -Giungono telegrammi dai quali risulta che gli austriaci per impedire una offensiva russa in Galizia diramano in Russia bollettini affermanti ultimate le operazioni contro Italia. La stampa russa, compreso Birgevie Wiedomosti prende atto di ciò e giudica offensiva austriaca verso di noi come terminata. Poiché invece la minaccia austriaca verso Italia è tuttora gravissima e persistente prego V. E. richiamare su tali manovre tendenziose nemiche !"attenzione del Governo russo. Interesse comune è che si solleciti l'avanzata russa in Galizia.

Gradirò riscontro telegrafico Cl).

(Meno Pietrogrado) -Quanto precede per norma di linguaggio di V. E. (2).

(l) Carlottl rispose il 27 maggio con t. gab. 1025/219 delle ore 9, quanto segue: «Ho pregato immediatamente Sazonov di far pervenire alla sua alta destinazione il messaggio telegrafico indirizzato da S. M. l! Re a S. M. l'Imperatore. L'Imperatore è da parecchi giorni in giro di Ispezione insieme col generale Brusllov presso i vari depositi delle retrovie del fronte meridionale. sua Maestà intendeva trovarsi al Quartiere Generale l! 31 corrente ma ritengo che il suo ritorno colà sarà anticipato ».

852

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 1999/692. Londra, 24 maggio 1916 (per. il 2 giugno).

Il Gabinetto di coalizione del signor Asquith non naviga nelle migliori acque. Sembra che da un lato gli avvenimenti si diano la posta per fargli aspra la traversata e che dall'altro -per continuare l'immagine -la nave si logori nell'indugio che usa piuttosto per eluderli che per risolverli, pure riuscendo gradatamente a superarli. La situazione è pertanto difficile, complessa e giova esaminarla, tanto più che il discorso di ieri del Colonnello Churchill, ritornato definitivamente alla vita politica, pur conservando il suo grado militare, me ne dà le mosse, obbligandomi peraltro a fare un cammino a ritroso nell'esame degli avvenimenti.

Prendendo la parola subito dopo le dichiarazioni del Primo Ministro, intese all'ottenimento d'un nuovo credito di guerra, il signor Churchill ha pronunziato un vivace discorso, che, pur non avendo un'apparente connessione con quella domanda, ne era implicitamente la conseguenza ed anche la critica.

Egli infatti ha messo per la prima volta davanti al Parlamento la questione dell'uso che si è fatto finora e che s'intende fare nell'avvenire delle grandissime forze militari raccolte ed ormai istruite, osservando specialmente che fin oggi esse non hanno corrisposto agli sforzi economici e morali che dall'intera nazione sono stati compiuti nel fornirle, trovandosi esse attualmente disseminate ed inutilizzate nell'inazione, e si è pertanto chiesto:

A che giova domandare al Paese enormi sacrifici, se l'esercito, che voi apprestate al loro costo, resta in Francia nella maggiore sua parte dietro la linea del fuoco, o sprecato nell'interno del Paese, o affatto inutile nell'Oriente, dove d'errore in errore, esso non ha inteso nè a raggiungere Costantinopoli, nè a portar aiuto alla spedizione del Granduca, nè a sminuire la pressione su Verdun?

A che giova apprestare una vigorosa arma di azione, creata tuttavia a scapito dell'industria e dei traffici nazionali, se, più che alle fortune dell'Impero, la si adopera piuttosto per provare l'applicazione d'un ipotetico principio d'uguaglianza di sacrifici, principio che d'altra parte non è applicato nè per le colonie d'Africa, nè in India, dove giacciono tuttora intatte grandi riserve di uomini?

A che giova infine la nuova legge del servizio obbligatorio, se non sia impiegata sollecitamente ad organizzare, armonizzare ed utilizzare l'esercito formato?

Il discorso ha suscitato impressione nel Parlamento ed echi nel Paese e nella stampa, che si è domandata ancora una volta se i sacrifici richiesti incessantemente alla nazione profittino realmente alla causa per la quale sono offerti ed a cui pur dovrebbero essere essenzialmente destinati. Giacché il Parlamento, il Paese e la Stampa ricordano incessantemente, e specie in questi ultimi tempi, la dura storia della loro guerra, e se gettano ormai un velo sull'abbandono della spedizione di Gallipoli e della piazza d'Anversa, parlano invece alto e forte dell'« ingiustificabile avventura» cui fu lanciato il generale Townshend; della peccaminosa cecità del Governo a riguardo della situazione in Irlanda, e della colpevole leggerezza con la quale si è lasciato sorprendere dalla rivolta; del soverchio indugio nel risolvere la questione del reclutamento obbligatorio; dell'abbandono in cui furon lasciati i servizi d'aeronavigazione, dei quali il Parlamento sta ora occupandosi; delle titubanze e dei temporeggiamenti del Primo Ministro; della lentezza e degli operosi compromessi con cui si esplica ormai da tempo l'azione del gabinetto di coalizione, troppo pesante nella sua struttura di ventitre membri e troppo etereogeneo, dato il classico carattere dei partiti inglesi, nella sua forma.

D'altra parte, si fa aspro rimprovero al Governo di aver sciupato vanamente le risorse di uomini e di denaro; ed i rimproveri divengono più aspri a mano a mano che giungono gli echi d'uguali giudizi fatti dalla stampa estera, come ultimamente dalla Tribuna di New York, che, confrontando l'azione degli alleati, mise in rilievo la differenza fra quella spiegata dalla Gran Bretagna e l'altra tanto diversa della Francia e financo della Russia.

Oltre a ciò il malcontento ed il disagio prodotti dai recenti inasprimenti delle vecchie tasse e dalla creazione delle nuove -alcune di queste toccanti direttamente le classi meno abbienti -; il rialzo di prezzi di generi alimentari che, secondo alcuni fogli, andrà sempre più aumentando via via che saranno sottratte nuove braccia alla campagna, sì che potrebbe persino determinare un'eventuale emissione di buoni di consumo; la mancanza di un grande successo militare e navale rendono più amare le critiche e più determinate, siccome sempre accade, a cercare un rimedio ed una speranza di meglio nella formazione del Governo.

Ed invero tutte queste critiche, e specialmente le lamentate manchevolezze dell'azione governativa -risolutasi in definitiva in tanti incresciosi avvenimenti -hanno messo ormai il Governo del signor Asquith, come già ne era cenno nel rapporto n. 555 (l), in difficile situazione, resa più grave non

solo dal subdolo vento di fronda che spira nello stesso Gabinetto, siccome fra l'altro V. E. lo avrà rilevato dai recenti discorsi del signor Lloyd George, ma anche dalla scarsa e poco fortunata azione militare sui campi d'occidente.

La situazione ministeriale è perciò incontestabilmente scossa, di ciò non si fa più mistero alcuno; ma, poiché ciascuno degli accennati avvenimenti, che di certo altrove sarebbe valso a produrre gravi crisi, non ne ha qui finora provocate, se si eccettuino le dimissioni del Segretario e del Sottosegretario di Stato per l'Irlanda, molti sono ancora inclini a credere che il Gabinetto di coalizione potrà forse ancora dominare gli eventi e conservarsi al potere. Altri però sono d'avviso contrario ed intravvedono nella situazione ministeriale una gravità tale, che non potrà risolversi se non in una crisi, che potrebbe portare -secondo alcuni, alla direzione della cosa pubblica un governo di partito ritenuto da essi indispensabile nell'attuale momento per l'efficacia e la prontezza delle decisioni da essere poi fortemente e severamente controllate da un'opposizione combattiva.

Sulle due ipotesi, data la grave intricata situazione che non può scompagnarsi dalle circostanze esterne e sopratutto dall'andare imprevedibile della guerra, è difficile portare un giudizio ed ancora più avventurarsi in previsioni. Ambedue le ipotesi dimostrano però le grosse difficoltà in cui travasi il gabinetto di coalizione il quale tuttavia trova sempre aiuto nell'abilità del Primo Ministro alla cui forza non poco contribuisce la mancanza d'una altrettanto forte personalità che possa succedergli, specie se questa dovesse essere realmente chiamata a presiedere un governo di parte.

Per quanto è dato di scorgere e di osservare alla superficie, riesce in definitiva difficile intravvedere su quali basi potrebbe costituirsi un nuovo governo, tenuta presente la doppia circostanza dell'autorità ed abilità del signor Asquith e della scarsezza di personalità parlamentari eminenti e possedenti quel cumulo di molteplici requisiti indispensabili per condurre il Paese attraverso la gravissima crisi dell'ora presente verso l'agognata meta della pace vittoriosa.

(l) -Cfr. n. 866. (2) -Per le risposte di Imperiali e Tittoni cfr., rispettivamente, i nn. 856 e 854.

(l) Cfr. n. 761.

853

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. R. 2599/32/46. Asmara, 25 maggio 1916, ore 16,15 (per. ore 12,15 del 26) (1).

24 maggio -D'accordo con miei colleghi Francia e Inghilterra e dopo essermi assicurato appoggio dei più influenti capi di Addis Abeba, ho parlato oggi con Ligg Jasu in merito alla situazione presente e specie alla questione islamismo ed alle manovre dei turco-tedeschi.

Ho esposto a Ligg Jasu nella maniera più chiara e recisa il mio giudizio sulla situazione presente in Abissinia e sui pericoli d'ordine interno ed esterno

derivanti dal suo atteggiamento in favore dell'islamismo e dei suoi intrighi col Mullah, dimostrandogli di essere in possesso di documenti che potrebbero comprometterlo di fronte abissini stessi, e sui pericoli derivanti dalle [manovre] dei turco-tedeschi, ammonendolo che la sua condotta in loro favore non poteva essere che fatale tanto per lui che per l'Abissinia ed esortandolo fermamente a dissipare equivoci che essa poteva far nascere sulle sue intenzioni verso noi e verso i nostri alleati.

Ligg Jasu ha attentamente ascoltato quanto gli ho detto e mi ha risposto in forma ugualmente chiara e recisa che accusa che gli è mossa di sentimenti favorevoli all'islamismo e delle sue intenzioni di convertirsi a quella religione, non ha fondamento e che la sua condotta tende unicamente ad attirare a sé le popolazioni musulmane dell'Impero che finora furono abbandonate e perseguitate e che rimasero perciò in istato di quasi ribellione verso il Governo etiopico, assicurandomi di essere egli stesso ben persuaso che sarebbe la più stolta delle follie da parte sua il pensare di convertirsi all'islamismo e di fare dell'Abissinia un Impero musulmano. Ha ammesso esistenza delle sue relazioni col Mullah, dichiarando che esse furono provocate dall'insistenza di quest'ultimo nel domandare protezione abissini, assicurandomi però di non averlo mai né lusingato né aiutato a nostro danno, ciò che egli non riterrebbe nella sua dignità e nel suo interesse di fare. Ha recisamente negato di aver fornito al Mullah dei fucili e delle munizioni, ma ha ammesso che quest'ultimo ha invece spedito ad Harrar una vecchia mitragliatrice inservibile da lui tolta agli inglesi, facendomi comprendere essere disposto rimediare a questo fatto che potrebbe malamente impressionare Governo inglese. Ha apertamente riconosciuto che gli agenti turco-tedeschi, nei quali ha dichiarato di non avere alcuna fiducia, si adoperano in tutti i modi per turbare le loro relazioni fra l'Abissinia e le potenze dell'Intesa, ma mi ha assicurato formalmente ed esplicitamente che tanto lui che il suo Governo sono fermamente decisi a respingere ogni lusinga ed ogni incitamento, mantenendosi nella più stretta neutralità ed in atteggiamento amichevole verso le potenze dell'Intesa nella convinzione che tale condotta risponde agli interessi.

Le dichiarazioni di Ligg Jasu sulle quali ha certamente influito atteggia

mento dei capi di Addis Abeba per azione da me svolta in questi ultimi tempi,

danno per ora affidamento che egli ha realmente compreso pericoli a cui si

esponeva col suo atteggiamento in favore islamismo e quali conseguenze avreb

be per l'Abissinia rottura delle relazioni amichevoli con potenze dell'Intesa,

e per parte mia le ritengo rassicuranti.

Ne ho dato comunicazione miei colleghi Francia Inghilterra, che dividono

mia opinione.

Sarà mia cura di confermare sempre più in Ligg Jasu e nei suoi capi la

suprema necessità per Abissinia di persistere nell'atteggiamento suddetto, ciò

che ritengo esso farà certamente.

Sarà opportuno fino a che dura conflitto europeo evitare ogni richiesta

ed ogni insistenza presso il Governo etiopico per il conseguimento di quei

fini speciali, tanto di ordine politico che economico, che, oltre alla abituale

e sistematica opposizione di questo Governo, troverebbe maggiore incitamento

di resistenza nella presente situazione interna.

(l) Trasmesso tramite il governatore dell'Eritrea.

854

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 999/94. Parigi, 25 maggio 1916, ore 21,10 (per ore 1 del 26).

Telegramma di V. E. n. 678 (1). Briand ritiene di sommo interesse per causa comune che inglesi e russi in Galizia prendano l'offensiva il più presto possibile. Egli mi ha assicurato che insieme a Joffre sta esercitando tutta la pressione possibile su Inghilterra e Russia. Però devo dire con rammarico a V. E. che i russi di Parigi non credono che per ora il loro esercito sia in grado di prendere un'offensiva efficace.

855

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

T. GAB. R. 1004/160. Londra, 25 maggio 1916, ore 22,37 (per. ore 3,20 del 26).

Grey, dal quale da vari giorni non mi ero recato, mi ha oggi pregato di andarlo a vedere. Premesso che mi parlava a titolo strettamente personale e confidenziale mi ha detto che dopo i recenti nostri colloqui circa il noto accordo con la Russia continuare a mantenere il silenzio gli sarebbe parso poco cortese verso di me. Consultato dunque Parigi Pietrogrado desiderava spiegarmi che di quelle qualsiasi intese con la Russia antecedenti alla nostra entrata nell'alleanza e comunque in nessun modo pregiudicanti gli interessi italiani contemplati nell'accordo aprile 1915, era stato sempre intenzione dei tre Governi alleati di metterei al corrente non appena, chiarita in modo definitivo la nostra situazione verso la Germania, noi ci si venisse a trovare in una situazione perfettamente uguale alla loro. Siffatta comunicazione, ha aggiunto, non dovrebbe ora tardare molto a lungo avendo egli da recenti comunicazioni di Rodd motivo di ritenere che noi siamo sulla via di prendere una decisione finale. Qui Grey ha accennato al proposito del R. Governo di denunziare prossimamente la convenzione stipulata l'anno scorso con la Germania all'atto della dichiarazione di guerra all'Austria Ungheria. Grey ha ripetuto che in realtà il primo ministro non aveva fatto se non rilevare una situazione già da tempo esistente, nessun nuovo accordo essendo intervenuto nemmeno sulla questione persiana circa la quale la situazione anglo-russa rimane esattamente quella fissata dalla nota intesa anteriore alla guerra. Linguaggio di

Grey ha avuto oggi franchezza e cordialità di intonazione molto diverse da quelle dei colloqui precedenti. Per tali motivi e sopratutto per essermi sembrato che le confidenze personali fatte fossero in relazione con colloquio tra

V. E. e Rodd, ho creduto preferibile astenermi dal formulare rilievi e osservazioni che con maggiore autorità potrebbero venire dall'E. V. qualora ella li ritenga necessari e opportuni in merito alla argomentazione degli alleati la quale a mio avviso subordinato, se sarebbe forse giustificabile e comprensibile quando le intese anglo-franco-russe contemplassero sorte Germania, non lo sono più dal momento che concernono Turchia, con la quale noi pure siamo in guerra (l) .

(l) -Cfr. n. 851. (2) -Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 549.
856

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 998/161. Londra, 25 maggio 1916, ore 22,37 (per. ore 2,45 del 26).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 678 (2}. Grey cui ho oggi parlato nel senso prescrittomi aggiungendo instanti mie considerazioni, mi ha detto avrebbe subito scritto a Kitchene~ invitandolo a rinnovare al generale Williams insistenze perché spinga i russi ad iniziare le operazioni in Galizia, dove però sembra che le condizioni del terreno siano oltremodo cattive. Steed, che ho incontrato, mi ha mostrato telegramma di Albertini esortandolo a promuovere qui campagna di stampa per eccitare i russi contro i quali sembra cominci a delinearsi forte irritazione nella nostra opinione pubblica. D'altra parte questo corrispondente del Corriere della Sera d'accordo col direttore Morning Post ha energicamente parlato nel medesimo senso a lord Robert Cecil che ha ascoltato con grande interesse, astenendosi però da ogni apprezzamento. Inutile aggiungere che di tutta questa azione giornalistica svoltasi a mia insaputa fui informato a cose fatte.

Steed mi ha poi detto aver saputo che questo Governo ci avrebbe recentemente inviato 50 cannoni. Gli ho risposto che a me la cosa non risultava. Qual fondamento ha tale notizia? Desidera V. E. io faccia qualche passo

tanto presso Lloyd George od anche Asquith per chiedere cannoni od altro materiale? (3).

( 2) Cfr. n. 851.

(l) Ritrasmesso a Parigi e Pietrogrado con t. gab. 692 del 26 maggio, ore 20. Per la risposta di Sonnino cfr. n. 870.

(3) Dall'esame della corrispondenza telegrafica non risulta che Sonnino abbia risposto.

857

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCID DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 1936/238. Washington, 25 maggio 1916 (per. il 29 giugno).

Nulla da mutare e poco avrei da aggiungere a quanto ebbi l'onore di manifestare a V. E. nel mio rapporto (n. 77) del 17 febbraio u. s. (l), salvo qualche considerazione riassuntiva dei vari aspetti della campagna elettorale i quali, nella presente vigilia delle Convenzioni repubblicana e democratica per la designazione dei rispettivi candidati alla Presidenza, si determinano ora per ora con tanta maggior chiarezza quanto più se ne approssima la scadenza. Il fatto, insolito qui, dell'essere stata questa volta impostata la candidatura presidenziale sul terreno della politica estera potrebbe offuscare, appunto all'estero, i motivi reconditi dei tanti atteggiamenti mutevoli e contraddittori di questo Governo nelle sue relazioni d'oltre confine.

I contrasti del Corpo elettorale non sono qui, come un tempo e come altrove, contrasti dei veri partiti in cui si scinde naturalmente l'unica massa votante di un'unica nazione. Sono, invece, accanto e intorno al nucleo degli americani veri e propri (frantumato, del resto, pel vastissimo territorio e diversamente orientato, rispetto alla politica estera, piuttosto dalla situazione geografica che da un qualsiasi concetto personale), gruppi di nazionalità di origine diversa, la cui americanizzazione si palesò troppo recente per resistere all'appello della razza squillato dai campi insanguinati d'Europa. Se, nelle elezioni precedenti, il voto delle diverse nazionalità, appena trasfuse nel crogiuolo della grande Confederazione, poteva essere mercanteggiato ed accaparrato dai partiti storici del Paese, in base e sotto l'insegna degli interessi «americani , degli immigrati, oggi questo voto non può più essere mercanteggiato e accaparrato dai partiti repubblicano e democratico che in base e sotto l'insegna degli interessi «europei :1> di questi medesimi immigrati, cioè secondo il favore largito dal Governo dell'Unione, nella tragica contesa d'oltremare, alle loro rispettive patrie d'origine. Tra tutti codesti gruppi etnici forestieri non è, infatti, il nucleo che, prima d'ogni altro, si era americanizzato n quale rivendica e sovrappone oggi, perfino col delitto, l'interesse dell'antica madre patria ai più vitali interessi della patria adottiva? Numerossisimo, primo comunque in valore politico per la compattezza e l'organizzazione disciplinata e la risolutezza indomabile, ricco, senza scrupoli, americano appunto e solo perché tedesco conforme alle pratiche dottrine della sua Casa Imperiale, ed in tal duplice qualità potutosi insinuare in tutti i rami della vita fiorente del Paese, il nucleo tedesco non concepì più limiti alle sue cupide speranze. La prevalente simpatia del popolo americano alla causa degli alleati, delineatasi sin dall'inizio delle ostilità, e l'attitudine del Presidente Wilson refrattaria ai dettami di Berlino furono, quindi, per esso un amaro risveglio. Donde il suo primitivo stupore, seguito dal più violento dispetto e infine dalla più efficace minaccia:

l'arma formidabile del voto. Quale sia stata, sotto l'incubo di tale minaccia, l'attitudine del signor Wilson sa l'E. V. senza che io debba ripetermi. Ed eccolo ora arbitro della pace, ora salvatore del Paese liberandolo dai lacci inestricabili dell'immane conflitto, ora tutore del prestigio nazionale contra la Germania imperiosa, ora scrupoloso e minuzioso neutralista di fronte agli alleati, scegliendo via via, come si sceglie in un guardaroba un vestito, quel contegno che più rispondesse all'ora del tempo e alla fuggitiva stagione. Se, in questo giuoco alterno, nonostante il numero imponente degli altri nuclei stranieri, finisce pur sempre per prevalere nell'animo del signor Wilson l'incubo del nucleo tedesco, è perché nessuno di quelli, a parte l'irlandese amalgamato d'altronde politicamente al tedesco, si fornì mediante la naturalizzazione americana dell'unica arma idonea qui a salvaguardare, con i propri interessi locali, gli interessi delle rispettive Metropoli.

Dei tre candidati del Partito Repubblicano, fra i quali la Convenzione del prossimo 6 giugno a Chicago sembra chiamata a scegliere il suo futuro Presidente, Roosevelt, Hugues, Root, riferivo nel menzionato rapporto del 17 febbraio. Oggi il Root, più che altro per l'età avanzata che rilevavo già nel rapporto predetto, sembra passato in seconda linea, e sono l'Hugues e il Roosevelt che occupano la bilancia. Se questa bilancia pesasse soltanto il valore assoluto degli uomini, non sarebbe da dubitare che il Roosevelt, ad onta dei suoi gravi difetti, la calerebbe intera in suo favore; ma, date le opposte tendenze e le pacifiche aspirazioni della maggioranza e la conseguente forse esagerata diffidenza che le ispira il temperamento impulsivo di Roosevelt, la figura più stemperata del magistrato Hugues, noto maggiormente pel suo silenzio che per la sua parola, e simpatico per l'integrità dimostrata durante il suo governo dello Stato di New York, potrebbe confarsi meglio di quella del Roosevelt a rappresentare, sulla scena politica, quella parte sostanzialmente secondaria che consenta al popolo americano di arrivare alla pace europea, senza dover scendere in campo per alcuno dei combattenti.

Quanto alla Convenzione di St. Louis del Partito Democratico, unico can

didato rimane a tutt'oggi il Wilson. Ma, conforme al penultimo capoverso del

mio ripetutamente citato rapporto, si tratta di una unicità più apparente che

reale. Se le Convenzioni americane furono sempre facili alle sorprese e pro

pizie ai mutamenti improvvisi, nell'odierno scompiglio d'uomini e di cose esse

possono esserlo più che mai. La fazione ultrapacifista di Bryan, alla quale nel

presidente della Camera, signor Clark, già formidabile concorrente di Wilson

nell'ultima elezione, si offrirebbe un elemento da contrapporre a quest'ultimo,

potrebbe determinare tali improvvisi mutamenti, e forse li matura nel suo

cuore. Ed è appunto codesta temuta eventualità e l'urgenza di prevenirla che

chiarisce il presente contegno del Presidente, deferente nell'apparenza alle

pretese germaniche. Finché durino il pericolo elettorale e le possibilità su

riferite, sarebbe erroneo, come telegrafai di questi giorni, di fare assegnamento

sopra un suo diverso contegno. In un discorso politico di qualche anno fa

Wilson diceva: «Voler conoscere l'origine della pubblica opinione è come voler

conoscere ciò che costituisce la foce di un fiume. Bisogna mettersi in cam

mino per risalirne la corrente. Bisogna che risaliate verso le colline, che pene

triate nelle foreste, che seguitiate i piccoli ruscelli, le correnti secondiarie, tutto ciò che si accumula in occulte fonde per ingrossare e formare poi la massa unica che sbocca nel mare». Applicando l'immagine al suo stesso enunciatore, onde spiegarne l'inconsistenza dell'atteggiamento oggi che si trova anch'egli alla sua foce, e risalendo la corrente da lui percorsa, si trova che questa foce è appunto l'amalgama inevitabile di tutto ciò che si accumulò per via nelle occulte fonde del suo spirito. Il dottrinario puro, disceso sereno improvvisatore dalle semplici altezze della teoria alla molteplice realtà del governo degli uomini, ha finito con l'esserne travolto e perdendo di vista nell'ansia dell'immediata autodifesa la risultante di tutte le sue diverse forze, è ormai ridotto a doversi orientare or su l'una or su l'altra, secondo che lo premano più da vicino e più pericolosamente non per le fortune del suo Paese ma per quelle della sua rielezione.

(l) Cfr. n. 471.

858

IL MINISTRO A TEHERAN, ARRIVABENE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 189/46. Teheran, 25 maggio 1916 (per. il 20 giugno).

Nei miei rapporti 30, 35, 38 e 44 dei 29 marzo, 17 aprile, lo e 14 corrente mese (1), ho brevemente considerato la situazione odierna della Persia nei riguardi dell'attuale « controllo finanziario russo-inglese » e delle conseguenze che, dall'attuale conflitto europeo e più specialmente da quello russo-turco e anglo-turco in Mesopotamia e nell'Iran-arabico, potranno derivare a questo decadente Impero.

Nonostante le probabili allegazioni in contrario, è mio convincimento maturato dall'annuale permanenza qui -che ormai la Persia non possa più da sola far fronte alla sua odierna situazione, politicamente, finanziariamente ed economicamente in completa rovina. Nè Russia ed Inghilterra vorranno ormai più permettere a questo Governo -del quale la prima, ha manu militari difeso la neutralità durante l'attuale conflitto mondiale e al quale, la seconda, ha fornito l'aiuto finanziario che, solo, gli permise di poter in quest'ultimi due anni sopravvivere alla crisi economico-finanziaria che travaglia il Paese -di sottrarsi alla loro volontà ed alla loro influenza, mercanteggiando come già fece con tedeschi e turchi il maldisinteressato suo patriottismo e rendendo questo Impero il triste palladio di intrighi, di simonie, di corruttele d'ogni specie, durante gli ultimi dieci mesi.

Coi miei telegrammi 6 e 7 dei 14 e 23 aprile, nn. 8, 10 e 11 dei 1°, 3 e 10 maggio corrente, e col mio telegramma odierno n. 12 (1), ho reso breve conto all'E. v. delle operazioni iniziate in questo teatro bellico dalle truppe russe agli ordini del generale Baratov e delle notizie, qui confermatemi da fonte autorevole, circa le operazioni dell'esercito anglo-indiano nell'Iraq-arabico e quelle del generale Percy Sykes verso la città di Kerman, nella quale, que

st'ultimo è destinato a divenire il Comandante della Gendarmeria locale, com~ posta di circa 2000 uomini, ora sprovvisti d'ogni serio comando, dopo la nota diserzione degli ufficiali svedesi istruttori.

Colla riunione di un reparto montato di cosacchi russi alle truppe angloindiane del bacino del Tigri, avvenuta, come mi ha confermato questo Ministro di Russia, nella località di Amara CSceik-Mendjour) sita sul Tigri a circa il 32° parallelo Nord (mio telegramma N. 12); la linea difensiva russa può ormai dirsi prolungata dal Mar Baltico al Golfo persico; sì che tale ultimo avvenimento ha in sé notevole importanza perché prova che, con un esiguo numero di cosacchi, il Comando russo ha potuto raggiungere l'obbiettivo propostosi, di collegarsi colle truppe inglesi del basso bacino del Tigri, per Khoramabad ed il territorio del Vali di Puscti-Kuh.

La pressione delle truppe russe verso Bagdad -giornalmente aumentata da contingenti che sbarcano ad Enzeli o che provengono da Giulfa per mezzo della nuova ferrovia russa che raggiunge il Lago d'Urmia a Sciaraff-Khané -si fa ormai sentire non solo a Nord-Est, da Revanduz, testé occupata, da Serdesct e da Suleimaniè ma altresì da Khanekin (oltre la frontiera persianoturca), da Mende e da Amara, in direzione di Sud-Est. La chiusura delle strade che conducono a Bagdad va gradatamente completandosi, ma non sembra che le truppe russe, nonostante ogni migliore ardimento, siano in grado di avanzare dalla frontiera persiana, fresca e provvista d'acqua, verso la torrida regione che attornia Bagdad, mancando esse degli elmetti tropicali e dei vestimenti necessari a popolazioni del Nord, per simile clima.

È quindi assai verosimile che, pur continuando ad esercitare una considerevole pressione intorno a Bagdad, le truppe agli ordini del generale Baratov, rimandino la loro decisiva avanzata all'autunno, di che ebbi ad informare l'E. V. col mio telegramma n. 7 del 23 aprile: la oittà di Bagdad essendo ormai tagliata fuori da ogni comunicazione colla Turchia, dopo che le truppe russe dal Nord-Est si sono impadronite di Revanduz e Suleimanié e si sono avvicinate a Mosul, dove può soltanto esser giunta la ferrovia di penetrazione germanica.

Tali avvenimenti, assai favorevoli alle Potenze dell'Intesa, i quali non mancheranno di avere una salutare ripercussione sul teatro della guerra europea, hanno qui prodotto buon effetto, facendo rinsavire anche i più forsennati germanofili.

Ormai la quiete va ristabilendosi in quasi tutte le province iraniche, anche in quelle eccentriche e confinanti coll'Afghanistan e col Belucistan, inglesi, mentre colla recente nomina di tre nuovi Governatori pel Korassan, pel Kerman e pel Fars, i due primi Zii dello Scià, il terzo, Principe Farman-Farmah, già Presidente del Consiglio, assai intrigante e pericoloso nella Capitale, questo Governo ha riaffermato la sua autorità in quelle provincie, in preda finora agii agitatori germanici, turchi, austriaci e svedesi.

Qui, può ormai dirsi che l'agitazione turco-germanica è stata annientata; fatto questo che avrà una favorevole influenza sulla temuta agitazione afghana e che faciliterà la scomparsa del pericolo turco-germanico nella vallata del Tigri.

Ma, come ebbe ad osservarmi avantieri questo Ministro d'Inghilterra, permangono nondimeno in Persia tutti i difetti ed i vizii dell'antico e del nuovo regime e, colle finanze stremate, causa la deficiente amministrazione belga, coll'ordine interno compromesso causa l'azione sovversiva della gendarmeria comandata da ufficiali svedesi, non potrà ormai questo Paese prosperare che sotto l'égida delle truppe russe e dei finanzieri britannici.

(l) Non pubbl1cat1.

859

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 1012/214. Pietrogrado, 26 maggio 1916, ore 6 (per. ore 6,15 del 27).

Ad ogni buon fine informo V. E. che le notizie contenute nel mio telegramma gabinetto n. 190 (l) relative all'esistenza di un altro qualunque accordo anglo-russo-francese per Turchia sono state attinte a ineccepibile fonte e che il frutto delle mie indagini non è una semplice impressione. Ritengo io pure che accordo sia anteriore all'aprile 1915 e che le parti siano impegnate a mantenerlo segreto.

Quanto alle aspirazioni di questo Governo riguardo alla Turchia le credo tuttora imprecisate ma è mia fondata impressione che esse mirano in primo luogo alla soppressione della sovranità ottomana in Europa.

860

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1011/96. Parigi, 26 maggio 1916, ore 15,50 (per. ore 18,50).

Dopo due giorni di silenzio è venuto un nuovo radiotelegramma austriaco il quale dice che le truppe austriache si sono, a nord della Valsugana, impadronite della cima Cista e passando in alcuni punti ruscello Maso sono penetrate a Strigno. A sud di Valsugana truppe che si erano avanzate al di là del Kempelberg si spiegano verso sud superando grandi difficoltà terreno e respingendo distaccamenti italiani hanno occupato il corno di Campoverde.

In Vallarsa truppe si sono impadronite di Schiesa.

Nostro bollettino di stamane ha un poco rassicurato gli animi perchè qui nei circoli politici e militari si sono nutrite a nostro riguardo durante tre giorni gravissime apprensioni.

Ora si è più tranquilli ma si dubita che noi abbiamo munizioni sufficienti per una difensiva che, attraverso una ininterrotta battaglia quotidiana, si

prolungasse quanto quella di Verdun. Io procedo con molta cautela parlando della nostra situazione militare soltanto quando comprendo che le mie parole possano ispirare fiducia e astenendomi quando prevedo che sarebbero insufficienti a rimuovere dubbiosità.

Sarò pertanto gratissimo di qualunque elemento positivo che potesse essermi comunicato oltre a quelli detti nel bollettino ufficiale (l).

(l) Cfr. n. 825.

861

L'AMBASCIATORE A PIEROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (2)

T. GAB. 1027/216. Pietrogrado, 26 maggio 1916, ore 16 (per. ore 16,45 del 28).

Non appena arrivato il 23 corrente Romei, qui reduce dal quartiere generale ha ricevuto dal generale Porro in data 19 corrente telegramma segnalante situazione e contenente istruzioni insistere presso il comando del corpo di Stato Maggiore russo perchè dia seguito d'urgenza agli accordi militari di Parigi. Meco d'accordo Rome! ha telefonato ad Alexeiev i termini del telegramma suddetto. Capo di Stato Maggiore telefonò che avrebbe risposto entro giorno seguente, 24 corrente.

Ieri sera infatti alle 23 egli rispose in questi termini:

«Tutto ciò che sarà possibile di fare per aiutare il Governo italiano e richiamare contro noi il più possibile di austriaci sarà fatto da parte dell'esercito russo. Ma mi necessita:

1° -Ricevere informazioni dal comandante del fronte sud-ovest circa il grado di apprestamento delle truppe, informazioni che ho chiesto subito ma che non sono ancora pervenute;

2° -Ricevere sanzione Czar che trovasi ora in viaggio nel mezzogiorno della Russia ed al quale l'ho subito richiesta. Offensiva non potrà seguire immediatamente perchè occorrerà un certo tempo per compiere raggruppamento truppe e munirle materiali indispensabili, tenendo presente che data per la nostra offensiva era stata indicata per più tardi. È in mase a tale data che il Comando russo aveva conformato i suoi provvedimenti. Tali provvedimenti saranno ora terminati il più affrettatamente possibile e faremo di tutto perchè l'offensiva abbia inizio al più presto.

Nella giornata di domani mi perverrà certamente la risposta comandante dell'armata sud-ovest e gliela farò conoscere.

Dal canto mio il 23 stesso ho d'urgenza interessato Sazonov di appoggiare vivamente presso il comando supremo l'immediata offensiva al fronte sudovest e all'uopo ho svolto argomenti seguenti:

1o -impegni di Parigi;

2° -far rilevare pericolo che Italia non possa concorrere efficacemente all'offensiva generale se non viene alleggerita l'affluenza truppe austriache sulla sua fronte;

3o -momento singolarmente propizio per offensiva russa al fronte meridionale stante richiamo delle forze austro-tedesche da detto fronte e dai Balcani verso fronte italiano e francese;

4° -incertezza della situazione in Romania ove è assolutamente necessario controbilanciare senza perdita di tempo l'attivissima politica austro-tedesca con azioni militari vigorose che impressionino l'opinione pubblca e il Governo e per lo meno arrestino quest'ultimo sulla pericolosa via in cui si è posto;

5o -opportunità strategica e morale anche di fronte al nemico di una simultaneità nelle offensive degli alleati.

Sazonov mi ha risposto che era penetrato della situazione e degli argomenti espostigli; non poter entrare nel lato tecnico della questione, che sfugge alla sua competenza, ma dal punto di vista politico non poter che augurare sollecita attuazione del nostro desiderio ed in tal senso essere pronto ad inviare un caloroso messaggio ad Alexeiev. A mia domanda fu convenuto che parallelamente alla comunicazione telefonica, un suo segretario partisse per il quartiere generale per rappresentarvi la situazione ed esporvi di viva voce il pensiero e il punto di vista del Governo imperiale. Signor Basili, segretario del ministro, è partito ieri per quartiere generale.

Anche in questa occasione Sazonov non ha mancato di accennare con amarezza all'impressione sfavorevole che a suo modo di vedere esercita anche sui neutrali, compresa la Romania, la nostra astensione dal dichiarare la guerra alla Germania. Vedrò in giornata il presidente del consiglio dei ministri col quale non ho potuto abboccarmi ieri e riferirò a V. E. Romei ripartito subito per quartiere generale.

Prego V. E. segnalarmi quanto tempo impiegano miei telegrammi. Quelli di V. E. giungono sempre al terzo giorno e talvolta con maggiore ritardo.

Al ministero degli affari esteri mi è stato assicurato che altrettanto tempo impiegano telegrammi che gli giungono da Parigi. Ad ogni modo non mancherò dal fare le più vive sollecitazioni sia all'ufficio telegrafico che a quello radiotelegrafico.

(l) Per la risposta cfr. n. 872.

(2) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., p. 550.

862

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1034/172. Bucarest, 26 maggio 1916, ore 21,30 (per. ore 10,10 del 29).

Bratianu è venuto da me stasera a chiedermi con vivo interesse notizie sulla situazione militare alla nostra f~onte; egli mi ha detto di avere ricevuto un telegramma da Berlino secondo il quale doveva ritenersi sicuro l'abbandono della linea dell'Isonzo da parte del nostro esercito in presenza della pressione austroungarica e della minaccia alle comunicazioni con il resto paese delle truppe che si battono sull'Isonzo. Egli non se ne è impressionato eccessivamente: in primo luogo non dubita che comando italiano, il quale ha in suo favore la superiorità del numero, avrà preso misure necessarie per respingere in tempo utile l'invasore ed in secondo luogo perchè aveva ricevuto a suo tempo sempre da Berlino analoga comunicazione che non si era verificata per Riga e Verdun. Ad ogni modo, egli ha concluso, chiunque ama l'Italia non può fare a meno di preoccuparsi quando ne vede invaso territorio e mi ha pregato comunicargli d'urgenza notizie che fossero per giungermi intorno alla situazione della nostra fronte.

Dal canto mio ho ringraziato vivamente Bratianu aggiungendo che le sole notizie che io ho sono quelle dei nostri bollettini e comunicati ufficiali ciò che conosce come me e che mi sembrano rassicuranti.

863

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1029/176. Bucarest, 26 maggio 1916, ore 21,30 (per. ore 5,35 del 29).

Ministro di Serbia stamane tornato dalla Russia si è recato stamane da Bratianu per ringraziarlo a nome di Pasic dei soccorsi dati dalla Romania alle popolazioni serbe. Bratianu ha risposto che sperava che le circostanze permettessero fra non molto alla Romania di cooperare coll'Intesa senza arrischiare propria esistenza e di prestare alla Serbia soccorso più efficace che non sia il soccorso fornito alle popolazioni del territorio invaso. Avendo il ministro di Serbia replicato che la Romania farebbe bene ad affrettarsi per non esporsi al pericolo di giungere al momento in cui suo concorso non fosse più necessario, Bratianu ha osservato che non riteneva prossima pace, atteso che questa non era possibile senza inginocchiamento della Germania di fronte ad esigenze gravissime come la rinunzia all'Adriatico, che egli crede tale schiacciamento Germania fatale ma non prossimo. Ricordo che, quando si tratta dell'Adriatico, Bratianu parla sempre della Germania e mai dell'Austria-Ungheria.

Prego mantenere segreto quanto precede.

864

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 531/182. Cristiania 26 maggio 1916 (per. il 21 giugno).

Ho notato con piacere che le notizie e le osservazioni sull'atteggiamento della Svezia e della Norvegia fra di loro e di fronte al conflitto europeo sintetizzate dal R. Ministro in Stoccolma nel telegramma che V. E. si è compiaciuta trasmettermi col messaggio di gabinetto N. 676/3 del 24 corrente {1), collimano colle informazioni e gli apprezzamenti da me riferiti a più riprese, da circa un anno, sullo stesso argomento. Non occorre che rammenti specificatamente le mie varie relazioni e mi limito solo a rilevare che le ultime, quelle conclusive, hanno ricevuto in complesso la conferma da Stoccolma. E poiché nella circostanza, abbenché l'atmosfera siasi quietata, non si tratta di questione puramente teorica in quanto il tema può divenire di nuovo di attualità sinché non finisca la guerra o la situazione di questa non muti radicalmente in modo da far scomparire ogni velleità bellicosa da parte della Svezia, l'accordo fra le due fonti è utile. È utile perché forma verosimilment.e una hl'l$e niù sicura per considerare la situazione scandinava e prevedere e fors'anca prevenire sorprese.

Non so esattamente, al di fuori di quanto è concesso apprenderne dalla stampa, se ed in quale misura la formula escogitata dal Gabinetto Hammarskjold sia valsa a tranquillizzare le opposte tendenze dell'opinione svedese. Qui in Norvegia, in apparenza almeno, le sfere ufficiali ne sembrano contente ed acquietate, ma sarebbe troppo dire lo stesso per la generalità, per i circoli politici e commerciali. Si è trovato che le dichiarazioni del signor Wallenberg sono state non abbastanza precise; dirette piuttosto ad assicurare gli animi sulla questione di principio, non avrebbero liquidato la questione di fatto che è stata la genesi delle recenti agitazioni. Il Ministro ha taciuto sui negoziati corsi fra la Svezia e la Russia, non ha menzionato gli affidamenti che questa ha dato a quella sulla temporaneità delle fortificazioni nelle isole Aland. Non si comprende tale riserva e se ne desume che in realtà il gabinetto di Stoccolma non ha voluto intenzionalmente sbarazzare terreno dal dubbio e dall'equivoco. E con quale scopo? Per lasciare sussistere forse allo stato latente l'agitazione attivista ed offrirle pretesto a nuove eventuali campagne da sfruttarsi nel campo politico od economico-politico. In altri termini per preparare, date certe circostanze la strada all'intervento armato nella guerra, a fianco della Germania oppure per valersene come mezzo di pressione onde ottenere vantaggi o facilitazioni dagli alleati ed in specie dall'Inghilterra, per forzare la rigidità del blocco commerciale imposto da questa.

La prima supposizione sembra piuttosto azzardata. La seconda invece abbastanza verosimigliante se sono esatte le voci che hanno qui corso riguardo a certe concessioni che la Svezia avrebbe voluto ottenere dall'Inghilterra in materia di forniture di carbone. A quanto si assicura è solo nella primavera e nell'estate che i numerosi stabilimenti industriali svedesi delle regioni costiere del Golfo di Botnia si procurano le provviste di quel combustibile per lavorare anche durante i lunghi mesi in cui i ghiacci chiudono la parte nord del Baltico alla navigazione. Non è qui sfuggita la coincidenza fra tale circostanza e la recente agitazione attivista svedese; non pochi hanno messo in rapporto l'atteggiamento del Governo svedese col fatto che l'Inghilterra avrebbe accordato alla Svezia proprio ora quantità di carbone maggiori di quelle concesse nel corso della guerra. Si dice; il giuoco potrebbe ripetersi in altri campi alla stregua degli stessi mezzi.

A parte il danno morale che da ciò risulta per l'Inghilterra ne deriva una situazione anormale e tesa che può eventualmente avere conseguenze incresciose, in quanto qui si considera come possibile che sopraggiunga l'occasione in cui l'una o l'altra delle parti assuma un contegno di resistenza pericoloso per la pace scandinava.

Quindi, comunque, anche esclusa l'ipotesi che l'agitazione attivista abbia a servire ad un dato momento come di fattore incoraggiante all'abbandono della neutralità svedese, non si può dire che in Norvegia si guardi con serenità neppure ora alla situazione del vicino Regno rispetto al conflitto europeo. Non si nutre fiducia in esso e si è sempre piuttosto inclini a stare in guardia. L'atteggiamento d'opinione e lo stato d'animo che appunto nell'interesse della causa degli alleati è conveniente che esistano in Norvegia di fronte alla Svezia.

(l) Cfr. n. 847, nota 2, p. 628.

865

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. SS. 1013/S.N. Pietrogrado, 27 maggio 1916, ore 1 (per. ore 14,30).

Risposta del generale Alexeiev (2) è la seguente:

«I nuovi trasferimenti di truppe ed i concentramenti di artiglierie nella zona della nostra armata del sud saranno compiuti a partire dalla sera 25 maggio calendario italiano ed allora noi cominceremo l'offensiva contro austriaci. Considero assolutamente inefficace ed inammissibile intraprendere senza l'opportuna preparazione un attacco immediato nel senso indicato nelle nostre ripetute comunicazioni.

Occorre che l'attacco sia compiuto improvviso e perciò non è consigliabile richiamare l'attenzione degli austriaci con preventiva azione dimostrativa».

Romei è ripartito oggi pel quartiere generale: continuerà ad insistere presso Alexeiev perché preparativi siano alacremente proseguiti così da guadagnare se possibile qualche giorno sul termine fissato, ciò che tuttavia non mi sembra probabile.

Maggiore Marsengo sarà inviato presso generale Brusilov.

866

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1032/217. Pietrogrado, 27 maggio 1916, ore 1 (per. ore 3,55 del 28).

Successivamente al mio colloquio con Sazonov (mio telegramma gabinetto

n. 216 (2) ho intrattenuto il presidente del consiglio circa la situazione che gli dissi stimare mio debito di rappresentargli perché intimamente connessa con

tutta la politica generale degli alleati. In base a telegrammi Stefani in quel momento pervenutimi gli ho dimostrato quale enorme sforzo stia spiegando l'Austria contro di noi e come sarebbe questo il più propizio momento per una vigorosa offensiva russa sulla fronte austriaca. Gli ho fatto rilevare che l'Italia non potrebbe forse concorrere efficacemente alla prestabilita offensiva generale se la sua fronte non venisse alleggerita. Ho lasciato comprendere la cattiva impressione che non solo presso di noi ma presso tutti gli alleati e presso i neutrali produrrebbe l'astensione della Russia dall'azione mentre l'Italia e la Francia sostengono il peso di violentissimi urti nemici. L'Intesa continuerebbe così l'antico tanto deplorato errore di permettere agli Imperi Centrali di sfruttare vantaggiosamente loro posizione geografica e loro strategiche comunicazioni concentrando or sull'uno or sull'altro loro attacchi e cercando impedire la simultaneità dell'offensiva degli alleati. Gli ho infine esposto la situazione in Romania ove è indispensabile prevenire risultati deleteri della propaganda austrotedesca e risollevare prestigio dell'Intesa se non si vogliono tristi sorprese. Alla Russia in particolare interessa prevenire possibili tentativi di penetrazione germanica in Bessarabia attraverso il territorio della Romania la quale anche volendolo non sarebbe forse in grado di opporvisi. Riassumendo io ho concluso che in questo momento solenne si maturano sorti della guerra e Russia assumerebbe ben grave responsabilità assistendo quasi inerte alla terribile lotta.

Al pari di Sazonov signor Sturmer si è mostrato convinto della necessità dell'azione da parte della Russia e si è dichiarato pronto a raccomandare calorosamente ad Alexeiev, il più sollecito concorso possibile all'offensiva sulla fronte austriaca. Seduta stante egli ha dato seguito a tale sua dichiarazione.

Non saprei passare sotto silenzio fugace accenno fatto anche da Sturmer alla mancata nostra dichiarazione di guerra alla Germania.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 551.

(2) Cfr. n. 861.

867

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1021/47. Stoccolma, 27 maggio 1916, ore 17,20 (per. ore 0,35 del 28).

Questo ministro affari esteri mi ha chiesto ieri che cosa io pensassi delle voci in corso di prossima pace.

Premesso che parlavo a titolo puramente personale gli ho risposto che nessun momento a mio avviso era meno indicato di questo per pensare alla pace. Gli Imperi centrali si trovano in complesso in una situazione militare vantaggiosa, ma in uno stato economico assai disastroso che si aggrava rapidamente. Stati dell'Intesa, le cui risorse economiche sono larghissime, stanno compiendo uno sforzo grandioso per perfezionare i loro organismi militari ed affermare la loro superiorità anche sul campo di battaglia e nessuno può ragionevolmente domandar loro di rinunziare alla prova. Già fra qualche mese le cose saranno mutate poiché gli Imperi centrali si troveranno in grandi angustie economiche mentre probabilmente anche loro &ituazione militare sarà scossa. Nei nostri paesi tutti si rendono conto della gravità dei sacrifici che la guerra impone e nessuno pensa a prolungarla un giorno di più di quanto sia strettamente necessario. Ma sarebbe una follia credere che possiano fare una pace la quale non soddisfi i nostri interessi essenziali e lasci i germi di nuove conflagrazioni.

Ministro affari esteri ha convenuto con me in generale e specialmente sull'ultimo punto ed ha anche accennato a tale proposito che l'Austria Ungheria dovrebbe in ogni modo cederci il Trentina, ottenendo compensi altrove.

Senza entrare in particolari gli ho osservato che non è il caso di far nessuna previsione in base alla situazione presente. Non potrei dire se linguaggio tenutomi da questo ministro degli affari esteri sia stato determinato piuttosto da suggestione tedesca o dall'incontestabile desiderio suo ed in generale del Governo svedese di aver una parte possibilmente importante come mediatori al momento della conclusione della pace.

Per norma di linguaggio in altra occasione eventuale desidererei conoscere se V. E. approva la mia risposta (l).

868

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1023/49. Stoccolma, 27 maggio 1916, ore 17,20 (per. ore 0,35 del 28).

Telegramma V. E. n. 685 (2).

Non mi rendo conto esatto della portata della frase del R. ambasciatore a Pietrogrado: «escludendo però principio che trattato imponga alla Russia non fortificare dette isole».

Se essa significa che la Russia rivendica il diritto di fortificare e difendere l'arcipelago in tempo di guerra, nessuna contestazione può sorgere. Anche Governo svedese e gli stessi capi del partito conservatore riconoscono ciò e sono recisamente avversi a qualsiasi azione in senso contrario. Se invece dovesse significare che la Russia non considera più esistente in linea di diritto la servitù di non fortificare, la cosa sarebbe completamente diversa.

Gabinetto di Pietrogrado ha bensì tentato fin dal 1908 di far prevalere punto di vista che colla separazione della Norvegia dalla Svezia la convenzione del 1856 è decaduta ed è stata sostituita per la Norvegia dal trattato di garanzia dell'integrità e per la Svezia dall'accordo sullo statu qua Baltico.

Ma la stessa Francia e la stessa Inghilterra si sono rifiutate d'ammetterle ed anche la loro recente dichiarazione al Governo svedese prova che esse considerano la convenzione del 1856 tuttora in vigore. Quanto alla Svezia lo stesso Sazonov le ha fatto assicurare da questo ministro di Russia che alla fine della guerra è disposto a risolvere direttamente con essa la questione delle isole Aland, tenendo conto dei suoi interessi.

Io ho sempre insistito sulla necessità che la Russia non si mostri debole verso la Svezia. Per gli interessi italiani la questione Aland è perfettamente indifferente, ma io considero che un'eccessiva condiscendenza della Russia sia più atta a favorire che a sventare gli intrighi di coloro che vorrebbero trascinare la Svezia alla guerra. Però sarebbe sommamente avventato da parte della Russia il lasciar intravvedere che essa miri soltanto a tenere a bada la Svezia durante il momento del pericolo, tanto più che in fondo a Pietrogrado si è presi dal panico ogni volta che l'attitudine della Svezia desta qualche inquietudine.

Quindici giorni fa, quando la situazione era qua più intricata, il mio collega di Russia aveva avuto più o meno carta bianca dal suo Governo per accomodare le cose e si deve soltanto al suo senno e alla sua prudenza se si è limitato a consegnare il testo scritto della dichiarazione dell'anno scorso.

Questo ministro affari esteri mi ha detto ieri che dopo le varie pubblicazioni fatte all'estero e specialmente dopo l'infelice comunicazione del Foreign Office il Governo svedese sta pensando se non convenga effettivamente di pubblicare la dichiarazione franco-inglese sulle fortificazioni dell'arcipelago. Ciò sarebbe opportunissimo a mio avviso, non solo perché cava questa opinione pubblica dall'incertezza ma anche perché indicherebbe che, per il momento almeno, il Governo svedese si contenta dei risultati ottenuti.

(l) -Sonnino rispose con t. gab. 711 del 29 maggio, ore 17,30, approvando. (2) -Cfr. n. 845, nota l.
869

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

L. P. Roma, 27 maggio 1916 [mattina].

Mi riferisco al telegramma, ieri invia tomi, di Imperiali n. 1004 gabinetto (2).

Traducendo in lingua povera, se non ho capito male, Grey, incoraggiato dalle mezze notizie di Rodd circa i nostri peggiorati rapporti con la Germania, avrebbe detto: «Dichiarate la guerra alla Germania e noi vi diremo quali sono stati gli accordi con la Russia e la Francia».

È da osservare in contrario l) ciò che ha osservato Imperiali in fine al suo telegramma; cioè che si tratta di Turchia, con cui siamo in guerra, non di Germania; 2) che ci si propone un detto (comunicazione degli a,ccordi già stipulati) contro un tatto (dichiarazione di guerra). Sarebbe più logico che noi ci inducessimo a dichiarare la guerra dopo esserci assicurati che gli accordi per l'Oriente tutelino pienamente anche i nostri interessi. Altrimenti quale sanzione possibile avremmo se quegli accordi non si paressero soddisfacenti per noi? Ma tutto questo è scherma; e, a giudizio mio, noi non possiamo, in questo momento, inasprire di un millimetro più di quanto sia stato già fatto anche a parole, i nostri rapporti con la Germania; tanto meno arrivare alla guerra.

(-2) Cfr. n. 855.

Questo discorso deve essere sospeso. Potrà essere ripreso se e quando i russi non abbiano detto, in una qualsiasi conferenza militare o diplomatica, di volere riprendere l'offensiva, ma quando l'abbiano effettivamente ripresa con effetti tangibili di richiamo di grosse forze austriache verso Oriente.

Non dobbiamo farci illusioni. Noi, governo, pur non anvendone colpa, siamo colpiti in pieno petto da quanto sta accadendo. Naturalmente, non possiamo disertare il nostro posto. Ma non abbiano più la forza morale necessaria per consigliare al re un passo che sia, anche nella sola apparenza, temerario. Se avessimo dichiarata la guerra alla Germania un mese fa, mezza Italia crederebbe ora che l'offensiva austriaca sia la conseguenza del nostro atto di follia.

Io penso che, nella misura e nella forma che crederai, Imperiali dovrebbe, per sua norma, avere chiara in mente questa situazione (l). La quale io ho poca speranza che migliori prossimamente.

Il bollettino complementare di stanotte nulla ha dl grave; ma i movimenti di cui parla sono tutti ripiegamenti cioé abbandoni dl posizioni più avanzate per posizioni retrostanti. Come questi ripiegamenti avvengono lo dice il bollettino austriaco, il quale, pur troppo, è abbastanza esatto. Di fatto le perdite che il comando comincia a confessare, in uomini e cannoni, sono di non molto inferiori a quelle vantate dagli austriaci.

Con la persona che venne ieri da me tutto è rimasto sospeso. Egli vuole andare verso gli altipiani per avere una impressione personale deila situazione; e credo sia bene.

Al suo ritorno parleremo.

(l) -Da Archivio Sonnino, Montespertoli. Ed. in SoNNINO, Carteggio, cit., n. 552.
870

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (2)

T. GAB. 698. Roma, 27 maggio 1916, (ore 18).

(Per Londra) -Telegramma di V. E. gabinetto n. 160 (3). (Per gli altri) -Mio telegramma gabinetto n. 692 (4) -Ho telegrafato al

R. ambasciatore a Londra quanto segue: (Per tutti) -Ragionamento di Grey non regge per ragione indicata da

V. E. in fine del suo telegramma e perché esso vorebbe contrapporre una semplice doverosa informazione dei nostri alleati su quanto fu tra loro concertato ad un nuovo atto nostro dei più gravi nel momento attuale e che resterebbe irrevocabile anche qualora apprendessimo poi che gli accordi già presi in Oriente fossero diametralmente contrari ai nostri interessi. Ad ogni modo non ritengo opportuno che V. E. seguiti in questo momento il discorso con Grey su tale tema. Potrà riprendersi quando effettivamente i russi avranno ripreso a fatti e non a parole una vigorosa offensiva in Galizia, richiamando le grosse forze austriache che ora convergono contro di noi.

(-4) Cfr. n. 855, nota l, p. 636.

Data la situazione politica e militare risultante dalla presente invasione austriaca nel nostro territorio, sarebbe grave errore voler scuotere maggiormente in questo momento il morale del paese con un qualunque atto che sembrasse voler provocare a nostro danno nuovi pericoli e minacce e come tale sarebbe oggi interpretata ogni dichiarazione di guerra alla Germania.

Quanto sopra per informazione personale di V. E.

(l) Cfr. n. 870.

(2) Ed. !n SONNINO, Carteggio, clt., n. 553.

(3) -Cfr. n. 855.
871

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, E A PIETROGRADO, CARLOTTI (l)

T. GAB. 699. Roma, 27 maggio 1916 (ore 19).

(Solo Pietrogrado) -Ho ricevuto il telegramma di V. E. senza numero in data 27 maggio (2) recante risposta di Alexeiev. (Per gli altri) -Ho telegrafato al R. ambasciatore a Pietrogrado quanto segue:

(Per tutti) -Anche per desiderio del Comando Supremo prego l'E. V. di insistere nel segnalare a codesto Governo l'alta necessità che dai russi venga sollecitata una vigorosa offensiva contro codesto fronte austriaco. Segnalasi notevole riduzione nelle forze austriache su codesto confine e insieme l'adunata in Ungheria di nuove truppe che, se si volgessero ora contro nostro fronte orientale (Isonzo) aggraverebbero pericolosamente nostra situazione generale. Essendo ormai molto prossimo il termine che era stato concordato tra gli Stati Maggiori per la progettata contemporanea offensiva, dobbiamo insistere vivamente perché i russi affrettino il loro movimento rendendoci con ciò un segnalato servigio, mentre profitterebbero del momento in cui la loro avanzata può incontrare una minore resistenza ( 3).

872

IL CAPO DI GABINETTO, ALDROVANDI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A MADRID, BONIN, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, A BUCAREST, FASCIOTTI, A COPENAGHEN, SACERDOTI, A CRISTIANIA, MONTAGNA, E A STOCCOLMA, TOMMASINI

T. 1385. Roma, 27 maggio 1916 (ore 22,50).

(Per Parigi) : -Telegramma di V. E. gab. 96 ( 4).

(Per tutti, meno Pietrogrado Bucarest e Atene): -Colonnello Ropolo,

aggregato dal Comando Supremo a questo Ministero per informazioni concer

nenti guerra, comunica quanto segue:

(Per Ptetrogrado Bucarest e Atene): -Colonnello Ropolo comunica quanto segue:

(Per tutti) : Offensiva austriaca nel Trentino continua svolgersi con violenza tra Adige e Brenta. In Val d'Adige il nemico è stato respinto con gravissime perdite, un intero battaglione transilvano fu distrutto ed altre masse falciate nostro fuoco davanti posizioni Coni Zugna ripiegamento in disordine. Linea tra Adige e conca Arsiero si mantiene sempre solidissima. Nelle zone Arsiero e Sette Comuni dove continuano incessanti bombardamenti ed azioni fanterie nemiche nostre truppe oppongono valida resistenza sempre sulle alture nord altipiani. In Val Brenta nostre truppe montagna non solo non ripiegarono in disordine come asseriscono bollettini austriaci ma con brillanti azioni controffensive respJnsero nemico da posizioni occupate ad est monte Civaron ed a no,rd-est di Strigno.

Disposizioni Comando Supremo per opporsi obiettivi principali offensiva nemico vengono frattanto attuandosi in modo rapido ed ordinatissimo e dato morale alto nostre truppe, disponibilità riserve e condizioni difficili terreno anche per avversario, situazione si può considerare sempre con serenità e fiducia.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, c!t., n. 554.

(2) -Cfr. n. 865. (3) -Il presente telegramma fu trasmesso anche a Cadorna con t. gab. 700 delle ore 21. (4) -Cfr. n. 860.
873

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. 1022/2340. Comando Supremo, 28 maggio 1916, ore 12,35 (per. ore 13,25).

Ringrazio per suo telegramma gabinetto n. 700 (2).

Faccio presente che argomento principale da far valere per azioni diplomatica potrebbe essere il seguente, che già venne segnalato a S. E. il presidente del consiglio con telegramma n. 2283 del 23 corrente (3): qualora Austria ricevesse da fronte russo ulteriori rinforzi e aumentasse pressione su noi anche su Isonzo può obbligare! abbandonare linea Isonzo.

Con ciò sarà annullata qualsiasi possibilità di una nostra offensiva in quella direzione cospirante con quella russa. Austria ottenuto tale scopo si arresterà e le riuscirà facile trasportare grosse forze contro la Russia.

(l) Ed. In SONNINO, Carteggio, clt., n. 555.

(2) -Cfr. n. 871, nota 3. (3) -Non pubblicato.
874

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. RR. 1028/99. Parigi, 28 maggio 1916, ore 14 (per. ore 17,15).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 692 (2).

Nel momento in cui noi, a prezzo di enormi sacrifici, stiamo sostenendo l'urto dell'esercito austriaco che ha potuto riunire contro di noi le migliori truppe e le artiglierie più potenti perché Russia in sprezzo del patto di Londra che regolò nostra entrata in guerra non esercita in Galizia alcuna efficace azione contro l'Austria-Ungheria; nel momento in cui l'Inghilterra contribuisce al prolungamento della guerra continuando a tenere immobile in Fiandra un milione d'uomini che tutto fa temere debba rimanere colà fino al termine della guerra stessa; nel momento in cui noi non possiamo e noi non dobbiamo pensare ad altro che a respingere definitivamente e con l'impossibilità di una ripetizione, l'invasione austriaca, e che alleati dovrebbero pensare sinceramente ad aiutarci in ciò non solo nell'interesse nostro ma anche nel loro; in questo momento, dico, il venire fuori come ha fatto Grey a mettere in campo, per ragioni interne e parlamentari inglesi, questione bizantina della dichiarazione di guerra alla Germania, che nulla di fatto aggiungerebbe all'azione militare e politica che noi spieghiamo e possiamo spiegare, e aggiungere alla domanda di dichiarazione di guerra alla Germania la minaccia in caso di inadempimento nostro di metterei fuori dalla discussione e sistemazione questione europea, tutto ciò, se le cose invece che colla fraseologia diplomatica dovessero chiamarsi col loro vero nome, meriterebbe un nome solo, quello di «ricatto ».

Grey che ha tanta responsabilità degli errori della politica dell'Intesa verso la Romania, Serbia, Bulgaria e Grecia continua ora ad accumulare nuovi errori nei rapporti coll'Italia. E almeno alla domanda esplicita e alla minaccia velata che ci rivolge avesse creduto accompagnare una dichiarazione rassicurante circa questioni economiche vitali per il nostro paese.

Niente di tutto ciò.

I ministri inglesi votarono alla conferenza di Parigi la costituzione a Londra del comitato degli alleati per il carbone e noli, ma questo comitato dopo due mesi non si è ancora costituito per la loro opposizione e alla Camera dei Comuni si sente il Governo confermare le affermazioni di un deputato che sui profitti degli armatori il Governo inglese ha percepito una imposta di duemila duecento milioni e malgrado ciò essi hanno potuto distribuire un dividendo del sessantacinque per cento, ciò che fa pensare alla opinione pubblica francese e italiana che noi col nostro denaro dobbiamo non solo arricchire gli armatori inglesi ma contribuire ancora alle spese militari dell'Inghilterra. E la conferenza di Parigi non solo è rimasta lettera morta per il carbone ed i noli, ma altresì per la deliberazione presa di spiegare una contemporanea azione militare contro gli Imperi centrali, che finora sono riusciti a combattere sue

cessivamente su di una sola fronte trasportando a vicenda su quella tutte le loro forze. E l'opinione pubblica che salutò con fiducia la riunione della conferenza di Parigi e con plauso le sue deliberazioni, si domanda ora se essa non sia che una mistificazione. Tutte queste cose io vorrei dirle francamente e apertamente a Briand come mia opinione strettamente personale e vorrei anche chiedergli:

lo -che cosa, secondo lui, dichiarando la guerra alla Germania, noi faremo di più di quello che effettivamente facciamo;

2° -se linguaggio che Grey ha tenuto a Imperiali debba intendersi tenuto anche a nome della Francia;

3° -se, in caso di risposta negativa dell'Italia, si prentenderebbe escluderci dal regolamento delle questioni, non solo con la Germania, ma anche con la Turchia, Bulgaria e Austria Ungheria alle quali abbiamo dichiarato guerra;

4° -se si rende conto delle conseguenze gravi che una simile ingiusta e dissennata risoluzione avrebbe nei rapporti tra noi e l'Intesa e se queste conseguenze egli è disposto e risoluto ad affrontarle.

Io crederei utile far ciò perché ritengo per noi indispensabile spiegarci una buona volta con gli alleati sulla questione della Germania e mettere in luce le conseguenze dell'attitudine loro e nostra nel modo più chiaro ed eplicito, affinché la questione stessa non possa in avvenire essere addotta a pretesto da loro per mancare ai patti verso noi. Però siccome un mio discorso a Briand, anche come espressione di mia personale opinione, potrebbe non corrispondere alle vedute ed ai propositi di V. E., io attendo per farlo che V. E. me ne dia l'autorizzazione (1).

(l) Ed. In SONNINO, Carteggio, clt., n. 556.

(2) Cfr. n. 855, nota l, p. 636.

875

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1026/172. Atene, 28 maggio 1916, ore 14 (per. ore 16,35).

Occupazione del fronte Rupel in territorio greco da parte truppe bulgare annunziata ieri ha prodotto almeno nei circoli della capitale quella scarsa impressione che oramai accompagna tutte le violazioni del territorio greco.

Solo stampa venizelista ne prende motivo per deplorare stato miserando ove fu condotto il paese dalla politica della neutralità, mentre stampa governativa rigetta responsabilità del fatto alle prime violazioni commesse dall'Intesa ed alla intenzione di Sarrail di attaccare tedesco-bulgari i quali naturalmente hanno dovuto provvedere loro difesa.

Secondo notizie da me raccolte, l'evacuazione del forte da parte greci ebbe luogo dopo brevi negoziati fra comandante greco ed alcuni ufficiali tedeschi e in seguito alle istruzioni di Atene.

Per quanto riguarda la singolare arrendevolezza greca si spiega col programma già noto di attitudine passiva nella Macedonia che il Re Costantino mi spiegò cosi chiaramente nel comunicato fattomi dal maresciallo di Corte (mio telegramma n. 158 (1).

(l) Sonnino rispose con t. gab. 717 del 30 maggio, ore 9,50: «Considerata situazione generale non sembrami consigliabile in questo momento passo accennato».

876

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 2743/744. Parigi, 28 maggio 1916 (per. il 30).

Da qualche tempo non ho più riferito a V. E. circa la situazione parlamentare, stimando inutile tenerla al corrente delle impressioni fuggevoli o degli intrighi dei gruppi. In generale può dirsi negli ambienti parlamentari si apprezza la situazione generale con minore ottimismo che nelle sfere governative e nei giornali. Continuano le critiche contro l'Inghilterra e si ha scarsa fiducia nella Russia. Sono molto cresciute le simpatie per l'Italia e tranne Clemenceau che continua ad insistervi nelle sue conversazioni non potendo farlo nel suo giornale per proibizione della censura, nessuno parla di dichiarazione di guerra dell'Italia alla Germania. La popolarità di Joffre è andata declinando a profitto di quella di Castelnau e sopratutto di Pétain acclamato come salvatore di Verdun e designato da parecchi come futuro Comandante Supremo dell'esercito francese. Corse voce che Joffre dinnanzi al furioso attacco tedesco avesse ordinato l'abbandono della riva destra della Mosa e che Castelnau e Pétain non avessero eseguito l'ordine dando invece istruzioni alle truppe che erano sulla riva destra di tenere a qualunque costo, arrestando così l'avanzata germanica. Allusioni velate di quache giornale provocarono una smentita ufficiale ma malgrado di essa la voce ha continuato a circolare nei corridoi della Camera e parecchi deputati hanno manifestato il proposito d'interpellare il Governo in seduta segreta nell'intento di attaccare Joffre ed eventualmente anche il Governo. La maggioranza della Camera fino ad ora si era sempre manifestata contraria alla seduta segreta ed il Governo vi si era sempre opposto ponendo la questione di fiducia. Ora però sembra che molti deputati che prima non la volevano la vogliano e che Briand per evitare il rischio di una crisi su di una questione di procedura si rimetterà alla decisione della Camera.

Continuando Clemenceau nella sua attitudine intransigentemente ostile al Governo, Briand lo ha fatto dai giornali amici provocare a prendere la parola al Senato e già l'intervento di Clemenceau alla tribuna era stato

annunciato ed aveva provocata viva aspettazione. Ora però ciò è posto nuovamente in dubbio.

Un pericolo pel Ministero si ravvisa anche nella decisione presa dal gruppo radicale-socialista della Camera di rifiutare l'approvazione agli aumenti di tassa proposti da Ribot, se questi non saranno preceduti da una generale riforma tributaria. In complesso la situazione parlamentare può riassumersi così: abbastanza calma con possibilità di qualche improvvisa tempesta.

(l) Cfr. n. 794.

877

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA (l)

T. GAB. 709. Roma, 29 maggio 1916, ore 13.

In relazione al passo da noi fatto presso di lui Sazonov ha telegrafato in data 28 maggio a questo ambasciatore di Russia che Alexeiev si è messo in comunicazione con V. E. e con Joffre circa le operazioni militari (2).

878

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO IL GOVERNO SERBO A CORFU', GALANTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1042/56 (3). Corfù, 29 maggio 1916, ore 18 (per. ore 20).

È impressione generale che le truppe serbe trasportate a Salonicco non possono prima di un mese almeno intraprendere qualsiasi operazione. D'altra parte nei circoli militari serbi, mentre si è sempre proclamato altamente il vivo desiderio delle truppe di partire da Corfù e riprendere nuovamente il combattimento, si va facendo vivo il senso della difficoltà della lotta contro l'esercito bulgaro quasi intatto e meglio agguerrito che alla sua entrata in campagna. Non grande affidamento i serbi fanno su un'azione molto vigorosa delle truppe francesi ed inglesi e si viene ripetendo che questi ultimi rimasugli della razza serba costituiti dai centodiecimila uomini validi partiti per Salonicco non dovrebbero essere esposti ad un completo annientamento. Circa partenza del principe reggente nulla è ancora fissato, poiché come si afferma l'offensiva non è imminente. Ad ogni modo sembra che egli attenda qui il ritorno di Pasic e probabilmente che venga qui regolata anche la questione dell'alto comando e della maggiore o minore autonomia lasciata all'esercito serbo.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 557.

(2) -Porro rispose con t. gab. 1046/2369 del 30 maggio, ore 16,45, per conto di Cadorna, comunicando che il Comando Supremo non aveva ricevuto notizie ulteriori oltre quelle comunicate da Carlotti il 27 maggio (cfr. n. 865). (3) -Trasmesso tramite il consolato generale a Corfù.
879

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1040/103. Parigi, 29 maggio 1916, ore 20,05 (per. ore 0,50 del 30).

Stamane deputato Franklin Bouillon ha condotto, senza ch'essi ne lo avessero richiesto, dal presidente del consiglio dei ministri, gli onorevoli Ferraris Maggiorino e Gallenga, che dopo sono venuti a ragguagliarmi del colloquio avuto.

Premesso una conversazione generale nella quale Briand ha espresso la sua simpatia per l'Italia, i deputati hanno accennato alla questione dei noli insistendo per la pronta e soddisfacente soluzione. Briand allora, premettendo di parlar loro a titolo puramente confidenziale e informativo, ha detto che Governo inglese ha fatto capire chiaramente che in tutte le questioni pendenti sarebbe più corrente verso l'Italia se questa si risolvesse a dichiarazione di guerra alla Germania. Quindi Briand con finezza e abilità di frasi che gli sono abituali ha fatto velatamente comprendere che Governo francese pur desiderando ciò si astiene dal farne qualunque accenno al Governo italiano al quale vuole lasciare piena libertà mentre Governo inglese non formula soltanto un desiderio ma una esigenza.

Ferraris e Gallenga si sono limitati a rispondere che trattavasi di questioni implicanti alta responsabilità di Governo e nella quale quindi non era loro possibile interloquire.

880

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI

T. GAB. POSTA 710. Roma, 29 maggio 1916.

Mio telegramma n. 652 (1).

Il R. ministro a Berna al quale avevo significato che non ritenevo opportuno di dare ulteriore corso agli assaggi in Svizzera circa una pace separata della Turchia, mi risponde quanto segue:

«Ho fatto sapere ad Ismail dervisch bey, per il solito tramite del prof. Gallavresi, che il R. Governo non intendeva dare ulteriore sviluppo agli assaggi per una pace separata colla Turchia. L'Ismail, nel prendere congedo dal prof. Gallavresi, lo avvertì che avrebbe oggi stesso informato questo ministro di Turchia dell'esito negativo dei suoi approcci e che domani sarebbe partito per Parigi ove si ritiene sicuro di poter subito riprendere col signor Berthelot le accennate trattative. Lasciò infine comprendere che non sarebbe alieno dall'informarci del corso ulteriore delle trattative medesime ».

(l) Cfr. n. 836.

881

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1063/174. Atene, 30 maggio 1916, ore 13,30 (per. ore 17,55 del 31).

A parecchi miei colleghi, che hanno interrogato al riguardo, Skuludis, ha detto che il forte di Rupe! fu occupato esclusivamente da tedeschi essendone bulgari rimasti fuori.

Per la futura sorte di quella importantissima posizione Governo ellenico non nutre preoccupazioni avendo avuto dalla Germania le più ampie assicurazioni che esso sarà loro reso.

Skuludis ha anche espresso sua meraviglia che anglo-francesi non abbiano occupato essi quel forte aggiungendo: «hanno fatto tante violazioni della nostra neutralità che una più una meno avrebbe poco contato», come credo che di fatto sia stato grave errore militare e politico (da mettersi coi tanti altri) di lasciar occupare dai nemici quella chiave della valle dello Struma.

Tale errore è una conseguenza della mania ogni tanto rinascente di preoccuparsi delle proteste greche e di prenderle sul serio.

882

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO (l)

T. GAB. 1062/169. Londra, 30 maggio 1916, ore 23,30 (per. ore 0,10 del 31).

Fondamento e saggezza considerazioni esposte nel telegramma di V. E.

n. 696 (2) sono di così palmare evidenza da non poter sfuggire allo apprezzamento di qualsiasi persona ragionevole.

Il valore difatti e la gravità dei motivi che hanno finora indotto R. Governo a soprassedere dal passo finale ad integrale esecuzione dei nostri accordi non solo non sono diminuiti ma si sono oggi indubbiamente accresciuti. Non è certo questo il momento di aumentare responsabilità del Governo e pericoli del paese con prendere proprio ora una decisione che, per quanto inevitabile, può benissimo rinviarsi, perché se ha importanza dal punto di vista morale e sentimentale, non potrà mai averne alcuna da quello pratico militare.

Direi anzi che oggi essa potrebbe produrre seri inconvenienti per tutta l'Intesa, nessuno essendo assolutamente in grado di garantire che il da noi ufficialmente dichiarato stato di guerra non fornisca alla Germania ottimo pretesto per rinforzare austriaci contro noi operanti con qualche corpo d'armata o divisione al postutto non impossibile a raccogliersi.

Per questa ragione di schiacciante evidenza, accoppiata pure all'altra della tuttora perdurante e per noi assai pericolosa inazione russa, mi apparirebbe

forse consigliabile di manifestare chiaramente nostro pensiero prendendo occasione dalle confidenziali e personali comunicazioni di Grey.

In aggiunta alle considerazioni su esposte riterrei non inutile il lasciar intendere pure che, se ragioni di dignità dissuadono oggi da ulteriori insistenze per una ulteriore comunicazione che ci si vorrebbe fare solo condizionatamente, non per questo ci trova consenzienti la alquanto sofisticata motivazione della risposta dataci in aperto contrasto, per giunta, con enfatica dichiarazione di Briand (1). Come conclusione si potrebbe dire che sull'insieme della questione delle relazioni italo-tedesche è intenzione del R. Governo di riprendere il discorso non appena cessata attuale situazione militare sul nostro fronte e Russia uscita seriamente dalla presente inazione.

Questo ragionamento, nella medesima forma personale confidenziale ed amichevole adoperata da Grey fatto da me a Grey o assai meglio ancora da

V. E. a Rodd che può porne in luce la piena giustezza presso suo Governo, presenterebbe, a mio remissivo parere, il vantaggio di chiarire e magari rinforzare la nostra posizione generale di fronte agli alleati, dissipando dubbi ed apprensioni indubbiamente esistenti presso di loro. Lasciare invece senza alcun rilievo le recenti osservazioni rivolteci, il perdurare nel silenzio, temo abbia per risultato di perpetuare la falsa posizione in cui ci troviamo ora; di essa sembrami abbiamo già sperimentato prima spiacevoli effetti nella recente risposta concordata fra alleati e più gravi conseguenze potremmo temere, sia che gli alleati ci ricordino un giorno o l'altro gli impegni assunti formalmente, sia che tacciano ed al momento della pace ce ne facciano addebito e ne tolgano pretesto per giustificare un mancato appoggio da parte loro alla realizzazione integrale delle pattuite nostre rivendicazioni.

Profittando della benevola indulgenza di V. E. ho creduto dover sottoporre con rispettosa franchezza mio parere su di una questione che, per estrema sua delicatezza, cagionami costante preoccupazione.

(l) Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 559.

(2) Cfr. n. 870.

883

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, SALANDRA (2)

L. P. Roma, 30 maggio 1916.

Giers, che è uscito ora di qui, mi ha detto, riservatissimamente e parlando in confidenza, che aveva saputo che al nostro comando supremo il generale Porro, dopo i fatti ultimi del Trentina ecc., aveva perduto la testa, e dava tutto per completamente finito, mostrandosi affranto e disperato; e così pure molti altri ufficiali intorno a lui. Il solo Cadorna si mostrava calmo e sicuro. È bene che Tu sappia anche questo, per regolarti nelle Tue conversazioni con Porro.

Quanto ai movimenti dei russi Giers non sapeva nulla di più di quanto risulta dai dispacci di Carlotti.

(l) Cfr. n. 834.

(2) Da BCL, Archivio Salandra. Ed. in SONNINO, Carteggio, clt., n. 558.

884

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 1061/233. Pietrogrado, 31 maggio 1916, ore 2 (per. ore 10).

Nelle sfere di questo ministero degli affari esteri si continua a ritenere che alla convocazione commerciale della Romania con Imperi Centrali non sia estraneo anche un accordo politico secondo il quale (siccome ebbi già a riferire a

V. E.) (l) Germania avrebbe garantito che la Romania non verrebbe attaccata e Romania si sarebbe impegnata ad osservare la neutralità. Si aggiunge che tale ipotesi trova conferma nel ritiro di considerevoli forze austro-tedesche dai Balcani e dalla fronte romena. Era infatti interesse germanico il poter trarre rinforzi contro la Francia, austriaco trarne contro l'Italia e bulgaro contro 11 fronte di Salonicco.

Nuova conferma sarebbe la riduzione di forze romene sulla fronte austroungarica, il recente licenziamento, di circa 60.000 uomini e il supposto consenso della Germania a cedere materiali di guerra alla Romania.

Se ne trae conseguenza che l'assicurata neutralità romena che ha già dato al nemico il vantaggio di poter rinforzare le sue fronti occidentali e meridionali sopprime l'alea del concorso romeno anche nel caso di futuri successi russi sulla fronte sud-ovest.

Mi sembra però improbabile fino a contraria prova che la prudente politica romena si sia a tal punto legata le mani (2).

885

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI, A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (3)

T. 1424. Roma, 31 maggio 1916, ore 14.

(Meno Atene): Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue: (Per tutti): Coromylas vorrebbe che noi precisassimo meglio i termini della nostra domanda al Governo ellenico riguardo al ritiro del posto militare a Aspri Ruga, intorno al quale Bosdari conferì con Skuludis, non risultando essi abbastanza chiari nel telegramma giuntogli da Atene. Egli dice che la linea da Cika a Aspri Ruga, come da noi chiamata nei primi mesi del 1915 rispondendo alla proposta greca, non fu riconosciuta dal Suo Governo il quale per bocca di Zogrofos avrebbe risposto in data del 1° giugno u.s. esponendo le ragioni per cui insisteva a portare lo sbocco in mare fino all'altezza di Gramata,

e ciò per poter sorvegliare i pascoli appartenenti in quel tratto al comune e ai comunisti di Paljana. Il Governo greco vorrebbe ora non creare difficoltà al nostro; chiede solo che per i territori di cui riteniamo oggi indispensabile l'occupazione durante il tempo della guerra, rivolgessimo a lui apposita domanda, dichiarando che si tratta di occupazione temporanea che cesserà col finire delle ostilità. Così pel tratto di territorio tra Aspri Ruga e Gramata come per Bugonitza e per Kundrevitza. Ho risposto che la situazione di Bugonitza e di Kundrevitza era alquanto diversa da quella del tratto di costa al nord di Aspri Ruga, poiché quest'ultimo fu da noi reclamato come necessario alla nostra occupazione fin dal febbraio o marzo 1915. Che per la questione dei pascoli si potrebbe forse trovare sulla località qualche mezzo termine che ne ammettesse la tutela e la sorveglianza nell'interesse degli abitanti di Paljana. Che quanto al posto militare greco sulla costa trovavo più semplice, giacché il Governo greco desiderava farci cosa grata pur mantenendo impregiudicate le sue pretese teoriche su quel tratto di terreno e rinviandone a miglior termine la definizione, che esso ritirasse intanto di fatto puramente e semplicemente i suoi soldati.

(l) -Cfr. n. 737. (2) -Rltrasmesso a Parigi, Londra e Bucarest con t. gab. 730 del 31 maggio, ore 20. (3) -Ed. in SONNINO, Diario, clt., pp. 346-347.
886

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI, A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI

T. GAB. POSTA 729 (1). Roma, 31 maggio 1916.

Questo ambasciatore d'Inghilterra mi ha consegnato il 30 maggio il seguente memorandum segreto:

«Il 29 maggio il dr. F. Nansen fece una visita al ministro di S. M. britannica in Cristiania e gli disse che un avvocato olandese dr. Yong van Beek Endonk membro del comitato della società olandese contro la guerra gli aveva domandato se consentirebbe ad andare in Inghilterra allo scopo di accertare quali sarebbero le condizioni di pace che gli Alleati sarebbero disposti ad accettare se venissero offerte dalla Germania. Il dr. Nansen disse che secondo la sua impressione personale il Governo britannico non sarebbe al momento attuale, disposto ad ammettere la pace a nessuna delle condizioni accettabili dalla Germania. Egli indagò quali erano le vedute del signor Findlay in argomento. Il signor Findlay osservò che egli considerava una pace prematura come il più grave pericolo tanto per gli alleati quanto per il restante dell'Europa. Benché non avesse ricevuto recenti informazioni sulla questione, egli pensava che era ben noto a tutti gli alleati che la Germania era ora al termine delle sue risorse e che presto o tardi sarebbe stata costretta ad accettare quelle qualsiasi condizioni che noi volessimo scegliere per imporle. Il dr. Nansen convenne su questo punto. Sembra che il dr. Yong van Beek Endonk abbia sondato anche i ministri francesi ed inglese a Stoccolma. La sua impressione è che l'Olanda e gli

altri paesi neutrali sarebbero disposti a pagare una indennità al Belgio se ciò fosse posto come una condizione sine qua non e la Germania non fosse in grado di farlo. Questa, osservò Nansen era una nuova idea per lui e il signor Findlay crede che essa non sarebbe ben veduta dai neutrali. Sembra d'altronde che il dr. Yong von Beek Endonk sia un po' ottimista nelle sue vedute.

Nell'informare il Governo italiano di quanto precede, l'ambasciatore di

S. M. britannica ha ricevuto istruzioni di aggiungere che il Governo di Sua Maestà propone di dire che vi sarebbe poca utilità nell'aprire una discussione con i paesi neutrali su questo argomento a meno che essi non abbiano qualche indizio che il Governo germanico sarebbe disposto ad ammettere condizioni di pace che fossero verosimilmente accettabili da parte degli alleati.

Ho risposto che consentivo nella risposta data dal Governo britannico.

(l) A Pietrogrado il telegramma venne inviato per filo.

887

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI (l)

T. GAB. 731. Roma, 1° giugno 1916, ore 11,20.

Telegramma di V. E. n. 169 (2).

Per ora ritengo consigliabile lasciar cadere conversazione con Grey riguardo tanto accordi relativi Costantinopoli quanto nostro stato guerra con Germania.

Già martedì (30) ho parlato circa nostre relazioni Germania con Rodd e con Barrère su intempestività qualunque nostro atto ulteriore nel senso desiderato.

888

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI, A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (3)

T. 1428. Roma, 1° giugno 1916, ore 16.

(Meno Atene): Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) : Barrère mi informa delle istruzioni date al generale Sarrail, dopo la cessione senza resistenza alcuna per parte dei greci del forte di Rupel ai bulgaro-tedeschi, di prendere qualunque provvedimento egli ritenesse necessario od utile per la sicurezza dell'esercito degli alleati, senza preoccuparsi delle opposizioni elleniche, compresavi, ove occorra, la dichiarazione dello stato d'assedio a Salonicco.

(-2) Cfr. n. 882.

Inoltre Briand domanda se il R. Governo si associerebbe a qualunque passo fosse opportuno presso il Governo greco, delle cui disposizioni ostili non ritiene si possa più dubitare, per impedire qualche provvedimento di governo che potesse peggiorare comunque la situazione degli alleati.

Ho risposto che non capivo bene a quali provvedimenti si alludesse; [che] quando si vedesse dai nostri rappresentanti in Atene il pericolo di qualche mossa militare o civile nociva alla causa degli alleati, non avevo in massima nulla in contrario, a che si parlasse alto e forte [e] che militarmente si facesse senza tanti riguardi quel che risultasse necessario, ma che non ritenevo giovasse nulla che sapesse di provocazione inutile, tanto più che nel momento attuale non vedevo facile che né la Francia, né l'Italia, né la Russia, potessero mandare là nuove truppe.

Successivamente Giers mi ha precisato che la proposta francese consiste nell'incaricare i nostri rappresentanti ad Atene d'intendersi fra loro riguardo alle misure che avrebbero potuto proporre di comune accordo alle Potenze elleate, nel caso in cui la situazione divenisse più grave a Atene.

Prego V. S. di agire in conformità di quanto precede.

(l) -Ed. In SONNINO, Carteggio, Cit., n. 560. (3) -Ed. In SONNINO, Diario, clt., p. 347.
889

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1072/172. Londra, 1° giugno 1916, ore 20,55 (per. ore 0,50 del 2).

Ministro di Romania venne ieri a vedermi. Parlò come al solito della ferma intenzione della Romania di entrare in azione, imitare Italia, ecc. Come al solito pure si lagnò delle difficoltà qui incontrate per rifornimento d'armi e munizioni ecc. indispensabili per permettere alla Romania di attuare siffatti irriducibili propositi.

Misu mi pregò quindi di dire qualche parola per attivare più sollecita soddisfazione alle domande romene.

Risposi, desideroso come sono di rendere servizi a lui e ad un paese nostro amico come Romania, avrei profittato favorevolmente occasione per appoggiare pratiche anzidette. Sembravami però in tesi generale che esse troverebbero presso questo Governo accoglienza assai più premurosa il giorno in cui, presa in modo definitivo la decisione cui egli accennava, il suo Governo procedesse a sistemare e finalizzare tutti gli indispensabili accordi politici e militari fra i quali la data dell'entrata in azione. A questa mia osservazione Misu rispose con un sorriso e con una frase generica dalla quale però traspariva tale essere pure nel fondo opinione sua.

Colloquio mi lasciò consueta impressione che cioè Bratianu, da vero balcanico, persiste nel suo subdolo favorito sistema di trastullare gli alleati con vaghe promesse mentre in pari tempo mantiene in realtà ottime relazioni con i nostri nemici.

Questo contegno malgrado tutte le dichiarazioni di Misu, personalmente in buona fede, contribuisce a radicare sempre più nell'animo mio l'impressione

già da tempo sottoposta a V. E. e cioè che gli alleati potranno stimarsi fortunati se fino al termine della guerra la Romania non sarà anch'essa passata al campo nemico.

890

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. 1435. Roma, 1° giugno 1916, ore 22.

(Meno Atene): Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti): Questo ambasciatore d'Inghilterra mi ha comunicato che la risposta del Governo greco alla nota presentata dalle Potenze alleate il 23 marzo circa l'occupazione di Argostoli e Suda prende atto delle dichiarazioni delle Potenze e cita il passaggio della nota del 23 novembre promettendo la restaurazione dei territori occupati ed i compensi per tale occupazione; ma non rinnova le dichiarazioni corrispettive del Governo ellenico. Il Governo britannico chiede se il Governo italiano ritiene desiderabile richiamare l'attenzione del Governo ellenico su questa omissione.

Ho fatto osservare a Rodd che la proposta francese di cui è cenno nel mio telegramma n. 1428 (1), come è più ampia, sembra includere anche questa proposta britannica e che perciò non mi sembrava consigliabile fare un passo speciale in questo senso riserbandoci però, in base alla proposta francese, eventuali comunicazioni ed atteggiamenti ancora più comprensivi e risoluti ove la situazione si aggravasse.

891

IL CONSOLE GENERALE A SALONICCO, LODI FÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 757/184. Salonicco, 1° giugno 1916 (per. il 14).

L'occupazione del forte di Rupel da parte dei germano-bulgari ha dato occasione al partito venizelista di organizzare il 28 maggio una dimostrazione cui presero parte cinquemila persone. Se si tiene conto che la grande maggioranza della cittadinanza è israelita e contraria al dominio ellenico, può dirsi che alla dimostrazione abbia preso parte quasi tutto l'elemento greco della città, il timore dei bulgari essendo indubbiamente sincero nel cuore di ogni elleno della Macedonia. A questo stato d'animo hanno però molto contribuito gli elementi dello Stato Maggiore francese che si occupano particolarmente della politica estera della Grecia, tenendosi in frequenti rapporti con i capi del Partito venizelista. Il capitano Mathieu, ufficiale d'ordinanza del generale Sarrail

e suo massimo consigliere in ogni questione, al quale feci cenno circa l'azione di avvicinamento che con particolare abilità egli svolge presso i greci della città, mi rispose che facendo ogni riserva sul valore militare della cooperazione dell'esercito ellenico, comunque egli doveva mirare per l'interesse e la sicurezza dell'esercito francese nella regione, ad assicurargli un ambiente favorevole. A provare la propaganda francese debbo ricordare che il popolo, il quale ha preso parte alla dimostrazione di domenica scorsa, era protetto da uno squadrone di cavalleria francese e da un altro di cavalleria serba chiudente il corteo. L'opposizione della polizia greca si infranse contro il fermo atteggiamento dei francesi, i quali dichiararono di essere là per garantire al popolo greco la libera manifestazione dei suoi sentimenti.

È invece impressione generale che lo Stato Maggiore francese desidera sinceramente l'intervento della Grecia. È infatti comprensibile che il generale Sarrail ed il suo Stato Maggiore, stanchi di rimanere chiusi con limitate forze nella regione di Salonicco, desiderino a qualunque prezzo il contributo dell'esercito ellenico per poter iniziare un'azione efficace sul fronte balcanico, che essi hanno la tendenza a dimostrare quale più adatto degli altri per un'offensiva, appoggiati certamente in questo concetto dal Governo serbo e dal suo Stato Maggiore.

Tuttavia è dubbio che la presa del fronte di Rupel, per quanto abbia sinceramente impressionato ogni greco, che oggi realizza più vivo il pericolo bulgaro, sia un elemento decisivo atto a mutare l'atteggiamento politico della Grecia. Vi è ancora qui in Salonicco un notevole numero di elleni che si mantengono fedeli al concetto della neutralità più assoluta. Inoltre anche quella parte dell'elemento militare greco della Macedonia che, nell'imbarazzante ed umiliante situazione dovuta all'occupazione franco-inglese, ha intuito dal principio l'opportunità dell'intervento a fianco dell'Intesa, oggi, dopo tante occasioni di conflitti di autorità, di attriti personali, tende ad identificarsi con il resto dell'armata, che crede ciecamente ed assolutamente nella vittoria germanica, per venire alla conclusione della necessaria neutralità della Grecia.

Complica ancora la situazione il fatto che tutta la Macedonia Orientale e il 4° Corpo d'Armata greco, che si è di stanza, arrischiano di venire affamati, essendo ora chiusa la via di Serres e minacciando di essere bloccato il porto di Cavalla.

Comunque, l'efficacia dell'intervento ellenico, quando anche questo dovesse aver luogo, sarebbe molto dubbio, poiché ora esso avverrebbe con troppe riserve più o meno manifeste, sia nei rapporti della politica che in quelli dell'azione militare, senza tener conto che l'esercito disorganizzato, indisciplinato stanco ed usato durante questa inconcludente mobilitazione, richiederebbe di essere completamente riorganizzato in un lavoro di molte settimane.

Le notizie che vengono da Atene non indicano affatto di tendere ad un mutamento della politica del Governo di Skuludis.

Il Signor Venizelos pare si ritragga dalla scena politica ed al Direttore dell'Opinion, giornale intesista di Salonicco che poche settimane fà gli chiedeva se non era possibile di imporre in qualche modo la volontà di tanta parte del Paese, rispondeva: «Volete vedere il mio cadavere trascinato per le vie di Atene?».

(l) Cfr. n. 888.

892

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1074/176. Atene, 2 giugno 1916, ore 0,30 (per. ore 2,55).

Ministro di Francia ha fatto oggi presso il Governo ellenico due passi di estrema gravità circa occupazione del forte Rupel. Nel primo ha dichiarato che la condiscendenza greca a quel riguardo era violazione della neutralità benevola a noi promessa. Nel secondo ha detto letteralmente «se avanzata bulgara dovesse continuare senza resistenza da parte dell'esercito greco ciò potrebbe avere conseguenze di estrema gravità per Governo ellenico».

Skuludis ha sommariamente risposto che ogni intervento armato greco costituisce violazione di quella neutralità che il Governo ellenico non riesce sempre a manifestare e si è stupito che tale dichiarazione venisse dopo le rinnovate assicurazioni che non intendevamo di trascinare Grecia fuori della neutralità.

Nei circoli francesi sopratutto militari domina ormai la persuasione che la presa di Rupel sia avvenuta in seguito ad un accordo preventivo fra Grecia, Germania e Bulgaria. In questa persuasione, rinata nei francesi unita a quella dell'esistenza pericolo che greci vogliano mettersi decisivamente contro di noi, temo che Francia vorrà di nuovo tentare di spingere le cose agli estremi.

893

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB.l081/173. Londra, 2 giugno 1916, ore 21,52 (per ore 2 del 3).

Steed che ho veduto testé mi ha detto che complesso delle informazioni private giuntegli dall'Italia gli hanno fatto considerare situazione con serenità e fiducia. Nell'esprimermi compiacimento per contegno calmo risoluto del nostro paese ha detto che manifestazione di questo eccellente stato d'animo cagionerà sgraditissima sorpresa ai nostri nemici che avevano non poco speculato sulla pretesa nostra inclinazione a violente depressioni.

Ha aggiunto che certo signor Vercesi, antico corrispondente clericale a Vienna, ha ricevuto dal segretario di quella nunziatura apostolica una lettera in cui qualificasi recente offensiva Trentina vero atto di disperazione che, se non coronato da successo completo, avrà grave ripercussione all'interno della monarchia in vista dello stato di vera esasperazione contro guerra quivi ora prevalente.

894

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1096/187. Bucarest, 3 giugno 1916, ore 9,30 (per. ore 1,50 del 5).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 730 (1). Temo che il ministro degli affari esteri russo, insistendo sui pretesi accordi politici romeno-tedeschi di cui parla R. ambasciatore a Pietrogrado, perda di vista quanto vi è di veramente grave più che nel contegno personale di Bratianu, nella situazione della Romania. Col mio telegramma gabinetto n. 146 (2) ha fatto presente all'E. V. che non vi era alcun bisogno di un nuovo affidamento da parte della Germania che né essa né Austria-Ungheria né Bulgaria l'avrebbero attaccata, giacché questo affidamento era stato già dato, come a suo tempo riferii, a più riprese e specialmente in occasione dell'entrata in campagna della Bulgaria. Convenzione ferroviaria romeno-tedesca non aveva bisogno di clausole speciali d'ordine politico per dover preoccupare Intesa: essa, come osservai nei mio telegramma gabinetto n. 134 (3), era di per sè un indice della peggiorata situazione dell'Intesa in Romania. Intorno ai pretesi sessantamila richiamati che sarebbero stati congedati mi sono pronunziato ieri col telegramma di gabinetto n. 183 (4). Ciò che invece è grave è il contraccolpo che gli avvenimenti della guerra possono avere sul contegno della Romania. Invasione del territorio italiano senza che si verifichi offensiva russa, inazione della maggior parte delle forze britanniche di terra e gli insuccessi di quelle di mare, considerate finora come invincibili, possono ad un dato momento determinare il Governo romeno ad accettare proposte austriache. È mio dovere richiamare ancora attenzione del R. Governo su quanto ebbe a dirmi confidenzialmente a suo tempo Bratianu intorno a tali proposte ed a quelle che egli attendeva dall'Intesa (mio telegramma gabinetto segreto n. 58) (5). Ora questione dell'offerta della Bucovina da parte Austria-Ungheria alla Romania è nuovamente pubblicata dall'organo del signor Carp. Intesa deve tener conto del fatto che Romania non può uscire dal presente conflitto europeo senza avere ottenuto un adeguato vantaggio territoriale sotto pena di veder compromessa non solo l'esistenza del gabinetto Bratianu e autorità del partito liberale, ma anche la stessa dinastia. Quindi l'Intesa deve temere in Romania non gli accordi commerciali od i rinvii in congedo di richiamati ma bensì i contraccolpi degli insuccessi sui campi di battaglia.

(l) -Cfr. n. 884, nota 2. (2) -Cfr. n. 747. (3) -Cfr. n. 699. (4) -T. gab. 1088/183 del 2 giugno, ore 21,50, non pubblicato. (5) -Cfr. n. 428.
895

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2755/296. Atene, 3 giugno 1916, ore 14,20 (per. ore 15,40).

Telegramma di V. E. n. 1435 (1).

Unitamente ai miei colleghi ho fatto al presidente del Consiglio verbalmente l'osservazione che nella sua nota responsiva (mio rapporto n. 214) (2) egli omise di rinnovare promessa fatta nel novembre. Presidente del consiglio dichiarò che nulla era mutato al riguardo e chiese che questa nostra osservazione fosse messa per iscritto.

A me ed ai miei colleghi parrebbe inutile e pericoloso, nelle presenti incerte circostanze, creare un nuovo documento e ci sembrerebbe che questa specie di rettificazione verbale, che di nostra iniziativa abbiamo creduto poter fare, sia pel momento ampiamente sufficiente (3).

896

L'AMBASCIATORE A PIETROGRADO, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 1092/244. Pietrogrado, 3 giugno 1916, ore 16 (per. ore 11,30 del 4).

È notevole l'attività spiegata in questi ultimi tempi dai dirigenti ingLesi e russi per accentuare crescente intimità rapporti fra i due paesi. Ne sono documento principale le parole di Asquith alla delegazione parlamentare russa, l'intervista Sazonov col corrispondente del Times, il discorso di Buchanan a Mosca affermante comunanza interessi economici, il conferimento della cittadinanza moscovita a Buchanan ciò che ha dato luogo allo scambio di calorosi telegrammi fra Re d'Inghilterra e il sindaco di quella città, la prossima venuta in Russia di Kitchener e infine il linguaggio ufficiale dei due Governi che rileva il desiderio di porre in evidenza la piena solidarietà non solo politica e militare ma soprattutto economica fra la Russia e l'Inghilterra.

Tanto più notevole è questo cumulo di manifestazioni di fiducia e di simpatia reciproca in quanto esso coincide con un certo quale dubbioso e incerto atteggiamento assunto da alcuni circoli militari, finanziari e commerciali russi di fronte all'Inghilterra. In detti circoli militari viene fatto di udire per quanto in forma riservata commenti non favorevoli alla tiepida (così la qualifica) partecipazione inglese alla guerra, mentre nel ceto finanziario e commerciale serpeggia un latente malumore per la pretesa indifferenza dell'Inghilterra nel

risollevare valore e corsi monetari in Russia, per lo scarso intervento del capitale inglese, oggi indispensabile anche per intensificare produzione materiali da guerra, per le condizioni non soddisfacenti degli scambi, elevato prezzo delle merci, difficoltà dei trasporti, ecc. A questi gravami di scarso fondamento e circolanti clandestinamente non va certo attribuita esagerata importanza. Essi non sono infatti mai venuti alla luce grazie pure alle soverchianti considerazioni che per fini della guerra nessuno screzio deve apparire su tali argomenti. Ma non per questo sono meno opportune misure preventive che dirigenti dei due paesi hanno avuto cura di prendere e che vi è luogo di ritenere efficaci.

Data delicatezza dell'argomento sembra indicato sommo riserbo quanto precede.

(l) -Cfr. n. 890. (2) -Non pubblicato. (3) -Per la risposta di Sonnino cfr. n. 902.
897

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 1089/105. Cristiania, 3 giugno 1916, ore 18,50 (per. ore 4,30 del 4).

Nel corso di un nostro recente colloquio questo ministro degli affari esteri ha ammesso con me che agitazione attivista svedese, quetata pel momento, tornerà a manifestarsi più tardi a sou modo di vedere pel fatto che la Russia non aveva permesso la pubblicazione degli affidamenti da essa dati al Governo svedese circa la demolizione fortificazioni isole Aland dopo la guerra.

Avendo compreso che il ministro non era al corrente del vero stato delle cose, gli ho detto a titolo personale e riservato quanto in proposito mi risulta in modo sicuro che cioé il ministro degli affari esteri svedese aveva chiesto alla Russia ed ottenutane autorizzazione ma che personaggi di lui più alti (come è noto certo a V. E. Re Gustavo e Hammarskjold) si sarebbero opposti che si facessero dichiarazioni esplicite in quel senso al Parlamento.

Il mio interlocutore è rimasto come interdetto e sorpreso.

Dal che si desume:

1° -la conferma che il Governo svedese non ha voluto liquidare definitivamente la questione Aland di fronte opinione pubblica nazionale lasciando sussistere equivoco;

2° -che Stoccolta ha cercato di celare la verità a Cristiania;

3° -cne accordo fra i due Governi sul terreno politico è effettivamente manchevole.

Ai fini dell'Intesa, che ha interesse di prevenire e impedire con tutti 1 mezzi possibili complicazioni in Scandinavia, ho per tale modo in via indiretta e con la debita cautela avuto di mira di porre ancora una volta in guardia questo Governo verso la Svezia.

Ho informato di quanto precede mio collega di Russia che ha assai gradito mio passo.

898

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1101/188. Bucarest, 3 giugno 1916, ore 21 (per. ore 22,25 del 4).

Ministro di Russia per incarico di Sazonov ha fatto presente a Bratianu che, in seguito all'offensiva austro-ungarica contro l'Italia, essendo sguarnita la Transilvania, sarebbe giunto per la Romania momento d'entrare azione a fianco dell'Intesa. Sarebbe opportuno quindi che la Romania non si lasciasse sfuggire questa occasione che forse non si ripresenterà.

Bratianu ha risposto che forse effettivamente l'esercito romeno potrebbe riuscire a invadere la Transilvania ma che poi ne sarebbe scacciato non essendosi realizzata nessuna delle condizioni da lui poste per l'entrata in azione della Romania (aumento delle armi e munizioni di cui dispone esercito romeno, offensiva generale dell'Intesa, azione militare della Russia in Bucovina e contro la Bulgaria ecc.). Questa risposta negativa era più che prevedi bile e sarebbe stato più prudente non porre nepure il quesito, poiché esso avrà fatto credere a Bratianu che la Russia non è in questo momento in grado di prendere offensiva per alleggerire la nostra situazione.

899

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 747. Roma, 4 giugno 1916, ore 8.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -Barrère mi ha chiesto se concordavo che i rappresentanti della Quadruplice in Atene dichiarassero a Skuludis che, dietro la mancanza del Governo greco alla sua promessa di mantenere la benevola neutralità, non valevano più le garanzie dategli riguardo alla futura integrità del territorio posseduto all'inizio della guerra.

Ho risposto che consigliavo di tralasciare ogni dichiarazione simile in questo momento attendendo l'ulteriore svolgersi della situazione e le eventuali proposte dei nostri rappresentanti intorno ad essa {1).

«A quanto m! dicono mie! colleghi sembra che tutti l Governi abbiano rinunziato, almeno per ora, all'idea d! ritirare garanzie date alla Grecia circa Integrità del suo territorio. Fu una proposta della Francia sotto l'Impressione della cessione Rupe! ».

(l) De Bosdar! rispose con t. gab. 1110 del 6 giugno, ore 7, quanto segue:

900

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1097/179. Atene, 4 giugno 1916, ore 13,30 (per. ore 22,25).

Ieri in occasione genetliaco di Re Costantino furono inscenate grandi dimostrazioni pel Sovrano cui si accompagnavano grida di vivo incitamento.

Si vuole anche, ma io non potei constatare de visu, che parecchi reparti truppe abbiano presentato armi al passaggio del ministro di Germania. Tali fatti sono stati segnalati al suo Governo da questo ministro di Francia sotto un aspetto di molta gravità colla conferma che l'accordo della Grecia coi nostri nemici sia ormai un'evenienza compiuta. Io debbo ricordare a V. E. che sin dall'occupazione di Monastir misi in chiaro che la Grecia e la Bulgaria contrariamente ad ogni possibile aspettazione stavano intendendosi (mio telegramma 1° dicembre gabinetto n. 243 (l) e precedenti ivi citati).

Non è dunque ora che potrei aver cambiato idea mentre tale singolare svolgimento della politica di questo paese si va senza dubbio accentuando con quale ultimo risultato sarebbe presunzione il dire.

Francia sembra oramai risoluta ad agire da sola senza attendere e senza darci tempo di prestarle il nostro concorso, sulla base della persuasione che la Grecia è passata nel campo nemico.

Prova di ciò è proclamazione stato d'assedio di Salonicco da parte del generale Sarrail, notizia che diffusasi qui ieri sembra aver dato luogo a propositi di rappresaglia.

Comunque debba svolgersi nostra politica qui, è certo che essa ha bisogno di singolare fermezza; mi sembra anche opportuno cercare di moderare l'irritazione francese che ad un momento dato potrebbe essere consigliera di atti inconsulti nei quali pure ci diverrebbe difficile non seguirla (2).

901

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1100/299 (3). Atene, 4 giugno 1916, ore 14,30 (per. ore 22,35 del 5).

Faccio seguito al mio telegramma gabinetto n. 179 ( 4).

Secondo le notizie giunte la legge marziale fu decretata a Salonicco poco prima funzione per la festa del Re la quale andò a monte. Reparti di truppe francesi, inglesi, serbe, occuparono militarmente edifici pubblici. Al capo gendarmeria ed a direttore di polizia vennero date 24 ore per abbandonare la città.

(-4) Cfr. n. 900.

Giornali governativi chiamano questa misura una nuova offesa, un arbitrio inqualificabile che avrà per effetto di far svanire ogni simpatia della Grecia per la Francia. Giornali venizelisti astengonsi da ogni commento.

(l) -Cfr. n. 163. - (2) -Rltrasmesso a Londra, Parigi e Pletrogrado con t. gab. 752 del 5 giugno, ore 20. (3) -Partito come telegramma ordinario, è stato protocollato in arrivo nella serle di gabinetto.
902

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (l)

T. 1449. Roma, 4 giugno 1916, ore 16.

(Solo Atene) -telegramma di V. E. 296 (2).

(Meno Atene) -R. ministro ad Atene telegrafa quanto segue:

« Unitamente ai miei colleghi... ecc. (come nel telegramma n. 2755/296 (2) ~.

Ho risposto a Bosdari quanto segue:

(Per tutti) -Approvo opinione di V. S. Barrère mi comunicava oggi che da Atene giunge notizia che il Governo ellenico si propone di promulgare entro mercoledì prossimo lo stato d'assedio per poter procedere ad arresti e rigori contro il partito venezelista. Briand proponeva che i rappresentanti della Quadruplice interpellassero Skuludis quali sono le intenzioni governo ellenico e nel caso di risposta non soddisfacente che una flotta si raccolga a Milo come dimostrazione a tutela interessi e partiti favorevoli Quadruplice.

Ho risposto che consigliavo comunicare notizia del minacciato stato d'assedio ai nostri rappresentanti a Atene e chiedere il loro parere autorizzandoli fin d'ora ove lo credessero opportuno a fare il passo presso Skuludis, e chiedendo il loro avviso in genere sul da farsi successivamente se risposte elleniche non erano rassicuranti.

Prego V. E. di agire in conformità di quanto precede.

903

IL MINISTRO A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 1950/252. Washington, 4 giugno 1916 (per. il 29).

A breve distanza dal discorso del Presidente Wilson alla « League to enforce peace ~. ha parlato il Segretario di Stato in una riunione della «Bar Association ~· di Watertown. Il signor Lansing, anzi, per non essere frainteso, ha letto. Donde il maggior rilievo delle sue dichiarazioni. Mi onoro acchiudere il testo

delle parole da lui pronunciate (l) che vogliono essere difesa e giustificazione della politica seguita all'estero dall'Amministrazione di cui è parte: della politica, per essere più esatto, seguita dal signor Wilson rispetto ai belligeranti europei, rispetto specialmente all'Inghilterra e alla Germania.

Occorreva dissipare l'impressione sfavorevole dell'inabile discorso del Presidente che, per lusingare il voto tedesco, aveva taciuto a bella posta delle vite americane perdute nei siluramenti di navi, come se fosse già spenta l'eco vasta dell'indignazione comune diffusa nelle sue ancor recenti note alla Germania. E il signor Lansing non soltanto ricorda esplicitamente lo scempio fatto di quelle vite, ma ne sanziona l'incomparabile prevalente valore di fronte al danno delle merci. L'equilibrio è così raggiunto fra i sentimenti anglofili e i sentimenti germanofili del paese.

Occorreva pure ribattere la critica avversaria di soverchia condiscendenza, di incertezza e di tentennamento, di mancato sostegno del prestigio nazionale, di deficiente tutela dei diritti americani conculcati. E il Segretario di Stato, non curante in ciò di pronunciare parole più sobrie e deferenti verso le nazioni europee belligeranti, di quelle che il signor Wilson sussurrava di recente ad un gruppo di giornalisti convenuti ad udirlo, si è espresso così: «I popoli e i governi in guerra sono accecati dalla passione; le loro opinioni sono inconfessabilmente parziali; il loro contegno, spesso influenzato da isterici impulsi, rasenta la pazzia. La pazienza e l'astensione sono essenziali per un neutrale nel tratto con simili nazioni. Atti che, in condizioni normali, sarebbero da considerare come supremamente offensivi, devono essere riguardati con calma e prescindendo da se medesimi ».

Come l'americanismo di Wilson, che si atteggia a mentore dell'Europa e del mondo, così la giustificazione di Lansing, che affetta l'occhio calmo e indifferente dell'alienista, non sono che espedienti elettorali dell'ultima ora. Vi si perde soltanto da entrambi il senso della misura.

(l) -Ed. !n SONNINO, Diario, c!t., p. 348. (2) -Cfr. n. 895.
904

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (2)

T. GAB. 754. Roma, 5 giugno 1916, ore 17,40.

Coromylas mi ha letta la protesta del Governo greco diretta a Parigi contro lo stato d'assedio proclamato dal generale Sarrail a Salonicco (3) e specialmente contro i procedimenti adottati facendo la proclamazione nel giorno della festa del Sovrano e in modo da aver impedito la celebrazione del Te Deum. Il

Governo ellenico esprime la sua indignazione per questo e per il grave attentato alla sovranità della Grecia in violazione dell'accordo del 27 novembre 1915 sulle condizioni del soggiorno degli alleati a Salonicco. Il Governo greco nega assolutamente di avere fatto un accordo con i germano-bulgari per l'occupazione della Macedonia.

Ho risposto che, dopo l'entrata dei bulgari nel forte Rupe! il comando delle truppe alleate non poteva ormai non assicurarsi da sé tutte quelle condizioni di occupazione che potevano essere richieste per la sicurezza della spedizione. Da parte sua il Governo greco non doveva col suo contegno fornirgli occasione

o pretesto per fare nulla di più dello strettamente necessario; perciò raccomandavo la calma e l'astensione da ogni misura avventata.

(l) -Non si pubblica. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 348-349. (3) -Cfr. n. 901.
905

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2789/303. Atene, 6 giugno 1916, ore 14 (per. ore 20,10).

Prima di aver ricevuto telegramma di V. E. n. 1449 (1), già ministri di Francia e Inghilterra, concertatisi fra di loro a nostra insaputa, si erano recati da presidente del consiglio e gli avevano chiesto spiegazioni intorno rumore che correva della introduzione della legge marziale. Gli avevano ripetuto che, se cosa era vera, Potenze protettrici Grecia avrebbero dovuto deliberare sul da farsi, partendo dal principio essere esse garanti verso popolo ellenico pel mantenimento della sua libertà costituzionale. Skuludis rispose, analogamente a quanto già altre volte aveva dichiarato, che legge marziale era questione interna e costituzionale per la Grecia e che Governo ellenico si riteneva in diritto introdurla ogni qual volta gli fosse sembrato opportuno. Però al momento attuale necessità non se ne era manifestata e questione non era stata ancora portata davanti Consiglio dei ministri.

Come in precedenti casi, anche questa volta notizia inviata Parigi da ministro di Francia e passo successivo per il quale egli provocò istruzioni per se stesso eper collega inglese, avvenne per suggestione Venizelos e dei suoi circoli, che sempre più si appoggiano su queste legazioni di Francia ed Inghilterra per cercare ritornare potere. Credo però azione anglo-francese non potrà essere a lungo... (2) in quanto Francia mira evidentemente alla detronizzazione del Re Costantino, mentre non è supponibile Inghilterra sia disposta andare tanto lontano (3).

(l) -Cfr. n. 902. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. 1466 del 7 giugno, ore 24.
906

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1104/107. Parigi, 6 giugno 1916, ore 15 (per. ore 18,50).

Briand parte stasera per Londra per conferire col Governo inglese e concertare con esso misure da prendere verso la Grecia e fare su di esso energica pressione perché si decida a prendere l'offensiva in Francia e inviare nuove truppe dall'Egitto a Salonicco affinché sia possibile prendere offensiva anche colà.

Cambon Paolo ha telegrafato proponendo che al colloquio tra Briand e il ministro inglese assistano anche l'ambasciatore d'Italia e di Russia. Briand sarebbe favorevole, ma non sa se lo sia ugualmente Governo inglese Cl).

907

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. 1470. Roma, 7 giugno 1916, ore 19.

(Meno Atene): Mio telegramma n. 1466 (2). Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Solo Atene): Telegramma di V. S. 303 (3). (Per tutti): Barrère m'informava del passo fatto a Atene dai ministri di Francia e Inghilterra. Accennava alla necessità di prendere misure di garanzia

contro evidente malevolenza ellenica, e alla adunata delle flotte alleate a Milo. Occorre però mantenere l'impressione della perfetta unione della quadruplice. Ho risposto che le istruzioni date alla S. V. erano in genere di appoggiare i passi collettivi dei colleghi; che parevami ora opportuno precisare quali erano le garanzie che si ritenevano necessarie e sufficienti per la sicurezza delle truppe alleate; se l'occupazione di determinate posizioni d'importanza militare, oppure la mobilitazione dell'esercito greco o altro. Prima di determinare quali erano i fini prossimi da raggiungere parevami inutile proclamare blocchi o fare atti di provocazione. Quanto all'adunata della squadra a Milo non avevo nulla in

contrario, trattandosi solo di un atto di preparazione.

V. -E. a lnterv.enlre ». (-3) Cfr. n. 905.
(l) -Nel ritrasmettere il presente telegramma a Londra e Pletrogrado (t. gab. 756 del 6 giugno, ore 21), Sonnino aggiunse per Imperlali quanto segue: « Autorizzo eventualmente (2) -Cfr. n. 905, nota 3.
908

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. uu. 760. Roma, 7 giugno 1916, ore 20,10.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -Ambasciatore di Francia comunica di aver ricevuto un telegramma dal console di Janina che un corpo d'armata greco viene dalla Macedonia in Epiro « in vista di un'azione concernente l'Italia ~

Prego S.V. assumere informazioni e telegrammi d'urgenza (1).

909

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, CADORNA (2)

T. GAB. 761. Roma, 7 giugno 1916, ore 20,20.

Mi riferisco al telegramma n. 250 del generale Marro (3) comunicatomi dal comando territoriale del corpo di Stato Maggiore e richiamo l'attenzione di

V. E. sull'ultima parte di esso, esprimendo, d'accordo col presidente del consiglio, parere contrario a che, nelle presenti circostanze si allarghi la nostra occupazione militare da Valona (4).

910

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 762. Roma, 7 giugno 1916, ore 21.

(Solo Atene) -Ho telegrafato ai RR. ambasciatori a Parigi Londra e Pietrogrado quanto segue:

(Per tutti) -In relazione al mio telegramma n. 1470 (5) informo V. E. che a mio avviso misura più consigliabile da esigersi dalle potenze dell'Intesa sarebbe la smobilitazione dell'esercito greco.

Prego V. E. esprimersi in tal senso con codesto Governo.

(l) -Per la risposta cfr. n. 912. (2) -Ed. In SONNINO, Carteggio, cit., n. 561. (3) -Del 6 giugno, non pubblicato, con Il quale Marro esprimeva, tra l'altro, Il proprio parere favorevole ad un allargamento dell'occupazione Italiana nella regione di Chlmara. (4) -Cadorna rispose con t. gab. 1128/7909 del 9 giugno, ore 13,45: «Dò atto telegramma gabinetto 761 del 7 corrente e convenendo nel concetto esposto da V. E. nel telegramma stesso. Generale Placentlnl e Marro Informati». (5) -Cfr. n. 907.
911

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1123/183. Atene, 8 giugno 1916, ore 8,18 (per. ore 22).

Miei colleghi telegrafano ai loro Governi proponendo di chiedere alla Grecia:

l. -Smobilitazione;

Il. -Dimissioni del gabinetto Skuludis e nomina di un gabinetto nuovo con facoltà di sciogliere la Camera e fare le elezioni;

III. -Cambiamento della direzione della polizia con nomina di un direttore gradito alle potenze dell'Entente;

IV. -Allontanamento degli agenti nemici, secondo la lista da fornirsi dalle nostre legazioni Intesa.

Su questo ultimo punto non tutti i colleghi sono d'accordo reputandosi dal ministro d'Inghilterra che cambiamento direttore polizia possa essere sufficiente.

Richiesto della mia opinione ho detto ai miei colleghi che la riservavo. Non comprendo difatti intento presente della politica dei nostri alleati verso la Grecia. Se situazione militare degli anglo-francesi a Salonicco non è buona, se coste delle isole greche continuano a servire di base ai sottomarini nemici, mi sembra tutto ciò sia da imputarsi alle autorità militari e alle autorità marittime dell'Intesa, che, con tanto tempo e libertà a loro disposizione non hanno saputo

o potuto risolvere completamente quei punti, e se non li hanno risoluti, non è certo un cambiamento di Ministero o nuove elezioni che li risolveranno. Temo quindi che inconsciamente miei colleghi, che si tengono in assiduo contatto con Venizelos e ne subiscono l'influenza, col promuovere questa specie di ultimatum alla Grecia, servano soprattutto la causa di Venizelos con ben dubbia probabilità che il trionfo di quella causa possa giovare alla causa dell'Intesa. Non ho bisogno di ripetere le osservazioni tante volte sottoposte al riguardo a V. E.: mi basta riassumere alcuni punti principali:

1° -Data anche buona fede di Venizelos, di cui mi permetto di dubitare, non conviene scordare che due volte egli tentò spingere Grecia accanto all'intesa e due volte fallì nei suoi intenti;

2° -Tutta la organizzazione germanica ebbe inizio sotto Venizelos, ed egli fece mai nulla per impedirlo;

3° -Ritorno di Venizelos potere segnerebbe ripristino della sua politica di intrighi colla Francia contro di noi. La lealtà nei rapporti fra Francia ed Italia mi sembra per l'Intesa di un interesse ben più grande che il debole appoggio che potrà portare la Grecia.

Se dunque attuale politica di violenza contro la Grecia, già iniziata col blocco, e che miei colleghi si propongono di continuare coll'imposizione di una politica interna di cui qui sopra, deve risolversi come a me sembra in un appoggio alle ambizioni di Venizelos, io sono d'avviso che a noi non convenga secondare tale politica. Del resto abbiamo, per una nostra astensione, un plausibile pretesto, anzi motivo, nel fatto che, delle quattro potenze dell'Entente l'Italia è la sola che non figuri fra « potenze protettrici » della Grecia. Lasciamo dunque agire come tali Francia ed Inghilterra e Russia, che debbono avere piena intera responsabilità della grave ingerenza nella politica interna del paese, cui Venizelos sembra sia riuscito trascinarle.

912

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1118/184. Atene, 8 giugno 1916, ore 14 (per. ore 17,20).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 136 (l).

Nostro console a Janina ha riferito come informazione probabile che Stato Maggiore greco avrebbe intenzione di formare in Epiro un nuovo corpo d'armata (gli attuali sono cinque) che sarebbe costituito di due divisioni, cioè sedicesima divisione, attualmente in formazione nell'Epiro settentrionale con reparti già ivi distaccati e la nona divisione (del 5° corpo d'armata) che sarebbe trasportata in Epiro dalla Macedonia orientale dove attualmente trovasi. Comando nuovo sesto corpo d'armata sarebbe assunto dall'attuale comandante della nona divisione.

Al nostro servizio informazioni abbastanza esteso e completo, come pure a quello dei nostri alleati che ci comunicano tutte le notizie che posseggono, non risulta che fino ad ora siano state trasportate in Epiro nuove unità né dalla Macedonia né dal Peloponneso. Vi affluiscono soltanto nuclei di soldati inviati in licenza dalla Macedonia, parecchi dei quali sembra rimangano in Epiro forse per essere incorporati nel nuovo corpo d'armata. Su tutto ciò questo addetto militare ha da tempo portato la sua speciale attenzione e non è a credersi che fatti importanti possano sfuggire. Notizia sensazionale data da codesto ambasciatore francese è a mio avviso da attribuire alla presente tendenza francese di spingere le cose agli estremi in Grecia e di trascinare anche noi in questa linea di condotta.

913

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1130/187. Londra, 9 giugno 1916, ore 9,44 (per. ore 13,20).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 756 (2). Parlando oggi meco in generale dell'andamento delle operazioni militari su tutte le fronti occidentali Grey mi ha detto che un perfetto accordo regna tra

le autorità militari francesi e britanniche, questo Governo avendo messo tutto l'esercito inglese in Francia ad intera disposizione di Joffre. Linguaggio di Grey ha confermato quanto mi aveva già detto Cambon (mio telegramma gabinetto

n. 159) (1). Circa l'offensiva Salonicco Grey senza esprimere un parere ha detto che se ne discuterà domani nella conferenza con Briand.

Al riguardo ricordo generale Robertson nel mese di marzo scorso mi disse essere assolutamente contrario a quella offensiva sia per le estreme difficoltà del terreno di operazioni sia per il numero esiguo di truppe austro-tedesche che con essa si verrebbe ad immobilizzare. In tal parere se non erro si mostrò consenziente anche il generale Cadorna. A quanto sembra l'opposizione di Robertson si mantiene irriducibile.

Da persona in grado di saperlo mi è stato assicurato che l'insistenza francese per un'offensiva a Salonicco sarebbe precipuamente determinata da motivi di politica interna. Fautore più autorevole e più tenace è Clémenceau, il quale vuole si faccia un piedestallo al generale Sarrail quale controaltare agli altri generali in vista che per le loro opinioni moderate ed anti-settarie sono in odore di santità in alcuni circoli molto influenti francesi.

(l) -Numero particolare di protocollo per Atene del n. 908. (2) -Cfr. n. 906, nota l.
914

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1131/189. Londra, 9 giugno 1916, ore 9,44 (per. ore 14,10).

Ho comunicato oggi a Grey telegramma di V. E. n. 1466 (2) e telegramma di

V. E. gabinetto n. 762 (3) chiedendone avviso sull'insieme della situazione e sulle misure contemplate per fronteggiarla. Ha replicato che pur essendo oramai presumibile la connivenza fra Grecia e Bulgaria, Austria e Germania, non riteneva fino a prova contraria probabile che Grecia ,con lo schierarsi apertamente concro gn alleati voglia esporsi alle gravi conseguenze di un blocco.

Intanto Governo britannico d'accordo con quello francese ha fatto intendere ad Atene di non poter ammettere che Bulgaria riceva rifornimenti dalla Grecia via di mare.

Per quanto concerne poi informazioni di cui mio telegramma di ieri gabinetto n. 186 (4), investigazioni eseguite non hanno ancora dato risultati. Governo francese aveva contemplato convenienza di un embargo. Governo britannico si è per il momento limitato ad impartire alle autorità di tutti i porti inglesi

-o controllati dall'Inghilterra ordini di non più dar carbone da stiva (bunker-coal) e licenze alle navi greche senza autorizzazione del Foreign Office che dovrà essere previamente edotto di ogni particolare circa carico e destinazione.

Di altre misure da adottare eventualmente e del contegno generale da assumere di fronte alla Grecia si discorrerà domani nella conferenza con Briand alla quale Grey non ha fatto alcuna menzione di intervento mio né ho creduto dover accennare.

(l) -Cfr. n. 846. (2) -Cfr. n. 905, nota 3. (3) -Cfr. n. 910. (4) -T. gab. 1113/186 del 7 giugno, ore 21,43, non pubblicato: riferiva circa le voci di una prossima partenza d\ tutte le navi greche nei porti francesi per porti americani.
915

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI

T. GAB. 779. Roma, 10 giugno 1916, ore 16.

Questo ministro di Grecia mi ha comunicato una protesta del suo Governo contro il blocco del commercio greco.

La protesta esprime l'indignazione del Governo e della nazione greca per le misure inumane prese dalle potenze dell'Intesa sulle quali rigetta ogni responsabilità delle conseguenze. Afferma che se i battelli di grano non si lasceranno proseguire per la Grecia la capitale e l'esercito greco si troveranno totalmente privi di pane entro dieci giorni.

Coromylas ha aggiunto che la Grecia non sa che cosa è che da lei chiede l'Intesa.

Ho risposto che non ero al corrente delle particolarità dei provvedimenti presi dalla Francia e dall'Inghilterra, ma non ritenevo si trattasse di vero blocco. Il Governo italiano non avrebbe potuto separare la sua azione da quella degli alleati; ma avrei cercato di sollecitare la precisa definizione delle garanzie che si esigevano, affine di evitare ogni funesta conseguenza per le popolazioni.

916

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (l)

T. GAB. 780. Roma, 10 giugno 1916, ore 16,20.

Barrère mi comunica che non si è applicato alla Grecia un vero blocco che avrebbe dovuto essere notificato in precedenza; ma che tanto la Francia come l'Inghilterra hanno trattenuto nei loro porti tutte le navi greche che vi si tro

vavano, e le loro squadre hanno imposto alle navi mercantili greche che incontravano di interrompere i loro viaggi e di recarsi subito in un porto dell'Intesa. Egli chiedeva al Governo italiano di volersi associare a tale provvedimento.

Ho risposto che in massima non rifiutavo l'adesione, ma dovevo fare qualche riserva riguardo alle navi greche che fossero da noi già noleggiate o che viaggiassero con carichi destinati all'Italia. Su questa questione dovevo sentire i miei colleghi e specialmente quello della marina. Insistevo inoltre sulla necessità, per evitare il pericolo già segnalatoci dal Governo ellenico di un affamamento delle popolazioni greche, che formulassimo nettamente al più presto quali erano le garanzie che la Quadruplice richiedeva dalla Grecia. Avrei approvato la richiesta di una smobilitazione generale dell'esercito greco.

Barrère mi disse che le potenze dell'Intesa quali garanti della indipendenza e della costituzione greca, intendevano esigere, oltre la smobilitazione completa, la formale esclusione di ogni dichiarazione di stato d'assedio (ciò a tutela dei partiti greci favorevoli all'Intesa) e la rimozione di alcuni alti ufficiali della polizia.

Ho risposto che il Governo italiano non essendo tra le potenze garanti, si sarebbe tenuto estraneo ad ogni richiesta, che, all'infuori della questione di sicurezza militare degli eserciti degli alleati, sapesse di immistione nel reggimento interno della Grecia.

(l) Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 349-350.

917

IL MINISTRO A STOCCOLMA, TOMMASINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1145/54. Stoccolma, 10 giugno 1916, ore 16,35 (per. ore 3 dell' 11).

In via strettamente confidenziale il mio collega di Russia mi ha detto che il cinque corrente il ministro di Svezia a Pietrogrado ha consegnato una lettera di Re Gustavo per lo Zar, probabilmente relativa alla questione Aland, a Sazonov, il quale l'ha trasmessa al quartiere generale senza prenderne visione.

Sazonov ha colto occasione per far comprendere al ministro di Svezia, il quale si reca raramente da lui, che egli è bene edotto dei sentimenti apertamente germanofili suoi e degli altri membri della legazione e che è indignato per gli intrighi anti russi del conte Douglas gran maresciallo del Regno.

Mentre ancora avant'ieri questo ministro degli affari esteri mi ha recisamente assicurato che il Governo svedese non intende fare altro passo presso la Russia per la questione Aland, HammarskjOld ha detto al ministro di Francia che riterrebbe opportuno riprenderli fra breve per risolvere definitivamente questione stessa. Linguaggio di Wallemberg mi induce a credere che per il momento almeno egli abbia fiducia di poter far prevalere il suo punto di vista. In caso contrario è da prevedere che il Gabinetto di Pietrogrado non opporrebbe un formale rifiuto ad eventuali aperture svedesi, ma farebbe in modo di mandare le cose per le lunghe evitando un inasprimento della situazione.

918

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1147/191. Atene, 11 giugno 1916, ore 14,30 (per. ore 18,15).

Questi ministri di Francia e d'Inghilterra hanno ricevuto ordine di presentare al Governo ellenico seguenti domande: 1° Non applicare legge marziale. 2° Smobilitazione generale. 3° Cambiamento di certi funzionari di polizia.

Tali domande devono essere fatte sulla base dei diritti delle potenze garanti della Grecia a termini del trattato del 1827 e 1863.

Ministro di Russia ha chiesto autorizzazione di associarsi. Nessuna speciale sanzione è data nelle istruzioni dei Governi francese ed inglese. Ma suggerimenti di questo ministro di Francia vanno fino al bombardamento di Atene.

919

IL MINISTRO A CRISTIANIA, MONTAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1151/111. Cristiania, 11 giugno 1916, ore 16,45 (per. ore 23,35).

Apprendo da fonte attendibile ed a titolo confidenziale: 1° -Che nelle sfere governative germaniche si fa assegnamento di potere iniziare in autunno trattative di pace sulla base statu qua ante senza pagamento indennità da nessuna parte e tentando ritenere Anversa ed il Belgio fiammingo. Se i negoziati non avranno esito risolutivo la Germania continuerà a lottare. Tutto però dipenderebbe dal reddito dei raccolti. 2° -La mancanza di sostanze grasse alimentari è più che ogni altra sentita in Germania e preoccupa in sommo grado le autorità le quali si sforzano di continuare a supplire in parte con olii di oliva importati dalla Grecia, il seme e la foglia di sesamo provenienti dalla Turchia. 3° -Malgrado le gravi difficoltà e ristrettezze nella questione alimenti, si ritiene in Germania di poter resistere ancora per due anni, a meno che non sopravvenga un radicale mutamento nella situazione militare o le potenze centrali siano tagliate dalla Turchia e dai Balcani. 4° -Ad Amburgo si stanno costruendo vari sommergibili di 1500 tonnellate mentre in altre località dell'Impero alcuni sino a 2000 tonnellate.

920

IL MINISTRO PRESSO IL RE DEL MONTENEGRO A BORDEAUX, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2889/30. Bordeaux, 11 giugno 1916, ore 18 (per. ore 23,10).

Presidente del Consiglio montenegrino è tornato da Parigi poco soddisfatto del suo viaggio. Per la visita ufficiale del Re Nicola a Parigi, la questione del contingente montenegrino Salonicco e la partecipazione del Montenegro alla conferenza economica, ha avuto buone parole, ma praticamente risposta negativa.

Maggiore incoraggiamento avrebbe trovato per quanto riguarda il vettovagliamento del Montenegro, qualora l'Italia ne prendesse iniziativa. Radovic ha riportato l'impressione che i Governi francese e russo non sono fissati sull'avvenire che riservano al Montenegro e non vogliono perciò compiere alcun atto che ingaggi le loro decisioni e che possa dispiacere alla Serbia.

921

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (l)

T. GAB. 783. Roma, 11 giugno 1916, ore 20.

Giers ha chiesto quale contegno terrà Governo italiano verso quattro punti che saranno chiesti alla Grecia (2), cioè: lo smobilitazione generale; 2° licenziamento del Ministero Skuludis, con nomina se non di un gabinetto amico dell'Intesa almeno di un Ministero d'affari con facoltà di fare le elezioni generali; 3° cambiamento del capo della polizia; 4° espulsione dei capi della propaganda tedesca, tra cui Schenk ed altri.

Giers mi ha detto che l'Inghilterra avrebbe scartato il quarto punto, aderendo agli altri. Venizelos non crede probabile che il Re acconsenta alle nuove elezioni per non dar modo ai venizelisti di trionfare, ma ritiene il resto accettabile dal Re.

Ho risposto ripetendo quanto dissi a Barrère (3) che l'Italia aderisce a quanto, come la smobilitazione, si riferisce alla guerra attuale e alla sicurezza delle truppe alleate, ma si astiene, non facendo parte delle potenze garanti, da tutto ciò che suona immistione negli affari interni della Grecia.

(l) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., pp. 350-351. (2) -Cfr. n. 918. (3) -Cfr. n. 916.
922

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. 2134/260. Beverly Farms, 11 giugno 1916.

La convenzione Repubblicana di Chicago ha dunque eletto a candidato del partito per la Presidenza il signor Charles E. Hughes, giudice della Suprema Corte federale. Candidato alla Vice Presidenza il signor Charles W. Fairbanks, che occupò già la stessa carica sotto la seconda amministrazione di Roosevelt.

La scelta del signor Hughes conferma quanto ebbi di riferire a V. E. nel precedente rapporto n. 238 del 25 maggio scorso (l). Roosevelt, strenuamente sostenuto dai progressisti e beniamino della massa, ha trovato un infimo consenso neJ. delegati repubblicani alla Convenzione, già decisi ad eliminarlo. Gli nocquero il risentimento di coloro che non sanno perdonargli ancora di aver cagionato la sconfitta del partito nelle elezioni precedenti, la diffidenza che suscita in altri il suo temperamento impulsivo, il pensiero infine, comune alla grande maggioranza che il suo nome avrebbe stavolta scemato anziché accresciuto le probabilità di vittoria, per la dispersione di voti che ne sarebbe derivata. L'antitesi fra Roosevelt e Wilson avrebbe riacceso infatti il favore di quest'ultimo presso i pacifisti convinti, i pacifisti interessati e i tedesco-americani, specialmente determinati a contrastare con ogni mezzo l'elezione del primo.

Un tentativo dei progressisti di ripetere il giuoco di quattro anni or sono, proclamando per conto loro la candidatura di Roosevelt contro quella del Wilson e del Hughes, è stato frustrato in tempo dal saggio rifiuto del Colonnello. Sulla rinnovata scissione facevano assegnamento i democratici. Roosevelt li ha disillusi. Egli rientra nelle fila del partito e si dichiara disposto a concorrere, colla sua poderosa influenza, alla riuscita del prescelto, se le dichiarazioni ch'egli farà saranno tali da soddisfarlo. Traducendosi in tal modo da candidato in grande elettore, egli pose~à sulle deliberazioni del Hughes e sul progamma del partito.

Il signor Hughes, intanto, accettando la nomina, ha rotto l'impenetrabile silenzio nel quale s'era mantenuto. Trasmetto qui unito il testo della sua dichiarazione (all. l) (2). Come vedrà V. E. la nota che vi domina è l'americanismo. Americanismo e preparazione militare sono i temi obbligati per entrambi i partiti in contesa. L'Americanismo fu tolto a bandiera da Roosevelt; fu fatto proprio in progresso di tempo da Wilson, ed è sposato da Hughes. Ne deriva, fra i tre, una gara di frasi. Quello che propugna il signor Hughes è un undiluted Americanism. Esso non è parso sufficiente a Wilson che, sapendo ormai di non poter contare oltre sul voto tedesco, s'è scagliato, in due discorsi testè pronunciati (uno all'accademia militare di West Point, l'altro ai piedi del monumento di Washington) contro gli «hyphenates », bollando così la candidatura del suo competitore per candidatura germanica. Unisco il testo dei due discorsi (all. Il e III) (2).

Sue queste basi, ancora mutevoli del resto, e non appena sia proclamata la candidatura di Wilson nella imminente Convenzione Democratica di St. Louis, si inizierà la campagna elettorale.

Il signor Hughes è uomo ancora giovane. Nacque nel 1862. Insegnò. Esercitò l'avvocatura. Riscosse prontamente fama di uomo abile ed integro. Condusse a termine con coraggiosa fermezza inchieste affidategli dallo Stato, quella specialmente contro la Compagnia di illuminazione di New York. Fu nel 1905 candidato repubblicano per la nomina a Sindaco di New York. Ma rifiutò. Fu eletto nel 1906 Governatore dello Stato di New York, rimanendo in carica, per due periodi consecutivi, sino al 1910, quando il Presidente Taft lo nominò membro della Suprema Corte federale, ove contava fra i più insigni.

(l) -Cfr. n. 857. (2) -Non si pubblica.
923

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TITTONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1157/110. Parigi, 12 giugno 1916, ore 15,20 (per. ore 19).

Briand tornato da Londra sabato sera ripartì subito per la campagna. L'ho veduto stamane appena giunto a Parigi. Egli è soddisfatto della sua gita in Inghilterra che era indispensabile perché difficile far muovere gli inglesi senza l'azione e la pressione personale.

L'offensiva inglese in Fiandra è decisa e comincierà tra breve. Per Salonicco non v'è ancora decisione definitiva perché gl'inglesi, pur consentendo a ritirare truppe· dall'Egitto, pretendono di mandarle in Francia dove ne hanno anche troppe. Quanto alla Grecia, quanto Briand mi ha detto corrisponde a ciò che Giers ha comunicato a V. E. (l) Briand mi ha chiesto poi notizie della crisi ministeriale italiana. Gli ho risposto che non avevo alcuna informazione per cui nulla sapevo all'infuori di quanto pubblicano i giornali, però ero in grado di affermare nel modo più assoluto che, qualunque sia per essere la soluzione della crisi, nulla sarà mutato sull'attitudine dell'Italia verso gli alleati e nell'energico proseguimento delle operazioni di guerra. Ministro Clemente! tornato con Briand mi ha detto che si è messo d'accordo con gli inglesi circa deliberazione da prendere nella conferenza economica. Oggi avrò con lui un colloquio al riguardo insieme con S. E. Daneo giunto qui stamane.

924

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI

T. GAB. 793. Roma, 12 giugno 1916, ore 20,30.

Commissario sicurezza Ponte Chiasso comunica quanto segue:

«Da notizie attinte da persona amica presso Stato Maggiore svizzero risulterebbe eh Svizzera avrebbe deciso o starebbe per decidere mobilitazione

intero esercito e cw m considerazione dell'atteggiamento che Germania prenderebbe contro Francia ed Austria contro Italia. Non ho modo di controllare notizia».

Prego V. S. assumere urgenti informazioni e telegrafarmi (1).

(l) Cfr. n. 921.

925

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1161/197. Londra, 12 giugno 1916, ore 22,15 (per. ore 2,30 del 13).

Telegramma di V. E. n. 780 (2).

Circa note ulteriori garanzie da richiedere alla Grecia, oltre alla smobilitazione, dalle potenze dell'Entente, Grey mi ha detto oggi che trovava pienamente giustificato ed opportuno il proposito di V. E. che l'Italia, potenza non garante, si astenga dall'unirsi alle altre tre alleate garanti nel reclamare provvedimenti involgenti indubbiamente immistione negli affari interni della Grecia. Non sarebbe difatti giusto che l'Italia non avendo titolo legale per esercitare siffatta immistione abbia a condividere gratuitamente la verosimile esarcebazione che essa solleverà in Grecia.

Circa le navi greche, premesso che alcune misure all'infuori di quelle da lui indicatemi giovedì scorso (mio telegramma gabinetto n. 189 (3) erano state prese dall'ammiragliato francese senza previ accordi con questo Governo, ha detto Grey che Governo britannico ha preso ora seguenti decisioni:

l. piena libertà sarà lasciata a navi greche in partenza da porti inglesi ed egiziani con carico a destinazione di paesi alleati;

2. -analoga libertà pure a navi greche a destinazione Grecia la cui partenza già era stata precedentemente autorizzata; 3. -navi greche nei porti inglesi ed egiziani non trovantisi nelle condizioni suaccennate saranno trattenute fino a tanto che fra le marine britannica e francese non sarà concordata l'adozione di una conforme linea di condotta.
926

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

T. 1515. Roma, 12 giugno 1916, ore...

Il gabinetto ha presentato le dimissioni a S. M. il Re, il quale si è riservato di deliberare.

(l) -Per la risposta di Paulucci cfr. n. 927. (2) -Cfr. n. 916. (3) -Cfr. n. 914.
927

IL MINISTRO A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1171/27. Berna, 13 giugno 1916, ore 7 (per. ore 23,15).

Telegramma di V. E. n. 793/21 di ieri sera (1). Da informazioni che ho assunto personalmente presso consigliere federale Hoffmann e Motta posso assicurare l'E. V. che notizia mobilitazione intero esercito svizzero è fantastica. Nè autorità militari nè autorità politiche vi hanno menomamente pensato in questi ultimi tempi nei quali truppe sotto le armi seguitano ad ondeggiare fra quaranta e quarantacinque mila uomini. Invece che ad aumentare numero soldati aleggia qui invece vento di economia ed anche recentemente nelle commissioni parlamentari si chiese fosse possibile ridurre questa cifra. Uguale assicurazione ebbe dal capo del Dipartimento militare questo R. addetto militare colonnello Bucalo, cui presidente consigliere federale Decoppet aggiunse che situazione generale ed informazioni pervenute al Governo federale non risvegliano timori di violazione neutralità della Svizzera da parte di eserciti belligeranti. Temporanea mobilitazione di reparti di truppe ha esclusivamente il carattere per rimpiazzare altre truppe ora sotto le armi.

928

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1169/192. Atene, 13 giugno 1916, ore 14,50 (per. ore 19,40).

Regna dissidio fra Governi Londra e Parigi passo da fare a questo Governo. Grey non vuole sentire parlare di imporre al Re nuove elezioni e vuole inoltre che nella nota si rilevi espressamente il fatto che alleati andarono Salonicco dietro invito della Grecia. Siccome questi due punti sono di capitale importanza per la legazione di Francia che di null'altro si preoccupa che di proseguire propria politica venizelista (in quanto senza elezioni non si può raggiungere lo scopo di ricondurre Venizelos al potere e d'altra parte dichiarazione concernente Salonicco darebbe a Venizelos la più opportuna piena smentita a quanto egli dirà alla Camera), così sono nate discuissioni e polemiche fra due legazioni e due gabinetti il cui risultato per ora è che da circa una settimana, dacché hanno cominciato misure vessatorie contro Grecia, Governo ellenico è ancora a domandarsi che cosa si vuole da lui. Naturalmente diversità di vedute fra Londra e Parigi sono qui note e persuadono Grecia che dopo breve tempo di sofferenza le cose torneranno a posto. Tutto ciò scredita ancora più politica anglo-francese che non ne aveva

proprio bisogno essendosi essa sempre dimostrata qui altrettanto vessatoria e tirannica che impotente a raggiungere efficaci risultati militari e politici. Frattanto ieri, in occasione di una festa militare, allo stadio di Atene, furono fatte grandiose dimostrazioni al Sovrano. Furono attaccate dalla folla redazioni dei giornali venizelisti, davanti alla casa di Venizelos stesso furono emesse grida di crisi ministeriale giacché azione inconsueta anglo-francese conferisce a Skuludis una aureola che non avrebbe mai sognato.

Credo che R. Governo abbia da essere soddisfatto della sua determinazione di tenersi lontano da tutto quel tripotage anglo-francese che mal concepito da quella testa misera che è il ministro di Francia e peggio eseguito da agenti indisciplinati e volontari è minacciato di un insuccesso clamoroso a rimediare il quale si escogiteranno forse nuovi procedimenti violenti ed inumani (l).

(l) Cfr. n. 924.

929

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI (2)

T. GAB. 800. Roma, 13 giugno 1916, ore 19.

(Meno Atene) -Ho telegrafato al R. ministro ad Atene quanto segue:

(Per tutti) -Giers mi comunicava che la formula che i nostri rappresentanti a Atene raccomandano per la domanda di smobilitazione è quella del ritorno dell'esercito greco allo stato corrispondente al periodo di pace.

Ho risposto che per parte mia l'accettavo.

Prego V. S. agire in conformità di quanto precede.

930

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. R. 1180/7. Madrid, 15 giugno 1916, ore 19,40 (per. ore 2,45 del 16).

S. M. il Re avendomi invitato oggi a colazione come usa fare con tutti gli ambasciatori prima di trasferirsi alla Granja, mi parlò a lungo della nostra guerra. Egli mi disse che, a quanto gli si riferisce da Vienna, gli austriaci stessi attribuiscono i primi successi della loro offensiva alla grande prevalenza della loro artiglieria pesante; non credono riusciranno sboccare nel piano. Sua Maestà attribuisce grande importanza all'offensiva russa. A Vienna si riconosce aver

perduto cinquantamila prigionieri, il che gli fa credere, giungano ai centomila e 1 morti e feriti a circa il doppio. Gli austriaci avevano dieci divisioni in riserva intorno a Innsbruck che furono ora fatte partire per il fronte russo così si fece per altri centocinquantamila uomini in riserva nei dintorni di Budapest. Non esclude che se offensiva russa si arrestasse quelle riserve possano in parte essere ricondotte contro di noi. Mi disse sapere che Germania invece dispone ancora di grandi masse di oltre cinquecentomila uomini che costituiscono riserve strategiche e dispone di molte altre truppe che si stanno preparando. Crede nella vittoria finale degli alleati purché però continuino la lotta ancora per un anno e mezzo.

Trasmetto per debito d'informazione questa conversazione ricondando che notizie date da Re Alfonso vanno sempre prese con qualche beneficio di inventario.

Mi si assicura che da qualche tempo addetto militare germanico si reca assiduamente a palazzo ove non visiterebbe il Re ma persone della Corte che non mi si poterono precisare certo però non all'insaputa del Sovrano.

(l) -Ritrasmesso a Parigi, Londra e Pietrogrado con t. gab. 802 del 14 giugno, ore 20. (2) -Ed. in SONNINO, Diario, cit., p. 351.
931

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, ALL'ONOREVOLE BOSELLI (l)

L. P. Roma, 16 giugno 1916, ore 17.

Leggo nei giornali e sento dagli amici di alcune nomine pel nuovo gabinetto che mi danno serie preoccupazioni, mutandosi con esse le basi sulle quali eravamo rimasti intesi ieri. Prima di stringere definitivamente sarebbe bene che ci vedessimo. Non ho la pretesa di fare imposizioni di sorta, ma entrando anch'io a far parte della nuova compagine ho pure il dovere di vigilare a che non offra il fianco ad alcune gravi accuse e si evitino pericoli non necessariamente connessi con la buona condotta della guerra.

932

L'AMBASCIATORE A LONDRA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1184/200. Londra, 16 giugno 1916, ore 21,35 (per. ore 1,10 del 17).

Telegramma di V. E. n. 802 (2).

A quanto mi ha detto stamane Cambon, scrupoli ed esitazioni di Grey sono stati dissipati dalla irritazione cagionatagli dalle recenti dimostrazioni di Atene,

manifestamente tollerate se non pure incoraggiate dal Governo, nonché dall'inqualificabile contegno di quella polizia verso funzionari britannici. Riconosciutasi necessità di non sprecare tempo in ulteriori discussioni, Governi francese e britannico hanno convenuto di inviare ai rispettivi ministri istruzioni di concertarsi per redigere comunicazione conforme ai primitivi loro suggerimenti, chiedendo: mutamento Ministero, dissoluzione Camera, sostituzione di funzionari di polizia e completa smobilitazione. Comunicazione, che deve essere redatta in termini cortesi evitando qualsiasi allusione alla persona del Re, sarà presentata non appena ministro di Russia avrà ricevuto autorizzazione dal suo Governo.

Nel frattempo ammiragliati francese e britannico sono in consultazione nell'intento di concordare e concretare azione delle due flotte per ogni eventualità.

(l) Da ACS, Carte Boselli. Ed. in SONNINO, Carteggio, cit., n. 563.

(2) Cfr. n. 928, nota l, p. 688.

933

IL MINISTRO A BUCAREST, FASCIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1209/205. Bucarest, 16 giugno 1916, ore 22,50 (per. ore 4,40 del 20).

Questo Governo è stato informato che da fonte germanica si afferma che la Germania annette grande importanza politica a che la Bucovina non cada per la seconda volta in mano dei russi. Si annunzia infatti che le truppe germaniche cominciano a giungere sulla fronte in Bucovina anche a mezzo di automobili e sono entrate in contatto colle truppe russe.

Per quanto riguarda la fronte italiana il R. addetto militare ha riferito al Comando del Corpo di Stato Maggiore le notizie fornite dall'addetto militare romeno a Vienna circa il ritiro di truppe austro-ungariche. Addetto militare russo mi dice in questo momento avergli il segretario generale del ministero della guerra comunicato che dalla nostra fronte sarebbero stati ritirati quattro Corpi di armata che con due Corpi d'armata tedeschi andrebbero a rinforzare resistenza austro-ungarica all'offensiva russa.

Senza voler entrare nel campo delle informazioni militari che esorbitano della mia competenza, credo opportuno avvertire che da fonte diplomatica austro-ungarica si afferma che l'Austria-Ungheria non indebolirà la propria azione sulla fronte italiana. Ciò corrisponderebbe alla mentalità austro-ungarica, ben nota a chi è stato a lungo a Vienna, ai precedenti storici ed anche in certa misura alla logica, giacché arrestata quando che sia offensiva russa, una ripresa d'attività sulla fronte italiana trarrebbe partito del terreno e della posizione guadagnata coll'offensiva iniziata or è un mese.

Da fonte russa si nutre qualche apprensione sulla possibilità di continuare l'offensiva di fronte al grande numero di truppe che gli austro-tedeschi possono apporvi ed alle immense perdite subite dalle truppe russe.

Parrebbe quindi che l'unico rimedio sarebbe una offensiva generale che è qui impazientemente attesa.

934

L'AMBASCIATORE A MADRID, BONIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

R. R. 636/184. Madrid, 16 giugno 1916 (per. il 25).

S. M. il Re di Spagna si astiene dal principio della guerra dal tenere circoli per il corpo diplomatico e dal mettere a Corte come che sia in presenza gli uni degli altri i rappresentanti degli Stati belligeranti. Perciò, abolito il pranzo diplomatico di rito, Sua Maestà suole invitare i singoli ambasciatori a colazione intime. Ieri fui così invitato a Palazzo ad una colazione alla quale non assistevano che il Re, le due Regine e il personale di servizio. Alzandosi di tavola il Re mi parlò a lungo di vari argomenti. Avendo Sua Maestà avuto occasione nel corso della nostra conversazione di accennare ai rapporti personali della Nunziatura con l'Ambasciata ed avendogli io confermato che erano buonissimi, egli disse di sperare che dalla guerra uscissero migliorati anche i rapporti tra il Governo italiano e la Santa Sede; bisognerebbe, aggiunse, che il Sommo Pontefice si persuadesse a riconoscere apertamente i fatti compiuti. Risposi che per conto nostro non domandavamo tanto e ci bastava che le due autorità convivessero a Roma senza urti né conflitti; del resto, aggiunsi, ormai nessuno né al Vaticano né fra i più ardenti clericali d'Italia vagheggia più una ricostituztone del poter temporale. Sua Maestà allora osservò che sarebbe da desiderare che la Santa Sede rinunziasse anche alle gelosie e alle suscettibilità che inceppano le relazioni dei Sovrani cattolici con il Re d'Italia. Come l'E.V. sa questa idea di venire a Roma con il consenso almeno tacito del Vaticano, è una delle idee fisse di Re Alfonso la cui viva immaginazione si diletta nella soluzione ideale dei problemi difficili. Egli mi parlò poi della nostra crisi e si mostrò facilmente persuaso quando gli dimostrai che essa non significava affatto che il paese ripudiasse la politica della guerra; mi chiese qualche notizia circa gli uomini di cui si parla per la composizione del nuovo Governo ed entrò poi a parlare della nostra guerra e dell'offensiva austriaca che volle studiare meco sopra una carta militare nostra che egli possiede. Sua Maestà che riceve lnformazioni assidue dall'Austria dove due Arciduchi suoi zii materni si trovano al comando delle truppe, mi disse che anche a Vienna si rende omaggio al valore del nostro esercito, e si attribuisce il progresso dell'offensiva alla prevalenza dell'artiglieria. Mi disse che nei bollettini austriaci si esagerò il numero dei prigionieri italiani che secondo quelli sommerebbero a quarantamila mentre egli credeva che giungessero soltanto a venticinquemila; su questa base egli calcolava il totale delle nostre perdite a circa settantacinquemila uomini. Osservai allora che molto probabilmente gli austriaci attaccando dovevano averne sofferto, di maggiori, ma su questo punto Sua Maestà nulla disse, osservando però che riteneva che non riuscirebbe a sboccare nel piano. Mi parlò poi dell'offensiva russa. Gli austriaci confessavano, mi disse, cinquantamila prigionieri ma siccome è loro uso non dir la verità che a mezzo egli calcolava fossero almeno centomila; dimodoché le loro perdite totali si aggire

rebbero intorno a trecentomila uomini. Dieci divisioni che costituivano a Innsbruck la riserva dell'esercito operante contro di noi si trasferivano d'urgenza sul fronte russo; già si erano inviate su quello le riserve di circa centocinquantamila uomini che si erano raccolti a Budapest. Il successo russo aveva grande importanza. Sua Maestà non escludeva però che l'offensiva russa potesse arrestarsi, e che lo Stato Maggiore austriaco riportasse allora sul nostro fronte le truppe che ora ne distoglie. Sua Maestà attribuiva almeno in parte la vittoria dei russi all'imperizia dell'arciduca Giuseppe Ferdinando del quale mi parlò in termini tutt'altro che lusinghieri. Mi disse poi che da un ufficiale spagnuolo di sua piena fiducia e di tendenze non germanofile il quale si trova in Germania per il servizio dei prigionieri di guerra, sapeva che la Germania ha ancora grandi riserve d'uomini. Oltre una grande riserva strategica di cinquecentomila uomini sempre pronta, quell'ufficiale aveva visto tutte le caserme da lui visitate riboccanti di uomini, tanto, osservava Sua Maestà, che non si poteva capire dove il governo tedesco li trovasse. Perciò, egli conchiudeva, la guerra finirà a favore degli alleati, ma purché questi si rassegnino a lottare ancora almeno un anno e mezzo, perché prima la Germania non sarà certamente ridotta allo stremo.

Ho così riassunto brevemente la lunga conversazione che ebbi ieri con Re Alfonso. Sua Maestà ama assai maneggiare le cifre ma spesso trascura l'esatezza dei calcoli dimodoché quelli che fa vanno spesso presi con molta discrezione. Ho avuto ieri l'impressione che egli esagerasse alquanto le risorse della Germania allo scopo di persuadermi che la guerra ha da essere ancora lunga, difficile ed incerta, e che quindi gli alleati, i quali a differenza degli imperi centrali non dimostrano alcun desiderio di pace pronta, dovrebbero anche essi prendere un atteggiamento più conciliante. Ciò risponde all'intimo desiderio del Re di essere l'iniziatore e il mediatore della pace futura che egli sogna possa conchiudersi sotto gli auspici della Spagna e anche negoziarsi in territorio spagnuolo. Non lo potrei affermare con sicurezza, ma ho luogo di supporre che non gli manchino da parte dei nostri nemici incoraggiamenti in quel senso. Non sarebbe infatti che naturale che i tedeschi, i quali agognano sempre di negoziare la pace in base alla presente situazione militare, incoraggino tutte le ambizioni mediatrici dei neutri, e come promettevano in principio della guerra alla Spagna Gibilterra, Tangeri, l'unione iberica ecc. promettano ora a Re Alfonso di accettare la sua mediazione e Madrid come sede del Congresso. So da buona fonte che l'attivissimo ed abilissimo addetto militare di Germania si reca quasi ogni sera a Palazzo dove però non vede il Re. Ma certamente le persone che egli vi si reca

a visitare non lo ricevono all'insaputa del Re né senza riferire a questo i colloqui avuti. Sua Maestà da molto tempo va sempre più attenuando le sue manifestazioni francofile e non si perita di dire tutto il male che può dell'Inghilterra. Egli vive troppo nell'ambiente militare, soprattutto fra gli elementi più giovani dell'ufficialità spagnuola tutti ardenti ammiratori dell'organizzazione bellica della Germania, per non risentirne l'influenza che è del resto la stessa di quella dominante nell'alto personale di Palazzo, certo non benevolo agli alleati in causa delle sue idee ultraconservatrici. Inoltre Sua Maestà, benché desideri persuadere tutti del contrario subisce tuttora assai l'influenza della Sua Augusta Madre la quale non dimentica un solo momento d'essere arciduchessa d'Austria. Tutte queste influenze cospiranti nello stesso senso spiegano perfettamente perché il Re non dimostri più come nei primi tempi aperte simpatie per gli alleati.

A proposito di S. M. la Regina Madre è da notare che malgrado i suoi sentimenti appassionatamente austriaci e forse in causa di quelli, essa è tutt'altro che benevola alla Germania, anzi non nasconde ai suoi intUUi le proprie antipatie per l'Imperatore Guglielmo. Anche di recente, ricevendo in udienza il nuovo ambasciatore di Russia ebbe a dirgli che se l'Austria al momento della crisi serba fosse stata lasciata libera nelle sue azioni non sarebbe mai entrata in guerra con la Russia e si mostrò irritatissima contro l'imperatore Gueglielmo che, disse, « aveva osato» offrire all'Italia il Trentino e altri territori austriaci. Sua Maestà ha tuttora le idee che prevalevano in tutte le famiglie arciducali negli anni che seguirono Sadowa, non si può liberare dagli antichi rancori e teme, del resto non a torto, per la dignità della sua casa e per l'indipendenza dello Stato austriaco gli effetti dell'invadenza germanica.

935

IL MINISTRO DELLE FINANZE, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1190/s.n. Parigi, 17 giugno 1916, ore 15,25 (per. ore 17,45).

Discussioni conferenza ormai terminate dovendo domani provvedere soltanto coordinare decisioni approvazione verbali determinazione se e quali verbali possano pubblicarsi.

Abbiamo dovuto, per calmare diffidenze specialmente inglesi, procurare accordo con russi, addolcire certe formule senza opporsi assolutamente decisioni; ma abbiamo ottenuto certe garanzie ed inoltre abbiamo insistito ed ottenuto sino dalla prima seduta dichiarazione che decisioni erano ad referendum senza altri impegni dei delegati che di sottomettere ed appoggiare presso Governo ed anche domani procureremo inserzione tale dichiarazione preliminare. Io credo che appunto perciò si debba non pubblicare voti annessi almeno prima che tutti i Governi li abbiano accettati e crederei anzi inopportuno pubblicazione anche dopo. Siccome però sarà difficile tenere segreti voti emessi da circa quaranta delegati in presenza trentacinque segretari, così non mi opporrei formalmente alla pubblicazione di qualche comunicato se ministri francesi inglesi insisteranno.

Conterei partire domenica sera non potendo nell'attuale mia condizione prendere parte convegni speciali con ministri francesi inglesi per questioni speciali sulle quali ignoro intenzioni nuovo ministero ed impegnare mio successore. Occorrendomi mandami istruzioni.

936

IL MINISTRO AD ATENE, DE BOSDARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. GAB. 1192/196. Atene, 17 giugno 1916, ore 18,50 (per. ore 22,10).

Il rinnovato vigore delle misure di blocco e soprattutto l'annunzio che sia stato sospeso l'invio del grano in Grecia, dove lo stock ormai non sarebbe più sufficiente che per pochi giorni, comincia a preoccupare seriamente l'opinione pubblica.

Ieri venne da me Streit pregandomi di intervenire per una soluzione. Mi fece intendere che un cambiamento di ministero non è inverosimile ma che esso si potrebbe ottenere più facilmente con insinuare direttamente il desiderio al Re, anziché col volerlo imporre a viva forza. Davanti alla imposizione sarebbe al Re sommamente difficile il cedere.

Streit si lamenta della identificazione dei ministri di Francia Inghilterra e Russia con Venizelos. Mi ha detto essi non comprendono che Venizelos facevasi giuoco di loro come pel passato e che ormai anche egli era acquisito alla causa del popolo greco che non vuole battersi. Quanto alla smobilitazione il Re è disposto a renderla generale. In sostanza Streit mi ha fatto intendere che l'Intesa può ottenere ora (come pel passato) tutto ciò che vuole, soltanto che deve usar modi insinuanti e non imposizione e violenza.

Io considero che Streit sia nel vero. In tutto il periodo trascorso fu lecito all'Intesa fare in Grecia assolutamente tutto ciò che essa volle e fu bene, perché così poté [guardarsi] dai nemici che stavano qui prendendo soverchiamente piede. Ma ai miei colleghi infatuati di Venizelos, tutto ciò non è bastato perché essi vogliono venire ad una rottura col Re per ricondurre in alto il loro idolo che li domina e conduce a suo modo. Da alcuni giorni essi sono in continue consultazioni con lui. È questa una tendenza pericolosissima contro la quale sembrerebbe essere nostro interesse reagire rapidamente ed efficacemente.

Dato l'estremo riserbo dei miei colleghi con me, dacché fu noto il punto di vista adottato da V. E. in questo caso, non sono in grado oggi di riferire esattamente intorno alle ultime istruzioni da essi ricevute.

937

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO

T. 2964/151. Beverly Farms, [17] giugno 1916, ore ... (per. ore 10,30 del 18).

Situazione messicana sempre più grave. Mentre questo Governo, secondo parole del segretario di Stato, si prepara rispondere « a tono insolente » nota di Carranza, notizie dal Messico confermano esasperazione antiamericana e propositi e preparativi di eventuale resistenza. Disgraziatamente questione rimane subordinata alle vicende elettorali. Wilson che contava sulla ormai improbabile scissione dei repubblicani, non esiterà andare alla guerra se vedrà compromessa la sua rielezione, calcolando che « i buoni cittadini» di ogni partito si indurrebbero a non cambiare governo quando paese è impegnato in un conflitto internazionale. Tutto dipenderà dunque dallo svolgimento della campagna presidenziale.

Intanto Wilson manterrà le truppe americane nel Messico, sia per dare alla sua politica carattere di maggior fermezza, sia perché situazione acuta che ne deriva gli faciliterà giuoco, accorrendogli carte che dovrebbero assicurargli rielezione. Ma si tratta di giuoco pericoloso anche per la insufficienza di truppe e la impreparazione bellica di questo paese.

Da questi rappresentanti dell'America Latina, politica messicana di Wilson è aspramente censurata.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 1° gennaio 1916)

ALBANIA

Durazzo -ALIOTTI (dei baroni) Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

ARGENTINA

Buenos Aires -CoBIANCHI Vittore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TACOLI Arrigo, segretario.

BELGIO

CARIGNANI (dei duchi di Novoli) Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente temporaneamente a Le Havre); DE RISEIS (dei baroni di Crecchio) Mario, segretario (residente temporaneamente a Le Havre); BucALO Giuseppe, colonnello dei bersaglieri, addetto militare (residente a Berna).

BOLIVIA

AGNOLI Rufillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -MERCATELLI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziaro.

CILE

Santiago -DI MoNTAGNARI marchese Paolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

CINA

Pechino -SFORZA (dei conti) Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VARÈ Daniele, segretario; BENSA Maurizio, interprete; ALLIEVI Cesare, colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Tokio).

COLOMBIA

Bogotà -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

COSTARICA

NoTAR! Giosuè, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

CUBA

Avana -CARRARA Stefano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

DANIMARCA

Copenaghen -SACERDOTI DI CARROBIO conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

EQUATORE

AGNOLI Ruffillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Lima).

ETIOPIA

Addis Abeba -CoLLI DI FELIZZANO conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CORA Giuliano, segretario.

FRANCIA

Parigi -TITTONI Tommaso, ambasciatore; RusPOLI Mario, principe di Poggio Suasa, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoGADEO Giovanni, segretario; GUARIGLIA Raffaele, segretario; DE STEFANI Pietro, segretario; VINCI conte Luigi Orazio, addetto; BREGANZE Giovanni, colonnello di stato maggiore, addetto militare; LEONE Vincenzo, capitano di corvetta, addetto navale; SABINI conte Candido, delegato commerciale.

GIAPPONE

Tokio -CuccHI BoAsso Fausto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARCHETTI FERRANTE Giulio, segretario; GASCO Alfonso, interprete; DE PROSPERO Alfredo, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -IMPERIALI (dei principi di Francavilla) marchese Guglielmo, ambasciatore; BoRGHESE (dei principi) Livio, primo segretario; CENTARO Roberto, segretario; BALSAMO Giovanni, segretario; ToRTORA BRAYDA Camillo, conte di Policastro, segretario; BERTELÈ Tommaso, addetto; DI GIURA Giovanni, addetto, REY DI VILLAREY Carlo, capitano di fregata, addetto navale; GREPPI (dei conti di Bussero e Corneliano) Edoardo, maggiore, addetto militare.

GRECIA

Atene -DE BosnARI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MINISCALCHI ERizzo conte Francesco, segretario; DIANA Pasquale, addetto; AiLOTTA Mario, tenente di vascello, addetto navale.

GUATEMALA

Guatemala -NOTARI Giosuè, inviato straordinario e ministro plenipotenziario;

HAITI

CARRARA Stefano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente ad Avana).

HONDURAS NoTARI Giosuè, inviato strordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

LUSSEMBURGO

DELLA ToRRE DI LAVAGNA conte Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente temporaneamente a Rorschach).

MAROCCO Tangeri -LAGO Mario, reggente la legazione.

MESSICO Messico -CAMBIAGIO Silvio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MONACO (Principato) Monaco -MAZZIN! Ferdinando, console.

MONTENEGRO

Cettigne -ROMANO AvEZZANA Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PATERNÒ (dei marchesi di Manchi di Bilici) Gaetano, segretario.

NICARAGUA

NoTARI Giosuè, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

NORVEGIA

Cristiania -MoNTAGNA Giulio Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PAESI BASSI

Aja -SALLIER DE LA TouR Giuseppe, duca di Calvello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BucALO Giuseppe, tenente colonnello, addetto militare (residente a Berna).

PANAMA

Panama -RAGUZZI Carlo, incaricato d'affari.

PARAGUAY

Assunzione -Rossi Adolfo, ministro residente.

PERSIA

Teheran -ARRIVABENE VALENTI GONZAGA Conte Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERU'

Lima -AGNOLI Ruffillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PORTOGALLO

Lisbona -KocH Ernesto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GAZZERA Giuseppe, segretario; MARSENGO Maurizio, maggiore, addetto militare (residente a Madrid).

ROMANIA

Bucarest -FASCIOTTI barone Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AuRITI Giacinto, segretario; CAFIERO Ugo, segretario; FERIGO Luciano, maggiore, addetto militare.

RUSSIA

Pietrogrado -CARLOTTI Andrea, marchese di Riparbella, ambasciatore; NANI MocENIGO Giovanni Battista, consigliere; FORLANI Baldo, segretario; GuAzZONE Pietro; segretario; TROMBETTI Achille, addetto; RoPoLo Edoardo, colonnello di stato maggiore, addetto militare.

SALVADOR

NOTARI Giosuè, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

S. DOMINGO

CARRARA Stefano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente

all'Avana).

S. MARINO

S. Marino -GORI Giuseppe, console.

SERBIA

Belgrado -SQUITTI Nicola, barone di Palermiti e Guarna, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NANI MocENIGO conte Ludovico, segretario; SERRA Michele (dei conti Serra), maggiore, addetto militare (la legazione risiede temporaneamente a Corfù).

SIAM

Bangkok -MANACORDA Aroldo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SPAGNA

Madrid -BoNIN LoNGARE conte Lelio, ambasciatore; DEPRETIS Agostino, consigliere; MACARIO Nicola, segretario; MoNTAGNINI (dei conti) Carlo, segretario; MARSENGO Maurizio, maggiore, addetto militare (in missione in Russia); SANNAZZARO-NATTA Giuseppe, capitano, addetto militare.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -MACCHI (dei conti di Cellere) Vincenzo, ambasciatore; BRAMBILLA Giuseppe, consigliere; TACOLI marchese Arrigo, segretario.

SVEZIA

Stoccolma -ToMMASINI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SVIZZERA

Berna -PAULUCCI DE' CALBOLI (dei marchesi) conte Raniero, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DuRAzzo marchese Carlo, consigliere; COMPANS DI BRICHANTEAU marchese Alessandro, segretario; ROGERI DI VILLANOVA Delfino, segretario; BARONE Russo Giacomo, addetto: BucALO Giuseppe, colonnello, addetto militare.

URUGUAY Montevideo -MAESTRI MoLINARI marchese Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. VENEZUELA

Caracas -N. N.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al gennaio 1916)

MINISTRO

SoNNINO S. E. barone Sidney, deputato al parlamento.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

J30RSARELLI DI RIFREDDO S. E. marchese Luigi, deputato al parlamento.

GABINETTO DEL MINISTRO

Affari confidenziali -Corrispondenza riservata e particolare del Ministro -Ricerche e studi in relazione al lavoro del Ministro -Rapporti colla stampa e le agenzie telegrafiche -Relazioni del Ministro col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze -Tribuna diplomatica.

CAPO DI GABINETTO

ALDROVANDI MARESCOTTI Luigi, conte di Viano, consigliere di legazione di classe.

Segretari: BIANCHERI CHIAPPORI Augusto, segretario di legazione di 2a classe;

BARBARO conte Francesco, segretario di legazione di 2a classe; DE LIETO

Casimiro, segretario di legazione di 3a classe.

GABINETTO DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO

Attari confidenziali -Corrispondenza riservata e particolare del Sottosegretario di Stato -Ricerche e studi in rapporto al lavoro del Sottosegretario di. Stato -Relazioni del Sottosegretario di Stato col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze.

Capo gabinetto: N. N.

Segretari: ToRNIELLI DI CRESTVOLANT, dei conti, Carlo Cesare, vice console di l a classe; RocHIRA Ubaldo, vice console di 2a classe.

SEGRETARIO GENERALE DE MARTINO Giacomo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

70A

UFFICI ALLE DIRETTE DIPENDENZE DEL SEGRETARIO GENERALE DIVISIONE I RAGIONERIA ED ECONOMATO

Capo divisione CALVARI Lodovico, direttore capo di ragioneria.

SEZIONE I

Bilanci e contabilità -Bilancio di previsione -Conto consuntivo -Revisione di contabilità attiva dei regi agenti all'estero -Liquidazione delle spese degli uffici all'estero -Competenze mensili dei funzionari e del personale di servizio.

Ispettore: BONAMICO Cesare. Primi ragionieri: CASONI Enrico; DE SANTIS Paolo. Ragionieri: BOSSI Mario; CERACCHI Giuseppe; BONTEMPS Aldo.

SEZIONE II

Scritture -Conto corrente col Tesoro dello Stato -Conti correnti coi regi agenti all'estero.

Capo sezione: FANO Alberto. Primi ragionieri: CAsONI Giovanni; LIVINALI Alessandro; AGOSTEO Cesare. Ragionieri: NOBILI VITELLESCHI (dei marchesi) Pietro; BOLLATI Attilio.

SEZIONE III

Tariffa consolare -Palazzi demaniali all'estero, arredamenti -Inventario dei mobili di proprietà dell'erario all'estero -Proposte per l'acquisto di mobili ad uso d'archivio degli uttici all'estero -Sussidi.

Capo sezione: D'AVANZO Carlo. Ragionieri: Bossi Carlo.

SEZIONE IV ECONOMATO E CASSA

Inventario dei mobili del ministero -Contratti -Spese d'ufficio Manutenzione dei locali -Magazzino -Personale degli uscieri -Corredi dei regi uttici all'estero -Custodia delle successioni.

Servizio di cassa.

Caposezione. Economo -Cassiere: VINARDI Giuseppe. Primo ragioniere: RINVERSI Romolo. Ragionieri: TORRES Oreste; NATALI Umberto.

CIFRA

Corrispondenza telegrafica e ordinaria in cifra -Compilazione, custodia e distribuzione dei cifrari.

Capo ufficio: LEBRECHT Vittorio, console generale di l a classe.

Segretari SANDICCHI Pasquale, console di l a classe; MAJONI Giovanni Cesare, console di P classe; PASETTI Vittorio, addetto consolare.

STAMPA E TRADUZIONI

Spoglio e riassunto quotidiano dei giornali e periodici esteri e nazionali -Traduzioni.

Capo ufficio: 0RsiNI BARONI Luca, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretario: MARTIN -FRANKLIN Alberto, consigliere di legazione di l a classe.

APERTURA, DISTRIBUZIONE E REGISTRAZIONE DELLA CORRISPONDENZA E SPEDIZIONE

Registrazione e sunto della corrispondenza in arrivo e in partenza Rubriche per ragioni di luogo, di materia, di persone -Schedari -Spedizione della corrispondenza -Corrieri di gabinetto.

Capo ufficio: NASELLI conte Gerolamo, console generale di 2a classe. Segretario: GARROU Mario, console generale di 3a classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: CONTARINI Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

DIVISIONE II PERSONALE E CERIMONIALE

Capo divisione: LANDI VITTORJ Vittorio, console generale di P classe.

SEZIONE I

Personale d'ogni categoria dipendente dal ministero degli affari esteri (eccetto il personale delle scuole all'estero e quello di servizio) Uffici diplomatici e consolari all'estero, loro istituzione e soppressione -Servizio d'ispezione degli stessi uffici -Personale e uffici diplomatici e consolari esteri in Italia -Consiglio del Ministero -Concorsi -Ammissioni -Annuario del ministero -Elenchi del personale del ministero -Atti pubblici -Libretti e richieste ferroviarie per il personale.

Capo sezione: N. N. Segretari: AxERIO Emilio, console di 2a classe.

SEZIONE II

Regole del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo -Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di sovrani e principi -Decorazioni nazionali ed estere.

Capo sezione: VALENTINI Claudio, console generale di 2a classe, reggente.

Addetto all'ufficio: GIACCHI Giuseppe, console generale di 2a classe.

Segretario: VIGANOTTI GIUSTI Gianfranco, primo segretario di legazione.

ARCHIVIO STORICO

Conservazione ed incremento delle collezioni manoscritte del ministero e dei regi uffici all'estero -Conservazione degli originali degli atti internazionali conclusi dal regno d'Italia e dagli Stati soppressi -Conservazione delle carte del ministero riservate dagli archivi delle divisioni -Ricerche e studi preparatori pel ministero e per gli uffici del dicastero -Memorie su materie storiche e questioni internazionali Protocollo, inventari e schedari.

Direttore: MELI LuPI DI SoRAGNA (dei principi) marchese Guido, console generale di 3a classe.

BIBLIOTECA

Proposte per acquisto di libri e associazioni a giornali e riviste -Conservazione e incremento delle pubblicazioni -Scambio di pubblicazioni con altri ministeri od istituti del regno o di Stati Esteri -Collezione e custodia di carte geografiche per uso del ministero -Cataloghi, schedari -Raccolta sistematica di pubblicazioni del ministero -Raccolta sistematica della legislazione straniera per ciò che può riguardare le relazioni internazionali e l'amministrazione degli affari esteri -Forniture di pubblicazioni a corredo di regi uffici diplomatici e consolari.

Bibliotecario: PAsQUALUCCI Loreto.

TIPOGRAFIA

Direttore: ALFERAZZI Giacomo Antonio.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI

Direttore generale: MANZONI (dei conti) Gaetano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

DIVISIONE III

Capo divisione: GARBAsso Carlo, consigliere di legazione di P classe.

SEZIONE I

Carteggio in materia politica per affari concernenti l'Europa -Sunto quotidiano del carteggio -Stipulazione e interpretazione di trattati politici relativi alla stessa circoscrizione -Rettifiche e accertamenti di frontiera -Sconfinamenti militari -Spoglio di giornali esteri per la stessa circoscrizione.

Capo sezione: DuRINI DI MoNzA conte Ercole, primo segretario di legazione.

Segretari: CoLONNA (dei principi) Ascanio, segretario di legazione di 2a classe; DE PARENTE nobile Paolo Girolamo, segretario di legazione di 2a classe; BoscARELLI Raffaele, segretario di legazione di 3a classe; MAGNANI RICOTTI Sidney, addetto.

SEZIONE II

Carteggio in materia politica per gli affari concernenti il Levante e l'Africa -Sunto quotidiano del carteggio -Stipulazione e interpretazione di trattati politici relativi alla stessa circoscrizione -Capitolazioni -Riforme giudiziarie in Egitto -Spoglio dei giornali esteri per la stessa circoscrizione.

Capo sezione: CHIARAMONTE BORDONARO Antonio, consigliere di legazione di 2a classe.

Segretari: PIGNATTI MORANO conte Bonifacio, primo segretario di legazione; STRANIERI Augusto, console di l a classe; SALERNO MELE Giovanni, console di 2a classe; GABBRIELLI Luigi, vice console di P classe; RonnoLo Marcello, vice console di l a classe.

Addetto all'ufficio: GAUTERO Franco, giudice di tribunale.

SEZIONE III

Carteggio in materia politica per gli affari concernenti l'Estremo Oriente e l'America -Sunto quotidiano del carteggio -Stipulazione e interpretazione dei trattati politici relativi alla stessa circoscrizione Spoglio dei giornali come sopra.

Capo sezione: BoRGHETTI Riccardo, consigliere di legazione di 2a classe.

SEZIONE IV PRATICHE RELATIVE ALLA POLITICA COLONIALE

Capo sezione N. N.

Segretari: N. N.

DIVISIONE IV

Capo divisione: RINELLA Sabino, consigliere di legazione di P classe.

SEZIONE I

Reclami di sudditi italiani verso governi esteri e di sudditi ester·i verso il Governo italiano.

Capo sezione: GIANNUZZI SAVELLI (dei principi di Cerenzia) Fabrizio, primo segretario di legazione.

Segretario: N. N.

SEZIONE II

Polizia internazionale -Istituti ecclesiastici esteri nel regno -Ammissione di ufficiali ed allievi stranieri nei regi istituti militari e marittimi -Pubblicazioni diplomatiche e libri verdi.

Capo sezione: N. N. Segretario: N. N. DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI Direttore generale: LEVI Primo, console generale di l a classe.

DIVISIONE V Capo divisione: PELUCCHI Carlo, console generale di la classe.

SEZIONE I

Carteggio relativo alla stipulazione e alla interpretazione dei trattati e degli atti commerciali internazionali -Studi e indagini di politica commerciale -Pubblicazioni d'indole economica -Bollettino del ministero.

Capo sezione: N. N. Segretario: CIANCARELLI Bonifacio Francesco, console di 2a classe.

SEZIONE II

Reclami doganali -Sconfinamenti doganali -Congressi e conferenze commerciali.

Capo sezione (f. f.): BIANCHI Vittorio, console di 3a classe.

Segretari: MARSANICH Alberto, console di 3a classe; BERNABEI Vincenzo, interprete di 2a classe.

DIVISIONE VI

Capo divisione: DE VELUTIIS Francesco, console generale di classe.

SEZIONE I

Esposizioni -Congressi internazionali di commerciale. natura non politica né Capo sezione (f. f.): LABIA Natale, console di 3a classe. Segretario ALBERTAzzr Enrico, console giudice.

SEZIONE II

Servizi postali e marittimi -Ferrovie di interesse internazionale Sanità pubblica.

Capo sezione: BERNARDI Temistocle Filippo, console di 2a classe.

Segretario: N. N.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI PRIVATI

Direttore generale: VACCAJ Giulio, console generale di P classe.

DIVISIONE VII

Capo divisione: SERRA (dei conti) Carlo, console generale di la classe.

SEZIONE I

Questioni giuridiche di nazionalità, di estradizione, di protezione consolare, di stato civile e di ogni altro ordine non politico né commerciale.

Capo sezione: DELLA CROCE DI DoJOLA conte Galeazzo, console di 2a classe. Segretario: CANCELLARlO D'ALENA Francesco, vice console di 2a classe.

SEZIONE II

Stipulazione ed interpretazione di trattati relativi alle materie anzidette.

Capo sezione: SARTORI Francesco, console di 1a classe. Segretario: ARDUINI Luigi, vice console di 2a classe.

DIVISIONE VIII

Capo divisione: NAGAR Carlo, console generale di P classe.

SEZIONE I

Rogatorie -Pensionati all'estero -Atti giudiziari -Atti di stato civile Ricerche all'estero nell'interesse dei sudditi italiani.

Capo sezione: N. N. Segretario: BERTANZI Paolo, console di 3a classe.

SEZIONE II

Successione di sudditi italiani morti all'estero.

Capo sezione: N. N.

Segretari: PASCALE Giovanni, console di 3a classe; KELLNER Gino Lodovico, segretario di legazione di 3a classe.

UFFICIO DEL CONTENZIOSO E DELLA LEGISLAZIONE

Contenzioso diplomatico -Segretario del Consiglio del contenzioso diplomatico -Convocazione, verbali delle adunanze -Nomina e conferma dei membri del Consiglio stesso -Archivio -M assi mario del contenzioso -Studi preparatori delle conferenze di diritto internazionale privato e dei congressi internazionali di indole giuridico-amministrativa Raccolta ufficiale dei trattati -Pubblicazione degli atti relativi.

Capo ufficio: Ricci-BusATTI Arturo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretario: TosTI Gustavo, console generale di 3a classe.

Addetto all'ufficio: CIAMARRA Guglielmo, sostituto procuratore del Re.

LEGALIZZAZIONI E PASSAPORTI

Legalizzazione di atti -Corrispondenza e contabilità relativa -Passaporti diplomatici -Passaporti distinti.

Capo ufficio: VALENTINI Claudio, console generale di 2a classe.

DIREZIONE GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO

Direttore generale: ScALABRINI Angelo.

DIVISIONE IX

Capo divisione: BoccoNI Luigi, console generale di 2a classe.

SEZIONE I

Istituti scolastici governativi all'estero, loro ordinamento e direzione didattica e disciplinare -Istituzione e soppressione delle scuole -Locali scolastici -Materiale didattico e scientifico -Personale insegnante -Deputazioni scolastiche -Concorsi -Posti gratuiti e semi-gratuiti dall'estero per l'interno -Istituti sussidiati all'estero -Sussidi ordinari e straordinari a scuole coloniali, private e confessionali -Tutela e sorveglianza delle medesime -Palestre ginnastiche -Educatori -Biblioteche -Ambulatori medico-chirurgici annessi alle scuole ed altri

Istituti di assistenza scolastica -Segreteria del Consiglio centrale delle scuole all'estero e rapporti col Consiglio stesso -Annuario delle scuole italiane all'estero -Statistiche -Relazioni al Ministro e al Parlamento Protocollo ed archivio della Direzione generale.

Capo sezione: N. N. Segretario: GATTONI Giulio, segretario di legazione di la classe.

SEZIONE Il

Amministrazione, contabilità, bilanci delle scuole -Decreti e mandati

relativi -Inventari dei beni mobili ed immobili ad uso delle scuole.

Capo sezione di ragioneria: FioRETTI Vittorio.

Primi ragionieri: SUGLIANI Augusto; FRANZETTI Attilio.

Ragionieri: LEONINI PIGNOTTI Augusto; BOTTO Nicola.

UFFICIO DI ISPETTORATO

Ispezioni -Vigilanza didattica sulle scuole governative e sussidiate Affari relativi.

Ispettori centrali (comandati): STOPPOLONI Aurelio, regio provveditore agli studi di la classe; NAMIAS America, ispettore di 2a classe nel ministero dell'istruzione; MAsciA Luigi, direttore nelle regie scuole medie all'estero.

COMMISSARIATO DELL'EMIGRAZIONE

Commissario generale: GALLINA conte Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al gennaio 1916)

Argentina -PoRTELA Epifania, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAVAGLIA Carlos, consigliere; ROLANDONE Conrado, secondo segretario; ToRANZO S., colonnello, addetto militare.

Belgio -VAN DEN STEEN DE JEHAY W., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE LICHTERVELDE conte Baudoin, consigliere; PAPEIANS DE MORCHOVEN Charles, primo segretario; DE HiiBscH barone, addetto temporaneo; MOREL A. Y. M., generale, addetto militare.

Bolivia -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Brasile -DE ToLEDO Pedro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE AGUIARS J. Fausto, consigliere; GALVAO BUENO FILHO Americo, secondo segretario; DE FREITAS Francisco, addetto commerciale.

Cile -ALDUNATE BASCUNAN Santiago, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DUBLÉ URRUTIA Diego, primo segretario.

Cina -WANG-KouANG-KY, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Lr-HrANG-HIENG, primo segretario; WANG-TSENG-SZE, secondo segretario.

Colombia -HuRTADO José Marcellino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ARANGO Carlos, segretario.

Cuba -MARTIN RIVERO Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; IzQuiERDO José Alberto, primo segretario.

Danimarca -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE OLDENBURG M. A., incaricato d!affari.

Ff{Lncta -BABRÈRE Camille, ambasciatore; CHARLEs-Roux François, secondo segretario, incaricato delle funzioni di consigli&re; RoGER Jean, terzo segretario; LABOURET Jacques, terzo seg-retario; BAROIS Armand, terzo segretario; DE GoNDRECOURT, generale di brigata, a titolo temporaneo, addetto militare; D~HU"ART, luogotenente di vascello, addetto navale; TONDEUR-SCHEFFLER, console distaccato all'ambasciata.

Giappone -HAIASHI barone GONSUKE, ambasciatore; 0TORI barone FUSITARO, primo segretario NABUBUMI lTo, terzo segretario; OINOUMA Shozi, tenente colonnello di fanteria, addetto militare.

Gran Bretagna -RENNEL Rooo sir James, ambasciatore; BEAUMONT, Henry, consigliere; MouNSEY George A., primo segretario; WELLESLEY lord Gerald, terzo segretario; KEELING Edward, terzo segretario; TYRWHITT Gerald Hugh, addetto onorario; ScoTT Geoffrey, addetto onorario; LAMB Charles, colonnello, addetto militare; LARKING Dennis, capitano, addetto navale.

Grecia -CoROMYLAS Lambros, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SIMOPOULOS Chr. Consigliere; BIKELAS Demetrios, addetto.

Guatemala -LARDIZABAL José Maria, incaricato d'affari.

Messico -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Monaco -DE MALEVILLE conte Henri, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAUVAGE Raoul, cancelliere, incaricato d'affari ad interim.

Norvegia -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; N. N., consigliere; N. N., segretario.

Paesi Bassi -DE WELDEREN RENGERS barone Willem, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN AscH VAN VYCH H., addetto.

Persia -MOGHTADER-AL-MOLK Mirza Shaffi Khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Portogallo -LEA.o Eusebio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GOMEZ DE 0LIVEIRA Leopoldo Ruy, primo segretario; PEDROSO Joaquim, secondo segretario.

Romania -GHIKA principe Demetriu J., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PENNEsco Demetriu C., consigliere; STO'icEsco Georgiu, primo segretario; LAHOVARY Nicolas, terzo segretario; GRAMATICEsco Alexandru, addetto; lGNAT Michele, capitano, addetto militare.

Russia -GIERS Michail, ambasciatore; DE PoGGENPOHL Nikolaj, consigliere; DE STANDTMAN Basile, primo segretario; PETROV Wladimir, secondo segretario; loRDANOV Aleksander, addetto; RucAVICHNICOV Vasilj, addetto; KHVOSTCHINSKY Vasilj, addetto; BISTRAM barone Theodor, addetto; ENKELL Oscar, colonnello di stato maggiore, addetto militare; WRANGEL Pjotr, capitano di fregata, addetto navale.

Salvador -GuERRERO J. Gustavo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

San Domingo -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario ;RuBIROSA Pedro Maria, incaricato d'affari ad interrim; PONCE DE LEON Armando, segretario.

Serbia -RISTié Michail G., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SIMié Yevrème, primo segretario; MARKovxé Branislaw, segretario; JovANovxé Milan, addetto; CHRISTié N., capitano, addetto militare.

Siam -PHYA BIBADH KosHA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LUANG BAHIDDA NUKARA, primo segretario; AMORADHAT principe, addetto militare.

Spagna -PINA Y MILLET Ramon, ambasciatore; ALMEIDA Y HERREROS Bernardo, consigliere; DE YNCLÀN DE LA RASILLA Manuel, segretario; AMODEDO Y GALARMENDI Mariano, addetto; DE MALDONADO Y LINAN Alvaro, addetto; CANO Y TRuEBA Juan Manuel, addetto onorario.

Stati Uniti -PAGE Thomas Nelson, ambasciatore; JAY Peter Augustus consigliere; RICHARDSON Norval, segretario; DE BILLIER Frederik, segretario; MOORE Thomas Ewing, segretario; WARREN HILLS Ralph, terzo segretario, DUNN George colonnello, addetto militare; TRAIN Charles Russel, comandante, addetto navale.

Svezia -DE BILDT barone Karel Nils Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE BILDT Harold, consigliere; DE LAGERBERG Jean, addetto.

Svizzera -DE PLANTA Alfredo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE LARDY Charles L. E., consigliere; DE SoNNENBERG Theoring, addetto.

Uruguay -DoMINGUEZ Rufino T., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PoDESTÀ Andrés, addetto onorario; HEROSA Alejandro, primo segretario.